ADIR - L'altro diritto

Il messaggio alle Camere dell’ottobre 2013 del Presidente Napolitano
Un discorso chiaro e lucido, purtroppo inascoltato, sulla ‘drammatica questione carceraria’

Massimo Niro (*), 2023

1. La recentissima scomparsa del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano ha riportato in primo piano, prevedibilmente, molti aspetti e molti episodi della sua lunga carriera politica e della sua lunga presidenza: spetta agli storici, a questo punto, valutare adeguatamente la sua figura e il suo operato come garante e rappresentante dell’unità nazionale (art. 87, 1° comma, Cost.).

In questa sede si intende soltanto richiamare alla memoria un suo intervento formale come Presidente della Repubblica, cioè il messaggio indirizzato alle Camere, ai sensi dell’art. 87, secondo comma, Cost., in data 8 ottobre 2013 con riferimento alla questione del carcere e più specificatamente dei rimedi alla situazione di sovraffollamento carcerario. Ciò in quanto questo discorso presidenziale di dieci anni or sono non è per nulla datato, anzi risulta sorprendentemente attuale e contiene considerazioni ancora utili e significative per affrontare e cercare di risolvere le annose problematiche del carcere e del relativo sovraffollamento.

Se è così si deve, senza dubbio, alla capacità di analisi e alla lungimiranza del Presidente Napolitano, ma nel contempo si deve anche alla scarsa capacità di ascolto e di risposta del Parlamento, destinatario di quel messaggio presidenziale, e anche del Governo. Infatti, troppo poco si è fatto in sede legislativa per ovviare ai gravi problemi così lucidamente denunciati nel messaggio presidenziale, nonostante che anche i possibili rimedi fossero lucidamente descritti nel medesimo messaggio.

2. Il Presidente spiega che si è risolto a ricorrere alla facoltà di cui al 2° comma dell’art. 87 Cost. (facoltà del Presidente della Repubblica di “inviare messaggi alle Camere”) per sottoporre all’attenzione del Parlamento “una questione scottante”, ossia la “drammatica questione carceraria”, a partire dal “fatto di eccezionale rilievo costituito dal pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo”. Infatti, pochi mesi prima del messaggio la Corte di Strasburgo aveva condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU (“Divieto della tortura”) in relazione ai ‘trattamenti inumani o degradanti’ subiti in carcere dai ricorrenti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario (sentenza Torreggiani e altri c. Italia dell’8 gennaio 2013, divenuta definitiva il 28 maggio 2013).

Nella motivazione la Corte europea precisava che “la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone”. Parole molto nette e dure, di fronte alle quali il Presidente Napolitano giustamente sottolinea “il dovere urgente di fare cessare il sovraffollamento carcerario rilevato dalla Corte di Strasburgo”, aggiungendo che “la stringente necessità di cambiare profondamente la condizione delle carceri in Italia costituisce non solo un imperativo giuridico e politico, bensì in pari tempo un imperativo morale”.

A sostegno della “intollerabilità della situazione di sovraffollamento carcerario degli istituti penitenziari”, già in precedenza evidenziata da Napolitano in occasioni non formali come interventi a convegni, il Presidente richiama i dati più recenti del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) sui numeri della popolazione detenuta, da cui risulta che al 30 settembre 2013 il numero delle persone detenute era pari a 64.758, a fronte di una ‘capienza regolamentare’ pari a 47.615. Dopo dieci anni la situazione è un po’ meno drammatica, ma il sovraffollamento permane, dato che al 31 agosto 2023 il totale dei detenuti presenti nei nostri istituti ammonta a 58.428, mentre la capienza regolamentare è di 51.206 (dati ufficiali del Ministero della Giustizia).

3. Come già anticipato, il messaggio presidenziale dell’ottobre 2013 non si limita a denunciare l’insostenibile situazione di sovraffollamento carcerario registrata nel nostro Paese, accertata come illegittima dalla Corte di Strasburgo perché in palese violazione dell’art. 3 della Convenzione europea, ma contiene anche una precisa ed esauriente trattazione dei rimedi atti a scongiurare questa situazione inaccettabile, che ha come conseguenza quella di ‘frustrare’ il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena (art. 27 comma 3 Cost.), come rilevato dalla Corte dei Conti e sottolineato dal Presidente Napolitano.

Infatti, nel messaggio in esame sono indicati analiticamente i diversi ‘rimedi’ volti a risolvere la questione del sovraffollamento, suddivisi in rimedi ordinari e rimedi straordinari: i primi a loro volta sono distinti in rimedi volti a ridurre il numero complessivo dei detenuti (introduzione di meccanismi di probation come la ‘messa alla prova’, previsione di pene limitative della libertà personale ma ‘non carcerarie”, riduzione dell’area applicativa della custodia cautelare in carcere, accrescimento della sforzo diretto a far sì che i detenuti stranieri possano espiare la pena inflitta in Italia nei loro Paesi di origine, attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l’ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione, incisiva depenalizzazione dei reati) e rimedi volti ad aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari.

Ma il Presidente Giorgio Napolitano si rende conto che gli interventi annoverati tra i rimedi ordinari, sebbene importanti e condivisibili, sono però parziali in quanto “inciderebbero verosimilmente pro futuro e non consentirebbero di raggiungere nei tempi dovuti il traguardo tassativamente prescritto dalla Corte europea” (che fissava il termine di un anno, decorrente dal 28 maggio 2013, perché l’Italia si conformasse alla sentenza Torreggiani). Quindi, egli reputa necessario intervenire nell’immediato con il ricorso a ‘rimedi straordinari’ quali l’indulto e l’amnistia, sui quali richiama l’attenzione del Parlamento. Quanto alla misura dell’indulto, il Presidente sottolinea che “può applicarsi ad un ambito esteso di fattispecie penali (fatta eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi)” e ravvisa la necessità che “il provvedimento di clemenza sia accompagnato da idonee misure, soprattutto amministrative, finalizzate all’effettivo reinserimento delle persone scarcerate, che dovrebbero essere concretamente accompagnate nel percorso di risocializzazione”.

Quanto poi all’amnistia e al suo ambito di applicazione, egli conferma “la necessità di evitare che essa incida su reati di rilevante gravità e allarme sociale (basti pensare ai reati di violenza contro le donne)” e rileva molto opportunamente che la ‘perimetrazione’ dell’eventuale legge di clemenza spetta esclusivamente al Parlamento, non potendo il Presidente della Repubblica ingerirsi nella indicazione dei limiti di pena massimi o delle singole fattispecie escluse. Malgrado questa manifestazione di self-restraint da parte del Presidente della Repubblica, il nostro Parlamento si è guardato bene dal prendere seriamente in esame il pressante invito del Capo dello Stato ad adottare provvedimenti di clemenza, sia pure con le dovute limitazioni ed esclusioni, proprio al fine di assicurare un “civile stato di governo della realtà carceraria”.

Dunque, nessun ricorso all’indulto né tanto meno all’amnistia per decongestionare la situazione degli istituti penitenziari; ma neppure i rimedi ordinari suggeriti dal Presidente Napolitano per eliminare o almeno alleviare il sovraffollamento sono stati, a ben vedere, tenuti in grande considerazione dal Parlamento e dal Governo. Eppure, la situazione carceraria dell’Italia era, nell’ottobre 2013, davvero critica e preoccupante, come evidenziato plasticamente dalla sentenza Torreggiani della Corte EDU del gennaio 2013, sentenza che ha costituito l’occasione e lo stimolo per il denso messaggio di Napolitano.

Oggi, dieci anni dopo, non si può dire che i problemi del carcere e del sovraffollamento degli istituti siano risolti: ad escluderlo non sono soltanto i dati attuali della popolazione detenuta, sopra riportati, ma anche indicatori come il numero di suicidi in carcere, ancora assai elevato. Pertanto, la disattenzione del Parlamento e del Governo di fronte ad un messaggio così articolato come quello qui esaminato è grave e ingiustificata: il Presidente Napolitano richiamava il Parlamento e il Governo a perseguire “riforme strutturali” al fine di evitare che si rinnovasse il fenomeno del sovraffollamento carcerario, ma questo richiamo non è stato ascoltato e le auspicate riforme strutturali non si sono viste. Al loro posto, solo interventi parziali e congiunturali, frammentari, privi di un disegno organico e complessivo: con il risultato che le criticità del sistema penitenziario sussistono ancora e compromettono l’attuazione dell’imperativo costituzionale sulla finalità rieducativa della pena e sul divieto di trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27, terzo comma, Cost.).

Per concludere con un briciolo di ottimismo, va ricordata però la modifica del sistema sanzionatorio penale introdotta recentemente dalla c.d. riforma Cartabia (D. Lgs. 150 / 2022, in attuazione della delega di cui alla L.134 / 2021), con la previsione delle nuove ‘pene sostitutive’ delle pene detentive brevi (semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria), che possono essere applicate direttamente dal giudice quando la pena detentiva non supera certi limiti (4 anni per la semilibertà e la detenzione domiciliare, 3 anni per il lavoro di pubblica utilità, 1 anno per la pena pecuniaria: nuovo art. 20-bis c.p.). Questa riforma non è episodica e recepisce l’indicazione del Presidente Napolitano in favore della previsione di pene limitative della libertà personale, ma ‘non carcerarie’: finalmente, il legislatore introduce nuove tipologie di sanzioni penali diverse dal carcere e, in tal modo, contribuisce ad attenuare il sovraffollamento carcerario. Del resto, già l’art. 27 Cost. parla di “pene” e non soltanto di pena detentiva: finalmente il nostro sistema penale ha eliminato l’equazione pena-carcere e ha fornito al giudice una variegata gamma di sanzioni penali, non necessariamente afflittive come il carcere.

*. Giurista, ex magistrato.