ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo II
Disciplina dell'amministrazione di sostegno e problematiche giuridiche

Francesco Berti, 2009

2.1. I presupposti dell'amministrazione di sostegno

Le norme contenute negli articoli 1 e ss. della L. 6/2004 e 404 cod. civ. indicano, con apparente chiarezza, i presupposti d'operatività e le finalità del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno. Affermano infatti testualmente, quanto ai presupposti, che "la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica (1), si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi (2), può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio" (art. 404 cod. civ.) e, quanto alle finalità, che, in ogni caso, l'istituto si prefigge di prestare sostegno ad una persona amministrata, in modo da assicurarle, ex art. 1 della L. 6/2004, "la minore limitazione possibile della capacità d'agire" della persona amministrata.

La previsione di tali presupposti, soggettivi ed oggettivi, così lineari, non dovrebbe comportare incertezze interpretative. Tuttavia, come rilevato, "si sono attestate, sin dai primi commenti alle nuove norme, divergenze di opinione, perché non pochi interpreti leggono con maggiore ampiezza la formula normativa, onde ricomprenda non solo situazioni di impossibilità alla cura dei propri interessi, ma, altresì, ipotesi di mera difficoltà nella loro gestione". (3)

Occorre ricordare infatti che una lettura applicativa ampia del nuovo istituto era offerta dalla "prima Bozza Cendon", in base alla quale il nuovo istituto sarebbe dovuto divenire "un modello generale per la soluzione dei problemi civilistico-patrimoniali della grande maggioranza delle persone disabili". (4) Fatta salva la possibilità di ricorrere agli ordinari strumenti civilistici offerti dal nostro ordinamento giuridico (es. procura) il nuovo istituto, pertanto, avrebbe abbracciato infermi di mente, anziani, portatori di handicap fisico, alcolisti, lungodegenti, carcerati, tossicodipendenti e chiunque necessitasse "di essere protetto nel compimento degli atti della vita civile". (5) Non sussiste dubbio sul fatto che, in presenza dei due presupposti soggettivi dell'infermità o menomazione psichica, in concorrenza con il presupposto oggettivo dell'impossibilità di attendere ai propri interessi, si possa ricorrere alla applicazione dell'amministrazione di sostegno, mentre permangono incertezze interpretative circa il coordinamento tra lo stesso istituto ed gli altri, tradizionali, di inabilitazione e di interdizione. Le maggiori difficoltà, infatti, si riscontrano allorché si voglia individuare un criterio normativo dirimente che consenta di comprendere con chiarezza quando applicare l'uno o l'altro tra questi istituti e quali siano i confini tra gli stessi.

In ogni caso, secondo la lettura proposta da autorevole dottrina (6), sono da ritenere oggetto di amministrazione di sostegno, quanto alle situazioni di disagio psichico, i seguenti casi:

  1. indebolimento delle facoltà intellettive, che non si traduca in una vera e propria malattia, sempre che non si tratti di un mero fatto episodico ma di uno stato d'alterazione o anomalia psichica, avente un carattere di stabilità;
  2. infermità mentale di tipo temporaneo;
  3. infermità mentale di tipo abituale, non grave al punto da rendere la persona totalmente inidonea alla cura dei propri interessi;
  4. infermità mentale abituale e grave, allorché l'entità e la composizione del patrimonio della persona interessata non facciano apparire come indifferibile la misura dell'interdizione giudiziale.

In base a questa sintetica ricostruzione emerge, con evidenza, come il nuovo istituto tenda a sovrapporsi ai tradizionali dell'inabilitazione e dell'interdizione, rappresentandone una possibile alternativa, al punto da far ritenere, alla maggioranza degli interpreti, come sia possibile pronosticare "una progressiva, sotterranea, inespressa, disapplicazione dell'interdizione giudiziale e, a maggior ragione, dell'inabilitazione". (7) La legge 6/2004 ha modificato, in parte, anche la disciplina codicistica riguardante l'interdizione e l'inabilitazione. Innanzi tutto occorre ricordare, in sintesi, cosa si intende per interdizione e inabilitazione e come il codice ha disciplinato e disciplina questi due istituti. (8) L'interdizione giudiziale (chiamata così in quanto la limitazione della capacità d'agire avviene per effetto di un provvedimento del giudice) presuppone una abituale infermità di mente di gravità tale da rendere la persona incapace di provvedere ai propri interessi (art. 414 cod. civ.). Se invece è una condanna penale a determinare l'incapacità legale a compiere "atti patrimoniali tra vivi" si parlerà di interdizione legale (art. 32 cod. pen.). In entrambi i casi l'attività giuridica, preclusa all'interdetto, è svolta da un rappresentante legale, che lo sostituisce, chiamato tutore. Per quanto riguarda l'interdetto giudiziale, la perdita della capacità è totale. L'interdetto giudiziale è incapace di compiere validamente qualunque atto patrimoniale, anche di piccola entità; non può fare testamento, non può contrarre matrimonio, non può riconoscere un figlio naturale. Il potere di rappresentanza del tutore non riguarda, quindi, gli atti personalissimi (atti di diritto familiare, testamento), i quali restano preclusi del tutto all'interdetto (ad eccezione della capacità riconosciuta alla donna interdetta di chiedere personalmente l'interruzione della gravidanza ex art. 13 l. 194/78). L'attività di amministrazione e rappresentanza del tutore si deve svolgere sotto il controllo del giudice tutelare, a cui il primo presenta periodicamente un rendiconto dell'attività esercitata in favore dell'interdetto, mentre gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione possono essere compiuti solo con l'autorizzazione del giudice tutelare (art. 374 cod. civ.), oppure con l'autorizzazione del tribunale, su parere del giudice tutelare, se si tratta di atti di disposizione (art. 375 cod. civ.). Se non vengono rispettate le suddette prescrizioni, gli atti del tutore sono annullabili, su istanza dello stesso tutore, del rappresentato o dei suoi eredi o aventi causa. Infine, tutti i provvedimenti riguardanti l'interdizione sono soggetti ad una duplice pubblicità: devono essere iscritti nel registro delle tutele e trasmessi all'ufficiale di stato civile affinché ne faccia annotazione a margine dell'atto di nascita.

Quanto alla interdizione legale essa colpisce (essendo una misura punitiva accessoria) automaticamente chi venga condannato all'ergastolo o ad una pena non inferiore a cinque anni di reclusione. La differenza essenziale rispetto all'interdizione giudiziale è che con l'interdizione legale il soggetto ha un'incapacità che non riguarda gli atti di natura personale o familiare: il condannato può infatti sposarsi, riconoscere un figlio naturale, fare testamento.

Conseguenze molto meno pesanti, rispetto all'interdizione, ha l'inabilitazione che presuppone un'infermità di mente non così grave da richiedere l'interdizione, oppure altre situazioni, quali la prodigalità, l'abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti (ma solo se espongono la persona e la sua famiglia a gravi pregiudizi economici), il sordomutismo e la cecità congeniti o dalla prima infanzia, se è mancata un'educazione sufficiente e a meno che non risulti una totale incapacità a provvedere ai propri interessi, che sarebbe presupposto per l'interdizione (art. 415, comma 3, cod. civ.). L'inabilitazione lascia al soggetto la capacità di compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti personali (matrimonio, riconoscimento dei figli naturali, etc.). Per gli atti di straordinaria amministrazione, invece, l'inabilitato non è sostituito, ma solo assistito, dal curatore, che deve prestare la sua assistenza. I procedimenti e i mezzi di pubblicità sono analoghi a quelli già visti per l'interdizione.

Sono legittimati a chiedere il provvedimento di interdizione o inabilitazione il coniuge, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, il tutore, il curatore ovvero il pubblico ministero (art. 417 cod. civ.). L'interdizione e l'inabilitazione sono quindi due provvedimenti che pongono la persona, che ne è oggetto, in uno stato di "incapacità dichiarata". Insieme alla minore età, queste ipotesi esauriscono il campo della incapacità legale d'agire. (9)

Occorre analizzare più in profondità, a questo punto, la nuova versione dell'art. 414 cod. civ., così come modificato dalla L 6/2004, rubricato "Persone che possono essere interdette", ai sensi del quale "il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizione di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi sono interdetti, quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione". In base al nuovo testo dell'art. 414 cod. civ., dunque, i soggetti richiamati dalla norma non "devono" più essere interdetti, secondo una logica di puro automatismo giudiziale, ma "sono" (possono) essere interdetti, quando ciò "è necessario per assicurare la loro adeguata protezione". (10) Ne consegue che "non vi è più un dovere (per quanto largamente e giustamente inosservato) di interdire, ma soltanto una possibilità alla quale si può ricorrere nel caso di necessità, limitata all'esigenza di protezione". (11) Inoltre a conferma di questa condivisibile interpretazione, merita ricordare che, in forza della L. 6/2004, è stata modificata anche la rubrica dello stesso articolo, sostituendosi l'inciso "Persone che devono essere interdette" con quello "Persone che possono essere interdette".

I requisiti richiesti per l'applicazione dell'interdizione, contemplati dall'art. 414 cod. civ. sono i seguenti:

  1. abitualità dell'infermità psichica: corrispondente al fatto che è improbabile un recupero in tempi brevi dell'integrità psichica dell'infermo stesso o comunque è impossibile, allo stato, prevedere se e quando ciò potrà avvenire;
  2. attualità dell'infermità psichica;
  3. gravità dello stato di infermità psichica;

Ciò premesso, qual è il discrimen fra l'istituto dell'interdizione e quello dell'amministrazione di sostegno? Secondo una condivisibile tesi, (12) in presenza dei requisiti previsti per l'interdizione si può ricorrere all'amministrazione di sostegno, riservando l'operatività della prima ad ipotesi marginali, allorché ciò si riveli necessario per assicurare alla persona "adeguata protezione". Stesso criterio può essere utilizzato, mutatis mutandis, per i rapporti tra amministrazione di sostegno ed inabilitazione. Comunque, di fronte pertanto al permanere, nel nostro sistema giuridico, degli istituti tradizionali dell'interdizione e dell'inabilitazione, accanto al nuovo dell'amministrazione di sostegno, sarebbero servite indicazioni normative più chiare e lineari per risolvere, una volta per tutte, i dubbi inerenti al campo di applicazione degli stessi istituti. Al riguardo si è proposto di considerare - come criterio che deve guidare il giudice tutelare nel valutare se sia più idonea e maggiormente protettiva la tutela offerta dall'istituto più invasivo, cioè l'interdizione, oppure dall'istituto dell'amministrazione di sostegno - la consistenza e la complessità del patrimonio dell'interessato. (13) Secondo una tesi interpretativa si è sostenuto che:

di fronte ad una situazione patrimoniale particolarmente florida, e che richieda una gestione svolgentesi in una molteplicità di direzioni (beni immobili, di titoli obbligazionari, partecipazioni sociali), non sembra potersi dubitare che l'interdizione vada pur sempre intesa, nel nuovo scenario, come il più adeguato strumento di tutela degli interessi della persona, trattandosi invece di un patrimonio il cui maggior cespite, per es. sia rappresentato da una casa d'abitazione, il giudice tutelare, al quale sia stata presentata la relativa istanza, ben potrà ritenere congrua la sottoposizione dell'infermo di mente all'amministrazione di sostegno, privandolo della capacità solo per quanto attiene agli atti relativi a detto cespite. (14)

Si ritiene pertanto che, di fronte ad una gestione patrimoniale particolarmente complessa, sia più adeguato il ricorso all'interdizione giudiziale, sempre che vengano integrati i presupposti indicati dall'art. 414 cod. civ. Al contrario, nel caso in cui la gestione patrimoniale non presenti aspetti problematici si potrà ricorrere all'applicazione del più tenue strumento di protezione rappresentato dall'amministrazione di sostegno. La proposta non ha però mancato di ricevere critiche, in quanto si è sostenuto che rintracciare il discrimen, tra amministrazione di sostegno ed interdizione, nella consistenza e complessità del patrimonio dell'amministrato, "sarebbe incostituzionale perché [...] il legislatore priverebbe i ricchi dei vantaggi dell'amministrazione di sostegno". (15) Al riguardo è possibile osservare che il ricorso a tale criterio, oltre ai corretti rilievi di incostituzionalità, rischia di rivelarsi illusorio stante la possibilità, come vedremo, offerta al giudice tutelare, di modellare e adattare il provvedimento di amministrazione di sostegno alle esigenze dell'amministrato. L'auspicio è pertanto che il giudice tutelare faccia ricorso, prevalentemente, all'amministrazione di sostegno, anche se in ogni caso, si è affermato, occorre evitare di estendere al beneficiario della stessa, ex art. 411 ult. cpv. cod civ., tutte le restrizioni previste in ordine all'interdetto giudiziale, perché altrimenti non si avrebbe nulla più di "un simulacro d'amministrazione di sostegno, e il senso di un penoso raggiro". (16) Osservando alcune decisioni giudiziali, si può rilevare come le norme in esame non abbiano avuto, fino ad oggi, un'applicazione univoca.

Si è sostenuto in giurisprudenza, innanzitutto, che i poteri dell'amministratore di sostegno non possono essere modellati in modo tale da comportare una integrale sostituzione da parte dell'amministratore nei confronti della persona beneficiaria della misura di protezione, per cui ne discende che nel caso in cui la persona da assistere non abbia nessuna capacità residua, deve ricorrersi allo strumento dell'interdizione giudiziale, non potendo trovare applicazione l'istituto dell'amministrazione di sostegno, che potrebbe assicurare, al soggetto interessato, assistenza, solo per singoli e specifici atti, senza potersi estendere ad un generico ambito di attività. (17) Si è affermato ancora che l'amministrazione di sostegno è misura ordinaria da adottare a tutela dei soggetti con mera e non grave debolezza psichica, o con menomazioni fisiche o psichiche tali da impedire un'ottimale cura dei propri interessi, specie se la persona non abbia patrimonio immobiliare, mentre l'interdizione giudiziale, o l'inabilitazione, può essere disposta soltanto quando la misura dell'amministrazione di sostegno abbia ad apparire insufficiente per una congrua tutela della persona. (18) Pertanto, in base a questa ricostruzione giudiziale, si ritiene che l'amministrazione di sostegno debba essere applicata a persone affette da una non grave debolezza psichica, mentre nel caso di un soggetto con gravi deficienze volitive ed intellettive deve essere preferita la misura più restrittiva dell'interdizione.

Si è rilevato, ancora, che ove il soggetto non sia in grado di relazionarsi con l'esterno in modo consapevole, e, al fine di garantirgli la più adeguata protezione si renda necessario integrare la misura dell'amministrazione di sostegno richiamando disposizioni previste per l'interdetto giudiziale (quali l'incapacità di contrarre matrimonio, di testare e di donare), il giudice deve privilegiare la pronuncia dell'interdizione. (19) Sulla stessa linea anche la decisione secondo cui presupposto per la nomina dell'amministrazione di sostegno è la sussistenza, in capo alla persona, d'una residua, seppur ridotta, capacità di compiere atti, sicché, ove la stessa sia priva, totalmente, di tale capacità, l'istanza, diretta alla nomina dell'amministratore di sostegno, va rigettata. (20) Ancora, si è statuito nel senso che l'istituto dell'amministrazione di sostegno deve essere attivato soltanto a vantaggio di soggetti che abbiano incapacità circoscritte. (21)

Si può pertanto osservare che accanto ad una giurisprudenza di merito, in particolare torinese, che continua a riconoscere un ruolo decisivo all'istituto dell'interdizione, preferendola all'amministrazione di sostegno - di fronte ad una grave incapacità e anche di fronte ad un patrimonio di non considerevole consistenza - al fine di dare una adeguata protezione al soggetto, si è affermata una diversa linea interpretativa, come quella del Tribunale di Venezia, dove le interdizioni e le inabilitazioni vengono progressivamente trasformate in amministrazioni di sostegno, nel convincimento che all'abrogazione delle prime due figure a favore della terza si possa arrivare sul piano sostanziale, scavalcando quella che da alcuni viene ritenuta la più grave mancanza del legislatore del 2004, che non avrebbe avuto il coraggio di portare a compiute conclusioni la modifica del sistema di protezione del soggetto debole. (22) Si è infatti ritenuto, sulla base di questo secondo orientamento, che il giudice debba privilegiare l'amministrazione di sostegno, altresì nell'ipotesi in cui si sia in presenza di gravissima e verosimilmente irreversibile infermità, quale lo stato vegetativo persistente, che impedisca un contatto con l'ambiente esterno, ove la misura, in concreto, si riveli adeguata alla protezione della persona, considerate le attività da compiere per conto del beneficiario di amministrazione di sostegno e le esigenze da soddisfare. (23) Si è affermato ancora che l'interdizione giudiziale costituisce una misura residuale, sicché occorre preferire l'amministrazione di sostegno, ove le attività, che andrebbero svolte per conto del suo beneficiario, afferiscano ad una "gestione semplice ed ordinaria delle funzioni della vita quotidiana", dato che, in tal caso, la nomina di un amministratore di sostegno, pur garantendo la corretta gestione degli interessi morali e materiali del soggetto privo di autonomia, risulta essere più rispettosa e meno lesiva della dignità della persona. (24) Occorre ricordare, a tal proposito, che si è affermato che l'amministrazione di sostegno è applicabile anche nel caso di incapacità totale e permanente della persona di provvedere ai propri interessi, per infermità o menomazione psichica. (25) Si è sostenuto, inoltre, che l'amministrazione di sostegno è in grado di soddisfare le esigenze di tutela del beneficiario di amministrazione di sostegno, affetto da grave patologia psico-fisica, tale da rendere necessario che sia assistito da persona idonea alla cura dei suoi interessi personali ed economici, tenuto conto dell'adeguata assistenza per la cura della persona, di cui fruisce presso la comunità in cui vive. (26) Si è rilevato che "non basta la semplice incapacità d'agire abituale, per impedire l'applicazione dell'amministrazione di sostegno e rendere inevitabile l'interdizione giudiziale, con la conseguenza che si deve procedere, in tal caso, all'istituzione dell'amministrazione di sostegno, a fronte, però, d'un concreto, specifico, progetto d'amministrazione di sostegno". (27) Sulla stessa linea anche la decisione per cui anche riguardo ad una persona affetta da grave sindrome malformativa cerebrale, può essere attivata l'amministrazione di sostegno, dato che l'istituto ha, come finalità preminente, quella di assicurare un sistema, facilmente accessibile, d'adeguata gestione degli interessi del beneficiario d'amministrazione di sostegno. (28)

Ancora, si è statuito nel senso di disporre l'amministrazione di sostegno a vantaggio del soggetto affetto da Morbo di Alzheimer che, per quanto in grado di compiere gli atti materiali necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana, appare effettivamente impossibilitato dalla patologia che lo affligge, connessa alla tarda età, a continuare a provvedere idoneamente ai propri interessi, in particolare sotto il profilo dell'attività economico-giuridica. (29)

Si può ricordare, ancora, come si sia affermato che quando, nel corso del giudizio di interdizione, appaia opportuno applicare la misura dell'amministrazione di sostegno, il Tribunale, in composizione collegiale, rigetta la domanda di interdizione e dispone, con separata ordinanza, la trasmissione di copia degli atti al giudice tutelare. (30) Si può concludere pertanto come risulti, ad oggi, variegata l'applicazione giudiziale dell'istituto in esame e pertanto "non è rintracciabile un orientamento univoco circa le ipotesi in cui può farsi ricorso all'amministrazione di sostegno e quelle, invece, in cui si proceda, alla luce della vigente normativa, alla pronuncia dell'interdizione". (31)

Occorre adesso soffermarsi sulle ipotesi, tipizzate, di prodigalità, abuso abituale di sostanze alcoliche o stupefacenti, cecità o sordomutismo dalla nascita o prima infanzia non accompagnato da sufficiente educazione, in cui può essere pronunciata l'inabilitazione e cercare di delineare i rapporti sussistenti tra quest'ultimo istituto e l'amministrazione di sostegno. Ai sensi dell'art. 415 cod. civ., infatti, rubricato "Persone che possono essere inabilitate", si afferma che

il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere inabilitato. Possono essere anche inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la propria famiglia a gravi pregiudizi economici. Possono essere infine inabilitati il sordo e il cieco dalla nascita e dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto una educazione sufficiente, salva l'applicazione dell'art. 414 cod. civ. quando risulta che essi sono del tutto incapaci a provvedere ai propri interessi.

E' possibile affermare che anche rispetto ai confini tra gli istituti di inabilitazione e di amministrazione di sostegno permangono delle incertezze interpretative in quanto si ha una parziale sovrapposizione tra gli stessi. (32) Rispetto all'ipotesi di prodigalità (33), si è affermato che essa, da sola, non giustifica l'attivazione né dell'inabilitazione né dell'amministrazione di sostegno, richiedendosi al riguardo la presenza di una situazione intellettiva compromessa al punto da esporre sé o la propria famiglia a gravi pregiudizi economici. (34)

Rispetto, invece, all'ipotesi di chi abusi abitualmente di alcolici e sostanze stupefacenti, occorre affermare che spetterà al giudice tutelare verificare, di volta in volta, se sia più consona l'applicazione dell'istituto dell'inabilitazione o dell'amministrazione di sostegno.

Al riguardo è però possibile mettere in evidenza l'esistenza di posizioni tra loro non coincidenti. Accanto a chi sostiene senza incertezze l'applicabilità anche nel caso di alcolisti e tossicodipendenti dell'amministrazione di sostegno, (35) vi è chi ritiene più opportuna un'interpretazione restrittiva delle norme in questione, al fine di salvaguardare al massimo la capacità d'agire dell'individuo. (36) Quanto all'ipotesi dei ciechi e sordomuti dalla nascita, sprovvisti di una sufficiente educazione (salva l'applicabilità dell'art. 414 cod. civ., in tema di interdizione, nell'ipotesi in cui "essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi"), si è posto, anche in questo caso, l'interrogativo dell'applicabilità dell'amministrazione di sostegno in sostituzione dell'inabilitazione. A questo riguardo si è giustamente osservato che "ciechi e sordomuti, siccome affetti da menomazioni fisiche, possono essere beneficiari dell'amministrazione di sostegno" dato che i presupposti richiamati, ex art. 415 cod. civ., sono alquanto generici ed il rimedio offerto dall'inabilitazione è certamente insufficiente. (37) In ogni caso, si è affermato che:

anche per quei soggetti che potevano essere inabilitati - come i disabili psichici non gravi, gli alcolisti, i tossicodipendenti - l'amministrazione di sostegno si fa oggi preferire per la sua versatilità e per le caratteristiche di adattabilità del contenuto e dell'estensione dell'incapacità alla situazione di vita e alle concrete esigenze del beneficiario. Inoltre, il nuovo istituto consente di ovviare a situazioni di incapacità solo temporanea ovvero incentrate su profili non patrimoniali. Pertanto, a seguito della l. n. 6/2004, anche l'inabilitazione riveste oggi una funzione meramente residuale, utile nelle sole fattispecie nelle quali la protezione non può essere idoneamente fornita con l'amministrazione di sostegno: si pensi, per esempio, alla prodigalità. (38)

Il legislatore, nonostante questa ipotesi applicativa sia stata avanzata sia nella prima "bozza Cendon" (39), che in successivi proposte di legge (40), non ha contemplato, nell'art. 404 cod. civ., tra i possibili beneficiari dell'amministrazione di sostegno, le persone "in età avanzata". Si è affermato correttamente al riguardo, che "l'età avanzata, da sola, non costituisce privazione d'autonomia" (41) e che "o la senilità incide sulla salute, quindi sostanzia uno stato patologico, ed allora è giustificata l'attivazione dell'amministrazione di sostegno, o è espressione di un aspetto fisiologico della vita umana, quindi non può determinare nessuna forma di incapacità, neppure limitata". (42) Va rilevato peraltro come alcuni interpreti, per ovviare a carenze strutturali proprie del nostro sistema assistenziale, pongano l'accento sull'utilità che avrebbe l'amministrazione di sostegno nell'accompagnare l'anziano nel compimento di tutta una serie di attività, per le quali si ritiene utile l'ausilio di un terzo. (43) A quest'ultimo riguardo è possibile ricordare come si sia nominato un amministratore di sostegno a persona in età avanzata, la quale pur sufficientemente orientata nel tempo e nello spazio, si trovi impossibilitata ad espletare in modo autonomo le funzioni della vita quotidiana. (44) Analogamente, si è detto che può essere nominato un amministratore di sostegno ad una persona impossibilitata ad espletare le funzioni della vita quotidiana, a causa dell'indebolimento delle facoltà intellettive, in particolare della memoria, dovuto all'età molto avanzata. (45) Ancora, si è prevista la nomina di un amministratore di sostegno, a tempo indeterminato, a favore di una persona anziana, non affetta da alcuna infermità, proprio sul presupposto della "minor limitazione possibile della capacità" del beneficiario della misura di protezione. (46) Riguardo all'età avanzata, come presupposto applicativo dell'amministrazione di sostegno, si è affermato inoltre che l'assenza di una tale previsione nella legge n. 6/2004 in ogni caso non può affatto intendersi come l'indice di una volontà tesa ad escludere dall'ambito applicativo della nuove disposizioni l'ipotesi dell'inettitudine alla cura dei propri interessi connessa all'invecchiamento della persona. (47)

Infine, in senso analogo, si è sostenuto che:

L'età avanzata di per sé non è una menomazione ma può comportare menomazioni fisiche e psichiche che incidono sull'autonomia, per cui l'anziano talvolta non è più in condizione di provvedere a se stesso e ai propri interessi. L'amministrazione di sostegno può dunque essere una misura di protezione efficace per la persona anziana che non pensa alla salute, che si lascia andare con pericolo per la sua vita quotidiana (non ritira la pensione o gli affitti, non si compra il necessario per mangiare, non pulisce la casa, non paga il canone di locazione o le utenze o le tasse con le conseguenze di sfratto per morosità o di interruzione delle utenze o o di procedimenti esecutivi, non compra vestiti o non si scalda, rischia di fare saltare in aria l'alloggio perché dimentica aperto il gas, etc.) o che ha bisogno di assistenza nella gestione del patrimonio per non diventare vittima di raggiri. (48)

Occorre adesso soffermarci sull'autonomo presupposto dell'amministrazione di sostegno, individuato ex art. 404 cod. civ. nell'ipotesi di "infermità o menomazione fisica". (49) Secondo autorevole dottrina occorre interpretare la norma in modo restrittivo, non ritenendo pertanto opportuna l'attivazione dell'amministrazione di sostegno nei confronti di una persona con difficoltà fisiche, ma ancora perfettamente compos sui. (50) Si è però replicato che, se è vero che alla menomazione fisica si potrebbe sopperire con un mandato con rappresentanza, tuttavia "la generalità dell'istituto ed i suoi controlli giurisdizionali, gli consentono di svolgere una funzione che il mandato non potrebbe certamente svolgere". (51) A sostegno di questa seconda interpretazione è opportuno ricordare come, a livello giudiziale, si sia deciso nel senso che in assenza di deficit psichici e intellettivi, ma nel caso in cui la persona sia impossibilitata a perseguire i propri interessi di natura personale o patrimoniale per effetto di una menomazione esclusivamente fisica, senza ripercussioni in ambito volitivo e cognitivo, non vi è ragione di comprimere la capacità d'agire della persona. In tal caso il giudice tutelare può disporre l'amministrazione di sostegno, conferendo all'amministratore di sostegno poteri di rappresentanza non esclusivi, con effetti analoghi, quindi, alla rappresentanza negoziale, senza corrispondete perdita della capacità d'agire del beneficiario di amministrazione di sostegno. (52) Ancora, si è sostenuto che non è richiesto, ai fini della nomina di amministratore di sostegno, che il soggetto sia privo, in tutto o in parte, della capacità di intendere e di volere, perché la norma impone uno scrutinio non necessariamente riferito a patologie con riflessi invalidanti sulla psiche, ma correlato, piuttosto, ad aspetti pratici e concreti, in termini d'incapacità e di difficoltà durevole nell'esercizio dei propri diritti o, ancora, con riguardo all'incapacità di fronteggiare in via autonoma le difficoltà quotidiane. (53)

E' opportuno, adesso, fare cenno ai presupposti oggettivi, disciplinati ex art. 404 cod. civ., per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno. Si afferma infatti nello stesso articolo che per poter procedere all'attivazione del nuovo istituto occorre anche accertare "l'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi" del soggetto debole. Per quanto concerne "l'impossibilità", si è affermato che essa consiste "nell'inettitudine della persona alla cura dei propri interessi" e che per essere effettivamente tale deve trovare fondamento in uno scompenso intellettivo che trovi le proprie origini o in una patologia o in una menomazione psichica, oppure in una malattia o in un handicap fisico. (54) Ancora, si è sostenuto come dovrebbe essere necessario rinvenirsi un nesso di interdipendenza tra la menomazione e la detta impossibilità. Quanto agli interessi, cui allude la norma, si ritiene che essi non siano solo quelli patrimoniali, ma anche quelli inerenti la cura personae e l'adempimento dei doveri familiari pubblici e privati. (55)

La norma fa poi riferimento ad una impossibilità "temporanea o parziale". L'impossibilità deve essere considerata "parziale" se si concreta "in un inettitudine non radicale della persona alla cura dei propri interessi" (56); "temporanea", invece, è l'inettitudine che costituisca l'effetto di una malattia o menomazione di cui possa diagnosticarsi la guarigione o il superamento e che appaia non avere carattere duraturo. (57)

Sulla base delle considerazioni svolte fino a questo momento, e accogliendo una tesi ampia circa i profili di applicabilità dell'amministrazione di sostegno (58), è possibile indicare alcuni casi di applicazione del nuovo istituto:

  1. persone molto semplici che non sanno spendere bene le loro risorse e vengono raggirate;
  2. persone che vivono in condizioni di isolamento sociale e di deterioramento abitativo che bisogna rimuovere, destinando in modo specifico delle loro risorse alle loro esigenze di cura;
  3. persone deboli che sono incapaci di fare valere i propri diritti (ottenimento di pensioni o indennità di accompagnamento, riscossione di affitti, accettazione delle eredità o ricerca dei beni ereditati presso le banche per evitare che i relativi diritti siano lasciati prescrivere, etc.);
  4. persone deboli mentali o fragili psicologicamente che hanno bisogno che qualcuno stia loro accanto con funzioni terapeutiche e di aiuto a fare e a gestirsi;
  5. sofferenti psichici che hanno bisogno di un'organizzazione delle cure alla propria persona attraverso una presenza integratrice, che spesso è sufficiente per evitare l'istituzionalizzazione;
  6. persone con disturbi della personalità o con comportamenti disordinati;
  7. persone in condizione di salute precarie per le quali appare necessario attribuire responsabilità di cura ai parenti, per esempio ad uno dei figli;
  8. alcoldipendenti che indirizzano prevalentemente al bere le risorse, non sono capaci di gestirsi e conducono una vita disordinata;
  9. tossicodipendenti;
  10. soggetti in età avanzata, quando le menomazioni psichiche e fisiche incidono sulla loro autonomia
  11. soggetti senza fissa dimora, persone che quasi mai sono interdette e cui nessuno pensa;

Inoltre, accogliendo la tesi già avanzata nella "prima bozza Cendon", devono ritenersi potenziali beneficiari del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno anche detenuti e migranti irregolari. (59)

Per concludere, infine, sul tema dei rapporti tra amministrazione di sostegno e interdizione e inabilitazione, marita notare come sul punto si siano pronunciate sia la Corte Costituzione, con la sentenza n. 440/2005 e con una successiva ordinanza n. 292/2007, sia la Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 13.584 e 25.366 entrambe del 2006. Ad avviso della Corte Costituzionale appare opportuno attribuire un ruolo autonomo a ciascuno dei tre istituti (amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione), anche se quello riconosciuto all'amministrazione di sostegno dovrebbe essere il più ampio, riservando invece all'interdizione e all'inabilitazione un funzione residuale, per le ipotesi "disperate" nelle quali appare impossibile lasciare un margine di autonomia all'individuo in difficoltà. Afferma infatti testualmente la Corte Costituzionale, nella sentenza. n. 440/2005 che:

la complessiva disciplina inserita dalla legge n. 6/2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità; e, consente, ove la scelta cada sull'amministrazione di sostegno, che l'ambito dei poteri dell'amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle più invasive misure dell'inabilitazione e dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l'inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria. Ne discende che in nessun caso i poteri dell'amministratore possono coincidere integralmente con quelli del tutore o del curatore.

Tale orientamento viene inoltre confermato dalla recente ordinanza della Corte Costituzionale n. 292/2007.

La delimitazione delle tre misure di protezione è stata affrontata, come affermato, anche dalla Corte di Cassazione. Come emerge dalla seconda sentenza citata (sentenza n. 25.366/2006), l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno deve essere individuato "con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. In particolare, secondo la Corte,

con l'amministrazione di sostegno il legislatore ha inteso configurare uno strumento elastico, modellato a misura delle esigenze del caso concreto, che si distingue dalla interdizione non sotto il profilo quantitativo, ma sotto quello funzionale e ciò induce a non escludere che, in linea generale, anche in presenza di patologie particolarmente gravi, possa farsi ricorso sia all'uno che all'altro strumento di tutela, e che soltanto la specificità delle singole fattispecie, e delle esigenze da soddisfare di volta in volta, possa determinare la scelta tra i diversi istituti, con l'avvertenza che quello della interdizione ha comunque carattere residuale, intendendo il legislatore riservarlo, in considerazione della gravità degli effetti che da esso derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura. Una tale scelta [...] non può non essere influenzata dal tipo di attività che deve essere compiuta in nome del beneficiario della protezione. Ad un'attività minima, estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto, ed, in definitiva, ad una ipotesi in cui non risulti necessaria una limitazione generale della capacità dell'interessato, corrisponderà l'amministrazione di sostegno, che si fa preferire non solo sul piano pratico, in considerazione della maggiore snellezza della procedura, ma altresì su quello etico-sociale, per il maggior rispetto della dignità dell'individuo che essa sottende, in contrapposizione alle più invasive misure della inabilitazione e della interdizione, le quali attribuiscono uno status di incapacità, concernente, nel primo caso, i soli atti di straordinaria amministrazione, ed estesa, per l'interdizione, anche a quelli di amministrazione ordinaria. [...] Sul piano sostanziale, l'istituto attiene a situazioni intrinsecamente ed essenzialmente diverse tra loro che, come si è visto, si estendono dalla mera impossibilità - anche solo fisica e transeunte - di porre in essere atti giuridici di pochissimo momento (la materiale riscossione della pensione) a fattispecie di vera e propria incapacità fisica o psichica, omologhe a quelle giustificanti l'inabilitazione o l'interdizione; correlativamente, prevede e consente interventi che si estendono dalla semplice attribuzione all'amministratore di sostegno di compiti di mera 'assistenza', talvolta soltanto fattuale, alla possibilità 'dell'estensione al beneficiario dell'amministrazione di sostegno' di 'determinati effetti, limitazioni o decadenze previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato' (art. 411, comma terzo, cod. civ.). Il tutto, peraltro, senza mai comportare l'incapacità generale, totale o parziale, dell'amministrato, ma solo una limitazione rispetto a determinate attività. (60)

La Corte individua quindi un criterio distintivo immediatamente riconoscibile, in quanto prevede che l'interdizione, come istituto "incapacitante" ed altamente limitativo, debba essere applicato unicamente nei casi in cui il soggetto sia viziato da abituale infermità di mente e per ciò si presenti come inidonea ogni altra misura di protezione. In questa sentenza, viene citato e fatto proprio l'orientamento emerso nella precedente n. 13584/2006, nella quale si fa espresso richiamo all'entità del patrimonio e alla difficoltà e complessità dell'amministrazione, quali criteri di preferenza per l'interdizione. Questa scelta, già trattata in precedenza, ha dato seguito però a critiche soprattutto perché si è ritenuto che tale impostazione contrasti non soltanto con le finalità della L. 6/2004, ma in particolar modo con il principio di eguaglianza. In particolare, si è sottolineato come si finisca in tal modo per tradire il significato e la funzione stessa della legge n. 6/2004, la quale intende tutelare, infatti, le persone impossibilitate a provvedere ai propri interessi con la minore limitazione possibile della capacità d'agire proprio laddove esse sono bisognose del maggior sostegno. (61) Come è evidente, quindi, nonostante un orientamento sempre più marcato che tende a riconoscere un ruolo "innovatore" e quasi "onnicomprensivo" proprio dell'amministrazione di sostegno, continuano a permanere incertezze che, probabilmente, potranno essere superate soltanto attraverso un intervento legislativo (come da alcuni richiesto) che chiarisca una volta per tutte i confini ed i contenuti di questo nuovo istituto.

2.2. La disciplina processuale

Si può subito rilevare, preliminarmente, come non sia semplice capire a quale modello procedimentale il legislatore si sia ispirato nel costruire il nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno. Infatti il legislatore pare "aver operato in modo plastico e pragmatico, non senza una certa disarticolazione, che non giova certo alla ricostruzione del sistema: si è agito più sul particolare, ma nel contempo con la tecnica del rinvio si sono frammischiati modelli diversi, con il risultato che appare difficile ricondurre il tutto ad unità". (62)

Sintetizzando, è possibile affermare che, in primo luogo, si sono dettate norme ad hoc che regolano direttamente il procedimento in esame, contenute negli articoli dal 405 al 413 cod. civ. (norme di natura sostanziale, ma che hanno anche un contenuto processuale), tratteggianti un modello processuale, difficilmente riconducibile ai tipi, camerali o contenziosi, preesistenti. In secondo luogo, definito lo scheletro del procedimento (ricorso, istruttoria, provvedimento, revoca e modifica), il legislatore ha completato la disciplina con un rinvio generale al processo di interdizione ed inabilitazione. Infatti, l'art. 17 della legge 6/2004 ha introdotto un nuovo art. 720 bis del cod. proc. civ. - rubricato "Norme applicabili ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno" - ove si afferma testualmente che "ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 712, 713, 716, 719, 720" del cod. proc. civ. (appunto le norme che regolano il processo di interdizione e inabilitazione). Infine, quanto ai rimedi, si afferma, sempre sulla base del nuovo art. 720 bis cod. proc. civ., che "contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d'appello a norma dell'art. 739" e che "contro il decreto della corte d'appello pronunciato ai sensi del secondo comma può essere proposto ricorso per cassazione". Ancora, per concludere, si è osservato come, al di là dell'art. 739 cod. proc. civ., non vi sia un richiamo esplicito agli articoli 737 e seguenti del cod. proc. civ., riguardanti il procedimento in camera di consiglio e come ciò abbia riacceso il dibattito, mai sopito, sui rapporti tra procedimento contenzioso e volontario e a quale di questi due modelli, appunto, afferisca il procedimento di amministrazione di sostegno. (63)

In base a questa ricostruzione, si e osservato che l'interprete si trova di fronte ad una alternativa, in quanto può immaginarsi l'esistenza di un tipico e autonomo processo di amministrazione di sostegno - valorizzando al massimo il criterio di compatibilità, quale discrimine applicativo rispetto al rinvio operato dall'art 720 bis cod. civ. - da ricondurre o al modello contenzioso o volontario; oppure si può pensare di avvicinare il procedimento di amministrazione di sostegno a quello di interdizione - valorizzando pertanto i punti di contatto - ricostruendo il primo come una sorta di "procedimento d'interdizione semplificato [...] comunque di natura contenziosa". (64) La maggior parte della dottrina sul punto sembra divisa, in quanto alcuni propendono per "la natura non contenziosa del procedimento in esame e la sua non riconducibilità al tipo del processo di interdizione e inabilitazione" (65) (infatti, gli stessi argomentano a partire dalle finalità della legge 6/2004 e considerando alcuni aspetti, riportati qui sinteticamente, tra cui la possibilità, a differenza del procedimento di interdizione, offerta al giudice tutelare di "provvedere comunque sul ricorso" anche "in caso di mancata comparizione" dei soggetti contemplati dall'art. 406 cod. civ. e il fatto che il procedimento si conclude con decreto e non già con sentenza, come per l'interdizione e inabilitazione); altri interpreti, invece, con riferimento però soltanto alla fase di apertura e di chiusura del procedimento in esame, riconoscendo una forte affinità tra il procedimento di amministrazione di sostegno e quello di interdizione, sostengono che siano correttamente recepite, nel procedimento di amministrazione di sostegno, "le regole di un giudizio di accertamento costitutivo costruito nelle forme di un procedimento speciale di cognizione" (66), cioè contenzioso, qual è il procedimento di interdizione e di inabilitazione. Occorre ricordare come, sul punto, si sia espressa la Corte Costituzionale, con la sent. n. 4040 del dicembre 2005. La Corte ha affermato la specificità del procedimento di amministrazione di sostegno, distinguendone le finalità pratiche rispetto ai tradizionali istituti di interdizione e inabilitazione, i quali sarebbero i soli ad assegnare uno "status di incapacità" al soggetto. Sulla base di questa ricostruzione si potrebbe affermare, pertanto, il carattere sicuramente autonomo del procedimento in esame rispetto ai tradizionali procedimenti interdittivi ed inabilitativi.

E' opportuno adesso soffermarsi più da vicino sulle norme che disciplinano il procedimento di amministrazione di sostegno. Per quanto riguarda l'individuazione del giudice competente, l'art. 404 cod. civ. afferma che l'amministratore di sostegno sarà nominato dal giudice tutelare del luogo in cui il beneficiario ha la residenza o il domicilio. (67) Il giudice tutelare assume, in questo procedimento, un ruolo centrale, infatti la competenza spetta sempre a lui a differenza di quanto avviene nel procedimento di interdizione e inabilitazione, ove ai sensi dell'art. 40 disp. att. cod. civ. la competenza si sposta al tribunale dei minorenni nel caso la domanda riguardi un minore emancipato o nell'ultimo anno della minore età. Al giudice tutelare spettano anche funzioni direttive, di controllo e deliberative, al fine di una migliore tutela del beneficiario. Si delinea, pertanto, una competenza per materia che si coordina con una competenza per territorio (inderogabile ex art. 28 cod. proc. civ.) definita, come detto, con riferimento al domicilio e alla residenza. (68)

Ai sensi dell'art. 405 cod. civ., rubricato "Decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. Durata dell'incarico e relativa pubblicità", si stabilisce, al primo comma, che "il giudice tutelare provvede, entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, alla nomina dell'amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, su ricorso di uno dei soggetti indicati nell'art 406". (69) Da ciò emerge la volontà del legislatore di garantire, con la previsione di un termine "breve" il principio della ragionevole durata del processo (anche se non sarà facile rispettarlo nel caso si debba procedere ad un'istruttoria complessa ed articolata). Il provvedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno deve essere motivato e immediatamente esecutivo (efficace) e, quanto alla forma, deve rivestire quella del decreto. Occorre precisare al riguardo, quanto all'efficacia del decreto, che ai sensi dell'art. 405, secondo comma, cod. civ. "il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso soltanto nell'ultimo anno della sua minore età e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore età è raggiunta" e che, in forza del terzo comma dello stesso articolo, "se l'interessato è un interdetto o un inabilitato, il decreto è esecutivo dalla pubblicazione dalla sentenza di revoca dell'interdizione o di inabilitazione".

Per ciò che attiene invece al contenuto, l'art. 405 cod. civ. ne dà ampia e articolata disciplina, in quanto si statuisce che esso dovrà prevedere l'indicazione:

  1. "delle generalità della persona beneficiaria e dell'amministratore di sostegno";
  2. "della durata dell'incarico, che può essere anche a tempo indeterminato", anche se è probabile che di regola si procederà ad istituire un incarico a tempo determinato;
  3. "dell'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto dl beneficiario", cioè la rappresentanza esclusiva;
  4. "degli atti che può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno". Sul punto si è correttamente osservato, nonostante la prassi vada a volte nell'opposta direzione, che il giudice tutelare, vista la ratio che muove la nuova disciplina, non potrà aprire l'amministrazione di sostegno senza aver prima indicato, con precisione, gli atti che rientrano nella rappresentanza esclusiva oppure nella mera assistenza. (70)
  5. "dei limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità".
  6. "della periodicità con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario".

Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno potrà tuttavia avere un contenuto ulteriore. Infatti, ai sensi dell'art. 411, ultimo comma, cod. civ. si prevede che "il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l'amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previste da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni". Sul piano processuale tali provvedimenti accessori potranno sempre essere modificati, secondo le norme che regolano la revoca e la modifica dei provvedimenti. Con il decreto che chiude il procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno, il giudice dovrà pronunciarsi anche sulla ripartizione delle spese anticipate dalle parti e liquidare gli onorari ai difensori. (71)

Il giudice tutelare può emanare anche provvedimenti urgenti. Infatti, ai sensi dell'art. 405, quarto comma, cod. civ. si afferma che:

qualora ne sussista la necessità, il giudice tutelare adotta anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio. Può procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere.

E' opportuno notare come, in questo caso ci troviamo di fronte a provvedimenti che avranno un'efficacia anticipatoria, rispetto ai provvedimenti definitivi. (72) Occorre preliminarmente ricordare che la sussistenza dei presupposti per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno indicati nell'art 404 cod. civ., legittima il giudice tutelare a pronunciare la nomina dell'amministratore di sostegno, mediante decreto motivato immediatamente esecutivo, su istanza di uno dei soggetti legittimati ex art. 406 cod. civ. Inoltre, ai sensi dell'art. 405 cod. civ., il provvedimento deve contenere l'indicazione delle generalità del beneficiario e dell'amministratore di sostegno, della durata e dell'oggetto dell'incarico. Occorre inoltre ricordare che l'art. 404 cod. civ. prevede la possibilità di nominare un amministratore di sostegno per far fronte ad un'impossibilità temporanea di provvedere ai propri interessi da parte del beneficiario.

Quanto alla pubblicità, a tutela dei terzi, degli atti concernenti l'amministrazione di sostegno, l'articolo 405, penultimo comma, cod. civ. dispone che: "il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura e ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare nel corso dell'amministrazione di sostegno devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro". (73) L'articolo 14 della L. 6/2004 ha infatti modificato l'art. 47 delle disp. att. cod. civ. ai sensi del quale "presso l'ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro delle tutele dei minori e degli interdetti, un registro delle curatele dei minori emancipati e degli inabilitati e un registro delle amministrazioni di sostegno". Ai fini di una più puntuale attuazione degli scopi propri del registro di cancelleria, l'articolo 25 della L. 6/2004 ha previsto un nuovo articolo 49 bis delle disp. att. cod. civ. ai sensi del quale:

nel registro delle amministrazioni di sostegno, in un capitolo speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del cancelliere:

  1. la data e gli estremi essenziali del provvedimento che dispone l'amministrazione di sostegno e ogni altro provvedimento assunto dal giudice nel corso della stessa, compresi quelli emanati in via d'urgenza ai sensi dell'art. 405 cod. civ.;
  2. le complete generalità della persona beneficiaria;
  3. le complete generalità dell'amministratore di sostegno o del legale rappresentante del soggetto che svolge la relativa funzione, quando non si tratta di persona fisica;
  4. la data e gli estremi essenziali del provvedimento che dispone la revoca o la chiusura dell'amministrazione di sostegno;

Il sistema pubblicitario si completa, infine, con la previsione contenuta nell'art. 405, ultimo comma, cod. civ. ai sensi del quale:

decreto di apertura e il decreto di chiusura devono essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita del beneficiario. Se la durata dell'incarico è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello di eventuale proroga.

E' evidente come lo strumento di pubblicità delle annotazioni a cura dell'ufficiale di stato civile sia il più incisivo, perché questa è sicuramente la più facilmente accessibile ai terzi. (74) Inoltre, occorre ricordare che tramite la consultazione degli atti dello stato civile potranno conoscersi solo i provvedimenti di apertura e chiusura, mentre per avere una conoscenza completa dei limiti e delle facoltà riconosciuti al beneficiario, il terzo dovrà rivolgersi necessariamente ai registri di cancelleria, consultabili solo su richiesta motivata e con provvedimento favorevole del tribunale. Pertanto si è notato, correttamente, che "l'unico strumento realmente operativo sarà quello della esibizione del provvedimento costitutivo da parte dell'amministratore di sostegno". (75)

Merita infine ricordare come l'articolo 18 della L. 6/2004 abbia modificato, in più parti, il testo unico in materia di casellario giudiziale (D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313) prevedendo che le relative iscrizioni e cancellazioni riguardino non solo i provvedimenti di interdizione e inabilitazione, ma anche i decreti che "istituiscono, modificano e revocano l'amministrazione di sostegno". Tale tecnica pubblicitaria deve però essere criticata in quanto "il casellario giudiziario è strumento pubblicitario di sanzioni e non dovrebbe dare notizia di provvedimenti che sono a favore e non anche contro l'incapace". (76)

Quanto ai soggetti legittimati a promuovere il ricorso, l'art. 406 cod. civ. afferma che:

il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'art. 417 cod. civ. Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo è presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima. I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare, il ricorso di cui all'articolo 407 cod. civ. o a fornire comunque notizia al pubblico ministero.

Ai sensi, pertanto, dell'art. 417 cod. civ. (richiamato dall'articolo 406 cod. civ. e concernente l'istanza di interdizione e inabilitazione) sono legittimati a proporre il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno, il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore, il curatore e la persona stabilmente convivente. (77) Questa ultima espressione, va sottolineato, viene interpretata dai più in modo estensivo così da comprendervi oltre al convivente more uxorio, anche il convivente dello stesso sesso, nonché colui che "è incaricato delle cure quotidiane del beneficiario". (78) E' poi legittimato il beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato. (79) In questo caso la nuova disposizione si distacca da quanto previsto ex art 417 cod. civ. e si giustifica in relazione all'articolo 1della L. 6/2004 che prevede la minore limitazione possibile della capacità d'agire del beneficiario di amministrazione di sostegno, riconoscendo allo stesso (anche se da accertarsi nel caso concreto) la piena capacità processuale. Inoltre, il rinvio all'art. 417 cod. civ. implica il riconoscimento del diritto di azione in capo al pubblico ministero. (80) Sono poi legittimati a proporre ricorso anche "i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona", che altrimenti potranno limitarsi a "fornire comunque notizia al pubblico ministero." (81) La norma postula, in capo a tali soggetti, un dovere di azione ("sono tenuti"), anche se non sono chiari i rapporti intercorrenti tra i responsabili dei servizi ed il P.M. e in base a quali criteri optare per l'attivazione del ricorso o per la semplice trasmissione di informazioni al P.M. (82) In ogni caso occorre ricordare che al fine di evitare il sorgere di un'ipotesi di conflitto di interessi, non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario (art. 408, terzo comma, cod. civ.). (83)

Una volta individuati i soggetti legittimati all'attivazione dell'amministrazione di sostegno, occorre valutare la forma ed il contenuto della relativa domanda. La forma rivestita è quella del ricorso e pertanto dovrà applicarsi l'art. 125 cod. proc. civ. che appunto ne regola il contenuto. Si ritiene, sulla base di un'interpretazione elastica delle norme, la possibilità di proporre ricorso orale da parte dello stesso beneficiario (nel caso in cui si ammetta la proponibilità della domanda senza l'assistenza del difensore) provvedendo in seguito a redigere, in cancelleria, il processo verbale ex art. 135, terzo comma, cod. proc. civ. (84)

Il ricorso dovrà in ogni caso contenere i seguenti elementi (85):

  1. "l'indicazione del giudice adito" cui si chiede l'emanazione del provvedimento;
  2. "l'indicazione del ricorrente" (con la precisazione del nome, cognome, residenza o domicilio) che potrà essere anche lo stesso beneficiario, eventualmente minore, interdetto o inabilitato, come prevede l'art. 406 cod. civ., oppure uno dei soggetti richiamati ex art. 407 cod. civ.;
  3. "l'indicazione del beneficiario", con la precisazione del nome, cognome, residenza o domicilio e con l'aggiunta della sua "abituale dimora". Quest'ultima indicazione ha la finalità di consentire al giudice tutelare di esaminare il beneficiario della misura ex art. 497, secondo comma, cod. civ. in quanto può essere ricoverato o trovarsi in luoghi diversi rispetto alla residenza;
  4. ai sensi dell'art. 407 cod. civ. si richiedono, se conosciute dal ricorrente, le indicazioni concernenti "il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i fratelli e ed i conviventi del beneficiario". Tale indicazione ha finalità prettamente istruttorie e non individua parti necessarie del procedimento, pertanto si esclude che le stesse debbano essere obbligatoriamente sentite nel corso dell'istruzione; (86)
  5. "le ragioni per cui si chiede la nomina" dell'amministratore, intendendo con ciò le ragioni di fatto che richiedono, secondo il ricorrente, l'istituzione dell'amministrazione di sostegno. Occorre ricordare come, a questo proposito, vi sia una certa elasticità nel definire il contenuto di questa parte del ricorso e come al giudice tutelare vengano riconosciuti notevoli poteri in ordine alla possibilità di definizione del contenuto del provvedimento di attivazione e la possibilità di attagliarlo al caso concreto; (87)
  6. Il ricorso potrà contenere anche l'indicazione dell'amministratore da nominarsi mediante rinvio all'atto di cui all'articolo 408 cod. civ.;

Si pone adesso l'esigenza di affrontare una tematica che ha suscitato un intenso dibattito dottrinale. Occorre, cioè, chiedersi se sia o meno necessario agire, nel procedimento di amministrazione di sostegno, con il ministero di un difensore. Infatti, alcuni studiosi e parte della giurisprudenza si sono espressi affermativamente, mentre altri si sono espressi negando che la difesa tecnica sia essenziale. (88) Preme subito affermare come vi sia una certa concordia in dottrina nel ritenere che "la rappresentanza tecnica è da reputare certamente necessaria nell'eventuale fase del giudizio di nomina dell'amministratore di sostegno che ha luogo davanti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 720 bis c.p.c., mentre - al contrario - l'onere del patrocinio 'non si pone per i meri procedimenti autorizzativi, interni all'amministrazione, che sono regolati dalle norme generali sui procedimenti camerali'". (89)

Volendo inquadrare in termini generali l'argomento in questione, occorre considerare la regola, contenuta nell'art. 82 cod. proc. civ., in base alla quale "le parti possono stare in giudizio solo con il ministero di un difensore" (onere del patrocinio). Questa regola conosce tuttavia delle eccezioni, nelle quali l'ordinamento, prevedendolo espressamente, consente la difesa personale delle parti (es. procedimento davanti al giudice di pace, sempre ex art. 82 cod. proc. civ.). Va aggiunto inoltre che, in alcuni rari casi, la Corte di Cassazione ha escluso la sua applicazione a determinati procedimenti sulla base dei normali criteri ermeneutici, correlando del resto la necessità della difesa tecnica soltanto ai procedimenti di natura contenziosa. (90) Si ripropone, dunque, la questione (già toccata in precedenza) della riconducibilità del procedimento di amministrazione di sostegno alla categoria dei procedimenti contenziosi oppure di volontaria giurisdizione. Secondo alcuni autori, infatti, dovrebbe riconoscersi la necessità della difesa tecnica nel caso in cui il procedimento dell'amministrazione di sostegno venisse considerato "contenzioso", avvicinandolo "idealmente" ai procedimenti di interdizione e di inabilitazione (per i quali si richiede la difesa tecnica), mentre secondo altri dovrebbe escludersi tale necessità se si riconducesse lo stesso procedimento alla categoria della volontaria giurisdizione. (91)

Occorre quindi domandarci se il procedimento di amministrazione di sostegno (apertura e chiusura) sia o meno riconducibile alla giurisdizione volontaria oppure alla giurisdizione contenziosa, perché da questa alternativa discende, secondo la maggioranza degli autori, la necessità o meno della difesa tecnica. Secondo coloro che riconducono l'amministrazione di sostegno nell'alveo della volontaria giurisdizione, ciò sarebbe confermato oltre che dai lavori preparatori, nei quali si era respinto un emendamento che prevedeva la difesa dell'interessato in ogni fase del procedimento, anche sulla base di altre considerazioni. Si nota infatti che la competenza sul procedimento di designazione dell'amministratore di sostegno spetta al giudice tutelare, il quale pur avendo funzioni importanti svolge di regola attività riconducibili alla volontaria giurisdizione. Ancora, si prevede tra i legittimati a proporre ricorso ex art. 406 cod. civ. anche lo stesso beneficiario, confermando la natura principalmente gestoria e non ablativa dell'intervento giudiziario. Secondo coloro, invece, che riconducono il procedimento in esame alla categoria della giurisdizione contenziosa si ritiene che il procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno non avrebbe natura volontaria, perché presenta, sotto vari e decisivi profili, identità di disciplina processuale con l'interdizione. (92)

Sulla questione è intervenuta una recente sentenza della Corte di Cassazione ed una successiva della Corte Costituzionale. La Corte di Cassazione, nella sentenza 29 novembre 2006, n. 25366, citata in precedenza con riferimento ai rapporti tra amministrazione di sostegno e interdizione ed inabilitazione, dopo aver ripercorso il dibattito, sopra accennato, conclude nel senso che: "il discrimen ai fini della affermazione, ovvero della negazione, della necessità della difesa tecnica, nelle ipotesi di mancata previsione legislativa espressa in un senso o nell'altro, non può essere individuato nel carattere contenzioso ovvero di volontaria giurisdizione della procedura di cui si tratta". Ad avviso della Corte occorre quindi verificare il singolo caso concreto, ritenendosi necessaria l'adozione di soluzioni differenziate caso per caso. Infatti, continua la Corte, in presenza di interventi che si limitano all'attribuzione all'amministratore di sostegno di compiti di mera "assistenza" si profila del tutto incongrua la previsione del necessario ministero del difensore a favore di un soggetto che non fa valere una sua pretesa nei confronti di altri, ma chiede l'intervento del giudice in funzione attuativa di un proprio interesse. In questo caso, infatti, non appare ragionevole ipotizzare la necessità di assistenza a favore di chi "non debba difendere un suo diritto da una contestazione, ma piuttosto ricevere un aiuto nel compimento di un'attività nel suo stesso interesse".

La Corte, al contrario, ritiene necessaria la difesa tecnica nel caso in cui "il provvedimento invocato comporti una limitazione della capacità di agire del soggetto interessato, e dunque una compressione della sua libertà ed autonomia, tale da incidere nella sfera dei diritti inviolabili dell'uomo". Infatti, nell'esercizio degli ampi poteri discrezionali affidati al giudice tutelare nella individuazione delle misure idonee a garantire la migliore tutela del beneficiario, lo stesso potrebbe emettere provvedimenti incidenti nella sfera giuridica dell'interessato con effetti analoghi a quelli "incapacitanti" dei due tradizionali istituti di protezione. In questo caso, quindi, "una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento esige che il destinatario della misura ablativa di diritti disponga delle medesime garanzie che assistono le procedure di interdizione o di inabilitazione, con particolare riferimento al rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, non potendo ragionevolmente riconoscersi garanzie differenziate in relazione a provvedimenti che spieghino pari effetti sostanziali." Il diritto di difesa, che per la Corte è da escludersi nel caso gli interventi disposti da giudice tutelare siano non limitativi, ma di solo sostegno, deve pertanto trovare completa attuazione ove si tratti di provvedimenti incidenti su diritti fondamentali dell'individuo.

Infatti, conclude la Corte:

se pure la natura, la struttura e la funzione del procedimento in esame impediscono in linea di principio l'applicazione della disciplina generale in materia di difesa tecnica, va tuttavia fatta salva l'esigenza di tale difesa e del contraddittorio, quali garanzie fondamentali offerte dal giusto processo, in ogni caso in cui il provvedimento da emettere, sia o non corrispondente alla misura richiesta, incida in maniera diretta sui diritti inviolabili della persona. In tali casi il giudice è pertanto tenuto ad invitare la parte a nominare un difensore.

Anche la Corte Costituzionale, con l'ordinanza 19 aprile 2007, n. 128, è intervenuta sul punto, sia pure indirettamente. Infatti la Corte, respingendo la censura di incostituzionalità degli art 407 e 408 cod. civ., nella parte in cui non prevedono l'onere del patrocinio in favore della persona interessata al procedimento di apertura, non ha fatto altro che riproporre la soluzione, riportata sopra, della Corte di Cassazione. Queste indicazioni, pur se autorevoli, meritano di essere discusse in quanto non hanno saputo fornire una soluzione chiara ed univoca al problema della necessità della difesa tecnica nel procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno. Le citate sentenze, infatti, non introducono un criterio preordinato valido per la generalità dei casi dal momento che la necessità del difensore è legata al contenuto del decreto che il giudice tutelare intende emettere. E' cioè legata alla decisione dello stesso giudice di emettere un decreto che incida sui diritti fondamentali della persona in difficoltà. Appare infatti difficile individuare concretamente quali siano i provvedimenti che incidono sulla sfera dei diritti inviolabili e non si comprende quali fattispecie si vogliano effettivamente tutelare (93). E' possibile concludere, sul punto, osservando che la problematica in questione resta e resterà aperta, almeno fino a quando non verrà indicata una linea interpretativa che risolva, una volta per tutte, il problema o non vi sia un intervento legislativo ad hoc che modifichi la normativa in vigore in un senso o nell'altro.

Una volta affrontata la questione inerente la necessità o meno della difesa tecnica nel procedimento (di apertura) dell'amministrazione di sostegno, occorre concludere, sinteticamente, l'esame dello stesso trattandone altri importanti aspetti. Innanzi tutto il legislatore non individua, con precisione, il momento iniziale del procedimento, prevedendo soltanto che il ricorso debba essere presentato al giudice competente. Anche se sarà con il deposito di questo atto che "si individua la data di presentazione della richiesta alla nomina dell'amministratore ai sensi del primo comma art. 405 cod. civ. e si procede alla formazione del fascicolo d'ufficio". (94) Pertanto, con il deposito del ricorso si verificherà il duplice effetto di determinare la pendenza del processo - decorrendo dal deposito il termine di sessanta giorni entro il quale il giudice tutelare dovrà decidere - e la costituzione dello stesso ricorrente. E' opportuno notare che "la domanda introduttiva fa sorgere nel giudice il dovere di provvedere ogni qual volta ravvisi l'esistenza in concreto di fatti che influiscono sulla capacità dell'interessato a curare i propri interessi e sulla opportunità di adottare le opportune misure di protezione e l'esercizio di questo potere non impedito da atti dispositivi o dalla inattività delle parti". (95) Quindi, il giudice tutelare gode di ampi poteri inquisitori e non operano in questo ambito gli strumenti processuali della rinuncia agli atti o l'estinzione per effetto dell'inattività delle parti. Il dato letterale sostanzia questa interpretazione, in quanto, l'articolo 407, terzo comma, cod. civ. afferma che il giudice tutelare deve provvedere in ogni caso pronunciandosi sul merito della domanda. Si ritiene inoltre necessaria la comunicazione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell'art 713 cod. proc. civ. così come richiamato dall'articolo 720 bis cod. proc. civ. In ogni caso, ai sensi dell'art. 407, ult. comma, cod. civ., "nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno interviene il pubblico ministero". Infine, sempre ai sensi del richiamato art. 713 cod. proc. civ., si ritiene che il giudice possa, sulla base di una sommaria valutazione, decidere se sussistono le circostanze che giustificano l'avvio del procedimento. (96)

Per quanto riguarda la fase istruttoria, nel procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno la legge non offre indicazioni generali: non viene richiamato l'art. 738, terzo comma, cod. proc. civ. in materia di procedimenti camerali, né l'art. 714 cod. proc. civ. che disciplina l'istruzione probatoria nel procedimento di interdizione. Come accennato si riconoscono ampi poteri "inquisitori" al giudice tutelare. Egli infatti, ai sensi dell'art. 407, secondo comma, cod. civ. "deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce recandosi, ove occorra, nel luogo in cui questa si trova e deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa". E' sicuramente questo un momento centrale dell'intero procedimento in quanto, mentre nei giudizi di interdizione la persona deve essere oggetto di "esame", adesso si prevede che il giudice debba "sentire" il disabile, raccogliendo le informazioni necessarie per garantire un intervento effettivo di protezione a vantaggio dello stesso. Dell'audizione deve essere redatto idoneo verbale. Secondo alcuni la mancata audizione, non obiettivamente giustificata, è causa di nullità del procedimento. (97)

Il giudice può procedere all'audizione dei soggetti, cui è stato notificato il ricorso introduttivo, interrogandoli liberamente, allo scopo di acquisire ogni informazione utile per verificare i presupposti dell'apertura dell'amministrazione e determinare il contenuto del decreto; inoltre, la legge gli attribuisce altri poteri inquisitori (art. 407, terzo comma, cod. civ.) ed in particolare quello di disporre d'ufficio di tutti i mezzi istruttori utili ai fini della decisione, e di ordinare accertamenti di natura medica, o di disporre una consulenza tecnica per verificare le condizioni fisiche e psichiche del soggetto disabile. Si ritiene che, in generale, il giudice possa fare ricorso anche ad altri mezzi di prova previsti dal codice di rito, come ordinare l'ispezione di persone o cose ai sensi dell'art. 118 cod. proc. civ. Le parti possono, inoltre, richiedere una prova testimoniale, una consulenza tecnica (98) (art. 61 s. e 191 s. cod. proc. civ.), un'ispezione e possono produrre documenti. (99) Si noti infine che la legge non impone un'articolazione in udienze del procedimento in esame, articolazione prevista, invece, per il processo di interdizione: la questione vede divisa la dottrina, fra coloro secondo i quali "mancano [...] nel procedimento in esame udienze in senso proprio, delineandosi solo l'audizione dei vari soggetti interessati e con finalità probatorie, per l'espletamento dell'eventuale contraddittorio, secondo la tipica struttura del procedimento camerale" (100) e coloro che sostengono che il procedimento possa essere articolato in udienze, sul presupposto che lo stesso ricalchi il procedimento di interdizione. (101)

I poteri inquisitori del giudice sussistono per tutta la durata dell'amministrazione di sostegno ed infatti, ai sensi dell'art. 407, quarto comma, cod. civ. "il giudice tutelare può, in ogni tempo, modificare o integrare, anche d'ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno". Con riferimento alla durata dell'incarico, l'art. 405, ultimo comma, prevede che "se la durata dell'incarico è a tempo determinato, il giudice tutelare può prorogarlo con decreto motivato pronunciato anche d'ufficio prima della scadenza del temine". Infine, occorre ricordare che ai sensi dell'art. 44 delle disp. att. cod. civ., come modificato dalla L. 6/2004, "il giudice tutelare può convocare in qualunque momento il tutore, il protutore, il curatore e l'amministratore di sostegno allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti, notizie sulla gestione della tutela, della curatela o dell'amministrazione di sostegno". Va precisato che i provvedimenti modificabili saranno non solo quelli assunti contestualmente al provvedimento di apertura, ma anche tutti quelli presi nel corso della stessa. Resta invece esclusa dall'applicazione di questa disciplina la revoca, in quanto autonomamente regolata.

Da ultimo, merita ricordare che la fase della decisione non è disciplinata dalla legge, e sono inapplicabili le regole di diritto processuale previste per il passaggio in decisione nei processi contenziosi a rito ordinario. Spetterà dunque al giudice regolare tale fase consentendo alle parti di precisare le proprie conclusioni, di illustrarle, discutendole davanti a lui o in memorie difensive. Infine, come detto in precedenza, ex art. 405 cod. civ., egli deve provvedere entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta di nomina dell'amministratore di sostegno, con decreto motivato immediatamente esecutivo.

Occorre adesso soffermarci, per concludere questi pochi cenni sul procedimento, sulle ipotesi di revoca dell'amministrazione di sostegno. Anche rispetto a questo strumento, così come per il provvedimento di apertura, si ripropone l'alternativa se ricondurre lo stesso alla categoria della giurisdizione contenziosa o di quella volontaria. Nel primo caso si ritiene pertanto che la disciplina di riferimento sia quella prevista per l'interdizione (art. 429 cod. civ.) e che vi sia un'identità strutturale tra il decreto di apertura e quello di chiusura per revoca, entrambi dotati di idoneità al giudicato. Al contrario, per chi accede alla seconda tesi, si ritiene che anche la revoca, così come il decreto di apertura, sia soggetta alla disciplina della volontaria giurisdizione in quanto non si avrebbe un "vero" accertamento di diritti e status idoneo al giudicato. In ogni caso, al riguardo, l'art. 413, primo comma, cod. civ., afferma che "quando il beneficiario, l'amministratore di sostegno, il pubblico ministero o taluno dei soggetti di cui all'articolo 406, ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell'amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell'amministratore, rivolgono istanza motivata al giudice tutelare". Legittimati ad esercitare l'azione di revoca (o sostituzione) dell'amministrazione di sostegno sono l'amministratore, il beneficiario, il pubblico ministero e gli altri legittimati a proporre il ricorso introduttivo ex art. 406 c.c. (art. 413 cod. civ.). La legge stabilisce, onde garantire un adeguato contraddittorio, che l'istanza debba essere comunicata al beneficiario e all'amministratore di sostegno, qualora essa sia proposta da soggetti diversi da questi ultimi due. Tali soggetti sono considerati parti necessarie nel procedimento di revoca. Eccezionalmente, il giudice tutelare può provvedere, anche d'ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno, quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario e - se ritiene che si debba promuovere giudizio di interdizione o di inabilitazione - ne informa il pubblico ministero, affinché provveda a iniziare tali giudizi ed in questo caso "l'amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o del curatore provvisorio ai sensi dell'art 419, ovvero con la dichiarazione di interdizione o inabilitazione" (art. 413 cod. civ.). Conseguentemente, qualora venga rigettata l'azione di interdizione o di inabilitazione, non opererebbe un presupposto di efficacia per la dichiarazione di revoca, e permarrebbe l'amministrazione di sostegno. Ancora, ai sensi del terzo comma dell'art. 413, "il giudice tutelare provvede con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori" e quindi possono essere richiamate le regole sulla fase istruttoria a cui abbiamo accennato in precedenza. Infine, il provvedimento di revoca dell'amministrazione di sostegno deve essere annotato nel registro delle amministrazioni di sostegno e nell'atto di nascita. Occorre poi ricordare che ai sensi dell'art. 405 cod. civ. può essere nominato un amministratore a tempo determinato. In questo caso l'amministrazione si chiude automaticamente alla scadenza del termine, ove il medesimo non sia stato prorogato dal giudice.

Per concludere, occorre, fare cenno agli strumenti di impugnazione previsti con riferimento al procedimento di amministrazione di sostegno. Innanzitutto preme ricordare che la materia è regolata dall'art 720 bis cod. proc. civ., quindi da norme riguardanti il rito camerale, il quale rinvia ad altre disposizioni (712, 713, 716, 719 e 720 cod. proc. civ.) applicabili anche all'interdizione, anche se tale rinvio non ha mancato di suscitare dubbi in dottrina, (102) in particolare, riguardo al mancato rinvio all'art. 718 cod. proc. civ., che prevede la possibilità di impugnare la sentenza di interdizione e inabilitazione anche da "tutti coloro che avrebbero avuto diritto di promuovere la domanda", pur non avendo partecipato al processo. In ogni caso, sono comunque legittimati ad impugnare tutti i soggetti che hanno partecipato al procedimento.

Quanto all'ipotesi del reclamo, l'art 720 bis cod. proc. civ. afferma che "contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d'appello a norma dell'art. 739 cod. proc. civ.". Derogando alla regola generale per cui si vuole che contro i decreti del giudice tutelare provveda il tribunale, l'art. 720 bis cod. proc. civ. prevede la competenza della corte d'appello. Il reclamo deve essere proposto entro il termine di dieci giorni ai sensi dello stesso articolo 739 cod. proc. civ. in tema di procedimenti in camera di consiglio. Il terzo comma dell'art. 720 bis cod. proc. civ., infine, prevede che "contro il decreto della corte d'appello è ammesso ricorso per cassazione". Invero, si ripropone anche qui il dibattito sulla natura del procedimento di amministrazione di sostegno. (103) Si può ricordare, tuttavia, che la soluzione che sembra affermarsi sia quella per cui si dovrebbe ammettere il ricorso per cassazione non già a tutti i decreti pronunciati in sede di reclamo, ma soltanto a quelli che hanno ad oggetto provvedimenti ablativi, anche solo parzialmente, della capacità d'agire e che dunque incidono sulla possibilità di agire attivamente e validamente nella realtà giuridica. (104) Quanto, infine, all'entità del termine per proporre ricorso per cassazione, mancando qualunque previsione al riguardo da parte dell'art. 720 bis cod. proc. civ., occorre fare riferimento alle disposizioni generali degli articoli 325, 326 e 327 cod. proc. civ. Il termine è dunque di sessanta giorni se vi è stata notificazione ad istanza di parte, altrimenti è di un anno dal deposito in cancelleria del provvedimento. (105)

2.3. La scelta dell'amministratore di sostegno

Per quanto riguarda la scelta dell'amministratore di sostegno occorre ricordare che l'art. 408 cod. civ. dispone che "la scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario". Si è notato, a questo proposito, che "la ratio legis è esclusivamente ispirata ad interessi individuali, nel senso che l'individuo e la sua capacità non potrebbero essere legittimamente piegati ad esigenze esogene". (106) Nella scelta, ove manchi una designazione da parte dello stesso interessato, ovvero in presenza di gravi motivi (107), il giudice tutelare "preferisce", dove possibile:

  1. "il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado".
  2. "il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata".

La legge prevede anche che la scelta dell'amministratore di sostegno possa essere decisa dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In questo caso siamo, pertanto, di fronte al riconoscimento della piena autonomia del soggetto beneficiario, il quale potrà scegliere l'amministratore in quanto lo ritenga maggiormente capace di rispondere alle sue esigenze, realizzandone i bisogni esistenziali. Si è affermato che tale atto di designazione, essendo privo di una disciplina specifica, eccetto quella concernente la forma, possa essere ricondotto alla categoria degli atti unilaterali. (108) Non vi è dubbio che la validità della designazione dipenderà dalla capacità dell'interessato, anche se si ritiene sufficiente al riguardo la "mera capacità di discernimento". (109) Occorre tuttavia ricordare che, ai sensi dell'art 406 cod. civ., anche l'interdetto, l'inabilitato ed il minore possono presentare il ricorso per l'instaurazione dell'amministrazione di sostegno, e quindi si può porre l'interrogativo se anche per tali soggetti possa immaginarsi tale possibilità di designazione. In ogni caso, va ricordato, sarà il giudice tutelare a dover concretamente procedere alla nomina dell'amministratore osservando tutte le procedure previste dalla legge. Quanto ai vizi della volontà concernenti l'atto di designazione merita ricordare che si applicheranno gli ordinari mezzi di tutela previsti dal codice.

Ci si può domandare se, nonostante il silenzio della legge, possano essere contemplate una o più "designazioni in sostituzione", nel caso in cui l'eletto non possa assumere l'incarico perché, per esempio, nel frattempo è scomparso, deceduto, etc. La risposta data da alcuni, al riguardo, è positiva. (110) E ciò vale anche per la simile ipotesi di "designazione successiva", relativa alla ipotesi in cui, successivamente alla nomina del primo designato, per i motivi visti sopra, si renda necessaria la nomina di un nuovo amministratore di sostegno. (111) In ogni caso il giudice tutelare conserva il potere di disattendere le indicazioni date se ricorrono gravi motivi. Altra questione concerne la "designazione in negativo" e cioè la possibilità, riconosciuta all'interessato, di indicare dei soggetti ai quali non vuole venga concesso l'incarico di amministratore di sostegno. Secondo alcuni, si ritiene che debba essere riconosciuta tale possibilità anche se l'esclusione deve essere in ogni caso dotata di un certo grado di determinatezza. (112)

Altra ipotesi da prendere in considerazione è quella della "designazione plurima", ovvero, la nomina di più amministratori di sostegno che si dividono le competenze. Al riguardo si ricorda come ai sensi dell'art. 411 cod. civ. si può applicare, in quanto compatibile, anche l'art. 379 cod. civ., discendendone la possibilità che il giudice tutelare possa autorizzare l'amministratore di sostegno a farsi assistere, sotto la sua responsabilità, da una o più persone stipendiate. Non sono mancati provvedimenti che hanno statuito nel senso di prevedere un amministratore di sostegno per tutte le questioni patrimoniali ed un co-amministratore per lo svolgimento, invece, di tutti quei compiti attinenti alla cura della persona. (113)

Altro interessante interrogativo concerne la possibilità, riconosciuta sempre in capo al beneficiario, di poter indicare, nell'atto di designazione, direttive da seguire nello svolgimento del compito. La risposta, per alcuni, (114) deve anche in questo caso, essere positiva. Ovviamente, sempre considerando che l'ultima parola spetterà necessariamente al giudice tutelare, si può immaginare che l'interessato formuli delle indicazioni concernenti sia la cura patrimonii (es. l'atto potrà indicare che non si proceda ad investimenti azionari, che non si venda un certo bene, ecc.), sia la cura personae (es. indicazioni concernenti l'abbigliamento, le vacanze, ecc.) spingendosi, in questo ultimo caso, a contemplare anche l'ipotesi di indicazioni attinenti alla possibile malattia del beneficiario che potrebbero rientrare nel "testamento biologico o testamento per la vita" (115). Per concludere sul punto, è possibile notare come l'eventuale previsione di tali direttive, anche se non vincolanti, risponderebbe sicuramente a quel favor, per la volontà e l'autonomia dell'individuo, che sostiene e sostanzia l'intera riforma dell'amministrazione di sostegno.

Ci si può domandare, ancora, se la designazione in esame tolleri la condizione ed il termine. Secondo una interpretazione si può ritenere utile questa possibilità in quanto con tali strumenti potrebbe essere data rilevanza ad interessi del soggetto che pone in essere la designazione. Quanto al termine concernente, in questo caso, la designazione dell'amministratore (da non confondere con la durata dell'incarico, contemplata ex art. 405 cod. civ.), si pensi all'ipotesi in cui la designazione venga ritenuta utile soltanto fino ad una certa data, allo scadere della quale, si vuole che sia operativa la designazione disposta in sostituzione. Quanto alla condizione, si può pensare all'ipotesi in cui il soggetto designante manifesti la volontà che il designato assuma l'incarico solo se non coniugato - sempre che sia ammissibile - perché ritiene più proficua la cura di chi non è impegnato in un rapporto di coniugio. (116)

Quanto alla forma dell'atto di designazione, l'art 408, primo comma, cod. civ. afferma che la stessa, per essere valida, deve rivestire la forma dell'atto pubblico o scrittura privata autenticata (si richiede pertanto l'intervento di un soggetto abilitato, per esempio un notaio). Questa scelta trova la propria ratio nella necessità, vista la delicatezza della materia, di fornire idonei strumenti di pubblicità, anche se si può obbiettare come in tal modo aumentano i costi e diminuisca l'agilità rispetto, per esempio, alla scrittura privata. Inoltre, secondo una interpretazione, tale forma dovrebbe reputarsi ad substantiam. (117) Ne discende che la designazione priva di tali requisiti è destinata a non produrre effetti, cioè il giudice tutelare non è tenuto, in questo caso, a prendere in esame la designazione. Quanto, infine, alla domanda se la designazione possa essere svolta oralmente davanti al giudice tutelare, il quale poi provveda a farla verbalizzare dal cancelliere, si può rispondere invocando l'art. 407 cod. civ., che prevede che il giudice tutelare "deve tener conto [...] dei bisogni e delle richieste" del beneficiario. (118)

Quanto ai poteri del giudice tutelare rispetto alla designazione dell'amministratore di sostegno è possibile ritenere, stando alla lettera della norma, che lo stesso abbia l'obbligo di attenersi alla designazione. Infatti, il giudice tutelare potrà procedere in autonomia nell'ipotesi in cui ricorrano "gravi motivi", che inducano a non dar seguito alla stessa o nell'ipotesi in cui l'interessato all'amministrazione di sostegno si sia astenuto dal procedere alla designazione. Nel primo caso il giudice tutelare nominerà pertanto, con decreto motivato ex art. 408 cod. civ., l'amministratore di sostegno in una persona diversa da quella indicata dal beneficiario. Tacendo la norma sul contenuto dei "gravi motivi", si può ritenere che essi possano identificarsi in fattispecie tali da non giustificare e ammettere la designazione effettuata (si pensi all'ipotesi in cui il soggetto designato si sia reso responsabile di una condotta incompatibile con l'istituto di amministratore di sostegno). (119)

Occorre ora soffermarsi brevemente sull'ipotesi, contemplata nell'art. 408, primo comma, cod. civ., riguardante la possibilità, riconosciuta al genitore superstite, di designare al figlio l'amministratore di sostegno, affidando la relativa disposizione al testamento, ad un atto pubblico o ad una scrittura privata con sottoscrizione autenticata. Ai sensi dell'art. 408 cod. civ. le designazioni effettuate possono essere sempre revocate dall'autore purché vengano rispettate le forme adottate per l'atto revocando: quindi scrittura privata autenticata, atto pubblico e testamento per l'ipotesi della designazione ad opera del genitore superstite. (120) Infine, occorre ricordare che niente viene detto circa la conservazione delle designazioni. Al riguardo si potrebbe pensare, de iure condendo, all'istituzione di un apposito registro. (121)

Come già accennato all'inizio di questo paragrafo, l'art. 408 cod. civ., prevede che, nel caso in cui sia assente la designazione o non si possa darle seguito (per gravi motivi), nella scelta della persona da designare il giudice tutelare debba preferire, ove possibile, "il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado". Si ritiene che tali soggetti si trovino tutti in posizione paritaria. (122) Occorre sottolineare che la norma non menziona gli affini, i quali sono invece legittimati, stante il rinvio operato dall'art 406 cod. civ. all'art. 417, primo comma, cod. civ., a presentare ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno. In ogni caso il giudice tutelare, in base all'art. 408 cod. civ., può chiamare all'incarico di amministratore di sostegno, quando ricorrono le condizioni, "altra persona idonea". (123) Di particolare interesse risulta, dopo quella del "coniuge che non sia legalmente separato", la previsione della "persona stabilmente convivente". Si ritiene infatti che tale espressione alluda alla convivenza more uxorio, vale a dire alle convivenze eterosessuali ed omosessuali. Si riconosce giustamente, quindi, anche in questo ambito, una legittimazione alla categoria della "famiglia di fatto". Inoltre, secondo una interpretazione - che muove dalla considerazione che in altre norme, per esempio ex art. 407 cod. civ., si usa l'espressione "conviventi del beneficiario", quindi un'espressione al plurale - si è affermato che l'espressione "persona stabilmente convivente" potrebbe ricevere un'interpretazione ampia, così da ricomprendervi non soltanto il soggetto che conviva more uxorio, ma anche il soggetto che abbia, con l'interessato all'amministrazione di sostegno, una convivenza di tipo non coniugale (si pensi alla persona amica o alla domestica, la quale semplicemente coabiti con l'interessato). (124)

L'art. 408 cod. civ. prevede poi, al terzo comma, che "non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario", come del resto avviene anche in Germania, dove è preclusa la nomina di un "betreuer" (assistente) che sia dipendente dell'istituto in cui la persona è ospitata. (125) Al quarto comma dello stesso articolo si prevede che "il giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione dell'interessato quando ricorrono gravi motivi, può chiamare all'incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II", attraverso il loro legale rappresentante o una persona da costui delegata. Si contempla qui la possibilità di nominare come amministratore di sostegno, anche per semplice opportunità, una associazione, una fondazione, etc. Il problema sollevato da questa norma è sostanzialmente il rischio di "dirottare la cura della persona verso organizzazioni che possono avere gli scopi più diversi e non necessariamente quelli afferenti al solo interesse del beneficiario", visto che il titolo II del primo libro del Codice Civile, richiamato dall'art 408, contempla oltre ad associazioni, fondazioni ed enti vari, anche province e comuni, con la possibilità quindi dell'intervento di una vasta quantità di amministratori di sostegno-persone giuridiche. Sarebbe stato opportuno, invece, che il legislatore avesse imposto al giudice di designare soggetti diversi dalle persone fisiche non per ragioni di opportunità, ma solo per gravi motivi. (126)

In ogni caso, la previsione in base alla quale il giudice tutelare può nominare altro soggetto idoneo appare opportuna, in quanto potrà verificarsi l'ipotesi che non possano essere individuate le altre persone richiamate dalla norma ovvero siano inidonee alla stessa nomina. Al riguardo si può ricordare come una delle prime decisioni abbia previsto che "in assenza di parenti che siano in grado di assumere l'incarico, va ravvisata l'opportunità di nominare come amministratore di sostegno un avvocato quale persona idonea per competenza professionale a gestire il patrimonio del beneficiario e la cura della sua persona, mentre nessun operatore del servizio che ha in cura o in carico il beneficiario può essere nominato". (127) In ogni caso, come si è notato, gli enti che vengono richiamati ex art. 408 cod. civ. sono accomunati da una caratterizzazione teleologica non lucrativa, che consente di offrire contenuti conformi ai principi solidaristici, che si intendono privilegiare con la normativa in esame. (128) Si è poi sottolineato che, nonostante le similitudini dell'art. 408 con l'art. 354 cod. civ (riguardante la tutela affidata ad enti di assistenza), non si precisa nel primo la finalità assistenziale, per cui il giudice tutelare potrebbe nominare come amministratore di sostegno anche una fondazione bancaria, che si occupi soltanto della cura degli interessi patrimoniali del beneficiario, mentre si è esclusa tale possibilità per gli studi professionali e gli istituti di credito, in quanto, in questo caso, si sarebbe contribuito a far riaffiorare una logica puramente "patrimonialistica" di tutela della persona. (129) Occorre poi ricordare che anche se nel testo non compare un riferimento alla possibilità di conferire l'incarico ad un ente appartenete al mondo del volontariato, va in ogni caso ammessa tale ipotesi, in quanto, come verrà illustrato nel terzo capitolo di questo lavoro, non si può non riconoscere, a tali associazioni, un ruolo decisivo. Al riguardo non è da escludere che con il tempo possano nascere associazioni che affinino la propria competenza nella materia in esame. (130)

Infine, sono applicabili all'amministrazione di sostegno, in quanto richiamate dall'art. 411 cod. civ., le norme relative alla tutela contenute negli articoli 349 (giuramento del tutore), 350 (incapacità all'ufficio tutelare), 351 (dispensa dall'ufficio tutelare), 352 (dispensa su domanda), 353 (domanda di dispensa) cod. civ., in quanto compatibili. Non sono invece automaticamente applicabili all'amministrazione di sostegno, poiché non oggetto di richiamo, le norme concernenti l'inventario relativo alla tutela. In ogni caso, rispetto a questo ultimo punto, non si può dimenticare che, visti i poteri che l'art. 411 cod. civ. riconosce al giudice tutelare, si potrebbe avere comunque un'estensione delle stesse norme sull'inventario anche all'amministrazione di sostegno, laddove il giudice ne ravvisi l'opportunità.

2.4. Amministrazione di sostegno: ufficio gratuito?

Fin dai lavori preparatori della legge n. 6/2004 si è posto l'interrogativo sul perché del silenzio della legge in ordine alla retribuzione dell'amministratore di sostegno, non mancando infatti altre esperienze giuridiche nelle quali si prevede una remunerazione per tale attività. Per esempio, in Austria "l'amministratore di sostegno ha diritto ad un compenso che dalla prassi viene stabilito di consueto al 5% dei redditi annuali dello stesso interessato". (131) E' evidente, del resto, come l'amministratore di sostegno debba dedicare, se l'attività è svolta con cura e responsabilità, una parte consistente del proprio tempo e delle proprie energie al suo ufficio, per cui è concreto il problema di individuare soggetti disposti ad accettare l'incarico senza alcun corrispettivo ovvero con un corrispettivo irrisorio. (132) Il problema trova una insoddisfacente soluzione nel codice civile, cosi come modificato dalla legge n. 6/2004, in quanto l'art. 411 cod. civ. rinvia all'art. 379 concernete la gratuità della tutela. Ai sensi di quest'ultimo articolo si prevede, infatti, che "l'ufficio di tutore è gratuito", ma anche che il giudice tutelare, in considerazione dell'entità del patrimonio e delle difficoltà di amministrazione dei beni del minore o dell'interdetto, possa assegnare al tutore una "equa indennità".

La regola generale, prevista per la tutela ed applicabile all'amministrazione di sostegno, è quindi la gratuità dell'ufficio, ma la stessa viene contemperata consentendo appunto di assegnare, nel caso in cui ricorrano le circostanze indicate dalla norma, un'equa indennità (quindi non un compenso o una retribuzione) da prelevarsi, va aggiunto, direttamente dal patrimonio del beneficiario. Per equa indennità si può intendere "una somma da erogare al fine di rimborsare le spese e di rilevare il tutore delle perdite derivabili da non poter attendere alle normali occupazioni, in conseguenza del tempo dedicato allo svolgimento dell'incarico". (133) Si ritiene che la norma contenuta nell'art. 379 cod. civ. sia compatibile con il sistema dell'amministrazione di sostegno. Sul significato della stessa norma, con riferimento all'interdizione, è intervenuta anche la Corte Costituzionale (ordinanza n. 1.073 del 1988), la quale ha affermato che "l'equa indennità, che a norma dell'art. 379, secondo comma, il giudice tutelare può assegnare al tutore, considerando l'entità del patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione, non ha natura retributiva, ma serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore". (134) Quindi, secondo la Corte, dovrebbe essere ammessa, nei casi consentiti, un'indennità che in ogni caso non dovrebbe avere natura retributiva. In realtà, il richiamo fatto dalla Corte è utile, ma insoddisfacente in quanto fa riferimento soltanto alla cura del patrimonio e non della persona, che invece dovrebbe essere un tratto distintivo proprio del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno. Ancora, va ricordato che una delle prime decisioni al riguardo ha statuito nel senso di prevedere, a favore dell'amministratore di sostegno, un indennizzo comprensivo, oltre che delle spese affrontate per l'amministrazione del patrimonio dell'amministrato, anche di una remunerazione, da determinarsi in via equitativa, per l'attività di cura della persona espletata dall'amministratore, in quanto occorre interpretare evolutivamente l'art 379 cod. civ., così da derogare alla regola generale della gratuità dell'ufficio. (135) In ogni caso, anche da parte di chi difende il principio della gratuità dell'ufficio - sulla base della considerazione che questa scelta può essere letta come una precauzione opportuna, evitando così di aprire l'istituto a persone motivate unicamente da una prospettiva di guadagno - si è sostenuto che l'equa indennità dell'amministratore dovrebbe comprendere anche "il ristoro dei mancati guadagni", che sarebbero derivati all'amministratore ove si fosse esclusivamente dedicato ai propri interessi, anziché a favore del beneficiario di amministrazione di sostegno. (136)

Per concludere sul punto, occorre porsi qualche interrogativo su quali possano essere le difficoltà, in concreto, che può incontrare un amministratore di sostegno e quali possano essere le risposte che provengono dalla nuova normativa e dalla sua interpretazione. Come detto, infatti, si ammette in via di principio la possibilità di prevedere, a vantaggio dell'amministratore, un'indennità commisurata all'entità del patrimonio e alle difficoltà dell'amministrazione, ma le situazioni di gestione del patrimonio possono richiedere un dispendio di energie, fisiche e professionali, difficilmente quantificabili e può divenire riduttivo legare l'indennità alle condizioni sopra indicate. Com'è possibile, infatti, quantificare un rimborso equo e giusto di fronte ad una amministrazione di sostegno che vede come beneficiario un soggetto che non ha un cospicuo patrimonio, ma dove si richiedono interventi "minimi" di gestione, ma pur sempre interventi che comportano un dispendio da parte dell'amministratore, sul piano della fatica e del tempo impiegato? Come è possibile quantificare un rimborso rispetto alla attività di dichiarazione dei redditi svolta dall'amministratore tramite l'ausilio degli appositi uffici? Come è possibile quantificare il rimborso rispetto alle spese di carburante necessario agli spostamenti? Ancora, come quantificare il rimborso dovuto nel caso in cui l'amministratore abbia provveduto a "sbloccare" la pensione di invalidità spettante al beneficiario? Questi esempi, ma se ne potrebbero fare altri, dimostrano come occorra porre rimedio ad una situazione di profonda incertezza che vede spesso gli amministratori lasciati (insieme al beneficiario) in balia del sistema giudiziario e dell'atteggiamento più o meno accondiscendente del giudice tutelare.

Inoltre, una cosa è che l'amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, sia un parente o un soggetto che ha dei legami pregressi di natura sentimentale con il beneficiario, nel qual caso si rende difficile ipotizzare una forma di "rimborso spese", proprio in virtù di quanto detto. Altra, invece, l'ipotesi in cui a ricoprire l'incarico di amministratore di sostegno sia una persona "terza", poiché in questo caso si rende necessario ipotizzare forme di rimborso, magari standardizzate in riferimento alla tipologia di atto da compiere, a meno che non si voglia far ricadere tutto il peso sulle associazioni di volontariato e sullo spirito di altruismo del singolo amministratore. Infatti, se è vero che l'attività di amministrazione di sostegno deve essere svolta sulla base di un principio costituzionale di solidarietà, è anche vero che quando ci si confronta con la realtà emergono contraddizioni a cui un "Welfare State" moderno non può non dare risposte concrete ed utili. Si pone quindi la necessità di una revisione della normativa o di un'interpretazione evolutiva delle norme che tenga conto delle esigenze concrete di ristoro cui può aspirare, legittimamente, un amministratore di sostegno e che preveda soluzioni più equilibrate e meglio rispettose delle condizioni in cui spesso si trova ad operare chi svolge tale funzione. (137)

Infine, un ultimo problema che merita di essere trattato riguarda la necessità o meno di pagare l'imposta di bollo sulle domande presentate successivamente all'istanza che ha dato luogo all'amministrazione di sostegno. Tale problematica ha una rilevanza pratica, poiché nello svolgere l'attività di amministratore di sostegno spesso si rende necessario chiedere alla cancelleria più copie di atti, oppure di presentare istanze, con l'eventuale addebito delle spese al beneficiario. E' evidente che quando il beneficiario versa in disagiate condizioni economiche, questa situazione può creare notevoli problemi. Sul punto ha cercato di fare chiarezza il Dipartimento per gli Affari di Giustizia (Direzione Generale della giustizia Civile - Ufficio n.1) attraverso il Prot. n. m_dg.DAG. 05/02/2007.14803.U., del primo febbraio 2007. Il Dipartimento ha infatti ricordato che "nel corso di verifiche ispettive è stato riscontrato che alcuni uffici giudiziari, dopo l'introduzione del contributo unificato, non hanno più provveduto all'esazione dell'imposta di bollo sulle domande e sugli atti successivi all'apertura delle curatele, quali rendiconti periodici, bilancio finale ed eventuali atti funzionali alla curatela, ad eccezione dei diritti di copia e di certificazione, nonché sulle domande e sugli atti di uguale natura successivi all'apertura delle amministrazioni di sostegno". Di tale problematica la stessa Direzione Generale ha provveduto ad interessare l'Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, in data 9 ottobre 2006, con la nota prot. n. 954/131988/2006". Al riguardo l'Agenzia osserva che "l'art. 46 delle disposizioni per l'attuazione del Codice Civile prevedeva l'esenzione da imposte di bollo e di registro di tutti gli atti della procedura della tutela, compreso l'inventario e gli atti previsti nel titolo XI del libro I del Codice Civile. Detta disposizione, come noto, è da ritenersi abrogata per effetto della previsione introdotta con l'art. 42 del D.P.R. n. 601/73". Inoltre, prosegue l'Agenzia delle entrate, per atti della procedura della tutela dei minori e degli interdetti, compresi l'inventario, l'esenzione dall'imposta di bollo è stata confermata dall'articolo 13 della Tabella degli atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto, allegata al D.P.R. n. 642/72., mentre una modifica a tale regime è stata introdotta con l'art. 13 della legge n. 6/2004 che, nell'aggiungere l'art. 46-bis alle disposizioni per l'attuazione del codice civile, ha espressamente stabilito che "gli atti e i provvedimenti relativi ai procedimenti previsti dal titolo XII del libro primo del Codice Civile non sono soggetti ad obbligo di registrazione e sono esenti dal contributo unificato". Come già chiarito in precedenza (vedi risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 78 del 16/06/06 e nota di questa Direzione Generale prot. n. 80510.U del 27/07/06), il rinvio operato dal legislatore agli atti e provvedimenti del Titolo XII del libro primo del Codice Civile, individua l'ambito applicativo della norma con esclusivo riferimento alle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia, vale a dire agli istituti dell'amministrazione di sostegno (capo I), dell'interdizione, della inabilitazione e della incapacità naturale (capo II)". Pertanto, "risulta evidente che gli atti successivi all'apertura della curatela per gli inabilitati e le domande presentate successivamente all'istanza che ha dato luogo all'amministrazione di sostegno, quali atti dei procedimenti di cui al titolo XII, non sono soggetti all'obbligo della registrazione, sono esenti dal contributo unificato e, conseguentemente, dall'imposta di bollo". Al riguardo, come ricorda la Direzione Generale per la Giustizia Civile, "l'amministrazione finanziaria ha più volte precisato che il contributo unificato ha natura alternativa rispetto all'imposta di bollo. L'art. 18 del D.P.R. 115/02 stabilisce, infatti, che qualora gli atti e i provvedimenti del processo siano soggetti al contributo unificato non si applica l'imposta di bollo, che, di conseguenza, acquista natura residuale in materia di atti giudiziari, rimanendo generalmente dovuta quando non opera il contributo unificato. Tale principio opera anche con riferimento ai processi che il legislatore ha esentato dal contributo unificato". Infatti, precisa la Direzione Generale, il contributo unificato comporta la non applicabilità dell'imposta di bollo per atti e provvedimenti del processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione (...). Atti e provvedimenti del processo sono tutti gli atti processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari e funzionali (art. 18 T.U. sulle spese di giustizia). Il significato da attribuire ai termini "antecedenti, funzionali e necessari" è stato già precisato dall'Agenzia delle Entrate con la circolare numero 70 del 14/08/02, con la quale è stato chiarito che, ai fini dell'esenzione dell'imposta di bollo, deve ricorrere il presupposto oggettivo legato alla tipologia degli atti, ed inoltre è necessario che il soggetto beneficiario dell'esenzione rivesta la qualità di parte processuale. Quindi concludendo, "gli atti in argomento, quali atti di gestione funzionale all'attuazione dei procedimenti giurisdizionali della curatela e dell'amministrazione di sostegno sono da ritenersi esenti dall'imposta di bollo, in quanto rappresentano atti 'antecedenti, necessari o 'funzionali' allo stesso procedimento giurisdizionale, al quale sono 'logicamente 'rapportabili', proprio in termini 'funzionali' e 'necessari'". (138)

Si ritiene applicabile all'amministrazione di sostegno anche la parte finale dell'art. 379 cod. civ., ai sensi del quale il giudice tutelare può autorizzare il tutore (quindi anche l'amministratore di sostegno) a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate. In definitiva, spetterà direttamente all'amministratore di sostegno gestire personalmente il patrimonio ed affrontare le incombenze legate all'incarico ricevuto, ma in "circostanze particolari" (per esempio un patrimonio cospicuo, che rende intollerabile l'incarico) potrà essere autorizzato, dal giudice tutelare, a valersi della collaborazione, gratuita o retribuita, di altri soggetti. Nel caso di una collaborazione retribuita si ritiene che la misura degli stipendi debba essere indicata dal giudice tutelare. In ogni caso, giova ripeterlo, l'amministratore di sostegno non potrà spogliarsi completamente del proprio ufficio, ma solo delegare singoli atti o affari, previa autorizzazione giudiziale. (139)

Si ritiene applicabile all'ufficio di amministrazione di sostegno anche l'art. 381 cod. civ., ai sensi del quale "il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità del patrimonio, può imporre al tutore di prestare una cauzione, determinandone l'ammontare e le modalità". La previsione della cauzione è posta per garantire concretamente gli interessi del beneficiario durante lo svolgimento della tutela, se circostanze particolari ne richiedono l'attivazione. Va però notato che di regola il giudice tutelare non imporrà la cauzione a carico dell'amministratore di sostegno, poiché questa ha un costo a fronte di un ufficio che tendenzialmente è gratuito. Se il giudice, nonostante ciò, decidesse di richiedere una cauzione ne fisserà l'ammontare e indicherà le modalità di svolgimento. In questo caso, il mancato adempimento di tale obbligo comporta, per l'amministratore, responsabilità ex art. 382 cod. civ., in quanto l'obbligo di cauzione è posto a garanzia dei danni che lo stesso può causare al patrimonio dell'amministrato. Nel caso in cui il giudice ravvisi, nell'omessa prestazione della cauzione, negligenza o insolvenza, potrà rimuovere l'amministratore dall'ufficio ex art. 384 cod. civ. Per concludere. è importante ricordare che l'ufficio dell'amministrazione di sostegno è connotato dalla doverosità. Secondo un'interpretazione, si può desumere la stessa dalla previsione ex art. 411 cod. civ. che estende all'amministrazione di sostegno le disposizioni sulla dispensa e sull'esonero dall'ufficio e dalla previsione, contenuta nell'art. 410 cod. civ., ai sensi del quale l'amministratore di sostegno "non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti". (140)

2.5. Compiti e doveri dell'amministratore di sostegno

Aspetto fondamentale, legato al tema dei doveri e dei compiti dell'amministratore, è la questione della capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno. Fin dai lavori preparatori della L. 6/2004 si è affermato che occorre non considerare lo stesso soggetto debole come un nuovo incapace. L'articolo 1 della stessa legge, a questo proposito, afferma che la finalità del nuovo istituto è quella di tutelare i soggetti privi di autonomia "con la minore limitazione possibile della capacità d'agire" e l'art. 409 cod. civ. afferma che "il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno". (141) A questo riguardo è stato notato che l'uso del verbo "conserva" potrebbe ingenerare una certa confusione interpretativa. Infatti, questa espressione porta a pensare che la piena capacità d'agire venga ridotta al di fuori delle ipotesi tipizzate. Ma è pur vero che la capacità dell'amministrato, di fronte ad un intervento di sostegno con rappresentanza esclusiva o assistenza necessaria, è pur sempre compressa. Stando sempre a questa interpretazione, possiamo quindi affermare che l'amministrato non è un incapace in senso stretto, poiché gli possono essere preclusi molti atti, anche importanti, ma conserva la piena capacità in ordine a quelli non preclusi: si potrebbe parlare, quindi, di un "quasi-capace". (142) In definitiva la diminuzione di capacità dovrebbe (deve) riguardare solo determinati atti, mentre per il resto il beneficiario conserva la piena sovranità. (143)

Si può dunque affermare che il beneficiario dell'amministrazione di sostegno non perde, in forza di questa qualità, innanzitutto, la capacità di compiere da solo gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (in quanto può compierli "in ogni caso" in forza dell'art. 409 cod. civ.); né perde la capacità di compiere anche gli altri atti, salvo che essi ricadano tra quelli che richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. Ne discende, secondo alcuni, che il beneficiario di amministrazione di sostegno, al di là degli atti per cui è esclusa, ha capacità negoziale. (144) Come è stato correttamente osservato:

differentemente dal sistema codicistico dell'interdizione e dell'inabilitazione che, in ogni caso, consente di conoscere, a priori, quali atti di autonomia siano consentiti, e quali, invece, siano negati, qualsivoglia sia il destinatario della pronuncia dell'interdizione o dell'inabilitazione, analogamente non può affermarsi riguardo al beneficiario di amministrazione di sostegno. Ciascun beneficiario, infatti, 'ha ritagliato su misura' il proprio statuto, sicché occorre accertare, di volta in volta: quali atti di autonomia gli siano preclusi; quali atti di autonomia gli siano preclusi, ma in ordine ai quali opera, come rappresentante esclusivo, l'amministratore di sostegno; quali atti di autonomia, infine, non sia legittimato a porre in essere da solo, abbisognando, invero, dell'assistenza dell'amministratore di sostegno, eccettuati essendo, beninteso, in ogni caso, gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana del beneficiario di amministrazione di sostegno (145).

Occorre poi ricordare che lo statuto dell'interdetto e dell'inabilitato è rigido, in quanto oltre alla possibilità di revoca, si prevede soltanto, per l'interdizione, la possibilità di una mitigazione attraverso la sua conversione in inabilitazione ed eventualmente in amministrazione di sostegno (ex art. 418 cod. civ.). Nel caso dell'amministrazione di sostegno assistiamo, invece, ad uno statuto del beneficiario proteso alla flessibilità. Come infatti accennato in precedenza, l'amministrazione di sostegno può cessare, ma può anche mutare d'intensità in relazione alle esigenze del suo beneficiario: sia nel senso di un ampliamento dei poteri dello stesso beneficiario, in quanto siano migliorate le sue condizioni, sia nel senso di un restringimento dei suoi poteri, fino alla conversione del provvedimento di istituzione dell'amministrazione di sostegno in interdizione o inabilitazione. (146)

Dopo questa breve disamina concernente le problematiche inerenti la capacità del beneficiario, occorre affrontare più in profondità la tematica dei compiti e dei doveri dell'amministratore di sostegno. Innanzi tutto occorre notare che, a differenza dei tradizionali istituti dell'interdizione e inabilitazione, diretti principalmente alla cura del patrimonio, con l'amministrazione di sostegno l'amministratore può essere oberato di compiti che si estendono alla cura del beneficiario, cioè al soddisfacimento dei suoi bisogni di ordine non patrimoniale. (147) L'amministratore di sostegno, dunque, potrà svolgere sia un'attività di cura della persona, sia di gestione del patrimonio del beneficiario. In sintesi, come si è sottolineato, in forza del provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, emesso dal giudice tutelare sulla base delle esigenze del caso concreto, potranno essere individuati i seguenti atti:

  1. atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, sostituendosi in tutto allo stesso;
  2. atti che il beneficiario può compiere soltanto con l'assistenza dell'amministratore di sostegno;
  3. atti che il beneficiario continua a compiere da solo, cioè esclusivamente. (148)

In ogni caso, occorre completare l'analisi ricordando che ai sensi dell'articolo 409, rubricato "Effetti dell'amministrazione di sostegno", si afferma che "il beneficiario conserva la capacità d'agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana".

Come sottolineato in precedenza, tra i compiti dell'amministratore rientra anche la cura personae. A conferma di questa tesi, in dottrina si fa riferimento ad una serie di indici normativi, che appunto descriverebbero un amministratore teso alla soddisfazione di interessi del beneficiario anche non patrimoniali. Si pensi all'art. 404 cod. civ., che fa riferimento ad un concetto ampio di "interessi" del beneficiario, tale da comprendere sicuramente la cura personae. Si pensi anche all'art. 405 cod. civ., che consente al giudice tutelare di adottare provvedimenti urgenti "per la cura della persona" interessata all'amministrazione di sostegno. Si pensi all'art. 408 cod. civ., che riguardo alla scelta dell'amministratore di sostegno, prevede che essa si svolga avendo esclusivo riguardo "alla cura e agli interessi" del beneficiario. Infine, si pensi all'articolo 44 delle disp. att. cod. civ., novellato ex art. 12 L. n. 6/2004, che prevedendo che il giudice tutelare possa dare all'amministratore "istruzioni inerenti agli interessi morali" del beneficiario di amministrazione di sostegno, allude indirettamente alla cura personae (149).

In ogni caso si reputa competa al giudice tutelare se includere, nell'oggetto dell'incarico, anche il compito di prendersi cura della persona del beneficiario di amministrazione di sostegno. Spetterà quindi al giudice tutelare verificare, rispetto al singolo caso concreto, se debba ricadere sull'amministratore di sostegno il compito di cura personae oppure se sia sufficiente limitare il suo incarico al compimento di atti patrimoniali (150).

Si è inoltre posto l'interrogativo su quale sia la portata ed il significato dell'espressione "atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana". L'interpretazione prevalente ritiene apprezzabile questa previsione, in quanto si individua finalmente, anche per il soggetto debole, "un'area di assoluta autonomia della persona", in quanto questa previsione "mostra una sensibilità legislativa nuova, che porta a non mortificare la persona e, anzi, concorre almeno, sperabilmente, alla mitigazione dell'estensione delle sue difficoltà". (151) Possono però anche essere formulate considerazioni critiche, che fanno perno sul carattere generico dell'espressione "atto della vita quotidiana" e sul fatto che una libertà negoziale "minima" doveva riconoscersi anche prima della riforma sull'amministrazione di sostegno. (152)

In ogni caso, si ritiene che la norma alluda sicuramente "agli atti destinati a far fronte ai comuni bisogni dell'esistenza del beneficiario di amministrazione di sostegno" (153) alludendo cioè alla "microcontrattualità", cioè agli "atti inerenti la dimensione del vivere quotidiano". (154) Tra questi atti, dunque, rientrano l'acquisto di generi alimentari, la stipulazione di un contratto di trasporto urbano, l'acquisto dei beni necessari a soddisfare le esigenze di informazione e culturali, l'acquisto di vestiti, etc. (155) Secondo altri, invece, vista l'ampiezza del dato normativo, lo stesso dovrebbe essere interpretato al fine di ricondurvi atti quotidiani anche "più importanti", quali, per esempio, la stessa riscossione del rateo mensile della pensione di invalidità. (156) Concludendo su questo aspetto, è possibile affermare che la previsione ha senso e sostanza laddove venga letta come strumento per consentire al beneficiario di essere ancora parte del sistema delle relazioni sociali, per consentirgli di esistere ancora come soggetto dotato di personalità giuridicamente rilevante. In tal caso occorrerà leggere la disposizione con riferimento al singolo caso concreto, tenendo conto delle esigenze del singolo beneficiario (anche in ordine, per esempio, alla scelta del luogo di vacanza, alla coltivazione di un hobby, etc.) compatibilmente con le possibilità economiche dello stesso.

Quanto al contenuto dell'incarico affidato all'amministratore di sostegno, si è affermato che l'amministrazione di sostegno si presenta come un "contenitore", suscettibile di essere riempito dei contenuti e degli assetti organizzativi più svariati. (157) Come già accennato in precedenza, il giudice tutelare, secondo l'interpretazione prevalente, deve indicare in modo analitico:

  1. gli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compire in nome e per conto del beneficiario di amministrazione di sostegno;
  2. gli atti che il beneficiario di amministrazione di sostegno può compiere soltanto con l'assistenza dell'amministratore di sostegno;
  3. le limitazioni, le decadenze, etc., previste riguardo all'interdetto e all'inabilitato, che in virtù dell'art. 411 cod. civ., il giudice tutelare reputi di dover estendere al beneficiario dell'amministrazione di sostegno.

Tutti gli atti che non compaiono nella sopraindicata elencazione possono essere liberamente compiuti dal beneficiario dell'amministrazione di sostegno, in quanto lo stesso, in forza dell'art. 409 cod. civ., conserva la piena capacità d'agire. In ogni caso, è evidente che questo schema si presta ad essere modificato a seconda delle esigenze che possono emergere nel caso concreto, ma deve restare fermo il principio di fondo in base al quale il decreto di nomina deve essere formulato dal giudice tutelare con precisione, al fine di garantire maggiormente il beneficiario, l'amministratore ed i terzi, evitando generalizzazioni ed errori nella sua interpretazione. Se è vero che il giudice tutelare dovrebbe indicare, con precisione, gli atti che l'amministratore di sostegno può compiere, rispettando comunque il principio della minore limitazione possibile della capacità d'agire del beneficiario, possono suscitare perplessità alcune decisioni giudiziali che fanno riferimento a formulazioni alquanto generiche. In particolare, si fa riferimento al fatto che l'amministratore di sostegno possa compiere gli atti di "ordinaria e straordinaria amministrazione" nell'interesse del medesimo beneficiario. (158) Al riguardo si è osservato che "il disegno del legislatore verrebbe quindi stravolto da un decreto di nomina che invece di elencare i singoli atti affidati alla competenza esclusiva dell'amministratore di sostegno e quelli per i quali occorre la sua assistenza, facesse ricorso [...] alla vecchia distinzione tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione". (159) Infatti, secondo i sostenitori di questa tesi, il legislatore, nel momento in cui ha riformato il codice, non ha fatto riferimento espressamente alle due categorie sopra indicate per espressa decisione, poiché non ha voluto "utilizzare l'antico criterio di delimitazione della capacità delle persone per privilegiare un'elencazione dei singoli atti". (160) E' possibile quindi concludere sul punto affermando come, anche in questo caso, non vi sia una posizione unica e lineare, sia in dottrina che in giurisprudenza, nell'interpretare le nuove norme sull'amministrazione di sostegno.

Chi scrive ritiene che sia preferibile, per maggior chiarezza e per evitare confusioni, la redazione di un decreto di nomina che indichi analiticamente il novero degli atti per i quali l'amministratore di sostegno deve intervenire, nonché l'entità del suo intervento per ciascuno di essi. Ai sensi dell'art. 405 n. 3 e n. 4, l'amministratore di sostegno può essere sia assistente che rappresentante oppure l'uno o l'altro. Spetterà in ogni caso al giudice circoscrivere i poteri dello stesso amministratore. Per quanto riguarda gli atti personalissimi, i quali per loro natura non tollerano rappresentanza o assistenza, l'alternativa non può che essere il renderli inaccessibili al beneficiario di amministrazione di sostegno o il non prendere posizione al riguardo nel decreto d'istituzione dell'amministrazione di sostegno. In quest'ultimo caso tali atti potranno essere compiuti liberamente dal beneficiario, conformemente al favor relativo all'autonomia e alla capacità dell'amministrato che permea l'intera disciplina dell'istituto. Comunque, preme ricordarlo, non si è di fronte ad una decisione definitiva, in quanto il giudice tutelare potrà successivamente modificarla ampliando o restringendo la capacità del beneficiario a seconda delle circostanze del caso concreto.

A completamento del quadro normativo, occorre anticipare che ai sensi dell'art. 410 cod. civ. si impone all'amministratore di informare tempestivamente il beneficiario circa gli atti da compiere. Quindi, l'amministratore di sostegno non potrà assumere unilateralmente decisioni, ma dovrà, attraverso questo "obbligo di informativa", cercare di confrontarsi con il beneficiario e di assecondarne il più possibile le aspirazioni. La normativa non ha disciplinato direttamente la possibile ipotesi di conflitto di interessi tra l'amministratore di sostegno e il beneficiario. A tal proposito, l'art. 411 cod. civ. richiama, in quanto compatibili, gli articoli 378 cod. civ. (circa gli atti vietati al tutore e al protutore) e 350, n. 3, cod. civ. (concernente l'incapacità all'ufficio del tutore). La soluzione proposta, rispetto al problema del conflitto tra amministratore e beneficiario, è da individuare, da parte di alcuni, nella sospensione della funzione di amministratore di sostegno, "limitatamente all'atto, in ordine al quale il conflitto sussista, e il suo compimento debba essere affidato ad un organo appositamente nominato, cioè a dire ad un curatore speciale". (161)

Si può dare inoltre risposta positiva all'interrogativo se il giudice tutelare possa inserire nel decreto con cui istituisce l'amministrazione di sostegno, anche le autorizzazioni previste per il tutore ex art 374 ss. cod. civ. (per es. ad acquistare beni). (162)

Quanto invece alla durata dell'incarico, come già affermato in precedenza, si può ricordare che è prevista espressamente la possibilità di nominare l'amministratore a tempo indeterminato ex art 405 cod. civ. Inoltre, lo stesso potrà essere nominato anche a tempo determinato. La previsione normativa merita apprezzamento in quanto consente di ritagliare la durata dell'amministrazione di sostegno in base alle esigenze di protezione del beneficiario. Nel caso di incarico a tempo determinato, il giudice tutelare potrà prorogarlo, anche ex officio, prima della scadenza del termine. Decorso poi il tempo contemplato nel decreto, si ha cessazione dell'ufficio in capo al soggetto precedentemente nominato amministratore. Inoltre, ai sensi dell'art. 410 cod. civ., l'amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, salvo il caso in cui l'incarico sia ricoperto dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti.

E' importante ricordare, inoltre, come già fatto in precedenza, che in forza dell'art. 405 cod. civ., "il giudice tutelare deve indicare i limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità". Ovviamente, l'importo spendibile ad opera dell'amministratore di sostegno varierà a seconda del singolo caso concreto e laddove si presenti la necessità di compiere una spesa che ecceda detto limite, sarà necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare (163).

Per quanto attiene specificamente ai doveri dell'amministratore di sostegno, è utile provare ad analizzare il dovere di "tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario" (art 410 cod. civ.). Tale finalità trova sicuramente fondamento già nell'art. 1 della legge 6/2004, in cui si fa riferimento ad un intervento di sostegno che ha come finalità la cura della persona "debole". Inoltre, ai sensi dell'art. 405 cod. civ. si prevede che il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno debba indicare l'oggetto dell'incarico e gli atti che lo stesso amministratore "ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario". Sempre l'art 410 cod. civ., dopo aver affermato, appunto, il dovere di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario ed anche il dovere di informativa, prevede, al secondo comma, che "in caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero o gli altri soggetti di cui all'art. 406 possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti".

Correttamente si è osservato che l'importanza della prescrizione per cui l'amministratore di sostegno deve tener conto delle "aspirazioni" del beneficiario consiste nel fatto che la stessa è "testimonianza della maggiore sensibilità legislativa nei confronti della dignità della persona, e segna il passaggio, da forme di tutela della famiglia e del patrimonio, a forme di protezione della persona in difficoltà". (164) In altri termini, si riconosce il beneficiario di amministrazione di sostegno come "persona", come soggetto che vive di affetti, di relazioni sociali, di bisogni. Quanto all'obbligo di informativa, previsto ex art. 410 cod. civ., si ritiene che esso imponga all'amministratore di tenere un costante rapporto con il beneficiario, al quale deve dare assidua informazione in merito agli atti da compiere. (165) La norma non fa esplicitamente riferimento al grado di capacità intellettiva e volitiva del beneficiario e questo, secondo un'interpretazione, comporterebbe che l'amministratore di sostegno sia tenuto ad informare sempre il giudice tutelare circa le differenze di vedute tra lui ed il beneficiario. (166) Anche se si è sostenuto, sul punto, che il dissenso di cui parla la norma può essere di ostacolo al compimento dell'atto soltanto nel caso in cui esso provenga da un soggetto dotato di sufficiente discernimento, (167) si può replicare che la nuova normativa "si pone fuori dagli schemi pre-riforma (168), in quanto il beneficiario [...] ha in ogni caso diritto di esprimere la sua volontà e tale volontà provoca effetti giuridicamente rilevanti [ed è sicuro che] lo stato sanitario del beneficiario non potrebbe essere una valida ragione per sostenere che le sue opinioni e desideri non debbano essere valutati. (169) Appare pertanto evidente "il ruolo accresciuto della volontà del disabile, giacché tale ruolo prescinde dal suo grado di disabilità. In qualche modo, sembrerebbe che l'incapacità assoluta sia al tramonto". (170) Nel caso poi di contrasto effettivo tra amministratore di sostegno e beneficiario circa il compimento di un atto, l'amministratore dovrà astenersi dal compierlo, dovendo ex art. 410 cod. civ., informare tempestivamente il giudice tutelare al quale sarà rimessa la decisione ultima, che dovrà essere adottata valutando la corrispondenza dello stesso atto con l'interesse del beneficiario. (171) L'art. 411 cod. civ. rende applicabile all'amministrazione di sostegno anche l'art. 380 cod. civ., ai sensi del quale il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e rendere conto (rendiconto annuale) ogni anno al giudice tutelare della sua attività. A completamento di tale disciplina è posto l'art. 44 disp. att. cod. civ., novellato ex art. 12 legge n. 6/2004, in base al quale il giudice tutelare può convocare, in qualunque tempo, l'amministratore di sostegno allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie e di dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario di amministrazione di sostegno. Si è affermato, a tal proposito, come il rendiconto annuale permetta al giudice tutelare, "un controllo analitico delle risultanze della gestione, e possa servire, altresì, per imprimere un diverso indirizzo all'amministrazione patrimoniale. Esso fornisce, inoltre, la base per l'adozione di misure cautelari e di provvedimenti a carico del titolare dell'ufficio". (172) I conti periodici, presentati dall'amministratore di sostegno, non richiedono, a differenza del conto finale, come vedremo in seguito, l'approvazione da parte del giudice tutelare. In ogni caso, ai sensi dell'art. 380 cod. civ., il giudice potrà sottoporre, a sua discrezione, il conto annuale all'esame di uno dei soggetti individuati in base all'art. 408 cod. civ., per eventuali loro osservazioni (173). Si ritiene, invece, che siano incompatibili con la mera "amministrazione di assistenza" - ovvero quando non si ha gestione del patrimonio del beneficiario da parte dell'amministratore - le previsioni normative relative alla gestione del patrimonio da parte del tutore e cioè gli articoli 380, 385 e 386 cod. civ. (174)

Continuando nell'analisi della figura dell'amministratore, è possibile ricordare come, ai sensi dell'art. 411 cod. civ., sia applicabile allo stesso anche l'art. 382 cod. civ., concernente la responsabilità del tutore, in base al quale questi deve amministrare il patrimonio con la diligenza del buon padre di famiglia. Il tutore risponde verso il minore per ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri. E' evidente che la norma fa proprio il criterio generale di comportamento imposto per l'adempimento delle obbligazioni in forza dell'art. 1176 cod. civ., e pertanto l'amministratore incorrerà in responsabilità per il danno cagionato nel caso in cui abbia agito non adempiendo ai propri poteri-doveri o esercitandoli in modo non conforme all'interesse del beneficiario. (175) Si ritiene anche che, stante l'applicabilità della regola generale in tema di obbligazioni, l'amministratore possa rispondere per colpa lieve. Dunque, per andare esente da responsabilità deve provare che il suo comportamento inadempiente è dovuto a cause a lui non imputabili. (176)

2.6. Norme applicabili all'amministrazione di sostegno ed invalidità degli atti

Prima di affrontare il tema concernente l'invalidità degli atti, è opportuno soffermarsi brevemente sulle norme applicabili all'amministrazione di sostegno, alcune delle quali sono già state ricordate in precedenza. Infatti la L. n. 6/2004 considera applicabili al procedimento di nomina dell'amministratore una serie di norme che sono previste direttamente per l'interdizione e l'inabilitazione.

Le norme applicabili, previa verifica di compatibilità ed in forza del richiamo operato dall'art. 411 cod. civ., sono le seguenti: art. 349 cod. civ. (inerente il giuramento del tutore), art. 350 cod. civ. (riguardante l'incapacità all'ufficio tutelare), art. 351 cod. civ. (concernente la dispensa dall'ufficio tutelare), art. 352 cod. civ. (sulla dispensa su domanda), art. 353 cod. civ. (che disciplina la domanda di dispensa), l'art. 374 cod. civ. (circa le autorizzazioni del giudice tutelare), art. 375 cod. civ. (autorizzazioni del tribunale, che in questo caso è competenza del giudice tutelare), art. 376 cod. civ. (circa la vendita di beni), art. 377 cod. civ. (atti compiuti senza l'osservanza dei precedenti articoli), art. 378 cod. civ. (atti vietati al tutore e al protutore), art. 379 cod. civ. (gratuità della tutela), 380 cod. civ. (contabilità dell'amministrazione), art. 381 cod. civ. (cauzione), art. 382 cod. civ. (responsabilità del tutore o protutore), art. 383 cod. civ. (esonero dall'ufficio), art. 384 cod. civ. (rimozione e sospensione del tutore), art. 385 cod. civ. (conto finale), art. 386 cod. civ. (approvazione del conto), 387 cod. civ. (prescrizioni delle azioni relative alla tutela), art. 388 cod. civ. (divieto di convenzioni prima che sia decorso un anno dall'approvazione del conto, ai sensi dell'art. 3, comma 2, legge n. 6/2004). Non è stato invece richiamato l'art 362 cod. civ., in tema di inventario, e gli articoli 371 e 372 cod. civ. concernenti i provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione del patrimonio del minore e le prescrizioni relative all'investimento dei capitali dello stesso. (177)

Abbiamo già incontrato in precedenza le norme racchiuse di cui agli articoli 349, 350, 351, 352, 353, 379, 380, 381, 382 cod. civ. Adesso è opportuno soffermarsi, brevemente, sulle restanti norme applicabili all'amministrazione di sostegno, le quali pongono interessanti problemi interpretativi, per poi giungere ad una analisi conclusiva concernente l'invalidità degli atti. Occorre premettere, innanzi tutto, che l'applicabilità delle norme richiamate è soggetta alla verifica di compatibilità, così come afferma l'art. 411 cod. civ. Secondo un'interpretazione condivisibile, si ritiene che il significato del parametro di compatibilità consista nel fatto che non è automatico che tutte le norme richiamate debbano essere applicate all'istituto dell'amministrazione di sostegno in quanto occorrerà verificare se, in relazione alla ratio di ogni singola norma richiamata (sarà infatti possibile che un articolo racchiuda al suo interno più norme), possa affermarsene la compatibilità con il medesimo o analogo interesse presente nell'amministrazione di sostegno. In definitiva, secondo questa interpretazione, sarà possibile che una norma richiamata sia applicabile soltanto se risulti compatibile con l'istituto (e con le finalità) dell'amministrazione di sostegno. (178)

Per quanto attiene alle autorizzazioni ex artt. 374 e 375 e 376 cod. civ., richiamate sempre dall'art. 411 cod. civ. (necessarie per l'acquisto di beni, la riscossione di capitali, l'alienazione di beni e la costituzione di pegni e ipoteche), non vi è dubbio che, rispetto all'amministrazione sostitutiva, queste debbano essere ottenute (da parte del giudice tutelare) quando l'oggetto attribuito all'amministratore sia delineato, nel decreto giudiziale, mediante il riferimento ad una o più categorie di atti. Mentre, al contrario, non saranno sempre necessarie nel caso in cui i compiti affidati all'amministratore consistano nel compimento di uno o più determinati atti (riconducibili ai generi indicati negli artt. 374 e 375 cod. civ.). In definitiva, sarà indispensabile l'autorizzazione del giudice tutelare quando i poteri, attribuiti all'amministratore, non soffrano alcun limite o siano delimitati in modo vago, mentre non sarà necessaria l'autorizzazione nel caso opposto. (179) Riguardo all'amministrazione di assistenza sono da ritenersi estese alla stessa le disposizioni richiamate nel primo comma dell'art. 411 cod. civ. Questo comporta che il richiamo agli artt. 374 e 375 cod. civ. va inteso nel senso che, "mancando le previste autorizzazioni, l'atto di cui è questione non potrà validamente venire posto in essere dal beneficiario, neppure se sussista il consenso dell'amministratore". (180)

In forza del richiamo operato dal secondo comma dell'art. 411 cod. civ. sono applicabili all'amministratore di sostegno, in quanto compatibili, anche gli articoli 596, 599 e 779 cod. civ., ovvero le norme che contemplano l'incapacità del tutore e protutore di ricevere per testamento, la nullità delle disposizioni testamentarie in favore di persona interposta e la nullità della donazione disposta in favore del tutore o del protutore. Inoltre, sempre in forza del richiamo operato dal primo comma dell'art. 411 cod. civ., si applica anche l'art. 388 cod. civ., in parte modificato dalla L. n. 6/2004, in virtù del quale nessuna convenzione tra il tutore ed il minore divenuto maggiorenne può aver luogo, prima che sia decorso un anno dall'approvazione del conto della tutela. Il legislatore pare abbia, pertanto, scelto di parificare, rispetto a tale situazione, l'amministratore di sostegno al tutore e non al curatore, in ordine al quale tali disposizioni non operano. (181) Quindi, le disposizioni testamentarie e le donazioni dal beneficiario di amministrazione di sostegno, nel caso in cui siano dirette all'amministratore, sono colpite da nullità, anche se non rientranti nella sfera degli atti in ordine ai quali il beneficiario abbia perduto la capacità d'agire, salvo che l'amministratore di sostegno non sia uno dei soggetti indicati nel terzo comma dell'art 411 cod. civ. (182)

Al riguardo, una tesi che viene avanzata in dottrina porta a ritenere che, vista anche la finalità che ispira la L. 6/2004, sia corretta l'interpretazione che porta a limitare all'amministrazione sostitutiva o mista, l'applicabilità dell'art. 411, secondo e terzo comma, cod. civ., con la conseguenza che il beneficiario, soggetto a pura amministrazione d'assistenza, dovrà essere considerato in grado di disporre per testamento, anche in favore dell'amministratore di sostegno, oltre che di concludere, validamente, con questi, qualunque convenzione relativa a materie, riguardo alle quali la capacità sia stata conservata, in ogni caso a prescindere dalla circostanza che sussista, tra amministratore di sostegno e beneficiario, uno dei vincoli familiari indicati dall'art. 411, terzo comma, cod. civ. (183) In merito poi al divieto, posto in capo all'amministratore di sostegno, di ricevere per donazione dal beneficiario, si rileva che mentre l'art. 388 cod. civ., anche questo applicabile in forza del richiamo operato ex art. 411 cod. civ., sancisce l'invalidità di qualunque convenzione a titolo oneroso o gratuito, posta in essere prima che sia trascorso un anno dall'approvazione del conto finale dell'amministrazione di sostegno, l'art. 779 cod. civ. concerne l'invalidità delle donazioni poste in essere dal beneficiario, in favore dell'amministratore di sostegno, prima che sia stato approvato il conto o siano decorsi i cinque anni per la prescrizione dell'azione per il rendimento del medesimo conto. (184) Inoltre occorre ricordare che, in forza del terzo comma dell'art. 411 cod. civ., "sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni (185) in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente". La norma ha ampliato pertanto il catalogo di soggetti che possono essere aventi causa del beneficiario di amministrazione di sostegno, perché si è passati da quello, ristretto, contemplato dall'art. 596 cod. civ. con riferimento al tutore e protutore (ascendenti, discendenti, fratelli, coniuge del testatore), a quello più ampio contemplato dalla nuova disposizione citata in precedenza. (186)

Altro aspetto meritevole di attenzione concerne la previsione contenuta nell'ultimo capoverso dell'art. 411 cod. civ. Infatti, si afferma che il giudice tutelare può disporre, nel provvedimento con il quale nomina l'amministratore di sostegno, o successivamente, che "determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario di amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni". La norma potrebbe suscitare qualche perplessità, in quanto la possibilità di applicare "limitazioni e decadenze" previste per gli interdetti e gli inabilitati, potrebbe far ritenere che il legislatore, in qualche modo, possa vedere nel beneficiario dell'amministrazione di sostegno un incapace in senso stretto. La norma è comunque preferibile alla versione precedentemente proposta, contenuta nel disegno di legge S 375 approvato il 21 dicembre 2001, in base alla quale si affermava come regola generale l'incapacità del soggetto beneficiario e si prevedeva una equiparazione tra l'amministrazione di sostegno, l'interdizione e l'inabilitazione. Infatti, il giudice tutelare avrebbe potuto, nel provvedimento di nomina dell'amministratore o successivamente, disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, non si estendessero al beneficiario dell'amministrazione di sostegno avuto riguardo all'interesse del medesimo. Il nuovo art. 411 cod. civ., quindi, risulta apprezzabile in quanto "dall'incapacità come regola si è passati all'incapacità come eccezione". (187) Si ritiene, nella nuova versione, che il giudice tutelare possa estendere determinate norme, previste per l'interdizione e l'inabilitazione, all'amministrazione di sostegno, ma sulla base di un provvedimento adeguatamente motivato (che potrà essere il decreto di nomina, ma anche un atto successivo), svolgendo però, prima, un'attenta valutazione della situazione al fine di realizzare il più possibile l'interesse dello stesso beneficiario. (188)

Quanto alla tematica concernente l'invalidità degli atti, l'art. 412 cod. civ. afferma testualmente che:

gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi o aventi causa. Possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi e aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno. Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno.

Come più volte sottolineato preme ricordare, innanzi tutto, come la disciplina dell'amministrazione di sostegno si faccia apprezzare per la sua duttilità. Infatti se lo statuto dell'interdetto e dell'inabilitato sono preordinati rigidamente per legge, questo non si verifica nel caso dell'amministrazione di sostegno, visto che il beneficiario è tendenzialmente capace d'agire, salvo gli atti per i quali si richieda la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria o il caso in cui si applichino le limitazioni ex art. 411 cod. civ. Dunque, si può porre il problema se la materia dell'invalidità degli atti, concernente l'amministrazione di sostegno, trovi una disciplina completa nella norma precedentemente citata, oppure se occorra fare riferimento ad altre disposizioni proprie del sistema generale d'invalidità. Sul punto non può essere data una risposta definitiva, in quanto come è stato affermato, nonostante l'invalidità in esame sembri convivere con i principi generali, è vero però che la stessa "suscita non pochi dubbi e disagi interpretativi". (189) In ogni caso, "coerentemente rispetto alle altre fattispecie di incapacità, l'art 412 cod. civ. prevede quale sanzione di carattere generale in materia di amministrazione di sostegno l'annullabilità degli atti compiuti in violazione rispetto al modello previsto". (190)

Passando all'esegesi delle ipotesi di annullabilità contenute nella norma di cui si discute è possibile constatare, innanzi tutto, come il secondo comma dell'art. 412 cod. civ. disponga l'annullabilità degli atti "compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno". Si fa riferimento in tal caso all'ipotesi del compimento, senza l'intervento dell'amministratore, di uno degli atti per i quali il giudice tutelare abbia previsto la rappresentanza necessaria o l'assistenza dello stesso amministratore. (191) La norma, della quale si sottolinea la genericità, specialmente quando fa riferimento alle disposizioni di legge, sembra alludere "agli atti che il beneficiario di amministrazione di sostegno non avrebbe potuto compiere da solo [nel caso di amministrazione sostitutiva], sia agli atti che detto beneficiario avrebbe potuto compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno". (192) Inoltre vi sono dubbi, in mancanza di regole certe, se al di fuori dall'ambito di operatività dell'art. 412 cod. civ. debba farsi ricorso alla disciplina dell'incapacità legale o a quella propria dell'art. 428 cod. civ. (193) Legittimati all'azione sono l'amministratore, il beneficiario ovvero i suoi eredi o aventi causa.

Altra ipotesi, contenuta nel primo comma dello stesso articolo, ricorre nel caso in cui sia stato l'amministratore a porre in essere atti in violazione di legge (194) oppure in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice (195). In questa previsione rientrano tutti i casi in cui l'amministratore abbia agito violando il dovere, imposto ex art 410 cod. civ., di tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, ovvero trovandosi in conflitto d'interessi (196) con il medesimo o, ancora, esorbitando dall'ambito degli atti per i quali nel decreto di nomina gli è stato attribuito potere di intervento. (197) Debbono essere ritenuti, invece, privi di efficacia gli atti dell'amministratore di sostegno che non abbiano nessuna attinenza con l'oggetto dello stesso incarico. (198)

Inoltre, come visto in precedenza, al di là delle previsioni di carattere generale, contenute nell'art. 412 cod. civ., il primo comma dell'art. 411 cod. civ. stabilisce l'applicabilità all'amministrazione di sostegno, in quanto compatibili, di alcune specifiche disposizioni dettate dal codice civile in materia di tutela dei minori. Tra le norme richiamate "rilevano in tema di annullabilità degli atti quelle che prescrivono la necessaria autorizzazione del giudice tutelare (art. 374) (199) ovvero del tribunale (375 e 376) per il compimento da parte del tutore degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione ivi elencati, con l'espressa previsione dell'annullabilità degli stessi ove compiuti senza la prescritta autorizzazione o in modo difforme da essa (377)". (200) Sono legittimati, ad agire per l'annullamento, in questo caso, il beneficiario, i suoi eredi e aventi causa, l'amministratore e il pubblico ministero. (201)

2.7. Revoca dell'amministrazione di sostegno

Anche riguardo all'amministrazione di sostegno, così come avviene per la tutela e la curatela, si possono verificare ipotesi che portano alla cessazione dell'ufficio di amministrazione oppure dall'ufficio di amministratore di sostegno. (202) La materia trova la sua disciplina nell'art. 413 cod. civ (203), anche se occorre fare riferimento anche all'art. 411 cod. civ., poiché lo stesso fa esplicito rinvio ad alcune norme dettate in tema di tutela, quali l'art. 383 cod. civ. (in tema di esonero del tutore) e l'art. 384 cod. civ. (in tema di rimozione del tutore). Per quanto concerne, dunque, la cessazione dall'ufficio di amministratore di sostegno, potrà verificarsi innanzi tutto il caso in cui lo stesso, sempre che persistano i presupposti, prosegua in capo ad un soggetto diverso in quanto si sono verificate alcune ipotesi che comportano la cessazione dall'ufficio del precedente titolare. Tra le ipotesi che giustificano tale situazione, per esempio, si può pensare a quella in cui l'amministratore di sostegno (iniziale) sia deceduto oppure sia assente, scomparso, dichiarato interdetto o inabilitato, etc. (204) E' evidente che, in queste ipotesi, il giudice tutelare dovrà procedere alla sostituzione dell'amministratore originariamente nominato, così come disposto, in modo "laconico", dall'art. 413, primo comma, cod. civ. (205)

Altra ipotesi, rientrante nella cessazione dall'ufficio, è quella dell'esonero dell'amministratore di sostegno. Tale situazione viene disciplinata dall'art. 413 cod. civ. e dall'art. 411 cod. civ. che rinvia agli art. 383 e 384 cod. civ. in tema di tutela. (206) L'art. 383 cod. civ. afferma, a questo proposito, che il giudice tutelare può sempre esonerare il tutore dall'ufficio, qualora il suo esercizio sia "soverchiamente gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo". Tale ipotesi di esonero, pertanto, proponibile da parte dell'amministratore, comporta soltanto "la cessazione del soggetto incardinato nell'ufficio", poiché l'incarico di amministratore di sostegno proseguirà in capo al nuovo titolare nominato in sostituzione del primo. (207) L'esonero dall'ufficio, che comporta un'inevitabile deroga all'obbligatorietà dello stesso, è quindi subordinato a due condizioni:

  1. che l'esercizio delle funzioni sia divenuto soverchiamente gravoso;
  2. che vi sia un altro soggetto idoneo a sostituire il titolare nell'ufficio medesimo.

Quanto alla prima condizione è possibile osservare che, a differenza di quanto previsto per le ipotesi di dispensa (definite dal codice ex artt. 351, 352 e 353 cod. civ.), si ritiene che la determinazione delle ipotesi di esonero (vista anche l'ampiezza della formula normativa) sia lasciata alla discrezionalità del giudice tutelare. (208) Quanto invece alla seconda condizione, si ritiene che tale previsione sia diretta a impedire che possa verificarsi una vacanza, seppur momentanea, nell'ufficio. Si accrediterebbe così la tesi di chi sostiene che l'amministratore di sostegno, nonostante la proposizione della richiesta di esonero, debba (sia obbligato a) continuare a svolgere il proprio compito sino a che non sia stato nominato un sostituto (209).

Altre ipotesi sono poi quelle della rimozione e sostituzione. Le stesse sono disciplinate oltre che dall'art. 413 cod. civ., anche dall'art. 384 cod. civ. che, come detto in precedenza, è richiamato dall'art. 411 cod. civ. Ai sensi dell'art. 384 cod. civ. il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza, abbia abusato dei suoi poteri, si sia reso inetto al loro adempimento, si sia dimostrato immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela o sia divenuto insolvente. (210) Occorre coordinare questa norma con quella contenuta nell'art. 413, primo comma, cod. civ., in quanto, in esso, accanto all'ipotesi di rimozione (ovvero di cessazione dell'ufficio di amministratore), si fa menzione dell'ipotesi di semplice sostituzione. La lettura che può essere data è che si può immaginare che il legislatore abbia contemplato, accanto alla possibilità di rimozione dell'amministrazione di sostegno, in forza di una delle cause indicate nell'art. 384 cod. civ., un'ipotesi di "rimozione implicita", individuabile nel caso in cui il giudice tutelare, lungi dal rimuovere l'amministratore ex art. 384 cod. civ., semplicemente avverta la necessità di sostituirlo ex art. 413, primo comma, cod. civ. Infatti, potrà verificarsi il caso in cui la situazione che giustifica la sostituzione (avanzata dai legittimati ex art. 413 cod. civ.) non sia tale da essere assorbita dall'art. 384 cod. civ. e tuttavia si renda necessaria, per la cura degli interessi del beneficiario, la nomina di un differente amministratore. (211) In definitiva, occorre aggiungere che ai fini della sostituzione, oltre alle previsioni normative concernenti la rimozione (nel caso in cui vengano integrati i presupposti indicati dall'art. 384 cod. civ.), rileveranno anche le previsioni ("i dissensi") contenute nell'art. 410 cod. civ. relativi ai doveri dell'amministratore di sostegno. (212)

Inoltre, il giudice tutelare, prima di procedere alla rimozione dell'amministratore di sostegno, potrà avvalersi della possibilità offertagli dall'art. 44 delle disp. att. e disp. trans. del cod. civ., così come novellato dall'art. 12 della L. n. 6/2004. In forza di questa previsione normativa, infatti, il giudice tutelare potrà convocare, in qualunque momento, anche l'amministratore di sostegno allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell'amministrazione di sostegno e "dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali [...] del beneficiario". Quindi, per mezzo di questa disposizione, il giudice tutelare potrà richiamare l'amministratore di sostegno al più corretto adempimento dei propri doveri, prima di procedere alla sua rimozione dall'ufficio ricordandogli, eventualmente, la stessa possibilità di essere rimosso e il rischio di incorrere in responsabilità. (213)

E' possibile, quindi, individuare nella rimozione dell'amministratore di sostegno un'ipotesi di cessazione dall'ufficio, che a differenza dell'esonero (predisposto a difesa degli interessi dell'amministratore), è contemplata al fine di difendere gli interessi dello stesso beneficiario di amministrazione di sostegno, nel caso in cui il comportamento dell'amministratore, o la situazione che lo caratterizza, possa recargli pregiudizi. Il provvedimento di rimozione realizza, pertanto, soprattutto una finalità preventiva. Si vuole impedire che l'amministratore, per l'avvenire, compia atti pregiudizievoli nei confronti del beneficiario di amministrazione di sostegno. (214)

Come abbiamo già visto in precedenza, nella parte dedicata alla disciplina processuale, è possibile che si determini la cessazione dell'amministrazione di sostegno in conseguenza dello spirare del termine relativo alla durata dell'incarico. Cause di cessazione dall'ufficio di amministratore di sostegno sono infatti sia il decorso del termine di durata dell'incarico - nel caso in cui il giudice tutelare, nel decreto di nomina, abbia fissato la durata dello stesso a tempo determinato (non quindi a tempo indeterminato come consente l'art. 405 cod. civ.), (215) sia la fattispecie contemplata nell'art. 410 cod. civ. In base a quest'ultima disposizione, infatti, decorsi dieci anni dall'inizio dell'attività di amministratore di sostegno, questi non è più tenuto a svolgere il compito che gli è stato affidato, salvo che non sia uno dei soggetti menzionati dalla stessa norma (coniuge, persona stabilmente convivente, ascendente o discendente del beneficiario di amministrazione di sostegno). (216)

Per quello che attiene, invece, alla cessazione dell'ufficio di amministrazione di sostegno, occorre guardare ad una serie di ipotesi che riguardano lo stesso beneficiario di amministrazione di sostegno. Fra le diverse ipotesi, che ricadono in questa fattispecie, è possibile pensare, innanzitutto, alla morte del beneficiario, oppure alla dichiarazione di morte presunta, alla sua scomparsa o assenza, etc.

Inoltre, producono effetti estintivi sull'amministrazione di sostegno (cessazione dell'ufficio) anche le ipotesi, contemplate nell'art. 413 cod. civ., che giustificano la "revoca" della stessa, ovvero "la cessazione dell'efficacia del provvedimento che istituì, riguardo ad una data persona, l'amministrazione di sostegno". (217) Ovviamente la revoca dell'amministrazione di sostegno comporta anche la cessazione dall'ufficio di amministratore di sostegno. A tal proposito si richiede un'istanza motivata, in base alla quale indicare le ragioni sottese alla stessa richiesta. Sono legittimati attivi il beneficiario, l'amministratore, il pubblico ministero o taluno dei soggetti indicati nell'art. 406 cod. civ. Inoltre, ai sensi del secondo comma dell'art. 413 cod. civ., l'istanza di revoca deve essere comunicata al beneficiario e all'amministratore di sostegno. Infine, il giudice tutelare provvede con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori. (218) Sul punto si è affermato che "l'oggetto del procedimento di revoca non è un nuovo accertamento dei presupposti sostanziali dell'amministrazione di sostegno, bensì l'accertamento della persistenza, o della cessazione, della causa del medesimo provvedimento". (219) Ne discende che in seguito alla revoca si potranno aprire diverse possibilità per il precedente beneficiario di amministrazione di sostegno. Si potrà, infatti, avere un ampliamento dei suoi poteri ed una piena restituzione delle sue facoltà, ma si potrà optare, vista la situazione concreta, anche per l'attivazione di misure più restrittive, quali l'interdizione o l'inabilitazione. Come è stato correttamente osservato, è di tutta evidenza che l'ufficio in esame sia il frutto di un decisione sottoposta alla clausola rebus sic stantibus. (220)

Infine, è utile la previsione contenuta nell'ultimo capoverso dell'art. 413 cod. civ., ai sensi del quale il giudice tutelare provvede anche d'ufficio alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno, nel caso in cui si sia "rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario". In tale ipotesi, ove ritenga che debba essere promosso giudizio d'interdizione o d'inabilitazione, ne informa il pubblico ministero, affinché vi provveda. In questo caso l'amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o curatore provvisorio ai sensi dell'art. 419 cod. civ., ovvero con la dichiarazione di interdizione o inabilitazione. In definitiva, secondo una interpretazione, il giudice tutelare, qualora ravvisi l'insufficienza dell'amministrazione di sostegno ad assicurare adeguata protezione al beneficiario, è tenuto ad azionare gli strumenti offertigli dalla legge. In primo luogo, quindi, agirà integrando le disposizioni, dettate con il decreto di nomina, ai sensi dell'art. 407, quarto comma, cod. civ. Mentre, in secondo luogo, laddove il giudice ritenga che neppure tale soluzione sia adeguata, lo stesso dovrà compiere gli atti necessari affinché il pubblico ministero si attivi per la promozione del procedimento di interdizione. (221)

La cessazione dell'amministrazione di sostegno dà inoltre luogo a delle conseguenze simili a quelle discendenti dalla cessazione della tutela, in quanto si ritiene applicabile all'amministrazione di sostegno, in forza del rinvio operato dall'art. 411 cod. civ., anche l'art 385 cod. civ. (222) Ai sensi di quest'ultimo articolo, il tutore, il quale cessi dalle funzioni, deve procedere subito alla consegna dei beni e deve presentare, nel termine di due mesi, il conto finale al giudice tutelare, che può concedere una proroga. Pertanto, l'amministratore di sostegno deve stilare il rendiconto, sia nell'ipotesi in cui lo stesso cessi dall'ufficio e questo prosegua in capo ad un nuovo soggetto, sia nell'ipotesi di cessazione dell'ufficio. (223) Inoltre, in forza dell'art. 386 cod. civ., richiamato dall'art. 411 cod. civ., il giudice tutelare approva il conto se non trova, al suo interno, irregolarità o lacune. Il momento dell'approvazione del conto è di fondamentale importanza in quanto si ritiene cessino dallo stesso gli effetti e le limitazioni che il medesimo ufficio comporta nei confronti (del tutore e) dell'amministratore di sostegno. (224) Quindi, sarà da tale momento che, per esempio, verrà meno l'incapacità dell'amministratore di rendersi acquirente di beni o diritti dell'incapace (art. 378 cod. civ.), di essere destinatario di disposizioni testamentarie del beneficiario di amministrazione di sostegno (art. 596 cod. civ.) di donazioni (art. 779 cod. civ.), etc. (225) Ovviamente, nel caso in cui il giudice tutelare ravvisi irregolarità o lacune, rifiuta l'approvazione del conto. Infine, nel caso in cui il conto non sia stato presentato o sia impugnata la decisione del giudice tutelare, "provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio degli interessati". (226)

L'art. 411 cod. civ. rende applicabile all'amministrazione di sostegno, in quanto compatibile, anche l'art. 387 cod. civ., concernente la prescrizione delle azioni relative alla tutela. (227) La durata del periodo di prescrizione è fissata in un quinquennio. Per ciò che riguarda specificamente la prescrizione delle azioni relative all'amministrazione di sostegno, si ritiene che la prescrizione decorra dalla morte del beneficiario di amministrazione di sostegno. Nel caso in cui, invece, la cessazione trovi causa in una situazione riguardante l'amministrazione di sostegno (morte, esonero, etc.) la prescrizione decorre dalla data del provvedimento con cui il giudice si è pronunciato sul conto finale (ovviamente sempre che l'amministratore di sostegno o eventualmente i suoi eredi abbiano presentato il conto). Infine, ai sensi dell'art. 387 cod. civ., la prescrizione torna ad essere decennale riguardo all'azione per il pagamento del residuo, risultante dal conto finale, eventualmente dovuto dall'amministratore di sostegno. (228)

Infine, importante risulta anche l'art. 388 cod. civ., applicabile all'amministrazione di sostegno, in quanto compatibile, ai sensi dell'art. 411 cod. civ. La legge n. 6/2004 ha modificato il contenuto dell'art. 388 cod. civ., in quanto si è sostituito l'inciso "prima dell'approvazione", con le parole "prima che sia decorso un anno dall'approvazione del conto". Tale modifica è giustificata dal fatto che il legislatore ha voluto tutelare maggiormente gli interessi del beneficiario di amministrazione di sostegno, il quale, infatti, potrebbe trovarsi in uno stato di soggezione morale verso chi sia stato il suo amministratore di sostegno. Pertanto, tale scelta cautelativa si è tradotta nella previsione in base alla quale nessuna convenzione può aver luogo tra l'amministratore di sostegno e il beneficiario di amministrazione di sostegno, prima che sia decorso un anno dall'approvazione del conto dell'amministrazione di sostegno (229). A tal proposito, si ritiene che l'espressione "convenzione" (sinonimo non di rado di contratto), alluda "a qualsivoglia atto negoziale capace di determinare un rapporto vincolante (tra tutore o) amministratore di sostegno e (incapace o) beneficiario di amministrazione di sostegno, il quale abbia riacquistato la pienezza dei suoi poteri". (230) L'espressione va riferita sia ai negozi bilaterali, sia a quelli unilaterali. Saranno annullabili pertanto, per esempio, contratti aventi per oggetto beni di chi sia stato sottoposto a tutela ed anche, oltre alle transazioni e le rinunzie, le promesse aventi per oggetto l'amministrazione ed il relativo rendiconto. Mentre si ritiene, al contrario, che tra le convenzioni considerate non rientri la donazione, in virtù del disposto dell'art. 411, secondo comma, cod. civ. (231) Infine, occorre ricordare che la convenzione stipulata, in dispregio del divieto, può essere annullata (ex art. 388 cod. civ.) su istanza del minore, dei suoi eredi o aventi causa. Per ciò che concerne specificamente l'amministrazione di sostegno, dunque, saranno legittimati all'azione di annullamento il soggetto che ha beneficiato dell'amministrazione di sostegno e i suoi eredi o aventi causa. (232)

Note

1. P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 63, il quale osserva che "l'infermità consiste in una compromissione del normale stato funzionale dell'organismo avente la più varia natura (vi rientrano disturbi della personalità e disturbi psicotici) e dovuta ai più diversi fattori causali (origine genetica, congenita, da agenti esterni, da malnutrizione o mancanza di cure, psicogena o legata alla senescenza), mentre la menomazione comprende mutilazioni, lesioni, condizioni di handicap psichico o fisico. E' essenziale che l'infermità o la menomazione siano di natura e portata tale da compromettere, temporaneamente o definitivamente, parzialmente o totalmente, l'autonomia della persona nel provvedere ai propri interessi".

2. Ibid. L'autore ritiene che "l'impossibilità di provvedere può riferirsi sia agli interessi di cura della persona sia a quelli di conservazione e amministrazione del suo patrimonio, sia agli interessi della persona e del patrimonio congiuntamente, come il legislatore esplicitamente ricorda per i provvedimenti urgenti (art. 405, comma quarto, cod. civ.). Infatti, anche le attività relative al patrimonio devono essere rivolte ad assicurare la migliore qualità di vita della persona ovvero, con felice espressione usata dal legislatore, a tutelarle nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana".

3. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 55.

4. P. CENDON, Infermi di mente e altri "disabili" in una proposta di riforma del codice civile, cit., p. 119.

5. Ibid.

6. S. DELLE MONACHE, Prime note sull'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, in Nuova giur. civ. commentata, 2004, II, pp. 37-38.

7. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 64. Sul punto P. CENDON, La tutela civilistica dell'infermo di mente, in S. PATTI (a cura di) La riforma dell'interdizione e dell'inabilitazione, cit., p. 31., il quale affermava testualmente, già prima dell'approvazione della legge n. 6/2004, che "l'amministrazione di sostegno [...] di fatto cancellerà la vita pratica dell'interdizione, che non esisterà più se non in casi limite". Non è però mancato chi ha sollevato dubbi sulla possibilità di una abrogazione in via interpretativa dei precedenti istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, sottolineando che questo produrrebbe degli scompensi nel sistema giuridico e il rischio di una lesione delle libertà e delle garanzie della persona. Per quest'ultima posizione si veda M. PARADISO, L'amministrazione di sostegno (leggendo il quaderno di Famiglia), in Familia, 2005, I, p. 442.

8. Per la ricostruzione della disciplina generale dell'interdizione e dell'inabilitazione s. v. P. ZATTI - V. COLUSSI, Lineamenti di diritto privato, VI ed., Padova, 1997, pp. 151-153; P. CENDON, 100 domande e risposte sull'amministrazione di sostegno. Guida pratica per le famiglie e gli operatori socio-sanitari, 2008, Firenze, pp. 2-4.

9. Occorre inoltre ricordare come il nostro ordinamento giuridico contempli le categorie generali della "capacità giuridica", della "capacità di agire" e della "capacità di intendere e di volere". Sul punto, P. CENDON, 100 domande e risposte sull'amministrazione di sostegno. Guida pratica per le famiglie e gli operatori socio-sanitari, cit., p. 2, il quale ricorda che "la capacità giuridica si acquista, ai sensi dell'art. 1 del codice civile, al momento della nascita; ed è destinata ad accompagnare l'individuo durante l'arco dell'intera esistenza. Con l'attribuzione della capacità giuridica (detta anche soggettività giuridica) l'individuo diventa soggetto di diritto, e acquista la possibilità di essere titolare di diritti e di doveri, contemplati e protetti dall'ordinamento. Attualmente non è propriamente configurabile, nel nostro ordinamento, un'ipotesi di incapacità giuridica assoluta; la cosiddetta "morte civile", equivalente alla completa privazione dei diritti, è infatti inibita dall'articolo 22 della Costituzione. Esistono invece forme di capacità od incapacità giuridica speciali, presupposte di volta in volta attraverso l'attribuzione o la sottrazione di singoli diritti e doveri. La capacità di agire o legale si acquisisce, secondo le indicazioni dell'art. 2 del Codice Civile, al compimento della maggiore età (18 anni); coincide normalmente con la capacità di intendere e di volere - da intendersi quale sinonimo di capacità naturale - in quanto legata all'idoneità del soggetto a curare i propri interessi. Essa si sostanzia nella possibilità di compiere atti giuridici ritenuti validi e meritevoli di tutela dall'ordinamento: è, in altri termini, l'attitudine a creare, modificare, estinguere validamente "rapporti giuridici". In via generale, le cause di esclusione e/o limitazione della capacità di agire sono rappresentate dalla minore età, dall'interdizione e dall'inabilitazione. Lo stesso codice civile contempla però ipotesi di acquisto parziale della capacità di agire, in relazione ad una differente età da quella, ordinaria, dei diciotto anni. La capacità di intendere e di volere può, d'altro canto, identificarsi come il "presupposto sostanziale" della capacità di agire; è contemplata in svariate disposizioni quale premessa necessaria per la conclusione di un contratto, per la redazione di un testamento, ai fini dell'imputabilità di un atto illecito, e così via. In generale, essa si identifica con quel minimo di attitudine psichica che è indispensabile, a una persona, per rendersi conto delle conseguenze, anche dannose, della propria condotta".

10. Si può ricordare come la previsione della "possibilità" di interdire, anziché della "doverosità", fosse già indicata nella prima "bozza Cendon" (art. 23).

11. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 14. In giurisprudenza, nel senso che è venuto meno l'automatismo giudiziale e che l'amministrazione di sostegno tende a tutelare la persona, si veda Trib Palmi, ord. 24 maggio 2004, in Famiglia, persone e successioni, 2005, pp. 132 ss., con nota di S. PATTI, Amministrazione di sostegno: una corretta applicazione della nuova disciplina.

12. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 76.

13. S. DELLE MONACHE, Prime note sull'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 36. In senso analogo v. F. ANELLI, Il nuovo sistema delle misure di protezione delle persone prive di autonomia, in Studi in onore di P. Schlesinger, Milano, 2004, p. 4202, secondo il quale la misura appropriata per una persona abitualmente inferma di mente, e titolare di interessi che richiedono una intensa gestione, rimane l'interdizione giudiziale.

14. Ivi, p. 37.

15. E. CALO', La nuova legge sull'amministrazione di sostegno, in Corriere giur., 2004, p. 863, nota 5. Per una severa critica alla proposta d'istituzione dell'amministrazione di sostegno solo nelle ipotesi in cui il beneficiario sia titolare di un patrimonio di scarsa rilevanza e di semplicità delle operazioni da compiere, in quanto si determinerebbe una lesione del principio costituzionale di eguaglianza, S. PATTI, Amministrazione di sostegno e interdizione: interviene la Corte di Cassazione, in Famiglia persone e successioni, 2006, p. 814.

16. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 74. V. inoltre, P. MARTINELLI, Interdizione e amministrazione di sostegno, in G. Ferrando (a cura di), L'amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, cit., p. 147, il quale afferma che è possibile applicare l'amministrazione di sostegno se vi è la "presenza di una buona capacità del beneficiario di esprimere il proprio punto di vista, o quando vi sia una relazione abilitante risalente e comprovata; in presenza di una ridotta (o inesistente) capacità del soggetto di partecipare alle decisioni, ed anche di una fragile relazione tra amministratore di sostegno e beneficiario, si può fare ricorso al nuovo istituto (per ragioni essenzialmente di risparmio di spesa e di maggiore rapidità) solo per il compimento di atti dovuti, o certamente vantaggiosi per il beneficiario (penso alla richiesta di indennità di accompagnamento, o ad un'istanza di aggravamento dell'invalidità, o alla richiesta di una pensione, o ad adempimenti di vario genere). Ma quanto più aumenta la rilevanza dei poteri attribuiti all'amministratore di sostegno, tanto più necessaria è l'assistenza di una sicura relazione abilitante, o di un grado significativo di partecipazione del beneficiario; e quando la combinazione di questi tre aspetti non tranquillizza, vi sarà sempre la disponibilità della nuova interdizione, migliorata sul piano dell'attenzione alla persona e più attrezzata sul piano delle garanzie".

17. App. Milano, 3 marzo 2006, in Famiglia, persone e successioni, 2005, pp. 511 ss., con nota di G. GENNARI, L'indecifrabile confine tra amministrazione di sostegno e interdizione.

18. Trib. Messina, 14 settembre 2004, in Dir. fam. e persone, 2005, pp. 129 ss.

19. Trib. Bologna, 1 agosto 2005, n. 1996 e Trib. Bologna, 1 agosto 2005, n.2016 in Fam. e dir., 2006, pp. 51 ss., con nota di M. N. BUGETTI, Le incerte frontiere tra amministrazione di sostegno e interdizione.

20. Trib. Monza, 6 luglio 2004, in Giur. merito, 2005, I, pp. 242 ss.

21. Trib. Milano, 21 marzo 2005, in ALTALEX. Nel caso in questione, il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta dei genitori di una ragazza affetta da gravi patologie psicofisiche di nominare un amministratore di sostegno a vantaggio di quest'ultima, disponendo invece l'interdizione quale misura più adatta ed efficace per la protezione degli interessi della giovane. Il Tribunale ha affermato infatti testualmente "l'istituto dell'amministratore di sostegno consiste nella nomina di soggetto legittimato ad assistere o rappresentare l'incapace nei soli atti (o tipologia di atti) che lo stesso non sia in grado di compiere, quali necessari ed esattamente indicati nel decreto di nomina, e derivandone solo per tali atti, ai sensi degli artt. 409 e 412 cod. civ., l'incapacità dello stesso di procedere in via autonoma, con conseguente annullabilità dell'atto compiuto senza assistenza o rappresentanza dell'amministratore di sostegno; e tuttavia, tale misura si reputa sufficiente per soggetti con specifiche incapacità (in grado di esplicitare adeguatamente valide capacità residue), ma può rivelarsi tutela inadeguata ove sia necessario inibire al soggetto di esplicitare all'esterno capacità viziate che espongano sé od altri a possibili pregiudizi".

22. R. ALTZEI - G. REALE, Rassegna giurisprudenziale, in F. AIMERITO ET ALTRI, Tutela, curatela e amministrazione di sostegno: la centralità della persona nell'approccio multidisciplinare alla fragilità, Torino, 2008, pp. 380-381.

23. Trib. Bologna, 18 settembre 2006, in Famiglia, persone e successioni, 2006, 945 ss. In tal senso v. anche Trib. Bologna, 8 marzo 2005, in ALTALEX, per il quale l'interdizione e l'inabilitazione si presentano quali misure aventi carattere residuale, pertanto, se nel corso del giudizio, dopo aver accertato tramite CTU, che lo stato patologico di un soggetto non sia così grave da comportare una pronuncia di interdizione o di inabilitazione, appare opportuno applicare l'amministrazione di sostegno.

24. Trib. Tempio Pausania, 20 febbraio 2007, Il Sole 24 ore-Il merito, 2007, fasc. n. 9, p. 39 s. V. anche Tribunale di Modena, 15 novembre 2004, in ALTALEX, il quale prevede che la misura dell'interdizione giudizizle è un rimedio meramente residuale, limitato ai casi in cui l'amministrazione di sostegno, il nuovo strumento di protezione a carattere generale delle "persone non in grado di provvedere ai propri interessi", sia "inidoneo a realizzare la piena tutela del beneficiario" (come precisa l'art. 413, 4º comma., cod. civ.; in tali casi e solo in tali casi, il giudice tutelare dichiara la cessazione dell'amministrazione informando, se del caso, il pubblico ministero per l'instaurazione del procedimento di inabilitazione o di interdizione).

25. Giudice tutelare di Venezia, Sez. distaccata di Chioggia, ord. 24 settembre 2004, in Guida al dir., 2005, 48 s.

26. Trib. Roma, decr. 19 febbraio 2005, in Giur. It., 2005, pp. 2077 ss., con nota G. GRASSELLI, Non necessità dell'assistenza di un difensore nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno. Applicazione del beneficio dell'amministrazione di sostegno a soggetto affetto da grave patologia psico-fisica che lo rende totalmente incapace.

27. Trib. Venezia, 13 ottobre 2005, in Nuova giur. civ. commentata, 2006, I, pp. 579 ss., con nota di A. VENCHIARUTTI, Amministrazione di sostegno e progetti di protezione.

28. Trib. Roma, 19 febbraio 2005, in Famiglia, persone e successioni, 2005, pp. 271 ss.

29. Tribunale di Trani, sez. Ruvo di Puglia, 17 luglio 2007, in ALTALEX. In questo senso anche Tribunale di Bari, 5 luglio 2007, in ALTALEX.

30. Trib. Bologna, 8 marzo 2005 e Trib. Di Cagliari, ord. 19 gennaio 2005, in Giur. it., 2005, pp. 2133 ss., con nota di R. MASONI, Correlazioni processuali tra giudizio di interdizione e inabilitazione e procedimento istitutivo dell'amministrazione di sostegno, di cui alla L. 9 gennaio 2004: primi contrasti interpretativi.

31. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BOLININI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 79.

32. E. V. NAPOLI, L'amministrazione di sostegno, in S. PATTI (a cura di), in L'amministrazione di sostegno, cit., p. 22., per il quale, invece, alcuni spazi dell'istituto dell'inabilitazione si pongono in una posizione autonoma rispetto all'amministrazione di sostegno, parendo difficile realizzare sempre una netta sovrapposizione tra tali istituti.

33. Ivi, pp. 21-23, ricorda come "ciò che rileva nelle fattispecie astratte oggetto di inabilitazione per prodigalità è l'irrefrenabile tendenza ad un'azione dai risultati pregiudizievoli per il soggetto. Nel soggetto di fronte allo stimolo (detenzione di denaro) scatta un corto circuito che elimina l'intervento del momento valutativo e collega direttamente allo stimolo l'azione determinando un comportamento (dissipazione del denaro) istintivo e quindi non valutato coscientemente". Inoltre, secondo l'autore, la fattispecie astratta che determina l'inabilitazione per prodigalità non viene superata dall'amministrazione di sostegno; P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 69, il quale, anche se ritiene che l'inabilitazione serva a poco in seguito all'introduzione del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno, riconosce uno spazio di operatività all'ipotesi di prodigalità. Infatti, "il prodigo che non sia affetto da infermità o menomazione fisica o psichica non può avere un amministratore di sostegno, ma se ha dei patrimoni importanti l'inabilitazione può costituire una remora al perfezionamento di atti di disposizione patrimoniale dannosi con terzi". E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 80, il quale propende per il superamento della stessa fattispecie di prodigalità e per l'applicazione dell'amministrazione di sostegno alle ipotesi oggi contemplate sotto l'inabilitazione. A proposito della prima considerazione egli afferma infatti testualmente che "se la prodigalità rilevasse come presupposto a sé, la fattispecie sarebbe incostituzionale (con le conseguenze che ne discendono), se invece rilevasse in guisa dell'estrinsecazione di un'infermità, sarebbe inutile, perché basterebbe la sola patologia, correlata dall'esposizione a gravi pregiudizi economici per sé o per la famiglia (che può avere questa ma anche infinite manifestazioni) a costituire valido presupposto per la disamina del caso".

34. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 82.

35. P. CENDON, Infermi di mente e altri "disabili" in una proposta di riforma del codice civile, cit., p. 119.

36. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 82, per il quale se il nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno trovasse applicazione nei riguardi di tali soggetti, ciò dovrebbe avvenire sulla base non del presupposto dell'esistenza di gravi pregiudizi economici, bensì sulla base dell'impossibilità, anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi; E. V. NAPOLI; L'amministrazione di sostegno, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, pp. 23-24, il quale ritiene che tale ipotesi di inabilitazione si ponga in uno spazio autonomo a quello proprio dell'amministrazione di sostegno, dell'interdizione e dell'inabilitazione per infermità mentale. Afferma inoltre che "l'applicabilità della norma si collega, come per l'inabilitazione per prodigalità, all'irrefrenabile tendenza ad un'azione pregiudizievole per il soggetto. Nello stesso, di fronte all'esigenza di consumare alcool o stupefacenti, scatta un cortocircuito che elimina l'intervento nel momento valutativo e collega direttamente allo stimolo l'azione determinando così un comportamento (uso di sostanze alcoliche o stupefacenti) istintivo e quindi non valutato coscientemente".

37. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 82.

38. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., pp. 148-149.

39. P. CENDON, Infermi di mente e altri "disabili" in una proposta di riforma del codice civile, cit, p. 119.

40. Come ricordato in precedenza, l'art. 2 del "disegno Maggi" richiamava "l'età avanzata" tra le cause che avrebbero potuto determinare l'attivazione dell'amministrazione di sostegno. Questa previsione ha del resto caratterizzato tutti i precedenti progetti (a partire dalla "prima bozza Cendon", art. 12), ad eccezione del "disegno Perlingeri". Inoltre, un richiamo al "presupposto dell'età avanzata" si è avuto anche nel disegno di legge n. 375 del 2001, poi approvato come proposta di legge n. 2189. In seguito, tale proposta è stata definitivamente approvata dalla Commissione Giustizia il 22 dicembre 2003 come disegno di legge 375-bis e pubblicato come legge n. 6/2004 sulla Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio del 2004. La legge n. 6/2004 non ha però previsto espressamente la possibilità di attivare l'amministrazione di sostegno a favore di persone in età avanzata.

41. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 87.

42. G. LISELLA, Amministrazione di sostegno e funzioni del giudice tutelare, Note su un'attesa innovazione legislativa, in G. FERRANDO e G. VISINTINI (a cura di), L'amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, cit., p. 63.

43. P. CENDON, 100 domande e risposte sull'amministrazione di sostegno. Guida pratica per le famiglie e gli operatori socio-sanitari, cit., pp. 14-15, il quale ricorda come "la giurisprudenza abbia, peraltro, fissato un livello base di senescenza al di sotto del quale la messa in opera del detto strumento diverrà tendenzialmente un abuso, o quantomeno una forzatura: così, in particolare, allorché nell'interessato si registri un mero 'indebolimento fisiologico' (Trib. Modena, 14.06.2006, in Aditi Tribunali dell'Emilia Romagna), come pure un 'modesto declino cognitivo' (Trib. Modena, 04.05.2006, Giurisp. Merito, 2007, 5, p. 1341). Tanto meno giustificato un ricorso all'amministrazione di sostegno apparirà - aggiungiamo - nell'ipotesi dell'anziano ancora completamente lucido, e sufficientemente disinvolto, anche dal punto di vista anatomico/muscolare, nell'evadere le pratiche della vita quotidiana (così come puntualizzato in Trib. Modena, febbraio 2005). Nulla impedirà beninteso all'interessato, in un caso simile, di 'auto-proteggersi' conferendo lui stesso a persone di fiducia una qualche procura volontaria, più o meno ampia o generale".

44. Trib. Genova, 1 marzo 2005, in Famiglia, persone e successioni, 2006, 319 ss. con nota di G. FERRANDO, Diritti dei soggetti deboli e misure di protezione.

45. Trib. Genova, 1 marzo 2005, in Famiglia, persone e successioni, 2006, 319 ss.

46. Trib. Modena, 24 febbraio 2005, in Famiglia, persone e successioni, 2006, p. 271; Trib. Di Pinerlo, 4 novembre 2004, ivi, p. 273.

47. F. ANELLI, Il nuovo sistema di protezione delle persone prive di autonomia, in Studi in onore di P. Schlesinger, Milano, 2004, p. 4207.

48. P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 67.

49. Risulta interessante notare come la prima "bozza Cendon" prevedesse testualmente (art. 12), quanto ai destinatari del provvedimento di amministrazione di sostegno, che avrebbero potuto beneficiare del nuovo istituto "il maggiorenne che, per effetto di un disturbo fisico o mentale, anche temporaneo, o per impedimenti dovuti all'età, o per altri motivi, ha bisogno di essere protetto nel compimento degli atti della vita civile". Al riguardo si può sottolineare la maggiore ampiezza, in termini di applicabilità, della suddetta norma non soltanto, come già affermato in precedenza, per il riferimento all'età avanzata, ma anche per il riferimento all'ipotesi di "ogni altro motivo" idoneo a giustificare il ricorso all'amministrazione di sostegno. Nella visione dei "padri fondatori" di tale istituto, infatti, se ne immaginava un'applicabilità ampia e variegata.

50. DELLE MONACHE, Prime note sull'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 39. L'autore precisa che, nonostante il tenore letterale dell'art. 404 cod. civ. possa far ritenere il contrario, la mera presenza di un'infermità o menomazione fisica di per sé non rende mai accessibile l'istituto dell'amministrazione di sostegno, a prescindere da quanto gravi possano risultare gli ostacoli che una tale condizione determina nella cura dei propri interessi da parte della persona. Infatti, il riferimento, contenuto nell'art. 404 cod. civ., all'infermità o menomazione fisica dovrebbe essere riferito a tutte quelle situazioni nelle quali a tale infermità o menomazione si accompagna o possa accompagnarsi l'annullamento, il mancato sviluppo o un'apprezzabile compromissione delle facoltà dell'individuo (si pensi all'ipotesi di una persona che in seguito ad un incidente, precipiti in uno stato di coma).

51. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 75.

52. Trib. Pinerolo, decr. 4 novembre 2004 e Trib. Pinerolo, decr. 9 novembre 2004, in Nuova giur. civ. commentata, 2005, I, pp. 1 ss., con nota di A. VENCHIARUTTI, Poteri dell'amministratore di sostegno e situazione del beneficiario.

53. Trib. Bari, sez. di Bitonto, decr.15 giugno 2004, in Studium iuris, 2005, p. 224 s., con nota di P. A. DE SANTIS.

54. DELLE MONACHE, Prime note sull'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 40-41.

55. Ibid.

56. Ibid.

57. G. BONILINI, I presupposti dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 99.

58. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., pp. 64-65.

59. In senso contrario, S. TRENTANOVI, La protezione delle persone prive di autonomia. Rapporti tra amministrazione di sostegno e interdizione/inabilitazione. Ruolo del giudice tutelare: poteri doveri. Problemi organizzativi, in Il Reo e il Folle, cit., p. 194. L'autore precisa che non possono rientrare tra i beneficiari dell'amministrazione di sostegno gli stranieri per il solo fatto di essere incapaci di parlare italiano (irrilevante è poi il fatto che si trovino in Italia con o senza permesso di soggiorno). Possono al contrario beneficiare del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno in presenza delle condizioni richieste della legge, così come del resto avviene per qualunque persona. La stessa valutazione viene estesa dall'autore anche alla categoria dei detenuti: tali soggetti potranno usufruire del nuovo istituto soltanto se ne ricorreranno i presupposti di legge, indipendentemente quindi dalla loro condizione detentiva.

60. Cass., 29 novembre 2006, n. 25366, in Famiglia, persone e successioni, 2007, pp. 15 ss., con nota A. CHIZZINI, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica in una prima (non risolutiva) decisione della cassazione.

61. R. ATZEI - M. S. FICHERA, Il sistema normativo vigente. Principi generali, in F. AIMERITO ET ALTRI, Tutela, curatela e amministrazione di sostegno: la centralità della persona nell'approccio multidisciplinare alla fragilità, pp. 66-72.

62. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2007, II ed., p. 372.

63. Ivi, pp. 374-375.

64. Ivi, p. 375.

65. Ivi, p. 378. In senso analogo, F. DOVANI, Il procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, in Riv. dir. proc., 2004, pp. 805 ss; E. VULLO, Ancora sull'onere del patrocinio nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, in Fam. dir., 2006, pp. 284 ss.

66. F. TOMMASEO, La disciplina processuale dell'amministrazione di sostegno: osservazioni introduttive, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 118. Si veda anche G. CAMPESE, Protezione degli incapaci, L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 157, il quale ritiene che il procedimento per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno sia "un giudizio che può qualificarsi di cognizione (sia pure speciale), costitutivo di uno status della persona (dal momento che incide sulla sua capacità d'agire) e rientrante nella categoria dei procedimenti camerali".

67. Come ricordato in precedenza, la prima "bozza Cendon" prevedeva (art. 14) la competenza del giudice tutelare del luogo in cui la persona disabile avesse il solo domicilio.

68. Sul punto, A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 399, secondo il quale il problema, concernente l'individuazione del giudice competente laddove il soggetto interessato, cittadino italiano, abbia la residenza o il domicilio all'estero e non in Italia, va risolto nel senso dell'ammissibilità del ricorso presentato da tale soggetto. Secondo l'autore tali riferimenti fattuali (domicilio e residenza) non debbono essere assunti a requisito di ammissibilità e pertanto sarà competente, in via concorrente, il giudice tutelare del luogo di residenza o domicilio di colui che promuove l'azione ai sensi dell'art. 18, secondo comma, cod. proc. civ., oppure il capo dell'ufficio consolare competente ai sensi del d. p. r. 200/1967, contenente disposizioni sui poteri e funzioni consolari.

69. A questo riguardo non si riscontrano differenze significative rispetto a quanto previsto dall'art. 14 della prima "bozza Cendon".

70. F. TOMMASEO, Il decreto d'apertura, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 160. In realtà, però, come emerge dalla prassi, non sono pochi i casi in cui nell'atto di nomina, per indicare i poteri dell'amministratore di sostegno, si fa riferimento alle categorie civilistiche dell'ordinaria e straordinaria amministrazione, frustrando probabilmente le finalità della legge n. 6/2004.

71. Sul punto, G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 160, il quale ritiene che "quanto alle spese, nel silenzio della legge possono ritenersi applicabili i criteri stabiliti dagli artt. 90 e ss. Cod. civ. Pertanto, la posizione sostanziale del beneficiario, nonché la natura e finalità del procedimento [per l'autore il procedimento in questione è di cognizione e costitutivo di uno status della persona], possono costituire nella maggior parte dei casi giusti motivi per la compensazione delle spese stesse". L'autore ricorda inoltre che l'art. 13 della l. n. 6/2004 ha introdotto il nuovo art. 46-bis disp. ìatt. cod. civ., il quale dispone la generale esenzione di tutti gli atti e provvedimenti in materia di misure di protezione dall'obbligo di registrazione e dal pagamento del contributo unificato.

72. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 453.

73. In senso analogo anche la prima "bozza Cendon" (art. 14, comma 3), dove, come nell'attuale legge n. 6/2004 si prevedeva anche la necessaria comunicazione all'ufficiale di stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita.

74. M. C. ANDRINI, L'autodeterminazione nella scelta e la pubblicità del provvedimento di istituzione dell'amministrazione di sostegno, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, in cit., p. 175, il quale ritiene che la natura della pubblicità dell'amministrazione di sostegno sia duplice. Da un lato, infatti, essa è costitutiva, in quanto solo con l'annotazione, nel registro delle amministrazioni di sostegno tenuto presso il giudice tutelare, del provvedimento di nomina emesso dallo stesso giudice su richiesta di uno dei soggetti di cui all'art. 406 cod. civ. o di quello che accoglie l'atto di scelta compiuto dal beneficiario con il ministero del notaio, si costituisce il regime di amministrazione di sostegno. Dall'altro, ha natura dichiarativa, in quanto l'annotazione sull'atto di nascita del beneficiario rende opponibile ai terzi l'amministrazione di sostegno nel senso che concede, ovvero esclude, la legittimazione ad negotium dell'amministratore di sostegno ovvero dello stesso beneficiario per le categorie di atti previste nei nn. 4 e 5, comma 5, dell'art. 405 cod. civ., nell'ambito del più generale "oggetto dell'incarico dal n. 3 del medesimo comma. Infine, è da ravvisare una terza forma di pubblicità dell'amministrazione di sostegno, chiamata dall'autore "pubblicità notizia", riferita alle diverse normative (disp. att. cod. civ.; cod. proc. civ.; etc.) all'uopo modificate in previsione dell'introduzione del nuovo istituto.

75. A. CHIZZINI, La pubblicità degli atti concernenti l'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 477.

76. F. TOMMASEO, Il decreto d'apertura, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 168.

77. Risulta interessante notare come la prima "bozza Cendon" contemplasse, tra i legittimati, la persona stabilmente convivente, purché si trattasse di un soggetto che dai registri dello stato civile avesse la stessa residenza della persona cui il procedimento si riferisce. Quindi, l'attuale previsione, contenuta nella legge n. 6/2004, ha un contenuto più esteso ed è suscettibile di un'applicazione più ampia.

78. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 417. Nello stesso senso v. anche L. PASSANANTE, Profili processuali dell'amministrazione di sostegno, in Fam e dir., 2004, p. 265; F. TOMMASEO, Il decreto d'apertura, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 168.

79. Per un primo caso giurisprudenziale al riguardo v. decr. Tribunale di Modena, 22 febbraio 2005, in Giur. It., 2006, 124 s.

80. P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 70. Secondo l'autore "il pubblico ministero è legittimato a promuovere l'amministrazione di sostegno perché è la parte pubblica che interviene nelle cause riguardanti la capacità delle persone (art. 70, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.). Il fatto che la persona impossibilitata a provvedere ai propri interessi 'può' essere assistita da un amministratore di sostegno non attribuisce al pubblico ministero una mera facoltà di ricorso, dovendo egli attivarsi ogni volta che ne ravvisi le condizioni".

81. Ivi, pp. 70-71, per il quale "la legittimazione ad attivare l'amministrazione di sostegno dei responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona costituisce una novità in senso assoluto. Di norma i servizi sanitari sociali hanno solo facoltà o doveri di segnalazione, di denuncia o di referto all'autorità giudiziaria. In questo caso invece i responsabili dei servizi sanitari e sociali, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento, sono tenuti a presentare ricorso direttamente al giudice tutelare ovvero, in alternativa, a procedere alla segnalazione al pubblico ministero (art. 406, comma 3, cod. civ.). I servizi non possono invece ricorrere per promuovere l'interdizione o l'inabilitazione".

82. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 156. V. inoltre P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 70, secondo il quale prevedendosi una legittimazione concorrente del pubblico ministero e dei responsabili dei servizi sanitarie e sociali, il legislatore ha voluto che la protezione della persona priva in tutto o in parte dell'autonomia diventi effettiva. Infatti, "si è inteso ovviare al fenomeno diffuso dell'inerzia del pubblico ministero relativamente alla promozione dell'interdizione e dell'inabilitazione, aggiungendo quali titolari all'iniziativa per l'amministrazione di sostegno i servizi che hanno un compito istituzionale di protezione dei soggetti deboli, i quali sono direttamente a conoscenza delle situazioni su cui intervenire e possono meglio farsene portatori".

83. Questo divieto non si rinviene, invece, nella prima "bozza Cendon".

84. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 424. Nel senso favorevole alla proposizione del ricorso oralmente da parte dello stesso beneficiario, E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persone deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 142.

85. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 157, secondo cui la mancanza di uno o più di questi elementi comporta la nullità del ricorso. A tale conclusione per l'autore si giunge, pur in assenza di un'espressa previsione da parte dell'art. 407 cod. civ., applicando i principi generali in materia di atti processuali (art. 156 cod. proc. civ.). Si tratta, infatti, di elementi costitutivi del ricorso la cui mancanza impedisce all'atto di raggiungere il suo scopo, ossia di istaurare davanti al giudice competente un procedimento riferito ad un soggetto concretamente individuabile e localizzabile. In senso contrario E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persona deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 143, la quale ritiene che non essendo prevista nessuna nullità in relazione alla mancanza degli elementi contenuti nel ricorso, lo stesso può e deve essere integrato dal giudice tutelare, il quale ha ampi poteri istruttori e officiosi.

86. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 425.

87. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 426.

88. La necessità del patrocinio è stata affermata per la prima volta da Trib. Padova, 21 maggio 2004, in Fam. dir., 2004, pp. 609 ss. con nota di F. TOMMASEO, Amministrazione di sostegno e difesa tecnica, ed è sostenuta specialmente dalla giurisprudenza lombarda. In particolare possono essere ricordate le seguenti decisioni: App. Milano, 9 gennaio 2006, in Fam. dir., 2006, pp. 275 ss., con nota di E. VULLO, Ancora sull'onere del patrocinio nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno; App. Milano, 11 ottobre 2005, in Giur. It., 2006, pp. 2611 s., con nota di R. MASONI, Amministrazione di sostegno e onere del patrocinio; App. Milano, 11 ottobre 2005, in Giur. it., 2006, pp. 1161 ss. con nota di L. SERRANO, Chi difenderà i deboli dal giudice?; App. Milano, 15 febbraio 2005, in Famiglia, persone e succ., 2005, pp. 23 ss., con nota di CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno primi disorientamenti applicativi; App. Milano, 11 gennaio 2005, in Fam. dir., 2005, pp. 178 ss. con nota di TOMMASEO, Ancora sulla difesa tecnica nell'amministrazione di sostegno; Trib. Milano, 2 marzo 2005, in Giur. it., pp. 2070 ss. La necessità del patrocinio nel procedimento di amministrazione di sostegno è esclusa, in particolare, nelle seguenti decisioni: App. Venezia, 16 gennaio 2006, in Fam. dir. 2006, pp. 275 ss. con nota di E. VULLO, Ancora sull'onere del patrocinio di nomina dell'amministratore di sostegno; Trib. Modena, 22 febbraio 2005, in Fam. dir., 2005, pp. 178 ss., con nota critica di TOMMASEO, Ancora sulla difesa tecnica nell'amministrazione di sostegno; Trib. Roma, 19 febbraio 2005, in Giur. it., 2005, pp. 2077 ss. con nota di G. GRASELLI, Non necessità dell'assistenza di un difensore nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno.

89. E. VULLO, Onere del patrocinio e procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, in Giur. It., 2005, p. 1777.

90. Ibid.

91. La giurisdizione volontaria o non contenziosa può essere definita, secondo le parole di A. Proto Pisani, come quel settore che "concerne funzioni ulteriori rispetto a quello della tutela dei diritti e degli status, settore che il legislatore ordinario potrebbe legittimamente rimettere nella sua discrezionalità anche in toto ai poteri privati o alla potestà amministrativa" (A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale e civile, quinta edizione, 2006, Napoli, pp. 50 s. e pp. 664 ss.). Si risolve pertanto in un'attività giudiziaria di tipo sostanzialmente amministrativo che sfocia in un provvedimento sempre suscettibile di modifica e di revoca, e dunque non idoneo ad acquisire l'immutabilità e l'incontrovertibilità tipiche della cosa giudicata. E' di regola disciplinata dalle norme sul procedimento in camera di consiglio regolato dagli artt. 737-742 bis del codice di rito, nonché secondo il regime previsto da norme diverse dedicate direttamente alla disciplina specifica di alcuni singoli procedimenti e che sono contenute non soltanto nel libro quarto, ma anche in altri libri del codice di procedura civile e anche in altri codici ed in numerose leggi speciali. Al contrario, l'area della giurisdizione contenziosa copre espressamente la tutela dei diritti e status e richiede, per questo, forme adeguate di tutela giurisdizionale, che sfociano in un processo a cognizione piena destinato a concludersi con un provvedimento avente attitudine al giudicato formale e contenente un accertamento idoneo al giudicato sostanziale.

92. E. VULLO, Onere del patrocinio e procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, cit, pp. 1780-1781.

93. P. CENDON, 100 domande e risposte sull'amministrazione di sostegno. Guida pratica per le famiglie e gli operatori socio-sanitari, cit., p. 25, il quale ritiene che "con l'espressione 'diritti fondamentali' la Cassazione ha inteso riferirsi, verosimilmente, alla rosa delle prerogative che si collegano ai tratti più intimi e coessenziali della persona: ad es. la decisione di sposarsi, oppure di riconoscere un figlio naturale o di disconoscere un figlio legittimo; o, ancora, il diritto di disporre dei propri beni per testamento o donazione, di accettare un'eredità o di rinunciare ad essa; come pure le scelte collegate alla separazione personale o al divorzio, etc. Si parla anche, a tal proposito, di interessi personalissimi. Non è possibile scendere, qui, a un elenco tassativo delle situazioni in cui possano dirsi in gioco diritti fondamentali dell'individuo. Molto dipenderà dalla situazione concreta e la valutazione circa i dettagli spetta, in ogni caso, al giudice tutelare".

94. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 435.

95. F. TOMMASEO, Il procedimento, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 200. Si veda anche L. PASSANANTE, Il procedimento di amministrazione di sostegno, cit., p. 261; A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 439.

96. F. TOMMASEO, Il procedimento, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 202.

97. F. TOMMASEO, Il procedimento, in G. BONILINI - F. TOMASSEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 211; Su posizioni diverse P. CENDON, 100 domande e risposte sull'amministrazione di sostegno. Guida pratica per le famiglie e gli operatori socio-sanitari, cit., pp. 27-28, il quale ritiene che, in casi eccezionali e a fronte di motivi giustificati, il giudice tutelare potrà prescindere dal colloquio diretto con l'interessato, dovendo necessariamente provvedere sul ricorso; E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persona deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 143, per la quale l'atto istruttorio più importante è l'audizione del futuro beneficiario. Però, se questi non è in grado di comunicare il giudice tutelare ne prenderà atto e trarrà da altre fonti di informazioni (comprese le relazioni dei servizi sociali) gli elementi istruttori necessari alla redazione del provvedimento contenente la nomina e l'attribuzione dei compiti e dei poteri all'amministrazione di sostegno. S. TRENTANOVI, La protezione delle persone prive di autonomia. Rapporti tra amministrazione di sostegno e interdizione/inabilitazione. Ruolo del giudice tutelare: poteri doveri. Problemi organizzativi, in Il Reo e il Folle, cit., pp. 233-236, per il quale in ogni caso il giudice tutelare deve recarsi a sentire le ragioni del potenziale beneficiario della misura dell'amministrazione di sostegno (anche in casi in cui risulta difficile poter ottenere informazioni utili alla stesura dello stesso provvedimento), in quanto il giudice tutelare "non può prescindere dall'ascolto del protagonista". Ancora, si veda G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 159, per il quale il giudice tutelare deve sempre sentire il beneficiario. Se questi però non si presenta all'udienza fissata, oppure se dal deposito del ricorso risulta l'impossibilità della sua presentazione, il giudice deve recarsi nel luogo in cui egli si trova. L'audizione è dunque un presupposto necessario alla pronuncia, al quale può derogarsi soltanto in caso di irreparabilità o di rifiuto a presenziare all'audizione.

98. P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 73, ritiene che però adesso cambi il quesito da porre, in quanto nell'articolazione delle domande rivolte al consulente occorre chiedere quale sia il grado di disabilità ed il livello di autonomia residua del beneficiario, gli atti in cui bisogna sostituirlo o è sufficiente assisterlo o che può compiere da solo. Occorre capire, infatti, non tanto il grado di capacità di intendere e volere, ma ciò che la persona è in grado di fare.

99. Ibid., l'autore sottolinea come attraverso la previsione normativa contenuta nell'art. 407, comma 3, cod. civ., si debba accertare quale sia la menomazione o infermità che pregiudica il soggetto interessato, quindi quali effetti abbia sulla sua capacità d'agire, quali siano le sue residue capacità d'agire e come limitarle nel minor modo possibile, quale forma di sostegno gli potrebbe essere utile, come amministrare il patrimonio. Infatti, "mentre nell'interdizione tradizionale il giudice doveva rivolgersi essenzialmente alla competenza psichiatrica, nell'amministrazione di sostegno è necessario soprattutto conoscere il contesto di vita, accertare le effettive disabilità sociali e le abilità residue o potenziali e definire quale progetto di integrazione sociale si deve sostenere e con quali atti attribuiti all'amministratore si può attuare tale progetto. Occorre inoltre avere un quadro della situazione reddituale e patrimoniale del soggetto. A questo fine acquistano maggior importanza le informazioni che provengono dai parenti e dai servizi".

100. A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e di revoca dell'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - A. CHIZZINI, L'amministrazione di sostegno, cit., p. 438.

101. F. TOMMASEO, La disciplina processuale dell'amministrazione di sostegno, in S. PATTI, L'amministrazione di sostegno, cit., pp. 180-216.

102. F. TOMMASEO, Le vicende dell'amministrazione di sostegno e gli strumenti di garanzia, in G. BONILINI - F. TOMMEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 539.

103. Per la tesi che il sistema di impugnazioni è modellato su quello già vigente in tema di interdizione e inabilitazione v. G. CAMPESE, L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 163 e F. TOMMASEO, Le vicende dell'amministrazione di sostegno e gli strumenti di garanzia, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 544.

104. Ivi, p. 544.

105. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 165.

106. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 98.

107. Risulta interessante ricordare come la prima "bozza Cendon", anziché usare l'espressione "gravi motivi", ricorresse alla formula "in caso di mancanza o di inidoneità di tali persone".

108. G. SALITO - P. MATERA, Amministrazione di sostegno: il ruolo del notaio, in Notariato, 2004, p. 666; Nello stesso senso, G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, op. cit., p. 230.

109. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 235.

110. In tal senso E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 100, ad avviso del quale la designazione in sostituzione è implicita nella disciplina dell'amministrazione di sostegno; G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 233.

111. In tal senso E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 100; G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 238.

112. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 243.

113. Trib. Modena, decr. 24 ottobre 2005, in Notariato, 2006, 27 ss., con nota di A. BULGARELLI, Il "pro-amministratore di sostegno.

114. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 247; Nello stesso senso anche U. MORELLO, L'amministrazione di sostegno (dalle regole ai principi), in Notariato, 2004, p 225.

115. Sul punto v. infra, cap. 3.2.2.

116. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., pp. 252-253.

117. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 44-45.

118. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 172, nota 53, ad avviso del quale "il giudice tutelare deve tener conto anche delle indicazioni fornitegli dallo stesso interessato all'amministrazione di sostegno nel corso del procedimento, le quali, pur non avendo valore vincolante, come nel caso della designazione effettuata allorquando il soggetto era pienamente capace, hanno importanza, ove rispondano ai suoi interessi".

119. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 44-45., il quale osserva che i "gravi motivi" sembrano essere non tanto quelli fondati su circostanze che rendono impossibile di fatto o giuridicamente, la scelta della persona designata dal soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno (si pensi alla morte di tale persona o alla sua sopravvenuta incapacità), quanto piuttosto le ipotesi in cui "la persona eletta, in ragione della sua condizione complessiva, del modus vivendi e delle sue qualità, anche morali, non appaia adeguatamente idonea ad attendere ai compiti che il giudice ritiene di dover assegnare all'amministratore con riguardo al caso concreto"; G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 161, il quale osserva, invece, che con l'espressione "gravi motivi" si deve intendere il caso in cui il designato sia nell'impossibilità di svolgere la funzione, perché deceduto, malato o a sua volta incapace; o ancora il caso in cui egli si sia reso responsabile di condotte pregiudizievoli per il beneficiario o comunque confliggenti con i suoi interessi.

120. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 44.

121. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 281.

122. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 161; In senso contrario, P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p.74, per il quale la preferenza nella scelta dell'amministratore va data di norma ai parenti ed alla persona stabilmente convivente che per consuetudine di vita meglio possono svolgere le attività sostitutive di cura, privilegiando in questo modo la relazione affettiva, o al genitore superstite.

123. In questo senso, Trib. Trieste, decr. 18 settembre 2006, Famiglia, persone e successioni, 2006, pp. 948 ss.

124. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 68; S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 45, il quale ritiene comunque necessaria la sussistenza di un consortium vitae tra beneficiario e amministratore.

125. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 103; G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 162, il quale ricorda come tale scelta risponda all'esigenza di evitare che il medesimo soggetto svolga contemporaneamente la funzione di controllore e di controllato; Critica rispetto a tale previsione, E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persona deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 131, per la quale tale norma, a torto o a ragione, comporta l'esclusione a priori dal novero dei possibili amministratori di sostegno proprio quei soggetti che, vivendo a contatto con la persona debole e avendo un'adeguata preparazione professionale, meglio conoscono e possono soddisfare le sue esigenze.

126. Ibid.

127. Trib. Roma, 19 febbraio 2005, in Famiglia, persone e successioni, 2005, pp. 271 ss.

128. E. CALICE, Commento agli artt. 404 ss. cod. civ., in Cod. civ., (a cura di) G. BONILINI - M. CONFORTINI - C. GRANELLI, Torino, 2005, II ed., § 1.

129. In senso decisamente contrario alla previsione degli studi professionali, P. CENDON, La tutela civilistica dell'infermo di mente, in S. PATTI (a cura di), La riforma dell'interdizione e dell'inabilitazione, cit., p. 42.

130. Nel senso che anche le associazioni di volontariato possono essere destinatarie della nomina, G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 161. L'autore infatti ritiene che l'art. 408, comma 4, cod. civ., consenta l'accesso alla funzione di amministratore di sostegno anche ai rappresentanti delle associazioni di volontariato che specificamente si occupano dell'assistenza delle persone in difficoltà.

131. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 121. Vedi anche K. KLEMENT, Sintesi del sistema austriaco dell'amministrazione di sostegno ("sachwalterschaft"), in S. PATTI (a cura di), La riforma dell'interdizione e dell'inabilitazione, cit., p. 85.

132. Sul punto appaiono interessanti le osservazioni di S. PATTI, La nuova disciplina, in G. FERRANDO (a cura di), L'amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, cit., pp. 110-111, il quale ritiene "grave l'assenza di una disciplina sulla retribuzione dell'amministratore di sostegno", soprattutto sulla scorta degli insegnamenti provenienti dal diritto comparato.

133. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 318.

134. Corte Cost., Ordinanza n. 1073 del 1988, in Foro it., 1989, I, pp. 1313 ss.

135. Così, Trib. Ancona, decr. 14 giugno 2005, in Fam. e dir., 2006, pp. 533 ss., con nota di P. MOROZZO DELLA ROCCA, L'attività dell'amministratore di sostegno tra gratuità e onerosità.

136. Ivi, p. 540.

137. Sulla necessità di una disciplina che regoli la materia del "compenso" dell'amministratore di sostegno: S. PATTI, Una nuova misura di protezione della persona, in Famiilia, 2005, pp. 221 ss. V. anche S. PATTI, La nuova disciplina di protezione, in G. FERRANDO (a cura di), L'amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, Milano, 2005.

138. Consultabile su Giustizia.it - Ministero della Giustizia. Sul punto v. anche G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 160, il quale ricorda che, per quanto concerne le spese del procedimento, nel silenzio della legge devono ritenersi applicabili i criteri indicati negli artt. 90 e ss. del cod. civ. Pertanto, la posizione sostanziale del beneficiario, nonché la natura e la finalità del procedimento, possono costituire nella maggior parte dei casi "giusti motivi" per la compensazione delle stesse spese.

139. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 320.

140. G. BONILINI, L'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 325.

141. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 44, il testo originariamente approvato dal senato, secondo cui il beneficiario di amministrazione di sostegno avrebbe conservato la capacità per tutti gli atti non compresi nell'oggetto dell'amministrazione di sostegno, era da preferire a quello entrato successivamente in vigore, dato che vi è una serie di atti, c. d. personalissimi, i quali, se certo possono essere compresi, per effetto del decreto contemplato all'art. 405 cod. civ., fra quelli rispetto ai quali il beneficiario di amministrazione di sostegno è privato della capacità, non di meno non sopportano né la rappresentanza, né l'assistenza dell'amministratore di sostegno.

142. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., pp. 335-338.

143. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 44-45, per il quale l'impianto complessivo della disciplina dettata dai nuovi articoli 404 cod. civ. e ss., induce a ritenere il beneficiario dell'amministrazione di sostegno come un soggetto non incapace, salvo per gli atti che ricadono nell'oggetto dell'amministrazione di sostegno.

144. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 131. Sul punto occorre ricordare che la capacità del beneficiario può trovare importanti limitazioni nel caso il giudice tutelare estenda nei suoi confronti - ex art. 411 cod. civ. - alcune norme dettate per l'interdetto giudiziale e l'inabilitato. Inoltre, il secondo comma dello stesso articolo prevede ulteriori limitazioni, in quanto fino a che non verrà approvato il conto dell'amministrazione, sono precluse al beneficiario le disposizioni donative e testamentarie a favore dell'amministratore.

145. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 339.

146. Nel senso della maggiore flessibilità del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno, P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 61; E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persone deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 130, la quale definisce l'amministrazione di sostegno come "una forma di tutela ampia (non meramente patrimoniale ma concernente anche la cura della persona), propositiva e non interdittiva, espansiva e non inibitoria, personalizzata, modulabile e non standardizzata, frutto di una concezione dei diritti delle fasce deboli della popolazione veramente conforme ai fini costituzionali di promozione del pieno sviluppo della persona umana (Cost., art. 3, comma 2)". In senso analogo, DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 32; G. LISELLA, I poteri dell'amministratore di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 317.

147. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 32, p. 32. L'autore sottolinea, infatti, come il giudice tutelare possa affidare all'amministratore di sostegno, oltre alla cura del patrimonio, anche la cura della persona del beneficiario, anche se l'incarico non potrebbe essere limitato esclusivamente a quest'ultima attività. V. anche P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 61, per il quale risulta centrale il raccordo tra la cura della persona del beneficiario e l'amministrazione del suo patrimonio; In senso analogo, E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persone deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 128.

148. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 342.

149. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 32; Sul punto, E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persone deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 138, la quale ritiene che la cura della persona consista nel: 1) proporre e scegliere la collocazione abitativa del beneficiario; 2) elaborare per il beneficiario un progetto di vita; 3) esprimere il consenso informato ai trattamenti diagnostici e terapeutici.

150. Ivi, p. 33, dove si sottolinea che costituendo la gestione patrimoniale un tratto comunque essenziale del nuovo istituto, l'incarico dell'amministratore di sostegno non può essere limitato, in modo esclusivo, alla cura della persona del beneficiario, mantenendo al contempo invariata la capacità d'agire dello stesso beneficiario riguardo alla sfera dei suoi interessi patrimoniali. In senso analogo, G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 342, in quanto altrimenti si altererebbe, secondo l'autore, la stessa fisionomia del nuovo istituto.

151. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 350.

152. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 46; F. RUSCELLO, "Amministrazione di sostegno" e tutela dei "disabili". Impressioni estemporanee su una recente legge, in Studium iuris, 2004, pp. 149 ss.

153. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 46.

154. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 352.

155. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 46.

156. B. MALAVASI, L'amministrazione di sostegno: le linee di fondo, in Notariato, 2004, p. 319. Sul punto può essere sollevato, però, qualche dubbio. Risulta infatti difficile immaginare, concretamente, una tale ipotesi a patto di non voler snaturare la stessa filosofia di fondo dell'istituto dell'amministrazione di sostegno. E' infatti difficilmente immaginabile che un soggetto bisognoso di sostegno - a meno che esso non derivi "soltanto" da una difficoltà fisica - possa compiere quegli atti minimi, ma importanti, come la riscossione della pensione di invalidità, che spesso sono il motivo primario per cui si ricorre all'istituzione dell'amministrazione di sostegno.

157. P. CENDON, Infermi di mente e altri "disabili" in una proposta di riforma del codice civile, cit., p. 122.

158. Così, per esempio, Trib. Roma, decr., 19 marzo 2004, in Notariato, 2004, 249 ss., con nota di E. CALO', "L'amministrazione di sostegno al debutto tra istanze nazionali e adeguamenti pratici".

159. S. PATTI, L'amministrazione di sostegno: continuità e innovazione, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, cit., 220.

160. Ibid. Nel senso che è preferibile un decreto di nomina che indichi con precisione gli atti affidati all'amministratore v. anche G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., pp. 358-367. Nel senso che il decreto di nomina "il giudice si esprima in modo quanto più possibile preciso e puntuale", si v. A. VENCHIARUTTI, Gli atti del beneficiario di amministrazione di sostegno. Questioni di validità, in G. FERRANDO (a cura di), L'amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione delle persone deboli, cit., p. 169.

161. E. CALICE, Commento all'art. 410 cod. civ., cit., § 2; G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 373 s., ove si fa riferimento alla distinzione tra l'ipotesi di "conflitto di interessi" che si verifica nel caso in cui il titolare dell'ufficio abbia un interesse proprio, di carattere patrimoniale (conflitto attuale) in contrasto con quello del beneficiario e "l'abuso di potere e conflitto concreto", che si configura quando il rappresentante persegue in concreto un interesse contrastante con quello del rappresentato.

162. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 375; E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 105.

163. In tal senso ha deciso il Trib. di Firenze, sez. distaccata di Empoli, decr. 30/09/2005, prevedendo un limite mensile, salve specifiche autorizzazioni del giudice tutelare per ulteriori spese.

164. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 379; In senso analogo P. PAZE', L'amministrazione di sostegno, cit, p. 79; E. M. PAPPALETTERE, L'amministrazione di sostegno come espansione delle facoltà delle persone deboli, in Il Reo e il Folle, cit., p. 132; S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 47, per il quale nello svolgimento dei compiti chi gli sono affidati, l'amministratore di sostegno deve tendere alla realizzazione dell'interesse del beneficiario.

165. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 137.

166. Ibid.

167. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., 47.

168. Si veda per es. l'art. 17 della prima "bozza Cendon", ai sensi del quale si impone al giudice, ove possibile, di sentire direttamente la persona cui il procedimento si riferisce.

169. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 115.

170. Ibid.

171. G. BONILINI, Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno e compiti dell'amministratore di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 382.

172. Ivi, p. 386.

173. Ivi, p. 387.

174. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 50.

175. A. DELL'ORO, Della tutela dei minori, Bologna, 1979, p. 253.

176. Ibid.

177. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 127. Sul punto, G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 163, secondo il quale il mancato richiamo degli artt. 371 e 372 del cod. civ. non comporta problemi, in quanto ciò deriva dalla stessa natura dell'amministrazione di sostegno, la quale è limitata al compimento di specifici atti.

178. G. BONILINI, Norme applicabili all'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 400. Sul punto S. DELLE MONACHE, "Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale", cit., pp. 49-51, il quale osserva che il rinvio alle norme relative alla tutela è sancito senza distinguere espressamente tra amministrazione di sostegno sostitutiva o di mera assistenza. Inoltre, non è contemplato alcun richiamo alla disciplina della curatela, anche se si osserva che è proprio a questo ultimo modello che si ispira la nuova figura dell'amministrazione di sostegno di assistenza.

179. Ivi, p. 49.

180. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 49. Sul punto S. VOCARUTO, L'amministrazione di sostegno: la dignità dell'uomo al di là dell'handicap, in Riv. not. 2004, p. 244, ad avviso del quale occorre ritenere che stante il tenore letterale dell'art. 405, comma 5, cod. civ., la sola "indicazione"degli atti nel decreto di nomina dell'amministratore di sostegno "fa presumere che il giudice tutelare non gli autorizzi contestualmente, ma sarà necessaria una successiva autorizzazione per il compimento di quelli ivi indicati, anche qualora si tratti di atti di straordinaria amministrazione". Ovviamente, l'espresso richiamo degli art. 374 e 375 cod. civ. non ha senso nel caso si ritenga che l'amministratore sia autorizzato al compimento degli atti indicati in forza del solo decreto di nomina, in tal senso B. MALAVASI, L'amministrazione di sostegno: le linee di fondo, cit., p. 326;. G. BONILINI, Norme applicabili all'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 403, il quale osserva che è evidente come l'autorizzazione sia necessaria per quegli atti che, indicati negli artt. 374, 375, 376, cod. civ., siano stati previsti - nel decreto di nomina o in un successivo provvedimento - come atti che debbano essere compiuti dall'amministratore di sostegno o con l'assistenza di quest'ultimo. Al contrario, vale il principio generale, ex art. 409 cod. civ., della generale capacità d'agire del beneficiario di amministrazione di sostegno. G. LISELLA, I poteri dell'amministratore di sostegno, in Il Reo e il Folle, cit., p. 309, il quale sostiene che la previsione dell'art. 411 cod. civ. possa sollevare dubbi, con riguardo agli atti di straordinaria amministrazione, in quanto rende applicabili all'amministrazione di sostegno, in quanto compatibili, anche gli artt. 374 e 375 cod. civ. Per l'autore si potrebbe pensare che per questa tipologia atti, visto anche che in entrambe le ipotesi si prevede la competenza del giudice tutelare, non sia ipotizzabile un potere generale dell'amministratore di sostegno, dovendo essere attribuito nei singoli casi mediante la preventiva autorizzazione giudiziale. L'autore, al riguardo, ritiene che "una prima conclusione potrebbe essere nel senso che all'amministratore potrebbe essere conferito il potere rappresentativo con riferimento a singoli atti, magari specificamente autorizzati, o a categorie di atti ma soltanto se circoscritti all'ordinaria amministrazione.

181. G. BONILINI, Norme applicabili all'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 406.

182. Al riguardo, S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 51.

183. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 51.

184. G. BONILINI, Norme applicabili all'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 408.

185. Così, E. CALICE, Commento all'art. 411 cod. civ., cit., § 4. Sul punto, B. MALAVASI, L'amministrazione di sostegno: le linee di fondo, cit., p. 326, nota 71, per il quale si può interpretare l'espressione "convenzioni" come qualsivoglia negozio comportante un beneficio in capo all'amministratore di sostegno tale da poter comprendere le stesse donazioni.

186. G. BONILINI, Norme applicabili all'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, op. cit., p. 408. In senso analogo, E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 128.

187. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., pp. 123-124. Sul punto, v. anche S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 51-52, il quale afferma che una tale equiparazione avrebbe comportato "l'automatica estensione non tanto delle disposizioni di legge specificamente riferite all'interdizione o all'inabilitazione, quanto di quelle più genericamente relative all'incapacità legale".

188. G. BONILINI, Norme applicabili all'amministrazione di sostegno, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 412.; C. PRIORE, L'attività autonoma del beneficiario, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, cit., pp. 113-116, secondo il quale le norme del codice civile, previste per l'interdizione e l'inabilitazione (anche se in generale non vi è una uniformità assoluta nella loro interpretazione e nella delimitazione dei loro confini, specie per quelle norme che limitano i diritti fondamentali della persona, come nel caso dell'art. 85 cod. civ.; al riguardo si rinvia alle considerazioni svolte nella parte introduttiva di questo lavoro) che possono essere oggetto di applicazione all'amministrazione di sostegno, nonostante l'elenco non sia esaustivo, sono le seguenti: art. 85 cod. civ. che vieta all'interdetto per infermità di mente di contrarre matrimonio; art. 119 cod. civ. che tratta dell'impugnazione del matrimonio dell'interdetto; art. 183 cod. civ. che dispone, per il coniuge dell'interdetto, l'esclusione di diritto dall'amministrazione dei beni della comunione legale; l'art. 193 cod. civ. che prevede la possibilità di ottenere la separazione giudiziale dei beni in caso di interdizione o di inabilitazione di uno dei coniugi; l'art. 168 cod. civ. che comporta l'esclusione dall'amministrazione del fondo patrimoniale a seguito dell'applicazione dell'art. 183; l'art. 317 cod. civ. che dispone l'esercizio esclusivo della potestà genitoriale ad uno solo dei genitori, quando l'incapacità rende impossibile l'esercizio all'altro; l'art. 774 cod. civ. e l'art. 777 cod. civ. che contengono il divieto di fare donazioni, l'art. 264 cod. civ. che considera lo stato di interdizione per infermità di mente del figlio naturale riconosciuto, impedimento all'impugnativa del riconoscimento (salvo il secondo comma di tale art. che prevede la nomina di curatore speciale per l'impugnativa); l'art. 266 cod. civ. che contempla l'impugnativa del riconoscimento di figlio naturale per incapacità del genitore, derivante da interdizione; l'art. 273, comma terzo, che dispone che l'azione per ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità non può essere promossa dall'interdetto, ma dal suo tutore previa autorizzazione del giudice; l'art. 591, comma secondo, cod. civ., che stabilisce l'incapacità di testare dell'interdetto per infermità di mente; gli art. 692 ss. cod. civ. in tema di sostituzione fedecommissaria, anche se sul punto vi sono dubbi; l'art. 1626 cod. civ. in base al quale il contratto d'affitto si scioglie per l'interdizione o l'inabilitazione dell'affittuario, salvo che al locatore sia fornita idonea garanzia per l'adempimento delle obbligazioni; l'art. 1722 n. 4, che prevede l'estinzione del mandato (qualora si tratti di un atto non contemplato nella misura di sostegno); l'art. 2286 cod. civ. che prevede la possibilità di escludere il socio interdetto o inabilitato nel società semplici (norma applicabile anche alle altre società di persone); gli art. 1190, 1191 e 2043 in tema di adempimento delle obbligazioni; vi sono poi una serie di incapacità di ordine processuale (art. 75 cod. proc. civ.); ancora vi sono norme che prevedono limitazioni in tema di divorzio e di adozione.

189. G. BONILINI, L'invalidità degli atti posti in essere in violazione di disposizioni di legge o del giudice, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 465.

190. T. ROMOLI, Le invalidità nell'amministrazione di sostegno, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, cit., p. 118, il quale ricorda come l'annullabilità rappresenti la sanzione tipicamente prevista per i negozi compiuti da soggetti legalmente incapaci, che l'ordinamento presume non siano in grado di valutare la convenienza degli atti che li riguardano. Pertanto, la tutela di tali soggetti è perseguita più efficacemente tramite l'annullabilità, piuttosto che tramite la nullità, dato che quest'ultima sanzione determina in ogni caso l'inefficacia del negozio, mentre, al contrario, in caso di annullabilità il negozio produce effetti fino al suo eventuale annullamento e la proposizione della relativa azione è lasciata alla discrezionalità dello stesso incapace, cui viene rimessa così la valutazione del vantaggio o meno di quanto compiuto.

191. Ivi, p. 132, il quale sottolinea la difficile comprensione della norma. A questo riguardo afferma testualmente che "potrebbe forse trattarsi di quegli atti compiuti personalmente dal beneficiario nonostante il giudice tutelare abbia previsto la rappresentanza ovvero l'assistenza dell'amministratore di sostegno; tuttavia questa disposizione pare configurare non tanto violazione di disposizione di legge, bensì delle disposizioni contenute nel decreto istitutivo dell'amministrazione di sostegno; si potrebbe peraltro ribattere che destinatario delle disposizioni di cui al provvedimento istitutivo è l'amministratore di sostegno e non il beneficiario, per cui soltanto per il primo può configurarsi la violazione di disposizioni del giudice, mentre per il secondo potrebbe esclusivamente trattarsi di violazioni di disposizioni di legge". Critici, rispetto alla formulazione del secondo comma dell'art. 412 cod. civ., anche V. ROPPO e M. DELLACASA, Amministrazione di sostegno: atti compiuti in "violazione della legge", in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, cit., p. 160, per i quali la categoria degli atti "compiuti personalmente dal beneficiario di amministrazione di sostegno" è difficilmente definibile. Infatti, gli unici atti compiuti personalmente dal beneficiario, e suscettibili di giustificare l'applicazione di qualche rimedio, sono quelli che lo stesso beneficiario non poteva compiere per nulla o ha compiuto da solo, laddove sarebbero state necessarie rispettivamente la rappresentanza o l'assistenza dell'amministratore di sostegno. In entrambi i casi, tuttavia, l'incapacità del beneficiario non deriva propriamente dalla legge, ma dal provvedimento del giudice istitutivo dell'amministrazione di sostegno (art. 405, nn.3 e 4 cod. civ.).

192. B. MALAVASI, L'amministrazione di sostegno: le linee di fondo, cit., p. 328. In tal senso, si v. anche A. VECHIARUTTI, Gli atti del beneficiario di amministrazione di sostegno. Questioni di validità, in G. FERRANDO (a cura di), L'amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione delle persone deboli, cit., p 168.

193. G. BONILINI, L'invalidità degli atti posti in essere in violazione di disposizioni di legge o del giudice, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 472.

194. T. ROMOLI, Le invalidità nell'amministrazione di sostegno, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, cit., p. 127, per il quale l'annullabilità degli atti compiuti dall'amministratore di sostegno dovrebbe essere ricollegata direttamente sia al compimento di atti che sono già vietati al tutore dalle norme richiamate dall'art. 411 cod. civ. e applicabili in quanto compatibili all'amministrazione di sostegno, sia all'ipotesi di mancanza delle autorizzazioni - quando necessarie - previste dagli artt. 374 e 374 cod. civ. per il compimento degli atti indicati dalle stesse norme.

195. Ivi, p. 126, secondo cui "l'annullabilità per violazione di disposizioni del giudice può essere determinata sia dal compimento dell'atto da parte dell'amministratore di sostegno in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, sia dal suo compimento da parte del beneficiario in violazione delle disposizioni contenute nel decreto istitutivo dell'amministrazione di sostegno". Inoltre, osserva l'autore, dalla struttura di queste cause di invalidità può rilevarsi il ruolo centrale del decreto istitutivo dell'amministrazione di sostegno, poiché quest'ultimo possiede un rilievo programmatico tale da avere decisiva influenza su tutto lo svolgimento del rapporto relativo all'istituto che dal medesimo trae origine.

196. Sul punto T. ROMOLI, Le invalidità nell'amministrazione di sostegno, in S. PATTI (a cura di), L'amministrazione di sostegno, cit., p. 140, il quale sottolinea come pur non essendo direttamente contemplata dalla norma in esame l'ipotesi di conflitto di interessi tra amministratore e beneficiario, in ogni caso il divieto per l'amministratore di agire in conflitto di interessi è un principio generale del nostro ordinamento giuridico.

197. Ivi, p. 474. Quanto alla specifica ipotesi di "eccesso di poteri", il primo comma dell'art. 412 cod. civ. afferma che sono annullabili gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno "in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice". Si ritiene che il dispositivo normativo in esame si presti ad essere inteso nel senso che siano annullabili gli atti dell'amministratore di sostegno che, risultando esorbitanti rispetto all'oggetto dell'incarico affidatogli, al tempo stesso rientrino, però, nel novero di quelli in ordine ai quali il beneficiario di amministrazione di sostegno abbia perduto la capacità. Debbono essere giudicati privi d'efficacia, invece, gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno, che non abbiano alcuna attinenza con il medesimo oggetto. Quanto all'ipotesi di "conflitto di interesse" si nota come non esistano norme specifiche che possano risolvere tale ipotesi, anche se in ogni caso si opina nel senso della annullabilità dell'atto compiuto dall'amministratore, indipendentemente dalla riconoscibilità del conflitto da parte del terzo a differenza di quanto prevede l'art. 1394 cod. civ. in tema di rappresentanza volontaria.

198. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 56.

199. T. ROMOLI, Le invalidità nell'amministrazione di sostegno, cit., pp. 130-131.

200. G. CAMPESE, La protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., p. 152.

201. Ibid. In questo caso l'autore nota che la legittimazione del pubblico ministero è giustificata in considerazione dell'interesse pubblico, connesso con l'esigenza di un puntuale controllo circa il corretto esercizio delle funzioni di amministratore di sostegno. Quanto, invece, alla legittimazione dell'amministratore, occorre considerare che potrebbe trattarsi di soggetto diverso da quello che ha posto in essere l'atto viziato.

202. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., pp. 489-490.

203. Art. 413 cod. civ. "Quando il beneficiario, l'amministratore di sostegno, il pubblico ministero, o taluno dei soggetti di cui all'art. 406 cod. civ., ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell'amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell'amministratore, rivolgono istanza motivata al giudice tutelare. L'istanza è comunicata al beneficiario e all'amministratore di sostegno. Il giudice tutelare provvede con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori. Il giudice tutelare provvede altresì, anche d'ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piene tutela del beneficiario. In tale ipotesi, se ritiene che si debba promuovere il giudizio di interdizione o di inabilitazione, ne informa il pubblico ministero, affinché vi provveda. In questo caso l'amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o del curatore provvisorio ai sensi dell'art. 419, ovvero con la dichiarazione di interdizione o di inabilitazione".

204. Ivi, p. 491.

205. E. CALÒ, Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 143, il quale osserva come non vi sia certezza in dottrina se - nell'ipotesi in cui non vi sia una immediata sostituzione dell'amministratore di sostegno e il beneficiario abbia compiuto in autonomia un atto che non aveva il potere di compiere - si debba applicare la disciplina contenuta nell'art. 412 cod. civ. oppure quella sulla incapacità naturale ex art. 428 cod. civ., in quanto sul punto la legge tace. In una tale ipotesi, l'autore propende, fatta salva la buona fede del terzo, per l'applicazione della disciplina sull'incapacità naturale, anche se lo stesso avverte che è "arduo che la giurisprudenza possa condividere questa impostazione, quantomeno alla luce della sua sensibilità nei riguardi della salvaguardia dei rapporti giuridici in essere". Sul punto v. anche G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 494. L'autore, in questo caso, propende per l'applicazione dell'art. 412 cod. civ. perché, nonostante il venir meno dell'amministratore di sostegno, si dovrebbe ritenere che sussista sempre, in capo al beneficiario, una preclusione al compimento di atti "in violazione di disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno".

206. B. MALAVASI, L'amministrazione di sostegno: le linee di fondo, cit., p. 325. In senso analogo, V. ZAMBRANO, Dell'amministrazione di sostegno, in G. A. STANZIONE - V. ZAMBRANO, Amministrazione di sostegno. Commento alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, IPSOA, 2004, p. 180.

207. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, p. 495. Preme ricordare, però, che l'ipotesi di esonero in commento non deve essere confusa con quella di dispensa, disciplinata ex artt. 351, 352 e 353 cod. civ., anch'essa applicabile all'amministrazione di sostegno, che disciplina il diritto di alcuni soggetti di essere dispensati dall'assumere o dal continuare l'ufficio di amministratore di sostegno.

208. Ivi, p. 496. In senso analogo, V. ZAMBRANO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 180.

209. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 497. In senso analogo, A. DELL'ORO, Della tutela dei minori, cit., p. 258; Sul punto, v. anche, V. ZAMBRANO, Dell'amministrazione di sostegno, in G. A. STANZIONE - V. ZAMBRANO, Amministrazione di sostegno. Commento alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 180, per la quale il giudice tutelare potrebbe esonerare l'amministratore di sostegno nel caso in cui l'esercizio dello stesso officium si riveli per lui gravoso e sia possibile individuare persona più idonea. Legittimato a chiedere l'esonero si deve ritenere proprio l'amministratore di sostegno, sia al momento della nomina, sia durante lo svolgimento del proprio incarico. Inoltre, le ragioni a fondamento dell'istanza, non diversamente da quanto previsto a proposito del tutore, potrebbero essere la presenza di precedenti impegni inderogabili, il precario stato di salute, la lontananza del beneficiario, etc.

210. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., pp. 501-502. L'autore ricorda che, stando all'interpretazione prevalente, si ritiene che il riferimento alla "negligenza", cui la norma allude, debba essere letto in stretta relazione con il dovere di diligenza di cui all'art. 382 cod. civ., mentre per quanto riguarda "l'inettitudine all'ufficio" essa rappresenti l'essenza dell'idoneità a svolgerlo, in quanto lo stesso, in forza dell'art. 408 cod. civ., "deve indirizzarsi alla cura e agli interessi della persona del beneficiario". Ancora, si opina nel senso che la negligenza assorba le ipotesi di omissioni o ritardi nel compimento di atti inerenti l'ufficio, per cause riferibili al colpevole comportamento del suo titolare, non dovuti a forza maggiore o a motivi meritevoli di giustificazione. Quanto invece all'ipotesi in cui l'amministratore si sia rivelato "inetto nell'adempimento" dei suoi poteri, si ritiene che tale espressione si sostanzi nell'inefficienza del titolare dell'ufficio. Infine, per ciò che riguarda le altre ipotesi contemplate dalla norma, abuso dei poteri e immeritevolezza a ricoprire l'ufficio, si ritiene che si debba verificare, caso per caso, la compatibilità di tali previsioni con l'amministrazione di sostegno. Infatti, potrebbe verificarsi il caso che un soggetto, in seguito al comportamento tenuto, sia da ritenere immeritevole di svolgere la tutela di un minore, ma non l'amministrazione di sostegno di un soggetto maggiore d'età. Si veda anche, V. ZAMBRANO, Dell'amministrazione di sostegno, in G. A. STANZIONE - V. ZAMBRANO, Amministrazione di sostegno. Commento alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., pp. 180-181.

211. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 498. In ogni caso, si ritiene impropria, a meno che non si accolga la tesi sostenuta, la rubrica, "Revoca dell'amministrazione di sostegno" dell'art. 413 cod. civ., rispetto all'ipotesi, contemplata sempre in questo articolo, di "sostituzione dell'amministratore". Si sottolinea infatti che nell'ipotesi in cui il giudice tutelare si limiti a disporre la sostituzione dell'amministratore - nominando pertanto un altro soggetto sulla base dei criteri contemplati dall'art. 408 cod. civ. - si ha prosecuzione dell'amministrazione di sostegno. Quindi non si può affermare che sia stato revocato il provvedimento istitutivo della stessa, ma semplicemente che è stata modificata una sua pur importante determinazione, relativa alla figura dell'amministrazione di sostegno.

212. E. CALO', Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 122. In senso analogo, B. MALAVASI, L'amministrazione di sostegno: le linee di fondo, cit., p. 331.

213. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 501.

214. Ivi., p. 502.

215. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., 152. Inoltre, si può osservare, del resto, che il decorso del termine, fissato nel decreto di nomina dell'amministratore di sostegno, non soltanto comporta la cessazione dall'ufficio di amministratore di sostegno, ma potrebbe anche determinare l'estinzione dell'ufficio medesimo, nel caso in cui cessi la motivazione che ha spinto il giudice tutelare ad attivare l'istituto di protezione di cui si discute. In ogni caso la cessazione, per entrambe le ipotesi, opera automaticamente senza la necessità di uno specifico provvedimento.

216. Inoltre, si può osservare come appaia pienamente comprensibile la scelta di prevedere una durata dell'incarico contenuta entro il termine massimo di dieci anni, al fine di non rendere eccessivamente gravoso l'impegno dell'amministratore (e tutore). Questo limite però non opera per una serie di soggetti, i quali proseguono nell'incarico oltre i dieci anni, in base al presupposto che gli stessi abbiano, con il beneficiario, un vincolo affettivo e familiare.

217. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 512.

218. G. CAMPESE, Protezione degli incapaci. L'istituzione dell'amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e inabilitazione, in Il Reo e il Folle, cit., 152.

219. E. CALICE, Commento all'art. 413 cod. civ., cit., § 1.

220. V. ZAMBRANO, Dell'amministrazione di sostegno, in G. A. STANZIONE - V. ZAMBRANO, Amministrazione di sostegno. Commento alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, cit., p. 175. L'autrice osserva che la clausola rebus sic stantibus va intesa in un senso ampio, come principio elastico adattabile alla molteplicità e complessità delle situazioni esistenziali, così da garantire realmente la promozione della persona nella sua tensione dinamica.

221. F. ANELLI, Il nuovo sistema di protezione delle persone prive di autonomia, cit., p. 4917.

222. Nel senso, invece, della non applicabilità all'amministrazione di sostegno d'assistenza degli artt. 385 e 386 cod. civ., S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 47.

223. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 517.

224. A. DELL'ORO, Della tutela dei minori, cit., p. 267.

225. Ivi, 268. Occorre inoltre ricordare che l'art. 386 cod. civ. non sarà applicabile all'amministrazione di sostegno nella parte in cui (primo comma) contempla l'invito, "a esaminare il conto e a presentare le loro osservazioni", rivolto dal giudice tutelare al protutore, al minore divenuto maggiorenne o emancipato, o al nuovo rappresentante legale. Infatti, per ciò che riguarda l'amministrazione di sostegno, l'invito potrà essere rivolto al beneficiario, ove abbia una sufficiente capacità di discernimento.

226. Ivi, p. 269. Si ritiene che le azioni concesse agli interessati siano quella di rendiconto o di responsabilità. Mentre tra gli interessati si ritiene che occorra comprendere anche l'amministratore di sostegno, sono invece sollevati dubbi riguardo ai parenti entro il quarto grado.

227. S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., pp. 49-50. L'autore osserva, rispetto all'applicabilità dell'art. 387 cod. civ., che "la sua estensione all'amministrazione di sostegno deve essere intesa, trattandosi di amministrazione di assistenza, nel senso che le azioni tra amministratore di sostegno e beneficiario si prescrivano in cinque anni dal momento in cui ha avuto termine l'amministrazione o da quello, eventualmente precedente, in cui l'amministratore ha cessato dal proprio ufficio, laddove il dies a quo, in quest'ultimo caso, si identifica invece con la data del provvedimento mediante il giudice si è pronunciato sul conto, allorché l'amministrazione sia di tipo sostitutivo".

228. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 521.

229. Si può ricordare come, riguardo all'amministrazione di mera assistenza, si opini nel senso della non applicabilità degli art. 385 e 386 cod. civ. e che, quindi, la riacquisizione della piena capacità d'agire non dovrà essere accompagnata da alcun temporaneo divieto di stipulare convenzioni con il soggetto che sia stato amministratore di sostegno. Sul punto vedi S. DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell'amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, cit., p. 50.

230. A. DELL'ORO, Della tutela dei minori, cit., p. 275.

231. G. BONILINI, La cessazione dall'ufficio e la cessazione dell'ufficio, in G. BONILINI - F. TOMMASEO, Dell'amministrazione di sostegno, cit., p. 526.

232. Ibid.