ADIR - L'altro diritto

L’iscrizione anagrafica delle persone detenute

A cura dello Sportello tutele sociali, 2024

L’iscrizione anagrafica delle persone detenute ha conosciuto una importante modifica normativa con l’adozione del D. Lgs. 2 ottobre 2018, n. 123 che ha modificato l’art. 45 della legge sull’ordinamento penitenziario 354/1975 che si riporta di seguito integralmente:

Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, il detenuto o l'internato privo di residenza anagrafica è iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove è ubicata la struttura. Al condannato è richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove è detenuto o internato. L'opzione può essere in ogni tempo modificata.

L’art. 45 o.p. chiarisce che la residenza è presupposto essenziale per realizzare gli obiettivi indicati dall’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, ovvero il diritto a usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Il richiamo esplicito alla legge sui servizi sociali è coerente con i principi generali in materia di pena e di organizzazione dei servizi penitenziari che devono lavorare in continuità con i servizi esterni per favorire il reinserimento sociale. La residenza è un vero e proprio “diritto ad avere diritti” dal momento che nella normativa attuale è prevista come condizione essenziale per l’accesso a un significativo paniere di diritti fondamentali e di correlati servizi di varia natura, sia previdenziale e/o assistenziale che socio-sanitaria. L’obbligo di iscrizione anagrafica dei detenuti costituisce, dunque, una imprescindibile condizione per l’attuazione del mandato rieducativo (art. 27 Cost. e art. 1 o.p.).

L’art. 45 prevede due modalità per l’iscrizione/mutamento anagrafico dei detenuti a seconda che abbiano o meno una residenza anagrafica al momento dell’incarcerazione.

  1. Detenuti condannati e in attesa di giudizio “privi di residenza anagrafica”. La norma impone che tutti “i detenuti e gli internati” (N.B.: senza prevedere alcuna distinzione tra detenuti condannati e in attesa di giudizio) devono essere iscritti all’anagrafe su segnalazione del direttore al fine di poter accedere ai diritti sociali e ai correlati servizi. Ne consegue che anche i detenuti non condannati devono essere iscritti all’anagrafe se privi di residenza anagrafica. Tale previsione va a integrarsi perfettamente con quanto già stabilito dall’art. 10-bis D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, il quale prevedeva che per i detenuti in attesa di giudizio non si deve disporre “la mutazione anagrafica, per trasferimento di residenza”. Si tratta in tal caso di persone già iscritte all’anagrafe e la cui posizione giuridica è ancora provvisoria.
  2. Detenuti condannati già iscritti all’anagrafe. La norma impone che il mutamento anagrafico venga effettuato con il consenso della persona condannata che può alternativamente “optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove è detenuto o internato” con l’importante precisazione che “l'opzione può essere in ogni tempo modificata”.

    La ratio della norma è evidentemente quella di lasciar valutare al detenuto se cambiare la residenza o meno: un mutamento anagrafico imposto potrebbe comportare una rottura dei suoi legami con i servizi del territorio di provenienza pregiudicando la possibilità di una presa in carico. Si pensi al caso dei detenuti con problemi di salute mentale o di dipendenza per i quali i legami con i servizi del territorio di appartenenza sono imprescindibilmente legati al requisito della residenza.

Iscrizione anagrafica delle persone detenute

detenuti in attesa di giudizio già iscritti all’anagrafe ⇒ NO trasferimento residenza al luogo di detenzione (art. 10-bis dpr 223/1989)

detenuti in attesa di giudizio privi di iscrizione ⇒ iscrizione anagrafica nel luogo di detenzione richiesta dal direttore (art. 45 o.p.) che ha il dovere di fare richiesta

detenuti condannati privi di iscrizione ⇒ iscrizione anagrafica nel luogo di detenzione richiesta dal direttore (art. 45 o.p.) che ha il dovere di fare richiesta

detenuti condannati già iscritti all’anagrafe ⇒ mutamento anagrafico solo su richiesta dell’interessato

L’iscrizione anagrafica dei detenuti stranieri

Le persone detenute straniere al pari degli italiani hanno diritto all’iscrizione anagrafica secondo le citate modalità previste dall’art. 45 o.p., secondo il principio di uguaglianza sancito all’art. 3 della Costituzione e dal principio di non discriminazione ribadito dall’art. 1 della legge penitenziaria. D’altronde una differenziazione di trattamento dei soggetti detenuti e internati oltre a essere contra legem, comporterebbe una evidente violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione ed una conseguente violazione dei diritti avendo, come si è visto, la residenza delle importanti ripercussioni sui diritti fondamentali dei cittadini, stranieri e non. La mancata iscrizione, come ha stigmatizzato la Corte costituzionale con la sentenza 186/2020, provoca “una condizione di ‘minorazione’ sociale” che incide “sulla ‘pari dignità sociale’, riconosciuta dall’art. 3 Cost. alla persona in quanto tale”. Coerentemente a questi principi l’art. 45 o.p. non fa nessuna menzione del requisito della cittadinanza come presupposto dell’iscrizione anagrafica dei detenuti.

Con riguardo alle iscrizioni degli stranieri il T.U.I. prevede che “le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani e con le modalità previste dal decreto di attuazione” (art. 7 d.lgs. 286/1998). Una previsione analoga è contenuta anche nel regolamento attuativo del d.lgs 286/1998, secondo cui “Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate nei casi e secondo i criteri stabiliti dalla l. 1228/1954 e dal regolamento 223/1989” (art. 15 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394). L’unica norma specifica per gli stranieri prevista dal regolamento 223/1989 è l’art. 14, secondo cui “Chi trasferisce la residenza dall’estero deve comprovare (...) la propria identità mediante l’esibizione di un passaporto o di altro documento equipollente”.

Nel caso in cui a richiedere l’iscrizione anagrafica sia uno straniero, le condizioni richieste sono essenzialmente due: essere regolarmente soggiornante sul territorio italiano (a) e, se si trasferisce la residenza dall’estero, esibire un documento che ne consenta l’identificazione (b).

Nel corso degli stranieri detenuti questi requisiti possono essere assolti come spiegato di seguito.

Detenzione e condizione di regolarità

Occorre chiarire che qualsiasi straniero detenuto in carcere a qualsiasi titolo è da considerarsi regolarmente soggiornante in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che lo obbliga a permanere sul territorio per eseguire una misura cautelare, una condanna alla detenzione o una misura alternativa. Si riporta in proposito quanto stabilito inequivocabilmente dalla Corte costituzionale nella decisione n.78 del 2007:

occorre considerare che, in realtà, è proprio la condizione di persona soggetta all'esecuzione della pena che abilita ex lege – ed anzi costringe – lo straniero a permanere nel territorio dello Stato; e ciò, tanto se l'esecuzione abbia luogo nella forma intramuraria, quanto se abbia luogo, invece – a seguito della eventuale concessione di misure alternative – in forma extramuraria. In altre parole, nel momento stesso in cui prevede che l'esecuzione della pena ‘prevalga’, sospendendone l'attuazione, sulla espulsione cui il condannato extracomunitario sarebbe soggetto, il legislatore adotta una soluzione che implica l'accettazione della perdurante presenza dello straniero nel territorio nazionale durante il tempo di espiazione della pena stessa. Da ciò consegue l'impossibilità di individuare nella esigenza di rispetto delle regole in materia di ingresso e soggiorno in detto territorio una ragione giustificativa della radicale discriminazione dello straniero sul piano dell'accesso al percorso rieducativo.

Secondo quanto stabilito dalla Corte, dunque, la condizione di regolarità permane per tutto il corso dell’esecuzione della pena, sia che questa avvenga in carcere che in misura alternativa. La regolarità del soggiorno ex lege consente, d’altronde, ai detenuti stranieri di lavorare in carcere e di usufruire di tutte le tutele previdenziali ed assistenziali previste dalla legge e confermate dall’ordinamento penitenziario (art. 20 o.p.). Oltre che di tutte le prestazioni sanitarie al pari dei cittadini italiani, come ribadito dal d.lgs. 230/1999 all’art. 1.

Identificazione detenuti stranieri ai fini anagrafici

Come detto l’altra condizione richiesta per l’iscrizione dei detenuti stranieri è il possesso di un passaporto o documento equipollente. L’obiettivo di questa previsione è quello di identificare coloro che risiedono in un determinato Comune. Con specifico riferimento ai detenuti, occorre tener presente che l’Ufficio matricola dell’istituto penitenziario procede all’identificazione degli stessi al momento del loro ingresso in carcere tramite rilievi dattiloscopici e fonografici. A tali rilievi vengono associate le generalità del detenuto, ovvero quelle indicate in sentenza, qualora il detenuto abbia fornito false generalità.

In alternativa al passaporto, il certificato attestante lo stato di detenzione rilasciato dagli Uffici penitenziari competenti, quindi, associando un nome ad un volto ed alle relative impronte digitali, ed essendo stato emesso da una pubblica amministrazione, costituisce un documento di riconoscimento. Non a caso, può essere utilizzato per l’iscrizione al collocamento ordinario di persone sia italiane che straniere in esecuzione pena e per accedere alle prestazioni sociali erogate dall’ INPS.

Iscrizione anagrafica dei detenuti stranieri: due condizioni

Regolarità ⇒ data da provvedimento che dispone la carcerazione

Identificazione ⇒ passaporto o certificato detenzione corredato da generalità e foto

Il protocollo del comune di Firenze per l’iscrizione delle persone detenute

Lo Sportello tutele sociali dell’Altro diritto opera negli istituti penitenziari fiorentini da quasi un ventennio con l’obiettivo di garantire l’accesso dei detenuti ai diritti sociali fondamentali, sia quelli legati allo svolgimento di attività lavorative che di natura meramente assistenziale. Favorisce inoltre il disbrigo di pratiche e l’acquisizione di documenti necessari per il reinserimento sociale. Con riguardo all’iscrizione anagrafica si occupa di mediare tra gli istituti penitenziari e l’Ufficio anagrafe del comune e di inviare le richieste di iscrizione, variazione e cancellazione anagrafica.

Grazie all’importante contributo della Regione Toscana al progetto Sportello sociale negli ultimi quattro anni, insieme a una rete di partner composta da Fondazione Caritas Firenze, Associazione C.I.A.O. e Coop. CAT, ha favorito l’adozione di buone prassi volte a garantire l’accesso delle persone detenute all’iscrizione anagrafica.

Un importante passo per dare attuazione alla nuova normativa in materia e per garantire questo imprescindibile diritto alle persone detenute è venuto grazie a un recente protocollo sottoscritto dal Comune di Firenze con la casa circondariale di Sollicciano, la casa circondariale “Mario Gozzini”, l’istituto penale per i minorenni con annesso centro di prima accoglienza “Gian Paolo Meucci”. Nello stipulare l’accordo si è tenuto conto dei rilievi fatti dallo Sportello tutele sociali dell’Altro diritto, con particolare riferimento alle procedure per l’iscrizione dei detenuti stranieri.

Il protocollo prevede all’art. 1 che “il condannato ne faccia richiesta, ai sensi dell’art. 45 dell’ordinamento penitenziario, è disposto il suo trasferimento di residenza presso l’Istituto”.

Allo stesso articolo è previsto, coerentemente con le previsioni del citato art. 45 o.p., che condannati e in attesa di giudizio privi di residenza siano iscritti all’anagrafe: “i soggetti che sono stati cancellati dall’Anagrafe del proprio comune per irreperibilità o senza fissa dimora possono chiedere l’iscrizione anagrafica presso l’Istituto per poter usufruire dei servizi del territorio”.

L’accordo prevede poi comunicazioni periodiche delle scarcerazioni e dei trasferimenti presso altri istituti di pena.

Particolarmente significativa è poi una disposizione volta a garantire la continuità assistenziale: “al momento della scarcerazione, ove il detenuto abbia trasferito la sua residenza in Istituto, deve comunicare al Comune la propria nuova residenza entro 20 giorni da quando abbia una nuova dimora abituale. Il detenuto che non abbia una dimora propria può richiedere, al momento della scarcerazione, una residenza in ‘convivenza’, se ospitato anche temporaneamente presso una struttura, o presso la residenza fittizia dei senza fissa dimora di Via del Leone 35”.

Per ovviare all’assenza di documenti identificativi, molto frequente tra gli stranieri detenuti, si è previsto che questa possa avvenire a partire dalla scheda di immatricolazione redatta dall’istituto penitenziario. In particolare, all’art. 2 del protocollo intitolato “Assenza di documento di riconoscimento in corso di validità per i detenuti” si è previsto quanto segue:

Nei casi nei quali il detenuto non possa presentare alcun tipo di documento, il documento di riconoscimento può quindi anche essere costituito dal permesso di soggiorno o dal cartellino identificativo carcerario rilasciato con foto dall’Amministrazione Penitenziaria, riportante nome cognome - luogo/data nascita - cittadinanza.