ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Carlo Vettori, 2014

Col presente lavoro, si intende proporre una ricostruzione analitica dei diversi approcci al fenomeno della tratta degli esseri umani adottati nel contesto storico/giuridico contemporaneo, considerando la stessa sotto un profilo sia normativo che fenomenologico e fattuale. L'obiettivo è quello di mettere in evidenza i punti di forza e le eventuali lacune di tali impostazioni (ed in particolar modo degli interventi più recenti), con l'intento di chiarire le questioni disciplinari fondamentali e proporre alcuni spunti di riflessione.

In primis, è tracciato un quadro riepilogativo e descrittivo circa l'emersione, dal punto di vista delle fonti giuridiche, della tratta quale grave crimine contro la persona a livello globale.

In secondo luogo, si va ad approfondire quale sia stato l'approccio di diversi ordinamenti (internazionale, comunitario ed infine l'ordinamento italiano) su questa tematica, dandosi specifico rilievo ai legami ed alle divergenze fra le rispettive impostazioni.

Infine, sono evidenziati punti di forza e lacune dei singoli strumenti e documenti adottati, dando conto dei principali dibattiti legislativi, dottrinali e giurisprudenziali. Partendo da quest'ultimo aspetto, si valuta poi l'impatto degli interventi più significativi, cercando di proporre alcune soluzioni mirate alle questioni maggiormente rilevanti.

La prospettiva scelta, in parte classica ed in parte obbligata (1), va dal generale al particolare, sia per quanto riguarda gli ordinamenti e le fonti considerate che per le argomentazioni utilizzate.

Nel Capitolo 1, è prospettato quello che è l'atteggiamento complessivo del sistema di diritto internazionale sul traffico globale di esseri umani e la sua evoluzione. In particolare per quello che riguarda la tratta, sono enucleati due profili problematici generali (nonché connessi tra di loro): le frequenti 'mutazioni di forma' che tale crimine ha subito nel corso della storia recente e, di conseguenza, le difficoltà legate ad introdurre una nozione giuridica esaustiva. Con queste premesse, sono brevemente passate in rassegna le prime convenzioni ed i primi accordi in materia (fra i quali spiccano le Convenzioni di Ginevra del 1926 e quella Supplementare del 1953). E' posto l'accento sul fatto che, in questa fase, la considerazione giuridica della tratta di persone e quella della schiavitù/servitù seguano strade pressoché parallele. Ciò, quantomeno nel senso che, per quasi tutto il XX secolo, gli atti più importanti e i relativi strumenti di contrasto sono pensati, senza grandi differenziazioni, per entrambi.

E' dunque antico il legame che unisce le fattispecie di tratta e di schiavitù, sia dal punto di vista ontologico che dal punto di vista del diritto. Nonostante l'abolizione formale della schiavitù e la progressiva affermazione dell'autonomia della tratta, tale innegabile vicinanza influenza tutt'oggi l'analisi delle singole norme in argomento.

Pur con i limiti che caratterizzano questi primi interventi, sono tuttavia già visibili in essi i profili fondamentali su cui si articola la considerazione giuridica del traffico internazionale di esseri umani, ovvero:

  • la repressione, ovvero la cattura e la punizione dei responsabili;
  • la prevenzione;
  • la protezione delle vittime.

Invero, gli ultimi due temi iniziano a delinearsi in modo compiuto solo in un momento successivo, a partire dai primi anni del nuovo millennio.

Nella seconda parte del Capitolo, è dato spazio innanzitutto a quello che può essere ritenuto il documento che fa da spartiacque con il previgente approccio, ovvero la Convenzione ONU sulla lotta alla criminalità organizzata siglata nel 2000 ed i suoi Protocolli Addizionali. In particolare, ci si concentra sul Protocollo specificamente dedicato alla tratta di esseri umani (che deve essere interpretato, comunque e sempre, alla luce della Convenzione). Il valore della Convenzione di Palermo e dei suoi Protocolli non risiede soltanto nell'aver previsto le prime norme di hard law dedicate alla tratta, ma anche nel rilevante contributo fornito al problema delle definizioni. Infatti, è introdotta la distinzione fondamentale fra trafficking in human beings (tratta degli esseri umani) e smuggling of migrants (traffico di migranti e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina). Inoltre, la costruzione della fattispecie di tratta proposta rappresenta la base per tutte le formulazioni successivamente adottate (tanto a livello internazionale che comunitario e dunque, anche interno).

Infine, in questo stesso Capitolo ci si sofferma su quali siano i riflessi di quanto descritto sul contesto europeo. L'attenzione è soprattutto sulla Convenzione di Varsavia del 2005, in qualità di seconda colonna portante ed imprescindibile per tutti gli interventi seguenti. E' a tale documento che si deve, a seconda dei casi, l'inquadramento e/o il superamento di alcune questioni generali, quali:

  • la rilevanza della tratta sotto un profilo esclusivamente transnazionale e la considerazione della 'tratta interna';
  • il significato del legame fra tali fatti ed un certo tipo di criminalità;
  • il valore dello sfruttamento quale elemento della fattispecie di tratta e le diverse tipologie rilevanti.

Tuttavia, gli aspetti di maggiore interesse nei confronti della Convenzione risiedono nel tentativo di valorizzare la prevenzione dei reati e la tutela delle vittime trafficate, tramite la definizione di possibili strumenti e contenuti.

In conclusione al Capitolo sono discusse le principali critiche rivolte dagli operatori e dai commentatori tanto al Protocollo di Palermo che alla Convenzione.

Nel secondo Capitolo sono valutate le politiche comunitarie, ricostruendo l'influenza esercitata su di esse da parte del diritto internazionale ed i rapporti con le politiche di contrasto all'immigrazione illegale. Nell'analisi degli interventi più significativi a partire dagli anni Novanta, si prende il 2007 quale anno di riferimento, in modo da suddividere l'impatto dei diversi atti fra il sistema antecedente e quello successivo al Trattato di Lisbona.

Si evidenzia una progressiva emersione (già riscontrabile peraltro a livello di diritto internazionale) della protezione delle vittime dei reati come profilo preminente e sono analizzate da questa prospettiva le direttive 2004/81/CE e 2011/36/UE. In particolare, si segnala la grave discordanza delle discipline giuridiche introdotte tramite questi due documenti e l'apparente mancanza di proposte coerenti al riguardo. Le riflessioni più approfondite sono comunque riservate alla direttiva del 2011, quale punto d'arrivo delle politiche comunitarie in materia e quale strumento completo per il contrasto alla tratta di esseri umani.

I capitoli 3 e 4 riguardano la considerazione della tratta nell'ordinamento giuridico italiano ed il recepimento del divieto internazionale di tratta e dei principi comunitari. Nel primo dei due paragrafi del terzo Capitolo, evidenziato l'effetto di trascinamento subito dalle fonti interne rispetto alle fonti sovra-nazionali, sono individuate le disposizioni di carattere generale e quelle costituzionali rilevanti in materia. Successivamente si cerca di ricostruire l'approccio complessivo del legislatore a questi temi, attraverso l'esame del sistema di interventi legislativi sostanziali, ovvero: Testo Unico in materia di immigrazione (d.lgs. 286/98 e successive modifiche), la legge 228 del 2003, i decreti 146 del 2006 e 108 del 2010, il d.lgs. n. 109/12 ed infine il recente d.lgs. n. 24/14. Il discorso è incentrato sull'evoluzione delle fattispecie di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, sui rapporti reciproci e sui dibattiti suscitati dalla scarsa applicazione degli stessi. In particolare, si cerca di delineare l'impatto delle riforme del 2003 e del 2014 sulla repressione e prevenzione dei reati e sulle tutele previste in favore delle vittime. Un breve cenno sarà riservato alla tratta finalizzata allo sfruttamento lavorativo.

Nel Capitolo quarto, seguendo il filo conduttore della protezione delle vittime, ci si sofferma ampiamente sulla 'positiva eccezione' dell'articolo 18 del T.U.I. e sulla sua disciplina nel regolamento attuativo. Lo scopo è mettere in risalto pregi, difetti e potenzialità della misura e valutarne l'impatto e la validità dal punto di vista applicativo (con peculiare attenzione alla elaborazione nella prassi di un 'percorso sociale' di assistenza e sostegno che prescinde da una denuncia formale del soggetto leso). Nel concludere la trattazione, si cercherà di suggerire alcune prospettive per il rafforzamento delle garanzie in favore della vittima di tratta, interpretando il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale alla luce del decreto 2014 e della direttiva 2011.

Note

1. In ragione del cosiddetto "effetto di trascinamento" esercitato in materia dalle fonti internazionali e poi comunitarie sugli ordinamenti giuridici interni. Vedi Capitolo 3.