ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Considerazioni conclusive

Carlotta Happacher, 2012

Ripercorrendo l'evoluzione della disciplina dell'espulsione dello straniero nell'ordinamento italiano si è osservato che le numerose modifiche apportate al T.U. Immigrazione dal 1998 al 2009, hanno portato ad un progressivo irrigidimento del sistema, con un sacrificio sempre maggiore dei diritti fondamentali degli stranieri irregolari. In primo luogo sostituendo la modalità esecutiva 'normale' originariamente prevista - l'intimazione a lasciare spontaneamente il territorio nazionale - con la 'regola' dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. In secondo luogo con una progressiva dilatazione - da 20 fino a 180 giorni - dei termini massimi di durata di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione. Infine attraverso ricorso sempre più intenso al diritto penale come strumento di contrasto dell'immigrazione clandestina. Si fa riferimento in particolare ai reati di violazione dell'ordine di allontanamento del questore, costruiti in modo da innescare una 'spirale di condanne' potenzialmente illimitata nei confronti dello straniero inottemperante, il quale poteva quindi finire con l'essere ripetutamente processato e condannato a periodi più o meno lunghi di detenzione, per di più eventualmente intervallati da periodi di trattenimento amministrativo. Si è messo in evidenza, attraverso i dati riportati nel terzo capitolo, che ad un maggior sacrificio della libertà personale degli stranieri irregolari non si è accompagnato alcun miglioramento in termini di efficienza del sistema espulsivo. Le elevate sanzioni detentive, che secondo il legislatore italiano dovevano indurre lo straniero ad abbandonare il territorio dello Stato, hanno mostrato di non avere alcuna efficacia deterrente. Al contrario i reati che punivano con la reclusione il mancato rispetto dell'ordine di allontanamento del questore, sono stati censurati dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea perché di ostacolo all'effettiva esecuzione dei rimpatri, quindi al conseguimento dello scopo perseguito dal legislatore europeo con la direttiva 2008/115/CE.

Il tardivo recepimento della 'direttiva rimpatri', reso urgente dalla sentenza 'El Dridi' che ha affermato l'incompatibilità tra normativa italiana ed europea mettendo a rischio di paralisi l'intero sistema espulsivo italiano, poteva costituire l'occasione per un ripensamento dell'intera disciplina. Invece, dall'analisi della legge di recepimento, appare evidente che il legislatore italiano ha inteso mantenere invariato l'impianto generale del T.U. Immigrazione, cercando di ridurre quanto più possibile l'impatto della direttiva europea. È fuor di dubbio, come anche la Corte di Giustizia ha più volte sottolineato, che la 'direttiva rimpatri' non vieta agli Stati membri - e nemmeno potrebbe farlo - di utilizzare la sanzione penale come strumento per reprimere il fenomeno dell'immigrazione irregolare, qualora, al termine della procedura da essa dettata, tutte le altre misure si siano rivelate insufficienti. Ciò non significa, però, che il ricorso a dette sanzioni si riveli realmente funzionale al conseguimento dell'obiettivo del rimpatrio dello straniero irregolare. I nuovi reati che la legge 129/11 ha introdotto - riformulando i commi 5-ter e 5-quater dell'articolo 14 e delineando nuove fattispecie (quali le sanzioni per il mancato rispetto delle misure disposte dal questore in pendenza del termine per la partenza volontaria) - non sembrano destinati a garantire l'allontanamento dello straniero irregolare più di quanto non lo fossero i precedenti. Le sanzioni pecuniarie comminate per la maggior parte resteranno ineseguite, in ragione dello stato di impossidenza che normalmente caratterizza gli stranieri irregolari, e non avranno quindi altro effetto se non quello di aggravare il carico di lavoro degli uffici giudiziari. Permane, come per il reato di 'immigrazione clandestina' (la cui compatibilità con la direttiva europea è attualmente sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia), l'elevato valore simbolico di fattispecie che puniscono una "mera condizione personale e sociale del migrante" (1), alimentando l'equiparazione tra straniero irregolare e criminale.

Si è visto, inoltre, come i primi commenti alla legge 129/11 abbiano sottolineato alcune importanti carenze nell'adeguamento del T.U. Immigrazione alla 'direttiva rimpatri', ipotizzando, in alcuni casi, un persistente contrasto che potrebbe condurre - in virtù del carattere self-executing delle norme della direttiva - alla disapplicazione delle norme interne incompatibili. In relazione al trattenimento, ad esempio, il legislatore italiano ha recepito senza esitazione il prolungamento a 18 mesi del periodo massimo di privazione della libertà dello straniero, ma ha ignorato le disposizioni della direttiva sulla previsione di un periodico riesame dei presupposti legittimanti anche a richiesta dell'interessato. Così come ha omesso di trasporre il disposto dell'articolo 15, paragrafo 4, secondo cui il trattenimento deve cessare "quando risulta che non esiste più alcuna ragionevole prospettiva di allontanamento". Non sono attualmente disponibili dati che indichino se una simile dilatazione del periodo di trattenimento abbia prodotto risultati significativi in termini di effettività dei rimpatri, ciò che è immediatamente evidente è il pesante sacrificio che questo comporta per i diritti fondamentali delle persone coinvolte.

Sulla reale efficienza della nuova procedura di espulsione è presto per esprimere una valutazione precisa; è possibile però anticipare alcuni dati e considerazioni. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno (Tabella 4) , rispetto al totale delle persone intercettate in posizione irregolare nel corso dell'anno 2011 (2) è stato disposto un provvedimento di espulsione nei confronti di 27.526. Si queste 4.085 sono state immediatamente allontanate mediante accompagnamento coattivo; 20.248 hanno ricevuto l'ordine di allontanamento del questore; mentre, soltanto 3.193 sono state destinatarie del diverso provvedimento dell'intimazione.

Particolarmente interessante è proprio il dato riguardante i destinatari del provvedimento di intimazione: nel primo semestre dell'anno 2011, prima della L. 129/2011, questa categoria ricomprendeva soltanto, com'è noto, gli stranieri con permesso di soggiorno scaduto da oltre sessanta giorni che non ne avessero chiesto il rinnovo, dopo il recepimento della 'direttiva rimpatri' essa avrebbe dovuto ricomprendere la generalità degli stranieri attinti da un provvedimento di espulsione, dovendo ora rappresentare la 'regola' nell'esecuzione delle espulsioni.

Paradossalmente, nel secondo semestre dell'anno 2011, si nota un evidente diminuzione della percentuale delle espulsioni eseguite mediante intimazione sul totale dei provvedimenti emanati: da un minimo di 11,49 e un massimo di 18,54 nella prima metà dell'anno fino a un minimo di 6,28 e un massimo di 9,17 durante la seconda metà.

Quando si avranno a disposizione i dati inerenti l'anno in corso sarà forse possibile fare diverse e più precise valutazioni, certamente ad oggi sembra che, anche sul piano empirico, il recepimento della direttiva europea da parte del legislatore italiano si riveli alquanto carente.

Tabella 4. Provvedimenti di espulsione adottati nell'anno 2011, suddivisi per modalità esecutiva e mese di riferimento. Elaborazione su dati del Ministero dell'interno.
Accompagnamento % Ordine del questore % Intimazione % Totale
Gennaio 300 13,57 1.656 74,93 254 11,49 2.210
Febbraio 244 8,85 2.152 78,08 360 13,06 2.756
Marzo 307 13,06 1.707 72,64 336 14,30 2.350
Aprile 452 14,36 2.210 70,20 486 15,44 3.148
Maggio 315 15,70 1.319 65,75 372 18,54 2.006
Giugno 335 17,66 1.211 63,84 351 18,50 1.897
Luglio 298 16,04 1.411 75,94 149 8,02 1.858
Agosto 282 16,72 1.269 75,22 136 8,06 1.687
Settembre 171 7,51 1.970 86,56 135 5,93 2.276
Ottobre 515 15,93 2.423 74,95 295 9,12 3.233
Novembre 372 18,70 1.492 75,01 125 6,28 1.989
Dicembre 494 23,35 1.428 67,49 194 9,17 2.116
Totale 4085 20.248 3193 27.526

Un'ultima considerazione: un sistema efficace di rimpatrio degli stranieri in posizione irregolare, come voluto dalla direttiva europea, presupporrebbe l'esistenza di un sistema altrettanto efficiente di gestione dei flussi migratori in entrata. Anche se non è stato oggetto specifico di questo lavoro, si è accennato agli angusti canali di ingresso regolare previsti dal T.U. Immigrazione, la cui impraticabilità è resa evidente oltre che dal frequente ricorso allo strumento della sanatoria, dal fatto che ogni anno sono moltissimi i migranti che già presenti sul territorio nazionale auto - sanano la loro posizione al momento della pubblicazione del decreto flussi. Sarebbe possibile pensare ad una ristrutturazione del sistema di ingresso, superando il meccanismo della predeterminazione delle quote e permettendo allo straniero di entrare in Italia con un visto che gli consenta, se ne possiede i requisiti, di ottenere un permesso di soggiorno senza dover attendere il decreto flussi annuale. Sarebbe in definitiva auspicabile da un lato, che si prevedessero percorsi più semplici verso l'accesso alla condizione di regolarità - con il riconoscimento dei diritti che la titolarità di un permesso di soggiorno garantisce - dall'altro che stabilisse una procedura di espulsione meno lesiva dei diritti degli stranieri. Una più puntuale attuazione della direttiva 2008/115/CE - nonostante questa sia stata fortemente criticata proprio per la scarse tutele apprestate - sarebbe stato un primo passo in questa direzione.

Note

1. L. Masera, Costituzionale il reato di clandestinità, incostituzionale l'aggravante: le ragioni della Corte costituzionale, cit.

2. Le persone intercettate in posizione irregolare nel 2011 sono state di 47.152 (nel 2010 erano 50.717), di cui allontanate 25.163 (a fronte delle 20.287 del 2010), il 53% del totale (nel 2010 era il 40%). Si deve però notare che l'aumento nel 2011 delle persone effettivamente allontanate dipende in massima parte dall'aumento del numero dei respinti alla frontiera: 8.921 a fronte delle 4.201 del 2010.