ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Pasquale Tancredi, 2010

Questo lavoro si propone di analizzare, senza presunzione di completezza, la normativa dei beni confiscati alla criminalità organizzata nei suoi aspetti giuridici e sociologici.

Il primo capitolo si occupa della ricostruzione giuridica del procedimento e delle misure che colpiscono le ricchezze illecitamente accumulate dalle mafie. Per prima cosa vengono analizzati i soggetti ai quali possono essere applicate le misure di prevenzione, con particolare riferimento al concetto di "indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso" e le pronunce giurisprudenziali su questo tema.

Viene, poi, preso in considerazione il procedimento di prevenzione patrimoniale che nel 2008 e 2009 ha subito importanti modifiche attraverso i cosiddetti "pacchetti sicurezza". Quest'ultimi, infatti, hanno introdotto la possibilità di applicare le misure di prevenzione patrimoniali disgiuntamente da quelle personali, realizzando così una sorta di actio in rem che colpisce specificatamente i patrimoni illeciti della criminalità organizzata. Il nuovo art. 2 bis, comma 6 bis, l. 575/65, prevede, infatti, che "le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione". Sempre nell'ottica dell'actio in rem oggi è inoltre possibile, in caso di morte del soggetto sottoposto a procedimento di prevenzione, che il procedimento prosegua nei confronti degli eredi e degli aventi causa ovvero che possa essere proposta la confisca, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso.

Nella ricostruzione del procedimento di prevenzione viene posta particolare attenzione alle indagini patrimoniali che sono il fondamento per l'irrogazione di tali misure. Si è cercato di riportare quali sono le modalità esecutive delle indagini patrimoniali, guardando alle fonti ed ai mezzi di cui si avvalgono Magistratura e Forze di polizia. In questo ambito non poteva mancare uno specifico interesse per le indagini bancarie che costituiscono lo strumento più efficace per la ricostruzione della situazione patrimoniale del soggetto sottoposto al procedimento di prevenzione patrimoniale. Si è perciò compiuto un breve excursus sulla legislazione "antiriciclaggio" culminata con l'applicazione della cosiddetta "terza direttiva" per la prevenzione del riciclaggio e l'istituzione della cosiddetta "anagrafe tributaria".

Passaggio successivo alle indagini sono le misure cautelari, quali il sequestro e la sospensione temporanea dell'amministrazione dei beni. Si sono viste le varie tipologie di sequestro funzionali alla confisca definitiva, soffermandoci poi sul delicato tema dell'amministrazione dei beni confiscati e le relative problematiche, soprattutto nel caso di sequestro di attività imprenditoriali. Peculiare, poi, è la misura della sospensione temporanea dei beni, introdotta con il D.L. 306/92, misura esclusivamente di carattere reale che prescinde dalla pericolosità sociale del destinatario, che viene irrogata sulla base del contributo agevolatore che che un'attività economica lecita può fornire alle organizzazioni criminali. Si è analizzato il concetto di "agevolazione" individuandone i casi concreti sulle basi delle elaborazioni della dottrina e della giurisprudenza.

Per quanto poi riguarda il giudizio finalizzato alla confisca dei beni ed alle eventuali impugnazioni esperibili, è oramai pacifica l'idea di dottrina e giurisprudenza che si tratti di un procedimento che ha natura giurisdizionale. La disciplina che regola il giudizio è quella del procedimento di esecuzione ex art. 666 c.p.p, da coordinarsi a sua volta con l'art. 127 c.p.p. sul procedimento in camera di consiglio. Proprio il rito camerale del processo di prevenzione è stato oggetto di giudizio da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, la quale ha affermato l'incompatibilità del rito camerale col principio del "giusto processo", in quanto non prevede la possibilità per i sottoposti al procedimento di prevenzione di ottenere una pubblica udienza. Si tratta di una pronuncia importante a cui il legislatore italiano dovrebbe conformarsi.

Dopo il giudizio si è analizzata la confisca, misura patrimoniale su cui ruota questo lavoro. Essa ha subito recenti modifiche, in cui il legislatore ha introdotto la confisca per equivalente e dei beni trasferiti fittiziamente ai terzi ed ha finalmente fissato i "paletti probatori" per la sua applicazione, visto che la precedente formulazione era piuttosto vaga. E' chiaro adesso che spetta al soggetto sottoposto a procedimento di prevenzione l'onere della giustificazione della provenienza lecita dei beni sequestrati mentre all'accusa spetta l'accertamento della titolarità dei beni e la prova della sproporzione o l'origine illecita degli stessi. Inoltre, ci si è soffermati sulla natura della confisca e sul dibattito che si è creato attorno ad essa in dottrina e giurisprudenza.

Una volta che la confisca dei beni sia divenuta definitiva subentra la procedura di destinazione di quest'ultimi, così come regolata dalla legge 109/96. Tale provvedimento legislativo ha provveduto a distinguere diverse tipologie di destinazione a seconda che si tratti di beni confiscati mobili, immobili o aziendali.

Infine, si è trattato della problematica dei diritti dei terzi, titolari di un diritto di credito, nel procedimento di prevenzione patrimoniale, tema alquanto spinoso che incide anche sulla destinazione finale dei beni e che occorrerebbe fosse regolato in maniera chiara e definitiva da parte legislatore.

Nel secondo capitolo, infine, si sono esaminate le altre ipotesi di confisca presenti nel nostro ordinamento per capire le differenze che sussistono rispetto alla confisca di prevenzione. Particolare attenzione è stata rivolta alla cosiddetta "confisca allargata" introdotta con il D.L. 399/94, confisca che può essere irrogata a seguito della condanna o del "patteggiamento" per reati gravi, come l'associazione mafiosa, e che colpisce non ciò che costituisce il prezzo, il prodotto, il profitto o il mezzo del reato ma quei beni nella disponibilità del condannato sproporzionati rispetto all'attività svolta o di origine illecita. Il legislatore, quindi, ha voluto introdurre la possibilità di irrogare una tipologia di confisca come quella prevista nel procedimento di prevenzione anche in sede penale, venendo così a creare quello che la dottrina ha definito un "doppio binario": da un lato la confisca di prevenzione, e, laddove questa non sia applicata, la confisca ex art. 12 sexies. Non a caso, poi, il procedimento di destinazione dei beni confiscati ex art. 12 sexies segue quello previsto dalla legge 109/96.

Dopo l'analisi giuridica si è affrontata quella sociologica sul riutilizzo dei beni confiscati, con particolare riferimento al tema degli immobili e delle aziende.

La legge 109/96 prevede che gli immobili confiscati vengano assegnati allo Stato o agli Enti locali per un riutilizzo a fini sociali ed istituzionali. L'intento è quello di risarcire la collettività dei soprusi messi in atto dalla criminalità organizzata, facendo sì che i beni confiscati diventino patrimonio e ricchezza di tutti e simbolo della vittoria della legalità e dello Stato sulle associazioni mafiose. Nel terzo capitolo, quindi, si è effettuato un monitoraggio dei dati che riguardano gli immobili confiscati per capire sia come vengono riutilizzati e sia quali sono i fattori che, in alcuni casi, ne impediscono il riutilizzo. Nel quarto capitolo si è guardato alle buone prassi amministrative ed in particolare ad alcune positive esperienze di Enti locali che hanno cercato di favorire il riutilizzo dei beni confiscati. Infine, si sono riportati alcuni esempi positivi di riutilizzo dei beni in questione, con riferimento in particolare ai progetti di riuso sociale portati avanti dall'Associazione "Libera".

Nel quinto capitolo si è esplorata la problematica delle aziende confiscate, per le quali la legge 109/96 non prevede il riutilizzo sociale o istituzionale ma, ove possibile, un ricollocamento sul mercato. Si è analizzata cosa sia un'"impresa mafiosa" e con quali condizioni questa operi nel sistema economico. Dopodiché si è riportato i dati, piuttosto preoccupanti, di queste aziende che sistematicamente, una volta entrate nelle maglie dei procedimenti patrimoniali, finiscono per fallire o per essere liquidate. Nel sesto capitolo si è cercato di capire perché si verifica questa situazione facendo anche riferimento alle esperienze professionali di alcune persone che si è avuto modo di incontrare.

Un elaborato che, come si diceva all'inizio, non ha pretese di esaustività ma che ha cercato di dare una visione globale, e quindi da un punto di vista giuridico ma anche sociologico e culturale, della tematica delle misure patrimoniali antimafia, cioè uno degli aspetti più importanti della lotta alla criminalità organizzata.