ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo II
Le altre ipotesi di confisca nell'ordinamento italiano

Pasquale Tancredi, 2010

1 La legislazione vigente in materia di confisca di patrimoni illeciti

L'ordinamento giuridico italiano prevede altre disposizioni, oltre alle misure di prevenzione patrimoniale, per aggredire e confiscare le ricchezze illecite accumulate dalla criminalità. Il codice penale ed altre leggi speciale prevedono, infatti, la cosiddetta "confisca penale", cioè una misura di sicurezza patrimoniale che colpisce i beni che sono direttamente o indirettamente collegati al reato per il quale è stata pronunciata condanna.

Infine, caso particolare è la cosiddetta "confisca allargata" prevista dall'articolo 12 sexies del D.L. 306/92, convertito dalla legge 356/1992.

2 Le varie ipotesi di confisca penale

L'ipotesi originaria di confisca penale è quella prevista dall'articolo 240 c.p. il cui presupposto consiste nel vincolo di pertinenzialità della cosa rispetto al reato commesso. Essa può essere facoltativa o obbligatoria. Quella facoltativa (comma 1) può essere ordinata dal giudice, nel caso di condanna, per le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e per le cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato. Quella obbligatoria (comma 2) è sempre ordinata dal giudice per le cose che costituiscono il prezzo del reato, e per le cose, la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.

La confisca all'art. 416 bis, comma 7, c.p. è stata introdotta con la legge Rognoni La Torre nel 1982. Presupposto necessario è la condanna dell'imputato per associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p). Ad essa fa seguito la confisca obbligatoria di tutte le cose comunque pertinenti al reato, venendo quindi meno la tradizionale distinzione tra le ipotesi di confisca obbligatoria e confisca facoltativa, come prevista dall'art. 240 c.p. Secondo la dottrina tale tipologia di confisca sempre obbligatoria va interpretata in chiave generalpreventiva e quindi ad efficacia deterrente, così da assimilarla di fatto ad una pena accessoria (1). Importante novità del settimo comma è l'inedita ipotesi di confisca delle cose che costituiscono l'impiego del prezzo, del prodotto, o del profitto del reato attraverso cui il legislatore ha inteso colpire il riciclaggio degli illeciti profitti in attività formalmente legali (2).

L'art. 644, ultimo comma, del codice penale prevede, in caso di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. per il delitto di usura, oltre la confisca obbligatoria delle cose che costituiscono il profitto del reato anche la confisca di somme di denaro, bene e qualsiasi altra utilità, che pur non trovandosi in relazione diretta con il reato, siano nella disponibilità del reo anche per interposta persona. Tale ipotesi di confisca conosce però una limitazione nell'importo che non può superare il valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari accertati con la sentenza di condanna. La norma fa inoltre salvo il diritto al risarcimento del danno della persona offesa dal reato, le cui pretese potranno essere soddisfatte sui beni suddetti prima che intervenga la condanna.

Per quanto poi riguarda i delitti contro la pubblica amministrazione il legislatore del 2000 con la legge 300 ha introdotto nel codice penale l'articolo 322 ter (3). Tale articolo prevede la confisca in caso condanna o di "patteggiamento" ex art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dagli articoli 314 a 320 del codice penale. La confisca ha ad oggetto i beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, ovvero, se essa non è possibile, dei beni nella disponibilità del reo di valore corrispondente a tale profitto. L'articolo 640 quater c.p. rinvia inoltre alla applicabilità della confisca ex art 322 ter c.p. per i delitti di truffa previsti dagli articoli 640, comma 2, numero 1; 640 bis e 640 ter.

Si ricorda infine che il codice penale dispone la confisca obbligatoria (art 600 septies c.p.) dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, o, in caso di impossibilità, dei beni di valore equivalente, in caso di condanna o di applicazione della pena ex art 444 c.p.p., per i delitti di: riduzione in schiavitù (art 600 c.p.); prostituzione minorile (art 600 bis c.p.); pornografia minorile (art 600 ter c.p.); detenzione di materiale pornografico (art 600 quater); iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600 qinquies); tratta di persone (art 601); acquisto e alienazione di schiavi (art. 602).

Altre ipotesi di confisca penale sono previste da leggi speciali. L'art. 301 del d.P.R. 43 del 1973 prevede una ipotesi di confisca obbligatoria per il reato di contrabbando (4). Oggetto di tale confisca sono le cose legate al reato da un vincolo di pertinenzialità. Per tutti gli altri beni o utilità della persona condannata si applica invece la confisca ex art. 12 sexies della l. 356/1992.

In materia di stupefacenti il d.P.R. 309 del 1990 non prevede esplicite ipotesi di confisca obbligatoria per i reati ex art 73 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti) e 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope). Dalla lettura degli art. 100 e 101 dello stesso d.P.R., che disciplinano la destinazione dei beni sequestrati e confiscati in operazione antidroga, si evince, però, che per questi reati si applica la disciplina generale sulla confisca prevista dall'articolo 240 c.p.

Anche in tema di immigrazione clandestina, ai sensi del D. Lgs. n. 286 del 1998 e successive modifiche, è disposta la confisca dei mezzi di trasporto nonché di ogni altra cosa che costituisca il prezzo o profitto del reato, o che è servita o è stata destinata a commettere il reato.

2.1 Oggetto della confisca penale, sequestro e custodia

Dalla analisi delle diverse tipologie di confisca previste dal codice penale e dalle leggi speciali si deduce quanto il legislatore si sia sforzato di includere tra gli oggetti della confisca qualsiasi componente positivo del patrimonio della persona cui viene disposta tale misura (5). I beni da sottoporre a confisca vanno individuati facendo riferimento alla norma del codice penale o della legge speciale di riferimento. Nel caso dell'articolo 240 c.p. si fa riferimento alla "cosa" che può essere il prezzo, il prodotto o il profitto del reato; l'art 322 ter c.p. prende in considerazione invece il "bene"; l'art 416 bis c.p. introduce il concetto di "impiego" del prodotto, del profitto, del prezzo del reato comunque esso si manifesti nella realtà socio economica; l'art. 644 c.p., infine, colpisce anche i beni e le utilità per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o comensi usurari. Da questi esempi notiamo quanto il legislatore abbia ritenuto importante vanificare ogni forma di ricchezza accumulata avvalendosi di condizioni criminali.

Nel caso in cui si proceda per uno dei delitti cui possa essere disposta la confisca dei beni, ai sensi dell'art. 321 commi 2 e 2 bis c.p.p., si può cautelativamente sottrarre la disponibilità dei beni all'indagato/imputato attraverso il sequestro preventivo. Il Pubblico ministero procede mediante la polizia giudiziaria all'apprensione materiale o formale della cosa oggetto del sequestro. Egli redige il verbale del sequestro che contiene l'elenco delle cose, la descrizione delle cautele adottate per assicurarle, l'indicazione della specie e del numero dei sigilli apposti. Successivamente ai sensi degli articoli 259 e 260 c.p.p. è disposta la custodia delle cose sequestrate. Il custode ha il mero obbligo di custodirle e conservarle, mentre, l'autorità giudiziaria può ordinarne l'alienazione o la distruzione qualora esse possano alterarsi, ovvero, può disporne la vendita immediatamente dopo il sequestro in caso di pericolo di deterioramento o rilevante dispendio per la custodia.

2.2 La destinazione dei beni oggetto di confisca penale

L'articolo 86 delle disposizioni attuative del c.p.p. prevede che i beni oggetto di confisca siano destinati alla vendita. Le modalità di tale vendita sono contenute nel T.U. sulle spese di giustizia contenuto nel d.P.R. 115 del 2002 (6). Il trasferimento è eseguito anche a mezzo degli istituiti di vendite giudiziarie (art. 152 T.U.) e le somme ricavate sono devolute alla cassa delle ammende (art 154 TU), dedotte le spese sostenute nella procedura di alienazione (art. 156 TU). L'articolo 149 T.U. stabilisce che sia disposta la vendita tranne nel caso in cui non sia previsto diversamente da norme speciali. Tale clausola fa salve tutte le norme che prevedono destinazioni diverse dei beni confiscati a seguito di condanna per i delitti tassativamente indicati nelle legislazioni speciali di riferimento.

In materia di stupefacenti il d.P.R. 309/1990 (T.U. sugli stupefacenti) regola la destinazione dei beni e dei valori confiscati agli articoli 100 e 101. L'art. 100, comma 1, stabilisce che i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria antidroga possono essere affidati dalla autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in operazioni contro il traffico di stupefacenti. Inoltre, il comma 5 prevede che le somme di denaro costituenti il ricavato della vendita dei beni confiscati vengano assegnati sia al Ministero dell'interno che a quello della sanità, con il vincolo per quest'ultimo di destinazione per le attività di recupero dei soggetti tossicodipendenti. L'articolo 101, invece, prevede che le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per i reati previsti nel T.U. sugli stupefacenti siano destinati al potenziamento delle attività di repressione e prevenzione dei delitti previsti nel T.U.

Per quanto riguarda poi il reato di usura (art. 644 c.p.) la legge 108 del 1996 (disposizioni in materia di usura) ha stabilito che il ricavato della vendita ai sensi dell'art. 86 disp. att. c.p.p. dei beni confiscati sia devoluto al Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura anziché alla cassa delle ammende.

In materia di contrabbando all'art. 301, comm 4, d.P.R. 43/1973 è stabilita una particolare ipotesi di confisca: in caso di vendita all'asta dei mezzi di trasporto confiscati per il delitto di contrabbando, qualora l'aggiudicazione non abbia luogo al primo incanto, l'asta non può essere ripetuta e i mezzi esecutati vengono acquisiti nel patrimonio dello Stato. Inoltre l'art. 301 bis, aggiunto dal D.L. 417/1991, prevede che i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria anticontrabbando possono essere affidati dalla autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che abbiano proceduto al sequestro e che ne facciano richiesta per l'impiego in attività anticontrabbando. Inoltre possono farne richiesta anche ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. Gli oneri di gestione rimangono a carico dell'ufficio o dell'ente affidatario, che, nel caso in cui non vi sia istanza di affidamento da parte dei soggetti indicati, dispone, previa autorizzazione giudiziaria, la distruzione tramite rottamazione dei beni sequestrati. Inoltre tale ufficio o ente eroga un'indennità all'avente diritto in caso di dissequestro; assegna, su richiesta degli interessati, i beni mobili sequestrati agli organi di polizia o agli enti che li hanno già in uso; distrugge i beni mobili confiscati in caso di mancata istanza di assegnazione definitiva da parte degli organi suddetti. L'art. 301 bis nulla dispone riguardo beni immobili e denaro confiscati, per cui si ritiene che per essi valgano le disposizioni generali previste dal codice di procedura penale.

Le stesse regole appena viste valgono per i beni confiscati pertinenti ai reati collegati alla immigrazione clandestina (D.Lgs. 286/1998). Tali beni possono essere affidati in custodia dall'autorità giudiziaria procedente agli organi di polizia che ne facciano richiesta per la repressione di tali reati; i beni confiscati vengono assegnati a richiesta alle amministrazioni degli organi di polizia che li hanno avuti in uso; le somme di denaro costituenti il ricavato della vendita dei beni confiscati vengono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati inerenti l'immigrazione clandestina.

3 La confisca allargata dell'articolo 12 sexies legge n. 356/92

L'art. 12 sexies è stato introdotto con il D.L. n. 399 del 20 giugno 1994 convertito con modificazioni dalla legge 501 del 1994, a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale (7) con cui si era dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12 quinquies, comma 2, della legge 356/92 (8).

Il secondo comma di quest'ultimo articolo prevedeva, infatti, che nei confronti di coloro cui sono svolte indagini per uno dei delitti al comma 1 (artt. 648; 648 bis; 648 ter), o dei delitti in materia di contrabbando, o per delitti connessi avvalendosi delle condizioni dell'articolo 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti di cui agli artt. 416 bis, 629, 630, 644 e 644 bis c.p. ed agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/1990, ovvero nei cui confronti è in corso di applicazione una misura di prevenzione personale, i quali, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultano essere titolari od avere la disponibilità a qualsiasi titolo di denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica e dei quali non possono giustificare la legittima provenienza, sono puniti con reclusione da due a cinque anni, e, il denaro, beni o altri utilità sono confiscati.

Nei confronti del citato articolo numerose sono state le ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale (9). Quest'ultima si è pronunciata per la prima volta con la sentenza n. 48 del febbraio 1994, che ha abrogato il secondo comma dell'art. 12 quinquies. La Corte, in primis, ha rilevato la violazione del principio di non colpevolezza di cui all'art. 27 della Costituzione, poiché l'essere indiziati per taluni reati non può automaticamente significare che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato sia frutto di attività illecita e, non può quindi costituire una fattispecie incriminatrice.

Ulteriore aspetto rilevato dalla Corte riguarda l'onere della prova, che in questa fattispecie risultava di fatto a carico dell'imputato, il quale doveva dimostrare la legittima provenienza del patrimonio incriminato.

Il legislatore quindi, ispirato dalle stesse ragioni di politica criminale dell'art. 12 quinquies, ha introdotto, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, l'art. 12 sexies, con cui si è voluto intaccare attraverso una misura di carattere patrimoniale le grandi ricchezze illecitamente accumulate, anche per interposta persona, dalla criminalità organizzata.

L'art. 12 sexies non è più una fattispecie incriminatrice ma una misura di carattere patrimoniale (10), ossia una confisca di patrimoni derivanti da comportamenti che non sono affatto quelli dell'imputazione, poiché la confisca di ciò che costituisce prezzo, prodotto, profitto, mezzo di tale reato, è già prevista dall'art. 240 c.p. Quindi la novità consiste nell'introdurre un'altra tipologia di confisca di ricchezze provenienti da altri comportamenti; la dottrina ha, non a caso, parlato di sanzione senza reato (11). Di recente la Corte di Cassazione (12) si è pronunciata proprio riguardo il rapporto tra il reato e i beni sottoponibili a confisca allargata. Essa ha affermato che il sequestro preventivo e la successiva confisca dei beni patrimoniali previsti dall'articolo 12 sexies non sono subordinati all'accertamento di un "nesso eziologico" tra i reati tassativamente enunciati nella norma di riferimento e i beni oggetto della cautela reale e del successivo provvedimento ablatorio, dal momento che il legislatore ha operato una presunzione di accumulazione senza distinguere se tali beni siano o meno derivati dal reato per il quale si procede o è stata inflitta la condanna. Ne consegue che non è necessaria la sussistenza del "nesso di pertinenzialità" tra i beni e i reati ascritti al soggetto, bensì occorre la sussistenza di un vincolo pertinenziale, di significato peculiare e più ampio, tra il bene e l'attività delittuosa facente capo al soggetto, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del patrimonio nel possesso del soggetto.

3.1 Le condizioni di applicabilità

Presupposto della confisca è la condanna o l'applicazione della pena su richiesta per uno dei seguenti reati: associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone (art. 416, comma 6, c.p.), riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi (artt. 600, 601, 602 c.p.), associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), usura e usura impropria (art. 644 c. p., così come risulta modificato dall'art. 1, legge 7 marzo 1996, n.108 che ha abrogato l'art. 644 bis c.p.), ricettazione (art. 648, comma 1, c.p.), riciclaggio (art. 648 bis), trasferimento fraudolento di valori (art. 12 quinques, comma 1, D.L. n. 306/92, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356); ovvero per taluno dei reati relativi al traffico di sostanze stupefacenti previsti dall'art. 73, escluse le fattispecie di lieve entità, e dall'art. 74 d.P.R. 309/90; ed inoltre per uno dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; nonché per il delitto in materia di contrabbando nei casi di cui all'art. 295, comma 2, T.U. D.P.R. 23-1-1973, n. 43, e per delitti in materia di terrorismo. Con la legge finanziaria 2007 (13) sono stati inseriti fra i delitti sopra elencati anche quelli previsti dagli articoli 314, 316, 316 bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319 ter, 320, 322, 322 bis, 325 (ossia quasi tutti i delitti contro la pubblica amministrazione) (14).

Le altre condizioni richieste dalla norma perché possa disporsi la confisca sono l'esistenza di un complesso di elementi patrimoniali attivi costituiti da denaro, beni o altre utilità di cui il soggetto sia titolare o abbia, anche per interposta persona fisica o giuridica, la disponibilità di essi a qualsiasi titolo; il valore sproporzionato di tale complesso patrimoniale rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o all'attività economica svolta; la mancata giustificazione della provenienza dei beni suddetti. Tale forma di confisca si basa quindi, come stabilito dalle Sezioni Unite e recentemente ribadito dalla Suprema Corte, su "un'insindacabile scelta politico criminale, una presunzione iuris tantum d'illecita accumulazione, nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore economico non proporzionato al reddito o all'attività economica del condannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l'onere di dare un'esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico-formali) della positiva liceità della loro provenienza, con l'allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzione" (15). Come sottolineato dalle Sezioni Unite non si richiede, pertanto, la prova del nesso di pertinenzialità tra i beni e il reato oggetto della condanna (in quanto si finirebbe per allargare indefinitamente il thema decidendum (16)), né la connessione temporale tra l'acquisizione dei beni e la consumazione del crimine (17); si conferma "la ragionevolezza della presunzione di provenienza illecita dei beni patrimoniali", già affermata dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 18 del 1996, valorizzando l'elemento della sproporzione che va accertata "attraverso una ricostruzione storica della situazione dei redditi e delle attività economiche del condannato al momento dei singoli acquisti" (18).

3.2 L'onere della prova

L'articolo 12 sexies, a differenze dell'abrogato comma 2 dell'art. 12 quinquies, non richiede di dimostrare la legittima provenienza dei beni ma impone al condannato di giustificarne la provenienza. Da una interpretazione letterale della norma, quindi, la dottrina ha rilevato che a differenza dell'ipotesi, poi abrogata, dell'art. 12 quinquies, in cui il soggetto poteva sfuggire alla condanna solo in quanto fosse in grado di dare non una qualunque spiegazione della provenienza del patrimonio, ma una precisa indicazione che ne attestasse la provenienza da una attività lecita, l'art 12 sexies si limiterebbe a chiedere al condannato di giustificare la provenienza dei beni senza dover dar conto della legittimità di essa (19).

La giurisprudenza della Corte di cassazione, invece, ha interpretato la norma in altro senso. Le Sezioni unite hanno infatti affermato che "al fine di disporre la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell'art. 12 sexies [...] allorché sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario, da un lato, che, ai fini della sproporzione, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall'altro, che la giustificazione credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna" (20).

In realtà non si tratta di una vera e propria inversione dell'onere della prova, ma di una diversa ripartizione, in cui il Pubblico ministero dovrà dimostrare oltre alla disponibilità o titolarità del bene, anche per interposta persona, in capo ad un soggetto condannato per determinati delitti, solo il valore sproporzionato del bene rispetto al reddito od all'attività economica svolta. L'ufficio del Pubblico ministero, quindi, mentre procede alle indagini penali, effettua parallelamente a carico dell'indagato una corrispondente indagine patrimoniale, al fine di svelare la reale entità del patrimonio riconducibile all'interessato con l'obiettivo finale di far risaltare il requisito della sproporzione quale condizione cardine per l'applicabilità della misura ablatoria (21).

Al soggetto, invece, spetterà l'onere di vanificare la portata indiziante delle circostanze appena viste, dimostrando di avere legittimamente acquisito al proprio patrimonio i beni in questione. Si tratta quindi di una presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, trasferendo al soggetto che ha la disponibilità dei beni un mero onere di allegazione circa l'origine del bene, da valutarsi in concreto da parte del giudice secondo il principio della libertà della prova e del libero convincimento. Infatti, come di recente affermato dalla Suprema Corte "l'elemento della sproporzione tra il reddito dichiarato dal soggetto o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei bene da sequestrare e, poi, da confiscare deve essere accertato attraverso una ricostruzione storica della situazione dei redditi e delle attività economiche al momento dei singoli acquisti da parte del soggetto, il quale può esporre fatti e circostanza specifiche e rilevanti, indicando puntualmente le proprie giustificazioni" (22).

3.3 La confisca per equivalente

L'art. 10 del D.L. 92/2008 ha introdotto il comma 2 ter dell'art. 12 sexies in esame consentendo la confisca per equivalente del prodotto, profitto o prezzo del reato in relazione alle fattispecie previste dal comma 2 dell'art. 12 sexies, laddove non sia possibile procedere alla confisca allargata dei beni di valore sproporzionato.

Il legislatore stabilisce, quindi, che per i reati in questione si dovrà procedere, innanzitutto, alla confisca allargata ex art. 12 sexies di tutti beni di valore sproporzionato di cui il condannato non riesca a giustificare la legittima provenienza; solo laddove non sarà possibile applicare la confisca allargata (l'accusa non riesce ad accertare la sproporzione o la difesa dimostra l'origine lecita del patrimonio del condannato), può sempre essere applicata la confisca del profitto, del prodotto o del prezzo nei limiti previsti dall'art. 240 c.p. (o di eventuali forme di confisca speciale). Se non sarà possibile applicare neanche tale forma di confisca, si dovrà applicare la confisca del valore equivalente del prodotto, profitto o prezzo accertato ma che non sia stato possibile aggredire perché, ad esempio, disperso, nascosto, distrutto. Chiaramente la confisca per equivalente presuppone che sia stato accertato che dallo specifico crimine, per il quale il soggetto è stato condannato, sia derivato un determinato profitto, prodotto o prezzo, che non sia, però, più possibile aggredire direttamente.

Tale disposizione va letta alla luce della introduzione della confisca per equivalente anche nel procedimento di prevenzione patrimoniale, cercando quindi di creare un coordinamento normativo e funzionale tra le due forme di confisca (23).

Dobbiamo ricordare, inoltre, che nell'ordinamento italiano la confisca per equivalente è prevista come forma di applicazione di sempre più numerose forme di confisca speciale (322 ter, 600 septies, 640 quater, 644, 2641 c.c., art. 187 T.U. n. 58/1998 in materia di intermediazione (24)), mentre in via generale è prevista esclusivamente da una norma di carattere procedurale, l'art. 735 bis c.p.p., al fine di garantire l'esecuzione in Italia di un provvedimento di confisca disposto da un autorità straniera, disposizione introdotta in seguito alla ratifica da parte dell'Italia della Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi del reato del 1990 (25). Il decreto legge n. 92 continua ad estendere la confisca per equivalente in maniera frammentaria solo in relazione ad alcune specifiche fattispecie, senza rispondere a precise scelte di politica criminale; il nostro legislatore continua a non prevedere in vai generale la confisca per equivalente come forma di esecuzione della confisca ex art. 240 c.p. (non richiedendo l'accertamento del "rapporto di pertinenzialità" laddove non sia più possibile aggredire il profitto, prodotto o prezzo accertato); si adempirebbe così, una volta per tutte, agli obblighi pattizi che sin dalla Convenzione di Strasburgo del 1990 impongono tale scelta (26).

3.4 La natura giuridica

Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza la natura giuridica della confisca in questione è quella di misura di sicurezza patrimoniale, atipica e con funzione anche dissuasiva (27). Non può attribuirsi la natura di pena accessoria sulla sola base del fatto che la confisca deriverebbe non dalla pericolosità del condannato ma esclusivamente dalla sua condanna, mentre i beni da confiscare non hanno alcun rapporto con il reato accertato in giudizio, ma di essi semmai si sospetta la provenienza illecita.

Tale tesi è supportata dal fatto che la confisca, a differenza della pena accessoria, non consegue automaticamente alla condanna, ma, la misura ablatoria verrà applicata là dove manchi una adeguata giustificazione riguardo alla provenienza legittima dei beni a seguito di un giudizio in merito alla titolarità e disponibilità dei beni da parte del condannato, e al valore degli stessi in misura sproporzionata rispetto al reddito o all'attività svolta dal condannato medesimo. Inoltre, stante la disciplina del codice penale (artt. 28-36), la pena accessoria ha l'obiettivo di colpire la capacità giuridica e l'"onore" giuridico del condannato, mentre con la confisca allargata si colpisce il patrimonio del condannato. Senza dimenticare che se l'art. 12 sexies avesse natura di pena accessoria ad esso potrebbe applicarsi, ai sensi dell'art. 166 c.p., la sospensione condizionale della pena con tutte le conseguenze del caso (28).

Infine la misura di sicurezza patrimoniale, a differenza della pena accessoria che si commina all'autore di un reato (si pensi, ad esempio, all'interdizione dai pubblici uffici o da un'arte o mestiere), intende colpire i beni in sé, poiché se restassero nella disponibilità del condannato potrebbero essere riutilizzati in altre attività illecite (29).

3.5 Sede di applicazione della "confisca allargata" e tutela dei terzi estranei al procedimento

Si è discusso a lungo sulla possibilità di applicare la "confisca allargata" in sede di esecuzione, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p. per uno dei delitti indicati nella norma medesima. Così come, conseguentemente, la giurisprudenza, per lungo tempo, ha oscillato sulla questione riguardante l'applicabilità, nella fase di esecuzione, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall'art. 12 sexies (30).

Si tratta, invero, di una questione interpretativa alla quale sarebbe necessario dare una soluzione normativa, nonostante essa sia stata risolta positivamente dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Non c'è dubbio che il paradigma processuale di riferimento per l'applicazione della confisca allargata è, come può desumersi dal secondo periodo del comma 3 della stessa norma, quello del procedimento di cognizione per l'accertamento della responsabilità per taluno dei reati-presupposto per l'applicabilità della misura ablativa. Ossia, il giudice, all'esito del processo penale relativo al reato-presupposto, con la stessa sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c. p. p., dispone la confisca dei beni prevista dall'art. 12 sexies. E' evidente, perciò, che nell'ambito del procedimento penale, sin dalla fase delle indagini preliminari, il giudice può disporre, a norma del comma 4 dell'art. 12 sexies, il sequestro preventivo, ai sensi dell'art. 321 c.p.p., in vista dell'eventuale applicazione della confisca, che sarà poi disposta nei confronti dell'imputato con la stessa sentenza, contestualmente alla condanna o all'applicazione di pena su richiesta.

Tuttavia, essendo la "confisca allargata" una misura di sicurezza patrimoniale, non pare che essa possa sfuggire alle regole generali dettate dagli articoli 236, comma 2, c. p.; 205 comma 2, n.3, c.p.; 676 c.p.p.; 262 comma 4, c.p.p.; 665 c.p.p; e 666 c.p.p. La questione però non è pacifica e la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione ha dato sul punto due diverse soluzioni contrapposte.

Con una prima decisione (31), la Corte ha affermato che la confisca ex art. 12 sexies configura un caso di confisca obbligatoria ma che non è consentito disporre tale misura di sicurezza patrimoniale con un provvedimento autonomo e distinto dalla sentenza che decide il merito, in quanto essa deve essere ordinata previo accertamento delle condizioni richieste dalla norma medesima, da compiersi nel giudizio di merito. Né rileva, secondo la Corte, il disposto dell'art. 676 c.p.p. che attribuisce al giudice dell'esecuzione poteri dispositivi in tema di confisca obbligatoria, in quanto la norma è riferita soltanto alla confisca obbligatoria prevista dall'art. 240, comma 2 c.p., che può essere disposta de plano senza bisogno di particolari accertamenti di merito. Tale decisione non è stata condivisa dalla dottrina, la quale ha esposto almeno due rilievi critici. Il primo consiste nel fatto che né la formulazione letterale né l'interpretazione logico-sistematica dell'art. 676 c.p.p. consentono di attribuire una portata così riduttiva alla norma, la quale invece stabilisce, senza alcuna specificazione, che il giudice dell'esecuzione è competente a decidere in ordine alla confisca. E' ovvio, poi, che la norma si riferisce alla sola ipotesi di confisca obbligatoria e non a quella facoltativa, presupponendo quest'ultima una valutazione discrezionale del giudice, da compiersi necessariamente nel giudizio di merito. Poiché la confisca obbligatoria non è soltanto quella prevista dall'art. 240, comma 2, c. p., esistendo altre ipotesi di confisca obbligatoria, previste dallo stesso codice penale e da leggi speciali, compresa quella di cui all'art. 12 sexies, non si comprende come possa escludersi per esse l'applicabilità dell'art 676 c.p.p. In secondo luogo, non sempre la confisca prevista dall'art. 240, comma 2, c.p. può disporsi de plano, potendo verificarsi il caso in cui siano necessari degli accertamenti in ordine alla sussistenza delle condizioni che la legittimano. Per cui non pare che possa precludersi al giudice dell'esecuzione l'accertamento delle condizioni che legittimano l'applicazione della confisca obbligatoria prevista dall'art. 12sexies (32).

Non sono mancate però decisioni dei giudici di merito e dei giudici di legittimità, anche molto recenti (33), che al problema posto hanno dato soluzione positiva nel senso che hanno ritenuto l'applicabilità della confisca in sede di esecuzione. In sostanza è stato ritenuto possibile che, a richiesta del Pubblico ministero, dell'interessato o del suo difensore, il giudice competente per l'esecuzione individuato ai sensi dell'art. 665 c.p.p., procedendo a norma degli articoli 666 e ss. c.p.p., prenda atto della irrevocabilità della sentenza di condanna o di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., verifichi l'esistenza dei presupposti stabiliti dall'art. 12 sexies per l'applicazione della confisca e la disponga con ordinanza, avverso la quale può essere proposto ricorso per Cassazione, che però non sospende l'esecuzione, a meno che lo stesso giudice non disponga diversamente.

Il giudice dell'esecuzione procede, dunque, non soltanto a richiesta del Pubblico ministero ma anche dell'interessato, che nel caso della confisca ben può essere il terzo estraneo al procedimento penale di cognizione; terzo che, vantando la titolarità del bene da sottoporre a confisca, può innestare nel procedimento di esecuzione una controversia sulla proprietà del bene, così come previsto dall'art. 676 c.p.p. Anche in tal modo il terzo estraneo al processo penale può, infatti, trovare tutela per il riconoscimento del proprio diritto sul bene da confiscare.

Ed ancora, poiché la confisca prevista dall'art. 12 sexies può essere disposta anche nel caso di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p., se la relativa sentenza viene emessa dal Giudice per le indagini preliminari, questi diventa, rispetto alla sentenza emessa e divenuta irrevocabile, giudice dell'esecuzione e perciò egli stesso può disporre la confisca dei beni con ordinanza emessa nel procedimento di esecuzione appositamente instaurato. Né può considerarsi ostacolo al ricorso al procedimento di esecuzione il disposto dell'art. 533, comma 1, c.p.p., a monte del quale il giudice, con la sentenza di condanna, applica contestualmente la pena e l'eventuale misura di sicurezza. Infatti, che la confisca possa applicarsi in epoca successiva alla sentenza di condanna si evince dal combinato disposto degli articoli 236, comma 2 e 205, comma 2, n. 3 c.p., (in virtù del quale le misure di sicurezza patrimoniali, compresa la confisca, possono essere ordinate con provvedimento successivo alla sentenza in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge), posto in relazione all'art. 676 c.p.p. laddove è detto che il giudice dell'esecuzione decide in ordine alla confisca. L'applicabilità della confisca in sede di esecuzione si ricava altresì indirettamente dall'art. 262, comma 4, c.p.p. dal cui tenore letterale si desume agevolmente che è possibile disporre la confisca dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione.

In verità, la Corte di Cassazione già da tempo ha ritenuto la possibilità di disporre, nella fase di esecuzione, anche il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 c.p.p. e la successiva confisca prevista dall'art. 12 sexies. Infatti, la stessa Corte (34), rigettando il ricorso del condannato e dei terzi interessati, ha ritenuto legittima una ordinanza emessa dal GIP, quale giudice dell'esecuzione, e, condividendone la motivazione, ha affermato "l'esigenza di disporre tanto il sequestro preventivo quanto la confisca può verificarsi in ogni fase e grado del procedimento e quindi anche in sede esecutiva, cosicché, per la specifica disposizione del citato art. 12 sexies della legge 356/92, tali provvedimenti possono essere disposti dal giudice dell'esecuzione quando si verta in procedimenti attinenti a reati di criminalità mafiosa. Quanto all'applicabilità della norma anche in fase esecutiva dopo che il giudizio di cognizione si sia concluso nelle forme del patteggiamento essa deve essere fatta derivare dalla ratio stessa della normativa introdotta con le novelle di cui alle leggi n. 356 del 1992 e n. 501 del 1994".

Tuttavia, in ordine all'applicabilità della confisca nella fase dell'esecuzione, l'orientamento della Corte di Cassazione in questi ultimi anni non è stato univoco oscillando fra la soluzione positiva e quella negativa, tanto che si è reso necessario un intervento delle Sezioni Unite (35) per risolvere la complessa questione. Ma, proprio per le oscillazioni giurisprudenziali che hanno caratterizzato le soluzioni date alla questione e sebbene le Sezioni unite si siano espresse a favore dell'applicabilità della confisca penale prevista dall'art. 12 sexies anche nella fase dell'esecuzione, la dottrina ritiene necessario anche sul punto un intervento normativo. Così come, si ritiene utile un intervento normativo per l'applicabilità del sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 c.p.p., in vista della successiva confisca, nella fase dell'esecuzione. Questione, anche questa, sulla quale si sono registrati orientamenti contrastanti sia in dottrina sia in giurisprudenza (36).

Per quanto riguarda la posizione dei terzi, l'articolo 12 sexies non prevede alcuna tutela diretta di questi soggetti intestatari dei beni ma estranei al procedimento, come invece previsto dall'art. 2 ter, comma 5, l. 575/1965, in cui il terzo può intervenire nel procedimento, può svolgere le sue deduzioni in camera di consiglio e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Si applicheranno, quindi, le norme del codice di procedura penale che riguardano la misura di sicurezza patrimoniale della confisca penale. Il terzo estraneo può far valere i propri diritti sulle cose confiscate proponendo incidente di esecuzione ai sensi degli articoli 665 c.p.p. e seguenti. L'art. 676, comma 1 c.p.p., stabilisce che il giudice dell'esecuzione è competente anche sulla confisca penale, e, al comma 2, dispone che qualora vi sia controversia sulla proprietà delle cose confiscate si applica l'art. 263, comma 3, c.p.p., in virtù del quale il giudice rimette la risoluzione della controversia al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro.

3.6 Il sequestro preventivo alla confisca

Le condizioni necessarie e sufficienti per l'applicazione del sequestro preventivo sono state individuate dalle Sezioni unite della Corte di cassazione. Queste consistono "quanto al fumus commissi delicti, nell'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal p.m., di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in mora, coincidendo quest'ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi" (37).

Secondo quanto poi disposto dal comma 4, art. 12 sexies, l. 356/92, il sequestro che precede la "confisca allargata" è di tipo preventivo, e viene disposto, quindi, ai sensi dell'art. 321 c.p.p. Per la sua esecuzione, si applicano le disposizioni previste per l'esecuzione del sequestro preventivo, ossia, atteso l'esplicito richiamo fatto dall'art. 104, disp. att. c.p.p., quelle contenute negli articoli 81 e segg. disp. att. c.p.p. Per cui all'esecuzione del sequestro provvede il Pubblico ministero (articoli 104 -92 disp. att. c.p.p.) mediante la polizia giudiziaria. Essa si concretizza con l'apprensione materiale o formale della cosa oggetto del sequestro. Quindi, a norma dell'art. 81 disp. att. c.p.p., deve redigersi il verbale di sequestro che contiene l'elenco delle cose sequestrate, la descrizione delle cautele adottate per assicurarle e l'indicazione della specie e del numero dei sigilli apposti; mentre negli articoli successivi si rimanda alle disposizioni degli articoli 259 e 260 c.p.p. sulla custodia delle cose sequestrate e sull'apposizione alle stesse dei sigilli, in quanto applicabili (38).

Appare chiaro che, prima dell'intervento del legislatore con la legge 15 luglio 2009, n. 94 (39), si trattasse di una modalità di esecuzione assolutamente inadeguata, sopratutto se l'oggetto del sequestro comportava l'amministrazione di un'azienda. Oggi, con la modifica apportata al comma 4 bis, si è realizzato quel coordinamento funzionale-normativo tra il sequestro e la confisca di prevenzione ed il sequestro e la confisca ex art. 12 sexies. Attualmente si prevede infatti, che ai beni sequestrati preventivamente alla "confisca allargata" si applichino le norme in tema di sequestro e confisca previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575.

3.7 La destinazione dei beni confiscati

Per quanto riguarda la destinazione dei beni sottoposti a sequestro e confisca nel 2001 (40) il legislatore ha aggiunto all'art 12 sexies il comma 4 bis, in virtù del quale al sequestro e alla confisca si applicano le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 575/1965.

La legge finanziaria 2007 (41) poi ha aggiunto il comma 2 bis in cui è previsto che "in caso di confisca di beni per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316 bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319 ter, 320, 322, 322 bis e 325 codice penale si applicano le disposizioni degli articoli 2 novies, 2 decies e2 undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575 e succ. modificazioni", disposizioni quest'ultime che riguardano solamente la destinazione dei beni confiscati e non anche la loro gestione, regolata invece dagli articoli 2 sexies, 2 septies, 2 octies.

Inoltre il D.L. n. 98/2008, convertito nella legge 125/2008, ha aggiunto il comma 2 quater che ha esteso la disciplina del comma 2 bis anche a coloro che sono stati condannati o hanno patteggiato la pena per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 630, 648 (escluso il comma 2), 648 bis, 648 ter codice penale; art. 12 quinquies legge 356/1992; art. 73 (escluso il comma 4) e 74 del d.P.R. 309/90 in materia di disciplina di stupefacenti e sostanze psicotrope.

Infine il comma 4 bis, introdotto solo nel 2001, è stato nuovamente modificato dalla l. 94/2009, con cui è stato esplicitamente previsto che si applicano ai casi di confisca previsti dai commi da 1 a 4 dell'art. 12 sexies le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste dagli artt. 2 quater, 2 sexies, 2 septies, 2octies, 2 nonies, 2 decies, 2 undecies e 2 duodecies della l. 575/65.

Il legislatore con questi interventi ha cercato di dettare una omogenea disciplina sulla gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati, creando in realtà grossi problemi interpretativi. Infatti, dalla formulazione letterale delle norme aggiunte sembrerebbe che si possa applicare per i delitti visti al comma 2 bis e2 quater la sola disciplina riguardante la destinazione dei beni confiscati e non anche la gestione, mentre, per uno degli altri delitti previsti dall'art. 12 sexies si dovrebbe applicare la disciplina del comma 4 bis, che invece rimanda alle disposizioni della legge 575 del 1965 in materia sia di gestione che di destinazione dei beni sequestrati o confiscati. Inoltre il legislatore non si è preoccupato di abrogare o modificare i commi 3 e 4 che già si occupavano di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Il risultato di tutto questo è la sovrapposizione di ben cinque disposizioni che costringono l'interprete al difficile compito di ricomposizione della disciplina da applicare al caso concreto (42).

Rimane quindi la perplessità, del perché il legislatore, intervenuto anche recentissimamente, non abbia provveduto ad eliminare questa stratificazione normativa a favore del solo comma 4 bis che avrebbe chiaramente realizzato una disciplina omogenea nella gestione e nella destinazione tra i beni sequestrati e confiscati nel procedimento di prevenzione e di quelli sottoposti alle stesse misure ai sensi dell'art. 12 sexies.

Appendice L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

Il D.L. n. 4 del 04 febbraio 2010 ha istituito un'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Il legislatore, si legge nell'epigrafe del decreto, ha ritenuto necessaria la creazione di tale Agenzia per due ordini di motivi. Il primo è costituito dalla "straordinaria necessità ed urgenza di provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati" visto "l'eccezionale incremento delle procedure penali e di prevenzione relative al sequestro ed alla confisca di beni sottratti alla criminalità organizzata, aggravate dall'eccezionale numero di beni già confiscati e non ancora destinati a finalità istituzionali e di utilità sociale". Il secondo è costituito dalla "straordinaria necessità ed urgenza di istituire un organismo che assicuri l'unitaria ed efficace amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni mafiose, anche attraverso uno stabile raccordo con l'autorità giudiziaria e le amministrazioni interessate, al fine di garantire un rapido utilizzo di tali beni. L'intento del Governo, quindi, è quello di trovare una soluzione di tipo strutturale indirizzata a fronteggiare le difficoltà gestionali dei patrimoni sequestrati e di snellire le procedure di assegnazione dei beni avocati al demanio. Oltre a questo, con una modifica della normativa vigente, viene razionalizzata la distribuzione delle competenze per la destinazione dei beni confiscati. Le modifiche di singole disposizioni dell'attuale disciplina "antimafia" necessarie all'armonizzazione del corpo legislativo esistente con le nuove disposizioni completano il provvedimento, che si pone quindi come una "chiusura del cerchio" della stratificazione normativa che è stata realizzata con gli interventi legislativi degli ultimi anni nella materia della prevenzione patrimoniale antimafia (43).

Ai sensi dell'art. 2, D.L. 04/2010, l'Agenzia, con sede unica nazionale a Reggio Calabria (44), ha personalità di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile. I suoi compiti, si legge all'art. 3, sono i seguenti:

  • attività di monitoraggio dei beni sequestrati e confiscati (45);
  • amministrazione e custodia dei beni sequestrati nel corso del procedimento di prevenzione, ex legge 575/65 e nei procedimenti penali ex art. 51, comma 3 bis, c.p.p., in relazione ai quali si applica l'art. 12 sexies, D.L. 306/92;
  • amministrazione e destinazione dei beni confiscati nel corso del procedimento di prevenzione, ex legge 575/65 e nei procedimenti penali ex art. 51, comma 3 bis, c.p.p., in relazione ai quali si applica l'art. 12 sexies, D.L. 306/92;
  • adozione di iniziative e di provvedimenti necessari per la tempestiva assegnazione e destinazione dei beni confiscati.

L'organo decisionale dell'Agenzia è costituito da un Direttore generale (46) e da un Consiglio direttivo (47), i quali: a) adottano gli atti di indirizzo e le linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati; b) programmano l'assegnazione e la destinazione dei beni in previsione della confisca; c) approvano piani generali di destinazione dei beni confiscati; d) richiedono la modifica della destinazione d'uso del bene confiscato, in funzione della valorizzazione dello stesso o del suo utilizzo per finalità istituzionali o sociali, anche in deroga agli strumenti urbanistici; e) approvano il bilancio preventivo ed il conto consuntivo; f) verificano l'utilizzo dei beni da parte dei privati e degli Enti pubblici, conformemente ai provvedimenti di assegnazione e di destinazione; g) revocano il provvedimento di assegnazione e destinazione nel caso di mancato o difforme utilizzo del bene rispetto alle finalità indicate; h) sottoscrivono convenzioni e protocolli con Pubbliche amministrazioni, Regioni, Enti locali, Ordini professionali, Enti ed Associazioni per le finalità del decreto istitutivo dell'Agenzia; i) provvedono all'eventuale istituzione, in relazione a particolari esigenze, di sedi secondarie; l) adottano un regolamento di organizzazione interna.

Il compito di vigilanza, cioè di riscontro degli atti di gestione e di verifica del bilancio, è affidato ad un Collegio dei revisori (48), facente capo al Ministero degli interni. La rappresentanza in giudizio dell'Agenzia è affidata all'Avvocatura dello Stato (art. 8) e presso l'Avvocatura generale dello Stato l'Agenzia stessa è legalmente domiciliata. La cognizione su tutte le controversie relative alla destinazione dei beni da parte dell'Agenzia (incluse quelle di natura cautelare), è attribuita alla giurisdizione esclusiva del Tar del Lazio (art. 9).

La struttura dell'Agenzia, quindi, è pensata per accentrare in un unico centro decisionale, tanto l'amministrazione dei patrimoni posti sotto sequestro quanto i procedimenti per la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Tale assetto deriva dall'opportunità, riscontrata nell'esperienza applicativa, di assicurare la necessaria coordinazione e unitarietà dell'amministrazione dei beni dal momento del sequestro fino a quando sia divenuto irrevocabile il provvedimento di confisca. In effetti, la disciplina previgente sdoppiava l'iter, distinguendo la fase di amministrazione dei beni, di competenza della magistratura fino al perfezionamento del procedimento di prevenzione con la definitiva confisca, da quella relativa alla destinazione degli stessi per le finalità istituzionali e sociali, affidata invece all'Agenzia del demanio (49).

L'istituzione di tale Agenzia ha ovviamente comportato importanti modifiche alla legislazione riguardante le misure patrimoniali antimafia.

L'art. 5, comma 1, lett. a), ha, infatti, modificato l'art. 2 sexies della legge 575/65 (50). Adesso è l'Agenzia, e non più l'amministratore giudiziario di nomina del Tribunale, ad occuparsi dei beni sequestrati. Essa viene immessa nel possesso di tali beni col compito di provvedere alla custodia, alla conservazione, all'amministrazione e, dove possibile, di incrementarne la redditività. In tale compito può farsi coadiuvare da esperti e tecnici scelti tra gli iscritti all'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. Anche nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto aziende, è sempre l'Agenzia ad occuparsi dell'attività gestionale di tali complessi, con la possibilità di ausilio da parte di esperti iscritti all'Albo degli amministratori giudiziari. Inoltre, essa dovrà presentare al Tribunale, entro sei mesi dall'affidamento dell'amministrazione, una relazione particolareggiata sullo stato, sul valore e sulla consistenza dei beni aziendali sequestrati, nonché sullo stato dell'attività aziendale. Il tribunale, sentiti l'Agenzia e il Pubblico ministero, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'impresa, approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive di gestione dell'impresa.

Anche l'art. 2 septies, l. 575/65, ha subito delle sostanziali modifiche (51). Il nuovo comma 1 adesso prevede che sia l'Agenzia (e non più l'amministratore giudiziario) a compiere atti di straordinaria amministrazione previo nulla osta del Giudice delegato. Inoltre, il rinnovato comma 2 dell'art. 2 septies prevede che l'Agenzia debba periodicamente presentare allo stesso Giudice delegato una relazione sull'andamento dell'amministrazione dei beni.

Il legislatore ha poi sottratto ai Prefetti la competenza sulla destinazione dei beni confiscati. Adesso, il nuovo art. 2 decies, l. 575/65 (52), prevede che sia il Direttoredell'Agenzia su delibera del Consiglio direttivo, ad adottare il provvedimento di destinazione entro il termine di 90 giorni (prorogabili di altri 90) dalla comunicazione del provvedimento definitivo di confisca.

Nel caso di cessione del bene ad Enti territoriali per la successiva destinazione agli scopi istituzionali o sociali di cui all'articolo 2 undecies, della legge 575/1965, il decreto legge stabilisce che nel caso di inerzia dell'assegnatario nella successiva destinazione, l'Agenzia può revocare il trasferimento ovvero nominare un Commissario con poteri sostitutivi, con previsione innovativa rispetto alla precedente dizione, in cui il Prefetto poteva soltanto nominare un Commissario ad acta (53). Le Prefetture, adesso, assumono il ruolo di articolazioni territoriali dell'Agenzia, avvalendosi delle quali l'organismo centrale disimpegna i compiti di amministrazione dei patrimoni e dei beni sequestrati (54). In questi casi, le Prefetture sono incaricate di costituire, per l'esercizio dei compiti delegati, nuclei di supporto con la partecipazione dei rappresentanti di altre amministrazioni pubbliche, enti o associazioni. Si segnala l'opportunità di tale previsione, che crea un luogo istituzionale di consultazione e raccordo tra le diverse esigenze del territorio in vista della destinazione dei beni al soddisfacimento di quelle priorità che dovrebbero emergere dal ponderato confronto tra le diverse istanze rappresentate (55).

Si ricorda, inoltre, anche la modifica del comma 4 bis dell'art. 12 sexies, D.L. 306/92, che, nel testo originario, faceva integrale rimando alla disciplina della legge 575/65 per i profili procedurali della destinazione dei beni confiscati. Il nuovo testo della citata disposizione stabilisce che gli artt. 2 quater e da 2 sexies a2 duodecies trovano applicazione ai sequestri ed alle confische correlati ai procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3 bis, c.p.p. Per i delitti diversi dall'appena citata norma, invece, si applicano le medesime disposizioni in "quanto compatibili", e, in questi casi, il Tribunale procede alla nomina di un amministratore (56).

Per quanto concerne la disciplina transitoria, le predette modifiche entreranno in vigore dopo l'adozione del regolamento, ovvero dell'ultimo dei regolamenti, di cui all'articolo 4 del D.L. 04/2010 (57). Ai procedimenti di prevenzione disciplinati dalla legge 575/1965 e per quelli relativi alla confisca di cui all'articolo 12 sexies del D.L. 306/1992 continueranno, fino a quella data, ad applicarsi le disposizioni attualmente vigenti. Il D.L. detta una norma di diritto intertemporale, precisando, quindi, che le vecchie disposizioni si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina.

In conclusione, l'idea di creare un'Agenzia ad hoc che segua tutto l'iter, che va dal sequestro alla destinazione e assegnazione dei beni confiscati alle mafie appare senz'altro positiva. Sicuramente uno dei punti deboli della precedente disciplina era proprio la frammentarietà di tutto questo procedimento che vedeva coinvolti troppi soggetti, quali l'Autorità giudiziaria, i Prefetti e l'Agenzia del demanio.

Rimangono, comunque, alcune perplessità sul nuovo impianto legislativo. Come rilevato da Luigi Ciotti, presidente dell'associazione "Libera", nell'audizione davanti alle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera (58), occorrerebbe che l'Agenzia fosse dotata di un organico più corposo delle attuali 30 unità previste, visti gli onerosi compiti che è chiamata ad assolvere. Inoltre, sarebbe stato opportuno creare delle succursali di tale organo anche nelle Regioni ove sono presenti un gran numero di beni confiscati, quali Sicilia, Campania, Puglia, Lombardia e Lazio, che avrebbero potuto collaborare con le Prefetture.

Sicuramente solo il tempo ed il lavoro dell'Agenzia ci diranno se la sua struttura sarà in grado di assolvere e di far fronte al difficile compito di assicurare l'unitaria ed efficace amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Note

1. G. Spagnolo, L'associazione di tipo mafioso, Padova 1993, p. 189; G. Forti, artt. 414-421, in Commentario breve al codice penale, a cura di A. Crespi, F. Stella, e G. Zuccalà, Padova 1992, p. 916.

2. G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, Milano, 1995, pp. 367 ss.

3. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati dall'articolo 322 bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengono a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo. Nel caso di condanna o, di applicazione della pena, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall'articolo 321, anche se, commesso ai sensi dell'articolo 322 bis, secondo camma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengono a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque non inferiore a quello del denaro o delle utilità date o promesse al pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio o, agli altri soggetti indicati nell'articolo 322 bis, secondo comma. Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di danaro ed individua i beni assoggettati a confisca, in quanto costituenti il profitto o, il prezzo del reato, ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o, al prezzo del reato.

4. Nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto. Gli oneri relativi alla gestione dei beni e all'assicurazione obbligatoria dei veicoli, dei natanti e degli aeromobili sono a carico dell'ufficio o comando usuario. Nel caso in cui non vi sia alcuna istanza di affidamento in custodia giudiziale ai sensi del comma 1, i beni sequestrati sono ceduti ai fini della loro distruzione, sulla base di apposite convenzioni. In caso di distruzione, la cancellazione dei veicoli dai pubblici registri è eseguita in esenzione da qualsiasi tributo o diritto, su richiesta dell'Amministrazione finanziaria. L'ispettorato compartimentale dei Monopoli di Stato e il ricevitore capo della dogana, competenti per territorio, possono stipulare convenzioni per la distruzione, in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato, direttamente con una o più ditte del settore. L'ispettorato compartimentale dei Monopoli di Stato o il ricevitore capo della dogana, prima di procedere all'affidamento in custodia giudiziale o alla distruzione dei beni mobili di cui ai commi 1 e 3, devono chiedere preventiva autorizzazione all'organo dell'autorità giudiziaria competente per il procedimento, che provvede entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta.

5. Cfr. R. Alfonso La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, cit., pp. 233 ss.

6. Ibid.

7. Sentenza n. 48/1994.

8. Cfr. A Gialanella, Patrimoni di mafia, cit., pp. 38.

9. Ivi, pp 40 ss.

10. Della sua natura tratteremo nel §3.4.

11. M. Nobili, Associazioni mafiose, criminalità organizzata e sistema processuale, in Critica al diritto, 1995, pp. 261 ss.

12. Cass., sez. II pen, 26 febbraio 2009, n. 10549.

13. Art. 1, comma 220, legge 27 dicembre 2006, n. 296.

14. Cfr. R. Alfonso La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, cit., pp. 233 ss.

15. Cass., sez. I pen., 13 maggio 2008, n. 21357 che riprende quanto espresso da Cass., sez. UU, 17 dicembre 2003, Montella.

16. Cass., sez. UU, 17 dicembre 2003, Montella.

17. Cass., 23 aprile 1998, Bocca; Cass., 23 aprile 2001, Capomasi; Cass., 14 ottobre 1996, Scarcella; Cass., 5 febbraio 2001, Di Bella. Di opinione contraria Cass., 26 aprile 2007, n. 21250; Cass. 25 settembre 2000, Vergano; Cass., 23 settembre 1998, Simoni; Cass., 22 settembre 1998, Sibio; Cass. 26 marzo 1998, Bosetti; Cass., 15 aprile, Berti.

18. Cass., sez. I pen., 13 maggio 2008, n. 21357 che riprende quanto espresso da Cass., sez. UU, 17 dicembre 2003, Montella.

19. G. Fornasari, L'ultima forma di manifestazione della "cultura del sospetto": il nuovo art. 12 sexies della legge n. 356 del 1992, in Critica del diritto, 1994, pp. 17-18.

20. Cass., sez. UU, 17 dicembre 2003, n. 920. Inoltre Cass., sez. I pen., 26 febbraio 2009, n. 10549; Cass., sez. I, 26 aprile 2007, n. 21250; Cass., sez. I, 28 novembre 2006, n. 92.

21. A. Gialanella, La confisca di prevenzione antimafia, lo sforzo sistemico della giurisprudenza di legittimità e la retroguardia del legislatore, cit., pp. 163 e ss. e A.M. Muageri, La riforma delle delle sanzioni patrimoniali: verso un actio in rem?, cit., pp. 44 ss.

22. Cass., sez. I pen., 26 febbraio 2009, n. 10549.

23. Cfr. A.M. Muageri, La riforma delle delle sanzioni patrimoniali: verso un actio in rem?, cit., pp. 46 ss.

24. Fattispecie introdotta con l. 18 aprile 2005, n. 62.

25. L. Fornari, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale moderno, Padova 1997, pp. 105 ss.; Explanatory Report, consultabile in Brown, Proceeds of Crime, Money Laundering, Confiscation & Forfeiture, Edinburgh, 1996, p. 80, in particolare p. 94.

26. A.M. Maugeri, La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un actio in rem?, cit., p. 48.

27. Cass., sez. UU, 17 dicembre 2003, n. 920.

28. Cfr. A Gialanella, Patrimoni di mafia, cit., pp. 38 ss.

29. R. Alfonso, La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, in A.M. Maugeri (a cura di), Le sanzioni patrimoniali come moderno strumento di lotta contro il crimine, pp. 254 ss.

30. Ivi, pp. 233 ss.

31. Corte Cass., sez. IV pen., 8 luglio 1997, Caracciolo.

32. R. Alfonso, La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, cit., pp. 258 ss.

33. Cass., sez. VI pen., 20 maggio 2008, n. 27343; Cass. pen. n. 22752 del 2007; Cass. pen. n. 45709 del 2003.

34. Corte Cass., sez. V, 18 settembre 1997, Cavallari.

35. Corte Cass., sez. UU., 30 maggio 2001, n. 16 (Derouach), secondo cui, individuata la natura giuridica della confisca obbligatoria introdotta dall'art. 12 sexies quale misura di sicurezza patrimoniale dai contorni atipici, "va affermato il principio che la confisca prevista dall'art. 12 sexies l n. 356/92 e succ. modif. può essere disposta dal giudice dell'esecuzione sul patrimonio del soggetto al momento della condanna o del patteggiamento per uno dei reati indicati da detta norma". Aggiunge ancora la Corte che "parte della dottrina ha sostenuto che proprio la fase dell'esecuzione sarebbe la sede elettiva per affrontare la questione della confisca e deciderla nel contraddittorio delle parti in un momento successivo al realizzarsi del requisito soggettivo di "condannato" (in senso lato) per uno dei delitti indicati nella norma, apparendo la più aderente ai principi costituzionali, col superamento del momento di valenza della presunzione di non colpevolezza e per la garanzia più completa del concreto esercizio del diritto di difesa". Sotto il profilo costituzionale la Corte ha chiarito che "nessun problema d'illegittimità deriva accordando privilegio all'indirizzo che riconosce la competenza a disporre la confisca in questione al giudice dell'esecuzione".

36. R. Alfonso, La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, cit., pp. 258 ss.

37. Cass., sez. UU, 17 dicembre 2003, n. 920. Vedi anche Cass., sez. II pen., 16 gennaio 2009, n. 17877; Cass., sez. VI pen., 24 aprile 2008, n. 21745; Cass. pen. n. 15908 del 2007.

38. Cfr. R. Alfonso, La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, cit., pp. 233 ss.

39. Art. 2 comma 7, lett. b).

40. Legge 45/2001.

41. Art. 1, comma 220, legge n. 296/2006.

42. Cfr. R. Alfonso, La confisca penale fra disposizioni codicistiche e leggi speciali: esigenze di coordinamento normativo e prospettive di riforma, cit., pp. 233 ss.

43. Cfr. F. Fiorentin, Destinazione patrimoni, Prefetti senza più poteri, in Guida al diritto, n. 8, 20 febbraio 2010, p. 47.

44. La scelta del Capoluogo calabrese è maturata dopo l'attentato dinamitardo, di chiara origine mafiosa, avvenuto il 3 gennaio 2010 alla sede del Tribunale di Reggio Calabria, con chiari scopi intimidatori verso la magistratura reggina.

45. Nello specifico l'art. 1, comma 3, lett. a), D.L. 04/2010, prevede: "l'acquisizione dei dati relativi ai beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di cui all'articolo 2 duodecies, comma 4, della legge 31 maggio 1965, n. 575; l'acquisizione delle informazioni relative allo stato dei procedimenti di sequestro e confisca; la verifica dello stato dei beni nei medesimi procedimenti; l'accertamento della consistenza, della destinazione e dell'utilizzo dei beni; la programmazione dell'assegnazione e della destinazione dei beni confiscati; l'analisi dei dati acquisiti, nonché delle criticità relative alla fase di assegnazione e destinazione".

46. L'art. 2, comma 2, D.L. 04/2010, prevede che "Il Direttore, scelto tra i prefetti, e' nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ed e' collocato in posizione di fuori ruolo.

47. L'art. 2 comma 3, D.L. 04/2010 prevede che "Il Consiglio direttivo e' presieduto dal Direttore dell'Agenzia ed e' composto: a) da un rappresentante del Ministero dell'interno; b) da un magistrato designato dal Ministro della giustizia; c) da un magistrato designato dal Procuratore nazionale antimafia; d) dal Direttore dell'Agenzia del demanio o da un suo delegato".

48. L'art. 2, comma 5, D.L. 04/2010 prevede che "Il collegio dei revisori, costituito da tre componenti effettivi e da due supplenti, è nominato con decreto del Ministro dell'interno fra gli iscritti all'albo ufficiale dei revisori dei conti. Un componente effettivo e un componente supplente sono designati dal Ministro dell'economia e delle finanze".

49. Cfr. F. Fiorentin, Destinazione patrimoni, Prefetti senza più poteri, cit., pp. 47-8.

50. L'art. 5, comma 1, lett. a), D.L. 04/2010, così recita: "Alla legge 31 maggio 1965, n. 575, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 2 sexies: 1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro previsto dagli articoli precedenti il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e affida all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata l'amministrazione giudiziaria. L'Agenzia viene immessa nel possesso dei beni sequestrati, ove occorre, per mezzo della polizia giudiziaria. L'Agenzia ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni sequestrati anche nel corso dell'intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni. Al fine di consentire la verifica dell'andamento dell'amministrazione l'Agenzia trasmette al tribunale periodiche relazioni.»; 2) al comma 2 il secondo periodo è sostituito dal seguente: «L'Agenzia può farsi coadiuvare, sotto la propria responsabilità, da tecnici o da altre persone retribuite.»; 3) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. L'Agenzia si avvale, ove possibile, di coadiutori ed esperti scelti tra gli iscritti nell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari e non può avvalersi di persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, né delle persone condannate ad una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o di coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.»; 4) il comma 4 è abrogato; 5) il comma 4 bis è sostituito dal seguente: «4 bis. Nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto aziende, l'Agenzia di cui al comma 1 si avvale preferibilmente di persone scelte nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. L'Agenzia deve presentare al Tribunale, entro sei mesi dall'affidamento dell'amministrazione, una relazione particolareggiata sullo stato, sul valore e sulla consistenza dei beni aziendali sequestrati, nonché sullo stato dell'attività aziendale. Il tribunale, sentiti l'Agenzia e il pubblico ministero, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'impresa, approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive di gestione dell'impresa.»; 6) al comma 4 ter le parole: «l'amministratore giudiziario» sono sostituite dalle seguenti: «l'Agenzia»; 7) al comma 4 quinquies, primo periodo, le parole: «con la nomina di un amministratore giudiziario» sono soppresse".

51. L'art. 5, comma 1, lett. b), D.L. 04/2010, così recita: "b) all'articolo 2 septies: 1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata può stare in giudizio, contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fidejussioni, concedere ipoteche, alienare immobili e compiere altri atti di straordinaria amministrazione anche a tutela dei diritti dei terzi, previo nulla osta del giudice delegato.»; 2) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. L'Agenzia deve presentare al giudice delegato, entro tre mesi dall'affidamento, una relazione particolareggiata sullo stato, sul valore e sulla consistenza dei beni sequestrati e successivamente, con la frequenza stabilita dal giudice, una relazione periodica sull'amministrazione, esibendo, se richiesta, i documenti giustificativi; deve altresì segnalare al giudice delegato l'esistenza di altri beni, che potrebbero formare oggetto di sequestro, di cui sia venuta a conoscenza nel corso della gestione.»; 3) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. L'Agenzia adotta tutte le determinazioni necessarie al fine di assicurare la tempestiva destinazione dei beni confiscati. A tale fine richiede alle competenti amministrazioni tutti i provvedimenti che si rendono necessari, previa comunicazione al giudice delegato.»; 4) il comma 4 è abrogato".

52. L'art. 5, comma 1, lett. e), D.L. 04/2010 così recita: "e) all'articolo 2 decies: 1) i commi 1 e 2 sono sostituti dai seguenti: «1. Ferma la competenza dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di cui agli articoli 2 nonies e 2 undecies della presente legge e 12 sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con provvedimento del direttore dell'Agenzia, previa delibera del Consiglio direttivo, sulla base della stima del valore risultante dalla relazione di cui all'articolo 2 septies, comma 2, della presente legge e da altri atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dall'Agenzia una nuova stima.
2. L'Agenzia provvede entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 dell'articolo 2 nonies, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse, all'adozione del provvedimento di destinazione. Anche prima dell'adozione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile.»; 2) il comma 3 è abrogato".

53. L'art. 5 comma, lett. f), D.L. 04/2010, così recita: "[...] 2) al comma 2, lettera b), dopo la parola: 'trasferiti' sono inserite le seguenti: «con provvedimento dell'Agenzia» e l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Se entro un anno l'Ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l'Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi.»; 3) al comma 2, lettera c), in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Se entro un anno l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l'Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi.»; [...]".

54. Vedi art. 3, comma 3, D.L. 04/2010.

55. Cfr. F. Fiorentin, Destinazione patrimoni, Prefetti senza più poteri, cit., p. 50.

56. L'art. 5, comma 2, D.L. 04/2010 così recita: "All'articolo 12 sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, il comma 4 bis è sostituito dal seguente: «4 bis. Ai casi di sequestro e confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo, relativi ai procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale, si applicano le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste dagli articoli 2 quater e da 2 sexies a2 duodecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. Le medesime disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche ai casi di sequestro e confisca di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo per delitti diversi da quelli di cui all'articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale. In tali casi il tribunale nomina un amministratore. Restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno".

57. Vedi art. 7, comma 3, D.L. 04/2010.

58. Fonte: Ansa, Mafia: don Ciotti, bene Agenzia ma va fatta funzionare, si creino succursali anche a Roma, Milano e Palermo, 24 febbraio 2010.