ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

III capitolo
Accordi bilaterali Italia - Albania nella lotta contro l'immigrazione clandestina

Orkida Mehillaj, 2010

Nel periodo, che va dal 1991 ad oggi il rapporto tra Italia e Albania è stato ampiamente segnato da una forte preoccupazione, da parte italiana, nei confronti del fenomeno dell'immigrazione clandestina di massa proveniente dall'Albania. È proprio con riguardo a questo periodo ed allo scopo di fermare questi flussi, che progressivamente si intensifica la collaborazione tra i due Paesi; una collaborazione che non si limita soltanto al controllo dell'immigrazione irregolare ma che è va a toccare più in generale diversi settori, in considerazione del fatto che non si può prevenire il fenomeno ricorrendo esclusivamente alla repressione poliziesca, ma che è necessario fornire assistenza allo sviluppo per ottenere maggiore cooperazione nella lotta contro l'immigrazione clandestina (1).

1. La lotta contro l'emigrazione clandestina

Nel tentativo di arginare il fiume di profughi albanesi che tra marzo e agosto del 1991 sbarcarono sulle coste italiane, l'Italia decise di muoversi in due direzioni: se da una parte, per prevenire ulteriori flussi era indispensabile stipulare un apposito accordo, dall'altra c'era la consapevolezza che le operazioni di polizia non fossero sufficienti a fermare le migrazioni, ma che fosse necessario impegnarsi al fine di ridurre la povertà diffusa nel paese vicino (2).

Il 24 agosto del 1991 una delegazione italiana, guidata dall'allora Ministro dell'Interno, si reca a Tirana e conclude con le Autorità albanesi un Intesa: Accordo di cooperazione tra il Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana e il Ministro dell'Ordine Pubblico della Repubblica di Albania per la lotta contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope e contro la criminalità organizzata, con annesso protocollo aggiuntivo (3). Attraverso tale accordo i due Stati si assumono l'impegno di combattere il traffico illecito di sostanze stupefacenti e la criminalità organizzata (4); prendendo in considerazione soltanto l'art. 4, lettera e), i due contraenti si impegnano allo scambio di metodologie e tecniche di svolgimento dei controlli delle frontiere. Quest'ultimo impegno sempre in funzione degli obblighi assunti con l'accordo. È soltanto con il protocollo aggiuntivo annesso a tale accordo (firmato lo stesso giorno) che le parti prevedono lo scambio di informazioni per la prevenzione e il contrasto dei flussi migratori illegali fra i due Stati e lo scambio di funzionari delle Forze di Polizia, allo scopo di stabilire un collegamento diretto in merito alle materie oggetto dell'accordo e dello stesso protocollo aggiuntivo (5).

Successivamente, il 26 agosto, sulla base di un Memorandum di Intesa firmato dal Ministro albanese Ylli Bufi e dal Ministro degli Esteri italiano Gianni de Michelis, l'Italia intraprende l'"operazione Pellicano" inviando per una missione umanitaria le proprie unità militari, con il compito di distribuire generi alimentari e di controllare le coste albanesi (6). Si trattava di approntare in Albania, a Durazzo e Valona, due centri logistici, dell'Esercito e della Marina Militare, per distribuire viveri e medicinali che arrivavano in grande quantità dall'Italia e la cui circolazione risultava difficile se non impossibile (7). De Michelis, dichiarò che al contingente italiano furono affidati altri importanti obiettivi quali: realizzare la collaborazione fra le Marine militari per pattugliare le coste italiane, computerizzare il sistema di segnalazione, realizzare due gruppi di specialisti, a Durazzo e a Valona, per il controllo delle vie navali esistenti tra le due città e l'Italia (8).

La marina italiana ha operato per tre anni all'interno delle acque albanesi con il 22º Gruppo Navale (9) in una atmosfera molto incerta. Dopo il regime di Hoxha era la prima volta che l'Albania accoglieva un contingente militare straniero e che si apriva all'Occidente. Uomini e mezzi erano completamente disarmati, come del resto quelli dell'operazione Pellicano, e le unità navali, nei primi tempi uscivano in mare solo su autorizzazione dell'autorità albanese per effettuare il cosiddetto "monitoraggio" (10). Durante i monitoraggi era obbligatoria la presenza a bordo di un ufficiale di collegamento albanese (11). Il 22º Gruppo Navale concludeva il 3/12/1993 le attività iniziate nel settembre del 1991. Durante questo periodo le sue unità avevano effettuato 16 operazioni di soccorso in mare recuperando oltre 800 naufraghi da navi mercantili, pescherecci e imbarcazioni vario tipo. Attraverso il controllo degli imbarchi sui traghetti italiani (altro compito affidato al Gruppo) erano invece state respinte 5.540 persone con documenti irregolari o che tentavano di imbarcarsi clandestinamente (12).

L'operazione umanitaria italiana è stata commentata in modo differente con riguardo al raggiungimento dei suoi obiettivi. Alcuni sostengono che, grazie a tale operazione, l'Albania è riuscita a sopravvivere fino ai nuovi raccolti ed ha potuto affrontare una fase economica ricostruttiva, e che l'unico contrasto fra italiani e albanesi si è avuto al termine della missione, a causa della pretesa di Tirana, non esaudita, di entrare in possesso delle attrezzature usate dai militari italiani nel corso dell'operazione (13). Solo nella prima fase dell'"operazione Pellicano" i soldati italiani avevano consegnato 186 mila tonnellate di viveri e medicinali nei 27 centri dislocati in ogni regione per essere poi portati anche nei villaggi più sperduti (14): si è trattato di una operazione che ha dimostrato le potenzialità dell'organizzazione militare italiana nel soccorso delle popolazioni e della protezione civile, garantendo allo stesso tempo sicurezza e controllo (15).

Altri hanno rivolto pesanti accuse nei confronti di questa operazione. Critica è la posizione espressa da Alberto Spagnoli in Pellicano: un precedente da ricordare (16), secondo l'autore la missione non è riuscita ad adempiere nessuno dei due obiettivi: né quello umanitario di distribuzione dei viveri né quello di impedire nuovi esodi. Secondo Spagnoli gli aiuti smistati in alcuni magazzini dai militari italiani, invece di essere successivamente distribuiti o venduti dal governo albanese o da commercianti privati, furono affidati a dei commercianti prestanome di truffatori italiani e greci. In questo modo il denaro pubblico stanziato per gli aiuti è rimasto o è tornato in gran parte in Italia in modo legale (17) o in modo illegale (18).

Secondo scopo dell'operazione Pellicano, forse il più importante, era quello di impedire l'immigrazione clandestina albanese verso l'Italia attraverso, sia il miglioramento della situazione economica, sia il pattugliamento congiunto delle coste. Secondo Spagnoli l'obiettivo non fu mai raggiunto, anzi la situazione peggiorò durante i mesi dell'operazione. L'industria e tutta l'economia rimasero ferme a causa della mancanza di materie prime, promesse dall'Italia, ma mai giunte a destinazione o comunque non impiegate nelle fabbriche. Dopo un anno di aiuti le condizioni economiche che avevano spinto migliaia di albanesi a prendere la via della fuga, non solo permanevano, ma si erano aggravate. In questo modo, a dispetto dei costosi pattugliamenti e per la gioia di chi speculava su miseria e disperazione, l'immigrazione clandestina è continuata indisturbata anche senza assumere le dimensioni di un esodo di massa. Migliaia di albanesi sono arrivati in Italia attraverso il canale dei contrabbandieri pugliesi ed attraverso il traffico dei visti, al quale non sarebbero stati estranei funzionari dell'ambasciata italiana (19).

I rapporti tra Albania e Italia attraversano, negli anni 1993-1994, una fase di freddezza e non si concretizzano in alcun progetto importante. Al termine dell'operazione Pellicano sarebbero dovuti entrare in vigore due accordi: il primo riguardante la ricostruzione di una Guardia Costiera albanese ed il secondo relativo alla messa in opera, con ristrutturazione e ammodernamento dei materiali, delle segnalazioni marittime costiere, ma il presidente Berisha scelse come interlocutore gli Stati Uniti (20). Il rapporto preferenziale con gli USA si limitò soltanto al piano militare e a quello politico, mentre i finanziamenti e gli investimenti statunitensi in Albania furono assai pochi. Nel marzo del 1992 Sali Berisha, leader del partito democratico Albanese, "gemellato" con il Partito Democratico degli Stati Uniti (e da questo abbondantemente e apertamente finanziato) nonché intimo amico dell'ambasciatore americano a Tirana, William Ryerson, in un tripudio di bandiere albanesi e americane vince le elezioni presidenziali. Per "riconoscenza" Berisha accetterà di installare in Albania due aeri-spia della CIA, con le relative squadre di tecnici, agenti e consiglieri; progetto, questo, proposto all'Italia nel 1994 e rifiutato dall'allora presidente del consiglio Ciampi che negò agli USA le basi militari per gli aeri-spia (21). Anche l'idea di costruire una strada di grandi traffici commerciali lungo il tracciato della antica via Egnatia non si realizzò a causa sia della crisi albanese, sia dell'incertezza italiana. Fallì anche il tentativo dell'ambasciatore italiano a Tirana, Paolo Foresti, di stipulare con il Governo albanese accordi di carattere militare, diretti a continuare l'esperienza dell'"operazione Pellicano" e ad affidare all'Italia la formazione delle forze armate albanesi (22).

Con i primi disordini del gennaio 1997 in Albania, causati dal fallimento delle società piramidali, l'Italia vedrà sbarcare sulle sue coste un inarrestabile esodo di profughi in fuga da un Paese travolto dal caos (23). Secondo Giorgio Napolitano, all'epoca Ministro dell'Interno, una situazione di crisi acuta - civile, etnica, di disordine generalizzato, di brusco collasso delle strutture statali, anche in assenza di specifiche persecuzioni politiche, razziali o religiose sulle quali fondare la concessione dell'asilo politico - doveva essere affrontata con l'impegno del Governo italiano ad attuare misure di protezione temporanea, procedura questa consolidatasi anche nella prassi internazionale, per coloro che abbandonano il loro paese e si presentano alle frontiere chiedendo accoglienza umanitaria. Considerando però le caratteristiche atipiche della crisi albanese, non trattandosi di guerra civile né di disordine generalizzato si decise di verificare caso per caso la situazione degli albanesi che affluivano in Italia, accogliendo solo coloro che presentavano un effettivo bisogno di protezione. In tale situazione, il governo italiano ha adottato una duplice strategia: da una parte offriva accoglienza umanitaria e protezione temporanea nei casi di effettivo bisogno, attuando l'immediato riaccompagnamento degli albanesi non giudicati "bisognosi di protezione", dall'altra parte cercava in tutti modi di evitare un possibile afflusso più massiccio e caotico, o un vero e proprio esodo. Le dimensioni incontrollabili che stava assumendo l'esodo nel mese di marzo costrinsero il Governo Italiano, il 19 marzo 1997, ad adottare un decreto-legge recante "Interventi straordinari per fronteggiare l'eccezionale afflusso dei stranieri extracomunitari provenienti dall'Albania e di dichiarare lo stato di emergenza con scadenza il 30 di giugno, necessario per l'emanazione di misure di espulsione (24).

A questo periodo risale anche l'accordo concluso in materia dell'immigrazione clandestina via mare tramite lo scambio di lettere del 25 marzo 1997 tra il Ministro degli Esteri albanese Bashkim Fino e quello italiano Lamberto Dini per il pattugliamento dell'Adriatico in acque territoriali albanesi con blocco alle coste (25). Da questo momento in poi gli albanesi che arriveranno in Italia saranno considerati clandestini e rimpatriati.

A questo proposito merita di essere riportato il testo dell'accordo per scambio di lettere del 25 marzo 1997:

"Signor Ministro,

mi riferisco alla richiesta che il Governo albanese ha ripetutamente rivolto ai paesi europei per un'assistenza militare internazionale intesa a consentire alle Autorità albanesi di assicurare, attraverso i necessari controlli, che i cittadini che intendono lasciare il paese lo facciano nel rispetto delle pertinenti disposizioni della legislazione albanese.

Richiamo in tale contesto l'esigenza anche per il Governo italiano di evitare che cittadini albanesi si sottraggono al controllo della giustizia albanese raggiungendo illegalmente l'Italia.

La situazione molto difficile creatasi in Albania in quest'ultimo periodo, caratterizzata da gravi violazioni dell'ordine giuridico e da un massiccio flusso illegale di cittadini verso altri paesi, rende necessario un ulteriore rafforzamento della nostra collaborazione nel campo giuridico e umanitario. Scopo fondamentale di tale collaborazione resta la prevenzione degli atti illeciti che ledono l'ordine giuridico nei due paesi e l'immediato aiuto umanitario quando è messa a rischio la vita di coloro che tentano di lascare il paese.

Su queste basi il Governo italiano offre la propria collaborazione e la propria assistenza per il controllo ed il contenimento in mare degli espatri clandestini da parte di cittadini albanesi.

Qualora il Governo albanese concordi, tale collaborazione si esplicherà per un iniziale periodo di 30 giorni, prorogabile di comune intesa, mediante il fermo in acque internazionali ed il dirottamento in porti albanesi da parte di unita delle Forze Navali italiane di naviglio battente bandiera albanese o comunque riconducibili allo Stato albanese, nonché il fermo in acque territoriali albanesi di qualsiasi bandiera che effettui trasporto di cittadini albanesi che si fossero sottratti ai controllo esercitati sul territorio albanese dalle Autorità a ciò preposte.

Le competenti Autorità dei due Paesi stabiliranno con apposito protocollo il più presto possibile le necessarie procedure tecniche per mettere in pratica questa collaborazione nelle acque territoriali albanesi e internazionali.

Le sarò grato. Signor Ministro, se vorrà espressamente manifestare il consenso del Governo albanese su quanto precede..."

In risposta il Ministro degli Affari Esteri albanese:

" Signor Ministro

Mi riferisco alla sua lettera in data odierna che legge come segue ...

.... Ho l'onore con la presente di esprimere la formale accettazione da parte del Governo albanese di quanto contenuto ...."

A partire da questa data l'Adriatico fu blindato, l'Italia mise un blocco navale alle coste non prendendo in considerazione le critiche provenienti dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Con la firma dell'accordo bilaterale italo-albanese del 25 marzo 1997, mirato esclusivamente al contenimento del traffico clandestino di profughi, lo schema dell'azione anti-immigrazione, denominata "Albania 2" è venuto strutturandosi su tre linee: un dispositivo costiero operante nelle acque territoriali albanesi affidato proprio al 28º gruppo Navale (26), una seconda fascia, costituita da navi d'altura, tre fregate, con il compito di sorvegliare lo spazio marittimo tra Albania e Italia allo scopo di localizzare natanti che eventualmente trasportavano clandestini, mentre il terzo dispositivo (27) doveva recepire la situazione trasmessa dalle unità d'altura e agire per il contenimento dell'immigrazione clandestina nelle acque territoriali italiane (28).

Il 28º Gruppo Navale operava, regolarmente armato, pronto a rispondere al fuoco se provocato e aveva a disposizione un contingente anfibio che, in una città marittima, poteva assicurare, in condizioni di totale autonomia, il controllo di un grosso quartiere abitato, dell'area portuale, del porto e del lungomare sul quale si trovavano le aree di partenza degli "skafisti". L'azione del Gruppo ha consentito di bloccare il 30-35% dei natanti in partenza (29).

Subito dopo, il 28 marzo, accade l'episodio della collisione nel canale di Otranto tra la fregata italiana Sibilla e la nave albanese Kater i Rades. Il ministro Dini si difese operando una distinzione tra "blocco navale" e "efficace pattugliamento", tra l'altro richiesto dall'Albania, volto ad evitare l'espatrio clandestino di criminali, ma la tragedia nel canale di Otranto mise in evidenza i pericoli insiti nella difesa della costa pugliese (30). Non è molto chiaro quando lo scambio delle lettere del 25 marzo 1997 sia entrato in vigore, non essendo prevista alcuna data specifica al riguardo nel testo. Il comportamento dell'Italia con la nave Sibilla, potrebbe rappresentare una prematura esecuzione di un accordo che, senza il protocollo di attuazione, non sarebbe dovuta avvenire, non risultando inoltre che lo scambio di lettere prevedesse alcuna forma di applicazione provvisoria. In sostanza al momento dell'incidente del 28 marzo, erano in vigore regole generali di carattere convenzionale che consentivano alle navi italiane di interferire con la navigazione di navi albanesi al fine di prevenire intrusioni non autorizzate nelle acque territoriali italiane, nonché fenomeni di immigrazione clandestina. Tuttavia non erano in vigore le regole convenzionali relative alle modalità di esercizio dei poteri speciali conferiti all'Italia nei confronti di navi albanesi dell'accordo del 25 marzo. Il protocollo di attuazione dell'accordo è stato concluso successivamente alla collisione, il 2 aprile 1997 ed è entrato in vigore, come prevede il suo art. 13, il 3 aprile 1997 (31). Un'altra particolarità che merita di essere rilevata riguarda la previsione della possibilità di operare azioni coercitive in acque internazionali anche nei confronti di navi di nazionalità non albanese, purché "riconducibili allo Stato albanese". Non si capisce su quali basi il solo consenso albanese potesse consentire un intervento italiano su navi, battenti bandiera ombra, di nazionalità di uno Stato terzo (32).

Diversamente dalle lettere, il Protocollo attuativo (33) prevede dettagliatamente le modalità di svolgimento delle misure che l'Italia può adottare per prevenire e contenere il flusso via mare di immigrati clandestini albanesi. L'art. 4 fa riferimento a quattro misure: a) inchiesta di bandiera, b) fermo, c) visita, d) dirottamento (34). Come si può notare, il protocollo modifica radicalmente una delle disposizioni contenute nella lettera del governo italiano: mentre in essa era previsto un dirottamento verso porti albanesi, il protocollo prevede soltanto una scorta fino al limite delle acque territoriali italiane. Le navi italiane non potevano imporre un cambio di rotta alle navi albanesi, né eseguire, come fece la nave Sibilla, manovre dirette a realizzare un simile obiettivo.

Già dalla seconda metà del mese di marzo del 1997, il governo di Tirana richiedeva l'intervento di una forza militare multinazionale con la finalità di aiutare a ripristinare la legalità e l'ordine nel Paese che era in preda all'anarchia e al banditismo. Davanti all'intensificarsi, nel corso dello stesso mese, degli sbarchi clandestini sul territorio italiano, l'appello delle autorità albanesi è stato raccolto in primo luogo dall'Italia, che svolse un'intensa azione diplomatica per sollecitare l'impegno degli organismi internazionali, in particolare di OSCE ed Unione europea (35). In ogni caso l'azione di maggior rilievo realizzata sul piano internazionale è stata la costituzione della Forza multinazionale di protezione (Fmp). Quest'ultima, richiesta dal governo albanese, e sostenuta dall'OSCE e dall'UE, è stata autorizzata, ai sensi del capo VII della Carta delle Nazioni Unite, dal Consiglio di Sicurezza con risoluzione 1101 (1997) il 28 marzo del 1997. L'organizzazione e il comando della Forza venne assegnato all'Italia (36). La missione del Fmp, dominata "Alba", era quella di ripristinare condizioni di pacifica convivenza, messe in pericolo dall'alto livello di instabilità, di facilitare lo svolgersi dell'assistenza umanitaria e di contribuire alla creazione di condizioni di sicurezza per le attività degli organismi internazionali presenti in Albania (37). La durata della missione, inizialmente fissata in 3 mesi, alla scadenza del 28 giugno 1997 fu prorogata di 45 giorni dalla risoluzione 1114/1997, al fine di proteggere gli osservatori dell'OSCE durante le elezioni, spostando così il termine al 12 agosto successivo. Fin dall'inizio dell'operazione l'Italia mise a disposizione la propria Marina Militare, per l'evacuazione dei cittadini italiani, la ricognizione dei punti di approdo, il controllo dei fondali e della loro sicurezza e, con lo schieramento del 28º Gruppo Navale, per il pattugliamento, la prevenzione e il tamponamento dei tentativi di esodo clandestini.

La presenza del 28º Gruppo Navale ha avuto come risultati immediati l'intercettazione e il rientro di 323 motoscafi e gommoni con a bordo immigrati clandestini e il soccorso a 14 unità in avaria con salvataggio di 150 persone. Il Gruppo ha operato anche come una sorta di radar navigante che, dalle coste pugliesi alle spiagge di Durazzo e Valona, ha avuto l'incarico di investigare, intercettare, tentare di dissuadere ad eventualmente seguire sino alle coste italiane, dove dovevano essere bloccati dalle Forze dell'Ordine al momento dello sbarco, sia i clandestini che i malavitosi che li traghettavano. Il Gruppo ha poi provveduto al recupero di 9 boe luminose, spente da anni, che segnavano il sentiero di ingresso del porto di Durazzo, dei due fari dell'ingresso e del grande faro posto su una collina della città anch'essi inattivi da tempo. Inoltre il Gruppo ha operato per la bonifica del Porto S. Nicola, l'unico approdo accessibile dell'isola di Saseno.

Inizialmente il 28º Gruppo Navale operava dislocato con Campo Base nel Porto di Durazzo e con un Distaccamento presso il porto S. Nicola della Base Navale dell'Isola di Saseno. Dal febbraio 2004 la sede del Comando si trasferì da Durazzo a Valona, insediandosi nelle strutture precedentemente occupate dalla Missione Nazionale ALBIT per la ricostruzione dell'Accademia Aeronautica albanese. Nel secondo semestre del 2005, fu avviato uno studio rivolto ad un ridimensionamento numerico del personale del 28º Gruppo Navale, contestualmente ad una migrazione dei compiti verso attività di cooperazione/addestramento, tralasciando quelli di natura "operativa". Successivamente, è emersa la necessita di pervenire ad una nuova configurazione del 28º Gruppo Navale nell'ambito dei compiti della DIE (quest'ultima è l'unico interlocutore dell'Albania per gli aspetti connessi alla cooperazione/addestramento), nonché di mantenere la presenza di un Comando Navale per assicurare la continuità della gestione del sito Radar sull'isola di Saseno; in tale ottica il 28º Gruppo Navale è stato riconfigurato concentrando sul polo unico di Saseno mezzi (comprensivi di un Rimorchiatore d'altura), materiali e personale, e a Valona (presso la scuola delle Forze Navali) gli strumenti per garantire le esigenze minime di carattere logistico e amministrativo. Tale nuova configurazione fu assunta dal 28º Gruppo Navale a partire dal 5 dicembre 2006.

Il 24-25 febbraio 2009 è stato celebrato lo scioglimento del 28º Gruppo Navale dopo 12 anni di attività.

Con la fine dell'operazione "Alba" il 28º Gruppo Navale ha continuato la sua opera sulla base di accordi rinnovati di volta in volta con compiti di prevenzione dell'immigrazione clandestina.

Il 12 agosto 1997 l'Italia porta a termine il ritiro del suo contingente militare dall'Albania ed il 28 agosto viene siglato il Protocollo per la cooperazione tra i due paesi nel settore della Difesa (38). Si trattava di un'intesa sull'assistenza tecnica italiana alla riorganizzazione ed al consolidamento delle Forze armate albanesi. Le trattative sono andate avanti lungamente incontrando maggiore difficoltà nel prospettare agli interlocutori albanesi quale avrebbe potuto essere la migliore via per ricostruire le Forze Armate, basandole su due principali criteri: una strutturazione che le potesse rendere quanto più prossime possibile agli standard NATO e una dimensione calibrata sulle reali esigenze del Paese. Finalmente i lavori hanno avuto inizio alla fine del dicembre 1997. Secondo quanto previsto dall'accordo, l'Italia doveva fornire consulenza, addestramento, istruzione, materiali ed equipaggiamenti in vari settori: dalla legislazione militare alle comunicazioni, dalla logistica al servizio sanitario militare, con l'intento di contribuire alla riorganizzazione dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica (39). Non era prevista, invece, la concessione di armamenti ma solo di materiali, equipaggiamento e mezzi di trasporto cingolati. Le modalità di attuazione del programma dovevano essere stabilite progressivamente di comune accordo valutando le esigenze dell'Albania, la disponibilità italiana ed il contesto generale. La struttura militare presente in Albania era formata da: il reparto più anziano del 28º Gruppo Navale che operava nelle acque albanesi sin dall'aprile 1997; la Delegazione Italiana Esperti (DIE) (40) composta da personale Interforze; da personale dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato per la ricostruzione della Polizia Albanese (41). Tra le iniziative svolte dalla DIE nei primi mesi di applicazione dell'accordo si possono annoverare un corso di formazione per ufficiali del Genio albanese sul riordino dei depositi di munizioni, la bonifica di aree minate e la difesa dei depositi; l'assistenza tecnica al personale dell'Aviazione militare nel controllo aereo; la riparazione di sei imbarcazioni del naviglio albanese (42).

A seguito all'intesa del 28 agosto 1997 si è svolta una proficua attività di cooperazione e assistenza per la ristrutturazione delle infrastrutture logistiche e di addestramento presso l'Accademia delle Forze Aeree a Valona e per la risistemazione della vicina pista di atterraggio di Pish Poro. L'Aeronautica Militare, in seguito all'intesa, ha dato corso al progetto "Scuola di Volo di Valona" mantenendo sul posto un Reparto a livello di Gruppo Autonomo. Il Gruppo Autonomo Aeronautica Militare di Valona è stato costituito ed iniziò ad operare in Albania il 1º aprile del 2000 (43). Il personale della missione avviò il Progetto "Scuola di Volo di Valona", assicurando la supervisione, l'assistenza tecnica e, ove necessario, gli interventi a carattere dimostrativo e di addestramento, al personale delle Forze Armate albanesi (44), che aveva eseguito le opere di ristrutturazione. Il reparto italiano aveva il compito di assicurare la vigilanza nelle aree di cantiere dei materiali e dei mezzi impiegati per le attività finalizzate alla realizzazione del Progetto, cosi come di garantire la sicurezza dei convogli militari e, in situazioni di emergenza e particolare gravità, la sicurezza del personale del Ministero dell'Interno presente nella città di Valona. Il progetto si è svolto con un'eccellente cooperazione tra l'Aeronautica Militare italiana e le rappresentanze albanesi (45).

Il 17 settembre 1997 i due paesi firmano a Roma il secondo accordo bilaterale per la consulenza, l'assistenza e l'addestramento delle forze di Polizia albanesi (46). Ma, già dal Maggio 1997, era stato avviato un primo progetto di assistenza alle Forze di Polizia albanesi a seguito di accordi presi dall'allora Primo Ministro Fino e il Presidente del Consiglio Prodi, formalizzati poi con la firma del Protocollo di Intesa del 17 settembre. La parte italiana in base all'art. 2 del protocollo affianca i vertici dell'amministrazione albanese con circa 70 esperti provenienti da Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza per un periodo iniziale di 180 giorni con la previsione di una possibile proroga (art. 21). L'impegno italiano, denominato dal protocollo "la Missione", doveva esercitare il suo intervento inizialmente a Tirana, Durazzo ed eventualmente Valona (art. 4), ed era composto da tre nuclei: "Nucleo centrale", "Nucleo Territoriale" e il "Nucleo della Frontiera Marittima" (47).

Gli obiettivi assunti dalla Missione, cosi come previsti dall'art. 5, possono essere così riassunti: miglioramento delle comunicazioni mediante la realizzazione di sale operative raccordate con le volanti; predisposizione di piani di controllo del territorio e addestramento del personale addetto, consulenza per l'organizzazione interna delle strutture di polizia, riorganizzazione della Polizia di Frontiera e Marittima, formazione del personale addetto alle operazioni di investigazione con la partecipazione della polizia albanese ai corsi formativi organizzati dalle forze di polizia italiane, completamento del ponte radio tra Tirana e varie località del Paese.

In ogni caso il personale italiano non prendeva parte alle operazioni sul campo che la polizia albanese doveva compiere per riportare l'ordine pubblico nel Paese, ad eccezione della Guardia di Finanza che addestrava la polizia marittima albanese a bordo di quattro motovedette.

La Missione bilaterale doveva perseguire i propri obiettivi in collaborazione con le iniziative internazionali dell'Unione Europea Occidentale (48) e dell'Unione Europea (49).

La Missione di assistenza, svolta sotto la guida del direttore Generale della Polizia di Stato Nicola Simone, ha visto, per la prima volta nella storia delle Forze Armate e di Polizia italiane, operare unitamente e sotto la stessa direzione il personale dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato. La Missione era composta da 7 elementi dell'Arma dei Carabinieri, 50 della Guardia di Finanza e di 12 della Polizia di Stato, suddivisi in 4 nuclei. A Tirana si trovava il Nucleo Centrale, a Durazzo due Nuclei Territoriali e, presso il porto della stessa città, un Nucleo di Frontiera Marittimo gestito esclusivamente dalla Finanza, mentre i primi tre erano formati da Carabinieri e Polizia (50). Con gli obiettivi di cui si era fatta carico, la Missione ha cercato di introdurre un sistema più moderno di Polizia nell'ambiente delle Forze di Polizia albanesi introducendo il concetto di prevenzione. A questo fine sono stati realizzati, dopo un periodo di preparazione del personale albanese, due servizi di pronto intervento con i 112 e 113 italiani come modelli di rifermento, uno a Tirana e l'altro a Durazzo, con il numero di telefono 19, approntando inoltre due sale operative e pattuglie mobili collegate ad esse via radio. Inizialmente, il servizio era garantito 24 ore su 24 con 6 radiomobili a Tirana e 3 a Durazzo chiamate "Shqiponja" ("Aquila"), oggi è attivo su tutto il territorio nazionale.

Il Nucleo di Frontiera Marittima era invece articolato in una sala operativa al porto e 4 vedette (a rotazione su un totale di 8) che durante le operazioni avevano l'obbligo di imbarcare un ufficiale albanese. Nel periodo che va dal dicembre del 1997, data di inizio delle loro attività, fino alla metà del febbraio successivo, le vedette della Finanza hanno contribuito, con proprie autonome operazioni o congiuntamente al 28º Gruppo Navale, al controllo dell'immigrazione clandestina. Solo in due diverse operazioni si è reso possibile il fermo, il controllo e il sequestro di due motonavi: la Stefanos di bandiera Belize e la Demon di bandiera albanese. L'equipaggio di quest'ultime fu arrestato dalla Polizia di Durazzo per il trasporto di generi di contrabbando (51).

Anche la Guardia di Finanza aveva il compito di istruire il personale albanese della Polizia di Confine all'utilizzo delle nuove metodologie, cosicché quest'ultima potesse gradualmente subentrarle nello svolgimento dell'incarico. Le difficoltà non sono state poche considerando che la Polizia di Confine albanese era priva di qualsiasi esperienza di Guardia Costiera e di attività tributaria, e non disponeva dei mezzi navali necessari, se non si considera tale un scafo ex contrabbandiere degli anni '70.

Alla scadenza del termine previsto dal protocollo per la durata della Missione bilaterale si poteva ritenere che, a parte i lunghi tempi morti iniziali, qualcosa si fosse mosso. I corsi erano stati frequentati con profitto, le sale operative funzionavano e le "Aquile" pattugliavano le strade (52).

La Missione inizialmente prevista fino a marzo del 1998 è stata prorogata con l'accordo del 11 giugno 1998 per altri 6 mesi, estesi successivamente fino al 31 dicembre 1998 (53). Nella nuova intesa rimangono valide le disposizioni previste dal precedente protocollo con l'aggiunta di altre due disposizioni che ampliano ulteriormente gli obiettivi della Missione e prevedono la costituzione di un nuovo Nucleo di Frontiera Marittima nell'isola del Saseno. In particolare l'art. 2 prevede l'espansione della Missione sul territorio, supportata da un collaterale ampliamento delle attività di consulenza, assistenza e addestramento lungo le coste albanesi e finalizzata ad agevolare l'operatività del personale della Polizia albanese imbarcato sulle unità navali della Missione, anche con la costituzione di un ulteriore Nucleo di Frontiera Marittima in Saseno. Una volta bonificato il porto di Saseno diviene necessario espandere l'opera di ricostruzione verso Valona, raggiunto tale obiettivo, secondo la Guardia di Finanza sarebbe stato necessario pensare anche a Shengjin (54).

In relazione agli obiettivi fissati nell'art. 5 del precedente Protocollo del 1997, l'attività di consulenza della Missione a favore della Polizia albanese si doveva ulteriormente sviluppare tenendo conto dell'attuazione del progetto della rete in ponte radio e la creazione di una Sala situazione presso il Ministero dell'Ordine Pubblico albanese; dell'aggiornamento ordinamentale e strutturale della polizia albanese; il completamento della organizzazione della Polizia Stradale e dei Reparti di Pronto intervento, nonché l'adeguamento funzionale della Polizia di Confine, con la definizione delle competenze della medesima per le attività nelle acque territoriali; la collaborazione nel settore della lotta alla criminalità, anche per quanto concerne il perfezionamento della legislazione anticrimine e lo sviluppo dei servizi di polizia criminale preposti alle attività informative e di intelligence sui relativi fenomeni (art. 4). Inoltre sempre l'art. 4 prevedeva il conseguimento di altri obiettivi come: la costituzione di un Ufficio di collegamento italiano a Tirana che assicurasse un costante raccordo informativo con i competenti organi centrali della Polizia albanese in materia di contrasto della criminalità; la formazione specialistica dei quadri direttivi e del corpo docente dell'Accademia di Polizia albanese; la programmazione e la realizzazione di corsi per la formazione di base del personale da immettere nei ruoli non direttivi della polizia albanese; la formazione delle unità addette a speciali compiti operativi.

La Missione Interforze

La collaborazione Italia - Albania durante 1991-2000 vide poi la stipula di alcuni accordi di cooperazione nel settore della sicurezza. Vanno ricordati oltre all'accordo del 24 agosto 1991 in materia di lotta alla criminalità, anche l'accordo di riammissione del 18/11/1997 (entrato in vigore 1/08/1998) e l'invio di una Missione Italiana Interforze di polizia per le attività di consulenza, addestramento e assistenza, finalizzata alla riorganizzazione della polizia albanese (Protocolli d'Intesa del 17/09/1997, dell'11/06/1998, del 10/11/1998, del 10/01/2000 e del 5/07/2000) (55). È solo con l'ultimo provvedimento legislativo, D.L 28/08/2000 n. 239 convertito con modificazioni dalla legge 27/10/2000 n.305, che ha prorogato l'attività della Missione Interforze fino al dicembre 2000, che è stata introdotta una disposizione ai sensi della quale il Governo italiano è tenuto a presentare al Parlamento, "entro il 30 giugno ed il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati (56).

Queste relazioni, presentate al Parlamento Italiano dal Ministero dell'Interno, si interrompono nel 2006, limitandosi poi quest'ultimo alla mera constatazione che la Missione Interforce continua tuttora la sua attività in Albania. L'obbligo di presentare la Relazione era previsto dalla legge solo per l'anno 2002 ma il Ministero di sua iniziativa, poiché la missione era stata prorogata, ha continuato a fornire i relativi dati fino al 2005, con riferimento ai risultati conseguiti nell'anno precedente. Non essendo previsto un obbligo legislativo il Ministero dell'Interno non è più tenuto a trasmettere al Parlamento tali informazioni.

Lo scopo della Missione Italiana Interforze (57), che inizia ad operare in Albania a partire dal 16 ottobre 1997, è stato, e continua ad essere, quello di un progetto di consulenza, addestramento e assistenza finalizzato alla riorganizzazione delle forze di polizia albanese. La sua attività era rivolta principalmente a far funzionare le strutture della polizia, a livello centrale e periferico, destinate al controllo del territorio e delle coste albanesi. Inoltre tra i suoi compiti c'è stato quello di fornire la propria consulenza per il varo del nuovo Ordinamento della Polizia di Stato albanese e di altre importanti normative, per la riorganizzazione dei servizi di polizia criminale e per la formazione della polizia "shqipetare", integrando tali compiti anche con l'attività di assistenza in termini di forniture (58).

La Missione è riuscita negli anni 1997-2000 a conseguire i propri obiettivi nel rispetto dei principi di gradualità e di continuità delle attività finalizzate alla riorganizzazione della polizia albanese, anche se non sono mancate le difficoltà e i ritardi, in fase operativa, a causa di una realtà politica e amministrativa non consolidata, attraversata da dispute, disordini e reiterati mutamenti all'interno delle stesse forze politiche.

Il primo campo di azione della Missione ha riguardato la consulenza giuridica, contribuendo alla stesura del testo del nuovo ordinamento della polizia albanese. L'intenso lavoro svolto negli anni 1997-2000, ha portato risultati rilevanti che si sono riflessi nella conversione in legge di alcuni testi normativi, come la legge sul nuovo ordinamento della Polizia di Stato albanese, il codice della strada, la legge sulla polizia giudiziaria, la legge sui gommoni, e nella predisposizione di testi normativi per la ratifica di convenzioni internazionalmente riconosciute (59). L'attività di consulenza si è protratta nel 2º semestre del 2000 con la realizzazione di progetti a sostegno degli esperti del Ministero dell'Ordine Pubblico (60). Importanti progetti approvati dal parlamento in questo periodo riguardavano la "prevenzione e la repressione dell'uso dei mezzi di navigazione a motore di peso inferiore a 20 NT" e la "legge sulla polizia giudiziaria".

Un importante progetto è stato sviluppato dalla Missione sul fronte della prevenzione generale, con l'intento di rendere concreto ed efficace il controllo del territorio attraverso la costituzione di Sale Operative (61) e l'attivazione del numero di soccorso pubblico "19" presso gli Uffici di polizia, l'attivazione in tutte le province di autopattuglie con autovetture e apparati radio ceduti dal Ministero dell'interno italiano e la riorganizzazione dei Reparti di Pronto intervento per i servizi di ordine pubblico e di "prevenzione del crimine". La strategia della prevenzione ha riguardato anche il controllo del confine marittimo albanese, con lo scopo di contenere e contrastare i flussi migratori clandestini e di neutralizzare gli altri traffici illeciti via mare della malavita dei due Paesi. Le "crociere addestrative" effettuate dai Nuclei di Frontiera Marittima della Missione con basi a Durazzo e Saseno, realizzate con l'utilizzo di motovedette della Guardia di Finanza e con la presenza a bordo di ufficiali della Polizia di Confine albanese, hanno permesso di conseguire, dal dicembre del 1997 al 31 dicembre 2000, i seguenti risultati (62):

  • Il respingimento sulle coste albanesi di 1000 gommoni e 50 motoscafi con a bordo 25.000 clandestini;
  • Il sequestro di 56 gommoni, 22 motoscafi, 24 motonavi, 13 pescherecci e automezzi impiegati nel trasporto di clandestini e in altri traffici illeciti (di cui 6 adibiti all'attività di contrabbando); 3 carrelli, 1 trattore e 2 autovetture impiegati per il trasporto di natanti;
  • L'arresto o il fermo di 196 persone ("scafisti", autisti di mezzi e altri soggetti coinvolti nei traffici relativi alla migrazione clandestina);
  • Il fermo, prevalentemente, a Valona, nel corso dei servizi di controllo del territorio, di circa 5.470 persone dirette verso i punti di imbarco per trasferirsi in Italia;
  • Il coordinamento dispositivo di controllo terra-mare ed i collegamenti con il 28º Gruppo Navale, hanno permesso segnalazioni via radio alle Sale Operative della Guardia di Finanza lungo le coste pugliesi di 1.493 "bersagli veloci" diretti verso Italia di cui 38 risultati in rientro verso le coste albanesi. Gli interventi del Corpo sulle citate coste pugliesi hanno consentito il sequestro di 284 natanti e l'arresto di 334 "skafisti").

Volendo fare un bilancio dei risultati conseguiti da questa collaborazione durante l'anno 2000 si può constatare una progressiva contrazione del numero di natanti partiti dalle coste albanesi e respinti dai Nucleo di Frontiera Marittima della Missione Interforze (204 nel 2º semestre del 2000 rispetto ai 310 del 1º semestre dello stesso anno). A partire dal mese di settembre del 2000 si è verificato un maggiore contenimento delle partenze di natanti dall'Albania, confermato dal numero dei "bersagli veloci" diretti verso l'Italia o in rientro in Albania dall'Italia (38 rispetto ai 104 dell'intero 2º semestre del 2000), un aumento del numero dei natanti sequestrati (49 rispetto ai 10 sequestrati nel 1º semestre), e un aumento del numero di persone arrestate o fermate in quanto ritenute responsabili della gestione dei traffici migratori clandestini (33 persone rispetto alle 16 fermate o arrestate il 1º semestre del 2000).

Rilevante è anche l'assenza di clandestini in alcuni motoscafi respinti lungo le coste albanesi anche se questo induce a supporre che tali natanti fossero utilizzati per il solo trasporto di merci di illecita provenienza. Non meno importante è la constatazione, da parte della polizia "shqipetare", durante i servizi preventivi finalizzati al contrasto della migrazione clandestina, che dei 1.470 fermati 823 erano di etnia curda.

Il maggiore successo di questa cooperazione è stato rappresentato dalla attività della Polizia di Confine aerea albanese che, istruita dagli esperti della Missione Interforze, ha contrastato presso l'aeroporto di Rinas, l'ingresso e l'uscita di persone munite, quasi sempre di documenti falsificati (63).

Ad ogni modo l'intensificazione dei servizi di controllo del territorio, anche ai confini con il Montenegro e la Grecia, da parte della polizia albanese, è stata agevolata anche dall'emanazione, il 28/09/2000, della legge sui gommoni scaturita da un piano d'azione anticrimine varato dal Ministero dell'Ordine Pubblico l'1/11/2000 (64).

Per sostenere l'attività della Missione Interforze in questa lotta sono stati eseguiti anche voli sperimentali lungo la fascia costiera albanese da parte di mezzi aerei delle forze di polizia nazionali. Tale attività non è stata resa sistematica a causa dei ritardi delle autorità albanesi nel rilascio dell'autorizzazione per la sistemazione nell'aerea individuata dell'aeroporto di Rinas di un hangar mobile e di due moduli acquistati dal Ministero dell'Interno italiano per il ricovero degli aeromobili e l'alloggiamento del personale delle forze di polizia.

La Missione Interforze per tramite dell'unità impegnata sul fronte della polizia criminale, ha dato il suo contributo anche per l'aggiornamento della legislazione anticrimine e dell'organizzazione dei Servizi di polizia criminale albanese. Per avviare una sistematica cooperazione nella lotta contro la criminalità e i traffici illeciti è stata prevista nell'art. 8 del protocollo di Intesa del 10/01/2000 l'istituzione di un Ufficio di Collegamento a Tirana e, a tale scopo, sono state promosse nell'ultimo periodo del 2000 attività volte a concretizzare tale progetto. Allo stesso periodo fanno altresì riferimento le operazioni concluse dalla polizia albanese a Tirana e Saranda nei confronti di organizzazioni responsabili di contraffazioni di passaporti e carte d'identità, con il sequestro di numerosi passaporti falsificati, di apparecchiature per la riproduzione di timbri e di altro materiale. Perseguendo queste finalità si è dato un grande impulso alla riorganizzazione del Servizio INTERPOL e alla ricostruzione degli archivi della Struttura centrale della Direzione Centrale della Polizia Criminale albanese. Un'importante iniziativa ha riguardato l'avvio della costituzione del CED del Ministero dell'Ordine Pubblico albanese (65).

Attraverso l'attività di monitoraggio della criminalità è stato realizzato anche l'aggiornamento della mappa degli "skafisti" implicati nei traffici relativi alla migrazione clandestina e la scoperta dei locali nei quali venivano costruiti scafi. Perseguendo le medesime finalità sono state messe in atto operazioni che hanno portato al sequestro di grandi quantità di sostanze stupefacenti, alla scoperta di laboratori per la lavorazione di panette di haschis e marijuana e alla distruzione di diverse piantagioni di cannabis.

L'attività di formazione si è realizzata prevalentemente nell'addestramento teorico-pratico presso strutture, uffici e reparti di polizia di oltre 1.000 elementi che ha portato un miglioramento delle capacità della polizia albanese nella gestione dei servizi di ordine pubblico, controllo del territorio e di polizia giudiziaria. A tale scopo sono stati tenuti in Italia anche 173 corsi per operatori di polizia (66) ed è stata permessa la visita di alcuni ufficiali nelle Sale Operative delle Forze di Polizia italiane. Nel 2º semestre del 2000 la Missione ha portato a termine anche un ciclo di addestramento della Polizia di Confine da parte del Servizio Immigrazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

L'azione svolta dalla Missione sul piano della consulenza e dell'addestramento è stata integrata da programmi di assistenza attraverso forniture alle autorità albanesi per conseguire un efficace controllo del territorio e consentire il funzionamento di servizi logistici ed operativi della polizia albanese. Particolare rilevanza ha avuto la fornitura, nella seconda parte del 2000, di materiali e attrezzature per la realizzazione del CED del Ministero dell'Ordine Pubblico. Con riguardo alla prevenzione dell'immigrazione clandestina sono state avviate le pratiche riguardanti la cessione gratuita alla Polizia di Confine marittimo shqipetare di 4 motovedette della Guardia di Finanza per ammodernare il controllo via mare delle coste albanesi.

Nel mese di dicembre del 2000 è stata predisposta, a livello dipartimentale, la bozza del nuovo protocollo finalizzato alla realizzazione del progetto di costruzione di un Ufficio di collegamento Interforze in Albania e del distacco di Ufficiali di Collegamento albanesi in Italia che, tra gli altri compiti, dovevano avere quello di assicurare il coordinamento delle attività di controllo delle coste albanesi, finalizzate al contrasto dei flussi migratori clandestini e di altri traffici illeciti (67). L'affermazione della cooperazione di polizia tra i due paesi ha trovato conferma nella sottoscrizione del sesto Protocollo d'Intesa da parte dei Ministero dell'Interno italiano e dell'Ordine Pubblico albanese a Roma il 13/02/2001 (68).

Nel tentativo di dare seguito alla costituzione dell'Ufficio di collegamento interforze, in attesa della sua costituzione ufficiale, l'organico della struttura Interforze nel 1º semestre è rimasto inalterato rispetto a quello precedente (97 unità) diminuendo a 90 unità nel 2º semestre, essenzialmente per il mantenimento della componente navale della Guardia di Finanza (53 elementi) impegnata nei servizi di controllo delle coste albanesi per il contenimento e il contrasto dei flussi migratori clandestini (69). All'organico della struttura interforze si aggiungeranno nella seconda parte del 2001, anche le unità dei Reparti di Volo delle tre forze di polizia nazionali.

Il nuovo protocollo d'intesa ha tracciato i profili istitutivi e funzionali del citato Ufficio di Collegamento non trascurando però la previsione dei necessari interventi di sostegno alla polizia albanese con riferimento alla consulenza e alla formazione da parte di specialisti italiani. Da tale indirizzo è derivata l'esigenza di prevedere distinti ambiti temporali rispettivamente, fino al 31/12/2001 per il consolidamento delle precedenti iniziative e la contestuale costruzione dell'Ufficio di collegamento (70) e, dal 2002 al 2003, per il radicamento della cooperazione tra i due Paesi nella lotta alla criminalità organizzata ed ai traffici illeciti attraverso i relativi Uffici di Collegamento. In tale contesto, è stata prevista anche la prosecuzione, nel 2º semestre del 2001, dell'azione di supporto alla polizia albanese, realizzata con l'impiego di unità navali della Guardia di Finanza, con basi a Durazzo e Saseno, e di mezzi aerei delle forze di polizia nazionali (71).

Rilevato che le attività da svolgere ai sensi degli artt. 1 e 2 di questo protocollo necessitavano di un ulteriore limite temporale per conseguire i progetti avviati, il Consiglio dei Ministri con seduta il 28/06/2001 approva con un D.L la prosecuzione dei programmi delle Forze italiane in Albania fino al 31/12/2001.

Tra i risultati più significativi conseguiti nel 2001 in ambito della consulenza vi sono l'approvazione da parte del Parlamento albanese di leggi i cui testi furono predisposti con il contributo di esperti italiani. Tra i più importanti si possono menzionare: la legge di modifica e integrazione del codice penale, con riferimento alla tratta degli esseri umani, ai minori, alla prostituzione, al riciclaggio, agli stupefacenti, al contrabbando ed al traffico di auto rubate; la legge sulla prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti; la legge sul controllo e sulla vigilanza presso i confini di Stato; la legge sulla istituzione del Centro Elaborazione Dati delle Forze di polizia; la legge sui gommoni e la legge sul controllo e sulla vigilanza presso i confini di Stato (72).

Inoltre, particolare attenzione era stata riservata ai profili regolamentari ed organizzativi della Polizia di Confine terrestre, marittima ed aerea albanese, anche se la bozza del Regolamento sulla "organizzazione della Polizia di Confine e della Immigrazione albanese", trasmessa al Ministero dell'Ordine Pubblico ha incontrato ostacoli nel superamento di consolidati principi afferenti ai profili strutturali delle diverse articolazioni specialistiche esistenti. Tuttavia è stato completato da parte dei consulenti italiani il programma relativo alla riorganizzazione degli Uffici preso Valichi di frontiera terrestri e marittimi albanesi.

Durante il 1º semestre del 2001 continua l'azione di consolidamento delle misure inerenti al controllo del territorio e delle coste albanesi. Nel frattempo è stato realizzato il completamento della rete delle Sale Operative delle Direttorie, dei Commissariati e dei Posti di Polizia. Lo stesso è accaduto per la rete in ponte radio dell'aerea "Ovest". Inoltre è stato attuato il programma di assistenza, con forniture di attrezzature e apparati di radio-telecomunicazione, per la costruzione delle Sale Operative presso gli Uffici della Polizia frontiera terrestre, al confine con Grecia e Montenegro, nonché degli Uffici di frontiera Marittima di Shengjin, Durazzo, Valona, Himare e Saranda. Un'analoga operazione, nelle aree confinanti con Kosovo e Macedonia, è stata possibile solo nel 2º semestre dello stesso anno per via della situazione politico-militare in tali posti.

Il 20 giugno è stata inaugurata la nuova Sala Operativa di Tirana, realizzata dagli specialisti del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. È continuata durante quest' anno anche l'assistenza prestata dagli esperti italiani per il corretto funzionamento dei sistemi di telecomunicazione, integrata da attività di addestramento degli operatori di polizia albanesi preposti alla gestione dei medesimi nonché della consulenza per il miglioramento dell'organizzazione e della conduzione delle Sale Operative e dei servizi di controllo integrato del territorio e delle coste albanesi.

Dalla collaborazione italo-albanese, in ambito di controllo delle coste per contrastare i flussi migratori clandestini verso l'Italia, è derivata un'efficace attività che ha dato esiti apprezzabili. Questo è stato possibile anche con l'impiego, a partire dal marzo del 2001, di 2 AB12 e un aereo "P68 Observer" (73), che ha effettuato missioni aeree, coordinate con le attività svolte, in mare e a terra, da personale e unità navali della struttura italiana interforze e della polizia albanese. In questo modo è stato possibile (74):

  • Il respingimento verso le coste albanesi, da parte delle motovedette della guardia di Finanza di 288 gommoni con a bordo circa 7.400 clandestini;
  • Il fermo, da parte della polizia albanese, prevalentemente nella provincia di Valona, nel corso di servizi di controllo del territorio di 2.268 persone dirette verso punti di imbarco per trasferirsi clandestinamente in Italia;
  • Il sequestro 7 motonavi, 65 gommoni, 5 motoscafi, 29 mezzi vari impiegati per il trasporto di natanti;
  • L'arresto di 101 persone tra skafisti e responsabili di organizzazione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;
  • Le segnalazioni alle Sale Operative della Guardia di Finanza lungo le coste pugliesi di "bersagli veloci", alle quali è seguito l'intervento del Corpo con il sequestro di 61 natanti e l'arresto di 43 skafisti;
  • L'avvistamento di 13 gommoni, 8 dei quali fotografati e segnalati alla polizia albanese e uno successivamente sequestrato;
  • La localizzazione di oltre 15 piantagioni di cannabis, segnalate alla polizia shqipetare.

Prendendo in considerazione i dati sopraindicati emerge in modo chiaro un'ulteriore diminuzione del numero dei natanti partiti dalle coste albanesi e respinti dalle unità navali della Guardia di Finanza. Oltre a questo si nota un'intensificazione da parte della Polizia albanese sia delle attività di ricerca e sequestro di natanti impiegati nel trasferimento di clandestini verso l'Italia o per lo svolgimento di altre operazioni di traffici illeciti, sia degli arresti di persone responsabili della gestione di tali traffici.

Sempre con riferimento a quest' anno il Servizio Immigrazione e Polizia di Frontiera del Dipartimento della P.S ha riscontrato una diminuzione degli sbarchi sulle coste pugliesi di clandestini provenienti dall'Albania ma in ogni caso continuava a sussistere un enorme traffico di immigrazione clandestina (Tab. 1) (75).

Tab. 1. Riepilogo situazione persone sbarcate nella regione Puglia dal 1º gennaio al 31 dicembre 2001
Dipartimento della pubblica sicurezza, Servizio Immigrazione e Polizia di Frontiera
Nazionalità* Rilevati
Albania 4017
Cina 258
Iran curdi 35
Iraq 477
Iraq curdi 1094
Jugoslavia Kosovo 427
Macedonia 65
Turchia 353
Turchia curdi 401
Altri paesi (76) 358

*Nazionalità sedicente dichiarata al momento dello sbarco

La polizia albanese ha dimostrato una maggiore professionalità nello svolgimento di investigazioni nella lotta alle organizzazioni coinvolte nei traffici di migranti. Apprezzabili sono state le operazioni concluse nei mesi di novembre-dicembre, in collaborazione con l'Ufficio di Collegamento Interforze e con l'aiuto di mezzi aerei e navali italiani, che hanno portato alla chiusura, a Valona, di un'emittente radio sospettata di fornire assistenza ai skafisti, nonché alla disarticolazione di 4 organizzazioni implicate nel traffico di esseri umani lungo le traiettorie: Turchia - Albania - Italia; Bulgaria - Romania - Macedonia - Kosovo - Albania - Italia.

In ogni caso l'efficacia degli interventi della Struttura interforze ed i riscontrati progressi della polizia albanese non hanno determinato esiti di segno esclusivamente positivo. In proposito, nel 1º semestre del 2001, l'Albania sconta la presenza di un sistema istituzionale caratterizzato da ritardi operativi, procedure non adeguate e carenze organizzative. In merito alla gestione delle attività di prevenzione generale e di controllo del territorio perdura un certo "deficit" nei servizi attuati nei luoghi di imbarco di persone verso l'Italia e un ritardo nell'intervento sul territorio in occasione del respingimento di natanti lungo le coste (77). Non sono mancati i casi di coinvolgimento di operatori della Polizia di Stato albanese in attività illecite e principalmente in fatti di corruzione. Questa situazione è stata favorita anche dalla precarietà che ha colpito il sistema giudiziario e penitenziario accompagnato da un lato, dal licenziamento dei magistrati responsabili di omissioni, negligenze o di altri comportamenti abusivi del proprio ufficio nella gestione dei processi penali e, dall'altro, da carenze di istituti di pena per la custodia di persone detenute in strutture logistiche della Polizia di Stato albanese.

Per quando riguarda l'Ufficio di collegamento Interforze in Albania, questo è riuscito a funzionare a pieno titolo nel 2º semestre del 2001 e, in stretto collegamento con il Ministero dell'Ordine Pubblico, ha svolto un'attività d'intelligence individuando e catturando persone internazionalmente ricercate (78). Con l'indagine "Valona Storm" l'Ufficio è riuscito a smascherare un'organizzazione criminale responsabile di traffici di migranti. Si collocano in questo periodo anche le iniziative intraprese in materia di lotta alla prostituzione (79) e di contrasto alla falsificazione di documenti utili all'espatrio clandestino (80). Gli esperti delle Forze di Polizia italiane hanno condotto una quotidiana attività di addestramento del personale impegnato nelle Sale Operative delle Direttorie, dei Commissariati e degli Uffici di polizia presso i valichi di frontiera. Nel 1º semestre del 2001 si sono svolti corsi di formazione per il personale di polizia impegnato nei servizi di controllo del territorio e corsi di formazione per terminalisti e amministratori di sistemi presso il CED del Ministero dell'Ordine Pubblico.

Inoltre nel 2º semestre ha avuto luogo l'addestramento teorico-pratico del personale impiegato nelle Sale Operative dei Valichi di Frontiera. Nel periodo che va dal 12 novembre al 1 dicembre 2001 si sono tenuti corsi di formazione presso la scuola di Nautica della Guardia di finanza di Gaeta e dal 3 al 12 dicembre 2001, presso la scuola di polizia di frontiera di Duino (Trieste).

Nel primo semestre del 2001 sono stati ceduti alla polizia albanese materiali e forniture utilizzati per il perfezionamento delle Sale Operative e del CED del Ministero dell'Ordine Pubblico. In applicazione del dettato previsto dalla legge 3 agosto 1998 n. 300, richiamato dall'art 2 della legge 28 febbraio 2001, n. 27, sono state cedute 4 motovedette V 4000 della Guardia di Finanza per le attività di controllo delle coste albanesi.

Il 12 novembre del 2002 viene sottoscritto il settimo e ultimo Protocollo tra i governi dei due paesi (81). Il ritardo nella sottoscrizione di tale accordo è da attribuire ai cambiamenti registrati in Albania nel 2002 per via delle sostituzioni dei capi di Governo, dei Ministri dell'Ordine Pubblico, dei Capi di Polizia, nonché ai ritardi, da parte dell'Albania, nel mettere in pratica le nuove disposizioni per il controllo delle coste. Con il nuovo protocollo sono stati confermati i principi espressi in quelli precedenti, in tema di cooperazione nella lotta alla criminalità, specialmente organizzata, ed ai traffici illeciti. Le novità introdotte si riscontrano sul fronte dell'aggiornamento della struttura operante lungo le coste albanesi, prevedendo un più diretto coinvolgimento della Polizia di Confine shqipetare nelle attività di controllo delle proprie coste. A tale scopo è stato previsto l'impiego dei mezzi navali e delle attrezzature tecniche cedute dall'Italia gratuitamente e sostenuta fino al 31/12/2003 anche dalle unità della Guardia di Finanza. Inoltre, il Protocollo prevede il perfezionamento delle modalità tecnico-operative per il contrasto dei flussi migratori clandestini e di altri traffici illeciti tra l'Italia e l'Albania (82).

Il mandato affidato all'Ufficio di Collegamento ha determinato una diminuzione degli elementi schierati dalla parte italiana, in virtù di un più diretto coinvolgimento della polizia albanese in attività operative. A questo proposito, rispetto ai 90 elementi presenti fino al 31 dicembre 2001, dal 1 gennaio 2002 sono state impiegate 25 unità presso l'Ufficio di collegamento Interforze e 32 della Guardia di Finanza.

Nel corso del 2002 l'attività di consulenza da parte degli specialisti interforze non si è concretizzata in alcuna proposta di testo normativo, il Parlamento ha però approvato importanti leggi precedentemente presentate.

Nel 2002 l'approntamento di un piano d'azione, concordato con la parte albanese, concernente il contrasto dei traffici di migranti via mare ha subito diversi ritardi a causa di alcuni avvenimenti accaduti in questo periodo. Oltre alla persistenza del ritardo della polizia albanese nella definizione del nuovo dispositivo navale lungo le coste, la collisione tra una motovedetta della Guardia di Finanza ed un gommone di clandestini il 21 luglio 2002 in acque albanesi, che ha avuto come conseguenza il decesso di due clandestini ed il ferimento di altri, ha provocato non poche polemiche sulle cause della collisione, ritardando l'inizio della collaborazione in tale ambito. È solo nel 2º semestre dello stesso anno che le autorità albanesi, con il sostegno delle Forze di polizia italiane, metteranno in atto azioni efficaci per il contrasto dei traffici di immigrati. Nello stesso periodo si colloca anche la cosiddetta operazione "Puna" (83), svoltasi nell'area di Valona per 10 giorni nel mese di agosto che si è caratterizzata per la "tolleranza zero" verso i criminali implicati nei traffici di clandestini, e dalla quale è derivata la costituzione di una unità di pronto intervento denominata "Delta Forze" destinata proprio al contrasto degli skafisti in mare (84).

Una volta acquisita la disponibilità del naviglio albanese è stata sottoscritta un'intesa tecnica tra il Direttore Generale della Polizia di Confine albanese e il Comandante del Nucleo di Frontiera Marittima della Guardia di Finanza, recante un nuovo piano per il coordinamento delle operazioni in mare (questo coordinamento doveva essere attuato congiuntamente dalle motovedette della Polizia di Frontiera albanese e da quelle della Guardia di Finanza, integrate da 3 unità navali albanesi ed dall'unità "Delta Forze"). Il piano è stato successivamente completato con l'aggiunta dell'obiettivo del miglioramento degli standard operativi delle forze dell'ordine albanesi nel controllo dei passeggeri in partenza per l'Italia, al fine di bloccare clandestini in possesso di documenti falsificati.

In quest' anno le unità navali della Guardia di Finanza, in collaborazione con la Polizia di Confine albanese hanno effettuato 734 crociere respingendo 76 natanti e 1.706 clandestini, sequestrando 15 imbarcazioni e arrestando 20 skafisti. Le segnalazioni delle Sale operative della Guardia di Finanza presenti sulle coste pugliesi hanno consentito che gli interventi del Corpo sequestrassero 16 natanti, e arrestassero 16 persone (85). Si noti come il numero dei natanti partiti dalle coste albanesi e respinti dalle unità della Guardia di Finanza sia in costante diminuzione. Sono stati 2.693 gli extracomunitari intercettati in Puglia nel 2002 nei confronti ai 7.485 del 2001, e di questi 1.247 sono risultati albanesi (Tab. 2).

Tab. 2. Riepilogo situazione persone sbarcate nella regione Puglia dal 1º gennaio al 31 dicembre 2002
Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Servizio Immigrazione e Polizia delle Frontiere
Nazionalità* Rilevati
Albania 1247
Bulgaria 46
Cina 39
Iraq 670
Iraq curdi 388
Turchia 148
Turchia curdi 66
Altri paesi (86) 89

*Nazionalità sedicente dichiarata al momento dello sbarco

I risultati riflettono una decisiva riduzione del fenomeno dovuta, oltre che all'impegno dimostrato della Polizia italiana, anche all'efficace azione della polizia shqipetare. Quest'ultima, sempre nell'ambito della lotta contro i traffici di migranti e la tratta degli esseri umani, ha intensificato le operazioni che hanno portato ad individuare e mettere sotto inchiesta le centrali di riproduzione e falsificazione di documenti utili a favorire l'immigrazione clandestina.

I risultati della relazione presentata al Parlamento nel anno 2002 dimostrano non solo l'efficacia delle iniziative assunte dalla missione Italiana Interforze, ma anche la crescita professionale della polizia albanese, fattori che hanno portato a rendere più efficaci sia il contrasto dell'immigrazione clandestina che la lotta alla criminalità organizzata (87).

Nell'ambito della formazione è stata curata, durante il 2002, l'istruzione del personale del Centro Elaborazioni Dati del Ministero dell'Ordine Pubblico albanese. Nel mese di gennaio è stato completato anche un seminario sulla criminalità organizzata.

Il personale tecnico della Polizia di Stato, distaccato presso l'Ufficio di Collegamento, nel completare le attività previste dal protocollo, ha dato assistenza alla polizia albanese nel settore delle Telecomunicazioni in diversi modi, tra i quali merita di essere menzionata la fornitura e l'installazione di 3 sistemi integrati di bordo per la navigazione presso le unità della Polizia di Confine Marittimo.

L'impegno italiano nel perseguire gli obiettivi previsti dai precedenti accordi (Protocolli d'Intesa sottoscritti nel 1997, 1998, 2000, 2001 e 2002) è stato prorogato, fino al 30 giugno del 2003, con D.L 20 gennaio 2003, n. 4, convertito nella legge 18 marzo 2003, n. 42 recante disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali (88). Tale termine è stato successivamente differito fino al 31 dicembre 2003 con l'art 2, comma 2, del D.L 10 luglio 2003, n.165, convertito nella legge 11 agosto 2003, n. 231 (89).

Continuando sulla scia dei precedenti mandati ricevuti, l'Ufficio di Collegamento Italiano Interforze in Albania, mantenendo lo stesso impianto organizzativo, ha prestato anche nel corso del 2003 il suo sostegno alle autorità nel campo della consulenza e dell'addestramento, ed ha assicurato un efficace contrasto dei flussi migratori.

Nell'intento di rendere più stabile ed efficace la cooperazione italo-albanese si è tenuto a Roma, il 10-11 marzo 2003, un incontro tecnico nel corso del quale le parti hanno definito le coordinate di un piano di azione dedicato principalmente al contrasto dei traffici di droga (90). Nel tentativo di raccordare le azioni di blocco dei circuiti dei traffici di migranti e della tratta degli esseri umani, con quelle volte al contrasto della criminalità nel settore della droga, sono state tracciate concrete iniziative, da sviluppare prevalentemente sul piano investigativo ed operativo, e sono state stabilite alcune forme di sostegno alla polizia albanese sul piano dell'assistenza. A tal fine è stato concordato di intensificare l'attività di controllo delle frontiere "verdi" albanesi per il contrasto non solo dei flussi migratori, ma, soprattutto, dei traffici di eroina, con il sostegno dei mezzi forniti dall'Italia. Inoltre si è pattuito di assicurare un più incisivo controllo di mezzi e passeggeri nei porti di Durazzo e Valona, con l'assistenza, già avviata, dell'Ufficio di Collegamento Interforze (91).

L'8 aprile successivo i Ministri dell'Interno italiano e dell'Ordine Pubblico albanese si sono incontrati a Tirana per un approfondimento dei temi di maggior interesse per la cooperazione di polizia tra i due Paesi. L'accento è stato messo sul raggiungimento degli obiettivi elaborati nella riunione tecnica del 10-11 marzo 2003, sull'esigenza di dedicare la massima attenzione al controllo delle frontiere terrestri albanesi, alla lotta ai traffici di droga ed allo sviluppo del progetto concernente la costituzione di un Centro Antitraffico a Valona (92).

In esecuzione del Protocollo d'Intesa del 12/11/2002, nel mese di giugno del 2003 le Autorità albanesi hanno effettuato, nel rispetto del principio di reciprocità, il distacco di un proprio Ufficiale di Collegamento presso l'Ambasciata a Roma al fine di favorire il processo di collaborazione nella lotta alla criminalità organizzata.

Lo sforzo compiuto dalla polizia shqipetare nel corso del 2003, congiuntamente alla struttura interforze ed alle componenti navali ed aeree delle Forze di Polizia nazionali ha reso possibile un'ulteriore diminuzione dei trasporti di clandestini via mare verso Italia, pur mantenendo grosso modo lo stesso piano operativo previsto dall'intesa del 2002. Il piano operativo per il controllo delle coste fu aggiornato cercando di essere flessibile ai cambiamenti dei piani d'azione dei malviventi albanesi (93). Tali aggiornamenti hanno riguardato, tra le altre cose, la previsione dell'installazione del sistema informatico TIMS (Total Information Management System) per la gestione dei controlli alle frontiere, capace di interconnettersi con gli archivi della Banca Dati del Ministero dell'Ordine Pubblico. È stata messa in atto anche un'intensificazione dei controlli documentali, con la presenza di elementi dell'Ufficio di Collegamento Interforze, presso il porto di Durazzo e l'aeroporto di Tirana. In conseguenza di ciò il personale della polizia di Confine albanese a Durazzo ha eseguito nel 2003 il fermo di 309 persone che possedevano 330 documenti falsi. Sempre al porto di Durazzo sono stati installati, all'interno dell'area di imbarco e lungo tutto il perimetro del porto, telecamere a circuito chiuso. Per quanto riguarda l'aeroporto di Tirana è stato costituito il gruppo di lavoro A.S.A.P.A (94).

I dati statistici riguardanti l'azione di contrasto dell'immigrazione clandestina dall'Albania verso Italia confermano un calo significativo del numero dei natanti partiti nel 2003 (95). Le unità navali della Guardia di finanza, in collaborazione con la polizia albanese hanno effettuato 561 crociere avvistando 8 natanti. Inoltre hanno respinto 7 imbarcazioni e 55 clandestini e hanno sequestrato 10 unità navali arrestando 19 persone coinvolte nel trasporto dei clandestini. Le segnalazioni di "bersagli veloci" alle Sale Operative della Guardia di finanza presenti lungo la costa Pugliese in collegamento con la Marina Militare Italiana, hanno consentito al Corpo il sequestro di 8 natanti e l'arresto di 10 skafisti. Anche l'esame delle rilevazioni fatte dalla Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia di Frontiere, riguardanti le persone sbarcate clandestinamente nel 2003 nella regione di Puglia, dimostra una diminuzione del fenomeno rispetto agli anni precedenti (96).

Tab. 3. Riepilogo persone sbarcate nella regione Puglia dal 1º gennaio al 31 dicembre 2003
Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere
Nazionalià* Rilevati
Albania 62
Bangladesh 11
Birmania 12
India 25
Iraq curdi 17
Pakistan 9
Palestina 1
Totale 137

*Nazionalità sedicente dichiarata al momento dello sbarco

Apprezzabile è anche la risposta che la polizia shqipetare ha dato alla tratta degli esseri umani, spesso legata al traffico di migranti e di stupefacenti, che ha portato nel mese di novembre all'arresto dei responsabili di un traffico di donne, anche minorenni, destinate alla prostituzione in altri Paesi. Così come la collaborazione messa in atto nel mese di aprile tra l'Ufficio di Collegamento Interforze e le autorità di polizia giudiziaria di Pescara, nell'ambito di un'inchiesta riguardante un'associazione di malavitosi che, con basi a Durazzo e Kavaje, era responsabile di un traffico di esseri umani verso l'Italia.

Nel 2004 la cooperazione di polizia si è consolidata seguendo le linee d'azione concordate dalle parti l'anno precedente, sulla base del Protocollo di Intesa tra Italia ed Albania siglato il 12/11/2002, sul presupposto di dare continuità ed efficienza alle iniziative investigative, operative e di assistenza alla Polizia albanese già avviate nell'anno 2003 (97).

Durante il 2004 l'Ufficio di Collegamento Interforze ha indirizzato la collaborazione con le Autorità albanesi, sul piano della consulenza e dell'addestramento per il perseguimento dei seguenti obiettivi: efficace contrasto dei flussi migratori; impegno di mezzi aerei delle forze di polizia italiane per assistere le Forze dell'Ordine albanesi nelle operazioni di prevenzione e contrasto della criminalità, in particolare con riferimento alla coltivazione di cannabis sativa e ai traffici di clandestini mediante gommoni; scambio di informazioni con le autorità locali per raggiungere elevati risultati nello svolgimento di operazioni di comune interesse; sviluppo e consolidamento delle attività del Centro Narcotraffici di Valona (98).

Anche nel 2004 l'Ufficio di Collegamento ha mantenuto la propria struttura organizzativa con sede centrale a Tirana e sezioni distaccate a Durazzo, Scutari e Valona. Operando in sinergia con il Nucleo di frontiera Marittima della Guardia di Finanza (99) è stata intensificata l'attività di controllo delle frontiere, in particolar modo delle frontiere "verdi", utilizzando a tale scopo anche monitoraggi aerei secondo un calendario tecnico concordato con i reparti volo delle tre forze di polizia. Ai fini del controllo dei natanti che trasportano clandestini l'attività operativa navale si è concretizzata in 543 crociere che hanno portato al sequestro di solo 4 natanti. Nel perseguire tale obiettivo sono stati effettuati monitoraggi aerei lungo le coste e nelle aree marine tra Kavaje-Durazzo, Lezhe-Shengjin, e quelle di Lushnje, Valona e Saranda alla ricerca di scafi veloci (100). Inoltre è stata fornita assistenza nel controllo dei mezzi di passeggeri nei porti di Durazzo e Valona. Tutto questo ha comportato una drastica riduzione del fenomeno dei flussi migratori clandestini diretti verso le coste italiane, con solo 18 clandestini fermati a fronte degli oltre 46.481 del 1999 e dei 137 del 2003 (101).

La collaborazione tra i due Paesi nell'ambito della lotta all'immigrazione clandestina è tuttora in corso (con la presenza dell'Ufficio di Collegamento Italiano Interforze in Albania) (102), nonostante negli ultimi anni non siano stati sottoscritti nuovi accordi in materia. Un accordo di cooperazione, siglato a Tirana il 19/06/2007 (103), fa riferimento ad una collaborazione nella lotta contro la criminalità, intesa in senso lato, in tutte le sue manifestazioni (104). Come risulta anche dall'art. 2, lettere f) e g), dell'accordo le parti collaborano per la prevenzione, l'individuazione e la repressione dei reati di immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento sessuale di donne e minori, con specifico riferimento all'induzione alla prostituzione ed alla pornografia.

Un'iniziativa apprezzabile nella lotta ai traffici illeciti è stata intrapresa il 19 marzo del 2001 quando esperti albanesi, greci, italiani e tedeschi dopo una riunione, tenutasi l'1/03/2001, dei Ministri dell'Interno e dell'Ordine Pubblico dei rispettivi Paesi, hanno presentato un documento nel quale si manifestava la volontà di costituire un polo per la lotta contro i traffici illeciti nella città di Valona (Centro Antitraffico di Valona), proponendo che fosse prevista la presenza di un massimo di due elementi per ciascuno Stato fino il 31 dicembre 2001, che, al fianco degli specialisti albanesi, svolgessero attività di cooperazione per i profili di consulenza, monitoraggio, analisi, e pianificazione di iniziative sul piano info-investigativo. In questo incontro l'Italia garantiva la sua presenza e la partecipazione di alcuni elementi dell'Ufficio di Collegamento distaccati al Valona (105). Questo progetto, per il quale era prevista una fase sperimentale, avrebbe dovuto essere avviato nel 2002, ma ciò non fu possibile a causa dei ritardi delle altre parti contraenti nel condividere la bozza di regolamento proposta dall'Albania nel mese di luglio, e del fatto che quest'ultima solo nell'ottobre del 2001 fu in grado di mettere a disposizione una sede adatta ad ospitare il centro (106).

Il 7 ottobre del 2002 esperti italiani consegnano un nuovo testo del Memorandum of Understanding (MoU) (107) che sarà sottoscritto solo nel mese di dicembre 2003 da parte degli Ambasciatori d'Italia, Germania, Grecia e dal Ministro dell'Ordine Pubblico albanese. Il 3 marzo 2004 verrà sottoscritto dalle stesse autorità il regolamento denominato Criteria for Cooperation within the Vlora Anti - Trafficking Center. Nel corso dell'anno oltre alla parte albanese, alla quale è stata affidata la direzione amministrativa (art. 5 del regolamento) si è vista la presenza costante della parte italiana. Sulla base di segnalazioni, relative alla presenza di natanti veloci diretti verso le coste italiane, fornite sia da parte albanese che italiana, i rappresentanti dell'Italia hanno consentito il collegamento info-operativo tra i comandi dei Servizi Navali della Marina Militare Italiana, della Guardia di Finanza dislocati a Durazzo, Valona e sull'isola di Saseno e le unità speciali albanesi. Inoltre presso detta struttura, i vertici delle Forze dell'ordine albanesi hanno tenuto riunioni preparatorie delle operazioni di Polizia estese a tutto il territorio albanese, denominate "Rete di Ferro" e "Mirage 2004" (108). Al termine della fase sperimentale prevista, il Centro Antitraffico di Valona non è mai stato reso operativo, anche a causa di disaccordi tra le parti in merito alla regolamentazione interna e all'assunzione della direzione.

2. Gli accordi di riammissione

1. La massiccia presenza sul territorio italiano di cittadini albanesi irregolari ha condotto l'Italia nel 1997 a chiedere al Governo albanese la stipulazione di un accordo di riammissione (109). L'inefficienza delle proprie strutture istituzionali e la forte dipendenza finanziaria nei confronti dell'interlocutore (110) hanno fatto sì che tale proposta venisse accolta senza esitazioni dall'Albania (111).

Preoccupati di combattere l'immigrazione illegale ed al fine di facilitare la riammissione delle persone che si trovano in situazioni di irregolarità, i due Stati, rispettivamente rappresentati dal sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri Piero Fassino e dal Segretario di Stato per l'Integrazione Euroatlantica Maqo Lakrori, firmarono il 18 novembre 1997 il primo accordo sulla riammissione delle persone alla frontiera (112). L'accordo è entrato in vigore per l'Italia il 1º agosto 1998 (113) e per l'Albania il 4º febbraio del 1998 (114).

Secondo quanto concordato le autorità competenti per la riammissione erano: per la Repubblica Italiana il Ministero dell'Interno e la Direzione Generale della Polizia di Frontiera, per l'Albania il Ministero dell'Interno e il Comando della Polizia di Frontiera. La parte richiedente prima di iniziare la procedura di rimpatrio aveva il compito di accertare la cittadinanza degli individui soggetti a tale procedimento. I documenti ritenuti validi da entrambe le parti per la certificazione della cittadinanza erano: carta di identità; passaporto diplomatico e di servizio ordinario; altri documenti professionali internazionalmente riconosciuti. Per gli italiani erano considerati come documenti validi anche la tessera di riconoscimento dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato e loro familiari (modello AT e BT) e il certificato per minori di anni 15 munito di fotografia convalidato dagli organi di polizia, mentre per i cittadini albanesi erano accettati il certificato di nascita munito di fotografia e il libretto militare.

Un problema di identificazione poteva sorgere nel momento in cui le persone fermate non fossero state in possesso di uno dei documenti di identificazione sopra nominati. In questo caso era possibile ricorrere allo strumento della presunzione di cittadinanza, la quale poteva essere desunta da alcuni elementi di prova. Questi elementi dovevano essere tali da poter indicare la provenienza della persona, così si cercava di arrivare ad individuare il paese d'origine in presenza di una dichiarazione scritta dalla persona interessata, una fotografia di quest'ultima, una cartella di fotosegnaletica, dei documenti non più validi o scaduti, ovvero altri documenti regolari diversi da quelli nominati nel paragrafo precedente ed altre eventuali prove.

La procedura di esecuzione di cui all'art. 1 comma 1 (115), era la stessa sia per le persone in possesso dei documenti di identificazione sia per coloro la cui cittadinanza veniva presunta, dopo essere stati rintracciati al momento dell'ingresso illegale nel territorio della Parte Contraente richiedente. La consegna e la riammissione di queste persone, aventi cittadinanza accertata o presunta, doveva essere effettuata immediatamente mediante il contato tra gli Uffici di Polizia di Frontiera.

Diversamente succedeva quando le suddette persone erano già presenti nel territorio della parte Contraente richiedente. Nel caso in cui era facilmente accertabile la cittadinanza della persona, in base ai documenti da essa posseduti, la parte contraente richiesta era obbligata a riammettere tali persone entro 48 ore dalla ricezione della domanda di riammissione. Trascorse 48 ore senza che fosse prevenuta una risposta, la parte Contraente richiedente provvedeva all'immediato rinvio di queste persone nel territorio della Parte Contraente richiesta.

Quando invece la cittadinanza delle persone presenti nel territorio della parte contraente richiedente era presunta secondo i documenti richiesti a tale scopo, la parte contraente richiesta era obbligata a riammettere tali persone entro 7 giorni dalla ricezione della domanda di riammissione. Se entro 7 giorni questa non provvedeva a rispondere la parte richiedente rinviava immediatamente dette persone nel territorio della parte richiesta.

In tutti i casi di riammissione la Parte Contraente richiedente era tenuta a provvedere ad inoltrare specifica domanda, indicando i dati anagrafici, la data e l'ora di arrivo delle persone fermate al momento dell'ingresso illegale o già presenti sul territorio, alla Parte Contraente richiesta richiedendo anche un documento di viaggio con permesso di solo andata. Se entro 15 giorni dalla consegna delle persone, a seguito degli accertamenti effettuati dalla Parte contraente richiesta, fosse risultato che le persone di cui era stata chiesta la riammissione non erano cittadini di questo Stato, le persone stesse erano riconsegnate, ai sensi dell'art. 1 comma 3 (116), alla Stato richiedente su cui gravava anche la relativa spesa.

Un aspetto molto importante concordato in quest'accordo faceva riferimento alla riammissione dei cittadini di Stati terzi, art. 2 (117), e all'ammissione in transito di cittadini di Stati terzi (art. 7) (118).

Quando cittadini di paesi terzi erano fermati al confine del territorio dello Stato richiedente, gli Uffici di Polizia di Frontiera si dovevano mettere immediatamente in diretto contatto fra loro. Nel caso di persone in possesso di un permesso di soggiorno non ancora scaduto, ovvero di documenti in corso di validità sui quali fosse stato apposto un visto di ingresso da una delle parti contraenti, era previsto che l'altra parte potesse, inviando specifica comunicazione, contenente i dati anagrafici, data e ora di arrivo delle suddette persone, provvedere alla loro riammissione. Qualora a seguito di una successiva verifica fosse risultato che tali persone non erano partite dal territorio della Parte Contraente richiesta, quest'ultima doveva riconsegnarle alla controparte addebitando ad essa le spese. La stessa procedura era prevista anche quando il cittadino di Stato Terzo, in possesso di un permesso di soggiorno o visto d'ingresso in corso di validità rilasciati dalla Parte contraente richiesta, si trovasse in situazione di irregolarità nel territorio dello Stato richiedente. L'unica differenza era nel termine di 8 giorni previsto per chiedere la riammissione di tali persone, trascorso il quale senza che la Parte contrante richiesta fornisse una risposta, le suddette persone venivano rinviate nel territorio di quest'ultima.

La riammissione non si applicava nel caso in cui la Parte Contraente richiedente avesse precedentemente rilasciato un permesso di soggiorno o un visto d'ingresso ai cittadini dei Paesi Terzi.

Per quanto riguardava invece l'ammissione in transito di cittadini di Stati Terzi questa doveva essere preceduta da una specifica domanda inoltrata alle autorità competenti (119), nella quale fossero indicati i dati anagrafici, la data e l'ora di arrivo della persona, precisando l'eventuale presenza della scorta del personale di polizia in caso di pericolosità del soggetto.

In tutti i casi la riammissione e l'ammissione in transito avevano luogo presso ciascuno dei valichi di frontiera rispettivamente indicati per lo Stato italiano, nei valichi marittimi di Bari e Brindisi e quelli aerei di Bari e Roma Fiumicino, per l'Albania i valichi marittimi di Durazzo e Valona e aerei di Tirana Rinas.

Nonostante per la riammissione il protocollo esecutivo di tale accordo prevedesse una procedura ben precisa, la sua applicazione ha visto l'affermarsi di una prassi notevolmente differenziata tra i due Stati. Nella maggioranza dei casi, le autorità albanesi venivano informate della riammissione di qualche cittadino, albanese o di uno Stato terzo, solamente all'arrivo della persona nel territorio albanese. In questo modo le procedure di informazione, nella forma in cui erano stabilite dall'accordo bilaterale, non erano eseguite e la riammissione delle persone interessate veniva effettuata sulla base di un "accordo di fiducia", inteso come approvazione tacita per accettare tutte le persone senza ulteriori verifiche (120). Per capire meglio la disfunzionalità di tale accordo può essere utile l'esposizione di una caso segnalato dalle autorità portuali di Durazzo: un cittadino di Stato terzo, mandato dalle autorità italiane era stato riammesso e trattenuto per due settimane negli uffici di frontiera portuali albanesi e successivamente rilasciato. La persona, mentalmente instabile e linguisticamente incompressibile, era priva di qualsiasi documento che ne consentisse il riconoscimento effettivo, o presunto, e non era nemmeno possibile accertarsi che avesse raggiunto lo Stato italiano attraverso l'Albania. Nonostante ciò, le autorità albanesi pur non potendo accertarne la nazionalità non hanno provveduto al suo rientro in Italia, come stabilito dal protocollo esecutivo dell'accordo di riammissione sopra nominato (121).

2. Nel febbraio del 2003 l'Albania inizia i negoziati per l'Accordo di Stabilizzazione ed Associazione, che rappresenta il primo passo che devono compiere i paesi europei non appartenenti all'Unione Europea per poter entrare a far parte della stessa. In sede di discussione di quest'accordo si sono sviluppati anche i negoziati per un Accordo di Riammissione tra la CE e l'Albania. La discussione di quest'ultimo trovava il suo fondamento nell'art. 81 del ASA (122) ed è avvenuta in tre momenti distinti, maggio, settembre e novembre del 2003, contemporaneamente alla trattazione dell'ASA. La redazione dell'Accordo di Riammissione ebbe inizio il 17 dicembre del 2003 e la sua sottoscrizione fu possibile il 14 maggio del 2005 con efficacia illimitata. L'accordo fu ratificato dal Parlamento europeo a settembre del 2005 e il 23 gennaio del 2006 da parte del Parlamento albanese (123). L'accordo fu sottoscritto per l'Albania dal Ministro dell'Integrazione Ermelinda Meksi e il vicedirettore della Polizia di Stato Dashnor Kaja, e per l'Unione Europea dal vicepresidente della Commissione Europea, Franco Frattini. Con la sottoscrizione di quest'accordo l'Albania ha voluto esprimere in modo chiaro il desiderio di entrare a far parte dell'Unione europea. La Comunità Europea offrì al governo albanese un sostegno finanziario per la costruzione delle infrastrutture necessarie per esecuzione dell'accordo. Si stima che all'incirca 2 milioni di euro dei fondi del CARDS (Ndihma e komunitetit per rindertim, zhvillim dhe stabilizim, programi i ndihmes i bashkimit europian per ballkanin perendimor) siano stati messi a disposizione delle strutture responsabili per l'attuazione dell'accordo (124).

Le negoziazioni si sono concentrate maggiormente sulla riammissione dei cittadini di stati terzi e degli apolidi. Le perplessità consistevano soprattutto sulla possibilità che un solo visto ottenuto dalle autorità albanesi potesse essere una prova sufficiente per accertare che l'Albania era stata utilizzata come punto di transito. Altri problemi erano rappresentati dall'applicazione in concreto di tale accordo, in quanto l'Albania era ancora carente sul fronte operativo (125). In considerazione di ciò la Comunità Europea ha concesso all'Albania un periodo biennale, prevedendo altri tre anni per la sottoscrizione e la ratifica dell'accordo, per costruire le strutture adatte e le capacità necessarie per la sua applicazione (126).

Quanto previsto da tale accordo ha un'efficacia (127) prevalente su ogni Intesa bilaterale esistente o che può essere stipulata tra gli Stati membri e Albania (128). Questo non impedisce però che ogni Stato membro possa accordarsi con la parte albanese riguardo all'esecuzione di tale intesa, stabilendo le autorità competenti, le modalità di comunicazione e di scambio di informazioni, altri documenti necessari per l'individuazione della cittadinanza, l'adozione di procedure più efficaci di trasferimento o i valichi di frontiera (129). Di conseguenza sono stati firmati dei Protocolli di attuazione di tale accordo tra l'Albania e diversi Stati Membri della CE (130).

Il 31 ottobre del 2008 il Ministero degli Interni della Repubblica d'Albania e il Ministero degli Interni della Repubblica Italiana hanno firmato un protocollo per l'attuazione dell'accordo tra la CE e la Repubblica di Albania sulla riammissione delle persone in soggiorno irregolare. Tale protocollo non si discosta molto da quello stipulato tra l'Italia e l'Albania nel 1997. L'attuazione dell'accordo sulla riammissione delle persone in soggiorno irregolare e la gestione delle richieste di riammissione e di transito sono state affidate, oltre che al Ministero degli Interni che mantiene tali competenze per entrambi i Paesi dall'accordo del 1997, per la parte albanese: alla Direzione Generale della Polizia di Stato, al Dipartimento delle Frontiere della Migrazione, alla Direzione per la Migrazione e per la Riammissione; e per la parte italiana al Dipartimento della Pubblica Sicurezza, alla Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia di Frontiera e al Servizio Immigrazione. Per l'Italia l'inoltro delle richieste di riammissione è competenza anche delle Questure della Repubblica. Inoltre la ricezione delle domande di riammissione ed eventualmente il rilascio del documento di viaggio rientra anche nelle competenze della Ambasciata della Repubblica d'Albania a Roma e dei Consolati Generali albanesi di Milano e Bari, così come dell'Ambasciata Italiana a Tirana e del Consolato Generale di Valona rispettivamente con riguardo ai propri cittadini o ai cittadini di stati terzi che devono essere riammessi.

Per quanto riguarda i documenti che accertano la cittadinanza, se nell'accordo del 1997 veniva redatta una lista separata per ciascuna delle parti, l'accordo di riammissione tra CE e Albania prevede invece un elenco in comune per tutti gli Stati. Così oltre a tutti tipi di Passaporti (131) e la carta di identità già previsti in precedenza per entrambi gli Stati, si ritengono validi anche il libretto e la carta di identità militare, il libretto della marina e la carta di servizio dei capitani delle navi ed il certificato di cittadinanza ed altri documenti ufficiali che nominano o dimostrano la cittadinanza.

Nel caso in cui le persone di cui si chiede la riammissione siano sprovviste di documenti, la prova della loro cittadinanza si presume con la presentazione dei seguenti documenti: fotocopia di uno qualsiasi dei documenti sopra nominati, l'originale o la fotocopia della patente di guida, originale o copia del certificato di nascita, testimonianze di altri soggetti, l'ammissione da parte del cittadino stesso fondata sulla lingua parlata e verificata anche da un esame scritto, ovvero ogni altro documento che può essere utile ad accertare la cittadinanza.

Diversamente dal protocollo esecutivo dell'accordo tra l'Italia ed Albania del 1997 che tratta separatamente le procedure di riammissione con riguardo a ciascuna categoria (i cittadini dei stati contraenti, cittadini di stati terzi e l'ammissione di transito), il protocollo attuativo del accordo tra la CE e l'Albania prevede un'unica procedura per tutte le richieste di riammissione. Infatti secondo l'art. 2 (132) le comunicazioni e le richieste di riammissione o di transito, così come le risposte, devono essere trasmesse dalle autorità competenti per iscritto, via fax, per posta ordinaria o per posta elettronica. In assenza di giustificati motivi, le autorità sono obbligate a rispondere alle richieste di riammissione senza ritardo e comunque entro 14 giorni dal momento della ricezione, trascorsi i quali la richiesta si considera accettata (133). Le autorità hanno l'obbligo di motivare tutte le richieste rigettate. In seguito dell'approvazione della riammissione, ovvero alla scadenza del termine di 14 giorni, la Parte contraente richiedente trasmette alla Parte contraente richiesta una notifica scritta contenente: le modalità di ritorno (per via aerea, terrestre, marittima) (134), data del trasferimento, luogo e orario di arrivo, stato di salute della persona che deve essere trasferita, eventuale presenza di un servizio di scorta e in tal caso i dati relativi al personale di scorta e le necessarie misure di sicurezza che dovranno essere previste nel luogo di arrivo. In caso di operazione di transito urgente, la Parte Contraente richiesta dovrà informare la Parte contraente richiedente circa la propria decisione sulla richiesta di transito senza ritardo e comunque entro 24 ore dalla ricezione della suddetta richiesta.

L'art. 3 del protocollo prevede l'obbligo per la Parte contraente richiesta di riammettere anche le persone sprovviste di documenti la cui nazionalità sia stata accertata dalla parte contraente richiedente senza ulteriori formalità, salvo quella della notifica sopra esposta. Se da accertamenti successivi risultasse che il soggetto non ha la cittadinanza della Parte contraente richiesta, la parte contraente richiedente dovrà riammettere senza ritardo la persona affrontando anche gli oneri di spesa relativi al trasferimento. Sugli oneri previsti per sostenere l'esecuzione delle operazioni di riammissione o di transito il nuovo protocollo prevede anche la possibilità per la Parte contraente richiedente, a carico della quale grava normalmente l'onere, di rivalersi sulla persona da riammettere o su terzi.

Secondo l'accordo l'Albania e gli Stati membri della CE riammettono senza ulteriori formalità oltre quelle già previste dall'accordo stesso (135), i cittadini di stati terzi o apolidi che non abbiano, o non abbiano più, i requisiti per l'ingresso e la permanenza nel territorio dello Stato richiedente, qualora si accertasse che la persona è entrata in tale Stato con un visto o permesso rilasciato dalla Parte richiesta, oppure è transitata attraverso quest'ultima. Comunque, quest'obbligo non deve essere eseguito laddove il cittadino di un paese terzo o apolide sia passato in transito tramite un aeroporto internazionalmente riconosciuto, oppure quando la Parte richiesta ha rilasciato un visto o permesso di soggiorno prima o dopo l'ingresso nel proprio territorio con validità inferiore a quello che può essere rilasciato dallo Stato richiedente così come quando il visto o il permesso è stato ottenuto utilizzando documenti falsi.

Sia per quel che riguarda la riammissione di un proprio cittadino che di cittadini di paesi terzi o apolidi, la Parte richiesta deve fornire alla persona per la quale viene chiesta la riammissione entro sei mesi, senza ritardi, un documento di viaggio. Nel caso in cui, per eventuali motivi pratici o previsti dalla legge, la persona non possa essere trasferita entro il termine di scadenza del documento, la Parte richiesta, entro 14 giorni, deve dilatare la validità del documento di viaggio o, se necessario, rilasciarne un altro con gli stessi termini di validità. Se entro 14 giorni non provvede a tale obbligo può essere utilizzato anche il documento di viaggio standard dell'UE per motivi di espulsione.

All'art. 13 l'accordo richiama l'obbligo per le parti di accettare il passaggio in transito di quelle persone di paesi terzi o apolidi nei casi in cui non è possibile un loro trasferimento diretto. La parte richiedente, però, deve sempre garantire il proseguimento del viaggio. Nella redazione di tale accordo le parti sono state particolarmente attente a prevedere la possibilità per la Parte richiesta di rifiutare il passaggio in transito qualora il cittadino dello stato terzo o apolide rischi realmente di essere soggetto a torture o altri trattamenti disumani e degradanti, alla condanna a morte o di essere perseguitato per motivi politici, di razza, religione o nazionalità da parte dello Stato nel quale dovrebbe essere riportato. Lo stato richiesto può rifiutarsi anche nel caso in cui la persona debba essere sottoposta a procedimenti o sanzioni penali nel suo territorio o in quello di un altro Stato in cui debba transitare, ma anche per motivi di ordine pubblico e sicurezza interna, salute pubblica o altri interessi dello Stato.

Secondo il Direttore della Migrazione e Riammissione albanese, Nikoll Ndoci, per quanto riguarda la richiesta di riammissione da parte dell'Italia, di cittadini albanesi e di paesi terzi che sono passati in transito dall'Albania, sulla base dell'esecuzione dell'Accordo di riammissione tra l'Albania e la CE risulta:

Per la riammissione dei cittadini albanesi:

  1. Dalle autorità di polizia e dell'immigrazione italiane non si effettua nessuna richiesta preliminare di riammissione dei cittadini albanesi. Questi vengono messi al corrente soltanto tramite un avviso eseguito dalla Ambasciata Albanese di Roma tramite il quale si riferisce dell'emissione dell'ordine di allontanamento dei cittadini albanesi specificando il giorno di esecuzione. Quasi sempre questo avviso arriva alle autorità albanesi dopo che il cittadino è stato già allontanato dall'Italia ed ha fatto ingresso in Albania, violando così le procedure previste dall'accordo.
  2. Il mancato rispetto delle procedure previste dall'accordo e dal rispettivo protocollo esecutivo hanno comportato errori nella riammissione di cittadini shqipfoles (che parlano la lingua albanese) o non albanesi che, dopo accertamenti più approfonditi, sono successivamente stati rimandati in Italia.

La riammissione dei cittadini dei paesi terzi:

Secondo l'accordo di riammissione tra Albania e CE, l'Albania doveva iniziare la riammissione di tali persone nel mese di giugno del 2008 ma queste sono sempre state effettuate sulla base del precedente accordo bilaterale tra Italia e Albania. Diversamente dagli anni precedenti, quando la riammissione dei cittadini di Stati terzi avveniva in un numero considerevole dopo che questi avevano fatto ingresso illegalmente tramite i valichi marittimi o terrestri, non sono stati rilevati più casi di riammissione di cittadini di stati terzi che avevano fatto illegalmente ingresso in Italia transitando dall'Albania (136).

Le tabelle qui riportate rispecchiano meglio l'attuazione dell'accordo:

Tab. 4. 2007 - 2009 Returnees Albania (source: border police)
Returnees from Italy during the period 01.01.2007 - 31.12.2009
Year Albanian citizens Foreigners Returnees INAD Request for readmission according to the agreement Only with prior notice for return Without prior notice or request for return/readmission
2007 1848 - 1650 198 - - 1848
2008 1631 - 1469 162 - 87 1544
2009 1444 - 1303 141 - 351 1093
Tab. 5. 2007 - 2009 Returnees Albania (source: border police)
Returnees from Albania during the period 01.01.2007 - 31.12.2009
Year Returnees Repulsed at the border Request for readmission according to the agreement Only with prior notice for return Without prior notice or request for return/readmission
Italian citzens Third countries According to countries Third countries
2007 1 4 - - - 5 -
2008 1 - 10 29 - 1 -
2009 13 - - - - 13 -

Note

1. J. CoHaloff, Albania and Italy Migration and their development relevance. A survey of Innovative and "Development - Friendly" practices in Albania and Italy, CeSPI, Roma, Dicembre 2008. p 4.

2. Non dimentichiamo la condizione di profonda crisi economica e di arretratezza in cui, all'epoca, versava l'Albania. Antonio Marchini Camia, che ha seguito come rappresentante della Commissione delle Comunità europee l'operazione Pellicano durante l'intera fase, dipinge un quadro desolante della situazione socio - economica che caratterizzava l'Albania nell'ottobre del'91: "...Nessuna nuova costruzione e nessun cantiere. Nessun negozio. Nessun mercato. Nessuna visibile attività economica. La gente sembrava aver perso ogni speranza e ogni volontà, aver un'unica idea in testa, la fuga". N. dell'Erba, Storia dell'Albania, Ten, Roma 1997, p. 64.

3. Questo accordo importante il quale verrà richiamato da quasi tutti gli accordi successivi in materia di lotta conto l'emigrazione clandestina.

4. Secondo questo accordo le parti contraenti, di propria iniziativa o su richiesta dell'altra parte si presteranno, nei limiti consentiti dalle proprie legislazioni, alla reciproca collaborazione ed allo scambio di informazioni con riguardo al controllo delle persone implicate nel crimine organizzato, nonché delle persone e dei mezzi di trasporto utilizzati nel traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope o sospettati di esservi implicati in tale attività o appartenenti alla criminalità organizzata. Viene previsto inoltre uno scambio di specialisti per consultazioni reciproche sui problemi annessi e di esperienze in materia di organizzazione della lotta contro la criminalità organizzata, nonché delle misure vigenti nell'attività di contrasto alla predetta forma di criminalità.

5. Protocollo aggiuntivo tra il Ministero dell'Interno della repubblica Italiana ed il Ministero dell'Ordine Pubblico della Repubblica di Albania nella lotta contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope e contro la criminalità organizzata. Firmato a Tirana, il 24 agosto 1991.

6. L'operazione ebbe inizio il 18 settembre del 1991 e si concluse il 3 dicembre 1993. Si svolse in due fasi: la prima, denominata "pellicano 1", della durata di tre mesi (settembre - dicembre 1991), finalizzata alla gestione immediata dell'emergenza, mentre la seconda, "pellicano 2", della durata di ventiquattro mesi (dicembre 1991-dicembre 1993), con l'obiettivo di concorrere al ripristino delle condizioni socioeconomiche del Paese. L'operazione vide impegnato un cospicuo contingente dell'esercito sull'intero territorio albanese. Esso, il cui comando fu affidato prima al generale Antonio Quintana e poi ai generali Carlo Ciacci e Antonio Tobaldo, era costituito da 67 ufficiali, da 210 sottoufficiali e 436 soldati di leva.

7. M. G. Pasqualini, Missioni dei carabinieri all'estero 1936-2001, Ente editoriale per l'Arma dei carabinieri, Vol. 2, 2001, Arma dei Carabinieri.

8. A. Spagnoli, Pellicano un precedente da ricordare, in "Albania in Rivolta".

9. Il 22º Gruppo Navale si articolava su un gruppo di 5 vedette della Guardi Costiera con il Moto Trasporto Costiero (MTC) Pantelleria come comando distaccata assieme ad almeno tre vedette nel porto di Durazzo, mentre una - due vedette stazionavano a turno in quello di Valona.

10. Il Governo di Tirana aveva fatto sapere che non era gradito il termine «pattugliamento» anche se per la prevenzione di esodi clandestini.

11. F. M. Puddu, Le Missioni in Albania della Marina Militare, in "Rivista Marittima" Gennaio 1998, p. 49.

12. Ivi, p. 51.

13. R. M. della Rocca, op. cit., p. 40.

14. N. dell'Erba, op. cit., p. 65.

15. M.G. Pasqualini, Missioni dei carabinieri all'estero 1936-2001: In Albania con Italfor - Pellicano, Ente editoriale per l'arma dei carabinieri, Vol. 2, 2001, Arma dei Carabinieri.

16. A. Spagnoli, Pellicano un precedente da ricordare, in Albania in Rivolta.

17. Su 1.000 lire di aiuti, 170 erano destinate, almeno in teoria, agli aiuti veri e propri; 830 andavano in "spese" e erano incassate dagli operatori militari italiani.

18. Anche l'incriminazione di Fatos Nano, leader del partito socialista agli inizi dell'operazione, si muove su questa base. A quell'epoca i socialisti italiani avrebbero sfruttato il pretesto dell'assistenza alimentare e sanitaria all'Albania per creare fondi tangentizi a disposizione di Nano e degli altri leader socialisti e l'intera operazione si sarebbe svolta all'insegna della più evidente corruzione, poiché i prodotti alimentari sarebbero pervenuti in territorio albanese già alterati, mentre il governo avrebbe coperto queste frodi per garantire nuovi introiti ai socialisti, italiani e albanesi. Berisha cercò di portare in giudizio anche De Michelis e Craxi. L'intero teorema accusatorio non fu mai provato e l'impianto probatorio apparve debolissimo, tanto che Amnesty International e il Centro di monitoraggio di Helsinki per i diritti dell'Uomo, denunciarono questi dibattimenti come persecuzioni politiche. F. Martelli, Capire l'Albania, il Mulino, Bologna 1998, p. 189-199.

19. A. Spagnoli, Pellicano un precedente da ricordare, in Albania in Rivolta.

20. F. M. Puddu, Albania: sviluppi di una situazione, in "Rivista Italiana Difesa" n. 5, Maggio 1998, p. 23.

21. S. Cararo, Liria e Moschetto, in "Albania in rivolta", p. 2-3.

22. N. dell'Erba, op. cit., p. 56.

23. All'inizio del 1997 il crollo del sistema di investimenti piramidali in Albania ha determinato una situazione di grave crisi politica ed economica. In molte parti del Paese l'impossibilita di funzionamento delle strutture di governo hanno generato una situazione di instabilità e disordine: una parte significativa della popolazione si è armata e l'insicurezza che è scaturita ha spinto molti albanesi a cercare rifugio in paesi vicini, in primo luogo l'Italia. P. Gargiulo (a cura di), Dossier di documentazione sulla crisi albanese. L'istituzione della Forza Multinazionale di Protezione, in "La Comunità internazionale", Vol. LII 1997, n.1, p. 3.

24. L'impegno italiano in Albania. Emergenza, cooperazione e gestione della crisi, in "Vita Italiana", 1 novembre 1997, pp. 52-53.

25. Gazz. Uff. suppl. n. 163 del 5 luglio 1997: Accordo per scambio di lettere tra i ministri degli affari esteri della repubblica italiana e la repubblica di Albania del 25.03.1997 relativo al controllo e il contenimento in mare degli espatri clandestini.

26. Facevano parte di questo Gruppo le unità Tremiti, Capri, Pantelleria, Caprera e otto motovedette delle Capitanerie di Porto che a seconda delle intese italo-albanesi furono distaccate nel porto di Durazzo e Valona.

27. Il terzo dispositivo era costituito da una corvetta e da motovedette della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza e dei Carabinieri.

28. P. Agnetti, Operazione Alba: la missione della forza multinazionale di protezione in Albania, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1997, p. 39.

29. L'area di controllo dove il 28º Gruppo Navale operava comprendeva l'intera costa albanese concentrandosi a nord, nella baia di della Drina, dando appoggio quotidianamente ad un'imbarcazione a Veli Poje, al centro a Durazzo e al Sud a Valona. F. M. Puddu, Le Missioni in Albania della Marina Militare, in Rivista Marittima p. 56.

30. D. Caccamo, Albania '97: aspetti interni e internazionali, in "Rivista di studi politici internazionali" n. 4, ottobre-dicembre 1997, p. 570.

31. A. de Guttry, F. Pagani a cura di, La crisi albanese del 1997, FracoAngeli, Milano1999, p. 248-259.

32. La violazione dell'obbligo internazionale di non concedere la nazionalità ad una nave se non in presenza di un genuine link con il Paese concedente, non comporta la perdita della nazionalità della nave, né la possibilità di disconoscerla da parte di un qualsiasi Stato. A. de Guttry, F. Pagani (a cura di), op. cit., p. 259.

33. Protocollo del 2 aprile 1997 relativo all'accordo sul controllo e il contenimento in mare degli espatri clandestini. Testo in Gazz. Uff. suppl. al n.163 del 15 luglio 1997.

34. L'art. 4, 2º comma: le attività di inchiesta di bandiera, fermo, visita e dirottamento, si svolgeranno secondo le seguenti modalità: a) Inchiesta di bandiera: consistente nella richiesta di informazioni all'unita interessata, circa la sua nazionalità e quella del personale trasportato, la sua provenienza e destinazione. La richiesta è effettuata mediante l'impegno degli appropriati sistemi radio ricetrasmittenti in frequenza VHF. In mancanza di collegamento radio, stessa richiesta è rivolta con mezzi acustici (megafono/altoparlanti) avvicinandosi opportunamente all'unità da interrogare; b) fermo: all'unità interessata potrà essere ordinato, con le stesse modalità di cui al precedente punto a), il fermo (o l'assunzione di rotta e velocità adeguata) al fine di consentire l'invio a bordo, a mezzo di battello pneumatico o motobarca, di una squadra ispettiva armata agli ordini di un Ufficiale per la verifica dei dati comunicati e della eventuale presenza a bordo di persone di cui al punto 1, tenendo anche conto delle informazioni eventualmente disponibili, fornite dalle Capitanerie albanesi; c) Visita: quando l'unità interessata si sarà fermata o avrà assunto la rotta e la velocità ordinata, la squadra ispettiva anzidetta salirà a bordo per compiere i necessari accertamenti documentali ed ispettivi al fine di verificare il suo eventuale coinvolgimento nel flusso di persone di cui al punto1; d) Dirottamento: nel caso in cui l'unità rifiutasse la visita o la verifica a bordo rivelasse irregolarità, alla stessa sarà ordinato il rientro in un porto albanese. Qualora la medesima non ottemperi a quanto intimatole, l'unità sarà scortata fino al limite delle acque territoriali italiane per essere consegnata alle competenti autorità di polizia per i successivi adempimenti di legge e quindi per la eventuale adozione di provvedimenti di sequestro, arresto e/o rimpatrio.

35. OSCE tramite il suo rappresentante, l'ex cancelliere austriaco Franz Vranitzky, ha cercato di coordinare le attività di altri organismi internazionali nei settori della democratizzazione, dei media e dei diritti umani, nonché la preparazione e il monitoraggio di libere elezioni. All'interno del quadro di coordinamento si è attivata anche UE riguardo gli aiuti umanitari, l'assistenza economica e finanziaria, la sicurezza e la preparazione delle future elezioni. P. Gargiulo (a cura di), Dossier di documentazione sulla crisi albanese. L'istituzione della Forza Multinazionale Interforze, "La Comunità internazionale", Vol. LII, n. 1, 1997, p. 4.

36. P. Gargiulo a cura di, Dossier di documentazione sulla crisi albanese. L'istituzione della Forza Multinazionale Interforze, in "La Comunità internazionale", Vol. LII, n. 1, 1997, p. 4.

37. S. Giordano, La cooperazione civile-militare nell'operazione "Alba", "Cooperazione Internazionale", n. 4, 1998, p. 4.

38. Protocollo tra il Ministero della Repubblica Italiana e il Ministero della Difesa della Repubblica Albanese sull'attuazione dell'Accordo intergovernativo di cooperazione nel settore della Difesa. Roma il 28 agosto 1997. Tale protocollo rendeva esecutivo l'Accordo tra il Governo della Repubblica d'Albania e della Repubblica Italiana sulla cooperazione nel campo della Difesa. Il Protocollo fu preceduto da una Dichiarazione di Intenti firmata a Roma il 31 luglio del 1997.

39. Art. 4 dell'accordo del 13 ottobre 1995: la cooperazione fra le Parti è effettuata nei seguenti campi: 1. Formazione/addestramento; 2. Scambi di informazioni sull'organizzazione della difesa e sui concetti delle rispettive dottrine e politiche militari; 3. Collaborazione ed assistenza nel settore tecnico-logistico nei suoi vari aspetti; 4. Collaborazione ed assistenza nel settore sanitario; 5. Scambi di informazioni, visite ed assistenza reciproca nel settore marittimo, con particolare riferimento alle attività portuali e di guardia costiera per il controllo delle acque e per la prevenzione delle attività illecite in mare; 6. Consulenza nel settore idrico e cartografico; 7. Collaborazione ed assistenza nel settore meteorologico; 8. Scambi di informazioni, documentazione e consulenza nel settore legislativo militare, della contrattistica e della storia militare; 9. Consulenza ed assistenza nel settore del concorso militare a compiti di protezione civile; 10. Scambi di visite per attività comuni nel settore sport militare; 11. Consulenza nell'industria militare.

40. La DIE, inizialmente composta da un nucleo interforze di 20 persone, guidata dal Generale di Brigata Luigi Cantone, veniva affiancata di volta in volta da esperti e consulenti tecnici militari scelti a seconda delle necessità, ed opera a Tirana a partire dal 13 agosto 1997. Facevano parte della stessa ufficiali di Esercito, Marina e Aeronautica, più un tenente Colonnello dei Carabinieri per il settore della Polizia Militare. La durata del suo mandato era rinnovabile annualmente.

41. F. M. Puddu, Albania: sviluppi di una situazione, in "Rivista Italiana Difesa", n. 5, maggio 1998‚ p. 23.

42. A. de Guttry, F. Pagani a cura di, op. cit., p. 316.

43. Un nucleo di Carabinieri composto da 11 unità provvedeva ai compiti di polizia militare e alla sicurezza dell'Aeronautica Militare, impegnata nell'operazione con un contingente di circa 120-130 unità. (Missioni all'estero, 2000: la presenza dei Carabinieri a Valona per la costruzione dell'aeroporto).

44. Le forze Armate albanesi, prima della crisi del 1997, sono costituite da un esercito di 34.000 uomini ed altri 6000 effettivi tra marina ed aeronautica. I numeri, tuttavia, non descrivono propriamente lo stato di estrema arretratezza in cui versano le strutture di difesa del paese.

45. Il portale dell'Aeronautica Militare, Albania 1991-1998.

46. Protocollo d'Intesa tra il Ministro della Repubblica Italiana ed il Ministro dell'Interno della Repubblica d'Albania concernente la consulenza e l'assistenza finalizzate alla riorganizzazione delle Forze di Polizia. Roma il 17 settembre 1997.

47. In attuazione dell'accordo i membri del "Nucleo Centrale" italiane si stabilirono a Tirana dove si tenevano in contatto con le autorità centrali competenti albanesi garantendo l'adempimento dei obblighi legati alla attività dei "Nuclei Territoriale" e del "Nucleo della Frontiera Marittima". "I Nuclei Territoriali" agivano nelle zone stabilite dall'art. 4 e affiancavano il personale che agiva nella sede della Direzione Centrale della Polizia a Tirana e delle strutture di Polizia dipese da lei, escludendo ogni tipo di intervento diretto dei specialisti italiani nelle attività operative eseguite dalla polizia albanese. "I Nuclei della Frontiera Marittima" si sono stabiliti nel porto di Durazzo e sostenendo attività di consulenza, assistenza e addestramento, e con l'aiuto dei suoi mezzi marittimi, secondo le norme del diritto internazionale.
La parte albanese assunse la responsabilità di avvisare le Capitanerie Portuali sulla presenza delle navi della Missione in acque territoriali. La parte italiana invece provvedeva per conto del Governo albanese, di garantire "un apposito avviso" per segnalare le navi commercianti dei paesi terzi riguardo alla presenza di mezzi natanti della Missione in acque territoriali albanesi.

48. Unione Europea Occidentale (UEO) è un'organizzazione internazionale regionale di sicurezza militare e cooperazione politica, originariamente formata dalla Gran Bretagna, Francia e i Stati di Benelux. Nata con il trattato di Bruxelles del 17 marzo 1948 è stato successivamente modificato 1l 23 ottobre del 1954 entrando a far parte della stessa anche Italia e la Repubblica Federale Tedesca. A partire dal 1990 si è allargata ulteriormente fino a raggiungere gli attuali 28 Stati. Nel 1997 aveva iniziato in Albania il progetto Multinational Advisory Police Element (MAPE).

49. A. de Guttry, A. Pagani a cura di, op. cit., p. 318.

50. F. M. Puddu, Albania: sviluppi di una situazione, in "Rivista Italiana Difesa" n. 5, maggio 1998, p. 26.

51. Ivi, p. 26.

52. Nel Porto di Durazzo agli inizi di febbraio è stata regolarmente sdoganata una nave carica di 1.600 casse di sigarette e il 16 febbraio a Korca è stata presentata al generale Cantone una Brigata ricostituita, piccola, ad effettivi ridotti e con pochissimi mezzi ma pur sempre segno che qualcosa si tenta di fare. F. M. Puddu, Albania: sviluppi di una situazione, in "Rivista Italiana Difesa", n. 5, 1998, p. 27.

53. L'estensione dell'efficacia dell'accordo dell'11 giugno 1998 è stato possibile grazie allo scambio di lettere avvenuto tra il Ministro dell'Ordine Pubblico della Repubblica di Albania e il Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana, rispettivamente del 5 e del 9 ottobre 1998.

54. Piccolo porto a nord del Paese verso Scutari.

55. Rinnovo del Protocollo d'Intesa tra il Ministero dell'Ordine Pubblico della Repubblica di Albania ed il Ministero dell'Interno della Repubblica Italiana concernente la consulenza e l'assistenza finalizzati alla riorganizzazione delle Forze di Polizia albanesi. Fatto a Roma l'11 giugno 1998.
Protocollo d'Intesa tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell'Ordine Pubblico della Repubblica di Albania ed il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana concernente la consulenza e l'assistenza finalizzate alla riorganizzazione delle Forze di Polizia albanesi ed allo sviluppo della collaborazione tra i due paesi nella lotta alla criminalità, Roma il 10 novembre 1998.
Protocollo d'Intesa tra il Ministero dell'Ordine Pubblico della Repubblica albanese e il Ministero dell'Interno della Repubblica italiana finalizzate alla riorganizzazione delle Forze della Polizia albanesi ed alla sviluppo della collaborazione tra i due paesi nella lotta alla criminalità, Roma 10 gennaio 2002.
Protocollo d'Intesa tra il Ministero dell'Ordine Pubblico della Repubblica d'Albania e il Ministero dell'Interno della Repubblica italiana concernente la consulenza e l'assistenza finalizzati alla riorganizzazione delle Forze della Polizia albanese, Tirane il 05 luglio 2000.

56. D.L 28/08/2000 n. 309, convertito con modificazioni in legge 27/11/2000 n. 305, recante disposizioni urgenti in materia di finanziamento per lo sviluppo ed il completamento dei programmi italiani a sostegno delle Forze di polizia albanesi. Pubblicata nella Gazz. Uff. 28/10/2000 n.253.

57. La Missione Italiana Interforze, guidata da un Dirigente Generale di pubblica Sicurezza, il dott. Nicola Simone, era composta inizialmente da 95 elementi inseriti in: - un "Nucleo Centrale" con sede a Tirana; - tre "Nuclei Territoriali" presenti in Tirana, Valona e Scutari; - due "Nuclei di Frontiera Marittima" con basi Durazzo e Saseno, del dispositivo navale della Guardia di Finanza. Dal 2 aprile al 10 settembre hanno fatto parte della Missione altri 103 elementi, tra la Polizia di Stato e Carabinieri, che sono stati impiegati a sostegno della Missione Arcobaleno.

58. Relazione sulla realizazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1luglio-31 dicembre 2000), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIII legislatura, Doc. CLXXVIII, n. 1, pp. 13-14.

59. Legge ratifica ed esecuzione della Convenzione Unica dell'ONU, sugli stupefacenti, adottata a New York il 30/03/1961, e del protocollo di emendamenti, adottato a Ginevra il 25 marzo 1972; legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'ONU sulle sostanze psicotrope, adottata a Vienna il 21/02/1971; legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione del'ONU contro il traffico illecito delle sostanze stupefacenti e psicotrope, adottata a Vienna il 20/12/1988.

60. Nel secondo semestre del 2000 sono state sviluppate iniziative anche riguardo: l'aggiornamento del codice penale in matteria di tratta degli esseri umani, sfruttamento della prostituzione e tutela del minore; la legge istituiva del CED del Ministero dell'Ordine Pubblico e la normativa tecnica etc.

61. Ai fini dell'attuazione del programma previsto dall'art. 3 del Protocollo di intesa 5 luglio 2000, per l'estensione del dispositivo di controllo del territorio in altre province albanesi, il personale della Missione Interforze ha completato nel secondo semestre del 2000, la realizzazione delle sale operative delle Direttorie di: Berat, Elbasan, Korce e Peshkopi, dell'Ufficio della Polizia di Confine presso l'aeroporto Rinas, dei Commissariati di Bilisht, Erseka, Gramsh, Koplik, Kucove, Librazhd, Peqin, Pogradec, Puke, Skrapar e del Posto di Polizia di Himare (confine marittimo).

62. Relazione sulla realizazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1luglio-31 dicembre 2000), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIII legislatura, Doc. CLXXVIII, n. 1, pp. 46-47.

63. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1luglio-31 dicembre 2000), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIII legislatura, Doc. CLXXVIII, n. 1, p. 47.

64. Ibid.

65. Relazione sulla realizazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1luglio-31 dicembre 2000), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIII legislatura, Doc. CLXXVIII, n. 1, pp 27-28.

66. In Italia si sono tenuti corsi per piloti dei natanti della Polizia di Confine, corsi di Polizia Stradale, corso di ordine pubblico, corsi di Polizia di Frontiera, corso per Formatori, corso di Polizia Scientifica e brevi corsi in materia di stupefacenti, criminalità economica, infortunistica e rilievi tecnici in sede di sopraluogo. Inoltre un elemento della polizia albanese ha partecipato ad un seminario sulla "circolazione illecita di opere d'arte" organizzato dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri. Inoltre nel secondo semestre del 2000 la missione ha portato a termine due corsi di addestramento per il personale dei Reparti di Pronto Intervento di Tirana e di Tepelene, l'addestramento del personale addetto alle Sale Operative costituite dalla Missione Interforze ed i servizi di controllo del territorio, corso di formazione per il personale della Direttoria di Scutari impegnato nell'settore investigativo.

67. In considerazione di questa collaborazione si è stabilito con DL 29 dicembre del 2000, n.393, convertito in legge con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2001, n 27, la prosecuzione fino al 30/06/2001, dei programmi delle Forze di Polizia in Albania, confermando il coordinamento dei relativi interventi da parte del Ministero dell'Interno.

68. Protocollo d'Intesa tra il Ministero dell'Interno della Repubblica italiana ed il Ministero dell'Ordine Pubblico della Repubblica di Albania concernente lo sviluppo dei programmi a sostegno delle Forze di Polizia albanesi e la collaborazione tra i due paesi nella lotta alla criminalità attraverso la costituzione di un Ufficio di collegamento italiano in Albania ed il distacco di un Ufficiale (o Ufficiali) di collegamento albanese (i) in Italia. Roma il 13 febbraio 2001.

69. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1º gennaio-30 giugno 2001), presentata al Parlamento da Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n.1, p. 12.

70. Secondo il protocollo d'intesa del 13/02/2001, l'art. 1 prevede che: La parte italiana in relazione alle esperienze connesse con la realizzazione dei programmi previsti dai precedenti Protocolli d'Intesa, presta, fino al 31 dicembre 2001, l'ulteriore sostegno alle Forze di polizia albanesi, ad integrazione delle attività di consulenza e addestramento finora espletate dalla Missione Italiana Interforze ed a completamento dell'assistenza prevista dal Protocollo d'Intesa del 5 luglio 2000.

71. Art. 2: Le parti si impegnano ad aggiornare il dispositivo navale per il controllo delle coste albanesi ai fini di un più efficace contrasto dei flussi migratori clandestini e di altri traffici illeciti.
La Polizia di Confine albanese effettuerà il pattugliamento della intera fascia costiera con l'assistenza, fino al 31 dicembre 2001, di unità navali delle forze di polizia italiane.
Saranno cedute alla parte albanese, a titolo gratuito, dotazioni tecniche e mezzi navali per aumentare le capacità operative della Polizia di Confine shqipetare.
Le parti contraenti confermano, altresì, ove necessario, l'impiego di mezzi aerei delle Forze di Polizia italiane per assistere, secondo le intese tecniche concordate, l'attività della polizia shqipetare nelle operazioni di prevenzione generale e di contrasto della criminalità.

72. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1º gennaio-30 giugno 2001), presentata al Parlamento da Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n.1, pp. 28-29.

73. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1º gennaio-30 giugno 2001), presentata al Parlamento da Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n.1, p. 36.

74. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1º gennaio-30 giugno 2001), presentata al Parlamento da Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n.1, pp. 34-35.

75. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle Forze di Polizia albanesi (1º gennaio-30 giugno 2001), presentata al Parlamento da Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 1, pp. 86-87.

76. Altri Paesi: Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Bulgaria, Burkina Faso, Congo, Costa d'Avario, Egitto, Ghana, India, Jugoslavia Serbia, Libano, Libia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Pakistan, Palestina, Polonia, Romania, Russia, Senegal, Siria, Slovenia, Sri Lanka, Sudan, Taiwan, Thailandia, Tunisia, Ucraina, Uzbekistan.

77. Nel citato periodo, sono stati respinti alle frontiere italiane 848 cittadini albanesi, di cui 568 il 7 gennaio a Brindisi, perché non in possesso di requisiti per l'ingresso sul territorio nazionale. Dai controlli 383 passaporti e permessi di soggiorno sono risultati non validi. In occasione dei respingimenti di natanti effettuati dalle unità navali della Guardia di Finanza lungo le coste albanesi e degli avvistamenti di gommoni da parte delle unità aeree delle forze di polizia italiane, seguiti da segnalazioni alla shqipetare, quest' ultima non ha assicurato sempre tempestivamente interventi, facendo mancare sistematici sequestri di natanti e la cattura dei responsabili dei menzionati traffici.

78. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2002), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 3, p. 11.

79. Alle operazioni ha conseguito l'arresto dei gestori della tratta e la liberazione delle donne di nazionalità rumena e moldava tenute segregate e destinate ad essere trasferite in altri Paesi.

80. Sono stati individuati basi logistiche in Tirana e Valona dove si riproducevano e falsificavano documenti inerenti a pratiche migratorie. Tale operazione ha comportato l'arresto dei gruppi criminali e il sequestro dei documenti e dei passaporti falsificati, dei macchinari e del materiale necessario per lo svolgimento della specifica attività illecita.

81. Protocollo d'Intesa tra il Governo della Repubblica Italia ed il Governo della Repubblica di Albania concernente lo sviluppo dei programmi a sostegno delle Forze di Polizia albanesi e criminalità attraverso l'Ufficio di collegamento italiano in Albania e l'Ufficiale (o Ufficiali) di collegamento albanese (i) in Italia. Lecce 12/11/2002. Approvato con il D.L 28 dicembre 2001, n. 451, convertito in legge 27 febbraio 2002, n. 15 recante «Disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione italiana ed operazioni militari italiani», che all'art. 14 prevede lo sviluppo delle Forze di Polizia italiane in Albania e nei paesi dell'area balcanica.

82. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2002), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 3, p. 17.

83. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2002), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 3, p. 37.

84. Ivi, p. 38.

85. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2002), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 3, pp. 39-40.

86. Altri Paesi: Afghanistan, Algeria, Egitto, Iran, Jugoslavia Kosovo, Jugoslavia Serbia, Marocco, Pakistan, Polonia, Romania, Russia, Senegal, Sierra Leone, Tunisia, Ucraina.

87. Ivi, pp. 56-57.

88. Art. 1, comma 5, stabiliva la proroga dei programmi di cooperazione delle Forze della Polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica.

89. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2002), presentata dal Ministro dell'Interno al Parlamento nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 3, p. 71.

90. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2003), presentata al Parlamento dal Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 4, pp. 14-15.

91. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2003), Doc. LI, n. 4.

92. Ivi, p. 33.

93. Sono prese in considerazione le indicazioni emerse dall'incontro tecnico di Roma che riguardavano: -la riconversione delle attività degli "skafisti", con l'abbandono dell'impiego dei grandi gommoni per il trasporto di clandestini e l'utilizzo di mezzi più piccoli per il trasporto delle sostanze stupefacenti; - il trasferimento, dall'Albania, di natanti e clandestini verso le isole greche, ove la malavita albanese interagisce con quella greca, per essere poi diretti verso Italia; - i rischi di una ripresa di flussi migratori verso l'Italia, spinti dalla mancanza di stabilità e di sicurezza in aree geografiche non lontano dal bacino Mediterraneo e, quindi, dall'Adriatico.

94. Airport Security Advisory Panel Albania) dedicato ai controlli di sicurezza (questo è stato reso possibile con la partecipazione di esperti dell'Ufficio di Collegamento Interforze e dell'Agenzia statunitense I.C.I.T.A.P ed il sostegno, intermini di assistenza, della P.A.M.E.C.A (Police Assistenze Mission European Commission to Albania) e della Missione dell'Unione Europea C.A.M.-A (Custom Assistence Mission to Albany.

95. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area balcanica per quanto concerne lo sviluppo dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia (Anno 2003), presentata al Parlamento dal Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 4, pp. 41-42.

96. Infatti nel 2003, sono stati intercettati in Puglia 137 extracomunitari rispetto ai 2.693 del 2002, e di questi 137 clandestini, solo 62 sono risultati albanesi rispetto a 1.247 del 2002.

97. Con il D.L. 20 gennaio 2004, n. 68, recante "Disposizioni per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni internazionali", è stata stabilita, all'art. 4, comma 2, la proroga dei programmi di cooperazione delle Forze di Polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica fino al 30 giugno 2004. Tale termine è stato successivamente differito fino al 31 dicembre 2004 dall'art. 2, comma 2 della legge 30 luglio 2004, n. 208.

98. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica in merito allo sviluppo dei programmi di cooperazione delle forze di polizia (Anno 2004), presentata al Parlamento dal Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 5, p. 10.

99. La Guardia di Finanza era logisticamente presente a Durazzo e nell'isola di Saseno, ed operava nelle acque territoriali albanesi con due vedette classe "5000", una vedetta classe "6000" e due battelli per il servizio operativo (gommoni).

100. L'attività che ha assorbito il 90% delle giornate-lavoro previste per i periodi di impiego degli elicotteri, è consistita nel monitoraggio dell'entroterra, delle coste e delle acque interne albanesi, al fine di individuare scafi veloci e piantagioni di cannabis sativa.

101. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica in merito allo sviluppo dei programmi di cooperazione delle forze di polizia (Anno 2004), presentata al Parlamento dal Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 5, p. 19.

102. L'art. 6 del accordo prevede che la collaborazione nella lotta alla criminalità, in particolare quella organizzata, ed ai traffici illeciti che interessano i due Paaesi, sia sviluppata in modo sistematico attraverso l'Ufficio di Collegamento Italiano Interforze istituito in Albania e dall'Ufficiale di Collegamento albanese distaccato in Italia.

103. Accordo di cooperazione tra il Consiglio dei Ministri della Repubblica di Albania e il Governo della Repubblica Italiana nella lotta contro la criminalità. Tirana il 19 giugno 2007.

104. Anche se per la redazione di tale testo sono state prese in considerazione le linee programmatiche dell'Accordo bilaterale e del Protocollo aggiuntivo del 24 agosto del 1991, e i precedenti Protocolli sottoscritti tra i due Paesi negli anni 1997, 1998, 2000, 2001 e 2002.

105. Alle conclusioni dell'incontro, non ancora valutate nel 2001 in sede politica, andava rapportato il profilo degli impegni che l'Unione Europea intendeva assumere in Albania dopo la conclusione della Missione MAPE/UEO, avventa il 31 maggio 2001. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sulla efficacia degli interventi effettuati a sostegno delle forze di polizia albanesi (1º gennaio - 30 giugno 2001), p 74-75.

106. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica in merito allo sviluppo dei programmi di cooperazione delle forze di polizia (Anno 2004), presentata al Parlamento dal Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 5, p. 35.

107. Il memorandum of undersatnding concerneva le linee guida dell'impegno preso dai Paesi membri e di un regolamento interno.

108. Relazione sulla realizzazione degli obiettivi fissati, sui risultati raggiunti e sull'efficacia degli interventi effettuati in Albania e nei Paesi dell'area Balcanica in merito allo sviluppo dei programmi di cooperazione delle forze di polizia (Anno 2004), presentata al Parlamento dal Ministro dell'Interno nella XIV legislatura, Doc. LI, n. 5, p. 36.

109. La riammissione consiste in un atto con il quale uno Stato accetta il reingresso di un individuo, sia questo un suo cittadino, cittadino di uno Stato terzo o apolide, il quale sia fermato entrando illegalmente nel territorio di un altro Stato, si trova o vive irregolarmente in quest'ultimo.

110. Si rileva che tra il 2000 e il 2002, la quantità di APS ("Aiuti Pubblici allo Sviluppo"- che sono gli aiuti di stato per lo sviluppo) che Italia ha stanziato per l'Albania, sotto forma di sovvenzioni e di credito, è stata rispettivamente per ogni anno pari a euro 16.275.623; 17.952.703 e 27.495.909 per un totale di 61.724.235 euro.

111. N. di Lorenzo Coslovi, F. Piperno, Forced Return and then? Analys of the impact of the expulsion of different categories of migrants. A comparative study of Albania. Marocco, CeSPI 2005.

112. Accordo tra il governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Albania sulla riammissione delle persone alla frontiera, con Protocollo esecutivo, Tirana 18 novembre 1997.

113. Gazz. Uff. Suppl. ordinario n. 241 del 15 ottobre 1998.

114. Decisione del Consiglio dei Ministri n. 84 date 4.02.1998.

115. Accordo di riammissione delle persone alla frontiera: I- Riammissione dei cittadini degli Stati Contraenti, art. 1 comma 1: nel rispetto delle legislazioni nazionali e sulla base di quanto previsto dal presente Accordo e dall'annesso Protocollo, ciascuna Parte Contraente ammette nel proprio territorio, a richiesta dell'altra parte Contraente, tutte le persone che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso o di soggiorno applicabili nel territorio della Parte Contraente richiedente qualora sia accertato o presunto che detta persona sia cittadino della parte contraente richiesta.

116. Art. 1 comma 3: La Parte contraente richiedente riammette alle stesse condizioni la persona presa in carico allontanata dal proprio territorio in conformità al paragrafo 1 su richiesta dell'altra Parte contraente, se controlli successivi dimostrino che questa non possedeva la cittadinanza della Parte contraente richiesta al momento della sua uscita dal territorio della Parte Contraente richiedente.

117. Art. 2, Riammissione di Cittadini di Stati terzi: "Ciascuna Parte Contraente ammette sul proprio territorio, a richiesta dell'altra Parte Contraente i cittadini di uno Stato terzo che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d'ingresso o di soggiorno applicabili sul territorio della Parte Contraente richiedente qualora venga accertato che tali cittadini sono entrati nel territorio di detta parte dopo aver soggiornato o dopo essere transitati attraverso il territorio della Parte Contraente richiesta".

118. Art. 7, Ammissione in Transito di Cittadini di Stati terzi: "1.Ciascuna delle Parti Contraenti autorizza, su richiesta dell'altra Parte Contraente, l'ingresso o il transito sul proprio territorio dei cittadini di Stati terzi che sono sottoposti ad un provvedimento di allontanamento adottato dalla parte contraente richiedente. Il transito può effettuarsi per via terrestre o area.
2. La Parte Contraente richiedente è responsabile del proseguimento del viaggio del cittadino di uno stato terzo verso il Paese di destinazione e riprendere in carico la persona in questione se per qualsiasi ragione la misura di allontanamento non può essere eseguita.
3. La Parte Contraente richiedente garantisce alla Parte Contraente richiesta che il cittadino del Paese Terzo, del quale viene autorizzato il transito, è in possesso di un titolo di viaggio per il Paese di destinazione".

119. Per la Repubblica italiana erano: il Ministero dell'Interno e la Direzione Centrale della Polizia di Frontiera, e per la Repubblica d'Albania era il Ministero dell'Interno e la Direzione della Polizia di Frontiera.

120. IOM, op. cit., p. 36.

121. Ivi, p. 35.

122. Art. 81 comma 1: "le parti devono collaborare riguardo alla prevenzione e il controllo del traffico illegale. A questo scopo le parti si accordano, tramite una richiesta e senza formalità, che l'Albania e gli altri Stati membri: - riammetteranno ogni loro cittadino che è risiede irregolarmente nel loro territorio. - riammetteranno cittadini di stati terzi ed ogni persona senza nazionalità che si trova irregolarmente nel loro territorio e che è entrato nel territorio albanese tramite uno stato membro, o che è entrato nel territorio dello stato membro tramite l'Albania".

123. Ligji nr 9466, date 23.01.2006 per ratifikimin e marreveshjes ndermjet Republikes se Shqiperise dhe komunitetit europian per ripranimin e personave qe qendrojne pa autorizim.

124. IOM, op. cit., fq 21.

125. Mancavano le strutture e i fondi per l'accoglienza dei cittadini di stati terzi, non c'era un personale qualificato per occuparsi di questi soggetti, mancavano accordi di riammissione tra Albania e Turchia e Cina da dove provengono la maggior parte dei cittadini che utilizzano l'Albania come punto ti transito, per di più mancava un quadro legislativo che trattava la riammissione.

126. IOM, op. cit., p. 22.

127. Secondo l'art 21 dell'accordo tra CE e Albania l'accordo ha efficacia in tutto il territorio dove si applica il trattato costitutivo della CE, escluso il territorio del regno di Danimarca, e nel territorio albanese.

128. Art. 20 Accordo di riammissione tra la CE e Albania.

129. Art. 19 A. R tra CE e Albania.

130. Albania ha firmato protocolli di attuazione dell'accordo di riammissione raggiunto con la CE con diversi Stati, tra i quali: con I Paesi di Benelux il 09 giugno 2007, con l'Austria il 29 giugno 2007, con l'Italia il 31 ottobre 2008, con la Croazia il 10 febbraio 2009, con Ungheria il 30 ottobre 2009 e con la Slovacchia firmato il 22 gennaio 2010.

131. Vengono presi come prove di accertamento della cittadinanza: il passaporto ordinario, passaporto diplomatico, passaporto di servizio, passaporto collettivo e il passaporto sostitutivo incluso i passaporti per i bambini.

132. Protocollo esecutivo dell'Accordo CE e Albania.

133. Accordo tra CE e Albania, art. 10 (3): "quando la richiesta è stata accettata, o quando è necessario, dopo che siano trascorsi i 14 giorni, la persona viene trasferito senza ulteriori ritardi e comunque entro tre mesi. Dopo la presentazione della richiesta di riammissione il termine può essere ulteriormente dilatato per il tempo necessario per effettuare i pagamenti previsti a tale scopo".

134. Secondo l'art. 4 del Protocollo la Riammissione e il transito delle persone avverano presso gli stessi valichi di frontiera previsti dal vecchio protocollo con l'giunta per l'Italia della frontiera marittima di Ancona e quella aerea di Milano-Malpensa.

135. In presenza di accertamento della nazionalità dei cittadini di paesi terzi o apolidi che viene effettuato quando persistono le seguenti prove: timbro dell'ingresso/uscita o altre notazioni simili nel documento di viaggio oppure altre prove che dimostrano l'ingresso/l'uscita (es. fotografie); documenti, certificati e ricevute di ogni genere (es. ricevute di alberghi, risultati di un trattamento medico o ospedaliero, documenti che servono per entrare in una istituzione pubblica/privata, la ricevuta dell'affitto di una macchina o quelle delle carte di credito etc) che possono dimostrare chiaramente la permanenza di tale persona nell'territorio della parte richiesta; il biglietto o la lista di viaggio dei passeggeri in qualsiasi modalità questo sia effettuato (aereo, treno, nave, o autobus); informazioni che dimostrano che la persona ha utilizzato i servizio di una agenzia di trasporto o di viaggio; testimonianze ufficiali rilasciate, soprattutto, dal personale delle autorità di frontiera e da altri testimoni che possono testimoniare il passaggio di confine della suddetta persona; testimonianze rilasciate dalla persona stessa in procedimenti giudiziari i amministrativi. Oltre a questi documenti l'accordo ne prevede anche altri in presenza dei quali la nazionalità del cittadino di un stato terzo viene presunta. Cosi si presume cittadino di stato terzo anche la descrizione da parte delle autorità del posto e delle circostanze del momento in cui la persona è stata fermata mentre faceva ingresso nello Stato richiedente; le informazioni riguardo l'identità o la permanenza di un soggetto rilasciato da parte di una organizzazione internazionale; l'avviso/conferma dell'informazione da parte dei membri famigliari, accompagnatori di viaggio etc; testimonianze della persona stessa.

136. Intervista con Nikoll Ndocin, Direttore della Direzione del Migrazione e Riammissione.