ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo III
Le tutele sociali all'interno del Nuovo complesso penitenziario di Sollicciano

Giacomo Muraca, 2009

1. Accessibilità alle tutele sociali

Una corretta analisi delle tutele sociali e della loro efficacia nel far fronte a determinati stati di bisogno deve necessariamente tener conto della accessibilità di queste prestazioni da parte dei possibili beneficiari. La prima domanda da porsi riguarda quindi il significato del termine 'accessibilità'. Senza voler addentrarci eccessivamente in un tema che sarebbe degno di una autonoma trattazione vediamo che questo termine indica: "La facoltà o la possibilità di accedere a un luogo o a una risorsa; raggiungibilità; comprensibilità" (1). Questa definizione riesce a farci comprendere che l'accessibilità ad una tutela non è un fattore ontologico della tutela stessa, non riguarda il suo essere o meno, almeno non direttamente. D'altro canto però un diritto non suscettibile di essere attivato rimane una sterile enunciazione di principio, priva di ogni riscontro nella realtà fattuale. Si crea in questo modo una sorta di inesistenza del diritto enunciato e non accessibile. Sempre la definizione ricordata ci mostra come il termine che stiamo analizzando comporti non una sola azione ma una serie di azioni possibili, o meglio tutta la serie di azioni (raggiungimento, comprensione, ecc.) atte a garantire la fruibilità della risorsa in discussione.

A questa stessa conclusione è arrivato un gruppo di esperti sull'accesso alla protezione sociale (CS-PS) su incarico del Consiglio d'Europa (2). Tramite un apposito questionario questi studiosi hanno infatti cercato di rilevare a livello europeo quali fossero i maggiori ostacoli alla fruizione delle tutele sociali. Crediamo sia quindi utile analizzare le condizioni generali che consentono l'accesso a queste tutele così come redatti nell'analisi del CS-PS.

Tali condizioni infatti sono:

  1. l'esercizio di un diritto presuppone la conoscenza dello stesso e la consapevolezza di essere titolare di tale diritto;
  2. l'accesso effettivo alla protezione sociale deve essere garantito a tutti gli aventi diritto;
  3. gli organismi di protezione sociale ed i servizi sociali devono essere al servizio degli aventi diritto;
  4. un'attenzione particolare deve essere posta agli aventi diritto più vulnerabili;
  5. un effettivo partenariato tra gli organismi di protezione sociale ed i servizi sociali da una parte ed i differenti attori della società civile dall'altra, è essenziale al fine di migliorare l'accesso alla protezione sociale;
  6. una valutazione sistematica dell'impatto sulla lotta contro la povertà deve essere intrapresa nel caso di modificazioni importanti della legislazione in vigore o nel caso di introduzione di nuove prestazioni.

L'analisi condotta dal gruppo di esperti riconduce quindi al primo punto la pubblicizzazione delle tutele offerte, la creazione di una consapevolezza nel destinatario dell'esistenza della possibilità di fruire di un certo servizio o beneficio. La consapevolezza è ovviamente il primo passo verso la fruizione della prestazione offerta e, quindi, condizione imprescindibile dell'accessibilità di quest'ultima. Una tutela mal pubblicizzata sarà limitatamente accessibile da parte di una vasta platea. La platea di soggetti destinatari della quale ci stiamo occupando in questa tesi non è quella dei cittadini liberi ma quella dei soggetti reclusi all'interno degli istituti di pena. La realtà penitenziaria mostra delle dinamiche di comunicazione e informazione spesso diverse rispetto a quelle del mondo libero. La comunicazione all'interno delle mura degli istituti infatti risente di vari fattori, tra i quali: la ristrettezza dei luoghi, la limitazione negli spostamenti dei soggetti, la scarsità delle comunicazioni con l'esterno e le particolari modalità nelle quali queste si esplicano (3).

Come sappiamo, ad esempio, gran parte della normativa e dei documenti illustrativi delle tutele in questione è disponibile oggi attraverso internet (4), mezzo al quale la popolazione reclusa continua a non avere accesso (5). Escluso quindi questo strumento, che risulta il più congeniale in materia (6), rimane l'informazione trasmessa dai mezzi di comunicazione di massa. In ciò la carta stampata e la televisione, mezzi disponibili alla popolazione detenuta, non risultano di grande aiuto o, almeno, non in assenza di un adeguato supporto. Come abbiamo detto infatti il carcere è un mondo chiuso, soggetto a proprie regole, talvolta non dissimili da quelle proprie della società dei soggetti liberi ma rapportate alle dimensioni spaziali in cui la vita si svolge. In questo modo accade spesso che una comunicazione non corretta trasmessa da parte di televisione o giornali, o non correttamente compresa da parte della popolazione reclusa, porti a quello che comunemente si definisce un passaparola, un tam-tam, viziato però dall'errore iniziale. Queste dinamiche in spazi ristretti come quelli di un'istituzione totale hanno una rapidità di sviluppo e una copertura molto superiore rispetto a quella che si riscontra nel mondo esterno. Si deve considerare inoltre che la mancata fruizione della tutela offerta può essere determinata non solo da un'errata comunicazione ma anche dalla limitata capacità di comprensione dei destinatari. Tale problematica deriva spesso da una non adeguatezza della comunicazione rispetto al destinatario. Si potranno avere infatti problemi di comprensione dovuti a:

  • La lingua utilizzata nella modulistica o dagli operatori.
  • La complessità del linguaggio in rapporto al grado di istruzione del soggetto o a patologie limitative della comprensione.

Un semplice sguardo ai dati statistici forniti dal Ministero di Grazia e Giustizia circa le caratteristiche della popolazione reclusa ci rendono un chiaro quadro dei problemi. Si parla infatti di una popolazione con alti tassi di presenza di soggetti stranieri e livelli di istruzione perlopiù molto bassi rispetto alla media. Le statistiche relative all'annualità 2008 vedevano infatti su un totale di 92.800 ingressi dalla libertà una percentuale di soggetti stranieri pari al 46%. Tra i soggetti ristretti inoltre il grado di istruzione si limita spesso alla sola licenza di scuola elementare o media inferiore e vi è ancora una rilevante incidenza dell'analfabetismo (7). È quindi facilmente intuibile la difficoltà che spesso viene riscontrata da parte dei detenuti a comprendere il linguaggio nel quale queste tutele vengono illustrate o nel quale i vari moduli sono redatti. Non si deve dimenticare inoltre come a questa complessità di linguaggio si aggiunge non di rado quella delle disposizioni operative interne ai carceri. Come abbiamo visto la non perfetta coordinazione tra le disposizioni che regolano gli istituti penitenziari e quanto previsto dalle norme in materia di tutele sociali fa sì che spesso si creino ostacoli di ordine tecnico alla realizzazione di alcune prestazioni. In questo modo si avverano contemporaneamente molte delle condizioni negative previste per l'accesso alle prestazioni sociali. La necessità più stringente è quindi quella di un'interposizione di soggetti adatti a 'tradurre' quanto previsto dalle complesse disposizioni in materia. All'interno della realtà carceraria sono adottate svariate soluzioni.

Una prima soluzione per far fronte ai problemi di accessibilità delle tutele sociali all'interno degli istituti di pena è quella che vede incaricati direttamente i funzionari dell'amministrazione penitenziaria dello svolgimento delle pratiche finalizzate al percepimento di prestazioni assistenziali e previdenziali. Tale sistema appare in linea con quanto previsto dall'ordinamento penitenziario e con le circolari inviate costantemente dal Ministero riguardo alle varie tutele (8), ma spesso non viene adottato per problematiche di organizzazione interna.

In alcuni casi vi è invece un intervento diretto dell'Inps all'interno degli istituti di pena. Interessante iniziativa al riguardo è quella promossa dal carcere di Terni che nel marzo 2004 ha istituito, di concerto con l'Istituto nazionale di previdenza sociale, un 'Punto Cliente Inps' all'interno dell'istituto penitenziario. Tale servizio fornisce ai detenuti e agli operatori la possibilità di accedere via internet ai servizi dell'ente, creando così per la prima volta uno sportello virtuale interno ad un carcere (9).

Ulteriore modello è quello che vede operatori dei vari patronati svolgere la loro attività direttamente all'interno degl'istituti. Quest'ultima modalità di organizzazione dà vita però ad una problematica di non poco conto. Lo svolgimento di attività all'interno degli istituti di pena comporta infatti una serie di difficoltà, quali ad esempio la necessità di autorizzazioni per l'ingresso (10), che hanno spesso dissuaso i patronati da ogni progetto in questa direzione. Un generale disinteresse delle rappresentanze sindacali verso la popolazione carceraria (e quindi anche verso i lavoratori carcerari) fa sì che questo tipo di intervento sia attuato assai di rado. Così anche qualora all'interno di un istituto di pena venga adottato uno schema di gestione delle tutele sociali di questo genere si tratta spesso dell'operato di un solo patronato, rappresentante cioè una sola sigla sindacale. Viene in questo modo lesa la libera possibilità di scelta del soggetto recluso circa la sigla sindacale alla quale rivolgersi, diventando questa una decisione obbligata in direzione dell'unica rappresentanza presente.

Ultima soluzione è quella che vede impegnate nella gestione di questi servizi altre organizzazioni del privato sociale diverse dai patronati, generalmente associazioni di volontariato o organizzazioni di vario genere che operano all'interno degli istituti di pena. Tali organizzazioni assumono la funzione di 'mediatori' tra gli enti istituzionali, i patronati, le sigle sindacali e il soggetto, sia in un senso che in un altro. Riescono cioè a 'tradurre' l'informazione al soggetto, in modo che questa sia comprensibile, e contemporaneamente a gestire i rapporti tra quest'ultimo e i vari referenti esterni. Nella gestione dei rapporti il vantaggio di quest'ultimo modello riguarda il mantenimento della possibilità di scelta da parte della persona reclusa, la quale, avendo come intermediario l'operatore, non sarà costretta alla scelta di una certa sigla sindacale piuttosto che di un'altra. Talvolta questa soluzione è direttamente appoggiata da attori istituzionali quali Regioni, Province e Comuni, che tentano così di sopperire alla riconosciuta carenza dei modelli precedenti (11).

Dall'analisi finora delineata dei principali modelli organizzativi dei servizi relativi alle tutele sociali all'interno del mondo carcerario possiamo trarre risposte e considerazioni anche riguardo alle altre condizioni di accesso ricordate. L''accesso effettivo alla protezione sociale', il secondo punto dell'elenco di principi redatto dal CS-PS, risulta alquanto difficoltoso dall'interno di un istituto penitenziario. Capita spesso infatti di notare come la possibilità per i soggetti detenuti di accedere alle tutele sociali sia percepita dai cittadini liberi come una sorta di ingiustizia, un immeritato privilegio fornito a chi si è macchiato di un crimine (12). In base a tale opinione il soggetto recluso con la sua condotta criminosa si sarebbe volutamente autoescluso, secondo una concezione social-contrattualistica, dalla società civile, dal 'congresso di onesti e retti cittadini lavoratori' e dai relativi benefici che ne derivano, compresi tra questi i diritti sociali (13). Infrante le regole quindi il detenuto perderebbe il diritto di fruire dei diritti derivanti dall'essere membro della società, rispettoso delle sue regole (14). Abbiamo più volte ricordato infatti quanto stretto sia il legame tra il concetto di diritti sociali e quello di cittadinanza, di appartenenza ad una società. Le mura dell'istituto sarebbero un limite invalicabile oltre il quale le tutele sociali non possono giungere. Questo tipo di mentalità purtroppo non la si riscontra solo nella società esterna (15), ma anche tra gli stessi operatori penitenziari, sia che facciano parte del personale istituzionale o meno. Proprio tale ordine di idee, purtroppo più diffuso di quel che si pensa, ha lungamente limitato lo sviluppo di queste tutele all'interno delle realtà carcerarie.

Tornando all'analisi delle condizioni elencate dal CS-PS (il gruppo di esperti incaricato dal Consiglio d'Europa) dobbiamo notare come la popolazione penitenziaria rientri di diritto tra quei soggetti "più vulnerabili", di cui al punto n. 4, degni di una particolare attenzione. Se analizziamo infatti la relazione effettuata Peter Melvyn (16) ritroviamo una specifica trattazione queste tipologie di soggetti sotto il profilo delle problematiche di accesso. Dal confronto tra l'esame di queste particolari categorie e la composizione della popolazione che affolla gli istituti di pena emerge una corrispondenza alquanto impressionante. Secondo il ricercatore austriaco soggetti vulnerabili sono da considerarsi tutte quelle persone che, a causa di fattori di varia specie, rischiano di essere esclusi dalla società e dalla fruizione dei relativi benefici (17). Tra i soggetti a rischio sono elencati:

  1. gli appartenenti a minoranze (immigrati, rifugiati, richiedenti asilo politico, gruppi minoritari etnici, linguistici o di altro genere);
  2. persone con disabilità;
  3. persone comunque afflitte da povertà urbana ed esclusione sociale;
  4. gruppi di persone vulnerabili in transizione economica;
  5. residenti in regioni vulnerabili a causa di ostacoli fisici, geografici.

I fattori dei quali parla questo studio sembrano ritrovarsi nella composizione della popolazione carceraria stessa o nell'istituzione penitenziaria in sé. Tra la popolazione detenuta sono infatti innegabilmente riscontrabili gruppi, spesso ben nutriti, di soggetti appartenenti alle tipologie analizzate nei punti 'A', 'C' e 'D'. Lo stesso Melvyn elencando i soggetti sottoposti a maggior rischio di esclusione sociale, di cui al punto 'C', cita le persone che hanno commesso un reato. Si viene quindi ad avere una duplice connessione tra le materie in esame: da una parte le persone che hanno commesso un reato sono già di per sé oggetto di esclusione sociale e quindi vulnerabili, dall'altro la popolazione carceraria nel suo complesso presenta molte delle caratteristiche proprie dei gruppi in questione.

Ma cosa dire delle persone con disabilità e degli ostacoli geografici alla fruizione delle tutele sociali di cui nei rimanenti punti? Uno spunto potrebbe derivare dal confronto tra la capacità di accesso di una persona disabile alle tutele sociali e quella di un soggetto recluso. A favore delle persone portatrici di disabilità sono state create, per garantire la fruizione delle varie prestazioni, appositi canali preferenziali ed è stato istituito, con la legge n. 4 del 9 gennaio 2004, un apposito protocollo per assicurare a questi soggetti la possibilità di accesso alle pagine informatiche che rappresentano un utile tramite in questo campo. Qualora però la persona disabile a causa dei suoi problemi fisici o psichici non possa utilizzare il mezzo informatico ed abbia una mobilità estremamente limitata, tale da non permetterle di uscire dalla propria abitazione, si viene a creare una similitudine di situazioni. Il soggetto in queste condizioni (stiamo parlando dei casi di 'allettamento') per poter fruire delle varie prestazioni dovrà affidarsi all'aiuto dei familiari, tramite apposite deleghe, o dei servizi domiciliari istituiti da taluni uffici pubblici (18). La popolazione detenuta, qualora non sia istituito un apposito servizio atto a garantire la fruizione delle tutele sociali, si trova in una situazione critica del tutto simile (19).

Il carcere inoltre può rientrare all'interno della situazione prevista alla lettera 'E', quella cioè propria delle condizioni di vulnerabilità causate della presenza di ostacoli fisici, geografici. Le mura dell'istituto infatti spesso segnano un vero e proprio limite geografico difficile da superare e tale da ridurre la comunicazione e la copertura delle tutele offerte. I fattori che ingenerano questa situazione sono di vario genere e possono derivare dalla complessità nell'accesso agli istituti da parte degli operatori in materia, dalla sottoposizione alle regole proprie dell'ambiente carcerario (20), dall'estrema lentezza e macchinosità cui sono sottoposti i vari passaggi burocratici dell'amministrazione penitenziaria (siano questi finalizzati, ad esempio, al reperimento di un documento, all'invio di un modulo o all'effettuazione di una telefonata).

Le modalità di risoluzione del problema delle limitazioni fisiche sono incentrate all'esterno sull'utilizzo intensivo di mezzi di comunicazione telematici e sulla creazione di sportelli unificati itineranti e distaccati (21). Soluzioni analoghe sono adottate anche all'interno degli istituti di pena ma solo per quanto riguarda il sistema di sportelli unificati dal momento che, come abbiamo visto, la popolazione detenuta non ha liberamente accesso a trasmissioni di tipo telematico.

Gli sportelli che operano negli istituti penitenziari vengono spesso a mettere in atto, più per esigenze reali che per organizzazione teorica, l'unificazione al loro interno di più servizi e si trovano a spostarsi loro stessi all'interno dei vari ambienti più che a far spostare l'utente recluso (far muovere il detenuto risulta infatti più problematico dato che quest'ultimo, generalmente, nei suoi spostamenti all'interno dell'istituto deve essere accompagnato da un agente).

Analizzati i fattori derivanti dallo stato di carcerazione che impediscono una normale accessibilità alle tutele sociali è il caso di vedere le dinamiche che da questa situazione derivano per la popolazione detenuta

Abbiamo ricordato che tra le persone ristrette si riscontrano spesso i caratteri propri dell'esclusione sociale. Tali persone risultano anche, per la loro condotta criminosa, tra i soggetti vulnerabili sul fronte della fruizione dei diritti sociali ed ai quali andrebbe dedicata una particolare attenzione. Oltre all'analisi delle caratteristiche dei soggetti abbiamo visto che la vulnerabilità della persona reclusa deriva anche dall'ambiente carcerario stesso. Qualora un soggetto, già appartenente ad una categoria che richiederebbe particolare attenzione, si trovi all'interno dell'istituzione penitenziaria si innesca una sorta progressione esponenziale nell'esclusione sociale. Che il soggetto detenuto, o comunque sottoposto a provvedimenti dell'autorità giudiziaria, sia un soggetto vulnerabile per quanto riguarda il suo stato di bisogno e la possibilità di accesso alle varie tutele era stato già rilevato anche dal legislatore ordinario con la legge n. 328 del 2000, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Proprio in virtù di questo testo normativo "i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni del sistema integrato di interventi" (art. 2 comma 3). Si tratta di una normativa che ha mutato profondamente il sistema assistenziale italiano cercando di dare sistematicità al coacervo di previsioni che prima del suo avvento regolavano la materia. Nel fare ciò ha previsto una collaborazione non solo tra Stato ed enti locali, ma anche tra istituzioni ed organizzazioni private appartenenti al terzo settore (art. 5) (22). A seguito della suddetta riforma esisterebbe oggi un diritto soggettivo perfetto dei soggetti protetti e delle loro famiglie all'erogazione delle prestazioni (23). Inoltre l'art. 6 del medesimo testo di legge prevede anche che, tramite il combinato disposto con l'articolo 19, con riferimento alle funzioni dei Comuni di "programmazione, progettazione e realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete" (art. 6), il piano di zona individui "le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle Amministrazioni Statali, con particolare riferimento all'Amministrazione Penitenziaria e della Giustizia" (art. 19).

Per correttezza d'analisi dobbiamo infine rilevare come accanto ai fattori che incidono negativamente sull'accessibilità alle tutele previdenziali e assistenziali da parte della popolazione detenuta ve ne sono altri che sembrano invece avere risvolti positivi. Se è vero che il rischio d'esclusione del soggetto detenuto è dettato, come abbiamo visto, tanto dalle sue qualità personali che dal luogo di detenzione, l'offerta di un corretto servizio di tutele sociali all'interno degli istituti penitenziari potrebbe visibilmente ridurre questi effetti ed arrivare ad invertire il trend di esclusione in cui il soggetto si trova. Non è raro infatti vedere, nel caso di servizi interni ben strutturati, una fruizione di tutele da parte di taluni soggetti che all'esterno, per fattori di vario genere, non ne avevano mai beneficiato. Le impostazioni 'geografiche' dell'ambiente carcerario, costituite dalla ristrettezza degli spazi, dal facile reperimento dei soggetti destinatari e dall''autarchia organizzativa' interna, propria dei vari uffici penitenziari, possono essere ribaltate dall'operatore a proprio favore. In questo modo invece di un'esponenzialità dell'esclusione, dovuta alla sommatoria delle cause personali e geografiche, si avrà che i fattori geografici saranno di aiuto nell'arginare l'effetto di quelli connessi alle qualità personali. Il soggetto, che all'esterno risultava impedito nell'accesso alle tutele sociali da fattori di vario genere, può così riprendere cognizione delle tutele a lui offerte. Si deve però considerare che garantire ad una persona che ha sempre vissuto in limine societatis accesso a tutele delle quali non aveva mai fruito all'esterno non è il solo scopo che ci si deve preporre, ma serve una vera e propria informazione, e formazione, circa gli iter e gl'adempimenti da seguire all'esterno per il raggiungimento dei medesimi risultati. La sola offerta di tutele, senza alcuna informazione sistematica, rischierebbe di far sì che il soggetto una volta nuovamente in libertà rientri in quei circoli propri dell'esclusione sociale, stavolta per di più alimentati dallo stigma della carcerazione, che lo porterebbero nuovamente verso situazioni di vulnerabilità piuttosto accentuate, col rischio che l'esclusione dia luogo a successivi fattori criminogeni.

2. Lo Sportello Documenti e Tutele del Nuovo complesso penitenziario di Sollicciano

Le esigenze analizzate nel precedente paragrafo hanno dato vita nel 2004 alla creazione dello Sportello Documenti e Tutele presso il Nuovo complesso penitenziario (24) di Sollicciano. Tra i vari schemi di gestione delle tutele sociali all'interno della realtà penitenziaria (i quattro modelli di cui al paragrafo precedente) il carcere fiorentino adotta quello che vede incaricati di queste questioni associazioni di volontariato o operatori privati a vario titolo. Le dimensioni dell'istituto, con circa mille reclusi hanno infatti fatto desistere sia l'Inps da un intervento diretto (sulla scorta del modello di Terni), sia i vari patronati (25), ben consci dell'impegno che questo avrebbe comportato. Il personale penitenziario infine non si è mai organizzato, anche in virtù di una lamentata carenza numerica, per poter ovviare autonomamente a queste problematiche.

Lo Sportello Documenti e Tutele è nato grazie ad un'apposita convenzione tra la Provincia di Firenze e l'associazione Altro diritto Onlus, in accordo con la Direzione della Casa circondariale di Sollicciano, e si ripropone la tutela dei diritti dei soggetti detenuti con riguardo ad alcuni settori quali:

  1. informazione su diritti e servizi;
  2. mediazione nel reperimento documenti (l'accesso ai servizi assistenziali presuppone il possesso di taluni documenti come carta d'identità, codice fiscale, iscrizione al collocamento, ordinario o nelle liste speciali, lo Sportello media tra detenuti e vari referenti istituzionali per i rilascio di documenti);
  3. servizio di patronato; lo Sportello avvia e segue pratiche di:
    • indennità di disoccupazione (con gestione dei contatti tra Inps e Carcere);
    • assegni familiari, aiutando a reperire i documenti necessari (stato di famiglia, CUD);
    • pensione di anzianità o pensione sociale (con ricostruzione contributi versati all'Inps);
    • pensione per invalidi civili e non vedenti (con rapporti con Inps, Inail, Commisione Asl);
  4. pratiche di regolarizzazione per migranti (lo Sportello media tra detenuto, Questura o altro ente per le questioni inerenti i titoli di soggiorno, la regolarizzazione della permanenza sul territorio o la tutela dei migranti in attesa di espulsione) (26).

In tutti questi campi infatti vi è una stringente necessità di superare gli ostacoli che la condizione detentiva pone, in maniera più o meno diretta, alla fruizione delle relative tutele. Lo Sportello si trova quindi ad operare come mediatore tra le varie istituzioni ed il soggetto ristretto abbattendo quelle barriere che, come abbiamo visto nella ricerca di Melvyn (27), rischierebbero di impedire la fruizione dei diritti sociali.

La prima delle funzioni svolte è quella di informazione dei soggetti reclusi circa i loro diritti previdenziali e assistenziali. Nel fare ciò si è deciso di seguire una duplice strada: da una parte il contatto diretto con le persone recluse e l'analisi delle loro problematiche, dall'altra la preparazione di una apposita 'Guida detenuti'. Quest'ultima, redatta per la prima volta nel 2006 e rivista negli anni successivi, dovrebbe essere in grado, grazie anche alla traduzione in varie lingue (28), di informare il soggetto detenuto circa i propri diritti e i propri doveri, fornendogli utili indicazioni sul sistema carcerario e sui servizi offerti dallo Sportello (29).

L'informazione resa dallo Sportello non si limita ai soli soggetti ristretti all'interno del carcere poiché è presente una rete di coordinamento tra l'attività interna all'Istituto e quella esterna, svolta da operatori dell'Associazione Altro Diritto con analoghe funzioni presso l'Ufficio esecuzione penale esterna (U.e.p.e.) di Firenze e il Centro Diurno Attavante. In questo modo è possibile garantire informazione ed appoggio ai soggetti in esecuzione penale esterna, coordinare le attività interne, nei casi più complessi, con l'operato dei parenti della persona ristretta, ed infine garantire una maggior continuità di tutela al momento dell'uscita del soggetto da carcere. Grazie al progetto approvato nel 2008, 'Progetto Leccio' (30), lo Sportello Documenti e Tutele è presente anche all'Istituto Mario Gozzini di Firenze (31). Quest'ultima novità, al pari della gestione degli sportelli esterni permette, grazie al frequente passaggio di detenuti da Sollicciano al Gozzini e viceversa, di garantire quella maggior continuità di cui dicevamo sopra.

Oltre alla funzione informativa ovviamente questa rete di tutele, formata da operatori interni ed esterni agli istituti, è un ponte di collegamento tra il soggetto recluso e i vari interlocutori istituzionali. Volendo schematizzare potremmo infatti vedere come lo Sportello sia un mediatore istituzionale e burocratico tra due fronti: quello delle richieste dei detenuti e quello dei vari uffici, siano essi appartenenti all'amministrazione penitenziaria o ad istituzioni esterne (quali ad esempio Inps o Agenzia dell'entrate). Oltre a questo primo tipo di mediazione gli operatori creano delle reti di coordinamento e di collaborazione tra l'istituzione penitenziaria e le istituzioni esterne, secondo uno schema di questo tipo:

Gli operatori devono quindi effettuare una pluralità di mediazioni: dalla comprensione della richiesta del soggetto detenuto (attività che non raramente comporta anche problemi di natura linguistica visto l'ingente numero di presenze straniere), al rapportarsi con uffici interni del carcere e con uffici dei vari interlocutori istituzionali, al tentativo di coordinare i primi con i secondi (32) per dare giusta soddisfazione alle richieste della persona reclusa. Tale tipo di attività richiede quindi una preparazione che non si limiti al solo ambito previdenziale, assistenziale, di diritto dell'immigrazione o di diritto penitenziario, ma che comprenda piuttosto tutte queste materie e sia capace perciò di analizzare e cercare una soluzione ai contrasti che, come abbiamo visto, si vengono talvolta a creare tra la normativa penitenziaria e quella propria delle tutele sociali. Questa preparazione si baserà spesso su fonti, sia nell'uno che nell'altro settore, di livello prettamente secondario (sia la normativa penitenziaria in settori tecnici come quelli previdenziali, che la normativa previdenziale in settori come quelli inerenti alla popolazione detenuta sono infatti spesso rette da circolari, non di rado pressoché introvabili), se non addirittura sulle prassi istituite dai vari operatori (33).

Cercheremo di mostrare attraverso i vari dati statistici relativi al carcere di Sollicciano gli elementi di criticità del rapporto tra il sistema carcerario e la legislazione sociale. In via preliminare analizzeremo in maniera specifica come lo Sportello viene ad agire nella realtà del Nuovo complesso penitenziario fiorentino, e quali siano i caratteri peculiari di questo istituto di pena.

Gli operatori dello Sportello tramite autorizzazione ex art. 17 o.p. (34) hanno accesso al N.c.p. di Sollicciano e possono avere colloqui con i soggetti reclusi. Il primo contatto fra l'operatore e il soggetto avviene generalmente tramite un'apposita richiesta di quest'ultimo. Tale richiesta può essere effettuata o con il comune 'modulo 393' (modulo con il quale può essere fatta richiesta di colloquio con qualsiasi operatore, comunemente definito 'domandina') o tramite degli appositi formulari (35), distribuiti a cura della direzione, riguardanti i servizi offerti dallo Sportello. Gli operatori, con cadenza settimanale, fanno ingresso in istituto e, una volta analizzate le domande, effettuano i relativi colloqui presso le varie sezioni. Come vedremo nel prossimo paragrafo infatti quello di Sollicciano è un ambiente estremamente composito, formato da una miriade di sezioni, nel quale è necessario che gli operatori si spostino da un luogo ad un altro a seconda delle persone con le quali avere colloqui. In alcune sezioni lo Sportello può regolarmente svolgere la propria attività, ma presso altre si configurano maggiori difficoltà, se non addirittura impossibilità. Tra le cause di queste situazioni generalmente la carenza di ambienti da poter utilizzare o il particolare regime detentivo di taluni soggetti. Anche all'interno dell'istituto si creano quindi, in virtù dell'assenza o scarsa mobilità delle persone ristrette, delle situazioni che paragonate agli standards della ricerca di Melvyn configurerebbero dei veri e propri ostacoli fisici, geografici, alla fruizione di queste tutele (36). Come accennato le modalità tramite le quali lo Sportello si trova ad operare all'interno dell'istituto hanno un'estrema somiglianza con quelle adottate, nel mondo libero, in caso di impedimenti di natura fisica e geografica. Anche lo Sportello infatti, come gli istituti analizzati da Melvyn, offre al soggetto una pluralità di servizi ed opera in maniera itinerante tra i vari reparti del carcere (37). Da questo punto di vista l'immobilità propria del soggetto recluso (il quale non può allontanarsi dalla cella, e men che meno dall'istituto, se non nei casi espressamente previsti) lo rende del tutto simile ad un abitante di una zona impervia o difficilmente raggiungibile (o, come abbiamo detto, ad un soggetto 'allettato', incapace cioè di muoversi dalla propria abitazione). Il parallelo continua nel caso in cui i contatti tra operatori e soggetti ristretti siano impossibili per vari motivi quali, ad esempio, sicurezza dell'istituto o assenza di spazi appositi (38). In queste situazioni i metodi di interazione si riducono alla comunicazione tramite la cosiddetta 'posta interna (39)' sulla scorta delle comunicazioni che vengono effettuate all'esterno tra alcune remote cittadine e gli uffici istituzionali (solitamente per via telematica) (40).

Ogni mese lo Sportello riceve mediamente circa 60 domande, numero che aumenta in maniera notevole (fino a 250-300) nei mesi di febbraio-marzo a causa dello svolgimento delle pratiche di disoccupazione a requisiti ridotti. A fronte di queste richieste vengono viste settimanalmente circa 15 persone. Durante i colloqui talvolta il soggetto detenuto richiede all'operatore solo dei chiarimenti inerenti alla sua posizione e alle varie tutele prospettabili, talaltra invece espone la necessità che questo si metta in contatto con uffici, carcerari e non, per la risoluzione di varie problematiche. Di estremo aiuto nel rapporto tra operatore e detenuto risulta essere la figura dello 'scrivano' (41). Tale soggetto è un vero e proprio tramite tra i due: riporta le problematiche dei propri compagni allo Sportello, collabora con questo per la risoluzione delle questioni e la gestione delle varie tutele (42). Purtroppo negli ultimi anni anche la figura dello scrivano è mutata profondamente all'interno di Sollicciano (43), facendo spesso perdere agli operatori un utile collaboratore.

I colloqui con i detenuti rappresentano spesso solo una piccola, sebbene importantissima, parte dell'attività dello Sportello. Dopo aver ascoltato le necessità delle varie persone gli operatori devono infatti cercare di trovarne una soluzione presso i vari referenti interni o esterni all'ambiente carcerario. Tra gli uffici dell'istituto di pena col quale gli operatori dello Sportello devono necessariamente avere rapporti quelli dei vari educatori, dell'ufficio ragioneria dell'ufficio conti correnti (o mercedi) e dell'ufficio matricola (44). Si tratta di uffici afferenti ciascuno ad un ambito diverso presso i quali spesso si possono trovare molte delle informazioni necessarie per la risoluzione delle varie questioni. Tra gli interlocutori esterni ritroviamo invece i vari uffici comunali (sia quelli del Comune di Firenze che quelli dei vari comuni di residenza dei detenuti e dei loro familiari (45)) e gli uffici di istituti quali le Asl, l'Inps, l'Inpdap, l'Inail e i patronati afferenti alle varie sigle sindacali (46).

3. Il Nuovo complesso penitenziario di Sollicciano

Per comprendere a fondo l'attività degli operatori e i dati che poi presenteremo nei prossimi paragrafi crediamo sia utile analizzare brevemente le caratteristiche del N.c.p. di Sollicciano, e delle attività lavorative che al suo interno si svolgono.

Questa struttura fu concepita nel 1975 per ospitare i detenuti ristretti nelle carceri del centro storico della città di Firenze, Murate, Santa Teresa e Santa Verdiana, dopo la dismissione di quest'ultime. Completata nel 1982 fu ufficialmente consegnata nel 1983. Accese discussioni nacquero l'anno stesso della consegna all'amministrazione penitenziaria a causa dell'intenzione dell'allora Ministro della Giustizia On.le Logorio di utilizzare l'istituto il per la reclusione di circa 600 camorristi ristretti a Poggioreale (47).

Il Nuovo complesso penitenziario ha una pianta estremamente particolare che riprende, nella schematizzazione dei padiglioni semicircolari, la figura del Giglio di Firenze. Nonostante la vasta area occupata dal complesso la particolare progettazione (si veda figura n. 1) causa un enorme spreco di spazi e una difficile comunicazione tra le varie aree (48).

Sollicciano risulta essere catalogato dall'amministrazione penitenziaria come Casa Circondariale (49) di media sicurezza, nonostante questa determinazione prettamente burocratica la sua realtà risulta quanto mai poliedrica. Come spesso accade nelle Case circondariali infatti anche Sollicciano consta di una sezione penale (per soggetti già condannati) e di una sezione giudiziaria (per soggetti in attesa di giudizio), sia al maschile che al femminile. La sezione maschile, più distante dagli ingressi, costituita da due ali a semicerchio (50), è suddivisa in reparto 'A' (penale) costituito da 5 sezioni (dalla IX alla XII) e reparto 'B' (giudiziario, dalla sez. I alla VIII) costituito invece da 8 sezioni distribuite su 4 piani. Altro elemento, sempre della parte maschile dell'istituto, è l'infermeria centrale (comunemente definita 'centro clinico'), situata accanto alle sezioni penali, nella quale fino a qualche mese fa era presente un apposita sezione per studenti universitari (Polo universitario). Tutt'oggi si trovano in quest'ala un piccolo reparto di osservazione psichiatrica, la sezione degenza del primo piano ed il piccolo reparto 'M' al piano terra, utilizzato per i soggetti appartenenti ad associazioni di stampo mafioso in regime di 41 bis (51) (durante i trasferimenti degli stessi, dato il suo regime di media sicurezza infatti l'istituto non sarebbe adatto ad ospitare in maniera permanente questa tipologia di detenuti). Si deve infine accennare alla presenza del reparto 'transito', piccola sezione, nella quale si trovano i soggetti appena giunti al carcere, i soggetti in trasferimento da un istituto ad un altro o i soggetti in isolamento giudiziario. Data l'assenza di spazi appositamente adibiti questo reparto non è accessibile ai vari operatori volontari che quindi non possono comunicare con i soggetti ristretti in questa zona.

Il settore femminile si trova invece in una zona diametralmente opposta, proprio di fronte al reparto maschile, ma a circa 250-300 metri di distanza (52). Possiamo ritrovare in questa parte della struttura il reparto femminile penale, giudiziario, l'asilo nido per donne con figli (53), la casa di cura e custodia per donne seminferme di mente e, sopra quest'ultima, il reparto transessuali (comunemente reparto 'trans').

Figura 1: Visuale aerea del N.c.p. di Sollicciano

Riguardo alla distribuzione della popolazione detenuta all'interno delle varie sezioni possiamo vedere come il reparto maschile giudiziario rappresenti circa il 47% di tutta la popolazione dell'istituto, il penale maschile il 32% (un 5%, una quarantina di persone, sono soggette a regime di 'alta sorveglianza'), il reparto femminile (comprensivo di giudiziario e penale) l'11%, l'infermeria centrale il 4%, come anche il reparto transito, ed infine il reparto trans il 2% (54).

Distribuzione soggetti presenti nel N.c.p. di Sollicciano al dicembre 2008

La difficoltà di gestione di un istituto di queste dimensioni deriva dalle varie tipologie di detenuti che ricomprende, tra le quali: detenuti comuni, detenuti sottoposti ad alta sorveglianza (55), autori di reati a stampo sessuale soggetti a particolare regime, transessuali, persone soggette ad osservazione psichiatrica, soggetti internati nella casa di cura e custodia (56). Non dobbiamo scordare inoltre che circa il 62% (57) della popolazione detenuta è composto da persone di nazionalità straniera. Quest'ultime, a causa anche dell'operatività della disciplina del reato ostativo, risultano quasi sempre prive di ogni titolo di soggiorno al momento della scarcerazione (58). Le nazionalità rappresentate all'interno di Sollicciano sono oltre quaranta. Tra quelle che risultano avere la maggiore incidenza si riscontrano senz'altro: marocchina, con circa il 27% della popolazione detenuta; albanese con il 17%; tunisina 11%; rumena 11%; algerina 5%; soggetti provenienti dai paesi dell'ex Jugoslavia 3% (59). L'istituto quindi ha un'incidenza di presenze straniere estremamente notevole e pari a più di un terzo degli stranieri detenuti in Toscana (60). Generalmente la distribuzione all'interno delle sezioni comuni dovrebbe essere improntata al criterio della nazionalità del soggetto, non sempre questo avviene a causa dell'eccessivo sovraffollamento e ciò è spesso motivo di tensione tra i reclusi e tra quest'ultimi e gli agenti di sorveglianza.

La variegata tipologia dei soggetti ristretti non può non influire, come vedremo, anche sulle condizioni lavorative e previdenziali a questi offerte.

La capienza nominale della struttura è di 483 posti e quella tollerabile di 785 (61), purtroppo nel corso degli anni più volte si è superato, e non di poco, questi limiti. A fine maggio 2009 i detenuti risultavano 933 dei quali 821 uomini (438 in attesa di giudizio), 112 donne (45 in attesa di giudizio) a cui andranno aggiunti tre bambini (62). In tali condizioni le celle comuni, delle dimensioni di circa 9 mq (63), devono ospitare 3, se non in dei casi 4, detenuti (64). Ovviamente di tale situazione ne risente anche l'aspetto trattamentale poiché, a fronte di una quantità di personale computata sulla base della capienza regolamentare, la possibilità di svolgere attività di vario tipo è estremamente ridotta e spesso i soggetti si trovano a stare in cella fino a 20 ore al giorno (65).

L'ormai patologico sovraffollamento di Sollicciano non sembra poter essere risolto neppure da Piano straordinario carceri approvato nel 2009 (66) che avrebbe previsto la costruzione di un ulteriore padiglione capace di contenere circa 300 detenuti (del costo di 10 milioni di euro, da realizzarsi entro il 2012) all'interno della struttura fiorentina.

Altro elemento di estrema importanza oltre a quello delle presenze è quello del continuo turn-over che si realizza all'interno della struttura. Si è riscontrato infatti che gli ingressi annui di soggetti sono pari a circa il 150-200% della popolazione ristretta (67). Questo ulteriore dato non può che influire ancora di più sulle condizioni di vivibilità dell'istituto e di gestibilità dei soggetti ristretti. Un così serrato turn-over infatti limita fortemente, per non arrivare a dire che annulla del tutto, ogni tipo di istanza rieducativa, costringendo gli operatori penitenziari a gestire una continua situazione di emergenza più che a organizzare al meglio le varie attività carcerarie.

Andamento della popolazione di Sollicciano 2001 - Giugno 2009 (68)

A fronte di questa ingente presenza di detenuti il numero degli agenti risulta di molto inferiore a quello previsto: 635 attivi a fronte di una pianta organica prevista di 695. Inoltre dal numero di organico attivo sono da togliere i ben 180 agenti distaccati, che operano fuori dall'istituto. Si ha quindi che con una popolazione carceraria che supera del 19% quella tollerabile (e di ben il 48% quella regolamentare) gli agenti realmente operanti all'interno dell'istituto sono solo il 65% di quelli previsti (69). Anche la situazione sanitaria non risulta essere delle migliori viste le condizione delle strutture (70), delle attrezzature e la perenne carenza di personale. Più volte sono infatti giunte lamentele e osservazioni tanto dai soggetti detenuti che dal personale Asl (71).

Le condizioni di vivibilità dell'istituto sono quindi da considerarsi realmente scarse e non meraviglia che l'incidenza degli eventi critici e delle proteste negli ultimi due anni sia stata particolarmente elevata (72).

3.1 Il lavoro a Sollicciano

Le problematiche che riguardano gli aspetti comuni della vita di Sollicciano, alle quali abbiamo finora accennato, hanno pesanti ripercussioni anche sull'organizzazione delle attività lavorative interne all'istituto.

Dei soggetti ristretti presso il Nuovo complesso penitenziario fiorentino risultano aver lavorato per l'amministrazione penitenziaria 756 persone nell'anno 2006, 667 nell'anno 2007, 794 nell'anno 2008 e 507 dal gennaio 2009 al giugno dello stesso anno (dei quali 254 risultavano attivi nel mese di giugno). Le cifre ovviamente non devono essere interpretate in maniera eccessivamente ottimistica, ma considerando piuttosto i numeri propri del turn-over annuale. Questo fa sì che i soggetti occupati in attività lavorative siano circa il 27,2% (73) della popolazione presente, con un impiego mensile di circa 250 soggetti. Di tutti i lavoratori interni all'istituto al giugno 2009 soltanto uno risultava essere alle dipendenza di datori terzi (74), gli altri erano alle dirette dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. La pressoché totale assenza di dipendenti di datori terzi deriva anche dal fatto che Sollicciano, a differenza di altri istituti di pena, non ospita al suo interno soggetti in regime di semilibertà. Nei lavori domestici all'interno del Nuovo complesso penitenziario le turnazioni lavorative sono estremamente serrate (75), con cadenza spesso mensile, specie per i lavori che necessitano di una minor professionalità. Capita frequentemente che un soggetto venga impiegato in una attività lavorativa di un qualche tipo solo per un mese all'anno. Oltre a ciò gli orari di lavoro dei detenuti alle dipendenze dell'amministrazione sono stati ulteriormente ridotti nel 2008 da una circolare interna della direzione dell'istituto, al fine di contenere la spesa delle mercedi e garantire contestualmente possibilità di lavoro a un maggior numero di persone (76). I lavori più stabili e meglio retribuiti (quali ad esempio gli incarichi della cucina, gli impieghi nella Mof (77) e nel settore agricolo), sono generalmente affidati a persone del reparto penale, ed in larga maggioranza a soggetti condannati a lunghe pene detentive (78). Gli impieghi a tempo pieno, capaci di offrire retribuzioni più dignitose, sono comunque pochi.

L'andamento delle attività lavorative non segue la distribuzione percentuale dei soggetti nelle sezioni ma vede piuttosto il penale maschile come la sezione alla quale sono affidati il maggior numero di posti di lavoro, seguita dal giudiziario e dalla sezione femminile (79). Tra le sezioni meno attive invece il reparto infermeria, il reparto trans ed infine, praticamente privo di lavoratori, il reparto transito. Tale situazione è dettata dal forte turn-over presente in alcuni reparti, tale da impedire una stabilità della popolazione (come ad esempio nella sezione giudiziaria o al reparto transito), e dalla diversa valenza che abbiamo vista essere attribuita al lavoro dei detenuti rispetto a quello degli imputati (80). Anche l'attività dello Sportello risente di queste differenze dal momento che il suo operato è generalmente molto più richiesto nelle sezioni del reparto penale, dove molte più persone svolgono un'attività lavorativa e dove, quindi, maggiori sono generalmente le problematiche di natura previdenziale e assistenziale.

La situazione delle mercedi, come già detto nel capitolo II, è caratterizzata dall'assenza di ogni tipo di aggiornamento dal 1993 ad oggi, con la conseguenza che queste risultano del tutto insufficienti al reale sostentamento dei lavoranti (e delle loro famiglie) e in contrasto con la finalità rieducativa del lavoro sancita dall'art. 15 o.p. (81). Abbiamo rilevato infatti come le retribuzioni per i lavori maggiormente qualificati si aggirino attorno ai 23 euro giornalieri, per giungere ai 10-13 euro degli incarichi più comuni (82). Vi è quindi una generale situazione di indigenza della popolazione di Sollicciano, situazione che spesso porta a sviluppare legami di solidarietà tra reclusi in una stessa cella o nella medesima sezione (83).

Analizzando i dati inerenti al lavoro relativi all'anno 2008 la situazione appare ancora più chiara (84). Nel corso dell'anno sono stati impiegati in lavori alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria 794 soggetti (85), di questi 245 (il 31%) hanno lavorato un solo mese, 211 (il 26%) più di 6 mesi e, tra quest'ultimi, solo 48 (il 6%) per tutto l'anno (86). Ogni mese risultavano impiegate in attività lavorative 200-250 persone.

A fronte di una presenza di stranieri pari circa al 62% della popolazione carceraria, come abbiamo visto sopra, quelli messi a lavoro sono stati il 64% dei lavoranti totali. Anche le ripartizioni in base alle singole nazionalità, come possiamo vedere dal grafico sottostante, sembrano rispecchiare il grado di incidenza delle stesse sulla popolazione detenuta (87).

Lavoranti 2008 suddivisi per nazionalità (88)

La leggera flessione riguardante i soggetti italiani (dal 38% di presenze al 36% di lavoranti) sembra giustificarsi col fatto che ai soggetti di nazionalità straniera vengano generalmente affidati incarichi di minor durata (e di minor prestigio), portando così nel corso dell'anno, specie per la popolazione marocchina (89), a un maggior numero di turnazioni. Sembra infatti che gli incarichi più stabili e meglio retribuiti siano prevalentemente destinati a soggetti italiani. A riprova di ciò il fatto che a fronte di una percentuale di lavoranti italiani pari al 34% questi detengono il 44,4% dell'importo totale delle mercedi annue (90). Se i redditi medi annui dei 794 lavoranti di Sollicciano si attestano sui 1109 euro (netti) (91), quelli dei lavoranti stranieri risultano pari a 930,60 euro, mentre quelli dei lavoranti italiani raggiungono i 1459 euro (il 56,8% in più rispetto a quelli degli stranieri). Tale differenziazione, che permette ai soggetti italiani di fruire di impieghi migliori rispetto agli stranieri, deriva in gran parte dal fatto che i detenuti di nazionalità italiana sono generalmente condannati a pene detentive di maggior durata e raggiungono quindi più facilmente la cima delle 'liste lavoranti' per il collocamento interno all'istituto. Oltre a ciò si deve notare come per alcuni lavori qualificati, quali ad esempio quelli della Mof, sia richiesta la presenza di precedenti esperienze lavorative nel settore. Gli stranieri essendo spesso clandestini non hanno svolto all'esterno alcun tipo di lavoro regolare e non possono perciò vantare queste esperienze. Infine la maggior parte dei soggetti stranieri sono imputati, ristretti perciò al reparto giudiziario, reparto che, come abbiamo visto, in base alla diversa funzione del lavoro per detenuti e imputati, offre minori possibilità di impiego rispetto a quello penale (nel quale si trovano la maggior parte dei soggetti italiani). La diversità di impieghi e, conseguentemente, di mercedi tra italiani e stranieri sarebbe quindi da imputarsi a differenze di natura strutturale tra i due gruppi di soggetti.

La media delle giornate lavorate in un anno da ciascun soggetto nel corso del 2008 risulta essere di 75,4 (92). Tale dato, come vedremo, ha riscontri di non poco conto sulla richiesta delle prestazioni di disoccupazione a requisiti ridotti (93). La media delle ore lavorate per giornata risulta poi essere estremamente esigua e pari a 4,34 ore. A fronte di incarichi che occupano gran parte della giornata (quali ad esempio i compiti della Mof e degli addetti alla cucina o ad altri servizi), in alcuni casi anche 6-7 ore, vi saranno quindi soggetti che svolgono la loro attività giornaliera nell'arco di un'ora o poco più (si pensi ad esempio ad alcuni scopini o portavitto).

La mercede si aggira mediamente sui 3,39 euro per ora (3,70 lorda). Si tratta di una cifra, come abbiamo più volte detto, ben al di sotto dei 2/3 dei Ccnl stabiliti per legge e perciò in completa violazione dell'art. 22 c. I o.p. (94). La mercede percepita mediamente in un anno dai soggetti lavoranti, come abbiamo detto, è di circa 1109 euro (netti), pari a circa 92 euro mensili (95). Tale ultimo dato mensile è però inficiato dai turni di rotazione. A fronte dei soggetti impiegati in attività qualificate che arrivano a guadagnare 5-600 euro i lavoranti domestici comuni si vedono erogare circa 250-300 euro mensili ma la loro attività, sottoposta a continua turnazione, viene a limitarsi a 1-2 mesi l'anno (96). Volendo quindi stipulare una media delle mercedi della sola popolazione attiva in un certo periodo dell'anno potremmo vedere come questa si innalzerebbe fino a 355 euro mensili (97). Si tratta comunque, anche considerando la sola parte attiva della popolazione, di cifre estremamente esigue, incapaci di attendere anche alle minime esigenze del soggetto recluso e della sua famiglia. Lo scopo dell'attività lavorativa carceraria viene infatti spesso ad essere quello di pesare il meno possibile sulle finanze dei propri familiari. Pensare di poter essere loro di aiuto dal punto di vista economico risulta quasi sempre, salvo i casi di lavoratori ormai stabili e ben retribuiti, del tutto utopistico (98). Si sviluppa all'interno degli istituti di pena un sistema economico regolato sulla generale indigenza dei soggetti, sulla ciclicità delle loro disponibilità economiche e sulla solidarietà tra gruppi di soggetti appartenenti alla stessa cella o alla stessa sezione, un sistema cioè ben lungi da quello proprio della realtà esterna, che estranea ancor di più il soggetto dalle dinamiche della vita esterna.

Il dato sulla retribuzione media annua (pari a 1109 euro) ci porta ad un'altra considerazione: come abbiamo già visto le settimane di contribuzione vengono calcolate sulla base dei minimali contributivi settimanali. Se si paragona il minimale settimanale stabilito per l'anno 2008 (177,42 euro) con i 1109 euro di reddito annuo medio ci si può accorgere di come la media delle contribuzioni accumulate dalla popolazione detenuta sia di 6,25 settimane all'anno (neppure due mesi) (99). Sarebbe stato impensabile un risultato diverso, oltre che per le pesanti turnazioni e i ridotti orari di lavoro, anche per l'esiguità della mercede corrisposta.

I dati finora illustrati non fanno quindi che confermare la preoccupante situazione che avevamo già illustrato nel capitolo precedente. La frequenza delle turnazioni, l'esiguità delle mercedi, il generale stato di indigenza della popolazione detenuta, il rischio di danni contributivi, sono tutti elementi che vengono adesso abbondantemente supportati da questi elementi statistici.

4. Le prestazioni di disoccupazione

Le prestazioni di disoccupazione risultano essere un'importante fonte di entrata economica per la popolazione detenuta, un modo per far fronte al generale stato di indigenza proprio della realtà carceraria. Come abbiamo detto nel capitolo precedente capita raramente che gli operatori penitenziari si trovino a dover gestire domande di disoccupazione a requisiti interi. Sono sostanzialmente tre infatti i casi che danno vita a questo tipo di richieste in ambito carcerario:

  • licenziamento da parte del datore esterno avvenuto a seguito della carcerazione o comunque in un periodo estremamente vicino ad essa (68-98 giorni);
  • avvenuto licenziamento da un lavoro carcerario (in corso di detenzione) alle dipendenze di datori terzi;
  • dimissione dall'Istituto carcerario per fine pena, qualora si sia svolto un lavoro alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria (e si abbiano i requisiti delle 52 settimane lavorative nel biennio precedente) (100).

Dal momento che Sollicciano, come abbiamo detto, non presenta lavoro alle dipendenze di datori terzi, lo Sportello documenti e tutele si è trovato a seguire pratiche di questo tipo solo a seguito di licenziamenti avvenuti in prossimità o a causa della carcerazione. Situazioni del genere si sono però presentate raramente nel corso degli ultimi anni. In questi casi tramite delega e certificato di detenzione è stata effettuata l'iscrizione del soggetto al centro per l'impiego e gli sono stati fatti compilare gli appositi moduli di richiesta della prestazione, poi consegnati agli uffici Inps.

Ben diversa è la questione nel caso di disoccupazioni a requisiti ridotti. Quest'ultimo tipo di prestazione è infatti uno dei maggiori incarichi che lo Sportello si trova a svolgere nel corso dell'anno. Circa 300 soggetti all'interno di Sollicciano richiedono ogni anno di poterne usufruire. Gli operatori devono quindi analizzare la situazione di queste persone per vedere quali rispondano ai requisiti richiesti e permettere loro di presentare la domanda. Per fare ciò tra la metà di gennaio e la prima settimana di febbraio vengono presi gli opportuni contatti con gli scrivani delle varie sezioni. A questi vengono forniti degli appositi moduli prestampati che dovranno far compilare a tutti i soggetti della loro sezione (101).

Figura 2: Modulo di preselezione per indennità di disoccupazione a requisiti ridotti

Una volta compilati questi moduli gli operatori, tramite le risposte fornite ai vari quesiti (102), possono analizzare la presenza o meno dei requisiti richiesti per la prestazione. Nel caso i soggetti non presentino i requisiti verrà loro fornita apposita spiegazione dei motivi per i quali non possono accedere all'indennità (103). Qualora invece si riscontri la presenza di tutti i parametri necessari verrà fatta compilare alla persona l'apposita domanda di disoccupazione. Completata la compilazione delle domande queste vengono presentate ad un patronato il quale provvede a fascicolare ed inviarle all'Inps per via telematica (104). Per ogni richiesta di disoccupazione deve essere inoltre fornita all'Inps dal datore di lavoro l'apposita documentazione integrativa, con il conteggio delle giornate di lavoro effettuate, costituita dal modello dl 86/88 bis (105). In questo modo l'Inps, nel momento in cui gli pervengono tanto le domande che i modelli dl 86/88 bis, è in grado di liquidare le varie richieste. Come abbiamo visto in questo campo è necessario non solo un coordinamento ma anche una stretta collaborazione tra lo Sportello, i vari scrivani, l'ufficio mercedi, il patronato di riferimento e l'Inps. Si tratta infatti di un'azione congiunta nella quale nessuno può mancare di effettuare i propri adempimenti pena ritardi estremi o, peggio, la perdita della prestazione medesima.

Una precisazione deve essere effettuata per quanto riguarda i lavoratori agricoli di Sollicciano, questi fino al 2007 risultavano essere dipendenti della Cooperativa Tenda d'Elia e regolarmente iscritti come lavoranti agricoli. Dal 2008 le attività agricole del carcere non sono più gestite da questa cooperativa, ma dall'amministrazione stessa. In questo passaggio però i lavoranti non sono più registrati come agricoli, dal momento che il Nuovo complesso penitenziario non risulta essere una colonia agricola, ma come lavoranti comuni. In questo modo gli stessi soggetti che nel 2008 hanno richiesto una disoccupazione di tipo agricolo nel 2009 hanno dovuto richiederla di tipo comune (106), perdendo i relativi benefici della precedente posizione. Si tratta di una situazione estremamente grave in cui un'istituzione pubblica, quella carceraria, tollera, anzi, mette coscientemente in atto, una aperta violazione della disciplina protettiva del lavoro.

4.1 I dati relativi alle domande di disoccupazione

Per effettuare un corretto raffronto con i dati sul lavoro a Sollicciano nell'annualità 2008 (107), abbiamo deciso di analizzare in maniera particolare le domande di disoccupazione del 2009 che all'annualità lavorativa precedente si riferiscono. Nel fare ciò riporteremo brevemente anche i dati delle domande di disoccupazione relativi alle annualità precedenti, 2008 e 2007 (che concernono rispettivamente le annualità lavorative 2007 e 2006) (108).

Nel 2007 le richieste di disoccupazione presentate all'Inps dallo Sportello sono state 107 (109), cifra che rappresenta il 14% dei lavoranti nell'anno 2006 (110) (anno di riferimento) e il 15% dei detenuti presenti in istituto al momento di richiesta della prestazione (111). Di queste 107 domande il 71% riguardava soggetti di nazionalità italiana (112). Per quanto riguarda il sesso dei richiedenti le donne rappresentavano il 10% delle domande totali, in linea con la loro presenza all'interno dell'istituto. Il reparto che ha presentato il maggior numero di domande è stato il maschile penale (59% con 63 domande), seguito dal maschile giudiziario (23%) e dal reparto femminile (10%) (113).

Nel 2008 le domande inoltrate all'Inps sono state invece di 170, corrispondenti cioè al 26% dei lavoranti nell'annualità 2007 e al 20% dei presenti al momento della richiesta in istituto (114). Come si può notare a fronte di un minor affollamento dell'istituto nell'anno 2007 (grazie agli effetti dell'indulto (115)), benché il numero dei lavoranti fosse inferiore rispetto al 2006 (667 contro 756), il lavoro risultava avere generalmente una maggior durata e quindi permettere più facilmente di raggiungere il requisito delle 78 giornate. Per questo nel 2008 i richiedenti rappresentavano ben il 26% dei lavoranti dell'annualità precedente. Questo ci porta a concludere che il sovraffollamento dell'istituto, dando vita a turnazioni lavorative maggiori, è di estremo danno per la possibilità di raggiungere le 78 giornate lavorative e, quindi, le prestazioni di disoccupazione. Le domande riguardanti i soggetti di nazionalità italiana erano il 63%. Le richieste provenienti dal reparto femminile rappresentavano l'8%. Per quanto riguarda l'incidenza dei vai reparti questa, praticamente immutata rispetto al 2007, vedeva come titolare del maggior numero di richieste il reparto maschile penale, seguito dal maschile giudiziario e dal femminile.

Nell'anno 2009 i detenuti che hanno fatto richiesta di disoccupazione (compilando con lo scrivano l'apposito modulo di preselezione) sono stati 284, dei quali 173 (61%) sono poi risultati avere i requisiti richiesti. Tra i motivi di mancata presentazione della domanda all'Inps (le domande non presentate sono state 111) il 30% era rappresentato dalla mancanza dell'anzianità lavorativa richiesta, il 62% dal non raggiungimento delle 78 giornate lavorative richieste mentre l'8% era dovuto al trasferimento o alla liberazione del soggetto prima della compilazione della domanda (116).

Domande di disoccupazione presentate all'Inps, non presentate e motivi della mancata presentazione (anno 2009)

Il numero delle domande presentate all'Inps rappresentava il 22% dei soggetti che avevano svolto attività lavorativa nell'anno di riferimento (il 2008) e il 18% dei presenti in istituto al momento della richiesta della domanda. In linea con quanto abbiamo detto per l'annualità 2008 risulta ovvio che a fronte di un maggior sovraffollamento dell'istituto nell'anno 2008 rispetto all'anno precedente (869 soggetti contro i 723 del 2007 (117)) la percentuale dei beneficiari della prestazione di disoccupazione risulti inferiore (22% contro il 26% del 2008). Nell'anno 2008, come abbiamo visto, la media delle giornate lavorate era di 75,4 giornate, inferiore cioè alle 78 richieste. Non meraviglia perciò scoprire che dei lavoranti nell'anno 2008 solo il 22% l'anno successivo abbia potuto usufruire della indennità di disoccupazione a requisiti ridotti (118).

Tra i soggetti che avevano i requisiti per fruire della prestazione di disoccupazione la maggioranza nel 2008 aveva svolto attività lavorativa a Sollicciano (61%) o comunque in altri istituti di pena.

Richieste di disoccupazione suddivise per datore di lavoro

Grafico elaborato sulla base dei dati raccolti dallo Sportello. Con la dicitura 'Sollicciano' sono indicati i soggetti che nel 2008 hanno lavorato solo nel carcere fiorentino, con 'Soll.+fuori' si indicano coloro che nel 2008 hanno svolto attività lavorativa tanto all'interno del carcere fiorentino che all'esterno, da liberi, presso datori terzi (si tratta quindi generalmente di persone arrestate nel 2008 o alle quali è stato revocato un regime di semilibertà, di affidamento in prova, ecc.), con la dicitura 'Soll.+altri istituti' coloro che nel 2008 hanno lavorato presso il carcere fiorentino e presso altri istituti di pena (che in quell'anno sono quindi stati trasferiti da un carcere ad un altro), con 'Altri carceri' si indicano coloro che hanno svolto attività lavorativa in altri istituti nel corso del 2008, infine, con 'Fuori' coloro che nel 2008 hanno svolto attività all'esterno, da liberi, presso datori di lavoro terzi (si tratta generalmente di soggetti arrestati nel 2008 o nei primi mesi, fino al 31 marzo, termine ultimo per la richiesta del 2009).

Circa l'85% (119) dei richiedenti si trovava in stato di detenzione già nel 2008 dal momento che aveva svolto una qualche attività lavorativa caceraria in quell'anno. Il 15% (quelli indicati nel grafico con la dicitura 'fuori') hanno invece iniziato la loro detenzione nel 2008-primi 2 mesi del 2009, dal momento che possono vantare un lavoro compiuto all'esterno nell'annualità 2008. Da questi dati possono quindi sorgere un doppio ordine di considerazioni. Da una parte si nota infatti come la maggioranza delle richieste provenga da soggetti che erano già presenti a Sollicciano l'anno precedente e che saranno, indicativamente, soggetti a pene di non brevissima durata (120). Dall'altra la percentuale formata dalle rimanenti tipologie di lavoratori (Soll+fuori, Soll+altri istituti, Altri carceri, Fuori) ci ribadisce l'estrema mobilità della popolazione carceraria, illustrando come 39% dei richiedenti la prestazione di disoccupazione a requisiti ridotti sia stata soggetta nel 2008 a traduzione (Soll+altri istituti, Altri carceri: circa il 17%) o a carcerazione o revoca di una misura alternativa (Soll.+fuori, Fuori: circa il 22%).

Guardando alla nazionalità dei richiedenti possiamo notare che il 53% delle domande proveniva da soggetti di nazionalità italiana, mentre il il rispettivo 47% da cittadini stranieri. In particolare gli stranieri che hanno usufruito di questa prestazione sono soprattutto tunisini (9%), marocchini (9%), albanesi (8%), algerini (4%), rumeni (3%), francesi (3%) e cinesi (2%).

Domande di disoccupazione sulla base della nazionalità dei richiedenti

Visto che le richieste dell'anno 2009 si riferivano all'annualità lavorativa 2008 sembra utile analizzare quali siano le differenze tra le due serie di dati (disoccupazioni 2009-lavoro 2008). Se la popolazione carceraria fosse perfettamente immobile (non soggetta a trasferimenti o liberazioni) e fosse messa a lavoro in maniera imparziale i dati dei due grafici dovrebbero all'incirca corrispondere.

Domande di disoccupazione anno 2009 e lavoranti anno 2008

Possiamo invece notare come i lavoranti italiani siano riusciti a fruire della disoccupazione a requisiti ridotti in maniera maggiore rispetto alle altre nazionalità di lavoranti. Nonostante rappresentassero il 34% dei lavoratori totali quelli italiani sono riusciti a raggiungere il 53% delle domande di disoccupazione (quindi +19%). In questo sicuramente ha influito sia il fatto che i soggetti italiani, a differenza degli stranieri, non hanno generalmente problematiche legate alla presenza dell'anzianità lavorativa (121), sia le caratteristiche delle attività lavorative che svolgono, più stabili e qualificate rispetto a quelle degli stranieri. Non è un caso infatti che la popolazione marocchina, che come abbiamo visto è estremamente sottoposta a turnazioni lavorative (il 47,8% dei lavoranti marocchini è stata attiva un solo mese nel 2008, dato che rappresenta un +28,4% rispetto ai lavoranti italiani), a fronte di una percentuale di lavoranti pari al 17% abbia raggiunto solo il 9% delle domande di disoccupazione richieste (-8%).

Le attività lavorative nelle quali sono generalmente impiegati i soggetti stranieri non danno quindi vita solo a mercedi inferiori (a causa della rapidità delle turnazioni e all'essere lavori non qualificati) ma anche a minori possibilità di fruire delle varie prestazioni previdenziali.

Si deve comunque rilevare che la percentuale di soggetti stranieri che hanno usufruito della disoccupazione è cresciuta notevolmente dal 2007 al 2009 (2007: 24%, 2008: 37%, 2009: 47%). Si tratta di una crescita maggiore di quella che si è riscontrata nella popolazione detenuta straniera e perciò dovuta in gran parte a fattori diversi.

Vi è stata nel corso degli anni una maggiore (e qualitativamente migliore) messa a lavoro dei soggetti stranieri e una maggior conoscenza e fiducia nei servizi dello Sportello Documenti e tutele. Una non sempre facile comunicazione con i detenuti stranieri, connessa spesso ad una loro generale diffidenza nei confronti di istituti sconosciuti quale quello della disoccupazione, ha limitato inizialmente la fruizione di questa tutela. Il passare degli anni ha fatto sì che molti soggetti, a causa di lunghe pene detentive o di carcerazioni precedenti, conoscessero già i servizi dello Sportello e ne beneficiassero senza alcun problema.

Andamento percentuale disoccupazione soggetti stranieri

Per quanto riguarda la distribuzione delle pratiche di disoccupazione in base al sesso dei richiedenti possiamo vedere come le donne abbiano raggiunto il 14% e gli uomini il corrispettivo 86%. Si tratta di dati pressoché in linea con le percentuali della popolazione carceraria. Si nota solo una certa sovrarappresentazione della componente femminile (che sarebbe circa il 10% della popolazione di Sollicciano), ma i motivi di ciò possono essere facilmente compresi. Il reparto femminile ha dimensioni minori rispetto al maschile ed è quindi più facile riuscire a garantire ad una maggiore percentuale di persone la possibilità di essere messa a lavoro (e garantire la durata del lavoro stesso).

Esaminando poi alla distribuzione delle domande di disoccupazione all'interno delle varie sezioni possiamo notare come quelle provenienti dal reparto maschile penale siano la netta maggioranza (56%) delle richieste totali (122).

Domande di disoccupazione per reparti

Tale dato è correlato a quanto già dicevamo riguardo al lavoro a Sollicciano: i soggetti del reparto penale hanno generalmente maggiori possibilità di lavoro (anche in virtù del regime rieducativo che li differenzia dagli imputati) e migliori modalità di impiego (lavori più stabili e meglio retribuiti). La differenza è ancor più rilevante se la si paragona ai dati relativi alla distribuzione della popolazione detenuta (123). Rispetto a queste percentuali infatti le domande di disoccupazione del reparto maschile penale raggiungono il +24%, quelle del reparto maschile giudiziario -25% e quelle del reparto femminile un +4%.

Dal confronto con le statistiche esterne riguardanti i lavoratori liberi si può notare come in virtù della particolare natura del lavoro carcerario l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti abbia sulla popolazione detenuta un'incidenza molto maggiore. Mentre tra i lavoratori liberi quelli che usufruiscono di questa prestazione sono il 3,2% (124) tra i lavoratori di Sollicciano la percentuale sale al 26% (125). Si tratta quindi di un aiuto economico fornito su larga scala ai lavoratori detenuti, ma non per questo capace di sopperire a tutte le mancanze e le patologie che abbiamo visto affliggere il lavoro carcerario, prime tra tutte quelle relative all'aggiornamento delle retribuzioni e alla rapida turnazione negli impieghi.

5. Gli assegni per il nucleo familiare

All'interno del N.c.p. di Sollicciano lo Sportello Documenti e Tutele si occupa anche degli assegni per il nucleo familiare. Il suo compito consiste principalmente nel mettere a conoscenza i detenuti lavoranti di questa possibilità, nel dar loro aiuto nella compilazione delle relative domande e nel reperimento della documentazione necessaria. Nel periodo luglio 2008-giugno 2009 hanno fruito degli assegni per il nucleo familiare 32 lavoranti, dei quali 24 italiani (75%) e 8 stranieri (25%). Si tratta quindi di un numero piuttosto esiguo, che arriva a rappresentare appena il 4% dei lavoranti annui (126).

Percentuale dei lavoratori che fruiscono degli Anf e loro nazionalità

Lo scarso numero di richieste è dovuto in gran parte alla breve durata delle turnazioni lavorative cui i soggetti sono sottoposti. A fronte di questi brevi impieghi infatti la prospettiva di doversi procurare la documentazione necessaria per richiedere gli Anf diventa molto meno appetibile, specie per i soggetti di nazionalità straniera per i quali questo reperimento è spesso difficoltoso.

La differenza tra il numero di domande provenienti dagli italiani e quelle provenienti dagli stranieri deriva infatti, oltre che dalle maggiori difficoltà nel reperire la documentazione necessaria, soprattutto dalle diversità tra il lavoro dei primi (come abbiamo visto generalmente più stabile e qualificato) e quello dei secondi. Inoltre, come abbiamo già detto, qualora i familiari del lavoratore detenuto straniero si trovino all'estero perché questo possa fruire degli Anf deve esserci un apposita convenzione tra lo Stato italiano e lo stato di provenienza in tema di trattamenti di famiglia.

A conferma delle tesi che vedono le patologie del sistema degli Anf derivare da quelle proprie del lavoro carcerario anche il fatto che la quasi totalità delle richieste provenga dal reparto penale. Proprio in questo reparto infatti, come abbiamo già detto, le turnazioni lavorative sono inferiori e gli impieghi sono di maggior qualità. La tutela degli Anf quindi all'interno del sistema carcerario viene ad essere una prestazione 'd'elite', riservata a quei pochi lavoratori stabili o soggetti a turnazioni molto rare.

Le problematiche relative al reperimento della documentazione in verità dovrebbero essere risolte dalle previsioni dell'art. 23 o.p. e dell'art. 55 reg. esec. Come abbiamo visto, infatti, l'amministrazione penitenziaria stessa in caso di difficoltà del lavoratore dovrebbe adoperarsi per reperire i documenti necessari alla richiesta degli assegni. Tale richiesta dovrebbe inoltre, sempre secondo le previsioni della normativa penitenziaria, essere quasi automaticamente connessa allo svolgimento da parte del soggetto di un'attività lavorativa. La lamentata carenza di personale, un generale disinteresse da parte dell'amministrazione verso la condizione economica dei soggetti detenuti e le dimensioni dell'istituto fiorentino hanno fatto in modo che gli uffici contabili si limitassero spesso a effettuare i pagamenti delle domande che giungevano loro già complete o a richiedere all'Inps, nei casi in cui è prevista, l'autorizzazione al pagamento delle stesse.

La diffusa prassi di attendere un'apposita richiesta del lavoratore senza fornire lui alcuna informazione o supporto alla compilazione della domanda può essere intesa anche come una strategia finanziaria delle direzioni degli istituti. Specie negli stabilimenti penitenziari più grandi (come Sollicciano) se per ogni detenuto lavorante fosse automaticamente istruita una pratica di Anf l'amministrazione si ritroverebbe a dover anticipare per il pagamento degli stessi grandi cifre (che sarebbero poi riprese tramite conguaglio contributivo). Anche questo può quindi essere un motivo alla base dell'inerzia dell'amministrazione penitenziaria.

Le somme fornite dagli Anf risultano estremamente utili in un contesto come quello carcerario, date le generali ristrettezze economiche nelle quali si trovano i detenuti e le loro famiglie. Nonostante gli assegni per il nucleo familiare vengano erogati direttamente ai familiari del lavoratore (in base al dettato dell'art. 55 reg. esec.) spesso questi li riversano, in tutto o in parte, sul conto del detenuto. In questo modo tanto i familiari che il soggetto recluso beneficiano degli importi derivanti da questa prestazione.

Nell'annualità 2008 la media degli assegni per il nucleo familiare erogati dal carcere di Sollicciano è stata di 1.529 euro pro capite, una cifra cioè superiore alla media delle mercedi annue percepite dai detenuti (127). Proprio in virtù di questo dato la necessità di una regolare fruizione degli Anf da parte di tutti i lavoranti di Sollicciano risulta ancora più pressante.

Il sistema che attualmente si è venuto a creare all'interno del carcere fiorentino vede lo Sportello impegnato nell'attività informativa, di compilazione delle domande e di aiuto nel reperimento della documentazione (128). L'ufficio mercedi si occupa invece della liquidazione delle domande e della richiesta di autorizzazione al pagamento all'Inps nel caso in cui questa sia necessaria (129). I buoni rapporti che intercorrono tra i due uffici e il coordinamento tra gli stessi permette di svolgere rapidamente le varie pratiche ed assicurare il buon esito delle stesse. Purtroppo verso la metà del 2009 problemi sono sorti con alcune richieste di autorizzazione al pagamento. Come abbiamo detto alcuni istituti di pena hanno infatti presentato ritardi o mancanze nella trasmissione dei modelli e-mens, tra questi anche il N.c.p. di Sollicciano. Questo ha fatto sì che le Inps competenti (per residenza), a fronte della richiesta di autorizzazione al pagamento non abbiano riscontrato alcun tipo di versamento contributivo in capo ai richiedenti (130) ed abbiano perciò più volte negato l'autorizzazione. Uno dei sistemi adottati è stato quello di inviare alle Inps il 'vecchio' modello 'dm10', al fine di dimostrare l'avvenuta contribuzione. Si tratta però di una soluzione solo temporanea e non accettata da tutte le sedi dell'istituto previdenziale. Purtroppo la Direzione del Nuovo complesso penitenziario, nonostante i solleciti tanto degli operatori dello Sportello quanto del proprio personale (131), in virtù anche delle problematiche che abbiamo già illustrato nel par. 4 del cap. II, non ha adottato alcuna iniziativa al riguardo.

6. Le tutele per la vecchiaia

Quello inerente alle prestazioni pensionistiche, come abbiamo già detto, è un aspetto delicato della realtà penitenziaria. Le contribuzioni fornite dal lavoro carcerario permettono infatti raramente di formare una tutela pensionistica di un qualche tipo. Come abbiamo visto la retribuzione media dei lavoratori alle dipendenze di Sollicciano, pari a 1109 euro mensili, non permette loro neppure di raggiungere i due mesi di contribuzione in un anno. Anche analizzando situazioni retributive migliori, proprie dei lavoratori specializzati, stabili, potremmo vedere come con i loro circa 6.000 euro annui la contribuzione raggiunga a malapena le 33 settimane annue (132) (i 6/10 cioè della contribuzione totale annua (133)). Retribuzioni di quest'entità inoltre risultano essere alquanto rare e destinate generalmente a pochi privilegiati. Mercedi dagli importi più comuni quali quelle di scopini e scrivani, che si aggirano sui 250-300 euro mensili (3.000-3.600 euro annui), portano invece a circa 16-20 settimane contributive annue, nemmeno la metà di quelle totali.

Rimane quindi spesso come unica possibilità quella del ricorso all'assegno sociale. I detenuti con più di 65 anni (e, se stranieri, titolari di una carta di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) rappresentano però un'esigua percentuale della popolazione carceraria (134). Le richieste di assegno sociale sono infatti circa una all'anno all'interno del N.c.p. di Sollicciano. I compiti che gli operatori si trovano a svolgere in questo settore sono perlopiù relativi ai vari adempimenti richiesti ai soggetti già titolari di pensione. Gli enti erogatori richiedono infatti con più o meno frequenza ai titolari di prestazioni pensionistiche di dichiarare l'ammontare dei propri redditi lavorativi e fondiari ai fini del ricalcolo della quota pensionistica (135). Per far fronte a tali adempimenti i soggetti devono presentarsi ad un Caf per la compilazione del proprio modello ISEE. Lo Sportello si è quindi spesso occupato, tramite apposita delega autenticata, di compilare tali modelli sulla base dei dati esposti dai soggetti reclusi. La mancata presentazione di questa modulistica avrebbe infatti portato alla sospensione dell'erogazione della prestazione pensionistica.

7. Le prestazioni a favore dei disabili

Sulla base degli stessi motivi di carenza contributiva che abbiamo già visto affliggere le prestazioni pensionistiche le tutele più utilizzate nel campo dell'invalidità sono quelle di natura civile. Per queste infatti non è richiesto alcun tipo di contribuzione, ma solo la certificazione di un certo stato di invalidità e la titolarità, se stranieri, del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Gli operatori si occupano di fornire al soggetto recluso la modulistica necessaria e di provvedere all'invio della stessa alle competenti commissioni Asl, dopo la compilazione da parte dei medici dell'istituto (136). Una volta effettuata la visita medica della commissione e ricevuta la risposta in merito lo Sportello aiuta il detenuto nella compilazione dell'autocertificazione amministrativa necessaria per usufruire della prestazione (137).

Nell'anno 2008 in Italia ci sono state oltre due milioni di domande di accertamento dell'invalidità civile, corrispondenti a circa il 3,50% della popolazione italiana residente (138). All'interno di Sollicciano le domande sono state 14, pari circa al 2,9% della popolazione carceraria con residenza in Italia (139). La percentuale delle domande inoltrate risulta quindi del tutto in linea con quanto accade nella realtà esterna. Altrettanto possiamo dire circa l'età media dei richiedenti, che si attesta in entrambi i casi sui 43 anni (140).

Quanto finora detto sembrerebbe però contraddire le nostre precedenti affermazione che volevano la popolazione detenuta come più soggetta a patologie invalidanti rispetto a quella libera. In verità se si analizzano i dati relativi ai soggetti che fruiscono di prestazioni di invalidità possiamo vedere come questi all'interno di Sollicciano rappresentino circa il 5,16% della popolazione carceraria residente (141) mentre all'esterno gli invalidi civili raggiungono solo il 4,16%. La differenza risulta ancora maggiore se si pensa che il primo conteggio è basato sui soli invalidi di cui si è occupato lo Sportello e non sono perciò riportati i soggetti che già prima di giungere in istituto fruissero di tale prestazione o che abbiano fatto domanda dall'interno del carcere senza l'ausilio degli operatori (142). Si può quindi verosimilmente ritenere che la percentuale totale degli invalidi presenti all'interno dell'istituto fiorentino sia ben maggiore.

Percentuali domande di invalidità civile e prestazioni erogate

La popolazione femminile, come accade in tutta la società, risulta essere anche all'interno di Sollicciano una buona percentuale dell'utenza totale. I reparti interessati dalla prestazione infatti sono nell'ordine il reparto femminile, penale maschile, giudiziario maschile e l'infermeria centrale. Le donne pur formando solo il 10% della popolazione carceraria sono autrici del 40% delle domande di invalidità civile.

Ripartizione delle domande in base al reparto

Riguardo alla ripartizione delle domande in base ai reparti di detenzione possiamo vedere come il reparto maschile giudiziario soffra sia della maggior mobilità dei soggetti che al suo interno sono ristretti, sia del maggior numero di soggetti stranieri rispetto al reparto penale; per questo risulta avere una percentuale di domande molto inferiore rispetto a quest'ultimo.

Analizzando poi la nazionalità dei soggetti richiedenti possiamo notare come la quasi totalità delle richieste provenga da italiani.

Ripartizione domande per nazionalità

Anche in questo caso l'incidenza della popolazione straniera è nettamente inferiore (-48% (143)) rispetto a quella italiana, soprattutto in rapporto alle presenze carcerarie proprie delle due categorie. Per le prestazioni di invalidità civile tale divario è dovuto principalmente all'assenza del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo in capo ai soggetti stranieri, permesso che rappresenta un requisito necessario per la fruizione di queste prestazioni. Come abbiamo visto infatti, anche qualora il soggetto prima della carcerazione fosse in possesso di tale titolo di soggiorno, a seguito di condanna penale per uno dei reati previsti dall'art. 9 T.U. immigrazione (cosiddetti 'reati ostativi') questo viene meno e lo straniero può solo, purché non venga disposta l'espulsione, richiedere un permesso di altro tipo.

Possiamo infine notare come le patologie che danno luogo a queste invalidità risultino spesso essere connesse, in maniera più o meno diretta, ai trascorsi di tossicodipendenza o alla sieropositività del soggetto, data la forte incidenza di queste due condizioni sulla popolazione detenuta (144). Delle 14 domande di invalidità presentate nel 2008 dal carcere di Sollicciano 9 (quindi circa il 64%) risultavano connesse a patologie di questo tipo (145).

8. Bonus straordinario famiglie

A seguito della Circolare del Prap Toscana n. 4977.3 del 3 febbraio 2008 che invitava le direzioni dei vari istituti a curare la gestione delle pratiche di bonus famiglie la Direzione del N.c.p. di Sollicciano ha incaricato lo Sportello Documenti e Tutele dello svolgimento delle relative richieste. Visto che l'interesse della popolazione detenuta faceva presagire un numero di domande alquanto ingente gli operatori dello Sportello hanno deciso di adottare un metodo del tutto simile rispetto a quello utilizzato per le indennità di disoccupazione a requisiti ridotti. Si è infatti stabilito di effettuare una prima selezione dei richiedenti grazie alla collaborazione degli scrivani. A quest'ultimi sono stati consegnati dei moduli di preselezione da far compilare ai propri compagni di sezione (146).

Figura 3: Modulo di preselezione per Bonus famiglie

Dall'analisi dei moduli compilati gli operatori, grazie alle risposte date, hanno potuto effettuare le prime esclusioni. A fronte di 283 richieste di Bonus pervenute i soggetti che sono risultati in possesso dei requisiti richiesti sono stati 78 (il 27,6%). I soggetti che hanno usufruito del Bonus risultano quindi essere stati l'8,5% della popolazione di Sollicciano (147). I motivi della mancata presentazione delle domande hanno riguardato principalmente l'assenza di familiari a carico (21%), l'assenza di redditi, pensioni, disoccupazioni nel biennio 2007-2008 (17%) e l'assenza di residenza (13%).

Motivi della mancata presentazione della domanda all'Agenzia delle entrate

Si noti che l'assenza di residenza ha in verità avuto un'incidenza ben maggiore di quella riportata dal momento che molti soggetti che ne erano privi non hanno neppure compilato i moduli di preselezione, falsando così le statistiche. Al di là di questa particolarità che fa dell'assenza di residenza indubbiamente uno dei motivi maggiori, se non il maggiore in assoluto, di impossibilità di ottenere la prestazione, possiamo vedere come vari siano stati i motivi che non hanno permesso ai richiedenti di fruire del Bonus. L'assenza di ogni tipo di reddito, pensione, disoccupazione ha impedito a molti soggetti di poter accedere al beneficio, costituendo il 17% dei motivi di esclusione dal Bonus. La situazione ribadisce il fatto che spesso i soggetti detenuti, anche precedentemente alla carcerazione, si trovano privi di un'attività lavorativa. Questo impedimento alla presentazione della richiesta ha infatti riguardato perlopiù i soggetti giunti da poco all'interno del carcere dalla libertà, anche perché chi si trovava ristretto da almeno 2 o 3 anni aveva quasi sempre svolto una qualche, seppur breve, attività lavorativa, in base alle frequenti turnazioni nelle attività carcerarie. Il 21% delle domande non sono state presentate perché il soggetto, non avendo familiari a carico non era nemmeno titolare di una pensione. Questa era, in base alla normativa, una condizione che non permetteva l'accesso al Bonus. Tra i motivi di varia entità che hanno formato il 40% delle esclusioni da questa prestazione dobbiamo riportare come l'eccesso di redditi, oltre i limiti stabiliti dalle disposizioni, del richiedente o dei suoi familiari, sia stato riscontrato solo in 2 casi. Si riconferma quindi la generale indigenza della popolazione carceraria e dei loro nuclei familiari. Il 9% dei mancati accessi alla tutela del Bonus è invece derivato dal fatto che, una volta compilato il modulo di preselezione il soggetto, che risultava in possesso dei requisiti richiesti, è stato scarcerato o trasferito in altro istituto prima di firmare la relativa domanda. Anche in questo caso, come già per le disoccupazioni, viene quindi ribadita l'estrema mobilità della popolazione detenuta, soggetta a continui trasferimenti o mutamenti di regime detentivo.

Elaborati tutti i moduli di preselezione ai soggetti sono state fornite le risposte riguardo al loro diritto o meno di accedere alla prestazione. Vista l'estrema complessità dei requisiti richiesti i moduli erano però capaci di far emergere solo alcuni degli impedimenti alla richiesta (148) (assenza entrate negli anni 2007-2008, assenza familiari, assenza residenza), per tutti gli altri (quelli cioè inerenti ad esempio all'eccesso di redditi, alla richiesta già avvenuta da parte del coniuge, ecc.) è stato necessario effettuare colloqui con i diretti interessati per valutare la sussistenza dei requisiti. I colloqui effettuati nel periodo da aprile a giugno 2009 sono stati 164, 119 domande erano infatti già risultate prive di requisiti dai moduli di preselezione.

Per quanto riguarda il numero di domande accolte nei vari reparti del N.c.p. di Sollicciano possiamo vedere come, analogamente alle altre prestazioni finora viste, anche per il Bonus il reparto favorito è stato il maschile penale, seguito dal giudiziario e dai reparti del femminile.

Richieste di Bonus straordinario famiglie suddivise per reparti

In questo caso più che la differenza tra le varie tipologie di impiego sembra aver influito la presenza del requisito della residenza, del lavoro nel biennio precedente (si noti che per questa tutela la differenza tra il reparto maschile giudiziario e quello penale non si incentra sul quantum del lavoro, ma sull'an) e la nazionalità del richiedente. Molti soggetti del reparto penale sono infatti di nazionalità italiana, hanno la residenza in Italia. Anche i soggetti stranieri condannati a lunghe pene detentive, ristretti nel reparto penale, usufruiscono talvolta della residenza presso il carcere (149). Ovviamente la differenza tra i due reparti maschili deriva anche dal fatto che, generalmente, i soggetti che si trovano al reparto giudiziario sono ristretti da minor tempo e quindi nel 2007-2008 spesso non avevano svolto alcun tipo di lavoro carcerario, o regolare in genere. Il lavoro carcerario è per i soggetti clandestini l'unica forma di lavoro regolare (150), quindi coloro che erano entrati da poco in istituto, purché nel 2007-2008 non avessero svolto un lavoro nel corso di un'altra carcerazione, raramente riuscivano a far valere il requisito lavorativo. Gli stranieri che al momento della carcerazione erano titolari di un permesso di soggiorno, invece, avrebbero potuto svolgere nel biennio richiesto attività regolare anche all'esterno.

Per quanto poi riguarda i detenuti del reparto penale questi, generalmente reclusi da maggior tempo, avevano spesso lavorato alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Oltre a ciò si deve considerare che anche le indennità di disoccupazione, che sono pur sempre un requisito sostitutivo di quello lavorativo, sono generalmente di più al reparto penale rispetto al giudiziario.

Il reparto femminile infine ha presentato il 15% delle domande totali, cioè una percentuale maggiore rispetto alle presenze che rappresenta. Questo è dovuto con tutta probabilità ad un ulteriore fattore: al di là del fatto che il reparto femminile, come abbiamo visto, vanta una percentuale maggiore di lavoranti (in rapporto alle presenze) rispetto al maschile giudiziario (151) si deve anche considerare che, in linea generale, si riscontra tra la popolazione carceraria femminile una maggiore presenza di rapporti coniugali e di figli rispetto a quanto avviene nel reparto maschile. Questo ha fatto sì che solo raramente le donne non abbiano potuto accedere a questa prestazione per mancanza di familiari a carico.

Situazione particolare è invece stata quella del reparto Trans: nessun soggetto è risultato infatti in possesso dei requisiti per la richiesta di bonus. Si tratta infatti perlopiù di persone che non hanno rapporti con la propria famiglia, né rapporti coniugali o figli. Questi elementi hanno quindi impedito loro di poter effettuare richiesta.

Per quanto riguarda i redditi fatti valere ai fini della richiesta di Bonus dobbiamo notare come la maggior parte delle domande sia stata basata sulla presenza di redditi da lavoro (solitamente da lavoro carcerario) nel biennio 2007-2008.

Fonti di reddito fatte valere ai fini del Bonus

Le domande che potevano vantare come fonte di reddito l'indennità di disoccupazione spesso presentavano anche attività lavorative svolte in quello stesso anno (152). Pochissimi (solo 2, il 3%) i casi in cui i soggetti hanno fatto richiesta di bonus in base a redditi da pensione. Si è comunque trattato di pensioni di invalidità, non di assegni sociali o pensioni qualificate. Questo conferma la bassa incidenza generale delle prestazioni di vecchiaia all'interno degli istituti di pena.

Guardando infine alla nazionalità dei soggetti richiedenti si deve notare come le proporzioni risultino esattamente invertite rispetto alle presenze: se i detenuti stranieri risultano essere il 62% della popolazione di Sollicciano il 68% delle domande presentate proveniva da soggetti italiani, e solo il 32% da stranieri. Su questo dato, di estremo significato, hanno influito vari fattori: primo tra tutti il richiesto requisito della residenza in Italia (che ha rappresentato un ostacolo, come abbiamo visto, per molti stranieri), l'impossibilità per gli stranieri irregolari, qualora non avessero svolto nel biennio 2007-2008 lavoro carcerario, di poter vantare redditi regolarmente dichiarati (o, a maggior ragione, vista l'assenza di contributi, pensioni e indennità di disoccupazione) e la difficoltà nel reperire la necessaria documentazione in caso di familiari residenti in uno Stato estero (153).

Nazionalità dei richiedenti

Il fatto che a fruire del Bonus siano stati in maniera particolare i soggetti di nazionalità italiana è quindi comprensibile sulla base dei caratteri stessi della prestazione che ne facevano una tutela di residenza. Diversamente quindi da prestazioni quali quelle di disoccupazione la differenziazione tra richiedenti stranieri e italiani sembra in questo caso frutto non solo di diversità strutturali tra i due gruppi di soggetti ma anche di un'espressa previsione legislativa.

Infine dobbiamo notare come la percentuale di soggetti che all'interno di Sollicciano hanno avuto accesso al Bonus famiglie (l'8,4% della popolazione dell'istituto) sia stata molto maggiore di quella rilevata nella la popolazione libera (154). I motivi di ciò sono da riscontrarsi nell'estremo stato di indigenza, in cui generalmente la popolazione detenuta si viene a trovare, e nel permeante servizio di informazione e di gestione delle varie richieste che lo Sportello è riuscito ad offrire. Come abbiamo già detto la ristretteza degli ambienti carcerari e l'immobilità dei soggetti può essere utilizzata dall'operatore a proprio vantaggio, al fine di garantire una più completa azione informativa e di tutela.

Il Bonus straordinario famiglie risulta aver risentito molto meno, dato il suo carattere assistenziale, delle patologie proprie del lavoro carcerario. Alcune di queste hanno anzi presentato dei risvolti utili per la tutela in questione. Così, ad esempio, la continua turnazione lavorativa carceraria ha fatto in modo, visto che il Bonus non richiedeva un periodo minimo di attività lavorativa svolta, che molti potessero essere i soggetti in grado di vantare un diritto a questa prestazione.

Note

1. G. Devoto-G.C. Oli, Accessibilità, Nuovo vocabolario illustrato della lingua italiana, Selezione Reader's Digest, Milano, 1992, Vol.1 a-l.

2. Il Consiglio d'Europa in occasione del secondo Summit dell'Organizzazione a Strasburgo, nell'ottobre 1997, ha incaricato il Comitato dei Ministri di analizzare l'importantissimo tema della coesione sociale e di proporre nuovi orizzonti al suo sviluppo. Il Comitato dei Ministri in tutta risposta ha creato il Comitato europeo per la coesione sociale (CDCS). Nel quadro delle nuove strategie di coesione sociale si è sviluppato un programma di promozione dell'accesso effettivo alla protezione sociale. Per fare ciò il CDCS ha incaricato a sua volta un gruppo di esperti in materia di accesso alla protezione sociale (CS-PS), il quale ha preparato un apposito questionario destinato agli organismi incaricati della gestione delle prestazioni di sicurezza, assistenza e servizi sociali ed alle organizzazioni non governative. I risultati di questa ricerca sono stati successivamente raccolti ed elaborati da Peter Melvyn, ricercatore del Centro europeo di ricerca sulla politica sociale (Vienna, Austria) in un rapporto intitolato "Report on obstacles to access to Social Protection in Europe" (report successivamente sottoposto a revisione). Il CS-PS sulla base dei dati raccolti è riuscito ad effettuare una analisi dei principi guida per il miglioramento dell'accesso alla protezione sociale.

3. Abbiamo già parlato nel cap. II par. 1.1.3 delle caratteristiche delle varie forme di comunicazione consentite alla popolazione detenuta.

4. Il nuovo sito dell'Inps, oltre a illustrare la disciplina delle varie prestazioni gestite dall'istituto e fornire la modulistica necessaria, sta sperimentando la possibilità per i cittadini registrati di compilare i moduli in formato elettronico e inviarli on-line.

5. Salvo alcune eccezioni come quella che analizzeremo del carcere di Terni.

6. Grazie alla presenza di siti istituzionali costantemente aggiornati, internet risulta in questo campo una spesso esaustiva risposta alla necessità d'informazione. Una costante semplificazione di tematiche altrimenti accessibili ai soli addetti ai lavori (si pensi ad esempio alla presenza sul sito INPS sia di guide altamente esaustive che di 'miniguide', più facilmente comprensibili) e la possibilità di accesso ai siti in questione anche da parte di soggetti diversamente abili ne ha esteso ulteriormente la portata. A riprova di ciò basti pensare all'importanza data a questo mezzo di comunicazione dal rapporto di Melvyn e dall''International Conference on Information Technology: new service opportunities for social security schemes', Montreal, Quebec, Canada, 27-30 settembre 1999, organizzata dall'ISSA (International Social Security Association, Geneva). Si veda inoltre la presa di coscienza da parte delle P.A. sull'importanza e l'esteso utilizzo di questo mezzo per scopi informativi in materia assistenziale e previdenziale, così come testimoniato dalla Circolare funzione pubblica del 13 marzo 2001, n. 3/2001: "Linee guida per l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti Web delle pubbliche amministrazioni".

7. I dati sul grado di istruzione della popolazione carceraria relativi all'anno 2008 forniti dal Ministero della Giustizia (Dap- ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del Sistema informatico automatizzato-Sezione Statistica) devono ritenersi puramente indicativi dal momento che su un campione di 58.127 detenuti hanno rilevato la situazione di soli 36.000 soggetti. Secondo tali dati i detenuti analfabeti sarebbero l'1,6% della popolazione carceraria, quelli senza alcun titolo di studio il 3,8%, con diploma di scuola elementare il 15,6%, con diploma di scuola media inferiore il 34%, con diploma di scuola professionale l'1%, con diploma di scola media superiore il 4,8% e con diploma di laurea l'1%.

8. Si pensi ad esempio alle circolari sull'esecuzione delle pratiche per il cosiddetto 'Bonus Famiglie' emanate dai vari PRAP che incaricavano le direzioni dei vari istituti di raccogliere e trasmettere per via telematica le relative richieste di prestazione.

9. I detenuti possono in questo modo, tramite una password, inviare per via telematica all'Inps la modulistica inerente alle varie prestazioni (quali ad esempio le indennità di disoccupazione) o richiedere il calcolo della propria posizione contributiva. L'utilizzo di tale connessione telematica, come ha precisato il direttore della Casa circondariale di Terni, Dott. Francesco Dell'Aira, deve essere comunque supervisionato da un agente di polizia penitenziaria.

10. Si deve considerare infatti che per poter effettuare l'accesso agli istituti di pena è necessaria un'apposita autorizzazione ai sensi dell'art. 17 o dell'art. 78 o.p., spesso inoltre vi sono difficoltà per l'operatore nel reperire ambienti nei quali poter lavorare e 'ricevere' i vari soggetti che richiedano consulenza. Oltre a ciò di non poco conto è la necessità di un'apposita autorizzazione per poter utilizzare i pc all'interno del carcere e l'assenza, nelle zone dove solitamente vengono svolte queste consulenze (siano queste apposite sale colloqui o zone vicine alle sezioni di detenzione appositamente adibite) di ogni tipo di connessione telematica. I motivi di sicurezza e la necessità di controllo delle comunicazioni non permettono infatti la presenza di libere connessioni ad internet in aree alle quali i soggetti reclusi possano avere liberamente accesso. Si deve inoltre riportare come da parte degli operatori delle sigle sindacali stesse vi sia un disinteresse verso la condizione del lavoratore detenuto e una generale incompetenza riguardo le peculiarità proprie di questo tipo di attività lavorativa.

11. Si veda ad esempio il caso dell'istituzione dello 'Sportello documenti e tutele' presso il carcere fiorentino di Sollicciano, esperienza della quale parleremo in maniera approfondita nei prossimi paragrafi.

12. Al riguardo si veda anche quanto detto nel cap. II par. 3.

13. Si veda per quanto simile il caso 'Curcio'. Nel momento in cui l'ex appartenente al movimento delle Brigate Rosse ha fatto richiesta di assegno sociale alcuni giuristi hanno prospettato la possibilità che la prestazione non gli venisse conferita per una sorta di 'rivalsa' verso il suo atteggiamento negazionista nei confronti dell'autorità delle istituzioni statali. Appunto come definitiva messa al confino da parte della società osservante del contratto sociale.

14. Alcuni sistemi penali collegano la perdita dei diritti sociali alla commissione di certi reati. Si pensi per tutti al sistema penale americano nel quale i reati di droga portano alla perdita della possibilità di fruire dei food stamps e di altri benefici di natura assistenziale.

15. Una riprova a contrariis di quanto stiamo dicendo la si può riscontrare nel fatto che questa forma di pensiero discriminatorio non sembra operare in quegli uffici nei quali si è abituati ad una 'spersonalizzazione' delle richieste pervenute (si pensi ad esempio agli uffici dell'Inps o dell'Agenzia delle entrate, nei quali per l'operatore il soggetto corrisponde solo ad un numero di protocollo o ad un codice). Quando infatti il soggetto corrisponde ad un numero di protocollo è difficile risalire alla sua posizione di soggetto libero o recluso e non vi può essere, quindi, alcuna forma di discriminazione.

16. Al riguardo si veda nota n. 2.

17. L'autore per la precisione utilizza il concetto di esclusione sociale distinguendolo da quello di povertà, col quale viene spesso confuso, sulla base di una definizione di K. Duffy: "(While poverty means) [...] non-access to goods and services due to unequal material resources, social exclusion refers to unequal participation in social life or being denied a place in the consumer society, often linked to the social role of employment and work".

18. I Comuni offrono infatti servizi domiciliari per lo svolgimento di varie pratiche di loro competenza ma anche, talvolta, per poter garantire l'accesso alle prestazioni di altri istituti, quali appunto quelli dell'Inps.

19. Si aggiunga inoltre che qualora il soggetto ristretto abbia la possibilità di delegare i propri familiari allo svolgimento delle pratiche richieste per una certa tutela la trasmissione materiale dei documenti e delle informazioni dal carcere all'esterno avviene con tempistiche e modalità ovviamente più laboriose di quelle proprie di un rapporto diretto.

20. Si pensi ad esempio alle regole dell'ordinamento penitenziario riguardanti i colloqui e la possibilità di effettuare telefonate o all'impossibilità per il soggetto detenuto di utilizzare internet.

21. Secondo la ricerca di Melvyn sono infatti queste le soluzioni maggiormente adottate nei paesi, quali quelli scandinavi, che hanno problematiche di comunicazione dovute alla geografia del proprio territorio (e ovviamente al connesso clima).

22. La legge n. 328 tramite i concetti di sussidiarietà ed integrazione ha infatti reso gli enti locali parte attiva del sistema assistenziale. Secondo alcuni autori la riforma apportata da questa legge sarebbe da considerare in un continuum, nonostante la differenza di materia, rispetto alla riforma del sistema sanitario nazionale. Entrambe infatti sarebbero indirizzate alla realizzazione di una solidarietà estesa e di un'ampia sicurezza sociale (in tal senso M. Persiani, op. cit., p. 335). Il Sistema integrato inoltre, sempre in nome di un'idea estesa di sicurezza sociale, prevede norme di coordinamento con le tutele di stampo previdenziale.

23. In tal senso M. Persiani, op. cit., p. 333.

24. Da ora in avanti N.c.p.

25. Nel 1995 l'associazione culturale Container in collaborazione con la Cgil aveva dato vita, sotto la direzione di Romeo Gatti, al Punto informativo lavoro detenuti (P.i.l.d.), un servizio che aveva come scopo quello di garantire ai soggetti reclusi presso il carcere di Sollicciano di poter fruire delle varie prestazioni previdenziali e assistenziali loro spettanti. L'ingente impegno richiesto dal carcere fiorentino ha fatto in modo che l'esperienza del P.i.l.d. sia successivamente stata abbandonata, sostituita, dal 2004, dallo Sportello Documenti e tutele dell'associazione Altro Diritto Onlus.

26. Dal 'Progetto Leccio'. Si veda al riguardo di questo progetto quanto diremo più avanti.

27. Al riguardo v. par. 1.

28. La guida viene infatti fornita in Albanese, Arabo, Cinese, Francese, Inglese, Rumeno, Spagnolo e, dalla versione 2009, anche in Serbocroato.

29. La Guida è una pubblicazione promossa dall'Assessorato al Terzo Settore, Accoglienza e Integrazione del Comune di Firenze, in collaborazione con la Direzione del Nuovo complesso penitenziario di Sollicciano. La redazione dei testi è stata curata dalla Direzione N.c.p. Sollicciano (Ufficio Pedagogico e Direzione Sanitaria), dall'Associazione Altro Diritto e dall'Ufficio Interventi Carcere del Comune di Firenze. Il testo consta di 7 capitoli:

  1. Vita dell'istituto e rapporto con gli operatori, dove si descrivono le regole penitenziarie scritte e le procedure;
  2. Tutela della salute in carcere, sui temi dell'igiene e della prevenzione;
  3. Leggi di maggior interesse penitenziario, sulle forme di processo e le misure alternative;
  4. Gestione rapporti giuridici con le istituzioni, sui temi relativi al momento del fine pena per gli stranieri;
  5. Gestione rapporti economici con le istituzioni, su multe, ammende, spese processuali e risarcimento del danno;
  6. Sportello documenti e tutele, sulle funzioni dello Sportello di sostegno ai diritti.
  7. Rete cittadina dei servizi, con indirizzi ed indicazioni dei servizi sociali ed educativi pubblici e privati sul tema carcere a Firenze.

Ovviamente la parte che qui maggiormente ci interessa è quella relativa al capitolo 6, il quale al suo interno riporta: § 6.1 benefici a sostegno del reddito e altri documenti; § 6.2 residenza anagrafica; § 6.3 documento d'identità personale ed altri certificati anagrafici; § 6.4 indennità di disoccupazione con requisiti ridotti; § 6.5 assegni familiari; § 6.6 iscrizione al collocamento ordinario e per i disabili; § 6.7 pensioni di anzianità, invalidità e sociale.

La distribuzione della guida presso la popolazione di Sollicciano avviene grazie al coordinamento con il Progetto Aprire, che si occupa della ricezione dei soggetti al loro ingresso in Istituto.

30. Grazie sempre a questo progetto l'associazione Altro Diritto ha dato vita ad un apposito, ulteriore Sportello presso il N.c.p. di Sollicciano, Sportello per il gratuito patrocinio, con lo scopo di aiutare i soggetti detenuti nella richiesta di questo beneficio.

31. L'Istituto Mario Gozzini è una Casa circondariale a custodia attenuta, dalla capienza di circa 50 posti, che ospita soggetti di età compresa tra i 18 e i 40 anni con problematiche legate alla tossicodipendenza. Nei primi mesi del 2009, a fronte di uno scarso numero di presenze in questa struttura si è deciso di utilizzarla anche per ospitare alcuni dei soggetti in semilibertà che si trovavano presso la struttura di S. Teresa, nel centro storico fiorentino.

32. In questo settore infatti compito dell'operatore è quello di creare virtuose prassi di coordinamento tra l'operato degli uffici carcerari e quello dei vari referenti istituzionali esterni. In quest'attività un primo passo è stata la creazione di una rete di rapporti con i vari interlocutori istituzionali e quindi la qualificazione dello Sportello come operatore incaricato dello svolgimento di talune attività per conto dei soggetti reclusi. Per garantire ciò è stato molto utile, specie nella fase iniziale del progetto, l'intervento dei dirigenti provinciali responsabili delle Politiche sociali e dell'Area carcere che hanno 'qualificato' lo Sportello agli occhi dei vari enti pubblici e privati. Il problema sembra ormai non sussistere più, data l'ampia conoscenza di questa iniziativa presso tutte le istituzioni rilevanti dell'area fiorentina e non solo.

33. Non capita affatto raramente in settori come quelli dei quali stiamo parlando che ogni istituto di pena trovi, all'interno del vuoto normativo che spesso si riscontra, soluzioni proprie alle varie problematiche, spesso anche diverse rispetto agli altri carceri a lui limitrofi. Si apre in questo caso un ulteriore problema, quello del coordinamento tra l'operato dei vari istituti.

34. Art. 17: "Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa".

"La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'azione rieducativa.
Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera.
Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo del direttore
".

35. Il suddetto formulario, ideato dagli stessi operatori, può essere utilizzato tanto per richiedere i servizi dello Sportello documenti e tutele che per richiedere quelli del nuovo Sportello sul gratuito patrocinio.

36. Vedremo nel prossimo paragrafo quali siano i problemi inerenti al fornire un'adeguata tutela ai soggetti ristretti in ambienti quali il 'transito' e la IX sezione. Mentre per quest'ultima sezione i motivi di difficoltà sembrano essere di natura giuridica per il 'transito' i caratteri sono quelli di un vero e proprio impedimento geografico.

37. Presso il N.c.p. di Sollicciano, data la vastità degli ambienti, gli operatori si devono recare di sezione in sezione per poter effettuare i colloqui, ricalcando così il sistema di sportelli itineranti descritto da Melvyn. L'utilizzo delle apposite zone colloqui rallenterebbe e complicherebbe infatti (specie nel reparto maschile) enormemente le operazioni, dal momento che queste si trovano a circa 300 metri dalle sezioni e i soggetti reclusi non le possono raggiungere se non accompagnati da un'agente. Gli operatori effettuando il loro servizio direttamente nelle sezioni (in apposite stanze adiacenti alle stesse) possono vedere un maggior numero di persone. Nel reparto femminile la zona colloqui è molto più vicina alle sezioni e quindi gli spostamenti sono molto meno complessi.

38. Si tratta dei problemi dai quali sono afflitte, ad esempio, la sez. IX e la sez. 'transito'.

39. Modalità di comunicazione interna agli istituti di pena, consiste nella possibilità per i detenuti di inviare o ricevere lettere dai vari uffici dell'istituto o dai vari operatori. Essendo ad esclusivo uso interno questo tipo di posta non necessita di affrancamento.

40. Si pensi a quanto riferito da Melvyn riguardo alla situazione di alcune aree della penisola scandinava.

41. Ricordiamo che lo scrivano è il soggetto addetto alla preparazione delle varie istanze e richieste per conto dei propri compagni, è una figura estremamente utile dati i bassi tassi di istruzione presenti nella popolazione carceraria e i problemi linguistici degli stranieri.

42. Lo scrivano, ad esempio, risulta essere molto utile al momento dell'analisi dei requisiti dei detenuti ai fini dell'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti. È lui infatti ad avere il compito di aiutare i suoi compagni di sezione a compilare i moduli di preselezione, sulla base dei quali si potrà vedere i soggetti che presentano i requisiti per la domanda e quelli che non gli hanno. Altrettanto vale per il bonus famiglia.

43. Fino a circa due anni fa questo incarico era tenuto in estrema considerazione dall'amministrazione, attribuito a soggetti che si consideravano affidabili e sottoposto a rari turni di rotazione lavorativa. Ogni sezione presentava generalmente il suo 'storico' scrivano (solitamente un soggetto condannato a lunghe pene) che poteva coadiuvare validamente l'operato dello Sportello. Con l'aumento della frequenza delle turnazioni dei lavori domestici è mutata anche l'attività dello scrivano; oggi sono incaricati di questo compito i soggetti più disparati, con turni di rotazione spesso mensili. Questo comporta un generale disinteresse del soggetto incaricato (il quale conosce la temporaneità del suo compito) e conseguentemente una minor capacità di tutela di tutte le persone appartenenti ad una certa sezione. Questa situazione di tollerata non curanza rischia di essere di estremo danno per i diritti dei soggetti ristretti.

44. Gli educatori curano e coordinano l'area pedagogica carceraria, creano per ogni detenuto un'apposita scheda recante notizie circa la sua condizione socio-familiare. Il collegamento dell'attività dello Sportello con loro è estremamente importante. L'ufficio ragioneria risulta essere molto utile sotto vari aspetti, capita ad esempio che il soggetto abbia problemi nella riscossione di taluni pagamenti (come nel caso di quelli provenienti dall'Inps) a causa della pressante burocrazia interna. L'ufficio mercedi (o ufficio conti correnti) si occupa della gestione delle mercedi dei detenuti lavoranti, della liquidazione delle pratiche di Anf, della gestione dei conti correnti, delle spese di sopravvitto e di altre questioni ancora. L'ufficio matricola è infine in grado di fornire notizie circa le generalità dei soggetti, la loro posizione giuridica, l'esecuzione della pena, le notifiche pervenute.

45. Rapporti con gli uffici comunali sono ad esempio necessari per il rinnovo dei documenti (come la carta di identità), per la documentazione necessaria ai fini della richiesta di Anf (stato di famiglia e certificazione della moglie), per le richieste riguardanti inabilità e invalidità civile (abbiamo visto come la parte relativa all'accertamento amministrativo sia spesso curata dagli uffici invalidi dei comuni).

46. Lo Sportello collabora ogni settimana con l'Inps territorialmente competente per il N.c.p. di Sollicciano, ha contatti frequenti con le Asl per coordinare le varie pratiche di invalidità. I rapporti con i vari patronati vengono instaurati a seconda delle esigenze dei soggetti, su loro richiesta. Come abbiamo già detto nel paragrafo precedente infatti punto di forza del modello che vede degli operatori privati incaricati della gestione delle tutele sociali dei soggetti ristretti è che questi risultano essere super partes, capaci di garantire al soggetto la possibilità di scelta rispetto alle varie sigle sindacali. Rapporti più costanti con i patronati vi sono invece nel periodo delle disoccupazioni. Ciò deriva da un duplice ordine di motivi. L'Inps per poter ricevere una domanda di disoccupazione (o di qualsiasi altra prestazione) da una persona diversa dall'interessato richiede un'apposita delega corredata da fotocopia del documento di identità. Tali deleghe sono però pressoché irrealizzabili per i detenuti di Sollicciano dato il numero di soggetti che ogni anno fanno richiesta di disoccupazione e il fatto che molti di essi sono spesso privi di documenti. È quindi necessario che le domande compilate dallo Sportello vengano presentate all'Inps per mezzo di un patronato il quale, essendo appositamente convenzionato, non necessita di alcuna delega. Le domande inoltre una volta consegnate al patronato e timbrate da quest'ultimo, godono della copertura assicurativa che questo generalmente offre contro eventuali errori di compilazione e smarrimenti. Si ha in questo modo un'ulteriore garanzia per i soggetti detenuti.

47. Sull'argomento si veda Dibattito sul tema: Dalla cupola del Brunelleschi alla 'camorra' di Sollicciano, in Atti della Società Leonardo Da Vinci, Firenze, 1983, serie V, Vol. II, pp. 7 ss. Al dibattito intervennero Elio Gabbugiani Sindaco di Firenze, Mila Pieralli Sindaco di Scandicci, Paolo De Felice Magistrato dell'ufficio di sorveglianza di Firenze, Renzo Alessandri Procuratore generale della Repubblica, Antonio Fucile Avvocato distrettuale dello Stato, Avv. Pasquale Curatola, On.le Bruno Steganini, Dott. Rolando Ricci Prefetto di Firenze, moderatore Giuseppe Ognibene, già procuratore distrettuale della Repubblica. Le autorità comunali si dimostrarono fermamente contrarie all'impiego del nuovo istituto per il trasferimento dei reclusi di Poggioreale per vari motivi: perché questo non avrebbe permesso l'ormai necessario trasferimento dei detenuti comuni dagli istituti del centro storico, perché questa presenza, accompagnata dalla presenza dei relativi parenti dei detenuti, avrebbe 'corrotto' la società fiorentina e, infine, perché l'istituto, avendo allora una capienza ufficiale di circa 450 detenuti non ne avrebbe potuti ospitare 600.

48. In tal senso anche Cosimo Giordano, ex Direttore del N.c.p. di Sollicciano, in un'intervista alla rivista Le due città. Rivista dell'amministrazione penitenziaria, anno II, 2001, n. XI. Le difficoltà di comunicazione tra le varie aree dell'istituto, date spesso dall'eccessiva distanza tra di esse, rendono ancor più adatto il parallelo con i 'luoghi afflitti da problematiche geografiche o fisiche' di cui parlava Melvyn.

49. Ricordiamo come per 'Casa circondariale' si intendano comunemente gli istituti più diffusi, presenti praticamente in ogni città sede di Tribunale, nei quali sono ristrette le persone in attesa di giudizio e quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni (o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni). Per 'Casa di Reclusione' (o 'Casa Penale') si deve invece intendere gli istituti normalmente adibiti all'espiazione delle pene di durata superiore ai 5 anni, di fatto in molte Case Circondariali c'è una 'Sezione Penale' e, in alcune Case di Reclusione, c'è una 'Sezione Giudiziaria' destinata alle persone in attesa di giudizio. Le due tipologie vengono quindi spesso ad essere commiste tra di loro (vedi I molti nomi delle "carceri").

50. Si veda Figura n. 1.

51. L'art. 41 bis o.p. prevede un regime di sospensione delle regole di trattamento previste dall'ordinamento penitenziario. Tale regime è applicabile sia in "casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza" che ai "detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva" qualora vi siano "gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica".

52. Come si può vedere dalla Figura n. 1 le due parti, quella femminile e quella maschile, si trovano una di fronte all'altra, proprio da ciò deriva l'usanza, consueta a tantissimi istituti, del panneggio tra detenuti, metodo di comunicazione tramite lo sventolio di panni colorati dalle inferriate delle celle.

53. L'ordinamento penitenziario permette infatti che la madre possa tenere il figlio con sé all'interno del carcere fino all'età di 3 anni.

54. Dati elaborati sulla base della conta generale della popolazione ristretta nel N.c.p. Sollicciano effettuata alle ore 8:00 del 17 dicembre 2008, come riportata da Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, nella Relazione al Consiglio comunale sull'attività del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale nel Comune di Firenze per l'anno 2008, dal sito del Comune di Firenze.

55. La sezione dedicata ai detenuti sottoposti ad alta sorveglianza è la IX sez. del reparto penale. La comunicazione con questi soggetti, come abbiamo già accennato, risulta per gli operatori alquanto complessa. Ogni loro richiesta di colloquio deve infatti essere autorizzata dalla direzione dell'istituto. Tale autorizzazione viene però fornita solo nel caso in cui la domanda descriva in maniera specifica i motivi della richiesta. Questa situazione rende difficili le comunicazioni tra lo Sportello e i detenuti, creando così una generale carenza di tutela per questi soggetti.

56. La sezione protetta per autori di reati a stampo sessuale prima era l'VIII, oggi è la XIII. Il reparto destinato ai soggetti transessuali, prima realizzato in un'apposita area del centro clinico maschile, si trova oggi sopra la Casa di cura e custodia. Come si può notare l'istituto non è dotato di una sezione semi-liberi poiché quest'ultimi si trovavano, fino all'inizio del 2009, nell'istituto di Santa Teresa, in via della Mattonaia. Da alcuni mesi è in corso il trasferimento dei semiliberi all'interno dell'adiacente istituto Gozzini di via Minervini.

57. Dato dichiarato dal Dott. Salemi, Comandante del corpo di Polizia Penitenziaria presso il N.c.p. di Sollicciano, durante il convegno sugli "Eventi critici" tenutosi il 6 aprile 2009 presso l'istituto.

58. Anche qualora la persona prima della carcerazione avesse avuto un valido titolo di soggiorno è destinata a perderlo a causa della disciplina del reato ostativo (art. 5 e art. 9 T.U. immigrazione). Si deve considerare come vi siano però almeno due casi in cui il soggetto, nonostante la condanna per uno dei reati previsti dal T.U. immigrazione, può continuare a fruire del permesso di soggiorno. Da una parte l'art. 9 del T.U. prevede che il titolo di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, qualora non debba essere disposta l'espulsione del soggetto, può essere convertito in un titolo di soggiorno di altro tipo. Dall'altra, secondo parte della dottrina (si ricordi al riguardo E. Santoro, L'esecuzione penale nei confronti dei migranti irregolari e il loro 'destino' a fine pena, cit.) il buon esito dell'affidamento in prova dello straniero detenuto annullerebbe gli effetti del reato ostativo.

59. Dati al 10 febbraio 2009, fonte: Fondazione Michelucci su elaborazione di dati forniti dal Dap.

60. Dato della Fondazione Michelucci.

61. Fonte: Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione statistica, Ministero della Giustizia. La capienza regolamentare è definita in base al seguente criterio: 8 metri cubi per il 1º detenuto + 2 metri cubi per ogni successivo detenuto presente in cella. La capienza tollerabile viene definita aumentando la capienza regolamentare di una quota stabilita con Decreto Ministeriale (+ 47%). Si noti come nel corso degli anni la capienza regolamentare e tollerabile di Sollicciano risulta mutata, così, mentre nel 2006 la prima era di 471 e la seconda di 801 nel 2007 erano di 483 e 785, e così anche nel 2008.

62. Fonte: Visita del 29 maggio 2009 di una delegazione di rappresentanti del Partito Radicale e del P.d. al carcere di Sollicciano (delegazione composta dai senatori Radicali/P.d. Donatella Poretti e Marco Perduca, dalle candidate alla lista Bonino Pannella per le Europee Mina Welby e Giulia Simi e dal segretario dell'Associazione radicale Andrea Tamburi, Giancarlo Scheggi).

63. Benché il rapporto dell'Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dell'Associazione Antigone, del 2006, sostenga che le dimensioni delle celle sono di 12 mq tale dato non risulta corretto. I 12 metri quadri rilevati dall'Osservatorio sulla base di dati forniti dal Dap sembrano infatti solo indicativi e funzionali a rendere maggiore la capienza regolamentare dell'istituto (la quale prevede che vadano destinati 8 mq al primo detenuto di ogni camera detentiva più 2 mq per ogni detenuto successivo, in questo modo, con i 12 mq dichiarati, ogni cella sarebbe adatta per ospitare 3 persone). Le reali dimensioni sarebbero invece, come riportato in più sedi dalla stessa amministrazione del carcere di Sollicciano, di 9 metri quadri.

64. Spesso nelle sezioni del maschile è presente anche un cosiddetto 'cellone', una camera di circa 25 mq nella quale sono ristrette fino a 9 persone.

65. Con esclusione quindi delle sole ore che vengono generalmente utilizzata per l''aria', dalle 9 alle 11 e dalle 13 alle 15.

66. Tramite l'art. 44 bis del cosiddetto Decreto legge mille proroghe (d.l. n. 207 del 30 gennaio 2008 convertito con legge n. 14 del 27 febbraio 2009), il Governo ha approvato il nuovo Piano carceri, che prevede ampliamenti e ristrutturazioni dei molti istituti di pena della penisola. Nel fare ciò è stato nominato commissario speciale per la realizzazione del piano Franco Ionta, Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap). Il piano prevede la realizzazione di 17.129 nuovi posti detentivi per una spesa totale di 1.590.730.000 euro. Credo sia appena il caso di accennare all'insensatezza della ricerca di una soluzione alla questione carceraria nella costruzione di nuovi spazi detentivi.

67. Nel 2008 risultavano aver fatto ingresso a Sollicciano dalla libertà 1508 soggetti a fronte di un popolazione carceraria di 883 reclusi, quindi il 170% (dati della Fondazione Michelucci). Nel 2006 erano invece entrati circa 2.200 soggetti a fronte di 1017 presenti (il 216%), dato che era pressoché identico nelle 2 annualità precedenti. Tale dato risulta ancor più impressionante se si considerano non solo gli ingressi dalla libertà, ma anche i trasferimenti da altri istituti e gli spostamenti a seguito di permessi/licenze. In questo modo il numero dei soggetti che entrano annualmente nel N.c.p. supera facilmente le 3000 unità (nel 2006 dalle movimentazioni dell'ufficio matricola di Sollicciano risultavano entrati 3151 soggetti, ed usciti 3661, causa anche l'indulto. Nel 2007 risultavano 3171 gli entrati e 3115 gli usciti. Nel 2008 erano 3266 gli ingressi e 3263 le uscite (Dati dell'amministrazione penitenziaria). Come abbiamo detto questi dati, non riferendosi ai soli ingressi dalla libertà, devono essere considerati solamente indicativi del continuo movimento presente all'interno dell'istituto. Ogni giorno escono da Sollicciano (anche a seguito di permessi/licenze) 8,9 persone e ne fanno ingresso altrettante.

68. Grafico elaborato sulla base dei dati regionali del Ministero della Giustizia. La flessione che si riscontra nell'anno 2006 è da imputarsi agli effetti dell'indulto.

69. In base ai dati statistici elaborati da Ristretti.it, come forniti dal Dap. In toscana a fronte di una popolazione carceraria pari al 135% di quella regolamentare opera un numero di agenti pari al 75,1% di quelli previsti.

70. La costruzione dell'istituto risente delle numerosi infiltrazioni di acqua dovute alla scarsa qualità dei materiali utilizzati, il reparto maschile soffre di uno scarso approvvigionamento di acqua calda, la possibilità di condizionamento dei vari ambienti è pressoché inattuabile data la particolare struttura che rende i reparti di Sollicciano estremamente esposti ai mutamenti climatici.

71. Durante la Commissione sanità riunitasi a Sollicciano il 17 ottobre 2008 (per chiarire gli elementi del passaggio della sanità dell'istituto alla Asl 10 di Firenze) vari sono stati i problemi sollevati, tra i quali una generale carenza di igiene e di attrezzature idonee (in tal senso Dott. Baroni, vice direttore sanitario Asl 10), la carenza di operatori sanitari specializzati (il reparto femminile nell'anno 2008 è stato più di 3 mesi senza poter effettuare visite ginecologiche per assenza di uno specialista incaricato), un approccio talvolta del tutto menefreghista da parte degli operatori sanitari dipendenti dell'amm.ne penitenziaria (lo stesso Dott. Iannucci, psichiatra dell'istituto, denunciava la presenza, che noi stessi possiamo confermare, di medici che fumavano negli ambulatori durante le visite mediche).

72. Per 'eventi critici' si intendono eventi quali atti di autolesionismo, tentati suicidi, suicidi, scioperi della fame, rifiuti delle terapie, aggressioni. Secondo i dati forniti dal Dott. Salemi nella conferenza sugli eventi critici a Sollicciano del 6 aprile 2009, nell'anno 2008 nell'istituto vi sarebbero stati da parte dei detenuti italiani circa 57 atti di autolesionismo, 7 tentati suicidi, 1 suicidio, 10 aggressioni, 41 scioperi della fame, 5 rifiuti di terapie. Tra i soggetti stranieri invece sarebbero stati 276 gli atti di autolesionismo, 18 i tentati suicidi, 76 gli atti di aggressione e 97 gli scioperi della fame. È quindi chiaro che sulla popolazione straniera, pur essendo il 62% di quella totale, ricada la stragrande maggioranza degli eventi critici (circa l'80%). È stato infatti osservato che vi è una maggior propensione dei soggetti di origine araba verso gli atti di autolesionismo. La maggior parte degli eventi sono avvenuti nel reparto maschile giudiziario (circa il 58%), mentre minori sono stati quelli nel reparto penale (circa il 42%). La forte incidenza della popolazione straniera è dovuta in gran parte alla maggior situazione di disagio che spesso queste persone si trovano a vivere, causa problemi di lingua, incomprensione, scarsi o assenti contatti con la famiglia. È il caso di ricordare, a riprova della criticità della situazione di Sollicciano, che solo da aprile ai primi di luglio 2009 le morti che hanno richiesto accertamenti medico-legali sono state 4 di cui almeno una sarebbe indubbiamente da catalogarsi come suicidio. Il 17 agosto 2009 si è assistito inoltre ad una maxi protesta collettiva dei detenuti dell'istituto contro il sovraffollamento e le scarse condizioni igienico-alimentari.

73. Dati elaborati sulla base della popolazione presente a Sollicciano al 30 giugno 2009 e dei lavoranti nello stesso mese.

74. Solo un soggetto si trova infatti impiegato nelle attività della Coop Sociale Ulisse che si occupa, all'interno di Sollicciano, della riparazione di vecchie biciclette.

75. In tal senso anche il rapporto dell'Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dell'Associazione Antigone del 2006.

76. Come abbiamo già spiegato nel cap. II, orari di lavoro molto ridotti e conseguenti esigue retribuzioni sono di estremo danno per la situazione contributiva dei soggetti.

77. Come accennato per Mof si intende 'manutenzione ordinaria fabbricati' si tratta del gruppo di lavoranti incaricati, spesso in pianta pressoché stabile, di occuparsi dei lavori di manutenzione degli istituti. Si ritrovano all'interno di questo gruppo professionalità come imbianchini, idraulici, manovratori di attrezzature, muratori ed altri ancora.

78. La sezione più attiva dal punto di vista lavorativo sembra infatti risultare, in base all'operato dello Sportello documenti e tutele, la XII sezione del penale, appunto sezione nella quale si trovano spesso detenuti condannati a lunghe pene.

79. Nell'anno 2008 le detenute impiegate in attività lavorative sono state 99, quindi il 12,5% dei lavoranti totali (dati dell'amministrazione penitenziaria). Questo dato concorda con la percentuale rappresentata dalla popolazione femminile all'interno di Sollicciano (circa 11%). Anche se il numero dei lavoranti al reparto giudiziario in un anno è numericamente superiore alle lavoranti del reparto femminile, è però percentualmente inferiore se rapportato alla porzione di popolazione cui si riferisce.

80. Ricordiamo infatti che, a fronte del regime di obbligatorietà del lavoro dei soggetti detenuti, gli imputati possono essere ammessi allo svolgimento delle attività lavorative, che non hanno in questo caso valenza rieducativa, solo su loro richiesta.

81. Riguardo al rapporto tra rieducazione del soggetto e mercede si veda quanto diremo nella nota 94.

82. Dati rilevati sulla base dei dl 86/88 bis analizzati in sede di compilazione delle domande di disoccupazione ordinaria a requisiti ridotti. I 23 euro si riferiscono tanto ai soggetti impiegati nell'attività della M.o.f. che nei servizi di cucina, i 10-13 euro riguardano invece i rilevamenti sulle retribuzioni di scopini e scrivani. Gli importi ovviamente non sono da intendersi corrispondenti ad un orario di lavoro pieno, ma alle poche ore che a questi soggetti è concesso di lavorare giornalmente. Anche la durata della prestazione, oltre alla retribuzione di base, influisce infatti notevolmente nella differenziazione dei redditi percepiti (un addetto alla Mof o alla cucina lavora infatti molte più ore di uno scopino o di uno scrivano).

83. Non è infatti raro riscontrare come a fare la spesa presso il sopravvitto interno al carcere per tutti membri della propria cella sia spesso il soggetto che lavora o che ha ricevuto recentemente soldi da parte della famiglia o prestazioni da parte dell'Inps.

84. Dati dell'amministrazione penitenziaria.

85. Volendo analizzare l'età dei soggetti messi a lavoro possiamo vedere come quelli nati prima del 1940 rappresentino lo 0,13%, quelli nati negli anni '40 l'1,64%, i nati negli anni 50 il 7,93%, negli anni '60 il 25,31%, negli anni '80 il 27,08% e negli anni '90 lo 0,38%. Si tratta quindi di una ripartizione che sembra seguire strettamente la situazione anagrafica della popolazione detenuta.

86. Dati dell'amministrazione penitenziaria.

87. Come possiamo vedere infatti le nazionalità maggiormente rappresentate sono anche in questo caso quella marocchina, quella albanese, quella tunisina e quella rumena.

88. Sotto la dicitura 'Altri' sono stati inseriti tutti quei paesi che avevano avuto nel corso del 2008 non più di 4 soggetti reclusi e lavoranti all'interno di Sollicciano, tra questi: Austria, Bosnia, Bulgaria, Cecoslovacchia, Colombia, Costa d'Avorio, Croazia, Egitto, Germania, Giordania, Gran Bretagna, Grecia, Guatemala, India, Iraq, Israele, Jamaica, Libano, Mongolia, Pakistan, Paraguay, Portogallo, Rep. Dominicana, Russia, Slovenia, Somalia, Stati Uniti, Suriname, Ungheria.

89. Delle 134 persone di nazionalità marocchina che nel 2008 hanno lavorato alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria all'interno di Sollicciano 60 (il 47,8%) lo hanno fatto per un solo mese. Si tratta di un dato alquanto incisivo, specie se paragonato a quello relativo ai lavoranti italiani. Tra questi infatti solo 52 hanno lavorato per un solo mese, cioè il 19,4%.

90. Dati dell'amministrazione penitenziaria.

91. Conteggi effettuati su dati dell'amministrazione penitenziaria.

92. Anche in questo caso il numero delle giornate lavorate, per quanto detto sopra, depone a netto sfavore dei lavoranti stranieri, avvantaggiando quelli italiani.

93. Si ricorda infatti che per ottenere l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti sono necessarie almeno 78 giornate annue lavorate.

94. Si potrebbe addirittura iniziare a prospettare l'operatività di un contrasto con l'art. 36 Cost. Come abbiamo visto infatti l'art. 22 o.p. non era stato considerato costituzionalmente illegittimo poiché tale giudizio (basato sull'art. 36 Cost.) non poteva essere connesso alla diminuzione di un terzo della retribuzione, ma necessitava di ben più gravi decurtazioni. I livelli raggiunti oggi dalle mercedi dei soggetti detenuti, a causa degli oltre 16 anni di mancato aggiornamento, potrebbero però portare a una nuova impostazione anche nei confronti dell'art. 36 Cost. Adesso sembra infatti configurarsi, come prospettava la Corte cost. nella sent. n. 1087 del 1988, la situazione in cui una paga di gran lunga inferiore a quella di Ccnl porterebbe a una situazione "certamente diseducativa e controproducente; il detenuto non troverebbe alcun incentivo a lavorare e, se lavorasse ugualmente, non avrebbe alcun interesse ad una migliore qualificazione professionale".

95. Media mensile calcolata dividendo l'importo erogato annualmente per le mercedi per il numero dei lavoranti nel corso dell'anno. Il valore risulta essere così basso perché alcune persone lavorano solo 1 o 2 mesi all'anno.

96. Si ricordi che a fronte dei 794 soggetti che hanno lavorato nel 2008 ben 245 (31%) lo hanno fatto per un solo mese.

97. Calcolo effettuato sulla base di dati dell'amministrazione penitenziaria, dividendo l'importo delle mercedi erogato annualmente per il numero delle giornate totali lavorate, per poi moltiplicare il tutto per 24 (le giornate lavorative di un ipotetico mese).

98. È alquanto difficile infatti che il detenuto lavoratore riesca a mettere da parte dei soldi da poter inviare alla propria famiglia.

99. Per gli italiani invece, in base alla loro contribuzione media pari a 1459 euro, la media contributiva raggiunge le 8 settimane.

100. Si ricorda infatti che i turni di rotazione propri del lavoro alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria non danno luogo a licenziamento e quindi nemmeno alla prestazione di disoccupazione a requisiti interi.

101. In questa fase, come abbiamo già accennato, di estremo aiuto sono gli scrivani delle varie sezioni, i quali permettono, tramite la compilazione della modulistica di preselezione, di vagliare quali soggetti possano accedere alla prestazione e quali no, senza doverli chiamare a colloquio singolarmente. Senza di loro il carico di lavoro sarebbe infatti nettamente superiore, e del tutto ingestibile.

102. I quesiti dei formulari sono creati in maniera da raccogliere dal soggetto richiedente tutte le informazioni necessarie all'analisi della sua situazione. Alla persona viene infatti richiesto se abbia svolto attività lavorativa nell'annualità precedente, dove l'abbia svolta, se abbia mai lavorato regolarmente assicurato prima del biennio precedente. Dall'analisi di queste informazioni si riesce a dedurre il diritto o meno del soggetto alla prestazione. Nella creazione di questa modulistica gli operatori dello Sportello sono stati attenti ad utilizzare un linguaggio facilmente comprensibile alla popolazione detenuta e tale da non poter creare dubbi o fraintendimenti. Si è sostanzialmente cercato di rispettare i parametri di chiarezza e fruibilità del linguaggio illustrati da Melvyn. Riguardo a questi moduli si veda Figura n. 2.

103. Le risposte negative sono derivate: dall'assenza di ogni tipo di lavoro regolare nell'anno precedente, dal mancato raggiungimento delle 78 giornate necessarie e dall'assenza del requisito dell'anzianità contributiva.

104. L'invio telematico delle domande è stato attivato per la prima volta nel 2009, rendendo l'istruzione delle pratiche molto più semplice e rapida per gli operatori dell'Inps.

105. Per quanto riguarda i soggetti che nell'annualità di riferimento avevano svolto attività lavorativa all'interno di Sollicciano questi modelli vengono elaborati dagli stessi operatori dello Sportello grazie ai dati forniti dall'ufficio mercedi (questo in verità sarebbe un compito spettante all'amministrazione la quale, in virtù della sua perenne carenza di personale, lo delega ogni volta allo Sportello; nell'annualità 2009 i modelli dl 86/88 bis compilati dagli operatori sono stati 133). Per i soggetti che nell'annualità di riferimento avevano lavorato in altri istituti di pena quest'ultimi vengono contattati dall'ufficio mercedi di Sollicciano, sulla base di un'apposita lista redatta dagli operatori, affinché inviino la relativa documentazione (non sempre purtroppo gli altri istituti di pena provvedono regolarmente e celermente all'invio di questa documentazione). Per quanto riguarda infine i soggetti che avevano svolto la loro attività presso datori di lavoro terzi, al momento della compilazione della richiesta viene loro richiesto di contattare l'ex datore di lavoro chiedendogli di inviare l'apposito modulo alla sede Inps competente.

106. Si parla delle richieste del 2008-2009 perché le disoccupazioni a requisiti ridotti, come abbiamo più volte ripetuto, considerano l'annualità lavorativa precedente a quella di richiesta.

107. Abbiamo deciso di analizzare in maniera specifica i dati sul lavoro svolto a Sollicciano nell'anno 2008 perché si tratta dei dati più completi e più recenti (visto che al momento della stesura di questa ricerca l'annualità 2009 era ancora in corso) che abbiamo a nostra disposizione.

108. Visto che non tratteremo in maniera specifica i dati relativi alle annualità 2005-2006 possiamo dire che in questi due anni le domande di disoccupazione a requisiti ridotti effettuate dallo Sportello sono state rispettivamente 140 e 211 (a fronte di 325 e 423 richieste dei detenuti analizzate).

109. Dal momento che nel 2007 non era ancora attivo lo Sportello all'istituto Gozzini, tramite l'aiuto di alcuni volontari dell'Altro diritto lo Sportello di Sollicciano presentò anche 14 domande provenienti dal Gozzini.

110. I motivi di questa bassa incidenza sono in gran parte dovuti alle scarcerazioni e ai trasferimenti dei soggetti, nonché, come vedremo, al mancato raggiungimento dei 78 giorni richiesti per la prestazione.

111. Al 31 marzo 2007, termine ultimo per la consegna delle domande.

112. Commenteremo in seguito questo dato.

113. Le domande provenienti dall'infermeria centrale rappresentavano invece il 7%, mentre quelle provenienti dal reparto transessuali l'1%. Per i motivi che abbiamo già spiegato nessuna domanda era pervenuta dal reparto transito.

114. Al 31 marzo 2008 a Sollicciano erano presenti 869 detenuti.

115. Il 31 luglio 2006 è stato infatti approvato con la legge n. 241 il provvedimento di indulto, mutando profondamente la composizione della popolazione carceraria e i suoi numeri.

116. Questo dato, che poi ritroveremo anche per quanto riguarda il Bonus famiglie, è indice dell'estrema mobilità cui sono sottoposti i soggetti detenuti. Si tratta infatti in questo caso di liberazioni o trasferimenti intervenuti tra la compilazione dei moduli di preselezione e la compilazione della domanda, nell'arco cioè di circa un mese.

117. Presenze al 31 marzo, termine ultimo di presentazione delle domande, dati dell'amministrazione penitenziaria.

118. Questo dato ha valore meramente indicativo della situazione generale dal momento che non è detto che a richiedere l'indennità di disoccupazione siano esattamente gli stessi soggetti che l'anno precedente hanno svolto attività all'interno del carcere (alcuni infatti possono essere stati scarcerati o trasferiti) e che la disoccupazione derivi solo da attività svolte alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria.

119. Percentuale formata dalle categorie 'Sollicciano', 'Soll+fuori', 'Soll+altri istituti', 'Altri carceri'.

120. Con una pena di un anno, ad esempio, sarebbe molto difficile entrare in carcere, raggiungere la cima delle graduatorie per la messa a lavoro, lavorare 78 giornate e riuscire a richiedere la disoccupazione entro il 31 marzo. Appare più verosimile che, date le tempistiche carcerarie, si tratti di pene di durata superiore.

121. Abbiamo più volte detto come l'assenza di anzianità lavorativa incida particolarmente sui soggetti clandestini i quali, in assenza di ogni titolo di soggiorno, non possono svolgere alcuna attività lavorativa regolare se non quella carceraria. Si deve comunque ricordare che questo tipo di problema viene a cadere: nel caso di soggetti che in una precedente detenzione avessero già svolto lavori carcerari (prima del biennio precedente alla domanda); nel caso di soggetti condannati a una detenzione più lunga di 3 anni e lavoranti all'interno dell'istituto. In quest'ultimo caso infatti il detenuto con l'attività svolta nella prima annualità di carcerazione può formare la sua anzianità contributiva, da poter poi far valere dal terzo anno in poi. Sarebbe da questo punto di vista una prassi virtuosa quella di mettere a lavoro appena possibile, anche solo per una settimana (tanto basta per l'anzianità), i soggetti clandestini. In questo modo si garantirebbe loro l'anzianità per le annualità successive e la fruizione delle relative prestazioni.

122. Si noti che la XII sezione del reparto penale, che come abbiamo detto è la più attiva sul fronte lavorativo, forma da sola il 22% dei lavoranti totali di Sollicciano. Non è un caso, neppure in questo caso, che la XII sez. sia formata quasi totalmente da soggetti italiani. Contribuiscono quindi al suo estremo livello di occupazione sia la nazionalità dei suoi membri che la sua collocazione all'interno del reparto penale.

123. Si veda al riguardo il grafico sulla distribuzione della popolazione detenuta all'interno dei vari reparti di Sollicciano.

124. Dato elaborato grazie al numero delle domande di disoccupazione a requisiti ridotti nell'anno 2008 (735.905, dato fornito dalla "Relazione Annuale dell'Istituto Nazionale della Previdenza sociale" per l'anno 2008, presentata il 18 marzo 2009, dal sito INPS) e al numero degli occupati nell'anno 2007 (stimato dall'Istat in 23.222.000 soggetti). Anche per i dati relativi a Sollicciano si è rapportato il numero delle domande nell'anno 2008 con il numero dei lavoranti nell'annualità 2007.

125. Il raffronto è stato fatto sulla base dei dati relativi all'annualità 2008.

126. Percentuale elaborata sulla base dei 794 detenuti lavoranti a Sollicciano nel 2008.

127. Calcolo effettuato sulla base degli assegni erogati nell'anno 2008 a titolo di Anf. Si ricorda che tenendo in considerazione i 794 soggetti che hanno lavorato nell'anno 2008 la mercede media annua veniva ad essere di 1109 euro.

128. Non capita infatti di rado che le mogli (/mariti) dei soggetti reclusi abbiano difficoltà a farsi rilasciare, presso il comune di residenza o presso un C.a.f., la documentazione attestante l'assenza di altre fonti di reddito o la qualificazione delle stesse. Le problematiche divengono ancora maggiori qualora la documentazione debba pervenire dall'estero. In questo caso talvolta sono necessari dei mesi. Fortunatamente, come abbiamo detto, è possibile richiedere gli Anf anche per le cinque annualità precedenti.

129. Ricordiamo infatti come in base alla circolare n. 5556 del 1975 dell'Inps, e successive modifiche, per effettuare il pagamento degli assegni familiari l'amministrazione penitenziaria deve in taluni casi richiedere l'autorizzazione all'Istituto di previdenza sociale.

130. Come abbiamo detto in caso di mancata trasmissione degli e-mens la contribuzione è reperibile solo sul sistema di archiviazione cartaceo, e non risulta in quello informatico.

131. L'ufficio mercedi e l'ufficio cassa hanno più volte diligentemente rappresentato alla direzione i problemi cui la mancata trasmissione degli e-mens portava, senza che però questa prendesse alcuna iniziativa al riguardo.

132. Calcolo effettuato sulla base dei minimali mensili contributivi stabiliti per l'anno 2009 in 183,10 €.

133. Questo vorrebbe dire che, pur supponendo una continuità lavorativa, il soggetto nel corso di una detenzione decennale, verrebbe a perdere minimo 4 anni di contribuzione. Ai soggetti condannati a pene di lunga durata quindi, come abbiamo già illustrato nel cap. II, non viene solo negata la possibilità di formare delle valide posizioni pensionistiche per mezzo del lavoro carcerario, ma anche di ottenere una pensione in base a un successivo lavoro da liberi. Il deficit contributivo creato negli anni dal lavoro carcerario sarebbe infatti, in alcuni casi, difficilmente colmabile tramite un successivo impiego da liberi.

134. Si consideri che in base alle statistiche del Ministero della Giustizia i detenuti con più di 60 anni rappresentavano nel 2007 il 3,83% della popolazione carceraria totale. La percentuale risulta ancora inferiore se si considera che: le statistiche ministeriali osservano la fascia di età superiore ai 60 anni e non ai 65, che in questi dati sono ricompresi anche soggetti privi di titolo di soggiorno i quali non possono accedere all'assegno sociale. Si comprende come il bacino di utenza sia quindi estremamente ristretto.

135. Questo avveniva soprattutto prima dell'instaurazione dell'attuale regime di cumulo generale tra prestazioni pensionistiche e redditi lavorativi.

136. La richiesta di accertamento dello stato di invalidità avviene talvolta su iniziativa diretta dei medici del carcere. Non tutto il personale sanitario mostra però al riguardo la stessa diligenza, ed è perciò utile l'intervento degli operatori dello Sportello.

137. Si tratta della modulistica di autocertificazione richiesta dai Comuni (o dalle Inps) ai soggetti che risultano avere i requisiti medico-legali per l'erogazione della prestazione, al fine di poter provvedere all'erogazione della stessa.

138. Le domande nell'anno 2008 sono state, secondo la "Relazione Annuale dell'Istituto Nazionale della Previdenza sociale" presentata il 18 marzo 2009 (dal sito INPS), 2.074.855. La popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2008 risultava invece, secondo il "Bilancio demografico nazionale per l'anno 2008" reso pubblico il 23 giugno 2009 dall'Istat, di 60.045.068. Dall'elaborazione di questi dati risulta la percentuale da noi esposta.

139. Nell'effettuare questo calcolo abbiamo dovuto stimare il numero dei soggetti detenuti che avessero residenza in Italia, per rendere completo il parallelo con i dati nazionali. Nel fare ciò abbiamo preso per assunto (semplificando) che tutti i soggetti italiani avessero residenza in Italia, e che dei soggetti stranieri (che rappresentano circa il 62% della popolazione dell'istituto) circa il 70% fosse privo al momento della carcerazione di ogni titolo di soggiorno (in base a quanto illustrato da M. Verna, responsabile dell'Area carcere del Comune di Firenze) e perciò privo di residenza. La semplificazione riguarda in questo caso il fatto che quest'ultimi soggetti potrebbero comunque avere la residenza all'interno del carcere. Su un totale di 855 detenuti presenti al 31 dicembre 2008 si stima quindi che quelli con residenza fossero circa 484 (il 56,6%).

140. Inps, Coordinamento Generale Statistico Attuariale, Gestione invalidi civili, "Indicazioni di carattere statistico" (Allegato al Preventivo per l'anno 2006), tomo III, pp. 585-653.

141. Stima dei soggetti che ad oggi fruiscono delle prestazioni di invalidità civile grazie agli interventi dello Sportello. Si parla anche in questo caso di popolazione residente per rendere corretto il raffronto rispetto alla realtà esterna.

142. Inoltre i dati nazionali conteggiano, correttamente, tra gli invalidi civili anche ciechi e sordomuti, categorie che però non si riscontrano all'interno del N.c.p.

143. Percentuale calcolata sulla base del dato che vuole il 62% della popolazione carceraria formata da soggetti di nazionalità straniera.

144. I detenuti con problemi di tossicodipendenza o alcool dipendenza nel 2008 risultavano essere il 38% della popolazione di Sollicciano, di questi il 23% era in trattamento metadonico (Dati dell'amministrazione penitenziaria).

145. La forte incidenza di invalidità connesse alla sieropositività è dovuta anche all'alto tasso invalidante di quest'ultima patologia. Non è raro infatti che soggetti sieropositivi (rectius: affetti da aids conclamato) raggiungano il 74% di invalidità richiesto per la fruizione dell'assegno di invalidità.

146. Per questi moduli di preselezione vale sostanzialmente quanto già detto per quelli della disoccupazione. Al riguardo si veda Figura n. 3.

147. Dato calcolato sulla base delle presenze (934) al 30 giugno 2009, termine ultimo per la presentazione dei Bonus relativi all'anno d'imposta 2008.

148. Si veda al riguardo la strutturazione dell'apposita modulistica come riportata a Figura 3.

149. Si ricorda che il N.c.p. di Sollicciano per fornire la residenza ad un soggetto richiede una pena non inferiore ai 2 anni, per questo i soggetti che si trovano presso il reparto penale talvolta usufruiscono di questa possibilità e quelli che invece si trovano al giudiziario (e quindi generalmente ancora in attesa di giudizio) no.

150. Si noti che in questo caso per lavoro carcerario si intende sia quello alle dirette dipendenze dell'amministrazione penitenziaria che quello, sia esterno che interno al carcere, alle dipendenze di datori terzi. Il soggetto clandestino può infatti usufruire del lavoro all'esterno, dell'affidamento in prova ai servizi sociali e della semilibertà.

151. Si veda al riguardo nota n. 79.

152. Il soggetto una volta richiesta l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti in base alle attività lavorative dell'anno precedente viene solitamente rimesso al lavoro, in base alle normali turnazioni, anche nella nuova annualità.

153. Ricordiamo come nel caso di familiari residenti in uno Stato estero fosse richiesta apposita documentazione tradotta in italiano certificante lo stato di famiglia. In tutto il N.c.p. sono state solo 2 le domande che hanno richiesto la presenza di questa documentazione allegata.

154. Si consideri che la percentuale, se si conteggia il numero delle domande pervenute invece di quello delle domande accolte sale al 27,6%. Purtroppo a metà agosto 2009 non erano presenti dati ufficiali circa il numero delle domande presentate all'Agenzia delle entrate; dati che sarebbero stati utili per un più preciso raffronto della realtà carceraria con quella esterna. Gli unici dati che abbiamo sono infatti quelli divulgati da Valeriano Canepari, Coordinatore della Consulta Nazionale dei Caf, che alla scadenza del 28 febbraio 2009 dichiarava che le domande pervenute erano tra i 2,2 e i 2,4 milioni, cifra pari al 3,8% della popolazione residente sul territorio italiano a febbraio 2009 (calcolo effettuato sulla base del bilancio demografico mensile dei mesi gennaio-febbraio 2009 dal sito dell'Istat).