ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo 5
Il casellario giudiziale e la tutela dei 'dati giudiziari'

Guido Tozzi Pevere, 2007

5.1 Della tutela della privacy

Il nostro paese, ormai da un decennio, si è premurato di disciplinare la tutela della privacy dei suoi cittadini. Lo ha fatto con Legge 31 Dicembre 1996 n. 675, in attuazione della direttiva 95/46/CE del 24 Ottobre 1995; ha portato a compimento l'opera con il D.lgs 30 Giugno 2003 n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali", emanato in ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002.

5.2 I dati giudiziari e la privacy

E' opportuno riportare, brevemente, gli articoli più significativi di tale Codice, in quanto la normativa vigente sul Casellario giudiziale rimanda di frequente al Garante della privacy e alle norme che di essa trattano; queste, dal canto loro, entrano più volte in merito ai 'dati giudiziari'. Questi dovrebbero essere annoverati, a nostro avviso, fra i 'dati sensibili' ed esserlo essi stessi per antonomasia, mentre l'art. 4 comma 1 lettera e) del Codice del 2003 li distingue da quelli sensibili e li definisce come:

I dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'art 3 comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del D.p.r. 14 Novembre 2002 n. 313, in materia di Casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli artt. 60 e 61 del Codice di procedura penale.

Ciò sta a significare che sono considerati dati giudiziari tutti quei provvedimenti oggetto di registrazione presso gli uffici del Casellario, con esclusione espressa - lettere p) e q) - di quelli che riguardano: interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno e, ancora, concordato fallimentare, fallimento e riabilitazione del fallito.

5.3 Il trattamento dei dati giudiziari

L'art. 21 comma 1 della stessa fonte, poi, specifica che:

Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e le operazioni eseguibili.

A differenza di quanto previsto dall'art 20 numero 1 per i 'dati sensibili', per i quali è possibile il trattamento da parte di soggetti pubblici solo ne casi previsti dalla legge, esclusa la possibilità per il Garante di autorizzarli.

Il successivo art. 22, titolato "Principi applicabili al trattamento di dati sensibili e giudiziari" prescrive, al numero 1, che: "I soggetti pubblici conformano il trattamento dei dati sensibili e giudiziari secondo modalità volte a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell'interessato". A commento potremmo insinuare qualche perplessità sul rispetto, da parte del nostro istituto, dell'ultima parte della previsione: dato che 'divulgare' (perchè, fuori da ogni forma di giuridico eufemismo, di questo si tratta) notizie sui precedenti penali di chicchessia non sembra esattamente rispondere ad un grande rispetto per la sua dignità. Si potrebbe comunque obiettare, quale contro-argomentazione, con il rilievo - invero in bilico tra il metagiuridico ed il filosofeggiante - che l'uomo viola la sua stessa dignità quando delinque; non quando il fatto, accertato, di aver delitto venga portato a conoscenza di terzi estranei, a ciò in un certo qual modo interessati.

Il n. 3 dell'art. 22 postula il principio che potremmo definire della 'indispensabilità del trattamento', dato che lo permette, per i dati sensibili e giuridici, solo se e quando l'Ente pubblico non può altrimenti compiere le proprie attività istituzionali, magari ricorrendo a dati anonimi o diversi. Ciò, con una puntualizzazione invero apprezzabile, prevista dal successivo numero 9: "anche quando i dati sono raccolti nello svolgimento di compiti di vigilanza, di controllo o ispettivi"; facendo riferimento, sembrerebbe, anche alle attività svolte da parte della Pubblica sicurezza. E' fuor di dubbio che gli scopi, diversi da quelli statistici, per i quali sono custoditi i dati nel Casellario rispondano perfettamente a questa disciplina del 'non poter fare altrimenti'.

La norma prosegue, poi, con l'obbligo per l'Ente pubblico che tratta i suddetti dati di verificare la sussistenza della loro indispensabilità rispetto agli adempimenti da conseguire; postulando, nel caso in cui eccedessero il limite, la loro non utilizzabilità.

Per quanto qui di nostro interesse, è poi previsto (art. 22 numero 6) che i dati giudiziari debbano essere trattati, se "contenuti in registri, elenchi o banche dati", ricorrendo a "tecniche di cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi". Lo scopo di tali sistemi di protezione è quello di rendere i dati "temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi" e di permettere di "identificare gli interessati solo in caso di necessità". Analoghe previsioni, puntuali e soddisfacenti, sono previste dall'art. 20 e ss. dell'allegato "B - Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza". Nel caso specifico delle informazioni contenute negli archivi del Casellario giudiziale, si dovrebbe - a nostro avviso - interpretare queste previsioni in maniera molto rigida: i dati dovrebbero, cioè, essere criptati o non poter essere ricondotti ai soggetti ai quali si riferiscono. Per acquisire leggibilità o per essere abbinati a dati anagrafici completi, gli operatori dovrebbero avanzare al sistema una sorta di 'richiesta motivata' per ragioni di servizio, assumendosi la responsabilità personale (ed individuabile) di tale operazione. In tal modo si eviterebbero arbitri, usi impropri e quella 'fuga di notizie' della quale tratteremo più oltre e che, verosimilmente, non rappresenta solo un esempio provocatorio e scolastico ma molto concreto e presente nel quotidiano.

5.4 I dati di 'serie B'

Prima di congedare la vigenti norme sulla privacy, può risultare utile un parallelismo fra quanto abbiamo appena visto riguardare i dati giudiziari e quanto, invece, previsto per quei dati che possano rivelare lo stato di salute o la vita sessuale dei cittadini. Questi dati, ai sensi del numero 7 dello stesso art. 22,

[...] sono conservati separatamente da altri dati personali trattati per finalità che non richiedono il loro utilizzo. I medesimi dati sono trattati con le modalità di cui al comma 6 anche quando sono tenuti in elenchi, registri o banche di dati senza l'ausilio di strumenti elettronici.

Proseguendo il successivo numero 8 con il divieto di diffondere i dati idonei a svelare lo stato di salute, appare completata quella sorta di 'blindatura' che è stata, correttamente, fatta sui dati più intimi della persona. Peccato si sia deciso di non includervi i dati giudiziari, che di certo riguardano informazioni altrettanto intime e private che, però, la norma ha deciso di considerare meritevoli di minor tutela; rispetto, non solo ai suddetti dati sulla salute, ma anche rispetto ai dati sensibili.

5.5 I "trattamenti per ragioni di giustizia"

In ogni caso le nostre preoccupazioni per le sorti dei dati giudiziari, trattati non con la tessa attenzione rispetto ad altri, sembra siano destinate a perdere di rilevanza se confrontate con quanto previsto dall'art. 47. Questo, titolato "Trattamenti per ragioni di giustizia", prevede:

1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato per ragioni di giustizia, le seguenti disposizioni del codice:

a) articoli [...] da 18 a 22 [...];

b) articoli da 145 a 151.

2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie.

Non sembra si possa dare altro significato alla norma, se non privare la trattazione dei dati personali (1) (diversi da quelli giudiziari), anche da parte del Casellario giudiziale, di quel minimun di garanzie che lo stesso impianto legislativo sulla privacy vuole altrimenti vigere ed essere rispettate.

La situazione, in ultimo, è 'aggravata' dal successivo art. 52 che estende le stesse esenzioni anche al:

[...] trattamento di dati personali effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati [...].

5.6 Della non pubblicazione dei dati anagrafici del condannato

In ultimo un breve accenno merita, senz'altro, l'art. 52 probabilmente non molto conosciuto fra chi, magari esponente di categorie deboli quali extracomunitari o sans papier, è destinatario di una sentenza di condanna. La norma prevede, infatti, che l'interessato possa chiedere "per motivi legittimi" che sulla sentenza che lo riguarda venga apposto a cura della cancelleria:

[...] un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi.

La norma prevede che sulla richiesta, omessa ogni formalità, provveda con decreto la stessa autorità che ha emesso il provvedimento giurisdizionale; alla quale è, altresì, lasciata la possibilità di auto-attivarsi nello stesso senso, "a tutela dei diritti o della dignità degli interessati".

Riconoscendo l'utilità della previsione - che, comunque, esula dalle registrazioni presso il Casellario, delle quali prioritariamente ci stiamo occupando - possiamo, tuttavia, notare come sarebbe stato più opportuno prevederla come regola generale automatica; invece che attuabile a richiesta di parte e quando ricorrano "motivi legittimi" per i quali, ci si augura, dovrebbe essere usata la maggior ampiezza interpretativa. Soddisfacente a colmare questa lacuna non può neppure essere considerata la previsione, che la richiesta possa prevenire dalla stessa autorità giudicante: nel caso che ripete, pleonasticamente e senza dare aiuti di corretta applicazione, quanto previsto genericamente dall'art. 22.

Facile insinuare che molto probabilmente non verrà fatto nei confronti del quisque de populo, soprattutto se 'diverso', ma magari nel caso in cui condannato sia un minore (oggetto di espressa tutela da parte del Codice sulla privacy) o un personaggio noto.

5.7 Una provocazione dal 'quotidiano'

Le 'gazzelle' dei Carabinieri sono dotate di computer portatili che, via radio o satellite, consentono l'accesso a dati (del Casellario e del Ministero dell'Interno) che vengono verificati in tempo reale, anche quando veniamo fermati per un normale controllo su strada. Altre forze di Polizia accedono, invece, alle notizie disponibili 'in fonia', sempre via radio, chiedendo alle proprie centrali operative; ora, non sempre, per non dire molto di rado, questo tipo di comunicazione è criptata e necessita, quindi, di un apparato di decodificazione per essere ascoltata in modo intelligibile. Al contrario, basta disporre di un ricevitore radio - non necessariamente 'abusivo', ma anche essendo in possesso del 'patentino' di radioamatore o di autorizzazione 'svl' di ascolto - per sentire le comunicazioni che vengono fatte 'in chiaro', in barba a quanto espressamente previsto dal vigente Testo unico sulla privacy (art. 56).

Al di là di semplici codifiche che vengono usate, basta stare in ascolto qualche ora per capire a cosa si riferiscano e venire a sapere se il Sig. Tizio, fermato dalla Polizia di stato in Via Taldeitali alle ore 03,40, sia 'pulito' o meno. Con buona pace per la riservatezza del Sig. Tizio che potrebbe, giustamente, avere qualcosa a che ridire se sapesse che tot persone hanno ascoltato (o, semplicemente, potrebbero avere ascoltato) le conversazioni radio che lo riguardano.

Note

1. E' considerato, ai sensi dell'art. art. 4, numero 1, lettera b), del Codice sulla privacy 'dato personale': "qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale".