ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo 3
Il Casellario giudiziale - Forma attuale e funzionamento

Guido Tozzi Pevere, 2007

3.1.1 Criticità del sistema: dalle schede agli estratti

Non è possibile 'presentare' la veste attuale del Casellario giudiziale, senza dar conto, seppure brevemente, di alcune problematiche e di alcuni aspetti insoddisfacenti del suo funzionamento, che la pratica quotidiana aveva ed ha messo in luce.

Prima di far ciò, è indispensabile ricordare la funzione ultima che riveste oggi il Casellario giudiziale. Come andremo a confermare con l'analisi - quasi articolo per articolo - delle attuali fonti normative dell'istituto, il nostro sistema giudiziario si avvale delle informazioni sulla personalità di imputati e condannati, attraverso le iscrizioni effettuate presso gli uffici del Casellario giudiziale, per permettere al Giudice di adempiere ad attività di particolare delicatezza. Così, l'organo giudicante opera giudizi prognostici: nella fase di scelta e di applicazione di una misura cautelare personale; quando si tratta di decidere se concedere o meno la sospensione condizionale della pena o i benefici previsti dall'ordinamento penitenziario; ogniqualvolta si debba valutare la sussistenza di un pericolo di recidiva. Tutto ciò richiede che il dato penale sia a disposizione del Giudice, e che lo sia in modo tempestivo, preciso, di qualità.

Guardando al penultimo assetto dell'istituto, un primo inconveniente del sistema era rappresentato dal meccanismo di iscrizione delle sentenze di condanna e degli altri provvedimenti, di cui era prevista l'annotazione ai sensi dell'art. 686 c.p.p. Ciò avveniva sulla base di un estratto della decisione, riportato su apposita scheda cartacea, da compilarsi a mano con i dati desunti dalle sentenze e dai provvedimenti, nonché dagli atti del procedimento. Tale attività, amanuense, di compilazione rientrava fra le competenze del Cancelliere, o di altro funzionario dell'ufficio giudiziario che aveva emesso la sentenza; era previsto, in materia penale, che la scheda venisse compilata entro dieci giorni da quando la sentenza fosse divenuta irrevocabile.

Nello stesso termine, la scheda doveva essere trasmessa alla Procura della repubblica, competente sul territorio di nascita del condannato, affinché si provvedesse all'inserimento nel sistema informativo del Casellario che, col tempo, era stato automatizzato. Proprio questa meccanizzazione (della quale parleremo più oltre, proprio a proposito del S.I.C. (1)) aveva reso possibile, per gli uffici collegati col Casellario, sia visionare i dati dei condannati che ottenere la stampa dei certificati. Appare, conseguentemente, chiaro come fosse necessario procedere, in maniera precisa e tempestiva, alla trasmissione delle schede alle Procure, al fine di tenere aggiornate le notizie informative messe a disposizione. A tale scopo era, in effetti, prevista anche un'attività di controllo da parte dei Procuratori della repubblica - in ordine alla puntuale e frequente trasmissione dei dati - che, tuttavia, non aveva impedito al Casellario centrale del Ministero della giustizia di evidenziare frequentemente, nelle sue relazioni annuali, la formazione di un marcato 'arretrato'. La causa di tale empasse era da ricercare: nella scarsezza del personale addetto agli 'Uffici schede e parcelle' degli organi giudicanti, nonché nella mancanza di informatizzazione delle attività di compilazione delle schede. Per avere un metro, non troppo remoto, dell'ampiezza e della gravità del fenomeno, possiamo considerare che, alla data del 30 Giugno del 1998, il suddetto arretrato ammontava a circa trecentoquarantamila schede da compilare, per la maggior parte dei casi afferenti a condanne per delitti (2).

Un altro 'morbo' che intaccava il funzionamento e l'affidabilità del nostro istituto, intimamente collegato con quanto appena visto, era la sempre maggiore consapevolezza, da parte degli operatori e dei media, della 'crisi di attendibilità' del Casellario. Crisi che "appare, in tutta la sua ampiezza, dall'esame delle statistiche concernenti il fenomeno della reiterazione della sospensione condizionale della pena" (3), pubblicate dall'Annuario del Casellario del 1998, che mostrano un proliferare di tale beneficio concesso a recidivi. Potremmo citare svariati correttivi che si cercarono di mettere in atto: il primo dei quali brilla - a nostro avviso - per una certa 'spregiudicatezza', in quanto si trattò di incaricare un service esterno all'Amministrazione della giustizia di eliminare parte dell'arretrato, procedendo alla compilazione delle schede, stavolta su supporto informatico. La nostra, larvata, critica riguarda - come facilmente intuibile - l'aspetto della tutela della riservatezza di importanti dati personali, posti nella disponibilità di soggetti, privati, probabilmente non avvezzi a trattare con fattispecie penali e con le implicazioni che esse comportano.

Conseguenza di tale situazione fu l'avvertita necessità di eliminare il meccanismo della compilazione manuale delle schede, a favore di un sistema - al passo coi tempi - che prevedesse la trasmissione, in via telematica, dei dati dagli organi giudicanti a quelli del Casellario.

E' quello che, come andremo a vedere (soprattutto a proposito dell'ufficio iscrizione), ha iniziato a fare il D.p.r. 14 Novembre 2002 n. 313, "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di Casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti"; la norma che è andata a sostituire gli artt. 685 - 690 c.p.p.

3.1.2 Il Casellario giudiziale attuale. Norme e funzionamento

Una scorsa preliminare del testo ci mostra come il Presidente della repubblica, per procedere all'emanazione di tale atto normativo, abbia acquisito il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali (il cd "Garante della privacy"); specchio dei giorni attuali e, finalmente, di una certa attenzione e sensibilità alla sfera della tutela di quei diritti, soggettivi per antonomasia, che attengono al privatissimo ambito della riservatezza delle informazioni sulla vita dei cittadini. Anche, se come vedremo, si sarebbe potuto tutelare tali 'dati giudiziari' in maniera più incisiva.

3.1.3 Definizione

Prima di entrare nel merito delle iscrizioni, alle quali abbiamo or ora accennato, iniziamo con un breve excursus dell'art. 2 del Testo unico, che fornisce alcune utili definizioni sulla scorta delle quali poter interpretare correttamente la norma. Così, il Casellario giudiziale è definito come "l'insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari e amministrativi riferiti a soggetti determinati". L'articolo prosegue poi, fra le tante, delineando un istituto vicino, ma diverso dal nostro: il Casellario dei carichi pendenti, cioè la raccolta dei dati relativi ai soli provvedimenti giudiziari di soggetti che, oltre ad essere determinati, rivestano anche la qualità di imputato. Ciò sta a significare che il nostro istituto riguarda provvedimenti che siano stati emessi a carico di un dato soggetto; mentre l'archivio dei carichi pendenti si occupa di dare notizia dei procedimenti in itinere, che pendono cioè - quale 'spada di Damocle' - sulla testa degli imputati.

Giova, in questa sede, accennare appena a tale Casellario dei carichi pendenti, importante per la continuità del flusso di dati informativi. Tali 'carichi', infatti, vengono utilizzati quale input naturale del data base dei precedenti penali. Una volta, quindi, che passa in giudicato la sentenza o il decreto penale di condanna, la stessa identica informazione si trasferisce da un archivio ad un altro: senza soluzione di continuità, senza rischio di perdita dei dati, senza dilazioni di tempi.

3.2.1 Contenuti

L'art. 3, nel secondo titolo, specifica come debbano essere iscritti nel Casellario giudiziale tutti i provvedimenti giudiziari:

  1. penali di condanna definitivi, anche pronunciati da Autorità giudiziarie straniere se riconosciuti ai sensi degli artt. 730 e ss. c.p.p. (4), salvo quelli concernenti contravvenzioni, per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l'oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all'art. 162 c.p. (5), sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena;
  2. definitivi concernenti le pene, compresa la sospensione condizionale e la non menzione, le misure di sicurezza personali e patrimoniali, gli effetti penali della condanna, l'amnistia, l'indulto, la grazia, la dichiarazione di abitualità, di professionalità nel reato, di tendenza a delinquere;
  3. concernenti le pene accessorie, le misure alternative alla detenzione, la liberazione condizionale, la riabilitazione (compresa quella speciale relativa ai minori) e quelli di conversione delle pene pecuniarie;
  4. definitivi che abbiano prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza;
  5. definitivi di condanna alla sanzioni sostitutive e i provvedimenti di conversione di cui all'art. 66 comma 3 e all'art. 108 comma 3 della Legge 24 Novembre 1981 n. 689 (6);
  6. del Pubblico ministero previsti dagli artt. 656 comma 5 (7), 657 (8) e 663 c.p.p. (9);
  7. definitivi concernenti le misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto o obbligo di soggiorno;
  8. definitivi di interdizione e inabilitazione e quelli di revoca, nonché i decreti che istituiscano, modifichino o revochino l'amministrazione di sostegno;
  9. che dichiarino fallito l'imprenditore, omologhino il concordato fallimentare, chiudano il fallimento o riabilitino il fallito;
  10. relativi all'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione (10).

Oltre a tale, tassonomica, elencazione di provvedimenti giudiziari, prosegue l'art. 2 con la previsione della iscrizione:

  1. dei provvedimenti amministrativi di espulsione e di quelli che decidano sul ricorso avverso i primi;
  2. dei provvedimenti di correzione, a norma di Legge, dei provvedimenti già iscritti;
  3. di qualsiasi altro provvedimento che concerna i provvedimenti già iscritti, ai sensi dell'art. 17 comma 1 della Legge 23 Agosto 1988 n. 400.

3.2.2 A commento dell'art. 3

A commento di tale lunga elencazione - dalla quale, tuttavia, non potevamo esimerci per ragioni di completezza espositiva - possiamo rimandare alle considerazioni fatte in precedenza, dal momento che, a ben vedere, non siamo troppo lontani dalla sostanza dell'istituto, così come andatosi a formare nei decenni. Di certo, comunque, sarà il caso di evidenziare alcuni aspetti, non solo innovativi ma anche semplicemente significativi, ai fini di una successiva valutazione assiologica dell'istituto.

Così, la previsione di dar conto nel Casellario degli effetti penali della condanna, che, se vogliamo dirla col Mantovani, altro non sarebbero che le "conseguenze negative che derivano de jure dalla condanna stessa" (11) e che comportano limitazioni al godimento di dati benefici o, comunque, un aggravamento della condizione soggettiva del condannato. Ad esempio l'impossibilità di godere della sospensione condizionale della pena, per chi è già stato condannato per altro reato, o la dichiarazione di recidiva. Secondo l'Autore farebbe parte di tali effetti la stessa iscrizione al Casellario giudiziale, con l'eco del Manfellotto che ebbe ad affermare che "l'iscrizione di una sentenza penale è uno degli effetti penali della condanna" (12).

Un altro punto degno di attenzione è quello che prevede l'annotazione dei provvedimenti del Pubblico ministero, in tema di esecuzione della pena, con una previsione tanto chiara quanto innovativa. In effetti l'art. 686 c.p.p. riservava l'iscrizione ai soli provvedimenti degli "organi giurisdizionali" dell'esecuzione. Anche se, per l'onor del vero, l'iscrizione nel Casellario giudiziale per i provvedimenti emessi dal Pubblico ministero era prevista autonomamente, ai sensi degli artt. 657 e 663 c.p.p., dall'art. 194 disp. att. c.p.p. Il motivo di tale attenzione del legislatore del 2003, lo si deve andare a cercare nella sempre maggiore importanza che, nell'ambito della fase esecutiva, assumono tali provvedimenti dell'accusa, soprattutto in tema di

periodi di carcerazione sofferta senza titolo definitivo (art. 657 c.p.p.), da valutare ai fini della espiazione della pena in esecuzione, e nel settore dei provvedimenti di unificazione di pene concorrenti (i c.d. 'cumuli') divenuti sempre più frequenti a seguito delle modifiche normative introdotte con la Legge n. 165/1998 (c.d. 'legge Simeone') (13).

Di modo da comportare la necessità che le Procure abbiano a disposizione un quadro completo delle condanne già riportate dalla persona sottoposta ad esecuzione penale, nell'ottica di evitare "inutili provvedimenti di sospensione per condannati che debbano scontare pene che, cumulate fra loro, superino i limiti posti dalla legge" (14).

Un 'passo indietro', viceversa, si può sostenere essere stato fatto con la omessa previsione, fra le voci da iscrivere nel Casellario, di indicazioni su luogo e tempo in cui fu scontata la pena; cosa che, invece, era prevista dall'abrogato art. 686 c.p.p. al fine - come enfaticamente sostenuto dall'allora Guardasigilli, nella sua presentazione del R.d. n. 778/1931 - di avere a "disposizione un mezzo sicuro ed efficace di controllo per accertare "in ogni momento quali sentenze e provvedimenti siano rimasti non eseguiti". Proprio per l'esaustività delle informazioni sull'esecuzione che si dovevano iscrivere nel Casellario.

Si è poi sostenuta, da parte di certa dottrina (15), l'inopportunità di avere omesso qualsiasi riferimento, fra le sentenze oggetto di iscrizione, a quelle, di competenza del Giudice di Pace, di assoluzione per particolare tenuità del fatto; idem per i provvedimenti declaratori dell'estinzione del reato, a seguito della messa in atto di comportamenti riparatori. Le perplessità sarebbero collegate al fatto che "la perdita di memoria giudiziaria che si determina a seguito della mancata iscrizione nel sistema di una sentenza di proscioglimento per tenuità del fatto" appare

in contrasto con la necessità di operare una valutazione, anche in termini di occasionalità del comportamento, che non può prescindere dalla conoscenza delle pregresse vicende giudiziarie dell'imputato, soprattutto in un procedimento che si pone l'obiettivo di ridurre gli effetti desocializzanti, in rapporto alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona. Seguendo il medesimo ordine di idee, non è apparso condivisibile che gli elementi di conoscenza che possono desumersi da una sentenza che dichiari l'estinzione del reato conseguente a condotte riparative, che presuppone pur sempre un giudizio di responsabilità dell'imputato per un fatto preveduto dalla legge come reato, scompaiano letteralmente dal sistema e non rimangano, invece, nella disponibilità di ogni organo avente giurisdizione penale, anche ai limitati fini di eventuali successive valutazioni sulla personalità dell'imputato imposte al giudice dalla formulazione dell'art. 133 c.p. (16).

3.3 Estratto del provvedimento giudiziario

Il Testo unico prosegue specificando, all'art. 4, che "ogni provvedimento giudiziario è iscritto per estratto" e riporta meticolosamente i dati che debbono essere trascritti: elementi anagrafici completi della persona, numero, data, dispositivo del provvedimento, norme applicate ed autorità che lo ha emesso. Il che corrisponde, a grandi linee, a ciò che la norma previgente disponeva dovesse essere registrato sulla scheda cartacea.

Si segnalano, tuttavia, due punti in cui la novella si distanzia dalle regole precedenti: innanzitutto con la previsione, fra i dati anagrafici richiesti, del '"codice identificativo"; cioè a dire, il codice fiscale attribuito ad ogni cittadino italiano e ad ogni cittadino comunitario, che abbia stabilito il proprio domicilio fiscale in Italia. Per quanto concerne, invece, i cittadini di stati non europei o di stati europei ma privi di codice fiscale, il rimando all'art. 43 ci dice che il codice identificativo è ottenuto "attraverso l'utilizzazione del sistema di riconoscimento delle impronte digitali esistente presso il Ministero dell'interno"; secondo quanto sarà previsto da un futuro decreto dirigenziale (si veda in proposito il capitolo 4). La ratio della previsione è evidente: il garantire l'esatta attribuzione, a chi ne è 'titolare', dei provvedimenti giurisdizionali che saranno oggetto di registrazione presso il Casellario; scopo, un tempo, perseguito con i primi studi di antropometria e dattiloscopia.

La seconda addizione concorre a questo scopo ed è motivata, altresì, dalla eventualità che, in riferimento ai dati di un provvedimento iscritto, insorga l'opportunità di verificare la completezza del dato inserito nel sistema, o la sua compatibilità con iscrizioni precedenti o successive. Ciò ha, così, suggerito, di prevedere che l'estratto dovesse contenere anche il "numero identificativo del procedimento", allo scopo di poter reperire prontamente il fascicolo processuale per i controlli resisi necessari.

Oltre a tali informazioni, il numero 2 dell'art. 4 prevede la registrazione di altre voci, limitatamente all'estratto dei provvedimenti giudiziari penali e, anch'esse, atte e permettere una chiara individuazione del provvedimento iscritto, della sua portata e della persona cui si riferiscono:

  1. luogo, data dell'infrazione e norme applicate, con riferimento a ciascun reato;
  2. pena principale e pena accessoria, circostanze, sanzione sostitutiva, sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna nel certificato del Casellario giudiziale, misure alternative alla detenzione, con riferimento a ciascun reato [...];
  3. misura di sicurezza, dichiarazione di abitualità o professionalità, dichiarazione di tendenza a delinquere.

3.4.1 La cancellazione delle iscrizioni

La disciplina prevista per l'eliminazione delle iscrizioni dagli archivi (oggi informatici) del Casellario riprende, nella sostanza, gli elementi normativi precedenti, salvo correzioni ed aggiustamenti soprattutto di carattere formale od operativo.

La cancellazione è prevista dall'art. 5 - come regola generale - al compimento dell'ottantesimo anno di età o a seguito del decesso della persona alla quale le iscrizioni si riferivano. Abbiamo già avuto occasione di vedere come tale 'regola degli ottant'anni' si sia fatta apprezzare già con il R.d. n. 107/1902 e come, dopo alterne fortune, si sia consolidata fino ai giorni nostri.

Prosegue, poi, la norma enucleando una serie di ipotesi in cui si può addivenire alla cancellazione delle iscrizioni, ben prima del raggiungimento del periodo di tempo di norma previsto.

Così, stavolta a titolo esemplificativo, rimandando al testo di legge per l'ampia casistica, si eliminano le iscrizioni relative ai provvedimenti giudiziari:

  • di condanna per contravvenzioni per le quali sia stata inflitta la pena dell'ammenda, trascorsi dieci anni dal giorno dell'esecuzione o, comunque, dell'estinzione della pena;
  • di proscioglimento o di non luogo a procedere per difetto di imputabilità, trascorsi dieci anni in caso di delitto o tre anni in caso di contravvenzione, dal giorno in cui il provvedimento è diventato irrevocabile o, nel caso di non luogo a procedere, dal giorno in cui è prescritto il termine per impugnare;
  • declaratori del fallimento dell'imprenditore, in caso di revoca del fallimento;
  • di espulsione, quando annullati in sede giudiziaria o amministrativa.

3.4.2 Dell'eliminazione delle iscrizioni relative a sentenze del Giudice di pace

Il D.p.r. n. 313/2002 non poteva non recepire - per quanto di sua competenza - la filosofia di fondo del D.Lgs. n. 274/2000, in tema di competenza penale del Giudice di pace. Tale norma, pur non contenendo una specifica disciplina delle iscrizioni dei provvedimenti del suddetto Giudice di pace nel sistema del Casellario giudiziale, prevede - all'art. 46 - l'eliminazione anticipata delle iscrizioni relative alle sentenze emesse da questo giudice. Così l'art. 5, comma 2, lettere e), f) g) ed h) del Testo unico in esame riprende proprio il suddetto art. 46, prevedendo la cancellazione delle sentenze emesse dal Giudice di pace: nelle ipotesi di proscioglimento per difetto di imputabilità, in quelle di condanna ed in quelle, infine, emesse da un altro giudice in materia di competenza del Giudice di pace; una volta trascorso un determinato periodo di tempo per il quale si rimanda al testo di legge.

Per comprendere la ratio che sottostà a tale previsione, indubbiamente di favore nei confronti di chi sia stata condannato da tale magistrato 'di giustizia minore' - senza che tale aggettivazione voglia porsi su un piano di valori, sminuendo tale recente, importante, figura - può essere utile riprendere la relazione ministeriale al Decreto legislativo del 2000. Questa precisa come sia la stessa natura dei reati devoluti al Giudice di pace, accanto alla tipologia delle relative sanzioni, non detentive, a venire a giustificare l'esigenza di "contenere nel tempo l'efficacia di precedente penale di tali pronunce".

Indubbiamente innovativa risulta anche la disciplina che impone l'eliminazione delle sentenze di condanna: non solo relative a contravvenzioni (come circoscriveva l'art 687 c.p.p.) ma anche a delitti, trascorsi cinque anni dal giorno in cui la sanzione è stata eseguita, se è stata inflitta la pena pecuniaria, o dieci anni se è stata inflitta una pena diversa (di tipo non detentivo), e sempre che nei periodi indicati non sia stato commesso un nuovo reato.

Dovendo continuare, per ragioni di chiarezza, nel dettaglio di questa parte di disposizioni riguardanti espressamente i provvedimenti di competenza del Giudice di pace, si deve richiamare la previsione che ammette la cancellazione di tali provvedimenti, seppure emanati da altro Giudice. Qui la difficoltà è, prettamente, di carattere pratico, dato che si deve guardare - nel computo dei periodi di tempo previsti per procedere ad eliminazione delle iscrizioni - al "giorno in cui la sanzione è stata eseguita".

Ora, l'art. 16 del Testo unico prevede che sia l'ufficio di cancelleria del Giudice dell'esecuzione a comunicare all'ufficio iscrizione "l'avvenuta esecuzione della pena pecuniaria e di ogni altra pena ai fini della eliminazione delle iscrizioni collegate al decorso del tempo dall'esecuzione della pena". Il problema può nascere per alcune, specifiche, pene alternative alla detenzione quali, esemplificativamente, la permanenza domiciliare o il lavoro di pubblica utilità. Sappiamo che, per l'esecuzione di tali sanzioni, di tipo non detentivo, irrogate dal Giudice di pace, il Pubblico ministero, ricevuto l'estratto della sentenza, emette l'ordine di esecuzione e lo trasmette all'organo di Pubblica sicurezza del comune di residenza del condannato. Tale ufficio fa consegnare copia del provvedimento esecutivo al condannato, ingiungendo di attenersi alle prescrizioni ivi contenute. Appare chiaro, quindi, come ci si muova nell'ambito di un sistema di esecuzione che ruota attorno ad un fulcro, rappresentato dalla figura del Pubblico ministero, che si muove - a sua volta - con l'ausilio della Polizia giudiziaria.

Tutto quanto adesso - lungamente, ma necessariamente - premesso, fa apparire difficoltoso il meccanismo emerso: che responsabilizza nel ruolo il Giudice dell'esecuzione senza, però, prevedere che analogo contributo informativo gravi su chi è incaricato di promuovere l'esecuzione dei provvedimenti di condanna. Che, nel caso di specie, costituisce l'unico organo che può essere informato della data in cui "la sanzione è stata eseguita".

3.4.3 Della cancellazione di iscrizioni a carico di minorenni

Il comma 4 dell'art. 5 altro non fa che recepire e ripetere il disposto del previgente art. 15 del D.p.r. n. 448/1988 (17), che prevedeva l'eliminazione di tutte le iscrizioni relative a minorenni, al compimento del diciottesimo anno di età, con eccezione di "quelle relative al perdono giudiziale" (eliminate al compimento dei ventuno anni) e "di quelle concernenti provvedimenti di condanna a pena detentiva, anche se condizionalmente sospesa".

In tal modo il legislatore italiano è andato nella direzione di recepire l'input emerso, a livello internazionale ed in particolare con le 'regole di Pechino' (18), in tema di iscrizioni penali relative a minorenni. Così non si è previsto un autonomo Casellario per i minorenni, ma si è riconosciuto che le iscrizioni delle decisioni riguardanti tali soggetti non siano comunicabili che all'Autorità giudiziaria e non vengano utilizzate dopo il raggiungimento della maggiore età, se non per gravi motivi previsti dalla legge.

3.5 La richiesta dei certificati del Casellario giudiziale

Dall'analisi del Testo unico in questione emergono le varie tipologie di certificati che possono essere estratti dal Casellario o, a voler essere più precisi, dovremmo parlare, piuttosto, dei diversi soggetti che li possono chiedere. Rammentando l'evoluzione storica dell'istituto, ritroviamo così alcune nostre vecchie conoscenze, debitamente aggiornate alle attuali esigenze:

  1. certificato del Casellario acquisito dall'autorità giudiziaria;
  2. certificato del Casellario richiesto dal difensore;
  3. certificati del Casellario richiesti dall'interessato;
  4. certificato richiesto dalle Amministrazioni pubbliche e dai gestori di pubblici servizi;
  5. certificato del Casellario per ragioni elettorali.

Di qualsiasi certificato si tratti, prevede l'art. 38 che questo venga rilasciato nello stesso giorno della richiesta; unica eccezione è, ovviamente, prevista per quello che viene definito 'certificato d'emergenza', per i casi di malfunzionamento del sistema, che dovrà essere rilasciato non appena sia possibile acquisire i dati necessari.

3.6 Certificato del Casellario acquisito dall'Autorità giudiziaria

Prevede l'art. 21, comma 1, della norma in esame la possibilità, "per ragioni di giustizia", che gli uffici esercenti la giurisdizione penale e quelli del Pubblico ministero acquisiscano, dal sistema, "il certificato di tutte le iscrizioni esistenti riferite ad un determinato soggetto".

La previsione balza agli occhi sotto due differenti profili, l'uno comparativo con il passato più recente e l'altro di un meno importante profilo formale, ma pure degno di attenzione. Il primo rilievo che si impone riguarda le differenze con quanto prevedeva il Codice di procedura penale, prima della riforma, quando si intendeva escludere la pubblica accusa dagli "organi aventi giurisdizione penale" (19). Era, difatti, previsto - al comma 2 dell'art. 688 - che il Pubblico ministero potesse 'richiedere' il certificato penale solo per la persona sottoposta ad indagini, l'imputato, il condannato. Eccezione era data dalla possibilità per il Pubblico ministero di ottenere lo stesso certificato della parte offesa e del testimone, ma con l'autorizzazione del Giudice.

A parte questa ultima previsione - che, come vedremo tra poco - è stata mantenuta anche a seguito dell'ultima riforma dell'istituto - oggi il Pubblico ministero non è posto in posizione defilata, se non subordinata, rispetto a quella di chi è chiamato a jus dicere in senso proprio.

Venendo al secondo profilo, si rende opportuno notare come oggi il Pubblico ministero, così come l'organo giudicante, non 'richieda' ma possa, bensì, 'acquisire' il certificato penale direttamente dal sistema. Ciò a confermare le profonde novità, in termini di rapidità e snellimento delle procedure, apportate al Casellario dal sistema informatizzato di inserimento e consultazione delle iscrizioni.

Come anticipato, il secondo comma dell'art. 21 ripete, circoscrivendola, una previsione già introdotta nel secondo dopoguerra e prevista dall'art. 688 c.p.p. nella sua formulazione originaria: la possibilità per il Giudice procedente di autorizzare il Pubblico ministero ad acquisire le stesse informazioni, anche sulla persona offesa dal reato e sul testimone, per le finalità riconosciute dal Codice di procedura penale.

Pertanto, sintetizzando, in considerazione del fatto che il comma 2 si pone come eccezione alla regola generale prevista al comma 1, il Pubblico ministero è - oggi - perfettamente eguagliato agli altri organi esercenti la funzione giudiziaria, quando si tratta di acquisire iscrizioni su un determinato soggetto, la cui posizione giuridica possa risultare utile ai fini del giudizio. Ciò non accade, invece, in ordine alle notizie riguardanti persona offesa dal reato e testimone, per le quali è necessaria (come accadeva prima in via generale) l'autorizzazione preventiva del Giudice.

A completamento di tale punto, per meglio comprendere l'importanza delle notizie penali acquisite dall'autorità giudiziaria, è opportuno richiamare brevemente alcuni articoli del codice di rito:

  • l'art. 431, il quale prevede che faccia parte del fascicolo per il dibattimento dell'udienza preliminare anche il certificato generale del Casellario giudiziale;
  • l'art. 236, in tema di documenti relativi al giudizio sulla personalità, il quale ammette che vengano acquisiti i certificati del Casellario "ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato (20) o della persona offesa dal reato, se il fatto per il quale si procede deve essere valutato in relazione al comportamento o alle qualità morali di questa". La stessa possibilità è prevista, al comma 2, per valutare la "credibilità di un testimone".

A chiusura di quanto sopra, possiamo citare la sentenza n. 4396 del 21 Dicembre 1993, della I Sezione penale della Corte di cassazione, che ha escluso la tassatività dei documenti acquisibili, secondo quanto previsto proprio dall'art. 236 c.p.p., ai fini del giudizio sulla personalità di un indagato. In tema di verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza di appartenenza ad associazioni di stampo mafioso, al fine dell'applicazione di misure coercitive, la Corte ha ritenuto utilizzabili - quale indice sintomatico di affiliazione dell'indagato - "elementi e circostanze storicamente certi, desumibili da atti giurisdizionali o di Polizia giudiziaria" quali "provvedimenti applicativi di misure cautelari, proposte di applicazione od applicazione di misure di prevenzione". Inutile evidenziare l'utilità, sotto tale profilo, delle registrazioni del Casellario.

3.7 Certificato richiesto dal difensore

A mente dell'art. 22, inoltre, anche i difensori possono ottenere dal Giudice la stessa autorizzazione e conoscere, anche essi, tutte le iscrizioni a nome di un determinato soggetto: sia esso persona offesa o testimone. Come già abbiamo avuto occasione di osservare, queste possibilità - probabilmente indispensabili se si approccia la questione sotto il profilo squisitamente processuale - sembrano esporre, ad una incontrollata violabilità della loro 'reputazione', anche soggetti diversi dall'imputato. In effetti appare una certa gravità di tale eventualità, che può colpire persone che collaborano per la buona riuscita del processo (testimoni) o che, addirittura, vi partecipano come soggetti che già hanno subito un pregiudizio (persone offese dal reato) a causa degli antefatti del processo stesso.

3.8.1 Certificati richiesti dall'interessato

Secondo l'art. 23, inoltre, l'interessato può richiedere - senza che debba motivare la sua richiesta - sia il certificato generale che quello penale o civile. Il che ci permette di introdurre, con una certa sistematicità, proprio le tre tipologie di certificazioni che sono previste dalla norma vigente. Probabilmente è superfluo richiamare l'attenzione sul significato che si deve dare all'aggettivo sostantivato "interessato", dato che non si riferisce ad un, non meglio identificato, soggetto che abbia interesse ad estrarre le certificazioni, quanto alla persona cui le certificazioni stesse si riferiscono.

Prima di elencare quali informazioni sono destinate a contenere i suddetti certificati, può risultare interessante notare come la tecnica usata (almeno per le prime due tipologie) sia quella di prevedere che vengano riportate tutte le iscrizioni esistenti nel Casellario, ad eccezione di un'ampia casistica che viene, invece, esclusa. Se torniamo, in proposito, con le memoria, alla genesi storica del nostro istituto, possiamo trovare ancora attuali le parole del Lucchini quando si trattò di rivedere l'antenato di due secoli or sono del Casellario, dividendo i 'cartellini' dalle certificazioni. Così, anche oggi, solo alcune delle notizie contenute negli archivi del Casellario giudiziale sono destinate a trovare accoglienza nelle certificazioni ottenibili dall'interessato. Per contro e come appena visto, si noti, alcun limite è posto - de facto - alle istanze informative dell'Autorità giudiziaria.

Senza cadere nella tentazione di farci trascinare, ancora una volta, in una sgradevole opera da amanuensi, riporteremo solo alcune delle eccezioni previste dagli artt. 24-26 del D.p.r. n. 313/2002.

3.8.2 Il certificato generale

E' previsto che non vengano riportate nei certificati generali del Casellario le iscrizioni relative a:

  • le condanne per le quali è stato concesso il beneficio della non menzione, ai sensi dell'art. 167, comma 1, c.p. (21); le condanne relative a contravvenzioni punibili con la sola ammenda e a reati estinti;
  • le condanne per le quali sia intervenuta amnistia, riabilitazione, estinzione ex art. 556 c.p.p. (22);
  • i provvedimenti riguardanti misure di sicurezza, revocate, conseguenti a sentenze di proscioglimento o non luogo a procedere e quelli sulle misure preventive delle sorveglianza speciale (semplice o con divieto o obbligo di soggiorno);
  • i provvedimenti giudiziari emessi dal Giudice di pace;
  • i provvedimenti, revocati, di interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno e quelli concernenti il fallimento, a seguito di riabilitazione.

3.8.3 Il certificato penale

Per quanto concerne, invece, il certificato penale, questo non deve contenere - oltre alle stesse notizie di cui sopra - neppure quelle concernenti i provvedimenti che dichiarano fallito l'imprenditore, omologano il concordato, chiudono il fallimento o riabilitano il fallito; non debbono essere riportati neppure i provvedimenti amministrativi di espulsione e quelli, giudiziari, che decidono sul ricorso avverso i precedenti.

3.8.4 Il certificato civile

Per quanto concerne, in ultimo, le informazioni da riportare nel certificato civile, sempre ottenibile dalla persona interessata, l'art. 26 della norma in esame capovolge la tecnica usata dagli articoli precedenti ed elenca, in positivo, in un esiguo numero di punti, le notizie che debbono trovarvi cittadinanza:

  • i provvedimenti giudiziari definitivi di interdizione ed inabilitazione e quelli che statuiscono sull'amministrazione di sostegno, se non revocati;
  • i provvedimenti concernenti il fallimento, salvo che il fallito sia stato riabilitato con sentenza definitiva;
  • i provvedimenti amministrativi di espulsione ed i provvedimenti giudiziari che decidono sul ricorso contro di questi;
  • i provvedimenti sulle pene accessorie, che comportino modificazioni alla capacità del condannato.

3.8.5. Dei provvedimenti del Giudice di pace

Una piccola digressione è dovuta per i provvedimenti emessi dal Giudice di pace, i quali non possono essere riportati in nessuno dei certificati (generale e penale) richiesti dall'interessato. Stessa sorte è toccata, expressis verbis degli artt. 24 e 25, anche ai "provvedimenti giudiziari relativi ai reati di competenza del Giudice di pace emessi da un Giudice diverso". Ciò in ottemperanza ad un criterio direttivo contenuto nella lettera p dell'art. 17 della Legge 24 Novembre 1999 n. 468 sulla competenza penale del Giudice di pace. La ratio di tale principio, probabilmente, deve essere cercata nella tenuità, in linea di massima, dei reati delegati alla cognizione di tale magistrato (come già abbiamo avuto modo di osservare in ordine alla cancellazione anticipata degli stessi provvedimenti).

3.9.1 Certificato richiesto dalle Amministrazioni pubbliche e dai gestori di pubblici servizi

L'art. 28 prevede che gli stessi certificati che possono essere richiesti dall'interessato (compreso quello, in tema non di nostro immediato interesse, dei carichi pendenti), siano acquisibili anche dalle Pubbliche amministrazioni e, addirittura, dai gestori di pubblici servizi; cioè da parte di soggetti di natura privatistica, seppure incaricati di funzioni rilevanti sotto il profilo pubblicistico. In maniera consequenziale e coerente con quanto già visto sulla maggior tutela che si cerca di dare ai minori di anni diciotto, la norma prevede che i certificati in questione possano riguardare solo persone maggiorenni.

Per quanto concerne il limite che viene incontrato - sia da parte della Pubblica amministrazione che degli esercenti un pubblico servizio - questo è dato dall'inciso "quando tale certificato è necessario per l'esercizio delle loro funzioni". Ciò evidenzia come sia stato omesso, a favore di tale generico riferimento, qualsiasi limitazione di tipo soggettivo; qualsiasi obbligo, cioè, di procedere a valutazione della 'necessità' con riguardo alla persona cui il certificato si riferisce (come, invece, andava a specificare l'art. 688 c.p.p.). Il che, con un'iperbole provocatoria, può volere implicare la possibilità per un Comune o una società di fornitura di gas, ad esempio, di chiedere un certificato penale anche solo per promuovere attività di studio e ricerca; indipendentemente, quindi, da qualsiasi procedimento a favore del soggetto, nella vita giudiziaria del quale si va a 'scandagliare'.

In ordine, poi, alla limitazione alle sole informazioni ottenibili dall'interessato, la circolare ministeriale del 17 Giugno 2003 n. 3194 specifica che, in attesa della realizzazione del sistema di interconnessione di cui al prossimo capitolo, le Pubbliche amministrazioni, unitamente ai gestori di pubblici servizi, potranno ottenere i certificati "tranne l'intermediazione dell'ufficio centrale e degli uffici locali del Casellario", senza motivare la richiesta, ma solo dando atto della necessarietà della stessa (23). In tal modo, in via indiretta, sembra si possa aggirare - ma grazie ad un atto normativo di forza inferiore - la limitazione posta dallo stesso D.p.r 313/2003 e permettere alla Pubblica amministrazione di accedere, comunque, alla totalità delle informazioni presenti nel Casellario.

Avremo occasione di tornare su questa parte delle norma, ma intanto è difficile esimerci dall'anticipare qualche nostra, personalissima, perplessità su una previsione che non solo estende ad un'ampia categoria di soggetti privati una possibilità altrimenti riservata ai soggetti interessati e ad organi, seppur in senso ampio, dello Stato; ma che, oltretutto, omette di circoscrivere a casi predeterminati o facilmente individuabili, limitandosi ad una, laconica, definizione che tutto fa tranne che definire... Quando, addirittura, non viene aggirata da successiva decretazione degli uffici.

3.9.2 Un paragone col passato

Se quanto abbiamo adesso affermato risponde ad una, legittima e legittimata, istanza di tutela dei singoli, che ci impedisce di essere soddisfatti per la costruzione dell'art. 28 T.u., comunque un paragone con quanto disponeva l'art. 688 c.p.p. (che, pure, come abbiamo visto sopra, presentava una sorta di link soggettivo col titolare del certificato penale richiesto) non può che deporre a favore della norma più recente. Il codice di rito, infatti, prevedeva - come sopra anticipato - che "ogni organo avente giurisdizione penale ha il diritto di ottenere, per ragioni di giustizia penale, il certificato di tutte le iscrizioni esistenti a nome di una determinata persona". Aggiungeva, al comma 2 dello stesso art. 688, che "uguale diritto appartiene a tutte le Amministrazioni pubbliche ed agli incaricati di pubblici servizi" facendo poi riferimento, come oggi, alla previa necessità di provvedere ad un atto loro proprio. In tal modo l'organo della Pubblica amministrazione era, di fatto e sotto questo circoscritto profilo, equiparato ad un organo della funzione giurisdizionale, mentre oggi lo è al privato cittadino che chiede un suo proprio certificato del Casellario. Ora, se una tale, nuova, disciplina non può che trovare parzialmente soddisfatto (e per difetto!) chi scrive, certa dottrina ha sostenuto esattamente l'opposto. Così il Vicari (24), partendo dalle informazioni che non possono essere contenute nei certificati ottenibili dall'interessato (e, per il rinvio operato dal Testo unico, nemmeno dagli enti a questi equiparati), esemplifica le condanne per le quali è stata stabilita la non menzione che, rebus sic stantibus, risultano non più conoscibili per la Pubblica amministrazione. Conclude evidenziando il problema che potrebbe derivare, nel caso in cui un'autorizzazione di Polizia venisse data al condannato per furto o lesioni personali, reati per i quali viene di solito concesso il beneficio dell'art. 175 c.p., laddove la legge prevede (art. 11 T.u.l.p.s.) la non concedibilità dell'autorizzazione a cittadini con tali condanne.

3.9.3 La consultazione diretta del sistema da parte della Pubblica amministrazione

La norma, inoltre, prevede un'altra modalità di accesso per la Pubblica amministrazione alle informazioni contenute nei data base del Casellario giudiziale. Lo fa con l'art. 39 che riteniamo utile riportare quasi integralmente, per alcuni aspetti problematici che presenta:

Le modalità tecnico operative per consentire alle amministrazioni pubbliche e ai gestori di pubblici servizi, eventualmente con differenziazioni territoriali e per tipo di certificato, la consultazione del sistema ai fini delle acquisizioni d'ufficio, di cui all'articolo 46 del D.p.r. 28 Dicembre 2000 n. 445, e dei controlli, di cui all'articolo 71 del D.p.r. 28 Dicembre 2000 n. 445, o ai fini dell'acquisizione dei certificati di cui agli articoli 28 e 32, nonché per consentire all'autorità giudiziaria l'acquisizione dei certificati di cui agli articoli 21 e 30, sono individuate con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia [...].

Rinviando al capitolo 4 per tale decreto cui la norma rimanda, la previsione, nell'intento del legislatore, avrebbe dovuto consentire un accesso informale e più rapido agli archivi del Casellario per due diversi ordini di motivi: il controllo di dichiarazioni sostitutive e l'estrazione di certificati penali. Il che ci impone di soffermarci su una distinzione che potrebbe sfuggire: quella tra i certificati che possono essere richiesti da organi della Pubblica amministrazione (ex art. 28) e la consultazione diretta del sistema da parte di tale apparato ex art. 39).

Altro punto degno di attenzione è che la norma accenna a differenziazioni 'per tipo di certificato', onde permettere il rispetto - anche in questa modalità di accesso - dei limiti posti alle certificazioni richiedibili da parte della Pubblica amministrazione; demandando di regolamentare gli aspetti tecnico-operativo ad un decreto dirigenziale.

3.9.4 Il Decreto del Ministero della giustizia 11 Febbraio 2004

Così, nelle more di una definizione completa ed organica della materia, sono stati emanati un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia del 1 Aprile 2003 e la già richiamata circolare dello stesso dicastero del 17 Giugno 2003, che hanno regolamentato in via provvisoria la materia. Ciò fino al Decreto del ministero della giustizia 11 Febbraio 2004 che si viene ad incardinare - in parte scardinandolo, se mi è permesso l'ossimoro - sul sistema di consultazione diretta del sistema da parte dell'Autorità giudiziaria, di Pubbliche amministrazioni e di gestori di pubblici servizi, previsto dall'art. 39 del Testo unico n. 313/2002. Tale ultimo decreto è stato appena superato, come riportato nel capitolo 4 (al quale si rinvia).

Credo che, per la sua portata di eccezione alle chiare regole previste dall'impianto normativo sul Casellario giudiziale, sia opportuno spendere qualche parola su tale decreto del 2004, sia nella sua parte dispositiva sia, e forse soprattutto, nelle sue premesse.

Il direttore generale della giustizia penale, infatti, richiama il precedente decreto dirigenziale 1 Aprile 2003 che, in riferimento sia all'art. 39 che all'art. 46 del Testo unico, aveva subordinato la consultazione diretta degli archivi del Casellario alla operatività di un sistema di interconnessione, fra quest'ultimo ed i designati fruitori del servizio. Dato, poi, atto del raggiungimento di un primo stadio di tale progetto connettivo (grazie a quella che viene definita "procedura CDS AP"), con la intermediazione degli uffici del Casellario giudiziale, il decreto ministeriale richiama l'evenienza che Amministrazioni pubbliche e gestori di pubblici servizi "abbiano necessità di acquisire conoscenza, oltre che delle iscrizioni menzionabili nel certificato rilasciato ai sensi dell'art 28 T.U. in relazione all'art. 24 T.U., anche di quelle la cui menzionabilità è esclusa dal comma 1 di quest'ultimo articolo". Il che significa che è permesso avere notizia di quelle informazioni che sono precluse anche a quel certificato generale, chiedibile da parte dell'interessato.

La premessa del D.m. 11 Febbraio 2004 prosegue, quindi, riconoscendo che, allo stato degli atti e della tecnica, non è possibile per le suddette Pubbliche amministrazioni e gestori di pubblici servizi soddisfare le loro esigenze informative se non tramite "il rilascio di una certificazione contenente tutte le iscrizioni presenti nel sistema al nome di una determinata persona". Obiettivo che può essere raggiunto proprio con la procedura CDS AP.

Tutto ciò premesso, acquisito anche il parere conforme del Garante per la protezione dei dati personali (sic) e richiamata la natura transitoria di tale meccanismo, il decreto ministeriale dispone la prosecuzione del suddetto tipo di consultazione diretta, volta al rilascio del certificato generale del Casellario giudiziale, "contenente la totalità delle iscrizioni". Il dispositivo prosegue prevedendo che la richiesta, debitamente motivata, contenga l'indicazione della "concreta finalità" che si intende perseguire, in un più ampio limite generale dato dall'espletamento di funzioni istituzionali e dal richiamo all'interesse pubblico dettato dal D.p.r. 28 Dicembre 2000 n. 445.

Si prevede - poi - che, in calce alle iscrizioni riportate nel certificato, vi sia l'avvertenza che esse sono rilasciate, su richiesta protocollata del determinato ente o soggetto, per "l'accertamento d'ufficio di stati, qualità e fatti", ovvero per il "controllo sulla dichiarazione sostitutiva presentata". In ultimo il decreto riporta un espresso divieto a che le informazioni, in tal modo acquisite, possano essere utilizzate per fini non indispensabili a quelli richiesti dal procedimento amministrativo de qua.

Questa lunga disamina di una norma, forse solo apparentemente, secondaria nella ricostruzione dell'istituto del Casellario giudiziale, ci è sembrata opportuna al fine di evidenziare come - fermo restando il limite dato dal combinato degli artt. 23, 24 e 28 T.U. n. 313/2003 alle informazioni riportabili sul certificato ottenibile da Pubbliche amministrazioni e gestori di servizi pubblici - questo stesso limite sia aggirato, frustrato, vanificato. E ciò grazie ad un decreto ministeriale che, con la giustificazione della provvisorietà, dei limiti posti dalla tecnica informatica disponibile e del riconoscimento che, per motivate ragioni istituzionali, si possa valicare il limite posto dalla legge del 2003, fa proprio questo: oltrepassa un limite di diritto positivo. Consentendo, di fatto, di estrarre certificazioni generali, che riportino la totalità delle informazioni custodite negli archivi degli uffici del Casellario, addirittura quando quel limite sarebbe opponibile allo stesso soggetto interessato. In senso del tutto contrario rispetto alla nostra, personale, ricostruzione di questa parte dell'istituto, onestà intellettuale impone di citare la sentenza n. 5735 del 21 Dicembre 2004, emessa dalla III Sezione penale della Corte di cassazione.

3.9.5 III Sezione penale della Corte di cassazione, sent. n. 5735 del 21/12/2004

La massima del pronunciamento della suprema Corte è data dal riconoscimento che, in tema di patteggiamento,

il divieto di iscrizione della sentenza nei certificati del Casellario, richiesti dall'interessato e soggetti equiparati, non rende illegittimo il certificato penale integrale, rilasciato all'esito della consultazione diretta del sistema da parte delle amministrazioni pubbliche, le quali, in virtù del disposto di cui all'art. 39 del Testo unico n. 313/2002, conservano la possibilità di procedere alle acquisizioni di ufficio e di svolgere i controlli di cui agli artt. 46 e 71 del D.p.r. n. 445/2002 (25).

Al di là della massima, riteniamo interessanti le argomentazioni dei Giudici di legittimità, motivo per cui si rende necessario entrare in qualche dettaglio della vicenda giudiziaria. La quaestio facti è costituita, in occasione di un appalto per opere di manutenzione in una scuola di Belluno, dall'avere rilasciato, l'ufficio locale del Casellario giudiziale competente per territorio, un certificato generale al Comune appaltante, contenente la generalità delle iscrizioni presenti a nome del ricorrente. La quaestio juris appare, innanzitutto e per quello che maggiormente ci interessa in questa sede, incentrata sulla presunta violazione del limite posto, a mente dell'art. 28 del D.p.r. n. 313/2002, ai certificati rilasciati a Pubbliche amministrazioni. Che, al di là della differenziazione fatta dall'art. 39, di questo si tratta, grazie alla previsione - seppur provvisoria - del decreto del 2004 appena analizzato.

La Cassazione, quindi, in ciò muovendosi nella stessa nostra direzione, riconosce come i certificati, rilasciati su istanza della Pubblica amministrazione, debbano incontrare gli stessi limiti di quelli ad istanza dei soggetti interessati. Tuttavia, sostiene - richiamando quanto prevede lo stesso l'art. 39 T.U. n. 313/2002 - come il Testo unico non abbia, in alcun modo, voluto incidere sulle vigenti disposizioni in tema di documentazione amministrativa, con particolare riferimento ai casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini. I limiti a tali possibilità deriverebbero, invero, proprio dai su richiamati articoli del D.p.r. n. 445/2000, che vietano l'accesso a dati diversi da quelli per i quali si renda necessario procedere ad accertamento e che richiedono il requisito della fondatezza del dubbio. Le conclusioni della III Sezione Penale della Corte di cassazione, riconosciuta valenza meramente 'operativa' all'art. 39 in questione, sono nel senso della legittimità del ricorso - inevitabile - al rilascio del certificato generale del Casellario, contenente la totalità delle iscrizioni riguardanti una determinata persona. Ciò nelle more di una definitiva operatività di un sistema di interconnessione 'differenziata' e considerato che il diritto-dovere della Pubblica amministrazione, di procedere a verifica delle dichiarazioni sostitutive, trova la sua ragion d'essere altrove e non viene messa in discussione dal Testo unico sul Casellario giudiziale. In questa sede non è possibile fare altro che rinviare al capitolo 4, anticipando che con Decreto direttivo del 25 Gennaio 2007 si è provveduto a dettare regole per tali accessi differenziati e controllati.

A ben guardare, questo importante precedente giudiziario non si discosta troppo dalla nostra supposizione, dato che riconosce - comunque - la vigenza di limiti alla 'fame di notizie' della nostra burocrazia, ma poi consente che questi vengano aggirati: sul filo di una differenziazione terminologica di una sostanza, invero, omogenea ed in attesa di una diversa procedura informatica che consenta una sorta di accesso diretto, differenziato per 'livelli' e che, per fortuna, sembra appunto essere appena stata dettata.

3.10.1 Certificato per ragioni di elettorato

Il successivo art. 29 delimita, stavolta in modo molto chiaro e restrittivo, questo tipo di certificazione alle sole "iscrizioni esistenti nel Casellario giudiziale che incidono sul diritto di voto", ai sensi dell'art. 2 del D.p.r. 20 Marzo 1967 n. 223 e s.m.i. Prosegue, al numero 2, distinguendo a seconda che il certificato sia richiesto dall'interessato o da "soggetti diversi". E' previsto che il primo, logicamente ed in modo armonico rispetto a quanto previsto agli art. 24-26 D.p.r. n. 313/2002, non sia tenuto a motivare, in alcun modo, la richiesta; gli altri, invece, possono ottenere le certificazioni in esame secondo quanto e nei limiti previsti dall'art. 29, comma 2, e dall'art. 32, comma 1, numero 5), dello stesso D.p.r. n. 223/1967.

3.10.2 Il D.p.r. 20 Marzo 1967 n. 223

L'appena richiamato Decreto del presidente della repubblica, titolato "Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali", è stato in parte successivamente modificato nella sua portata. L'art. 2, infatti, elenca i soggetti che non possono essere considerati elettori. E fra questi vi era ricompreso anche chi era stato dichiarato fallito, per il quale era prevista l'esclusione dall'elettorato attivo, per un periodo non superiore a cinque anni dalla dichiarazione del fallimento. Ciò fino all'abrogazione operata dall'art. 52 del D.lgs. 9 Gennaio 2006 n. 5, avvenuta - inopinatamente - dopo che la Corte costituzionale aveva respinto questioni di legittimità per presunta violazione dell'art. 3 della Costituzione (ordinanza del 18-29 Luglio 1996, n. 327) (26).

Eliminata tale previsione, l'art. 2 prosegue elencando - tout court - che non sono elettori:

  • coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, con provvedimenti definitivi e finché durano gli effetti di tali provvedimenti;
  • i condannati a pena che comporti, quale sanzione accessoria, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici;
  • coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per il tempo della sua durata.

Quindi esprime, al comma 2, nella sua formulazione a seguito di modifica operata dall'art. 1 della Legge 16 Gennaio 1992 n. 15, un'importante regola generale che conviene riportare integralmente: "Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetti ai fini della privazione del diritto di elettorato".

Quanto ora visto ci fa comprendere, senza bisogno di soffermarci eccessivamente sul punto, come possano essere frequenti i casi in cui venga meno il diritto di voto e, per appurare tale circostanza, sia necessario per le autorità competenti visionare il certificato del Casellario giudiziale.

Conferma di tale ipotesi ci viene proprio da quelle norme richiamate dalla seconda parte dell'art. 20 D.p.r. n. 313/2002, cioè a dire gli artt. 29, comma 2 e 32, comma 1 numero 5) del Decreto in epigrafe. Questi prevedono una commissione elettorale mandamentale, deputata a rivedere e modificare le liste elettorali, per come trasmesse da parte delle commissioni elettorali comunali. E' poi statuito che le suddette liste elettorali non possano essere modificate - nelle more della, prevista, revisione semestrale - se non a seguito di certi avvenimenti, quali, per quanto ci può interessare, la perdita e l'acquisto del diritto elettorale.

Così, è lo stesso art. 52 del D.p.r. n. 313/2002 che, sostituendo il comma 1, numero 3), dell'art 32 della norma del 1967, prevede che il cancelliere o il funzionario incaricato per il Casellario giudiziale inviino "certificazione delle sentenze e dei provvedimenti che importano la perdita del diritto elettorale al Comune di residenza dell'interessato ovvero, quando il luogo di residenza non sia conosciuto, a quello di nascita".

Mentre per il caso, specularmente opposto, dell'acquisto del diritto di voto per motivi diversi dal raggiungimento della maggiore età e dalla cessazione di cause ostative, è proprio il sopra citato n. 5) della medesima norma (modificata, stavolta, dall'art. 2, Legge 7 Febbraio 1979 n. 40) a prevedere che: il sindaco richieda "al Casellario giudiziale e all'autorità di Pubblica sicurezza le certificazioni necessarie per accertare se l'interessato è in possesso dei requisiti di legge per l'esercizio del diritto di voto nel comune".

3.11 Le visure delle iscrizioni

Dopo avere analizzato i tipi di certificati che possono essere richiesti agli uffici competenti del Casellario giudiziale, oltre a quel 'canale' del tutto particolare costituito dalla previsione dell'art. 39, è con l'art. 33 che prendiamo atto dell'esistenza di un'altra modalità di accesso ai dati custoditi negli archivi del Casellario.

Recita la suddetta norma, al suo primo comma:

La persona o l'ente interessato può conoscere senza motivare la richiesta, ma senza efficacia certificativa, tutte le iscrizioni ad esso riferite, comprese quelle di cui non è fatta menzione nei certificati di cui agli articoli 24, 25, 26, 27 e 31.

Apparendo a prima vista oscura, per l'esclusione dell'efficacia certificativa di tali visure, la previsione appare - comunque - di sicuro interesse: in quanto permette di travalicare i limiti, già visti, che sono posti ai vari tipo di certificato richiedibili su istanza dell'interessato. Il secondo comma rimanda, ad un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, il compito di fissare le modalità tecnico-operative per consentire tale conoscibilità delle iscrizioni a mezzo visura. Il decreto in questione è stato il D.dirett. 1 agosto 2005 (al quale rimanda anche il successivo analogo atto del 15 Gennaio 2007), titolato "Attuazione parziale e transitoria dell'articolo 33 del D.p.r. 14 Novembre 2002 n. 313: visura delle iscrizioni nel Casellario giudiziale da parte della persona interessata" (27).

Proprio la lettura di tale atto normativo del 2005, a cui il Testo unico ha rimandato, aiuta nel mostrare la ratio dell'art. 33: il permettere alla persona interessata di estrarre tutte le notizie presenti sul suo conto nel Casellario giudiziale, senza i limiti posti per le analoghe certificazioni, ma in modo 'anonimo'. Il decreto, infatti, richiama un precedente decreto dirigenziale dell'Aprile 2003 che aveva permesso, seppur parzialmente ed in modo provvisorio, di estrapolare dal S.I.C. (Sistema Informativo Casellario) le iscrizioni contenute presso gli archivi del Casellario giudiziale, utilizzando un sistema definito "Visure". L'atto direttivo del 2005 prevede che l'interessato possa presentare, personalmente o per mezzo di terzi delegati, istanza atta ad ottenere tale visura. Questa viene rilasciata, nello stesso giorno o il giorno dopo, in forma - come dicevamo sopra - anonima.

Per meglio comprendere il, peraltro semplice, meccanismo delle visure, può giovare riportare un periodo del dispositivo del decreto in esame:

La visura avviene mediante il rilascio - da parte dell'ufficio locale del casellario giudiziale al quale la richiesta è stata presentata - di un atto, prodotto dal S.I.C., che si compone di due parti: la prima contiene le generalità della persona alla quale si riferiscono le risultanze della visura, senza l'indicazione di queste ultime; la seconda contiene le risultanze della visura, senza l'indicazione dei dati anagrafici della persona.

La prima parte, redatta secondo lo schema di seguito indicato, resta agli atti dell'ufficio che l'ha rilasciata, previa annotazione del giorno dell'avvenuto ritiro dell'atto di visura (seconda parte) e sottoscrizione da parte dell'interessato o della persona delegata al ritiro.

La seconda [...] viene rilasciata all'interessato o alla persona da questo delegata.

L'interessato, pertanto, potrà ben conoscere, e con un sistema rapido di visura, tutte le informazioni presenti a suo carico nel Casellario, ma potrà farlo in maniera tale che le stesse non siano abbinabili, per chi dovesse visionare la visura, al suo nominativo. In questo crediamo si debba andare a cercare il significato dell'inciso "senza efficacia certificativa". In appendice è riportato fac-simile delle due parti del suddetto modulo.

3.12.1 Gli uffici territoriali e locali

Gli artt. 17, 18 e 35 numero 1 parlano - molto brevemente - degli uffici territoriali e locali del Casellario giudiziale, ai quali è demandato il compito di rilasciare i certificati e consentire la visura delle iscrizioni; si collocano, pertanto, in posizione, potremmo dire, nettamente 'defilata' rispetto all'ufficio iscrizione ed all'ufficio centrale.

Fra loro si possono distinguere solo in quanto afferenti a realtà giudiziarie diverse: l'ufficio territoriale è collocato, infatti, presso il Giudice di pace, mentre l'ufficio locale è costituito presso tutti i tribunali, ivi compresi i tribunali distrettuali per i minorenni. La diversa collocazione fisica dei suddetti due uffici risponde a ragioni diverse, essendo volta l'ubicazione di un ufficio territoriale del Casellario giudiziale presso ogni Giudice di pace al fine di permettere una distribuzione capillare e più 'vicina' possibile al cittadino. Nel rispetto, potremmo dire impropriamente, del principio della sussidiarietà, mutuando l'espressione all'ambito precipuo del diritto amministrativo, più che dei suoi fautori filosofici (Tommaso d'Aquino e lo stesso Aristotele, prima ancora della dottrina sociale della Chiesa cattolica). La previsione, invece, di uffici locali del Casellario presso gli uffici di tribunale, va incontro all'esigenza dell'Autorità giudiziaria di poter disporre di banche dati, sempre più aggiornate ed in tempi più rapidi possibile.

Tutto ciò ha comportato, altresì, lo spostamento funzionale ed organizzativo di quelli che erano prima chiamati Casellari locali (gli attuali uffici locali del Casellario): dagli uffici della Procura della repubblica agli uffici giudicanti; come appena visto, tribunali e tribunali per i minorenni.

Sempre sul terreno delle, piccole, differenze fra uffici territoriali ed uffici locali, il combinato disposto dall'art 18 e dall'art. 37 precisa che "le autorità interessate di stati dell'Unione europea possono richiedere i certificati, nei casi previsti dal presente testo unico, presso tutti gli uffici locali, i quali provvedono al rilascio". Riterrei opportuno notare come l'aggettivo 'interessate' rivesta qui un'accezione del tutto diversa da quella vista sino ad ora, quando veniva ad indicare la persona o l'ente cui il certificato si riferiva.

Tuttavia è l'art. 35 numero 2 a prevedere che anche altri uffici, non giudiziari (ad es. Comuni o Municipi), provvedano al rilascio dei certificati, ricorrendo a tal fine ad un collegamento telematico con gli archivi del Casellario, secondo quanto da definire con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia (vedi capitolo 4).

3.12.2 L'Ufficio centrale

Dell'ufficio centrale del Casellario giudiziale si occupa l'art. 19 del T.U. n. 313/2002, così come integrato dal D.p.r. 28 Novembre 2005 n. 289, di cui fra breve. Questo ufficio è costituito nell'ambito della Direzione generale degli affari penali, oggi definita Dipartimento per gli affari di giustizia, del Ministero della giustizia. Le funzioni di tale organo sono, innanzitutto, di raccolta e conservazione dei dati che vengono immessi nel sistema dagli uffici periferici.

Nella tenuta di tali notizie, è previsto che l'ufficio adotti le misure più idonee anche al fine della reintegrazione di dati "eventualmente andati persi" (28). Se ci aveva fatto sorridere la minuzia delle previsioni del Regolamento del 1865, con le misure atte ad evitare ed a porre rimedio ad errori e smarrimenti, probabilmente non si potrà non fare lo stesso di fronte ad una norma, del tecnicissimo terzo millennio, che si preoccupa di prevedere "certificati di emergenza" (29), contenenti i dati in possesso dell'ufficio centrale, per il caso in cui vi sia una "totale o parziale inoperatività del sistema".

Al di là delle critiche - invero un po' facili e sul filo di demarcazione tra l'ozioso e il serio - mosse a questa parte della norma, vediamo come l'ufficio centrale abbia il compito di custodire dati, anonimi e a soli fini statistici, delle iscrizioni cancellate; accanto a quello di vigilanza sull'attività degli uffici, svolta adottando quegli interventi necessari a "garantire il pieno svolgimento delle funzioni del Casellario giudiziale" (30); e a quello di iscrivere l'estratto dei provvedimenti giudiziari, che abbiano deciso sul ricorso avverso provvedimenti amministrativi di espulsione, procedendo, in tali casi, alla contestuale cancellazione delle iscrizioni relative a questi ultimi.

I commi 2-bis e 2-ter sono stati introdotti dal, sopra menzionato, D.p.r. n. 289/2005. Prevedono che l'ufficio centrale iscriva l'estratto delle decisioni definitive, prese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in tema di provvedimenti giudiziali ed amministrativi già iscritti, emessi dalle autorità nazionali. Tale iscrizione deve essere fatta, di seguito a quella preesistente cui la decisione della Corte si riferisce, su richiesta del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia. E' - altresì - previsto che la registrazione sia effettuata anche su istanza del soggetto interessato: o con domanda rivolta direttamente all'ufficio centrale o, nel caso di decisioni della Corte avverso provvedimenti giudiziari, all'ufficio iscrizione del Casellario presso l'autorità che aveva emesso il provvedimento. In tale ultimo caso, l'ufficio iscrizione trasmette la richiesta all'ufficio centrale che provvede, con il bene placet del suddetto Dipartimento del Ministero della giustizia.

E', ancora, competenza dell'ufficio centrale sia registrare gli estratti dei provvedimenti di grazia che procedere, nei casi previsti, alla cancellazione delle iscrizioni.

In ultimo, l'ufficio centrale fornisce dati sull'esecuzione dei provvedimenti penali al Ministero della giustizia e, nel rispetto delle norme a tutela dei dati personali, report statistici sull'andamento dei "fenomeni criminali" (31). Tale attività di supporto statistico viene svolta in favore dell'Autorità giudiziaria e della Pubblica amministrazione, mentre, in favore di autorità straniere, fornisce "dati relativi a decisioni riguardanti cittadini stranieri" (32).

3.12.3 Le iscrizioni relative ai minorenni

Per quanto riguarda le iscrizioni relative ai minori di anni diciotto, è previsto che queste vengano immesse nel sistema in maniera separata dalle altre. A tale proposito è bene evidenziare, infatti, come la banca dati relativa ai 'minori' venga gestita direttamente dall'ufficio centrale, sia per quanto riguarda il Casellario giudiziale che quello dei carichi pendenti. In ciò avendo rinunciato - con l'abrogazione degli artt. 14 e 15 del D.p.r. 22 Settembre 1988 n. 448 - ad istituire un autonomo Casellario per i minorenni. Questo, invero, avrebbe potuto costituire un valido strumento atto ad impedire la stigmatizzazione di chi, ancora minorenne, fosse stato coinvolto in un procedimento penale, principalmente, quale indagato. In effetti, una diversa collocazione (in senso propriamente spaziale) delle iscrizioni relative a tali soggetti avrebbe potuto contribuire al loro reinserimento sociale, che - invece - potrebbe essere ostacolato dalla diffusione di notizie acquisibili presso il Casellario per gli adulti. Infatti l'abrogata disciplina, proprio in un ottica di abbattimento dei rischi di 'etichettamento' del minore, mirava a ridurre la pubblicità sull'esito del giudizio, una volta raggiunta la maggiore età, anche nei confronti dell'Autorità giudiziaria. La disciplina attuale, invece, se ha previsto diverse regole per la cancellazione delle iscrizioni relative ai minori, non ha specificatamente normato il loro inserimento, rimandando alle disposizioni dell'art. 3.

3.12.4 Le comunicazioni all'ufficio centrale

Ai sensi dell'art. 20, sono svariate le autorità tenute a dare - senza ritardo - comunicazione all'ufficio centrale dei provvedimenti di loro competenza. Nel dettaglio:

  • l'autorità che emette i provvedimenti amministrativi di espulsione e i provvedimenti giudiziari che decidono i ricorsi avverso questi;
  • Il Ministero della giustizia, per quanto riguarda il decreto di grazia;
  • Il Comune competente, per i certificati di morte.

3.12.5 L'ufficio iscrizione

L'ufficio iscrizione rappresenta una ennesima novità, rispetto al sistema precedente che - a proposito di iscrizioni - distingueva due fasi: l'una volta alla compilazione della scheda, di competenza del cancelliere in forza presso l'Autorità giudiziaria che aveva emesso la sentenza; l'altra, successiva, di spettanza dell'ufficio locale del Casellario giudiziale, istituito presso ogni Procura della repubblica. Oggi le due fasi sono state riunite: con la redazione della scheda e l'iscrizione del contenuto della stessa nel sistema, ad opera di un unico centro di implementazione del data base, responsabile al contempo della completezza del dato e della iscrizione dello stesso nel sistema.

E' così nata una nuova entità funzionale: l'ufficio iscrizione che, ai sensi della lettera m) dell'art. 2 del Testo unico, è "l'ufficio presso l'Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento giudiziario soggetto ad iscrizione o a eliminazione, che ha competenze nella materia del presente testo unico". Tale ufficio ha il compito principale, ex art. 15, di iscrivere l'estratto dei provvedimenti nel sistema, accanto a quello di eliminare le iscrizioni nei casi previsti.

Se un Decreto ministeriale del 10 Novembre 1999 aveva, infatti, già autorizzato gli 'uffici schede' degli organi giudicanti ad inserire, in via informatica, l'estratto del provvedimento da essi emesso direttamente sul sistema centrale (evitando di gravare gli oberati uffici del Casellario), è con la novella del 2002 che ci si pone sulla stessa lunghezza d'onda e si cerca di terminare quel processo che porterà alla completa abolizione delle schede cartacee. Così l'art. 46 della norma attuale di riferimento ha autorizzato gli uffici giudiziari, a seconda del livello delle loro potenzialità tecniche, ad inserire i dati nel sistema o tramite il supporto cartaceo o tramite quello informatico; sino alla completa operatività del sistema sull'intero territorio nazionale (di nuovo si veda il capitolo 4).

In tal modo si cerca di arrivare non solo all'eliminazione delle schede cartacee ma anche dei fogli complementari (introdotti con le modifiche del 1931), adesso oggetto di autonoma registrazione nel sistema ad opera della Autorità giudiziaria.

Il comma 3 dell'articolo in esame continua precisando che "L'iscrizione o l'eliminazione è effettuata quando il provvedimento giudiziario è definitivo; nel caso di iscrizione di provvedimenti non definitivi, quando il provvedimento è pubblicato nelle forme di legge".

I commi successivi prescrivono le verifiche che debbono essere svolte da tale ufficio iscrizione (sulla presenza dei codici identificativi delle persone e del procedimento loro riferito): in caso di mancanza o incompletezza dei dati previsti l'ufficio fa segnalazione all'autorità competente alla integrazione; mentre la segnalazione vede come destinatario il Pubblico ministero, qualora si riscontri un contrasto tra il provvedimento da iscrivere e altri già presenti nel sistema.

Come abbiamo già avuto occasione di osservare, il successivo art. 16 - qui riportato per continuità espositiva - dispone che:

L'ufficio di cancelleria del Giudice dell'esecuzione comunica all'ufficio iscrizione l'avvenuta esecuzione della pena pecuniaria e di ogni altra pena ai fini della eliminazione delle iscrizioni collegate al decorso del tempo dall'esecuzione della pena.

3.12.6 Un possibile dubbio interpretativo

La corretta individuazione dell'ufficio iscrizione, competente ad inserire nel sistema i dati relativi ad una sentenza penale definitiva, può creare qualche difficoltà che la lettera della norma sopra richiamata non riesce a chiarire. Ciò può accadere in quelle ipotesi in cui la sentenza diventi irrevocabile: o a seguito di una pronuncia di rigetto nel merito, o di inammissibilità del gravame. La domanda, alla quale si deve rispondere, riguarda quale sarà l'organo giudiziario competente ad inserire il provvedimento negli archivi del Casellario: il Giudice di primo grado, quello di appello o il supremo Giudice di cassazione? Esclusa la possibilità di ricorrere alle norme generali sulla competenza, ex art. 665 c.p.p, trattandosi di situazioni specifiche e differenti, certa dottrina (33) ha sostenuto la competenza del Giudice di primo grado. Questo dovrebbe essere competente ad iscrivere "tutti i provvedimenti in ordine ai quali l'interposto gravame (sia esso l'appello, sia il ricorso per cassazione) si sia risolto con una pronuncia di inammissibilità" (34).

Quando, invece, sull'impugnazione sia intervenuta una pronuncia di merito, sia essa di accoglimento parziale o di rigetto, sembra più opportuno ritenere competente il giudice di secondo grado. In ipotesi di rigetto del ricorso o di annullamento parziale senza rinvio da parte della suprema Corte, sembra gravi su di essa l'onere di procedere all'iscrizione dell'estratto del provvedimento nel sistema, ma la cosa non è del tutto pacifica; mancando un riferimento analogo a quello che, sotto la vigenza del R.d. n. 778/1931, prevedeva espressamente tale casistica. Una soluzione che si ponga, comunque, su questa scia non può non mostrare il pregio di privilegiare l'ufficio che, per ultimo, si è espresso sul merito della questione.

3.13 Questioni concernenti le iscrizioni e i certificati

L'art. 40 del Testo unico, titolato come questo paragrafo, prevede l'organo giudiziario competente a decidere, qualora sorgano questioni sulle iscrizioni o sulle certificazioni del Casellario giudiziale. Tale organo è individuato nel "Tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio locale nel cui ambito territoriale è nata la persona cui è riferita l'iscrizione o il certificato", il quale decide in composizione monocratica e nelle forme di cui all'art. 666 c.p.p., cioè secondo le regole proprie del procedimento di esecuzione. Il rinvio a tali forme procedurali ha voluto sottolineare la necessaria partecipazione paritaria all'udienza in camera di consiglio, davanti al Giudice dell'esecuzione, sia del Pubblico ministero sia del difensore dell'interessato, rispecchiando l'esigenza di sistematicità dell'intera materia esecutiva. Opportunamente, precisa la norma che è competente il tribunale di Roma, per i casi di persone nate all'estero o delle quali non è accertato il territorio di nascita (in Italia).

Per quanto riguarda i poteri del Giudice dell'esecuzione, allorquando statuisce sulla legittimità di una iscrizione, può risultare opportuno richiamare la sentenza n. 38033 del 18/06/2004 della I Sezione penale della Corte di cassazione. Questa, con esemplare linearità, ha precisato che il Giudice - quando riconosce l'illegittimità per violazione dell'art. 27 D.p.r. n. 313/2002 - non ha la facoltà di ordinare all'ufficio del Casellario giudiziale di cancellare l'iscrizione illegittima. Ciò in quanto il Giudice, ai sensi degli artt. 4 e 5 della Legge 20 Marzo 1865 n. 2248, allegato E, non può comminare un facere, ma limitarsi ad ordinare a chi ha ottenuto il certificato dichiarato illegittimo di non farne uso. In questo, la persona oggetto delle iscrizioni effettuate con violazione di legge sarebbe comunque tutelata, proprio grazie alla non utilizzabilità delle certificazioni ottenute.

3.14 L'art. 495 comma 3 c.p

La norma in questione si occupa, incidenter tantum, del Casellario, prevedendo la reclusione fino a tre anni per "chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona". Il comma 3 aggiunge che la pena non può essere inferiore ad un anno per l'imputato che, per le suddette false dichiarazioni, abbia causato che "nel Casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto un falso nome". Il tribunale di Perugia sollevò, con ordinanza del 17 Dicembre 1976, questione di legittimità costituzionale della norma, nella parte in cui prevedeva che tra le qualità da dichiarare all'Autorità giudiziaria fossero comprese quelle sui precedenti penali, utilizzabili a suo discapito sotto il profilo della determinazione della pena (recidiva). La Corte costituzionale, con sentenza 6 Maggio 1976 n. 108 (35), ritenne non fondata le questione, ritenendo che l'imputato avrebbe potuto rifiutarsi di fornire le notizie richieste; anche perché nessun rilievo si darebbe, sotto il profilo della fattispecie del reato in analisi, al silenzio o alle reticenza (Manzini, Pagliaro, Cristiani). Giurisprudenza (36) sostiene altresì che il reato non venga meno neppure se manca, in concreto, la possibilità per il pubblico ufficiale o per l'Autorità di essere ingannata, risultando i precedenti penali già in atti. Personalmente riteniamo una simile posizione, seppur corretta sotto il profilo strettamente ermeneutico (poiché, per il perfezionamento del reato è sufficiente rendere la dichiarazione mendace), viziata da una certa qual forzatura di fondo, nella misura in cui sembra non tener conto delle acquisizioni d'ufficio delle risultanze del Casellario giudiziale, specialmente laddove previste come obbligatorie da disposizioni di legge (ad esempio artt. 431 e 236 c.p.p.). Addirittura, però, secondo il Manzini (37), si avrebbe mendacio sui procedimenti penali anche a seguito di riabilitazione dell'imputato, in quanto questa non potrebbe incidere sul fatto storico della condanna pregressa, foriera di dati effetti sfavorevoli. Il richiamo alla norma ed ai precedenti, per evidenziare nuovamente l'importanza riconosciuta dal nostro ordinamento al Casellario ed alle notizie ivi iscritte, dalle quali derivano spesso conseguenze, anche inaspettate, per chi viene imputato o condannato.

3.15 Il beneficio della non menzione

Art. 175 c.p. Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore ai cinquecentosedici Euro, il Giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate dall'art. 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del Casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale.

La non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria che, ragguagliata a norma dell'art. 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi.

Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato.

In origine il testo prevedeva che il beneficio (spesso, ma non necessariamente (38), concesso assieme alla sospensione condizionale della pena, in quelli che vengono chiamati 'doppi benefici') non fosse concesso se erano state comminate sanzioni accessorie alla condanna. La legge 7 Febbraio 1990 n. 19 ha, per ragioni di equità (39), eliminato tale divieto. In ogni caso, il condannato - non recidivo, come appare dall'inciso "prima condanna" - in possesso dei requisiti previsti dalla legge non ha alcun diritto soggettivo alla non menzione, essendo questa rimessa all'arbitrium judicis, seppure regolatum dall'obbligo di motivazione (40), in riferimento all'art. 133 c.p.

La norma in analisi prevede, dunque, una causa estintiva degli effetti penali della condanna, che fa apparire la dicitura 'nulla' sul certificato penale (non, come correttamente osservato dal Dolce (41) e dal Bellavista (42), una causa estintiva della pena). Ovviamente ciò non comporta che nel data base del Casellario non vengano registrati gli estremi della condanna, ma solo il fatto che essa non appaia sulle certificazioni richiedibili dai privati. Il che, a sua volta, vuol dire che comunque la condanna apparirà in quei certificati richiesti, per esempio, da Pubbliche amministrazioni o acquisiti dall'Autorità giudiziaria per ragioni di giustizia. La qual cosae, a ben vedere, potrebbe scontrarsi, seppure parzialmente, con la funzione ultima della non menzione, assimilata dall'Antolisei alla riabilitazione in quanto "mira a favorire il ravvedimento e la risocializzazione del condannato" (43).

E' opportuno soffermarsi anche sull'ultimo comma dell'art. 175, che prevede la revoca del beneficium in qualsiasi tempo, col compimento di un nuovo reato; avendosi in tal modo, in effetti, nulla più di una 'sospensione' di un effetto della condanna, costituito dalla "buona fama che il condannato gode presso i privati". (44) In ciò la disciplina si differenzia dall'istituto della sospensione condizionale della pena, sovente accomunato alla non menzione, in quanto la prima prevede il decorso di un dato periodo di tempo (due anni per le contravvenzioni e cinque per i delitti), trascorso il quale cessa la sospensione della condanna, a favore della estinzione del reato.

A nostro avviso la disciplina della non menzione, per come oggi articolata, non risponde alle esigenze di tutela, del condannato a pene non gravi, dal pregiudizio che potrebbe ricevere dalla diffusione della notizia del suo 'precedente'. Per essere funzionale al suo scopo, dovrebbe essere previsto un tempo, trascorso il quale la condanna non possa 'miracolosamente riapparire', e dovrebbe riguardare tutte le certificazioni e le visure estraibili dal Casellario da chicchessia (con eccezione per l'Autorità giudiziaria, se proprio vogliamo). Nello stesso senso, il Dolcini che osservò il carattere di "pena perpetua della menzione della condanna nel Casellario, alla stessa stregua dell'ergastolo" (45), data la possibilità - ex u.c. dell'art. 175 c.p. - che essa riviva, a seguito della revoca del beneficio.

Note

1. Sistema Informativo del Casellario, che dovrà lasciare successivamente il posto al N.S.C. cioè al Nuovo Sistema del Casellario.

2. P. Canevelli, Diritto penale e processo, 2003.

3. P. Canevelli, op. cit.

4. Giova riportare il primo comma dell'art. 730 c.p.p.: "Il ministro di Grazia e Giustizia, quando riceve una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all'estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri o di apolidi residenti nello Stato ovvero di persone sottoposte a procedimento penale nello Stato, trasmette senza ritardo al procuratore generale presso la corte d'appello nel distretto della quale ha sede l'ufficio del casellario competente ai fini dell'iscrizione, una copia della sentenza unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con le informazioni e la documentazione del caso".

5. "Nelle contravvenzioni, per le quali la legge stabilisce la sola pena dell'ammenda, il contravventore è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato".

6. Le norme cui si riferisce concernono i casi in cui una pena pecuniaria sia convertita in pena limitativa della libertà personale, diversa dalla detenzione; in tale caso se è violata una delle prescrizioni inerenti la libertà controllata (incluse quelle sul lavoro sostitutivo), la parte non ancora eseguita si converte in un eguale periodo di reclusione o arresto. La prassi seguita è l'informazione del magistrato di sorveglianza da parte degli organi di polizia giudiziaria, con la conseguente trasmissione degli atti al tribunale di sorveglianza che provvede alla conversione con ordinanza.

7. Trattasi dei provvedimenti che il Pubblico ministero può prendere, in certuni casi e per condanne a pene detentive non superiori a determinati limiti, per sospendere l'esecuzione della pena.

8. La norma parla dei decreti messi presi dal Pubblico ministero per la determinazione della pena detentiva, per la quale quantificazione si tiene conto dei periodi di custodia cautelare e delle misure di sicurezza detentive provvisorie subite.

9. Riportiamo il comma 1 di tale articolo: "Quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme sul concorso di pene".

10. Istituto introdotto con l'art. 16 del D.Lgs. n. 286/1998, come modificato dall'art. 15 della L. n. 189/2002 (c.d. 'legge Bossi-Fini').

11. F. Mantovani, Diritto Penale, p. 806, III Edizione, Cedam, Padova, 1992.

12. L. Manfellotto, in Nuovissimo Digesto Italiano, Appendice, Utet, Torino, 1964.

13. P. Canevelli, op. cit.

14. P. Canevelli, op. cit.

15. P. Canevelli, op. cit.

16. P. Canevelli, La competenza penale del giudice di pace (II). Impugnazioni ed esecuzione, in De Agostini professionale.

17. Norma recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

18. Trattasi delle regole minime del 1985 riconosciute delle Nazioni Unite relativamente all'amministrazione della giustizia minorile.

19. Art. 688, comma 1, c.p.p.

20. Può risultare utile, anche a proposito delle prossime digressioni 'etiche' sull'istituto, richiamare qui l'art. 133 c.p., a mente del quale il giudice, in un ambito di discrezionalità permessogli dalla legge, tiene conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole. Quest'ultima è da lui desunta, fra le tante, anche dal "dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo antecedenti al reato; dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo".

21. Art. 167, comma 1, c.p. così come sostituito dalla Legge 7 Febbraio 1990, n. 1: "Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, ed adempie gli obblighi impostigli, il reato e' estinto. Il tal caso non ha luogo la esecuzione delle pene".

22. "Per il giudizio abbreviato e per l'applicazione della pena su richiesta si osservano, rispettivamente, le disposizioni dei titoli I e II del libro sesto, in quanto applicabili. 2. Se manca l'udienza preliminare, si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555, comma 2, 557 e 558 comma 8. Si osserva altresì, in quanto applicabile, la disposizione dell'art. 441-bis; nel caso di cui al comma 4 di detto articolo, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio".

23. Così, G. Ruello, in "Rivista della Guardia di Finanza", 2005, pp. 803-804.

24. In "Rivista di Polizia", 2003, riportata su Foro Italiano, Rep. 2003, voce Casellario giudiziale n. 5, pp. 549-555.

25. De Agostini Professionale.

26. Gazz. Uff. del 28 Agosto 1996, n. 35, Serie speciale.

27. Gazz. Uff. 10 Agosto 2005 n. 185.

28. Art. 19, comma 1, lettera c, D.p.r. n. 313/2002.

29. Art. 19, comma 1, lettera c, e art. 36 D.p.r. n. 313/2002.

30. Art. 19, comma 1, lettera g, D.p.r. n. 313/2002.

31. Art. 19, comma 6, lettera b), D.p.r. n. 313/2002.

32. Ibid.

33. P. Canevelli, op. cit.

34. Ibid.

35. In "Giustizia Penale", 1976, I volume, p. 207.

36. Cassazione, 11 Marzo 1970, ivi, 1971, II volume, p. 900; Cassazione 21 Aprile 1964, ivi, 1964, II volume, p. 895.

37. Così riportato da C. Lattanzi, in Codice Penale - Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, IX volume, Giuffrè, Milano, 2000, p. 484.

38. I Sezione penale della Corte di cassazione, 25 Febbraio 1983 e 14 Novembre 1984.

39. Così I. Caraccioli, Manuale di Diritto Penale, Parte generale, Cedam, Padova, 2005, p. 778.

40. Così E. Dolcini, In tema di non menzione della condanna, sospensione condizionale della pena e attenuanti generiche: discrezionalità vincolata o 'graziosa' indulgenza?, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1975, p. 326; vedasi anche la I sezione penale della Corte di cassazione, 2 Marzo 1984. In senso contrario, invece, la stessa sezione penale della Corte si era espressa in data 11 Febbraio 1984.

41. R. Dolce, Condanna penale (non menzione), in Enciclopedia giuridica, volume VIII, Milano, 1961, p. 741.

42. G. Bellavista, Non menzione della condanna nel certificato del Casellario, in Nuovissimo Digesto Italiano, volume XI, Torino, 1965, p. 324.

43. F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 1980, p. 657. Per l'Autore, si eviterebbe al delinquente ed al contravventore, condannati per reati non molto gravi, di trovarsi nella condizione di "inferiorità sociale" che potrebbe compromettere le loro relazioni sociali, possibilità di lavoro e dello stesso reinserimento.

44. M.L. Covino, Casellario Giudiziale (non menzione della condanna nel), in Enciclopedia giuridica, Società editrice libraria, Milano, 1986, p. 578.

45. Ivi, p. 335.