ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo IV
Proposta di legge n. 626 e abb. concernente l'istituzione del garante delle persone detenute o private della libertà personale, ambito di operatività e rapporti con il Magistrato di Sorveglianza

Alessandro Morgante, 2007

4.1 Introduzione

Nell'attuale legislatura l'On. Mazzoni ha elaborato una proposta di legge innovativa (A. C. n. 626), presentata alla Camera dei Deputati il 1º Maggio 2006, recante in epigrafe "Istituzione del Difensore civico delle persone private della libertà personale".

Tale proposta, dopo avere affrontato il proprio percorso nelle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia in sede referente ed aver acquisito il parere di altre Commissioni a vario titolo interessate dall'ambito di incidenza del testo, è stata licenziata dall'assemblea della Camera dei Deputati in data 4 Aprile 2007 in testo unificato; è stata trasmessa al Senato il giorno successivo (A.S. n. 1463), recante in epigrafe "Commissione nazionale per la promozione e protezione dei diritti umani", e, dopo essere stata assegnata alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia in sede referente, attende che l'esame su di essa abbia inizio.

Tale atto è costituito da tre Capi che, da un punto di vista contenutistico, individuano a loro volta tre macroaree.

Il Capo I (Artt. 1-8), intitolato "Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani", si occupa per l'appunto di tale Istituto indicando i soggetti titolari del potere di nomina, le modalità, i requisiti positivi e negativi necessari per essere destinatari della nomina, le competenze di cui la Commissione è titolare e i poteri affidati per l'espletamento.

Il Capo II (Artt. 9 - 13) si occupa di una particolare funzione della Commissione, quella di Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Nell'ambito di tale particolare aspetto, si specifica anzitutto il rapporto che la Commissione intratterrà con i Garanti delle persone private della libertà personale istituiti in ambito regionale, provinciale e comunale; inoltre si delineano le funzioni e i poteri di cui dispone e le modalità procedimentali che informeranno il suo operato nell'esercizio dei suoi compiti.

Infine il Capo III (Artt. 14 - 17), intitolato "Adempimenti della Commissione e copertura finanziaria", delinea le relazioni che la Commissione intratterrà col Parlamento e con altri vertici istituzionali, particolarmente prevedendo in capo ad essa un obbligo di relazione annuale.

4.2 Composizione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani e aspetti relativi al funzionamento

Lo scopo precipuo ed essenziale che il Legislatore assegna all'istituenda Commissione è - come specifica il 1º comma dell'art. 1, di "promuovere e tutelare i diritti fondamentali della persona, riconosciuti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali di cui l'Italia è parte".

La composizione dell'Organo è fissata in senso collegiale: infatti esso si compone di un Presidente e altri quattro membri, rispettivamente nominati ed eletti per un periodo di quattro anni confermabile una sola volta.

La scelta in ordine ai membri della Commissione è effettuata, per quanto concerne il Presidente della stesa, dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati con determinazione adottata di intesa e, per quanto riguarda gli altri quattro membri, dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica i quali eleggono rispettivamente due membri ciascuno. Come specifica il 4º comma, risultano eletti in ciascuno dei rami del Parlamento coloro che riportano il maggior numero di voti.

Il profilo relativo "all'elettorato passivo" è affrontato dai successivi artt. 4, 5 e 6 che si occupano dei requisiti positivi e negativi richiesti per divenire componenti della Commissione: questi ultimi sono scelti tra soggetti che, oltre ad assicurare preliminarmente indipendenza e idoneità alla funzione, abbiano maturato una esperienza pluriennale nell'ambito della tutela e della promozione dei diritti umani e che abbiano sviluppato una competenza indiscussa nelle materie afferenti alla salvaguardia dei diritti umani.

Il profilo dell'incompatibilità alla funzione è affrontato dal successivo Art. 5 ove è previsto che i membri della Commissione debbano concentrare le proprie "energie professionali" nello svolgimento dei compiti derivanti da tale ufficio, essendo esso incompatibile con cariche elettive o governative o altri uffici pubblici di ogni tipo; inoltre è ad essi impedito lo svolgimento di ogni attività lavorativa, nonché l'espletamento di attività imprenditoriali o libero -professionali oltre che la partecipazione ad associazioni di carattere politico; evidentemente se così non fosse, verrebbe meno l'indipendenza dei singoli componenti e quindi la loro idoneità alla funzione; ciò si ripercuoterebbe sulla Commissione stessa che perderebbe le connotazioni di autonomia ed indipendenza menzionate dal 2º comma dell'art. 1.

A tal fine, il 6º comma dell'art. 1 precisa che l'accettazione dell'incarico da parte del Presidente e degli altri componenti produce l'effetto di provocare il collocamento fuori ruolo, se dipendenti di pubbliche Amministrazioni; se professori universitari di ruolo ciò determinerebbe la loro collocazione in aspettativa senza assegni ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 382/1980 e ss.mm. Il personale fuori ruolo o in aspettativa non può essere sostituito.

Il potere di sostituzione è disciplinato dall'art. 6 ed è attribuito ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati in presenza di anomalie sopravvenute all'assunzione dell'incarico che essi provvedono a valutare senza ritardo. I membri della Commissione sono sostituiti in caso di dimissioni, morte, incompatibilità sopravvenuta, accertato impedimento fisico o psichico, oltre che per gravi inadempienze ai doveri inerenti all'incarico affidato. Il soggetto nominato in sostituzione resta in carica fino alla scadenza del mandato ordinario di membro della Commissione. Quanto al modus operandi, il 3º co. dell'art. 2 consente lo svolgimento delle attività attraverso apposite sezioni dedicate a particolari materie o a specifici ambiti di competenza.

4.3 Competenze e poteri della Commissione

Le competenze della Commissione sono disciplinate dall'art. 2, il quale individua un elenco di funzioni molto articolato (art. 2, c. 1º lett. a-l); le quali, tuttavia, sono sussumibili in alcuni grandi settori di intervento.

In primis occorre prendere in esame l'attività che la Commissione verrà ad espletare in collaborazione con le istituzioni scolastiche ed universitarie: infatti la lett. a) prescrive alla Commissione di elaborare specifici percorsi informativi volti alla promozione della cultura dei diritti umani e alla diffusione della conoscenza delle norme che regolano la materia e delle relative finalità, oltre a compiere un'attività collaborativa con le stesse per realizzare progetti didattici e di ricerca concernenti le tematiche delle tutela dei diritti umani (lett. l).

Uno dei più importanti compiti della Commissione è quello individuato dalla lett. b), vale a dire l'attività di monitoraggio in ordine al rispetto dei diritti umani in Italia, attività questa che sicuramente costituisce la ragione d'essere di tale organismo. Altrettanto importante è l'aspetto relazionale dell'attività della Commissione, al quale il legislatore dedica molto spazio in vari luoghi del primo comma dell'art. 2: la lett. c) individua un potere di iniziativa sulla base degli esiti del monitoraggio di cui alla precedente lett. b), più precisamente la Commissione ha facoltà di formulare pareri, raccomandazioni e proposte al Governo e al Parlamento su ogni questione concernente il rispetto dei diritti umani. In particolare l'accento è posto sui rapporti con il Governo, facoltizzando la Commissione a proporre a quest'ultimo l'adozione di iniziative legislative, di regolamenti e di atti amministrativi, nonché a sollecitare la firma o la ratifica di accordi internazionali relativi alla materia dei diritti umani.

A tal fine, viene posto un correlativo dovere in capo al Governo, strumentale allo svolgimento dei compiti che la Commissione deve assolvere: infatti è tenuto a trasmettere a quest'ultima i progetti di atti legislativi e regolamentari che possono avere incidenza sui diritti umani.

Detta Commissione può formulare al Governo raccomandazioni e suggerimenti volti alla definizione della posizione italiana nell'ambito di negoziati bilaterali o multilaterali "che possono incidere sul livello di tutela dei diritti umani" (art. 2, c, 1, lett. d), in aggiunta a ciò si preoccupa di verificare l'effettiva attuazione delle convenzioni e degli accordi internazionali in materia di diritti umani ratificati dall'Italia (lett. e).

Proseguendo l'analisi dei rapporti istituzionali che la Commissione verrà ad intrattenere, molto importante risulta il coordinamento, prescritto dalla lett. f), che dovrà crearsi con gli omologhi organismi già operanti in altri ordinamenti nel settore della protezione e promozione dei diritti umani; da un punto di vista "interno", un ulteriore momento di coordinamento è prescritto con le autorità, le istituzioni, gli organismi pubblici e specificamente con i Difensori civici, "cui la legge attribuisce, a livello centrale o locale specifiche competenze in relazione alla tutela dei diritti umani" (lett. i). Il secondo comma, ulteriormente espandendo il ventaglio dei soggetti interlocutori della Commissione, prevede che essa possa cooperare con gli organismi internazionali che agiscono nei settori della promozione e protezione dei diritti umani.

Per l'espletamento dell'opera di verifica del rispetto dei diritti umani, estremamente importante è il dettato della lett. g) che abilita la Commissione a ricevere dagli interessati o dalle eventuali associazioni rappresentative segnalazioni relative a determinate violazioni o limitazioni dei diritti umani e a provvedere sulle stesse seguendo il procedimento di cui all'art. 3, ponendo peraltro tale attività in alternativa rispetto al il ruolo dell'autorità giudiziaria; infatti si precisa che l'attivazione della Commissione a seguito di segnalate violazioni dei diritti umani può avere luogo solo qualora non sia già stata adita l'autorità giudiziaria.

Per lo svolgimento delle competenze assegnate alla Commissione dall'art. 2, 1º comma, lett. g), l'art. 3 le attribuisce poteri di accertamento, di controllo e di denuncia nell'ambito del procedimento ivi delineato.

Ricevute dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano segnalazioni relative a violazioni dei diritti, la Commissione, verificate le condizioni di procedibilità, informa le parti interessate alle quali, peraltro può richiedere di fornire informazioni ed esibire documenti. Per rendere cogente tale obbligo, il 2º comma dell'art. 3 commina una sanzione amministrativa pecuniaria da € 4.000 e € 24.000 qualora le parti, senza giustificato motivo, rifiutino od omettano di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla Commissione, prevedendo un incremento fino al doppio del massimo se le parti forniscono informazioni o documenti non veritieri.

Se l'omissione o il rifiuto proviene da soggetti pubblici, la Commissione può rivolgersi agli uffici sovraordinati ai quali spetta ogni valutazione sulla eventuale responsabilità disciplinare del dipendente inadempiente.

4.4 Aspetti procedimentali dell'attività della Commissione

Quanto agli aspetti squisitamente procedimentali, occorre premettere che il 4º comma dell'art, 3 delinea una assai opportuna forma di contraddittorio orale, e non meramente cartolare, con facoltà delle parti di essere sentite personalmente o per mezzo di un procuratore speciale e di presentare memorie e documenti.

Verificata la ricevibilità della segnalazione, la Commissione, qualora accerti la sussistenza di situazioni non conformi alle norme interne e internazionali relative ai diritti umani, richiede al soggetto interessato di agire conformemente, mediante la promozione di un tentativo di conciliazione; se il tentativo non raggiunge l'esito auspicato, formula allora specifiche raccomandazioni. A questo punto innanzi al destinatario della richiesta della Commissione si apre una pluralità di prospettive: in primis può accogliere l'invito formulato ad assumere condotte rispettose delle norme interne e internazionali in tema di diritti umani; in tal caso nulla quaestio ovvero, diversamente, è tenuto a comunicare alla Commissione il suo dissenso motivato nel termine di trenta giorni.

Se il soggetto de quo omette di comunicare il dissenso motivato ovvero nel caso in cui la Commissione reputi la motivazione sottopostale insufficiente, si rivolge, in presenza dei necessari presupposti, all'autorità giudiziaria competente.

Nell'ipotesi in cui il soggetto destinatario della richiesta sia una pubblica amministrazione, qualora ometta di conformarsi alla richiesta e non comunichi il dissenso motivato nel termine di trenta giorni ovvero qualora esso sia ritenuto insufficiente dalla Commissione, essa si rivolge agli uffici sovraordinati a quelli originariamente interessati.

Se gli uffici sovraordinati decidono di agire in conformità alla richiesta della Commissione, l'8º comma dell'art. 3 prevede, come obbligatoria, l'attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente cui è attribuibile l'inerzia. Tuttavia può accadere che neppure gli uffici sovraordinati accolgano la richiesta: in tale estrema ipotesi la Commissione può adire l'autorità giudiziaria competente, chiedendo l'annullamento dell'atto reputato illegittimo ovvero di ordinare all'autorità interessata di tenere il comportamento dovuto (art. 3, comma 9º).

4.5 Le funzioni di Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale

Il Capo II del disegno di legge traccia le funzioni della Commissione in quanto Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. A tal fine, come precisa il 2º comma dell'art. 9, il Presidente della Commissione conferisce ad uno dei membri la funzione di coordinatore per l'esercizio delle attribuzioni di Garante.

I legittimati a richiedere l'intervento della Commissione sono individuati con la formula volutamente generica del 1º comma dell'art. 12 in cui si precisa che "tutti i detenuti e gli altri soggetti comunque privati della libertà personale possono rivolgersi alla Commissione senza vincoli di forma". L'espressione utilizzata è sicuramente felice in quanto l'altra strada percorribile sarebbe stata quella di una minuziosa elencazione dei soggetti legittimati ad adire la Commissione; ma, così facendo, si sarebbero posti i consueti problemi dell'interpretatio voluntatis legislatoris causati dall'eventualità che un elenco analitico avrebbe potuto determinare irragionevoli omissioni, determinando problemi interpretativi tanto annosi quanto supervacanei.

Laddove, infatti, si fosse proceduto ad una dettagliata elencazione dei destinatari dell'intervento della Commissione, le eventuali omissioni dell'elenco avrebbero dovuto essere risolte nel senso della esclusione delle ipotesi non menzionate, in virtù del tradizionale canone interpretativo per cui il legislatore "ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit", cagionando in tal modo, come detto supra, delle irragionevoli disparità di trattamento, ossia in presenza di situazioni eguali si sarebbe apprestato un trattamento giuridico indebitamente differenziato, abbandonando così il 1º comma dell'art. 12 ad una sicura censura da parte della Corte Costituzionale per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.

Aspetto essenziale dell'attività del Garante, ai fini di un efficace risultato del proprio operato, è sicuramente rappresentato dalla cooperazione che il legislatore auspica venga ad intrecciarsi tra l'istituendo soggetto nazionale e i Garanti dei diritti delle persone private della libertà personale, ove istituiti a livello regionale, provinciale e comunale. In particolare, il legislatore individua nell'attività che i Garanti, già operanti nel territorio, stanno svolgendo, una fonte privilegiata di comunicazione di segnalazioni tali da indurre l'istituendo soggetto nazionale ad agire, in presenza dei necessari presupposti.

Il legislatore, mosso dall'intento di improntare l'attività del Garante al criterio di efficienza dell'azione svolta, oltre che di efficacia, prevede, all'art. 10, che nel prendere in esame le segnalazioni provenienti dai Garanti locali, possa avvalersi dei loro uffici e del loro personale, sulla base di apposita convenzione con l'Ente interessato.

Occorre ricordare (vedi supra, cap. III) che le delibere degli Enti locali istitutive delle figure dei Garanti prevedono, con disposizioni da rimettere ad ulteriori specificazioni degli esecutivi, che un ufficio dell'Amministrazione sia destinato ad assistere e supportare il Garante nell'esercizio delle sue funzioni ed inoltre che taluni dipendenti della P.A. medesima siano permanentemente destinati a tale ufficio. Affinché il Garante nazionale possa avvalersi degli uffici e del personale che gli Enti locali hanno destinato all'organo da loro istituito, l'art. 10 richiede la stipulazione di una convenzione ad hoc.

Il problema ermeneutico, destato dal dettato legislativo ([...] "anche avvalendosi dei loro uffici e del relativo personale sulla base di apposite convenzioni con l'ente interessato" [...]), è relativo alla codificazione dell'espressione "ente interessato".

Invero, aderendo al tenore letterale della disposizione, con tale espressione dovrebbe intendersi la pubblica amministrazione locale interessata: di conseguenza la Commissione dovrebbe intavolare trattative con i vari Enti territoriali per poter instaurare un rapporto collaborativo con i Garanti Locali. Da ciò scaturisce, tuttavia, l'insuperabile ostacolo costituito dall'indirizzo politico-amministrativo della maggioranza consiliare che sostiene il Sindaco (il Presidente della Provincia o della Regione) e la relativa Giunta.

Infatti, sulla base di considerazioni squisitamente politiche, talune Amministrazioni potrebbero rivelarsi pregiudizialmente avverse ad una proficua collaborazione tra i Garanti posti ai vari livelli territoriali; atteggiamento che può derivare da una scarsa sensibilità politica verso le problematiche che affliggono enormemente l'universo dell'esecuzione penale e, in particolare, che si riverberano sui diritti dei soggetti privati della libertà personale, arrecandone inaccettabile nocumento. Se così fosse, è chiaro che una fetta non trascurabile dell'attività del Garante risulterebbe infruttuosa, in quanto priva dei necessari supporti operativi.

Per questi motivi, un'interpretazione teleologica s' impone e, tenendo in debita considerazione la ratio legis, risulta quanto meno opportuno codificare l'espressione "ente interessato" come sinonimo di Garante; pertanto, si può a tal riguardo affermare che la Commissione debba intavolare e sviluppare trattative non già con gli amministratori locali, bensì con i Garanti medesimi. Questi ultimi evidentemente, paleseranno un animus sicuramente proclive al perfezionamento di tali accordi, in quanto una stretta collaborazione con la Commissione non può non riverberarsi positivamente sul grado di effettività del loro operato, con conseguente riflesso positivo per le situazioni giuridiche attive dei soggetti privati della libertà personale.

Da ultimo, occorre analizzare l'ultimo periodo dell'art. 10, ove si statuisce che in nessun caso la Commissione può delegare l'esercizio delle sue funzioni.

Risulta chiaro lo scopo perseguito dal legislatore con tale precetto. Evidentemente la Commissione nazionale è dotata di un compendio di poteri, per lo svolgimento le sue funzioni (come prevede l'art. 11), nettamente più incisivo di quello di cui dispongono i Garanti locali, la cui base giuridica è indubbiamente più fragile, in quanto proveniente da Enti i quali non vantano alcun diritto di accesso agli istituti di detenzione. Sarà la Commissione che, con i suoi poteri, potrà fortificare anche l'argine dei Garanti locali.

Qualora essa delegasse l'esercizio delle sue funzioni a questi ultimi, in definitiva rinuncerebbe ad esercitarle, in quanto quelle dei Garanti locali sono qualitativamente inferiori alle sue, con mortificazione conseguente dell'intento perseguito dal legislatore mediante la creazione della Commissione. Anche se è ovvio, di per sé, che la Commissione non possa delegare l'esercizio delle sue funzioni, in quanto verrebbe meno la ratio della sua esistenza, tale previsione legislativa non appare inutile in quanto previene ed evita pericolose e preoccupanti abdicazioni di funzioni con evidente pregiudizio degli obiettivi che il legislatore auspicava di raggiungere.

4.6 Poteri di cui la Commissione è titolare per lo svolgimento dei compiti di Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale

Le funzioni e i poteri di cui dispone la Commissione, per l'esercizio delle funzioni di Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, sono indicati nell'art. 11 del disegno di legge.

La Commissione è titolare di cinque ordini di attribuzioni individuate dal 1º comma del summenzionato articolo; in primis esercita una essenziale attività di vigilanza volta a far sì che l'esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati e dei soggetti sottoposti alla custodia cautelare in carcere o ad altre forme di limitazione della libertà personale, avvenga in conformità ai principi costituzionali, alle fonti pattizie sui diritti umani ratificate dall'Italia, alle leggi statali e ai regolamenti (lett. a); adotta, inoltre, le proprie determinazioni in ordine alle istanze e ai reclami che sono ad essa rivolti dai detenuti e dagli internati ai sensi dell'art. 35, numero 2, della Legge 354/1975 come modificato dall'art. 12, 2º comma del presente disegno di legge (lett. b).

Infatti, con il successivo art. 12, comma 2º, viene novellato l'art. 35 della legge di Ordinamento Penitenziario, il quale delinea il diritto di reclamo dei detenuti e degli internati, aggiungendo ai soggetti già indicati dai n.ri 1-5, anche la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani.

Per lo svolgimento delle funzioni di cui alle lett. a) e b) del 1º comma dell'art. 11, il successivo 2º comma individua i poteri di cui la Commissione è titolare. Di estrema importanza risulta essere la lett. a) del 2º comma, in quanto prevede un potere di visita, senza necessità di preavviso o di autorizzazione, dei vari luoghi dedicati all'esecuzione della sanzione penale: in particolare si fa espresso riferimento agli istituti penitenziari, agli ospedali psichiatrici giudiziari, agli istituti penali, alle comunità per minori ed infine agli enti convenzionati con il Ministero della Giustizia per l'esecuzione di misure privative della libertà personale che ospitano condannati che usufruiscono di misure alternative alla detenzione.

Il potere di visita si estende ad ogni locale dei summenzionati istituti, senza alcuna restrizione, e comprende il potere di incontrare chiunque sia privato della libertà personale con garanzia della riservatezza del colloquio.

Le successive lett. b) e c) contemplano un diritto di accesso ai documenti da parte della Commissione con talune limitazioni: infatti la presa visione degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo della persona privata della libertà dovrà avvenire nel rispetto della normativa applicabile ai soggetti pubblici in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. 196/2003, nonché con il limite esterno costituito dall'impossibilità di accedere agli atti coperti dal segreto relativi alle indagini e al procedimento penale.

Fermi tali limiti, la lett. c) arricchisce il quadro del diritto di accesso e di informazione prevedendo il potere di richiedere alle P.A. responsabili delle strutture previste dalla lett. a) del 2ºcomma, le informazioni e i documenti che ritenga necessari.

Per rendere effettiva tale previsione, la lett. d), successiva, assegna alla P.A. richiesta di fornire informazioni e documenti, un termine di trenta giorni entro il quale fornire risposta; decorso infruttuosamente, la Commissione adisce il magistrato di sorveglianza territorialmente competente chiedendo di emettere ordine di esibizione dei documenti richiesti.

Tale previsione suscita taluni problemi interpretativi e di legittimità costituzionale sotto il profilo della violazione del principio del contraddittorio, costituzionalmente rilevante. Innanzi tutto, si fa riferimento all'attività di informazione da parte della Commissione del magistrato di sorveglianza territorialmente competente, senza specificare le modalità attraverso le quali tale contatto debba innescarsi, legittimando quindi soluzioni interpretative che prospettano la presentazione della doglianza anche in forma orale o comunque trascurando ogni formalità.

Non si prevede, inoltre, l'instaurazione di alcuna forma di contraddittorio con l'Amministrazione interessata, quindi il legislatore "pretende" che il giudice emetta un provvedimento sulla base di un convincimento necessariamente parziale, in quanto basato solo sugli elementi conoscitivi forniti dalla Commissione.

Onde evitare che la previsione in oggetto cada sotto la scure della Consulta, un'interpretazione costituzionalmente orientata s'impone. Per risolvere tale anomalia, si può ipotizzare l'applicabilità a tale fattispecie dell'art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, modificato dalla legge 15/2005 e dal decreto legge n. 35/2005, convertito in legge n. 80/2005, che disciplina il giudizio a tutela del diritto di accesso. Il ricorso in materia di accesso va proposto entro 30 giorni dalla comunicazione del rifiuto all'accesso ovvero dalla formazione del silenzio dell'Amministrazione interessata (che si riforma decorsi trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di accesso senza che l'Amministrazione abbia dato risposta).

Innanzi al giudice il ricorrente può stare in giudizio personalmente, senza l'assistenza di un avvocato: l'Amministrazione può essere rappresentata da un proprio dirigente (Art. 25, comma 5bis l. 241/1990 e ss.mm.)

Il giudice decide in camera di consiglio, uditi i difensori delle parti, senza la necessità di istanza di discussione. Se accoglie il ricorso, ordina all'Amministrazione l'esibizione dei documenti richiesti: la sentenza presenta carattere "ordinatorio".

L'appello è soggetto ad un termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza, più breve di quello ordinario.

La lett. e) del 2º comma dell'art. 12 pone rimedio all'ipotesi in cui venga opposto alla Commissione, nell'esercizio dei poteri di visione degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo della persona privata della libertà personale, nonché di richiesta di informazioni e documenti alle amministrazioni responsabili delle strutture di cui alla lett. a), il segreto di Stato. In tal caso la Commissione informa il magistrato di sorveglianza territorialmente competente, il quale valuta se richiedere l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri per la conferma, entro il termine di 60 giorni, dell'esistenza del segreto.

Le restanti funzioni sono tratteggiate dalle lettere c), d), e) del 1º comma dell'Art. 11; esse possono essere considerate complementari rispetto a quelle di carattere generale, contemplate dalle prime due lettere di tale articolo, analizzate supra. In particolare la lett. c), prescrivendo di verificare che le strutture edilizie pubbliche, adibite alla restrizione della libertà delle persone, siano idonee alla salvaguardia della dignità umana, con riguardo al rispetto dei diritti fondamentali, impone alla Commissione lo svolgimento di una attività strumentale che costituisce un prius logico rispetto al controllo volto ad assicurare che l'esecuzione delle misure privative della libertà personale avvenga in conformità ai principi costituzionali, a quelli delineati dalle fonti pattizie vincolanti per l'Italia, nonché alle leggi e ai regolamenti (lett. a); infatti è evidente che le condizioni materiali e ambientali in cui si innesta lo stato detentivo sono elemento essenziale per appurare che esso abbia luogo nel pieno rispetto della dignità umana: soltanto laddove gli istituti di detenzione rispondano a standard minimi di igiene e sicurezza, possono porsi solide basi per avviare efficaci programmi rieducativi e porre quindi i soggetti, a vario titolo privati della libertà personale, in condizioni tali da poter proficuamente rispondere alle attività trattamentali che a loro vengono rivolte.

Le successive lett. d) ed e) ampliano assai opportunamente il raggio d'azione del Garante, non limitando la sua attività agli istituti di privazione della libertà personale indicati nella lett. a) del 2ºcomma, ma comprendendo anche le camere di sicurezza eventualmente esistenti presso le caserme dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza e presso i commissariati di pubblica sicurezza, verificando le procedure seguite nei confronti dei trattenuti e le condizioni di trattenimento dei medesimi (lett d). Verifica, al contempo, il rispetto degli adempimenti e delle procedure previsti dagli artt. 20, 21, 22, 23 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999 n. 394, e successive modificazioni, nei centri di permanenza temporanea e assistenza previsti dall'art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, e successive modificazioni (lett. e). Nell'esercizio di tali ulteriori funzioni, il 3º comma del presente art. 11 attribuisce alla Commissione, analogamente a quanto dispone la lett. a) del 2ºcomma rispetto alle strutture ivi previste, un potere di visita, senza necessità di autorizzazione o preavviso e in condizioni di sicurezza, dei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui all'art. 14 D.lg. n. 286/1998 e ss.mm., con facoltà di accedere senza limiti ad ogni locale, nonché delle camere di sicurezza eventualmente esistenti presso le caserme dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza e presso i commissariati di pubblica sicurezza.

Nell'ipotesi in cui la Commissione abbia contezza di situazioni lato sensu patologiche, agisce sulla base dei procedimenti delineati dall'art. 13, i quali sono scolpiti in relazione ai tre ordini di luoghi in cui si espleta il suo intervento.

Le fonti attraverso le quali la Commissione perviene a conoscenza di situazioni anomale, sono principalmente costituite dall'esercizio del potere di visita, nonché dall'esame delle istanze e dei reclami ad essa rivolti ai sensi dell'art. 35 n. 2 della legge n. 354/1975 come novellato dall'art. 12, 2º comma, della presente legge.

4.7 Procedimento di accertamento

Qualora venga appurato che le amministrazioni responsabili delle strutture previste dall'art. 11, comma 2º, lett. a) tengano condotte non conformi ai parametri di cui al 1ºcomma lett. a) del medesimo art. 11, oppure che le istanze e i reclami ad essa rivolti siano fondati, la Commissione richiede all'amministrazione interessata di agire in conformità, esperendo un tentativo di conciliazione o, se esso si rivela infruttuoso, formulando circostanziate raccomandazioni. A questo punto, se l'amministrazione ritenga di adeguarsi alle prescrizioni fornite dalla Commissione, provvederà a rimuovere le anomalie riscontrate e in tal caso nulla qaestio.

L'amministrazione destinataria della richiesta della Commissione, qualora non intenda agire in conformità ad essa, è tenuta a comunicare il dissenso motivato entro il termine di trenta giorni.

Nell'ipotesi, estrema, in cui la richiesta sia stata disattesa e il dissenso motivato non sia stato comunicato ovvero sia ritenuto insufficiente, innanzi alla Commissione si apre la prospettiva della informazione, in ordine a tale accadimento, degli uffici gerarchicamente sovraordinati a quelli originariamente interessati (art. 13, 3º comma).

Gli uffici sovraordinati, aditi dalla Commissione, dovranno esaminare ex novo le doglianze da essa espresse, valutando se accogliere la richiesta e quindi provvedendo in senso conforme alla direzione individuata dalla Commissione stessa, ovvero se rigettarla.

Nella prima ipotesi (art. 13,4ºcomma), il legislatore prescrive obbligatoriamente, come conseguenza della fondatezza della richiesta della Commissione, l'attivazione del procedimento disciplinare a carico del dipendente al quale risulta attribuibile l'inerzia.

Nel secondo caso, se gli uffici sovraordinati non accolgono la richiesta, la Commissione trasmette il reclamo al magistrato di sorveglianza il quale decide ai sensi dell'art. 69, c. 6º, della legge di ordinamento penitenziario (art. 13, c. 5º).

Nell'ambito di una più generale individuazione delle funzioni e dei provvedimenti del magistrato di sorveglianza, il comma 6º dell'art. 69 della l. 354/1975 prevede che quest'ultimo decida con ordinanza - impugnabile soltanto per cassazione - sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti l'osservanza delle norme relative alle controversie previste dalle lett. a) e b), relative rispettivamente a liti scaturenti dal rapporto di lavoro e alla legittimità del procedimento disciplinare.

Gli aspetti procedimentali sono disciplinati dall'art. 14 ter (O. P.), cui il 6º comma fa espresso rinvio.

Il succitato articolo disciplina il reclamo avverso il provvedimento motivato, che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, disposto dall'amministrazione penitenziaria previo parere del Consiglio disciplinare nonché, nell'ipotesi di imputati, sentita anche l'autorità giudiziaria che procede.

Il reclamo, che non ha effetto sospensivo dell'esecuzione del provvedimento reclamato, può essere proposto al Tribunale di Sorveglianza dall'interessato nel termine di 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo; il Tribunale di Sorveglianza decide con ordinanza in camera di consiglio entro 10 giorni dalla ricezione del reclamo.

Quanto al contraddittorio, è prevista la partecipazione del difensore e del pubblico ministero; l'interessato, rispetto al quale non è prevista audizione, e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie; per quanto non diversamente disposto trovano applicazione le norme sul procedimento di sorveglianza di cui agli Artt. 666 e 678 C.P.P.

Il 6º e 7º comma dell'art. 13 delineano, infine, la sequela procedimentale che la Commissione deve seguire qualora riscontri comportamenti non conformi alle norme vigenti da parte delle Amministrazioni responsabili delle camere di sicurezza eventualmente esistenti presso le caserme dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza e presso i commissariati di pubblica sicurezza. I canali di informazione della Commissione sono gli stessi già visti in precedenza, cioè le istanze e i reclami ad essa rivolti e che reputi fondati, provenienti dai soggetti trattenuti in tali strutture, e le visite effettuate in tali luoghi.

In tal caso, analogamente a quanto previsto dai precedenti commi, la Commissione richiede all'Amministrazione di agire in conformità alle norme vigenti, anche mediante specifiche raccomandazioni. Per effetto del rinvio di cui al 7ºcomma, sono applicabili le disposizioni dei precedenti commi, 2º, 3º e 4º con la specificazione che, nell'ipotesi di rigetto della richiesta da parte degli uffici sovraordinati, la Commissione può richiedere l'intervento del Prefetto competente per territorio.

Gli ultimi due commi dell'art. 13 disciplinano il procedimento nell'ipotesi di violazioni riscontrate nei centri di permanenza temporanea e assistenza ex art. 14 d. lgs. 286/1998. In tal caso l'intervento è prescritto qualora la Commissione verifichi comportamenti non conformi agli artt. 20, 21, 22 e 23 del D.P.R. 394/1999 ovvero qualora le istanze e reclami promananti dai soggetti trattenuti in tali strutture siano fondati. E' prevista anche in tal caso l'applicazione dei commi 2º. 3º e 4º, con la possibilità finale di adire l'autorità giudiziaria competente per ottenere l'annullamento dell'atto reputato illegittimo ovvero l'ordine alla P.A. di tenere il comportamento dovuto, qualora gli uffici sovraordinati non accolgano la richiesta di agire in conformità alle prescrizioni rivolte.

4.8 Adempimenti della Commissione e rapporti con altri soggetti istituzionali

Il terzo ed ultimo capo del disegno di legge in esame disciplina gli adempimenti posti in capo alla Commissione e le relazioni con altri soggetti Istituzionali.

Anzitutto, l'Art. 14 pone l'obbligo di notiziare l'autorità giudiziaria competente, qualora la Commissione venga a conoscenza di fatti che possano integrare fattispecie di reato. Evidentemente, considerata l'attività di visita senza necessità di autorizzazione o preavviso che la Commissione è legittimata a svolgere, è possibile che essa ravvisi delle condizioni trattamentali dei soggetti a vario titolo privati della libertà personale, che possono integrare ipotesi di trattamenti inumani o degradanti.

Inoltre, i componenti della Commissione e i soggetti di cui quest'ultima si avvale per lo svolgimento dei propri compiti, ai sensi dell'art. 15, sono tenuti al segreto su ciò di cui sono venuti a conoscenza nell'esercizio delle proprie funzioni; infine l'art. 16 prescrive la presentazione di una relazione, con cadenza quanto meno annuale (entro il 30 aprile di ogni anno), al Parlamento sull'attività svolta, indicando il tipo di interventi svolti e i relativi esiti, le risposte dei responsabili delle strutture interessate e le proposte di iniziative che ritenga utili a migliorare la protezione dei diritti umani.

Nell'ambito di tale relazione, la Commissione deve riferire specificamente circa l'attività svolta in funzione di Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, indicando anche in tal caso le iniziative di cui si è resa protagonista, le risposte dei responsabili delle strutture interessate e le proposte utili ad aumentare il grado di effettività dei diritti delle persone private della libertà personale. La relazione è trasmessa anche agli organismi internazionali competenti in materia di tutela e promozione dei diritti umani previsti dalle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia; evidente è il riferimento al Comitato per la prevenzione della tortura, il quale potrà trarre spunto, per l'esercizio delle proprie funzioni, dallo studio dei rapporti che la Commissione trasmetterà, ed eventualmente esercitare il suo incisivo potere di visita.

Il 4º comma completa l'assetto delle relazioni istituzionali prevedendo la comunicazione della relazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, oltre a vari Ministri: Affari esteri, Interno, Giustizia, Economia e Finanze, Salute, Lavoro e Previdenza Sociale e Solidarietà sociale.

E' inoltre prevista la pubblicazione ad opera della Commissione, di un Bollettino nel quale vengono menzionati gli atti, i documenti e le attività più significativi di cui è ritenuta opportuna la pubblicità.