ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Grazia Macrì, 2003

Lo scopo diquesto lavoro, è quello di esaminare le soluzioni che il nostro legislatore ha dato al problema del patrocinio dei non abbienti dai primi del '900 fino ad oggi.

Con l'espressione gratuito patrocinio si fa riferimento ad un beneficio che consiste nel riconoscimento dell'assistenza legale gratuita alle persone che non sono in grado di sostenerne le spese.

Metterò innanzitutto in evidenza il fatto che il nostro ordinamento giuridico riconosce e garantisce il diritto al gratuito patrocinio come diritto fondamentale della persona. L'art. 24 della Costituzione, infatti, definisce il diritto alla difesa diritto inviolabile dell'individuo, e afferma che "Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e per difendersi davanti ad ogni giurisdizione".

Oggi, nel nostro ordinamento, il diritto al gratuito patrocinio rappresenta un diritto sociale in quanto il suo esercizio garantisce al titolare la partecipazione effettiva all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese così come previsto dall'art. 3, comma 2, della Costituzione.

L'art. 24 della Costituzione, prevede un vero e proprio obbligo per lo Stato di garantire effettivamente a tutti l'esercizio del diritto di difesa.

Le previsioni contenute nell'art. 24 della Costituzione, ai commi 1º e 3º, rappresentano quindi l'attuazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Infatti la garanzia di un'effettiva assistenza legale per i non abbienti rappresenta uno degli obblighi dello Stato diretti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (1).

Sottolineerò anche l'importanza che il diritto al gratuito patrocinio ha anche assunto a livello internazionale, esso infatti da molti anni è riconosciuto come diritto fondamentale dell'individuo da numerose norme internazionali: l'art. 6, comma 3, lett. c) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 4 novembre 1950); il Patto internazionale dei diritti civili e politici di New York del 19 dicembre 1966, art. 14, comma 3, lett. d). Recentemente anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea riconosce il diritto ad un ricorso effettivo ad un giudice imparziale e il suo art. 47 recita: "Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'unione siano stati violati ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia".

Mostrerò, che i ritardi del legislatore italiano e le carenze del nostro sistema sono stati molti, tanto che nel 1980, la Corte Europea dei diritti dell'uomo, nel cosiddetto "caso Artico", ha condannato l'Italia al risarcimento dei danni derivanti ad un cittadino italiano dal mancato godimento dell'assistenza giudiziaria gratuita (2).

Per capire le motivazioni di tale condanna e le carenze dei sistemi scelti ho ripercorso la storia del gratuito patrocinio nel nostro ordinamento.

Anche se la mia ricerca parte dallo studio del gratuito patrocinio come era inteso nel R.D. del 1923, bisogna evidenziare che le origini di questo istituto sono molto antiche e risalgono all'epoca dell'impero romano. Nel corso dei secoli gli ordinamenti giuridici hanno sviluppato sistemi differenti per realizzare tale beneficio. Il diritto al gratuito patrocinio è stato, tradizionalmente realizzato secondo due modelli. Uno fondato sull'istituzione di uffici legali pubblici e caratterizzato dall'intervento dello Stato per il pagamento delle spese legali. L'altro, al contrario, costituito quasi esclusivamente dalle prestazioni della classe forense sulla quale gravava l'onere di assistere gratuitamente le persone aventi diritto.

Nel 1861, durante l'unificazione d'Italia, venne esteso a tutto il Regno l'istituto dell'Avvocatura dei poveri, che affidava la difesa dei non abbienti ad uffici statali formati da giuristi nominati e stipendiati dallo Stato (3). L'Avvocatura dei poveri era stata creata dallo Stato sabaudo piemontese, ma, nello Stato unitario, ebbe vita breve. Infatti, con la cosiddetta legge Cortese n. 2626 del 1865 il governo, adducendo ragioni di riduzione della spesa pubblica, aboliva gli uffici pubblici di assistenza ai poveri ed introduceva il sistema del patrocinio gratuito come ufficio onorifico ed obbligatorio del ceto forense.

Successivamente, con il R.D. 30 dicembre 1923 n. 3282, l'assistenza giudiziaria dei non abbienti è stata disciplinata in modo organico (4). Con questa si passa definitivamente da un sistema di assistenza pubblica ad uno basato esclusivamente sulle prestazioni dei liberi professionisti.

In base al R.D. del 1923, i presupposti per la concessione del patrocinio gratuito erano: lo stato di povertà e la probabilità dell'esito favorevole della causa. Inoltre, la decisione sull'ammissione al gratuito patrocinio era affidata ad una commissione mista, a carattere amministrativo e non giudiziario. A seguito dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, tale previsione è stata aspramente criticata in quanto faceva dipendere l'esercizio del diritto dalla valutazione di un organo amministrativo, violando così il principio contenuto nell'art. 24, comma 1, della Costituzione, e il principio del giudice naturale di cui all'art. 25 della Costituzione (5).

L'istituto del gratuito patrocinio, così concepito, si era dimostrato assolutamente inidoneo a garantire un effettivo riconoscimento del diritto previsto dall'art. 24, coma 3, della Costituzione.

Nonostante i numerosi tentativi e proposte di legge, la disciplina del R.D. del 1923 è rimasta in vigore per moltissimi anni, a dire il vero per più di un secolo, visto che ha ricalcato appieno la disciplina preesistente del 1865.

Le prime modifiche, sono state introdotte nel 1973 con la legge n. 533 che ha istituito per la prima volta il patrocinio a spese dello Stato, ma, nelle sole controversie di lavoro e di previdenza sociale. Questa legge, ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della retribuzione a carico dello Stato dei difensori (e degli altri soggetti) che prestano la loro opera a favore del non abbiente.

Successivamente, è entrata in vigore la legge n. 117/1988, che ha disciplinato il patrocinio ha spese dello Stato nei giudizi per la responsabilità civile dei magistrati.

Solo nel 1990, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, la legge n. 217 ha introdotto il patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e nei procedimenti civili per il risarcimento dei danni derivanti da reato.

Nei vari anni, quindi, tutti gli interventi del legislatore in attuazione dell'art. 24 della Costituzione, non hanno fornito una disciplina unitaria del gratuito patrocinio, ma si sono limitati a previsioni specifiche nell'ambito delle singole giurisdizioni. Inoltre il R.D. del 1923 ha rappresentato l'unica normativa di riferimento in tema di assistenza giudiziaria dei non abbienti nel giudizio civile ed amministrativo, fino all'emanazione della recentissima legge 29 marzo 2001 n. 134, che ha riformato l'intero istituto con l'introduzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti nei giudizi penali, civili, amministrativi, nonché in quelli di volontaria giurisdizione.

La legge 134/2001, riformando la legge n. 217/1990, ha istituito il patrocinio a spese dello Stato anche nei giudizi civili e amministrativi, ed ha fornito per la prima volta in Italia una disciplina unificata dell'istituto. Bisogna ricordare però, che la legge n. 134 che doveva entrare in vigore il 1º luglio 2002 non è stata mai messa in pratica, in quanto è stata trasfusa nel testo unico in materia di spese di giustizia, ovvero d.lgs. 30 maggio 2002, n.115, che ha in parte innovato anche la legge n. 134. Oggi è a questo testo unico che dobbiamo fare riferimento, in quanto, ha riunito e coordinato anche le norme in tema di patrocinio a spese dello Stato.

La mia indagine non si è solo basata sulla raccolta di dati normativi e di studi fatti dalla dottrina sul tema dell'assistenza giudiziaria ai non abbienti, ma ho svolto anche una ricerca sul campo per capire in particolare se le leggi esistenti in Italia sul patrocinio dei non abbienti sono state di aiuto a due particolari categorie di soggetti: i senza-fissa-dimora e i cittadini extracomunitari. Per questo motivo ho preso contatti con il gruppo degli "Avvocati di strada" di Bologna, che si occupano di prestare consulenza e assistenza extragiudiziaria e giudiziaria ai senza tetto e con l'Ufficio del Difensore civico della Regione Toscana che offre assistenza stragiudiziale gratuita (e per il solo anno 1997 anche assistenza stragiudiziale attraverso l'opera di alcuni avvocati retribuiti dalla Regione), agli immigrati che versano in condizioni di indigenza.

Dalla mia ricerca empirica, è emerso un dato sconcertante, ovvero, che le leggi sul gratuito patrocinio che si sono susseguite in Italia sono state sempre di difficile, se non impossibile applicazione nei confronti dei soggetti appena menzionati, che possiamo considerare non abbienti per eccellenza.

Note

1. Cfr. G. Cascini, L'assistenza legale ai meno abbienti: una riforma che non può più attendere, in "Questione Giustizia", 1998, p. 668.

2. Cfr. Sentenza 13 maggio 1980, Corte Europea dei diritti dell'uomo, in "Foro italiano", IV, pp. 141 ss., con nota di A. Pizzorusso.

3. Cfr. Caldara e Cavagnari, Avvocatura dei poveri, voce del "Digesto italiano", Torino, 1893-99, IV, 2, p. 715.

4. Il regio decreto fascista del 1923, nacque come legge finanziaria dello Stato e fu emanato come legge delegata, in attuazione della legge 3 dicembre 1922, n. 1601 che aveva affidato al governo il compito di riordinare il sistema tributario. Con riferimento a quest'epoca, gli studiosi (Cappelletti) parlano infatti di concezione fiscale del gratuito patrocinio, in contrapposizione alla concezione sociale, che nasce con la Costituzione repubblicana.

5. In questi termini si esprime Gallo, Assistenza giudiziaria ai non abbienti, (diritto costituzionale), in "Enc. Giur. Treccani", III, Roma, 1991, p. 4.