ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo III
La tutela giuridica del non abbiente senza-fissa-dimora e del cittadino extracomunitario

Grazia Macrì, 2003

3.1. Tutela giudiziaria ed extragiudiziaria del soggetto senza-fissa-dimora

3.1.1. Premessa

Una tesi sul gratuito patrocinio, può costituire il luogo ideale per occuparsi anche della problematica dei senza-fissa-dimora, soggetti che spesse volte non sanno neppure di possedere dei diritti, in quanto, collocate ai margini della nostra società civile.

Chi più di un senza-dimora può essere considerato soggetto bisognoso di tutela e di assistenza gratuita in quanto persona economicamente debole e quindi svantaggiata? Il senza-fissa-dimora, è spesse volte un nullatenente e quindi potrebbe essere considerato un non abbiente per eccellenza. Il senza tetto è colui che in campo di diritti da tutelare spesso non ha voce in capitolo, egli spesso organizza la propria sopravvivenza, in una società malata, che tende sempre ad escluderlo.

Ma chi sono queste persone? Cosa sappiamo realmente di loro? A volte sembra che nei confronti di questi soggetti l'indifferenza prenda il sopravvento, i 'barboni' sono diventati soprammobili che non si notano più, fanno parte di un arredamento e la gente si accorge della loro esistenza solamente quando pensa che il tale dal corpo malconcio deturpa l'ambiente cittadino.

La nuova povertà è costituita da persone che, probabilmente prima erano ragionieri, commercianti, camionisti, magazzinieri, operai ecc., in poche parole, 'persone normali'. Forse non si sarebbero mai immaginate di arrivare a tal punto. Eppure succede! Può succedere a tutti se si verificano determinate rotture che innescano un circuito spesso senza ritorno.

Forse troppi hanno ancora, delle persone senza-fissa-dimora, un'immagine o di clochard che hanno scelto una vita libera lontana dagli schemi che la società ci impone, o di fannulloni che non hanno voglia di fare nulla e si accontentano di vivere alla giornata.

Alcune ricerche (1), hanno invece evidenziato, che le persone senza dimora sono coloro che hanno perduto nel corso del tempo i legami sociali significativi, che si trovano in precarie condizioni materiali di esistenza e che hanno abbandonato l'uso prevalente dell'abitazione.

Rotture biografiche più o meno grandi hanno contraddistinto l'esistenza di queste persone: dalla morte di un figlio alla separazione coniugale, dal vizio del gioco a quello dell'alcool e della droga, da drammi con la giustizia alla perdita del lavoro. Piccoli o grandi drammi che hanno contribuito passo dopo passo a far intraprendere al soggetto una spirale senza fine, una carriera da 'barbone' che comincia con l'annullamento dei legami familiari, poi con quelli amicali ed infine lo trovi a dormire sotto un cartone o in fila alla mensa per mangiare un pasto caldo.

Se per caso però ci si trova a conversare con un senza-tetto, i pregiudizi cominciano a venire meno, si comincia a pensare che davanti si ha un proprio simile e che sono persone come potresti essere un giorno tu. Ad un certo punto può succedere qualcosa nella vita delle persone, una sfortuna, una disgrazia, una sofferenza che porta a non tirarsi più su.

La perdita di una rete di sostegno familiare e sociale porta un soggetto svantaggiato a diventare una persona senza-fissa-dimora. Le persone che arrivano a diventare senza dimora, sono persone con fragilità psichiatriche, anziani abbandonati, giovani disadattati, depressi alcolisti, immigrati con difficoltà.

Passando ai numeri, non è dato sapere con precisione, quanti sono i senza-fissa-dimora che popolano il nostro paese. Non esiste per loro un censimento, ma da alcuni dati risultanti dall'ultimo rapporto della Commissione sulla povertà della Presidenza del consiglio, che risale al '95, si stima che sarebbero almeno 50 mila (2). La cifra però, si riferisce solo a quelli che frequentano dormitori, mense, docce, centri d'ascolto, parrocchie. Ossia, il circuito della povertà, come lo chiamano gli addetti ai lavori, di cui non fanno parte le moltissime persone che per motivi diversi, vivono una vita assolutamente randagia. Sono tante le storie che sfuggono alle statistiche e sussiste inoltre il pericolo di un forte aumento dei senza-fissa-dimora.

La maggior parte dei senza-tetto, si trova nelle grandi città e da quanto affermano le associazioni di volontariato, sono in forte aumento i giovanissimi (l'età media va dai 30 ai 40 anni), le donne, i dimessi da ospedali psichiatrici ma, soprattutto gli extracomunitari.

A proposito di immigrati extracomunitari, questi rappresentano oggi, una componente importante della povertà estrema e dell'esclusione abitativa. A differenza di quanto si verifica nella componente italiana del fenomeno, le persone senza dimora d'origine extracomunitaria, evidenziano in genere, una forte motivazione all'inserimento e all'integrazione sociale. In loro è quasi assente la componente di disagio psichico, anche se un certo numero di senza dimora immigrati manifesta dipendenza da sostanze psicotrope (droga, alcool, ecc.).

A differenza dei senza tetto italiani, gli extracomunitari possono fare riferimento a reti di relazioni formali e informali, legati alla comunità d'appartenenza, che organizzano in alcuni casi, la sistemazione alloggiativa di coloro che risultano esclusi dall'abitazione. In altri casi, si registra invece la presenza di gruppi, anche consistenti, di senza dimora immigrati, di comune provenienza geografica, installati in baraccopoli o in ripari di fortuna, localizzate in aree rurali o alle estreme periferie metropolitane.

La popolazione immigrata, proviene maggiormente, dall'Albania, dall'ex Iugoslavia, dal Kosovo, ma numerosi sono anche i nordafricani. Gli Albanesi, spesso hanno gravi problemi alloggiativi, soprattutto gli irregolari e i clandestini. Le loro sistemazioni prevalenti, sono infatti, le occupazioni di appartamenti, case abbandonate, edifici industriali dismessi, baracche autocostruite, la sistemazione presso ripari occasionali. In altri casi, si osservano situazioni di sovraffollamento in alloggi reperiti attraverso contratti d'affitto stipulati da connazionali.

Anche i kosovari, alloggiano in ripari di fortuna, ma spesso si trovano a sostare all'aperto così come i nordafricani, anche se di loro si nota una forte presenza all'interno di asili notturni e dormitori.

Da quanto accennato, emerge una situazione di forte disagio tra la popolazione che vive per strada, sarebbero molti i diritti che questi soggetti potrebbero far valere davanti ad un'autorità tra cui, il diritto ad avere la residenza, una casa, un lavoro, un permesso di soggiorno. Non sempre però le istituzioni pubbliche intervengono per rispondere ai bisogni di reinserimento e acquisizione di capacità sociali minime, espressi dai senza-fissa-dimora, e tocca quindi alle private associazioni di volontariato tappare i buchi nel sociale.

Non bisogna dimenticare inoltre, che l'assistenza di cui un senza-dimora potrebbe aver bisogno riguarda anche il campo penale. Spesso infatti, questi soggetti, vengono denunciati per la commissione di alcuni reati legati alla quotidianità del senza-fissa-dimora e a motivi di sopravvivenza: guida in stato di ubriachezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, furti, spaccio di droghe ed altri.

Cosa molto assurda, nella maggior parte dei casi, proprio a questi soggetti che più di ogni altro vivono nella miseria e nella povertà, non viene data la possibilità di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato per poter sopperire alle spese legali, o perché non possiedono la documentazione necessaria a causa della perdita di residenza o perché il giudice decide di respingere l'istanza di ammissione in quanto ritiene che il soggetto possieda un reddito sufficiente legato all'attività illecita che egli svolge e che gli permette di conseguenza di sostenere sia le spese processuali che quelle della difesa.

Anche in questo caso sono i privati che sopperiscono alle carenze dello Stato, o organizzando forme di tutela e consulenza stragiudiziale o addirittura difendendo gratuitamente questi soggetti in giudizio nel caso in cui devono sostenere un processo, è questo il caso degli "Avvocati di strada" di Bologna, unico caso in Italia, che servendosi di un fondo privato offre tutela giudiziaria gratuita ai non abbienti senza-dimora.

3.1.2. Un esempio da imitare: il progetto dell'"Avvocato di Strada" nato all'interno dell'associazione "Piazza Grande" di Bologna per la tutela extragiudiziaria e giudiziaria gratuita del non abbiente senza-fissa-dimora

3.1.2.1. Chi sono gli amici di "Piazza Grande"

"Piazza grande", è un'Associazione, un movimento di mutuo soccorso, di auto aiuto, che ha ribaltato il concetto di marginalità in protagonismo attivo, trasformando la passività indotta dall'assistenzialismo in opportunità di risorse umane. "È da questa consapevolezza che nasce la forza della nostra esperienza" affermano i protagonisti dell'associazione.

Gli ideatori di Piazza Grande hanno cercato di dare ai senza-dimora delle risposte pratiche. Essi hanno reso protagonisti del cambiamento gli stessi "utenti", valorizzando per prima cosa le risorse umane e le potenzialità esistenti in ogni persona. Inoltre hanno cercato di far produrre i servizi alle stesse persone che li utilizzano, dando loro la possibilità di creare un proprio reddito costruendo nuove modalità di occupazione adattabili alle possibilità delle persone.

L'esperienza di Piazza Grande è davvero meritevole di essere percorsa ed analizzata. Essa, è nata in ambito sindacale per affrontare inizialmente le problematiche carcerarie ma, si è poi concretizzata, con un impegno più preciso e motivato in settori nuovi ed ancora poco presi in considerazione.

Sul finire degli anni '80, la Cgil, la camera del lavoro di Bologna, avverte la necessità di affrontare il tema generale della solidarietà e dei diritti di cittadinanza a partire dalla situazione che più di ogni altra ne nega i presupposti: il carcere (3). Così, un piccolo gruppo di persone, con pochi mezzi, decide di presentare alla città ed al mondo del lavoro, un progetto operativo che consiste nel far ritrovare ai soggetti svantaggiati i diritti perduti o mai posseduti.

Il progetto, ha messo innanzitutto in evidenza, come le persone in stato di detenzione sono comunque portatrici di diritti fondamentali e che per questo motivo deve essere data loro la possibilità di autopresentarsi anche all'esterno. Nasce così, inizialmente solo lo strumento del giornale del carcere, dal titolo "Le voci dentro", interamente redatto da detenuti e detenute e destinato a diventare presto una finestra aperta su quella realtà, ma successivamente, sempre su iniziativa del sindacato, si decide di dare voce anche a quei soggetti appartenenti ad una realtà altrimenti ignorata o ignota ai più, ovvero alle persona senza-fissa-dimora, creando per loro lo strumento del giornale di strada.

Va sottolineato però, che da parte del sindacato, questa, non è stata affatto un'operazione semplice e scontata. Infatti viene evidenziato che:

Non è facile per chi vive per strada decidere di proporsi agli altri per quello che è: non nascondersi negli angoli bui dei portici cittadini, né trascinarsi lontano dalla gente, vivere il proprio rapporto con la comunità "da arrabbiato sociale", da escluso. Ciò significa innanzitutto mettersi in discussione, guardarsi dentro per assumere consapevolezza della propria "diversità", metterla fuori e proporla agli altri, in ultima istanza accettarsi per come si è.

Le difficoltà sono state molte, a partire da quella preliminare di entrare in un mondo non sempre permeabile, portando una proposta non di assistenza e carità e neppure di comprensione e tolleranza, ma avanzando un'ipotesi in cui i protagonisti, attivi e operativi, dovevano essere proprio i cittadini senza diritti (4).

Le difficoltà che si sono presentate per il sindacato nella fase iniziale del progetto di Piazza Grande, hanno successivamente dato ottimi risultati, tanto che, oggi la realtà di Piazza Grande, non è costituita dal solo giornale di strada (5), ma si è articolata in molte altre attività, fino ad arrivare alla costituzione di una cooperativa sociale, coinvolgendo persone delle quali pochi si sarebbero accorti.

L'ultimo intervento all'interno dell'associazione riguarda inoltre la creazione dello sportello dell'"Avvocato di strada", che da due anni svolge attività di consulenza e assistenza stragiudiziale e giudiziale gratuita, per tutte le persone, italiani e stranieri, che vivendo situazioni di disagio economico, sociale e culturale, non sarebbero in grado di trovare adeguate soluzioni alle proprie problematiche giuridiche a causa della carente opera delle nostre istituzioni pubbliche.

Sulle orme di "Le voci di Dentro", mensile che, come si accennava, è redatto prevalentemente da detenuti, il giornale di strada è ipotizzato con una redazione composta da senza-fissa-dimora e pensato per assolvere in parte esigenze informative sulle vecchie e nuove forme di marginalità, in parte quelle dei senza-fissa-dimora stessi che vi possono trovare indicazioni utili sui servizi cittadini.

Gli ideatori del giornale, hanno pensato che la motivazione principale che ha spinto alla creazione di questo strumento per senza-tetto, deriva prevalentemente da valutazioni di ordine economico e culturale. Hanno infatti, ritenuto necessario, sia fornire una qualche forma di sostentamento a persone con ridotte, se non del tutto inesistenti risorse economiche, sia di dare visibilità a soggetti che non appartengono alle tradizionali categorie a cui si rivolgono i servizi territoriali, pubblici e privati. Con questa via hanno voluto sperimentare una metodologia di intervento grazie alla quale, far conoscere le "nuove realtà marginali" a rischio di invisibilità e, soprattutto, di esclusione sociale.

La presentazione del progetto del primo 'giornale di strada', avvenne il 26 ottobre 1993. Fu organizzato un primo incontro a cui parteciparono circa una cinquantina di senza-fissa-dimora, alcuni operatori, un responsabile della struttura comunale e un rappresentante del Collettivo del dormitorio (6). Questo è stato il primo passo verso il processo di mobilitazione delle risorse e dei soggetti.

Gli ospiti del dormitorio, ai quali è stato inizialmente presentato il progetto, in un primo momento, si dimostrarono diffidenti rispetto alla proposta e timorosi di essere sfruttati e strumentalizzati, riproponendo un rapporto molto conflittuale con il resto della società che gli ideatori comunque rappresentavano.

L'idea del giornale redatto da senza-dimora, non si scontrò in realtà solo con i diretti interessati, ma anche con altri soggetti già impegnati in opere di volontariato, i quali, abituati ad erogare prestazioni e ad occuparsi della presa in carico del singolo caso, più che ad aiutare i soggetti ad auto-promuoversi, sentivano messi in discussione da tale proposta il ruolo tradizionalmente ricoperto nonché gli scopi principali del loro lavoro, conformi alla cultura prevalente nei servizi.

La proposta, nonostante le difficoltà iniziali, è stata recepita comunque da un piccolo numero di senza-fissa-dimora, che pur manifestando una serie di dubbi relativi alla reale possibilità di successo dell'iniziativa.

La conquista più importante per gli ideatori riguarda il fatto che i diretti interessati hanno percepito il progetto come possibilità di promuovere cambiamenti in una vita che dipende essenzialmente da interventi assistenziali.

Il percorso iniziale non è stato affatto semplice, perché per le persone emarginate ha implicato, l'uscita dalla logica dei propri problemi quotidiani e dai rapporti personali conflittuali, per poi diventare gruppo, un gruppo però, promotore attivo di una cultura diversa nei confronti dell'emarginazione (7).

La fase della strutturazione del giornale fu piuttosto rapida. Il primo numero di Piazza Grande, il numero 0, uscì prima di Natale, il 14 dicembre del 1993 e, distribuito in strada dagli stessi senza-fissa-dimora, riscosse subito un notevole successo: furono vendute 3000 copie in pochi giorni e venne subito fatta una ristampa di altre 3000 copie. Così, i senza-fissa-dimora, che prima erano considerati per la realtà bolognese la categoria degli 'accattoni', e quindi soggetti passivi, si sono trasformati in soggetti attivi, promotori e venditori di un prodotto costruito da loro stessi.

Lo stesso giorno di uscita del giornale di strada, venne indetta una conferenza stampa all'interno del dormitorio pubblico bolognese. Il giornale e questa nuova esperienza per persone che prima vivevano ai margini, venne di seguito pubblicizzata sui principali canali televisivi nazionali e su molti quotidiani nazionali e locali. Furono i senza-fissa-dimora stessi, redattori e distributori di Piazza Grande, a presentare l'iniziativa ed a cominciare ad essere riconosciuti sotto altra veste anche sull'intero territorio nazionale. La fase di pubblicizzazione, servì di sicuro ai senza tetto come momento di identificazione nel gruppo promotore.

L'organizzazione della diffusione del giornale fu improvvisata: prima di tutto venne studiato un modo per recuperare il denaro speso in carta, stampa, materiali, necessario tra l'altro per l'uscita del numero successivo. Il giornale venne così dato ai distributori senza-fissa-dimora, in conto vendita, chiedendo ad essi 800 lire (che poi salirono a 1000 lire) per ogni copia escluse le prime 15 che venivano offerte gratuitamente. Il giornale non ha un prezzo di copertina ma il senza-dimora cerca di venderlo al prezzo simbolico di un caffè, cosicché ha la possibilità di restituire la cifra per le spese di redazione e di ottenere un piccolo guadagno per sé.

Passata la fase iniziale, Piazza Grande, che prima nasce come supplemento di "Le Voci di Dentro", acquista una certa autonomia e si dota di una propria redazione costruita in dei locali presi in affitto. Il giornale, comincia ad avere anche una propria indipendenza economica, in base ad alcune stime effettuate dai promotori, si è potuto ipotizzare che nei primi mesi di distribuzione il ricavo mensile è stato (eliminando la quota che ogni diffusore tratteneva), di circa 5.000.000 delle vecchie lire, cifra che ha permesso di coprire tutte le spese.

Il consolidamento dell'identità di gruppo conduce, dopo pochi mesi, nell'aprile 1994, alla fondazione dell'associazione "Amici di Piazza Grande". Questa, costituisce una sorta di taglio del cordone ombelicale alla ricerca di una sempre maggiore autonomia dei soggetti senza-fissa-dimora.

"Amici di Piazza Grande", la cui nascita è datata 29 aprile 1994, viene fondata da 29 soci, di cui 13 residenti al dormitorio pubblico.

L'associazione è formata da una componente mista, infatti ne fanno parte sia soci svantaggiati che non svantaggiati. Questo fattore ha costituito una risorsa non indifferente. Per i soggetti provenienti da condizioni di marginalità, abituati a confrontarsi esclusivamente con individui nelle stesse condizioni, o con operatori sociali in qualità di assistiti, è stato un cambiamento notevole sia a livello individuale che di gruppo, che gli ha permesso di rapportarsi alla pari con persone che non hanno alle spalle lo stesso percorso.

L'associazione ha stilato un proprio Statuto e, all'art. 2 si propone di «migliorare le condizioni di vita di persone in svantaggio sociale e dar voce ai problemi delle persone senza-fissa-dimora, partendo dalla presa di parola degli stessi soggetti in difficoltà» e denunciare «quelle condizioni che trasformano cittadini in una condizione materiale di indigenza e di difficoltà, in uno stigma sociale».

Gli ambiti di azione dell'Associazione sono sostanzialmente tre, essa si rivolge:

  1. alle persone in difficoltà, considerandole soggetti aventi determinati bisogni, ma anche risorse per la soluzione degli stessi;
  2. al sistema politico, reclamando il diritto di rappresentanza delle classi marginali ed una cittadinanza completa;
  3. alla società nel suo insieme, attraverso iniziative di sensibilizzazione e di cooperazione con soggetti pubblici o privati all'interno di interventi per la lotta all'emarginazione.

Gli organi dell'Associazione, previsti dallo Stato sono: a) l'Assemblea, costituita da tutti i soci, ciascuno dei quali dispone di un voto; b) il Comitato direttivo, eletto dall'Assemblea dei soci e composto da un minimo di tre ad un massimo di nove membri; c) il Collegio dei Probiviri, in seguito sostituito dal Collegio dei Garanti, costituito da tre componenti effettivi e da due supplenti eletti dall'Assemblea (8).

La vita dell'Associazione, nei primi anni di rodaggio, non è lineare, è fatta invece di scontri, fratture, di incrinature, di momenti di instabilità, tuttavia essa continua a vivere e a rafforzarsi.

Già dai primi mesi di vita, all'interno dell'Associazione, nasce il 'Mutuo Soccorso', un servizio mobile di sostegno per persone svantaggiate, inizialmente affiancato dalla Croce Rossa Italiana e dal Sovrano Militare Ordine di Malta. Questo intervento ha avuto lo scopo di promuovere la salute e la tutela di quelle persone che non essendo ospiti di alcuna struttura, vivono e dormono per strada, e gli operatori impegnati nel progetto sono soprattutto i soci svantaggiati dell'Associazione i quali, hanno di certo più competenza e più esperienza, maturata in anni di vita sulla strada a contatto con realtà di ogni genere.

Fondamentale, in questo processo di attivazione dei soci svantaggiati, è stata nella storia dell'Associazione, la capacità degli ideatori e, in generale dei soci non svantaggiati, di collocarsi dietro le quinte degli interventi, rispondendo quindi alla richiesta di autonomia dei soggetti in difficoltà e non assumendo un ruolo di primo piano nei processi ma semplicemente supportandoli (9).

Dopo un anno di necessario consolidamento, si comincia a intravedere l'opportunità per l'associazione di poter operare su un terreno diverso da quello della produzione e distribuzione del giornale e del mutuo-soccorso e quindi si ipotizza anche la possibilità di promuovere progetti di inserimento lavorativo sulle fasce deboli attraverso finanziamenti europei.

L'ulteriore passo avanti dell'Associazione consiste nella creazione delle "Officine di Piazza Grande", progetto avviato grazie allo stanziamento di fondi da parte della Comunità Europea. Le Officine comprendono tre principali attività:

  1. raccolta differenziata di carta, cartone, metalli;
  2. raccolta mobili, oggetti, utensili, abiti usati;
  3. deposito magazzinale e laboratorio di riparazione biciclette.

Con questa nuova attività l'Associazione inizia a lavorare in rete anche con altre istituzioni, in particolare con il Ser.T. e con il Servizio sociale adulti, ampliando così il bacino di provenienza dei soggetti impegnati nelle diverse attività, a lavoro non ci sono più solo senza-fissa-dimora, ma tossicodipendenti, nomadi, persone con reddito minimo che non permette loro la sopravvivenza.

Da questo momento in poi, l'Associazione si delinea sempre più come organismo in evoluzione, attraverso un cammino che sembra irrefrenabile verso nuovi modelli, nuovi progetti, nuovi percorsi ed interventi (10).

Nel 1997 altri eventi ampliano l'attività di Piazza Grande, inizia la gestione della "Cascina" in convenzione con il comune di Bologna, il cui scopo principale, è quello di offrire, un riparo notturno ai "nuovi" soggetti senza-fissa-dimora, soprattutto "punk-a-bestia", ed un luogo di incontro ai gruppi itineranti presenti nel contesto bolognese. Nello stesso anno diventa attivo anche il "gruppo donne" con il progetto "La Bottega delle donne", magazzino-laboratorio di riciclo di abiti usati allocato nella sede delle Officine.

A partire dal luglio 1997, la storia del gruppo non profit Piazza Grande accoglie un ulteriore elemento di consolidamento ed evoluzione con la nascita della Cooperativa, La Strada di Piazza Grande.

L'idea della cooperativa, nasce in seguito alla positiva esperienza delle Officine, create grazie al finanziamento europeo, e che fanno si ché l'Associazione possa confrontarsi in maniera più diretta con il mercato del lavoro. La Cooperativa, fondata da 15 soci tutti provenienti da percorsi di marginalità, già impegnati all'interno dell'Associazione, si propone lo scopo di perseguire la continuità di occupazione lavorativa dei suoi membri, promuovendo e migliorando l'integrazione sociale e operando per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

"La sua nascita è motivata dall'esigenza di uscire da quell'economia informale che, pur assicurando la sopravvivenza a soggetti a rischio di esclusione, non garantisce loro l'essere cittadini a tutti gli effetti in maniera continuativa e riconosciuta" (11). Lo scopo della Cooperativa è quindi quello di operare dando visibilità ai soci che si ritrovano in condizioni di svantaggio sociale.

Da quanto appreso dai colloqui con alcuni soci della Cooperativa, questa è servita ad entrare a tutti gli effetti nel mercato del lavoro e a far diventare soggetti economici le persone svantaggiate.

L'ambito di intervento della Cooperativa, riguarda l'attività di recupero, restauro, riutilizzo e vendita di materiale di riciclo in generale, compreso quello dei rifiuti urbani ed industriali, la gestione di aree di verde pubblico e di parcheggi, i servizi di animazione e iniziative ricreativo-culturali, il trasporto merci e lavori di facchinaggio, i servizi alla persona, come la gestione dei centri di accoglienza e dei servizi di informazione per persone svantaggiate, la conduzione e gestione di pubblici esercizi, di officine di riparazione, di attività editoriali.

Sul giornale "Piazza Grande", in cui le attività della cooperativa vengono pubblicizzate si legge: "Hai la cantina piena di roba che sta lì da anni e ti impedisce persino di aprire la porta? Lo sgabuzzino è diventato un luogo sconosciuto? Hai vinto alla lotteria, vuoi rifare tutto il tuo arredamento e non sai dove mettere quello vecchio? Chiamaci!" Oppure: "Hai una casa in affitto da arredare? Una stanza da sistemare? Vieni a fare un giro al nostro magazzino, troverai offerte e prezzi bassi per oggetti dell'altro mondo". In un'altra pagina, viene invece pubblicizzato il "Bici centro": "Tutto per la bicicletta. Usato, ricambi e restauro, occasioni & risparmio, riparazioni in giornata". E un piccolo inserto è dedicato alla sartoria. Si legge: "Riparazioni, orli, orlo al giorno, rammendi, costumi teatrali e di carnevale su ordinazione, tovagliato, tende a pannello e tanto altro".

Con la nascita della Cooperativa, numerose attività, prima svolte dai soci per conto dell'Associazione, passano sotto la sua gestione in quanto si ritiene che essa sia in grado di tutelare maggiormente il diritto al lavoro. All'Associazione rimane però l'attività culturale e politica, svolta prevalentemente tramite il giornale, il servizio mobile di sostegno e la conduzione giornaliera del riparo notturno.

Il merito principale della Cooperativa, è quello di aver dato riconoscimento sociale al lavoro svolto, passaggio cruciale rispetto al diritto alla casa, al lavoro e alla socialità.

Dopo questa breve presentazione dell'Associazione "Piazza Grande", possiamo concludere con delle constatazioni:

  1. Piazza Grande, è riuscita a dare reddito a chi proprio nella condizione di povertà aveva ed ha uno dei punti di debolezza, accanto a quello psicologico-relazionale;
  2. ha offerto un ventaglio di opportunità a diverso grado di intensità e strutturazione, dando dimostrazione di grande flessibilità;
  3. ha creato una serie di competenze professionali, che vanno dal redattore del giornale al distributore diffusore, dal riparatore di biciclette all'operatore di centri di prima accoglienza e di strada, al responsabile di settore e, più in generale, alle figure dirigenti;
  4. nel suo ambito, si è avvertita inoltre la necessità di fornire alle persone senza-fissa-dimora, un sostegno qualificato ed organizzato per la tutela giuridica dei loro diritti, diritti che vengono violati quotidianamente a causa di soprusi e prevaricazioni di ogni genere.

3.1.2.2. "L'Avvocato di Strada"

3.1.2.2.1. PREMESSA

Il progetto Avvocato di Strada, è stato pensato e realizzato all'interno dell'Associazione bolognese Amici di Piazza Grande.

Come ho già sottolineato, corpo e fondamento dell'Associazione sono i senza-fissa-dimora, cittadini invisibili, ai quali viene spesso riconosciuta quale unica fonte di diritto la possibilità di avanzare richieste di sostegno economico (i cosiddetti "sussidi") che non costituiscono una risposta né una soluzione al disagio, ma improntano di assistenzialismo la relazione tra istituzioni e i cittadini, limitando in questi ultimi la possibilità di sviluppo di ogni forma di autonomia personale e sociale.

L'Associazione "Amici di Piazza Grande", ripeto, è il luogo in cui i cittadini svantaggiati si organizzano per confrontarsi su idee e modalità di intervento rispetto alle problematiche legate all'emarginazione. Sono loro i protagonisti di azioni volte a promuovere, organizzare e gestire iniziative di rappresentanza, tutela e superamento del disagio dei senza-fissa-dimora e degli emarginati in genere, a partire dalla rivendicazione del riconoscimento dei diritti alla residenza, alla salute, alla casa, al lavoro, al reinserimento sociale.

Nell'ambito della sua attività, l'Associazione ha più volte denunciato un irrigidimento ingiustificato, sia delle istituzioni che dei cittadini, nei confronti di tutto ciò che non rientra nella "normalità"; ciò ha generato atteggiamenti, lontani da ogni principio di solidarietà: essere poveri è oggi considerata una colpa e non più uno status-condizione (12).

Le stesse persone che vivono in strada, e più in generale i soggetti deboli meno tutelati, hanno lamentato di dover subire ogni giorno soprusi e prevaricazioni di ogni genere senza potersi difendere. In tale ambito è stata avvertita la necessità di fornire a queste persone un sostegno, qualificato ed organizzato, per la tutela giuridica dei loro diritti.

Così è nato il progetto "Avvocato di strada", per la tutela dei diritti delle persone senza-fissa-dimora. Il progetto, ha ottenuto persino l'approvazione da parte del Consiglio dell'Ordine di Bologna, il quale dopo aver ricevuto una lettera da parte dei promotori, con la quale si illustrava l'iniziativa, ha risposto dicendo di ritenere meritoria l'attività che gli avvocati andavano ad intraprendere. Però, secondo gli avvocati, l'Ordine ha accettato una simile iniziativa, principalmente per il fatto che loro non avrebbero tolto clienti a nessuno, giacché difendono persone che non andrebbero mai da un altro legale perché non avrebbero i soldi per pagarlo. Inoltre, sostiene uno degli avvocati, "l'Ordine non avrebbe potuto contestare una simile iniziativa in quanto, ci sono alcune sentenze della Cassazione che dicono, che l'avvocato può operare gratuitamente quando i casi trattati siano di rilevanza sociale e l'attività è svolta per persone svantaggiate o in gravi condizioni economiche".

Trattare di questo progetto nell'ambito di una tesi sul gratuito patrocinio per la tutela dei non abbienti, serve, a mettere in evidenza il paradosso che il nostro legislatore ha creato con le varie legislazioni che si sono susseguite nel nostro paese per la tutela dei poveri. Nell'avvicinarmi al mondo dei senza-fissa-dimora, ho potuto constatare che la nostra la legislazione sul patrocinio dei non abbienti serve poco o, non serve affatto, per la tutela di quei soggetti che possiamo considerare i più poveri tra i poveri, coloro che spesso non possiedono neppure un minimo reddito per sopperire ai bisogni primari.

Questo è successo per una serie di motivi, primo fra tutti, quello della mancanza di residenza. Per un senza fissa dimora, non è affatto difficile venirne privato: può bastare non essere rintracciabili durante il censimento o avere la carta d'identità scaduta e non più rinnovata. Questo basta, per far perdere ad un soggetto tutta una serie di diritti: non avere più documenti di riconoscimento, non poter accedere al servizio sanitario, non potersi iscrivere nelle liste di collocamento, non poter istruire una domanda di pensione o di invalidità, non poter stipulare contratti né votare, e neppure chiedere ad un giudice l'ammissione al gratuito patrocinio qualora si presentasse il bisogno di agire o di difendersi in giudizio.

Per poter presentare istanza di ammissione al gratuito patrocinio, le leggi italiane che si sono susseguite negli anni, hanno richiesto e continuano a richiedere in primis la presentazione di idonea documentazione di riconoscimento da allegare alla domanda di patrocinio assistito, sia in materia civile (nella vecchia legge del 1923, da presentare alle commissioni per il gratuito patrocinio, nel t.u. in materia di spese di giustizia al Consiglio dell'Ordine degli avvocati), sia in materia penale (da presentare direttamente al giudice competente nel merito).

In questi ultimi anni, numerose associazioni di volontariato, si sono prodigate per far ottenere ai senza-fissa-dimora, la residenza presso le loro sedi, ma anche in questo caso potrebbe risultare difficile (per altri motivi che indicherò di seguito) per un senza-tetto che deva agire o difendersi in giudizio, richiedere l'ammissione al gratuito patrocinio. Infatti, l'istanza per ottenere l'ammissione al gratuito patrocinio nell'ambito del vecchio R. D. ha generato una serie di diseguaglianze nei confronti dei soggetti poveri a causa del suo pesante rigore formalistico (13). L'art. 18, del R. D., richiedeva, come abbiamo visto, che la domanda di ammissione doveva essere fatta dall'interessato con ricorso in carta da bollo, e doveva contenere «una chiara e precisa esposizione sia dei fatti, che delle ragioni e dei mezzi legittimi di prova, sui quali la parte istante intenderà di fondare la sua domanda o la sua difesa».

Il soggetto povero, che non è esperto di cose giuridiche o che in alcuni casi è analfabeta era così automaticamente tagliato fuori da un siffatto sistema di gratuito patrocinio. Ma pur sapendo compilare la domanda, di sicuro non avrebbe saputo quale fosse stata la commissione competente a cui rivolgersi. Questo avrebbe portato come conseguenza che il povero avrebbe dovuto rivolgersi ad un avvocato per ottenere consigli sulla stesura della domanda d'ammissione, e si sa gli avvocati costano! Ad un senza-dimora mancano spesso i mezzi economici per sopravvivere, figuriamoci se può sostenere la spesa per una consulenza legale!

Il senza-dimora, non potendosi permettere una consulenza stragiudiziale, può solo sperare in qualche associazione di volontariato che si occupa di assistenza legale gratuita, dato che in Italia, sia la vecchia legge sul gratuito patrocinio, sia quelle successive, compreso il t.u., non prevedono, a differenza della legge inglese o di altri paesi, l'istituzione di uffici legali pubblici di consulenza gratuita stragiudiziaria, distaccati in ogni parte del territorio nazionale, ai quali il povero possa fiduciosamente rivolgersi per chiedere consiglio.

Come nell'ambito delle controversie di lavoro, la legge sul patrocinio a spese dello Stato è fallita per i motivi che in quella sede abbiamo elencato, e il sindacato si è preso carico sia di fornire un'adeguata consulenza legale stragiudiziale ai suoi iscritti, sia un'adeguata assistenza nei processi attraverso i suoi avvocati, così nell'ambito della tutela del senza-fissa-dimora o dei poveri in genere, svolgono un'importante funzione le associazioni private di volontariato.

Tali associazioni attraverso propri fondi e attraverso l'operato di legali che si mettono a disposizione del povero gratuitamente, gestiscono, senza alcuna forma di sostegno statale, attività di consulenza giuridica stragiudiziale, necessaria a causa di tutte le complicazioni e trasformazioni del diritto tipiche di una società in continua evoluzione.

Sosteneva Cappelletti:

Alla sua ignorantia juris, il ricco può supplire con l'aiuto di un consulente legale da lui compensato; il povero, invece, non ha i mezzi per sottrarsi al peso della sua ignoranza. Formalmente applicabile a tutti senza discriminazioni sociali, il motto tradizionale ignorantia juris non excusat si manifesta, pertanto, come uno dei tipici principi di una società non democratica (14).

Le insufficienze delle leggi italiane sul gratuito patrocinio sono state compensate in alcuni casi, dall'impegno degli avvocati delle varie associazioni di volontariato che, hanno sempre dimostrato solidarietà verso il debole, verso il soggetto indifeso, che spesse volte non sa neppure di possedere dei diritti. Molti avvocati sono capaci di innamorarsi delle cause del povero e dedicare parte del loro tempo per dare consiglio al povero gratuitamente o difenderlo gratuitamente davanti ad un giudice come nel caso degli "Avvocati di strada", colmando quei vuoti che il nostro legislatore ha lasciato in questo campo.

Questi avvocati impegnati nel sociale ricordano molto la figura di Sant'Ivone menzionato in un saggio di Cappelletti, il quale nel parlare di avvocati zelanti afferma:

Si può ammirare a San Gimignano un affresco che rappresenta il dottore Ivone, vescovo di Chartres, mentre esercita il suo ministero di avvocato: da una parte si vedono in attesa nell'anticamera i clienti ricchi, con le mani cariche di prelibati donativi, che invano aspettano di essere ricevuti; dall'altra lo studio del patrono, il quale seduto nella sua cattedra, ascolta e consiglia amorevolmente i poveri, ai quali ha dato la precedenza. C'erano dunque anche allora avvocati che consideravano come loro missione difendere, senza cercar guadagno, le giuste cause dei poveri: bisogna però anche aggiungere, per la verità storica, che questi casi non dovevano, neanche a quei tempi, essere molto frequenti, se il caso del vescovo Ivone fu considerato dal popolo come un miracolo: "advocatus sed non latro, res miranda populo". E infatti dopo morto fu fatto Santo: Sant'Ivone, il protettore degli avvocati (15).

Sembra essere proprio quello appena menzionato lo spirito che anima gli "Avvocati di strada" di cui intendo parlare: ascoltare e consigliare amorevolmente i poveri, e difenderli anche nei casi in cui appare difficile se non impossibile richiedere l'applicazione del patrocinio gratuito. Infatti essi svolgono la loro attività nei confronti del povero considerandola come ufficio onorifico e obbligatorio anche nei casi in cui non sarebbe possibile l'applicazione delle leggi dello Stato.

3.1.2.2.2. IL PROGETTO DEGLI AVVOCATI DI STRADA, LA SUA CONSOLIDAZIONE E LE DIFFICOLTÀ NELL'APPLICAZIONE DELLA VECCHIA LEGGE SUL GRATUITO PATROCINIO E SUL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

Il progetto "Avvocati di strada", è stato presentato a Bologna il 21/12/2000, ottenendo l'adesione ed il consenso di molte associazioni e di singoli cittadini.

Anche molti avvocati bolognesi, tra cui ad esempio il presidente delle Camere Penali e tutti gli avvocati facenti parte dell'associazione "Iniziativa Giuridica Democratica", hanno aderito al progetto, ritenendo che devolvere alcune ore alla settimana per la tutela delle persone più disagiate, rientri tra i "doveri" di ogni avvocato (16).

Oggi il progetto "Avvocato di strada", è una realtà. Sin dalla metà di gennaio 2001, è stato aperto uno sportello, in via A. Di Vincenzo n. 26/f, a Bologna, presso l'associazione Amici di Piazza Grande, che offre consulenza giuridica gratuita a tutte le persone senza fissa dimora.

Scopo principale dell'iniziativa è quindi quello fornire, una tutela giuridica qualificata ed organizzata alle persone senza-fissa-dimora, tutela che non viene offerta invece nel settore pubblico.

Il progetto che poi si è concretamente realizzato prevedeva:

  1. l'apertura di un ufficio con personale composto da soli volontari;
  2. una consulenza giuridica gratuita;
  3. la presa in carico degli utenti per la soluzione stragiudiziale delle questioni proposte e l'accompagnamento presso strutture già esistenti ed in grado di risolvere i loro problemi (come ad esempio i patronati per le questioni pensionistiche);
  4. la difesa gratuita, anche in assenza dei requisiti per il gratuito patrocinio, per ogni eventuale controversia giudiziaria;
  5. lo studio e l'approfondimento dei diritti della povertà.

I giorni e gli orari di apertura dello sportello degli avvocati sono il mercoledì ed il venerdì dalle 15.30 alle 17.30 presso la sede dell'associazione "Amici di Piazza Grande"; il mercoledì vengono trattate le questioni inerenti il diritto civile e amministrativo ed il venerdì le questioni inerenti il diritto penale.

Allo sportello si accede direttamente o tramite appuntamento e la presenza di questa struttura viene periodicamente pubblicizzata mediante volantini distribuiti alla stazione ferroviaria, nei dormitori pubblici, nelle mense e nei luoghi di ritrovo degli utenti nonché dal giornale stesso dei senza-dimora che dedica all'attività degli avvocati un'intera pagina contenente tutte le importanti novità e gli indirizzi presso cui l'associazione opera.

In momenti successivi sono stati aperti nuovi sportelli di cui uno presso il dormitorio pubblico, dove gli avvocati prestano la loro opera attraverso la permanenza serale, ogni giovedì dalle ore 19 alle ore 20,30, per venire incontro alle esigenze manifestate dagli utenti che non avevano la possibilità di recarsi presso lo sportello principale

Dal marzo 2002 gli operatori hanno iniziato a recarsi presso tutti i dormitori pubblici presenti a Bologna, in giorni ed orari concordati con le amministrazioni gestionali, per incontrare gli utenti.

All'attività dello sportello partecipano numerosi volontari tra cui avvocati e giuristi; circa 60 avvocati del Foro di Bologna, pur non partecipando direttamente all'attività dello sportello, hanno dato la loro disponibilità a patrocinare gratuitamente uno o due casi l'anno riguardanti persone senza fissa dimora.

Durante il primo anno di attività, sono stati affrontati oltre 80 casi e contemporaneamente gli operatori hanno proceduto all'organizzazione dell'ufficio ed alla formazione dei volontari.

In base ad un bilancio consuntivo (17) che va, dallo 01/12/2001 al 10/11/2002, possiamo notare qual è stato il numero degli avvocati presenti allo sportello e le varie pratiche di cui si sono occupati:

Dallo 01/01/2001 al 31/12/2001 pratiche n. 57
Avv. presenti a rotazione agli sportelli di Via Di Vincenzo e Via Carracci: n. 9
Pratiche civili Pratiche penali
Residenza 6 Aggressioni/minacce 4
Separ./divorzi 5 Sequestro beni mob. 2
Dir. del lavoro 4 Permesso di sogg. 3
Affittanze 3 Ordine pubblico 1
Successioni/ered. 2 Ritiri/sosp. patenti 1
Docum. personali 2 Revoca lic. comm. 1
Debiti/cred. Istit. 4 Foglio di via 9
Incidenti stradali 2 Truffe, spaccio, ecc. 4
Pensioni invalid. 1 Assegni a vuoto 1
Decreti d'espulsione 1
Dallo 01/11/2002 al 10/11/2002 pratiche n. 128
Avv. presenti a rotazione agli sportelli di Via Libia, Via Carracci, Via Lenin: n. 23
Pratiche civili Pratiche penali
Diritto del lavoro 7 Aggressioni/minacce 1
Separazione/div. 5 Sosp./ritiri patenti 1
Tribunale minori 8 Truffe, spaccio, ecc. 37
Cred./debiti istit. 9 Permesso di sogg. 11
Incidenti stradali 1 Foglio di via 2
Residenza 15 Obbligo di sogg. 2
Ricerca parenti 2 Arresti domiciliari 2
Affittanze 5 Affidamenti 1
Rapporti strutture 2 Limit. libertà pers. 1
Success./eredità 3 Recupero doc. seq. 1
Mantenim. per indig. 1 Emiss.assegni a vuoto 1
Matrim. extracom. 1 Verifiche pendenze 2
Legge Bossi/Fini 1 Malattie invalidanti 1
Diritto di famiglia 1 Revisione proc. pendenti 1
Pendenze econ. Tribunali 1

Dal quadro appena delineato, emerge che le pratiche che hanno occupato lo sportello nei due anni di attività considerati, sono state più di 180 e che con l'arrivo di nuovi volontari, praticanti e avvocati e grazie all'apertura di nuovi sportelli le pratiche sono via via aumentate. Risulta inoltre che in ambito civile ed amministrativo gli utenti si sono rivolti allo sportello soprattutto per il disbrigo di pratiche sulla residenza, mentre in ambito penale, soprattutto per problematiche legate alla vita di strada, ovvero, truffe e spaccio.

L'attività dello sportello Avvocato di Strada, ha dimostrato che l'assistenza giudiziaria e legale gratuita, è un diritto fondamentale anche delle persone senza-fissa-dimora. I costi elevati della giustizia, fanno si, che, in particolare le persone che spesso non hanno neppure una casa, non possono essere in grado di affrontarli.

I legali di strada, sostengono, che in questi primi due anni della loro attività, la quasi totalità delle persone che si sono rivolte allo sportello per ricevere assistenza, non avrebbe potuto sostenere i costi necessari per un'azione giudiziaria o, in ogni caso, per richiedere una consulenza legale ad un professionista. Gli utenti che hanno usufruito del servizio, infatti, non solo non avrebbero potuto corrispondere gli onorari agli avvocati, ma, nella maggior parte dei casi, non avrebbero nemmeno potuto sostenere i costi delle spese vive necessarie per agire o difendersi in giudizio (bolli, diritti di cancelleria, tasse di registrazione degli atti).

Inoltre, secondo l'avvocato Murru, il problema non si pone solo per i casi di assistenza in giudizio, ma anche per tutti i casi in cui gli utenti necessitano di una consulenza legale qualificata, magari per prevenire una controversia oppure per risolverla in via stragiudiziale, ad esempio con una lettera o con una trattativa tra legali.

L'avvocato Murru, riferisce che dalla loro esperienza allo sportello Avvocato di Strada è emersa, a suo avviso, anche l'esistenza di altri importanti fattori che condizionano l'effettività del diritto all'assistenza legale delle persone senza-fissa-dimora. Gli ostacoli all'esercizio di tale diritto non sono, infatti, solo di carattere economico. Secondo l'avvocato Murru:

Anche le esperienze di altri paesi, in particolare l'Inghilterra e gli U.S.A., dimostrano che nel mondo contemporaneo il problema della difesa dei non abbienti non è solo legato ai costi della giustizia e, dunque, non si risolve cercando di porre esclusivamente rimedio al profilo economico. Allo sportello ci siamo resi conto che spesso i nostri utenti sono cittadini che non hanno cognizione di quali siano i propri diritti, gli strumenti per tutelarli, le strutture e le persone a cui rivolgersi. Inoltre, si è di fronte ad utenti che difficilmente si fidano e decidono di rivolgersi alle strutture competenti o ad un gruppo di legali per ricevere tutela. Nei primi mesi di attività dello sportello, infatti oltre a voler verificare la reale utilità del servizio offerto, abbiamo anche capito che dovevamo evitare il rischio del mancato incontro domanda/offerta. Quest'ultimo aspetto è sicuramente determinante per l'effettività del servizio.

Sin dall'inizio, quindi, ci siamo impegnati affinché Avvocato di Strada potesse essere conosciuto e potesse rispondere alle esigenze reali degli utenti che avevano bisogno di assistenza legale. Tramite volantini, inserti e articoli sui giornali abbiamo cercato di divulgare la nostra attività, l'indirizzo della sede dello sportello, il tipo di servizio offerto.

Grazie soprattutto ad Alberto, tutto questo è stato possibile. Egli svolge un ruolo fondamentale all'interno del gruppo degli avvocati, fa praticamente da tramite tra i legali e gli utenti, e da quando c'è lui il loro servizio è decisamente migliorato. Alberto si occupa di contattare le persone direttamente in strada, in stazione o nei dormitori, parla con la gente, ascolta i problemi e le necessità e quando è il caso predispone tutto il necessario per un appuntamento con Avvocato di Strada. Il suo ruolo non si esaurisce nel primo contatto. Alberto segue costantemente l'evoluzione delle pratiche che gli avvocati aprono allo sportello, si fa carico di comunicare telefonicamente o di persona le novità e le risposte. Spesso conoscendo bene anche il funzionamento dei servizi sociali pubblici e le persone che vi lavorano, contatta direttamente i responsabili delle strutture o comunque le persone competenti.

In questo modo Avvocato di strada riesce ad incontrare meglio i suoi utenti e a rispondere alle loro necessità.

Lo sportello dell'Avvocato di strada ha anche creato un indirizzario dei centri diritti, delle associazioni e dei patronati esistenti nella città di Bologna, con cui collaborare per poter dare agli utenti risposte più qualificate. Sono ormai numerosissime, le associazioni e le organizzazioni che hanno aderito fattivamente all'iniziativa. Tra le altre hanno aderito CGIL-CISL-UIL di Bologna, Consulta contro l'esclusione sociale di Bologna, Cile-CGIL di Bologna, Associazione Nuovamente, Coop e inoltre, la Strada di Piazza Grande, Auser, Federconsumatori Provinciale e Regionale, Lega Consumatori ACLI, Gruppo Abele di Torino, Iniziativa Giuridica Democratica, A.S.P.H.I. di Bologna.

I promotori di Avvocati di Strada, sostengono che la necessità e l'importanza del progetto che è stato realizzato, è testimoniata non solo dalla richiesta degli utenti, ma anche dalla progressiva attenzione del mondo sociale e del volontariato rispetto alle tematiche affrontate; il gruppo Abele di Don Ciotti, ad esempio, ha già chiesto ai volontari una collaborazione per poter avviare una iniziativa simile a Torino.

Numerosi quotidiani nazionali e locali hanno inoltre dedicato una pagina a questa iniziativa, unica in Italia. L'Unità ad esempio ha dedicato numerosi articoli a questo servizio offerto dagli avvocati di strada, l'ultimo del 13 febbraio 2003 porta come titolo "I diritti dei poveri tutelati dagli avvocati di strada" e all'interno si legge un'intervista ad AL.MO (Alberto), il quale afferma: "Avvocato di strada nasce per la tutela dei diritti dei poveri, delle persone che devono fare ogni giorno i conti con il disagio sociale, come gli ex carcerati, molti di loro si devono sobbarcare le spese processuali, e non ce la fanno. Si cerca allora di aiutarli". Ancora: sull'Unità del 13 marzo 2002 appare come titolo "L'Avvocato di strada dei senza fissa dimora. A Bologna l'associazione di legali «Gli amici di Piazza Grande» ha già risolto 50 casi". "Il Fatto" invece offre questo titolo: "Prendono il nome dal best seller di Grisham, sono legali e assisteranno poveri e senza casa. L'avvocato va in strada". Anche "Il Domani" del 28 maggio 2002 ha dedicato una pagina dal titolo "Gli amici di Piazza Grande aiutano i senza fissa dimora a difendere i propri diritti. Giustizia per tutti. È l'obiettivo del progetto Avvocato di strada". Altri numerosi giornali e riviste, hanno dedicato pagine intere all'iniziativa, e tutti, hanno messo in evidenza l'importanza del progetto che offre tutela e fa scoprire i propri diritti ai soggetti emarginati.

Il motto degli "avvocati di strada" è: "Lascia che la giustizia scorre come l'acqua". Come dire lasciate che la giustizia raggiunga tutti. "L'acqua è l'elemento primario per la sopravvivenza delle persone: senza questo liquido fondamentale si muore. La giustizia è l'elemento di equilibrio per la convivenza degli esseri viventi, anche se non sempre amministrata ad hoc. L'esperienza di 'Avvocato di Strada', vuole essere la dimostrazione di come non far morire, coloro che non hanno la possibilità di abbeverarsi alla fontana della giustizia nei modi e nei termini di uguaglianza" (18), considerando anche il fatto che, in Italia, la normativa a tutela del diritto all'assistenza giudiziaria dei non abbienti è stata, e forse lo è ancora, a lungo carente e, comunque, inidonea a garantire effettività al diritto.

I casi di diritto civile e amministrativo.

La metà delle questioni affrontate durante questi primi anni di vita dagli sportelli degli avvocati di strada, hanno riguardano il diritto civile e amministrativo.

Le questioni di diritto civile e amministrativo hanno riguardato, nell'80% dei casi, persone di nazionalità italiana, mentre nel restante 20% persone di varie nazionalità straniere. La fascia d'età prevalente è stata quella compresa tra i 30 e i 60 anni; infatti, il 70% delle persone che si sono rivolte allo sportello Avvocato di Strada ha un'età compresa in questa fascia, il 16% un'età compresa tra gli 0 e i 30 anni e il restante 14% è costituito da persone oltre i 60 anni.

Di notevole importanza è anche l'analisi del tipo di questioni giuridiche che si sono presentate. Tra i casi affrontati allo sportello in materia di diritto civile un numero rilevante ha riguardato problemi legati alla richiesta e al riconoscimento del diritto alla residenza, in particolare, più di una ventina sono stati gli utenti che hanno richiesto un intervento legale in questo ambito. È molto importante avere un posto dove risiedere. Infatti come già ho accennato, alla mancanza di residenza conseguono ulteriori lesioni di diritti fondamentali quali, primo tra tutti, il diritto alla salute in quanto, una persona priva di residenza non può usufruire del servizio sanitario nazionale.

Un cospicuo numero di persone, ha inoltre necessitato di assistenza legale per questioni attinenti al diritto al lavoro come, ad esempio, controversie in tema di licenziamento, retribuzione, risarcimento danni per infortunio, collocamento obbligatorio, invalidità.

Altri interventi dei legali rientrano nell'ambito di diritto di famiglia come, ad esempio, separazione personale fra coniugi, affidamento dei figli minori, divisione ereditaria. Alcuni utenti hanno chiesto assistenza legale per questioni legate all'abbandono della propria abitazione, al contratto di locazione ed alla partecipazione ai bandi di assegnazione delle case comunali. Infine, altri utenti hanno richiesto consulenza allo sportello in materia di contravvenzioni e sanzioni amministrative relative ad autovetture e assistenza legale per il risarcimento dei danni subiti in occasione di incidenti stradali.

Bisogna evidenziare, che, su circa 30 casi affrontati, in materia di diritto civile ed amministrativo, più della metà sono stati risolti con semplici consulenze legali. A volte, ad esempio, è bastato individuare bene il problema e indirizzare nel modo corretto gli utenti verso le strutture competenti (camera del lavoro, uffici anagrafici, patronati).

Altre volte, come ad esempio nel caso del sig. C.G., c'è stato bisogno di un'attività stragiudiziale svolta da un avvocato che ha consentito di risolvere la controversia in tempi rapidi e senza ricorrere in giudizio. In questo caso si trattava di un problema di divisione dell'eredità.

Il sig. C.G., aveva ereditato assieme ad altre due sorelle una casa. Tuttavia, mentre le due sorelle usufruivano del bene ereditato, percependone anche i frutti, il sig. C.G. era stato escluso dal godimento del bene ricevuto in eredità. L'avvocato ha prima provveduto con una formale richiesta scritta alla quale ha fatto seguito una trattativa condotta con il legale della controparte. Tramite questo intervento, è stato raggiunto un accordo che consentirà al sig. C.G. di ricevere la quota ereditata.

Una delle battaglie che ha dato maggiore fama agli avvocati, è stata quella per le residenze. Ancora una volta, il gruppo degli Avvocati di Strada, appare su un gran numero di quotidiani nazionali, questa volta però grazie alla prima loro vittoria: una sentenza esemplare che hanno ottenuto dal tribunale civile di Bologna.

Il gruppo Avvocato di Strada ha proposto una causa pilota contro il comune di Bologna, con ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. (19), per ottenere il riconoscimento del diritto alla residenza.

Il caso era semplice e comune a molte persone che vivono in strada: un cittadino senza-fissa-dimora, aveva da tempo richiesto al Comune di Bologna di poter essere iscritto nel registro della popolazione residente, in quanto ormai da anni, aveva come propria dimora il dormitorio comunale di Via Sabatucci a Bologna.

Tale richiesta, era stata fatta conformemente a quanto previsto dalla legge n. 1228/54, la quale garantisce il diritto alla residenza. Ma nonostante ciò, il comune non aveva proceduto alla iscrizione.

Il richiedente, pertanto, dopo essersi rivolto agli "Avvocati di Strada", in data 7.04.2001, provvedeva a depositare un ricorso d'urgenza, ex art. 700 c.p.c., chiedendo che il Giudice ordinasse al Sindaco del Comune di Bologna, anche nella sua qualità di ufficiale di governo, di procedere alla sua immediata iscrizione nel registro anagrafico della popolazione residente.

Sei giorni dopo la notifica del ricorso, il Comune provvedeva ad iscriverlo nelle liste anagrafiche della popolazione.

Alla udienza fissata per la comparizione delle parti, il Comune di Bologna si costituiva chiedendo che il ricorrente venisse condannato al pagamento delle spese processuali, ma con l'ordinanza che ha dichiarato cessata la materia del contendere, il Giudice del Tribunale di Bologna, ha rilevato che l'amministrazione comunale, solo dopo la notifica del ricorso ha cessato la sua ingiustificata inerzia e si è attivata per il compimento degli accertamenti necessari.

Il comportamento del Comune, che avrebbe dovuto riconoscere subito il diritto alla residenza, e non dopo la notifica del ricorso, è stato stigmatizzato dal Giudice che ha anche condannato il Comune al pagamento di 1.500.000 di vecchie lire, oltre accessori a titolo di onorari e spese legali. Le somme ottenute sono servite agli avvocati per recuperare le spese anticipate e, con la somma restante è stato costituito un fondo spese proprio per far fronte alle spese legali in altri eventuali giudizi.

Secondo i fondatori del progetto, "la sentenza in questione rappresenta un precedente di grande valore, unico in Italia, e potrà essere utilizzata da tutte le persone senza-fissa-dimora che richiedono la residenza nei dormitori pubblici, nelle sedi delle associazioni e in ogni altro luogo ove effettivamente dimorino".

"La legge sulla residenza è nazionale", spiegano gli Avvocati di Strada, "non si presta assolutamente a interpretazioni da parte degli enti pubblici. È un diritto soggettivo, esiste, e come tale va concesso. Dopodiché si discute sul luogo. Ma ancora una volta la legge è chiara: qualunque posto va bene, anche uno scantinato, un dormitorio pubblico, ecc.".

Oggi, grazie a questa vittoria, il ricorrente di cui sopra, può finalmente lavorare. Esercita l'attività di pranoterapeuta ed ha anche aperto uno studio. Può votare e può accedere a tutti i servizi sanitari. Ha riacquistato una propria dignità e non è più figlio della strada.

Per quanto riguarda il gratuito patrocinio, in campo civile ed amministrativo, gli Avvocati di Strada sostengono che la normativa in Italia è stata a lungo carente e comunque inidonea a garantire effettività al diritto. Loro non hanno mai ritenuto opportuno consigliare ai propri clienti di farne istanza di ottenimento alle competenti commissioni secondo il vecchio R.D. n. 3282. Questa legge è stata considerata dagli avvocati troppo farraginosa, e i motivi per cui non è stata mai da loro invocata sono i più svariati.

Innanzitutto sappiamo che la vecchia legge sul gratuito patrocinio al suo art. 1 prevedeva che «Il patrocinio gratuito dei poveri è un ufficio onorifico ed obbligatorio della classe degli avvocati». I legali di strada, si mettono a disposizione degli loro utenti poveri gratuitamente, e questi hanno trovato presso l'associazione, avvocati realmente disposti a rispettare questa previsione.

La maggior parte delle casistiche che loro risolvono, non comportano spese processuali oltre all'onorario difensivo, perché riguardano problemi di separazione e divorzi, pensioni di invalidità, diritto al lavoro e allora perché, si chiedono gli avvocati di strada, mettere in moto quel complicato procedimento che la vecchia legge sul gratuito patrocinio prevedeva?

Inoltre, gli avvocati, sostengono che non era opportuno far presentare un'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, perché, le persone che vivono in strada, non si fermano per lunghi periodi nello stesso posto. La tutela deve essere quindi immediata e rapida. I processi civili in Italia sono già sottoposti ad eccessive lungaggini e richiedere l'applicazione del R. D. n. 3282, avrebbe comportato un'ulteriore prolungamento della causa.

Bisognava, infatti, aspettare che la commissione per il gratuito patrocinio si riunisse, questa poi doveva valutare in modo analitico l'esistenza dello stato di povertà e inoltre valutare la possibilità dell'esito favorevole della causa e ancora aspettare che la situazione del soggetto richiedente fosse attestata dal Sindaco ed avvalorata da certificati dell'Ufficio imposte da cui doveva risultare l'ammontare delle imposte pagate dall'interessato e il parere del predetto Ufficio sullo stato di povertà del richiedente.

Quindi, è l'urgenza il principale motivo che ha spinto l'avvocato di strada a non aver neppure tentato la presentazione di una richiesta di gratuito patrocinio per i loro clienti poveri.

Il senza-fissa-dimora ha bisogni da soddisfare in tempi brevi: ha bisogno immediatamente di una residenza, di un alloggio per poter vivere dignitosamente, di una pensione per poter acquistare beni di primaria necessità, di essere reintrodotto nel posto di lavoro dopo un licenziamento. L'Avvocato di Strada deve sopperire a tutte queste esigenze e non poteva attendere il lungo procedimento delle commissioni.

Un altro motivo che ha spinto l'associazione a non chiedere mai l'assistenza attraverso l'applicazione del gratuito patrocinio, riguarda il fatto che la legge n. 3282, sottraeva alla parte la facoltà della libera scelta di un difensore e demandava invece il compito della sua designazione all'autorità preposta alla concessione del beneficio.

Il senza-dimora si rivolge invece agli Avvocati di Strada perché ha piena fiducia del loro operato, sono persone vicine alle sue problematiche, e quindi ha tutto l'interesse di farsi assistere in giudizio dalla medesima persona che gli ha fornito consulenza stragiudiziale. Ma anche gli avvocati, da parte loro, esprimono la volontà di accompagnare il cliente povero, anche all'interno di un processo, piuttosto che affidarlo all'avvocato scelto dalla commissione il quale doveva prestare la sua opera obbligatoriamente e probabilmente senza alcun interesse per la problematica di quel soggetto.

Queste critiche, mosse dagli avvocati di strada, sono le stesse che già in tempi precedenti la dottrina maggioritaria aveva espresso, per questo rimando a quanto già evidenziato nel primo capitolo.

I senza-fissa-dimora, fanno parte di una categoria particolare, hanno bisogni impellenti da soddisfare e per loro un processo molto lungo potrebbe rappresentare un grave danno.

La nuova legge che ha esteso il patrocinio a spese dello Stato anche per i processi civili ed amministrativi, come sappiamo è ancora in fase di rodaggio, anche gli avvocati dei senza-dimora non hanno ancora avuto modo di sperimentarla. Non è detto però che intenderanno chiederne l'applicazione, afferma uno degli avvocati, e il motivo è sempre l'urgenza con cui alcune questioni vanno trattate. "In ogni caso", continua il legale, "per le spese processuali attingeremo al nostro fondo se ce ne sarà bisogno (in alcuni limitati casi il senza dimora riesce a sostenerle), per il resto il nostro dovere è offrire tutela gratuita al povero, e non ci poniamo lo scopo di ottenere alcun compenso".

I casi di diritto penale.

Alla partenza del progetto Avvocato di Strada, i promotori, hanno pensato che sarebbe stato opportuno fornire una assistenza legale completa alle persone senza-fissa-dimora. Da qui la decisione di offrire tutela anche per i casi relativi alla materia penale.

In circa due anni di consulenze offerte allo sportello, i casi per i quali è stato richiesto l'intervento dei legali di strada, sono stati circa una sessantina. La maggior parte delle assistenze, come sostengono alcuni legali, hanno riguardato fatti di scarsa rilevanza penale sul piano della gravità e della lesione di interessi generali.

Soprattutto si è trattato di reati legati alla quotidianità del "senza-fissa-dimora": guida in stato di ubriachezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione, emissione di assegni senza provvista ed altri.

Nel corso del primo anno di attività, gli avvocati hanno sicuramente rilevato che i pregiudizi sono ancora forti nei confronti della loro tipologia di clienti e hanno spesso fatto aprire dei procedimenti che, in altre situazioni, forse non avrebbero avuto un seguito.

Gli avvocati di Strada, ultimamente si sono impegnati anche, nel dare assistenza legale, ai Punkabestia "i nuovi senza-fissa-dimora". Improvvisamente, e per motivi facilmente intuibili (questi soggetti sono considerati socialmente pericolosi), le autorità della città di Bologna, hanno pensato di allontanare, attraverso l'emissione di "Fogli di Via", tutti coloro che, da soli o accompagnati dal loro cane, chiedevano l'elemosina per le vie del centro.

Gli avvocati, senza entrare nel merito delle motivazioni dell'improvviso cambiamento di politica nella gestione delle persone senza-fissa-dimora nella città di Bologna, sono riusciti, con il loro intervento legale, a fare archiviare un numero consistente di procedimenti per l'emissione di "Fogli di Via". Spesso, infatti, il mero fatto di stazionare in centro per chiedere l'elemosina, aveva determinato l'avvio delle procedure, mentre, per l'emissione del Foglio di Via, sono richiesti dalla legge presupposti che riguardano l'effettiva sussistenza di pericolosità sociale, legata ad una concreta capacità criminale, magari sostenuta dalla possibilità che il soggetto nei confronti del quale viene emesso il provvedimento restrittivo "possa continuare a delinquere in un determinato luogo".

Inoltre, il legislatore, con la legge n. 327/88, ha modificato la legge n. 1423/56, comma 1, art. 1, per cui, nei confronti degli "oziosi e vagabondi abituali, validi al lavoro" per il solo fatto di essere in quella condizione, non possono essere emessi i Fogli di Via.

Per quanto riguarda il settore penale, occorre fare delle necessarie considerazioni in riferimento a quanto previsto dalla legge n. 217/90, che come sappiamo, disciplinava il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti in questa materia.

In particolare, nei complessivi 18 milioni di lire previsti dalla legge, come limite di reddito, venivano (e anche con la nuova legge) calcolati anche beni mobili e immobili di proprietà. Pertanto, sottolinea l'avvocato Murru, spesso il gratuito patrocinio non è stato concesso, perché fra tutti i membri dei nuclei familiari si oltrepassava il limite di reddito di cui sopra, essendo frequente che qualcuno dei familiari fosse proprietario di qualcosa.

Ferma quindi la necessità di assicurare ai veri non abbienti il gratuito patrocinio, spesso allo sportello, gli avvocati, hanno dovuto prestare assistenza a persone senza-fissa-dimora che avevano perso ogni contatto con la propria famiglia di origine, ma che erano ancora inserite nei certificati di Stato di famiglia e, pertanto, nel calcolo del loro reddito si teneva conto anche dei redditi e delle proprietà dei familiari.

"Quindi", afferma l'avvocato Murru, "in questi casi, la assistenza legale è totalmente devoluta alla buona volontà del difensore, che avrà reso la sua opera gratis et amore Dei". "La nostra convinzione" continua Murru "è che si potrebbe avere una migliore tutela legale, se nella previsione del patrocinio a spese dello Stato, si facesse riferimento alla concreta situazione nella quale si trova il soggetto che ne fa richiesta".

Murru, afferma inoltre:

Quest'ultima previsione è, a mio parere, di notevole importanza. Come è emerso anche dall'esperienza di Avvocato di Strada, il tema della difesa dei non abbienti non può e non deve essere circoscritto ad un profilo esclusivamente economico. Si pensi, infatti, all'importanza di istituire servizi che tramite un'efficace attività di informazione aumentino la consapevolezza dei diritti delle persone senza-fissa-dimora e della relativa tutela. E ancora, si pensi all'importanza che potrebbe assumere un servizio qualificato di consulenza stragiudiziale. Gli utenti avrebbero l'opportunità di rivolgersi a professionisti ancor prima del sorgere di un contenzioso o potrebbero comunque ricevere assistenza per definire in via stragiudiziale eventuali conflitti. Previsioni di questo tipo, unite a servizi come Avvocato di Strada possono garantire una piena effettività del diritto al gratuito patrocinio e una reale assistenza legale alle persone senza-fissa-dimora.

In realtà, l'avvocato Murru, afferma, che "dopo due anni di esperienza, resta l'amarezza della convinzione che la concessione del patrocinio gratuito è totalmente dipendente dalla buona volontà di qualche giudice".

Tra gli esempi di casi citati dall'avvocato ne ricordo due in particolare: un punkabestia, tossicodipendente e senza-fissa-dimora da più di cinque anni, al quale è stato negato il gratuito patrocinio perché la madre percepiva una pensione che determinava il superamento dei limiti di reddito (euro 9.269,22); ad un altro senza-fissa-dimora è stato negato in Direttissima il gratuito patrocinio perché sprovvisto di codice fiscale. "Ma secondo voi" dice l'avvocato Murru "un senza dimora si preoccupa di denunciare redditi o di avere un codice fiscale?"

I giudici inoltre tra le tante motivazioni di non concessione del patrocinio a spese dello Stato, hanno fornito anche quella per cui il soggetto non può essere considerato non abbiente, in quanto risulta che i redditi della sua attività illecita (per esempio spaccio) lo mettono in condizione di sostenere sia le spese processuali sia quelle per l'onorario difensivo.

Per non parlare poi dei senza-fissa-dimora stranieri, per i quali è difficilissimo riuscire ad ottenere informazioni dalle loro Ambasciate.

L'avvocato Murru, osserva infine:

Credo quindi che, se l'applicazione della legge sul patrocinio determina per gli avvocati lunghissime attese per gli incassi (mediamente tre/quattro anni per le liquidazioni), in presenza degli ulteriori problemi dei senza-fissa-dimora, la stessa diventa quasi impercorribile, e determina una fortissima lesione del diritto alla difesa. Solo la buona coscienza del difensore può assicurare una buona difesa gratis. Quando questo non avviene, sul piano tecnico si possono immaginare le conseguenze.

Probabilmente, visti anche i presupposti di cui è dotato il nuovo t.u. che abbiamo ampiamente analizzato, e considerato che, per la materia penale, parte della disciplina rimane invariata rispetto alla legge n. 217, per i senza-fissa-dimora, rimarranno sempre le stesse problematiche in ordine alla possibilità di richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

3.2. Tutela extragiudiziaria del cittadino extracomunitario nella Regione Toscana attraverso l'attività del Difensore civico

3.2.1. Premessa

In linea con l'evoluzione da tempo in atto nel senso del riconoscimento sempre più ampio di una sfera di protezione giuridica fondamentalmente uniforme alla persona umana in quanto tale, a prescindere dalla sua appartenenza all'uno o all'altro Stato, si inizia a riconoscere che, anche agli stranieri competono tutta una serie di diritti fondamentali.

A tale proposito, come anche la nostra Corte Costituzionale ha ricordato, allo straniero che si trova in Italia devono essere in concreto riconosciuti, oltre a quei diritti che sembrano consolidati nelle norme consuetudinarie internazionali, quei diritti di libertà fondamentali definiti nel titolo 1º della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nel Patto Internazionale per i diritti civili e politici ed in altre Convenzioni e Trattati internazionali.

Tra questi diritti fondamentali, va ricompreso il diritto alla difesa, cui fa riferimento l'art. 24 della nostra Costituzione e soprattutto il diritto di essere assistiti gratuitamente all'interno di un giudizio.

Spesso però, i cittadini extracomunitari, come tanti altri soggetti che vivono in condizione di disagio, è il caso dei soggetti senza-fissa-dimora prima considerati, non conoscono neppure l'esistenza di alcuni diritti fondamentali. Gli extracomunitari, in particolare, anche a causa delle continue modifiche delle leggi sull'immigrazione, avrebbero bisogno di una continua opera di assistenza e consulenza. Fortunatamente, esistono varie Associazioni di volontariato, che costituiscono un importante punto di riferimento, per i cittadini extracomunitari, che nel primo approccio con un nuovo paese ospitante, non saprebbero altrimenti districarsi.

È da segnalare inoltre l'esistenza di un ufficio pubblico, quello del Difensore civico, che oramai esiste in quasi tutte le regioni e anche in alcuni comuni e province d'Italia. Questo ufficio, come le associazioni di volontariato è diventato, negli ultimi anni, un centro per far conoscere i diritti fondamentali a chi pensa di non averne. In Toscana, in particolare, è attivo un apposito sportello di consulenza legale gratuita per cittadini extracomunitari.

3.2.2. Il Difensore civico della Regione Toscana: chi è e quali sono le sue funzioni

Il difensore civico regionale non è un avvocato, né un magistrato, né un politico, ma un cittadino nominato dal Consiglio Regionale, chiamato in piena autonomia a difendere i diritti e gli interessi dei cittadini nei rapporti con la pubblica amministrazione, nel rispetto dei principi di imparzialità, efficienza, equità, trasparenza.

Il difensore civico interviene nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche operanti in Toscana (dai Comuni alle Province, alle Comunità Montane, fino agli Uffici periferici dello Stato) e dei privati che gestiscono pubblici servizi.

Su istanza dei soggetti interessati, il Difensore civico interviene nei casi di "cattiva amministrazione" (ritardi, disfunzioni, omissioni, abusi, ecc.), accerta la regolarità dei procedimenti, propone modifiche o riforme amministrative. Le sue competenze gli permettono di intervenire nelle controversie fra cittadini e pubblica amministrazione e quindi escludono ogni questione relativa a rapporti fra privati.

Chiunque si ritiene danneggiato nei suoi diritti e interessi da comportamenti ed atti di un'amministrazione pubblica o di un servizio pubblico, ha il diritto di chiedere l'intervento del Difensore civico della Regione Toscana, comprese le persone giuridiche, le associazioni, le formazioni sociali. L'intervento del difensore sarà completamente gratuito e può essere richiesto senza particolari formalità: per telefono, per fax, per lettera, per e-mail o di persona (su appuntamento).

Dall'ultima relazione presentata dal Difensore civico al Consiglio Regionale, risulta che nel 2001, sono stati quasi 5000 i cittadini che si sono rivolti al suo ufficio di consulenza. Talvolta le istanze presentate sono state risolte con suggerimenti e consigli, anche per via telefonica; in altri casi si è resa necessaria l'apertura di un procedimento nei confronti dell'amministrazione pubblica interessata, attraverso l'esercizio delle competenze specifiche curato dai singoli responsabili di settore.

Al fine di ottimizzare le conoscenze e le specializzazioni, l'Ufficio è articolato in settori ed aree di competenza, quale garanzia di professionalità adeguate ai problemi dei cittadini e degli utenti.

Con la legge 340/2000 (Disposizioni per la delegificazione e la semplificazione dei procedimenti amministrativi), è stata introdotta, attraverso l'art. 15, una specifica competenza del Difensore civico in materia di accesso ai documenti amministrativi.

La nuova disciplina stabilisce infatti, che qualora il cittadino non riesca ad ottenere un risultato utile alla domanda di accesso avanzata all'amministrazione che ha prodotto o detenga il documento, può presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale, oppure richiedere, nello stesso termine, l'intervento alternativo del Difensore civico competente.

Per Difensore civico "competente" si intende il Difensore civico istituito presso l'amministrazione che si oppone all'accesso. Se ad esempio ad opporsi all'accesso è un'amministrazione comunale ci si può rivolgere al Difensore civico del Comune e così per le Province, le Comunità Montane e rispettivamente al Difensore civico regionale riguardo a funzioni proprie della Regione o di enti e aziende da essa dipendenti o delle amministrazioni periferiche dello Stato. In ogni caso in mancanza di un difensore civico "competente", ci si può rivolgere al Difensore civico regionale. Questo qualora ritenga illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica all'amministrazione interessata. Decorsi trenta giorni senza che quest'ultima abbia emanato il provvedimento confermativo motivato, l'accesso è consentito ope legis (20).

Le principali normative sul Difensore civico della Toscana, sono la Legge Regionale 12 gennaio 1994, n. 4, che contiene la "Nuova disciplina del Difensore civico" (21). Le uniche leggi statali, oltre alla citata legge n. 340/2000, che fanno riferimento all'attività del Difensore civico sono: la legge 7 agosto 1990, n. 241 contenente "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi" (22), e la legge 15 maggio 1997, n. 127 contenente "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" (23). La prima, all'art. 25, comma 4, stabilisce che decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta di accesso ai documenti amministrativi, questa si intende respinta. E inoltre:

In caso di rifiuto, espresso o tacito, o di differimento ai sensi dell'art. 24, comma 6, dell'accesso, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5 del presente articolo, ovvero chiedere, nello stesso termine, al difensore civico competente che sia riesaminata la suddetta determinazione. Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica a chi l'ha disposto. Se questi non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine di cui al comma 5 (trenta giorni) decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico (24).

La seconda legge, all'art. 16, intitolato "Difensori civici delle regioni e delle province autonome" dispone:

A tutela dei cittadini residenti nei comuni delle rispettive regioni e province autonome e degli altri soggetti aventi titolo secondo quanto stabilito dagli ordinamenti di ciascuna regione e provincia autonoma, i difensori civici delle regioni e delle province autonome, su sollecitazione di cittadini singoli o associati, esercitano, sino all'istituzione del difensore civico nazionale, anche nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato, limitatamente agli ambiti territoriali di rispettiva competenza, con esclusione di quelle che operano nei settori della difesa, della sicurezza pubblica e della giustizia, le medesime funzioni di richiesta, di proposta, di sollecitazione e di informazione che i rispettivi ordinamenti attribuiscono agli stessi nei confronti delle strutture regionali e provinciali.

I difensori civici inviano ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati entro il 31 marzo una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente ai sensi del comma 1.

Ma la normativa che più ci interessa in questa sede, è la Legge Regionale 22 marzo 1990, n. 22 riguardante gli "Interventi a sostegno dei diritti degli immigrati extracomunitari in Toscana", la quale all'art. 19 stabilisce quanto segue: «Gli immigrati extracomunitari dimoranti in un Comune della Toscana, hanno diritto di avvalersi dell'attività di assistenza e consulenza del Difensore civico, istituito con L.R. 21 gennaio 1974, n. 3», e inoltre, «La Regione, in collaborazione con le Associazioni di volontariato, favorisce l'assistenza legale gratuita a favore dei lavoratori extracomunitari immigrati in Toscana che si trovano in condizioni economiche particolarmente disagiate, anche al di fuori delle strutture di cui al precedente art. 12».

L'ufficio del Difensore civico si è uniformato appieno a quanto stabilito dalla legge da ultimo menzionata, ed infatti, è stato istituito un apposito sportello che si occupa degli aiuti agli immigrati. Quindi l'attività del Difensore civico grazie a questa nuova legge regionale si è ampliata notevolmente ed oltre a prevedere una serie interventi a favore dei cittadini italiani, offre consulenza ed assistenza al cittadino extracomunitario che ha problemi di: assistenza sanitaria, decreti di espulsione, lavoro, problemi legali. Questa, come specificato dalla legge, è un'attività che l'ufficio svolge gratuitamente e l'utente che si rivolge al servizio, può ottenere consulenza ed assistenza diretta o, essere indirizzato presso gli uffici competenti.

3.2.3. Attività dell'ufficio del Difensore civico della Regione Toscana a favore degli immigrati extracomunitari dimoranti in un comune della Regione

Come abbiamo constatato, il primo comma dell'art. 19 della legge regionale n. 22 del 22 marzo 1990, assegna al Difensore civico funzioni di assistenza e consulenza a favore degli immigrati dimoranti in un comune della Regione Toscana.

La sostanziale novità della norma, sta nel mettere un ufficio che fa parte della pubblica amministrazione a disposizione degli immigrati, che trovano così un referente "pubblico" alle loro istanze, sapendo che nella regione che li ospita esiste un ufficio che fornisce un servizio al quale esporre i propri problemi.

Dal momento in cui è iniziata la attuazione sistematica di tale servizio, l'ufficio del Difensore civico, ha prospettato l'esigenza di lavorare in collaborazione con le associazioni di volontariato che hanno sviluppato esperienza nel settore, e con funzionari di altre amministrazioni pubbliche, che hanno offerto la propria disponibilità a risolvere i problemi che via via si sono presentati. Il tutto è avvenuto a mezzo di riunioni periodiche. Tali riunioni, sono state decise in accordo con le associazioni, in quanto era diffusamente avvertita l'esigenza di un confronto reciproco sulla materia (nuova, perché vertente sul fenomeno della immigrazione di massa) per agire con cognizione di causa e per evitare la duplicazione degli interventi. A questo proposito l'ufficio del Difensore civico e alle Associazioni di volontariato, iniziarono a collaborare ma con compiti ciascuno diversi.

Un risultato di questo raccordo, è stato, il provvedimento col quale il Comune di Firenze ha dettato ai propri uffici i criteri per il rilascio della certificazione di "alloggio idoneo" ai fini del ricongiungimento familiare, come previsto dagli artt. 11 e 12 del decreto legge 489/95 (cosiddetto decreto Dini, più volte reiterato) non più in vigore.

Il decreto appena citato prevedeva, per coloro che erano presenti in Italia alla data del 19-11-95, la possibilità, se coniugi o figli minori (non per i genitori a carico), di richiedere alle questure competenti per territorio, in presenza di determinate condizioni, un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare col cittadino straniero presente a qualsiasi titolo, purché regolare da almeno un anno. Fra i requisiti dei quali il richiedente doveva dar prova per l'ottenimento del permesso a favore del congiunto, il decreto poneva l'avere la disponibilità di un alloggio idoneo. Poiché nella norma non erano specificate le caratteristiche in base alle quali il sindaco avrebbe potuto rilasciare la certificazione di idoneità, si rese necessaria una individuazione di tale concetto. Pertanto, l'Assessorato agli affari sociali del Comune di Firenze chiese ed ottenne la collaborazione del Difensore civico per la emanazione di un ordine di servizio, che costituì punto di riferimento per gli operatori addetti alla verifica delle condizioni di idoneità degli alloggi (25).

L'attività del difensore civico in tema di immigrati, ha preso una duplice direzione: l'una, di assistenza dei singoli interessati nella trattazione delle pratiche, l'altra più propriamente di studio, alla quale hanno dato spunto le problematiche emergenti dalle questioni prospettate, o su sollecitazione delle associazioni, l'attività delle quali è sicuramente fino a tutt'oggi la più efficace in termini di assistenza. L'azione del difensore civico, si è invece, ovviamente, dimostrata più efficace in quei settori che rientrano nelle competenze istituzionali dell'organo, dove questo agisce con pieni poteri, ossia la amministrazione regionale e le aziende regionali, come le USL e le aziende ospedaliere.

I funzionari dell'ufficio del difensore, mi hanno riferito che tra le istanze presentate negli anni dai soggetti extracomunitari, la gran parte ha avuto per oggetto la predisposizione dei documenti per fare domanda di regolarizzazione alle questure. Inoltre, l'ufficio, ha ricevuto molte istanze (soprattutto nel 1996) vertenti sul rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, il possesso del quale è richiesto per l'esercizio, ad esempio, della professione di medico chirurgo. Il suo rilascio, come noto, implica la verifica della sussistenza della condizione di reciprocità tra Italia e paese d'origine del richiedente. Unico organo abilitato all'accertamento della sussistenza della reciprocità, al quale le questure devono di volta in volta rivolgersi direttamente ove venga loro richiesto il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo, è il servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Esteri.

Il principio di reciprocità fu introdotto nel '42 (con l'art. 16 delle "disposizioni sulla legge in generale", che fanno parte integrante del codice civile) in un paese dove il fenomeno della emigrazione era di gran lunga superiore a quello immigratorio. Secondo l'ufficio del Difensore civico, mentre poteva avere un senso allora, per garantire agli stranieri opportunità di lavoro autonomo nella stessa misura in cui erano garantite agli italiani all'estero, a tutt'oggi essendosi invertito il fenomeno (da paese di emigranti siamo diventati paese di immigrati) da parte del Difensore civico si avverte la necessità di abolire il principio. Infatti, nella relazione illustrativa dell'attività svolta nell'anno 1996 questi afferma:

Innanzitutto, il ricorso alla condizione di reciprocità di cui all'art. 16 delle disposizioni sulla legge in generale, che recita: "lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali", mal si adatta alla materia in esame che si riferisce ai diritti fondamentali della persona, inerenti al suo status. Inoltre, la differente disciplina in tema di lavoro subordinato ed autonomo contrasta con l'art. 3 della Costituzione; si ha lesione del principio di uguaglianza tutte le volte che casi uguali siano regolati in maniera difforme e viceversa, come ha avuto modo di ribadire la Corte Costituzionale già nel '67 con la sentenza n. 120; orbene l'art. 35 della Costituzione considera il diritto al lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni unitariamente; pertanto, l'adozione di strumenti normativi eterogenei come quelli illustrati in tema di permesso di soggiorno, appare non condivisibile, e il nostro ufficio si è preoccupato di segnalare la problematica agli ordini professionali competenti, in altre parole, sempre a parere del nostro ufficio, l'attività lavorativa subordinata e quella autonoma non fanno parte di due categorie ontologiche differenti (26).

I contatti avviati sul territorio in modo ormai continuativo, tendenti alla collaborazione, non solo con le associazioni - per individuare i punti nevralgici e più immediati di intervento, evitando peraltro la duplicazione e soprattutto la contraddittorietà - ma anche con gli organi statali protagonisti dell'applicazione della normativa in tema di immigrazione, come Questure e Prefetture, Uffici del lavoro, Provveditorati agli studi, Comuni e Dipartimento regionale del diritto alla salute e politiche di solidarietà, sfociarono nella creazione, da parte della provincia di Firenze, per iniziativa dell'Assessore alle politiche sociali, della "Conferenza provinciale sull'immigrazione".

Tale organismo, tuttora operante, fu suddiviso in Gruppi di lavoro per materia: occupazione, accoglienza e abitazione, rappresentanza e partecipazione, diritto allo studio, sanità, problemi legali, informazione e consulenza (coordinato dal Difensore civico, insieme al Cospe), sportelli informativi. Ciascun Gruppo, che lavora in modo autonomo, è organizzato da un coordinatore, membro dell'esecutivo della Conferenza, quale organo di confronto e di elaborazione delle linee di intervento (27).

Dopo la sua emanazione, fu la Conferenza a decidere l'istituzione di una sorta di "sportello unico" al Parterre di Firenze presso il quale venivano vagliate le domande di regolarizzazione dei lavoratori subordinati a tempo indeterminato e stagionali, di cui al D.P.C.M. 16-10-90 (cosiddetto decreto Prodi).

Inoltre, grazie a questo organo, è divenuto continuativo e costante il contatto con gli organi periferici dello Stato operanti in tema di immigrazione, soprattutto in ambito provinciale. È da notare che anche gli organi centrali presso i competenti Ministeri degli esteri e dell'interno e le sedi diplomatiche all'estero non hanno mai mancato di rispondere e di assumere un atteggiamento collaborativo verso le richieste di informazioni e di pareri da parte dell'Ufficio (28).

Per esemplificare la vasta tipologia di interventi che ha caratterizzato l'azione dell'ufficio, mi sono stati elencati una serie di casi andati a buon fine grazie all'attività di consulenza legale ed intervento gratuito da parte del Difensore civico, in particolare: un cittadino italiano originario di Capo Verde ha potuto contrarre matrimonio solo dopo che il Difensore civico è riuscito a far trascrivere il suo certificato di nascita - del quale si erano perse le tracce durante la trasmissione dal Consolato di Capo Verde alla Ambasciata di Dakar - presso l'ufficio di Stato civile del Comune di Firenze; un cittadino rumeno renitente alla leva, che non aveva potuto, per tale motivo, ottenere il rinnovo del passaporto ed al quale, in mancanza di questo o di una dichiarazione di apolidia - la Questura non riteneva di poter rinnovare il permesso di soggiorno per motivi familiari, ha avuto il rinnovo dopo l'accertamento della convivenza con la madre, cittadina italiana, in forza della applicazione dell'art. 19 comma 2 lett. c) del Dlgs. 286/98 e del regolamento di esecuzione che dispone, nei casi di inespellibilità di cui alla norma citata, l'erogazione di tale permesso di soggiorno; nell'interesse di due studentesse albanesi iscritte con riserva di presentazione delle dichiarazioni di valore all'Università degli studi di Siena, l'Ufficio ha presentato una memoria alla Procura della Repubblica di Roma. Il procedimento penale, attivato per la falsificazione della legalizzazione dei titoli di studio (in sé autentici), si è concluso, in conseguenza dell'intervento del Difensore civico, col decreto di archiviazione del Gip presso il Tribunale di Roma che accertava la totale estraneità delle interessate alla falsificazione, operata evidentemente da terzi.

I membri dell'ufficio del Difensore civico, concentrando le proprie risorse sull'aspetto della "tutela non giurisdizionale" in materia di immigrazione, si sono presto resi conto che i bisogni dell'utenza, andavano spesso oltre il riscontro (pur sempre utile) che l'ufficio o le associazioni sono in grado di dare. Il riferimento è all'assistenza, che l'immigrato spesso richiede quando si trova ad avere problemi per cui deve comparire davanti ad un'autorità giudiziaria, per esempio a causa di un decreto di espulsione, di un provvedimento che gli nega il riconoscimento dello status di rifugiato, o a causa di controversie in tema di rapporto di lavoro, in tema di diritto di famiglia e così via.

L'extracomunitario, spesso non ha alcuna disponibilità finanziaria per poter ricorrere ad un avvocato per chiedere consiglio e inoltre in Italia non esistono uffici pubblici di consulenza extragiudiziale dotati di appositi professionisti retribuiti dallo Stato cui potersi rivolgere per avere suggerimenti e pareri (29).

Per questi motivi, l'Ufficio, preso atto della crescente domanda di assistenza legale in sede giurisdizionale, e constatato che esiste la norma di cui al comma 2 dell'art. 19 L.R. 22/90, ha pensato di attivarsi, per proporre l'attuazione di un servizio gratuito per il cittadino extracomunitario non abbiente che facilitasse l'accesso specifico alla tutela giurisdizionale ove necessitata. L'attività doveva essere svolta presso il dipartimento regionale competente, dove alcuni avvocati che si erano dimostrati favorevoli al progetto svolgevano il servizio a spese della Regione.

Si voleva rafforzare il servizio di assistenza extragiudiziale già esistente presso il Difensore civico avvalendosi di un maggior supporto tecnico grazie all'attività che i legali avrebbero dovuto svolgere.

La disponibilità riscontrata è stata immediata, anche se, inizialmente sono emerse delle difficoltà, sia di tipo organizzativo, sia legate alla determinazione delle condizioni da predeterminare per poter accedere al servizio.

Il progetto è partito nell'anno 1996 con l'invio di una proposta da parte del Difensore civico all'assessore regionale competente per materia.

In una relazione stilata dal difensore civico, si leggono quali erano i problemi da risolvere prima di attuare il servizio. Questi consistevano nell'individuare:

  • le tariffe dei professionisti per il servizio prestato;
  • la spettanza della gestione del fondo (inserito nella previsione finanziaria regionale) per la attuazione del servizio;
  • la spettanza in ordine alla verifica della sussistenza dello stato di indigenza e, necessariamente (per evitare le domande pretestuose), anche della sussistenza delle buone ragioni da far valere. Tale "filtro" poteva essere effettuato direttamente da coloro che segnalavano il caso, ossia l'ufficio del Difensore civico e le associazioni di volontariato;

Nella bozza iniziale del progetto, si legge che, "l'oggetto di intervento nel primo periodo potrebbe essere la materia delle espulsioni, la attuazione del D.L. 489/95 (cosiddetto decreto Dini), la normativa sugli immigrati in genere".

L'ufficio del Difensore civico, si è posto subito la domanda sul come si poteva collocare il servizio da creare in rapporto alla normativa esistente in Italia sul gratuito patrocinio. La risposta pensata, è stata che ove possibile si doveva cercare di far ottenere l'assistenza gratuita in giudizio attraverso l'applicazione delle leggi dello Stato. Occorreva, ad avviso della dott.ssa Pastacaldi (collaboratore all'interno dell'ufficio del Difensore civico regionale), verificare caso per caso, se esisteva la possibilità di mettere in moto il meccanismo della assistenza giudiziaria ai non abbienti.

L'ufficio, inizialmente, ha studiato in modo approfondito le normative sul gratuito patrocinio allora in vigore, per verificare quali potevano essere i casi residuali lasciati scoperti da tali fonti.

Per quanto riguarda la legge n. 533/1973, relativa al processo del lavoro, il grosso limite di accesso a tale istituto, è consistito, come abbiamo già avuto modo di evidenziare, nel reddito massimo previsto per l'ammissione, consistente nel possesso di un reddito netto annuale non superiore ai due milioni di lire. Questo limite si è tradotto nell'impossibilità di fatto di richiedere l'assistenza.

Quanto alla legge 217/90, il suo meccanismo per la concessione del beneficio è stato considerato dal Difensore civico troppo farraginoso. La parte della legge che interessa lo straniero è l'art. 5, e a questo proposito Pastacaldi in una riflessione espressa prima della nascita del servizio sostenne:

Quel che interessa, è l'art. 5 della legge 217/90 nella parte in cui elenca i documenti da allegare all'istanza, "la copia dell'ultima dichiarazione dei redditi...o, in difetto, una dichiarazione che ne attesti la mancata presentazione". Fin qui, si potrebbe pensare che lo straniero solo da poco tempo in Italia possa semplicemente autocertificare la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi. L'art. 5, comma 3, prevede che, se l'istante è straniero, per i redditi prodotti all'estero è sufficiente l'autocertificazione accompagnata da una attestazione della autorità consolare competente dalla quale risulti che, per quanto a sua conoscenza, la autocertificazione non è mendace. A questo proposito si riscontrano numerose difficoltà perché è spesso difficile, se non impossibile ottenere risposte da parte delle autorità consolari. Inoltre, a complicare la situazione, è intervenuta una famosa sentenza della Corte Costituzionale, la n. 219/95, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 5 della legge n. 217, nella parte in cui consente all'autorità consolare di limitarsi ad attestare che l'autocertificazione dello straniero circa le proprie condizioni di reddito non è "per quanto a sua conoscenza", mendace. Tale sentenza produce l'effetto di subordinare il rilascio del beneficio allo straniero dopo verifica e controllo delle condizioni di reddito da parte dell'autorità consolare, che senza considerare più l'inciso "per quanto a sua conoscenza" crea ancora maggiori difficoltà pratiche per lo straniero.

Per quanto riguarda il processo amministrativo, si applicava a questo la disciplina prevista dal R.D. n. 3282, anche in forza del rinvio che ad essa faceva l'art. 19 comma 2 della legge 1034/71, istitutiva dei TAR. Secondo la dott.ssa Pastacaldi, qui era difficoltoso addirittura ricostruire la disciplina. Infatti le condizioni per l'accesso all'istituto, erano quelle previste dall'art. 15 R.D. n.3282, ovvero lo stato di povertà e la probabilità dell'esito favorevole della causa, mentre la documentazione da allegare, era quella determinata dall'art. 5 legge n. 217/90 (ciò lo si poteva ricavare dai provvedimenti di reiezione della domanda di accesso al beneficio per non avere l'interessato integrato l'istanza con gli atti previsti da tale norma).

"Nel processo amministrativo" afferma Pastacaldi, "ciò che balzava agli occhi, era che lo straniero, nei termini previsti per ricorrere contro atti che lo riguardavano in quanto tale non aveva la possibilità concreta di munirsi della dichiarazione dell'autorità consolare. Si trovava quindi a fare una domanda che sicuramente gli veniva respinta".

L'ufficio del Difensore civico si è anche premurato di verificare in concreto quali potevano essere i motivi per cui in genere un'istanza di ammissione al gratuito patrocinio veniva respinta e infatti la dott.ssa Pastacaldi mi ha permesso di visionare un decreto di non ammissione del Tribunale di Firenze in possesso dell'ufficio (30).

Dalle prime riflessioni fatte dal Difensore civico, prima che questo tipo di servizio di assistenza gratuita fosse istituito, è emerso il fatto che, la frequente ingestibilità della normativa Statale sull'assistenza giudiziaria ai non abbienti avrebbe sicuramente lasciato pieno spazio ad un servizio di assistenza stragiudiziale gratuita gestito dalla Regione.

L'esperienza del servizio di assistenza stragiudiziale gratuita, è partita nel dicembre 1996, attraverso la stipulazione in data 17 dicembre 1996 di una Convenzione tra Regione Toscana, Associazione Casa dei Diritti sociali e Associazione Progetto Arcobaleno.

La Convenzione, era composta da 9 articoli e con essa, la Regione Toscana, ai sensi della L.R. 20-7-96 n. 21, affidava congiuntamente alle associazioni Progetto Arcobaleno e Casa dei Diritti sociali, il servizio di consulenza e assistenza legale stragiudiziale (31).

Le associazioni appena menzionate si impegnavano a istituire tale servizio di consulenza e assistenza legale stragiudiziale a favore di cittadini immigrati, per il periodo Dicembre 1996-Novembre 1997, «avvalendosi della collaborazione di procuratori legali esperti in materia di tutela dei diritti dei cittadini immigrati, con un orario di apertura all'utenza non inferiore ad otto ore settimanali, da suddividersi in due giorni nella fascia pomeridiana, per la ricezione dei cittadini immigrati segnalati dai soggetti di cui all'art. 4» (32).

In base al disposto del secondo coma dell'art. 2 della Convenzione, le associazioni controparti, si impegnavano inoltre a:

  • mettere a disposizione la sede del servizio ed i relativi supporti logistici;
  • assicurare tutta la necessaria assistenza ai cittadini immigrati che ne avevano i requisiti, per favorire l'attivazione del patrocinio dei non abbienti, con particolare riferimento agli istituti previsti dal R.D. n. 3282/1923 e dalla L. n. 217/1990;
  • approvare entro 15 giorni dalla stipula della convenzione un regolamento concernente l'accesso degli utenti al servizio con l'indicazione delle priorità, in termini di tipologia di problematica legale presentata, nel caso le segnalazioni fossero state superiori rispetto alle capacità del servizio e con l'indicazione della documentazione di base che i soggetti di cui all'art. 4 dovevano predisporre congiuntamente alla segnalazione;
  • evidenziare le problematiche di ordine giuridico emergenti, al fine di segnalarle alle competenti autorità;
  • provvedere alla pubblicizzazione del servizio.

La Regione Toscana, invece, si impegnava a:

  • assicurare il collegamento con gli operatori degli enti locali, i servizi e le istituzioni pubbliche del territorio;
  • provvedere al collegamento con gli altri servizi di tutela legale in favore di cittadini immigrati di rilievo regionale;
  • collaborare con le associazioni controparti nella pubblicizzazione del servizio (33).

La segnalazione dei casi al servizio, doveva avvenire su iniziativa delle associazioni della Provincia di Firenze che svolgono attività di tutela legale ai cittadini immigrati, nonché da parte dei competenti servizi degli enti locali (34).

La convenzione, all'art. 5, stabiliva, un onere per la Regione Toscana, la quale ai sensi dell'art. 25 della L.R. 19-03-96 n. 22, doveva erogare alle associazioni controparti la somma di L. 25.000.000 ciascuna, quale contributo forfettario per la gestione del servizio. A questo scopo, le modalità da seguire erano le seguenti:

  • il 30%, pari a L. 7.500.000 ciascuna, veniva versato dalla Regione al momento della trasmissione da parte delle associazioni controparti del regolamento di cui all'art. 2;
  • il 40%, pari a L. 10.000.000 ciascuna, veniva erogato nel momento le associazioni avessero presentato una relazione intermedia sull'andamento del servizio, a sei mesi dalla sua apertura;
  • il 30%, pari a L. 7.500.000, veniva percepito dalle associazioni al momento della presentazione della relazione conclusiva al 30 novembre 1997, con cui venivano indicati dettagliatamente numero e tipologia delle segnalazioni, nazionalità degli utenti del servizio, tipologia di problematiche legali affrontate, dati sull'attivazione del gratuito patrocinio unitamente ad una relazione economica inerente le spese sostenute per l'avvio e la gestione del servizio.

In seguito alla presentazione della relazione intermedia di cui all'art. 5, la Regione si riservava di fornire indicazioni riguardanti la prosecuzione del servizio (35).

Nel caso in cui il servizio di cui alla Convenzione del 1996, si fosse interrotto prima della sua conclusione al 30 novembre 1997, le associazioni controparti erano obbligate a rimborsare alla Regione quota parte del contributo di L. 50.000.000 in proporzione all'effettiva durata del servizio (36).

L'art. 8 della Convenzione stabiliva che «per qualsiasi controversia sarebbe stato competente il Foro di Firenze, con espressa rinuncia di entrambe le parti a qualsiasi altro».

Il servizio appena enunciato è durato solo per un anno, è stata però un'importante iniziativa e ha avuto in quell'anno molto successo, tanto che i cittadini extracomunitari che si sono rivolti allo sportello sono stati almeno trecento.

L'attività era strutturata in modo tale da offrire un supporto professionale agli operatori dell'ufficio del Difensore civico e a quelli delle associazioni di volontariato, con lo scopo principale di dirimere le questioni tecnicamente più complesse.

Il servizio ha avuto per oggetto, preliminarmente lo studio sull'ammissibilità dell'accesso al gratuito patrocinio per ciò che concerneva le problematiche civili ed amministrative ed il patrocinio a spese dello Stato per ciò che concerneva le problematiche penali e, eventualmente, la redazione dell'istanza per usufruire dei detti servizi.

Gli utenti, come accennato, hanno usufruito gratuitamente del servizio. Il legale, ricevuto l'utente, provvedeva a compilare una scheda informativa ad uso interno contenente, i dati anagrafici dell'utente, l'Associazione o Ente di riferimento, la problematica sottoposta, la soluzione indicata, l'attività svolta e possibilmente l'esito della controversia da inserire in un momento successivo.

Esaminato il caso sottoposto, il legale incaricato dalle associazioni, provvedeva, ove ne riscontrava i requisiti soggettivi ed oggettivi, a redigere l'istanza per l'accesso al gratuito patrocinio o al patrocinio a spese dello Stato a seconda della problematica. Qualora il legale valutava invece l'inopportunità o l'inammissibilità dell'accesso al gratuito patrocinio o al patrocinio a spese dello Stato doveva indicare all'utente l'eventuale diversa ipotesi di assistenza stragiudiziale.

La giunta Regionale, a proposito di questo servizio si è così espressa:

Si tratta di un servizio di secondo livello, rispetto alla consueta attività degli sportelli già aperti presso Comuni e associazioni di volontariato per la tutela legale degli immigrati che ne hanno necessità. Non è quindi un altro sportello rivolto immediatamente agli utenti, ma costituisce un servizio professionale di supporto agli operatori, con lo scopo principale di dirimere le questioni tecnicamente più complesse e di offrire una possibilità di assistenza legale attraverso l'accesso al gratuito patrocinio tramite le associazioni, che di solito svolgono una funzione di semplice consulenza legale (37).

Possiamo sostenere che questo servizio, nel suo anno di applicazione, è servito a quella categoria di soggetti particolarmente svantaggiati, quali gli extracomunitari, che spesso giungendo in luogo estraneo e non avendo conoscenza della nostra lingua non riescono a far valere i propri diritti o, non li conoscono affatto. Inoltre il servizio è servito a far conoscere a questi soggetti le leggi italiane, già complicate per noi cittadini, permettendo loro di potersi meglio districare nelle problematiche quotidiane che sono costretti ad affrontare.

Gli operatori delle Associazioni di volontariato hanno anche affermato che, il '97 è stato l'anno in cui si è registrato un maggior numero di istanze di gratuito patrocinio e patrocinio a spese dello Stato. Ciò probabilmente è avvenuto grazie all'attività dei legali che hanno fatto conoscere agli utenti l'esistenza di tali istituti.

Attualmente il servizio non è più in funzione, in quanto la Regione non si è più dimostrata propensa a stanziare fondi per l'attività di consulenza stragiudiziale per cittadini extracomunitari così com'era intesa nella convenzione, ma le Associazioni di volontariato, come anche il Difensore civico, continuano a svolgere la loro opera di assistenza legale gratuita.

L'assistenza stragiudiziale dovrebbe essere invece un tipo di servizio che lo Stato deve garantire attraverso l'opera di legali retribuiti con fondi pubblici. Spesse volte i cittadini extracomunitari e non, più che di un difensore che li assiste in giudizio, hanno bisogno di un avvocato che li consigli sulla opportunità o meno di insistere in una controversia o di radicare una causa. La difficoltà maggiore che le persone in disagiate condizioni economiche, culturali e linguistiche devono affrontare quando si trovano di fronte a controversie legali, è proprio quella di non sapere come comportarsi e a chi rivolgersi per avere chiarimenti, per questo motivo Trocker sostiene:

Ci pare più realistico mirare all'istituzione, con finalità integrativa rispetto all'attività degli avvocati privati, di pubblici uffici per la consulenza e l'assistenza dei non abbienti, che soli si prestano a rispondere all'esigenza di decentramento (almeno nei grandi centri urbani) e a svolgere una concomitante opera di informazione e di emancipazione sociale, essenziale per stimolare nei cittadini la presa di coscienza dei propri diritti e informarli adeguatamente sull'azione da intraprendere (38).

L'ufficio del difensore civico, ha sostenuto di non occuparsi più, dall'anno 1997, della tematica del gratuito patrocinio, ma afferma però che si farà carico, qualora si presentasse il problema, di aiutare i soggetti extracomunitari, almeno nella compilazione della domanda di ammissione, o di metterlo a conoscenza di tale istituto, anche se, come tanti altri non è ancora aggiornato sulla nuova materia del patrocinio a spese dello Stato contenuta nel t.u. in materia di spese di giustizia, che ho analizzato nel precedente capitolo.

Dal canto loro, le associazioni di volontariato, continuano a prestare la loro assistenza extragiudiziaria servendosi di legali che vengono remunerati con propri fondi e non più con quelli stanziati dalla Regione.

In questo modo, è fallito il tentativo di istituire un servizio permanente di assistenza legale stragiudiziaria di secondo livello, quale era quello fatto oggetto specifico della Convenzione tra Regione ed Associazioni. Questo sta a dimostrare ancora una volta, che è il privato a dover gestire i problemi del sociale.

Note

1. Le notizie riportate fanno riferimento ad alcuni dati pubblicati sul sito internet del COABA "Coordinamento operatori abbattimento barriere architettoniche".

2. Questi dati sono stati pubblicati in un inserto dal titolo: Così oggi si finisce sulla strada, nella pagina di attualità del settimanale "Donna moderna", n. 2, 2000, pp. 54-55.

3. Cfr. A. Martelli, M. T. Tagliaventi, P. Zurla (a cura di), "I laboratori di Piazza Grande" tra lavoro e intervento sociale, Ed. Franco Angeli, Bologna, 1999, pp. 15 ss.

4. Ivi, pp. 16-17.

5. Piazza Grande, è il primo giornale di strada italiano, il suo primo numero, viene messo in circolazione nel dicembre 1993.

6. Il Collettivo del dormitorio è costituito da volontari legati alla Confraternita della Misericordia - ente di diritto privato con fini di beneficenza - che insieme ad alcune realtà parrocchiali, offrono a turno pasti serali agli ospiti.

7. Cfr. A. Martelli, M. T. Venti, P. Zurla, op. cit., p. 45.

8. Cfr. A. Martelli, M. T. Tagliaventi, P. Zurla, op. cit., p. 51.

9. Ivi, p. 53.

10. Cfr. A. Martelli, M. T. Tagliaventi, P. Zurla, op. cit., p. 55.

11. Cfr. A. Martelli, T. Tagliaventi, P. Zurla, op. cit., p. 58.

12. Cfr. Consiglio degli Ordini Forensi di Bologna, Avvocati di strada per la tutela dei diritti delle persone senza fissa dimora, in "Bologna forense", n. 2, maggio-agosto 2001, p. 47.

13. Cfr. N. Trocker, Patrocinio gratuito, in "Noviss. Dig. It." app. V, 1967, p. 789.

14. Cfr. M. Cappelletti, Giustizia e società, cit., p. 229.

15. Così, M. Cappelletti (a cura di), Opere giuridiche, cit., p. 696.

16. Cfr. Consiglio degli Ordini Forensi di Bologna, op. cit., p. 48.

17. Il bilancio consuntivo è stato stilato da Alberto (AL.MO), un volontario che si è sempre occupato delle problematiche dei senza-fissa-dimora, e che all'interno dell'associazione Amici di Piazza Grande, oltre ad essere uno dei responsabili del servizio di assistenza mobile, coordina l'attività degli Avvocati di Strada e fa da mediatore tra questi e gli utenti dello sportello.

18. Questo è un pensiero che AL.MO. ha espresso in un articolo contenuto nel giornale Piazza Grande del giugno-luglio 2002, n. 3.

19. L'art. 700 del c.p.c. afferma che: Fuori dai casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.

20. Alcune delle notizie sull'attività del Difensore civico, mi sono state fornite dai funzionari dell'ufficio altre sono state da me reperite sul sito della Regione Toscana.

21. La L.R. 12 gennaio 1994, n. 4, è stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana del 13 gennaio 1994, n. 4-bis.

22. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990, n. 192.

23. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 17 maggio 1997, n. 113, S.O.

24. Comma così sostituito dall'art. 15, legge 24 novembre 2000, n. 340.

25. Cfr. Il Difensore civico, Relazione 1996 al Consiglio Regionale, Firenze, 15 maggio 1997.

26. Cfr. Il Difensore civico, Relazione 1996 al Consiglio Regionale, Firenze, 15 maggio 1997.

27. Cfr. Il Difensore civico, Relazione 2001 al Consiglio Regionale, Firenze, maggio 2002.

28. Cfr. Il difensore civico, Relazione 2001 al Consiglio Regionale, Firenze, maggio 2002.

29. Cfr. N. Trocker, Assistenza legale e giustizia civile, cit, p. 71.

30. Il decreto a cui mi riferisco, è stato emanato dalla Commissione per il gratuito patrocinio del Tribunale di Firenze. Si trattava di una domanda di ammissione al gratuito patrocinio presentata in una causa per separazione giudiziale di coniugi da una cittadina brasiliana. La domanda fu respinta in quanto la Commissione ritenne che la ricorrente non si trovava in una condizione reddituale tale da essere considerata povera in quanto percepiva un canone di locazione dell'appartamento di cui era proprietaria in Brasile, e inoltre dopo il giudizio di separazione avrebbe anche percepito un assegno pari a lire 800.000 mensili. Ancora: essendo che per gli stranieri si applicavano estensivamente le disposizioni dettate dalla legge n. 217/90, che prevedevano che l'autocertificazione del reddito doveva essere accompagnata dall'attestazione dell'autorità consolare competente, la commissione non ritenne idonei gli accertamenti fatti dal consolato, e quindi anche per questo motivo decise di respingere l'istanza.

31. Cfr. Art. 1, Convenzione tra Regione Toscana, Associazione progetto Arcobaleno e Associazione Casa dei Diritti sociali, stipulata in data 17 dicembre 1996 a Firenze.

32. Cfr. Art. 2, comma 1, Convenzione del 17-12-1996, cit.

33. Cfr. Art. 3, Convenzione del 17-12-1996, cit.

34. Cfr. Art. 4, Convenzione del 17-12-1996, cit.

35. Cfr. Art. 5, ultimo comma, Convenzione del 17-12-1996, cit.

36. Cfr. Art. 6, Convenzione 17-12-1996, cit.

37. Cfr. Notizie dalla giunta regionale, Immigrati: una convenzione per assicurare agli extracomunitari in difficoltà un servizio di consulenza e di assistenza legale, in "Regione Toscana informa", 1997.

38. Cfr. N. Trocker, Assistenza legale e giustizia civile, cit., p. 84.