ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Ornella Di Mauro, 2002

La storia dell'umanità è storia di migrazioni di popoli. I movimenti migratori sono una costante, un fenomeno di vaste proporzioni determinato da ragioni demografiche, economiche e politiche di straordinaria importanza. "Nessuna società è statica e la storia d'Europa, al pari di quella di ogni continente, è caratterizzata ad ogni suo stadio da significativi movimenti migratori" (1).

Oggi è in atto ben più che una migrazione: ciò che sta avvenendo è una risistemazione della popolazione del mondo, imposta da ragioni molteplici (demografiche, economiche, politiche e religiose) ed immodificabile nei tempi medi. Una inversione di tendenza richiederebbe profonde trasformazioni nel modello di sviluppo economico e nei rapporti internazionali, caratterizzati in questo inizio millennio dalla crescita della forbice tra paesi ricchi e paesi poveri, da uno sviluppo demografico incontrollato nel terzo mondo e dall'esplosione di crescenti nazionalismi etnici e religiosi. Cambiano inoltre modalità e direzione dei flussi migratori: un tempo prevalentemente verso paesi vicini (soprattutto nel terzo mondo), da ultimo senza limiti territoriali, sia per la maggior facilità di spostamento, sia per gli effetti del sistema dell'informazione, che irradia a livello planetario l'immagine dei 'paradisi terrestri' dell'occidente industrializzato.

Sino alla metà degli anni '70 l'Europa davanti a questi movimenti di popoli ha seguito politiche di accoglienza improntate ad un sostanziale laissez faire. In questo periodo il reclutamento della forza lavoro avveniva o attraverso agenzie o direttamente dai paesi di provenienza e non era difficile regolarizzare la posizione del lavoratore una volta arrivato sul territorio. È con la crisi petrolifera degli anni 70 che si verifica un profondo cambiamento di tendenza. I paesi europei di tradizionale immigrazione (Germania, Francia, Belgio, Olanda), adottano in modo più o meno rigoroso 'politiche di stop', tese a bloccare l'immigrazione per motivi di lavoro sul loro territorio. Ciò ha come effetto automatico uno spostamento dei flussi verso paesi in precedenza poco toccati dall'immigrazione, come Italia, Spagna e Portogallo, che diventano dapprima paesi di transito, attraverso i quali si cerca di raggiungere il nord Europa e poi, mete dirette di immigrazione. La contestualità tra questi fenomeni e il compimento del processo di unificazione europea, con la prevista libertà di circolazione all'interno della Comunità, pone in primo piano all'inizio degli anni novanta i problemi dell'omogeneità delle politiche migratorie europee e del trasferimento dei controlli sugli ingressi dalle frontiere nazionali alle frontiere esterne dell'Europa.

Nel capitolo I analizzerò il processo di fortificazione delle frontiere europee e la nascita nella cultura politica dominante, durante il percorso europeo da Schengen ad Amsterdam, dell'immigrazione irregolare e clandestina come una minaccia all'ordine pubblico e alla sicurezza dei cittadini.

Concentrando poi il lavoro sulla legislazione italiana, analizzerò soltanto le politiche di controllo dell'immigrazione irregolare, ignorando quasi completamente le politiche di ingresso e dell'integrazione. La scelta di concentrare il lavoro sull'analisi delle misure preposte all'allontanamento dello straniero e, in particolar modo, sulla misura del trattenimento presso i centri di permanenza temporanea e assistenza è giustificata dalla constatazione che nella disciplina dell'immigrazione il contrasto ai flussi clandestini ha un ruolo prioritario sulle politiche di integrazione. Nell'attuale gestione politica del fenomeno migratorio è convinzione che solo arginando l'immigrazione clandestina e permettendo l'ingresso nel territorio di flussi di immigrati regolari assorbiti dal mondo lavorativo è possibile superare la diffidenza della società e intraprendere percorsi reali di integrazione. In un'ottica di fortificazione delle frontiere e di controllo degli ingressi degli stranieri extracomunitari, il trattenimento nei centri di permanenza temporanea ha un ruolo primario: essendo finalizzato a permettere di superare le difficoltà all'effettivo allontanamento dello straniero irregolare o clandestino rappresenta lo strumento normativo che permette di arginare le falle del sistema.

Descriverò nel capitolo II le due misure preposte all'allontanamento degli stranieri irregolari e clandestini nel nostro ordinamento: l'espulsione e il respingimento.

Concentrerò nei capitoli III e IV la mia analisi sulla misura del trattenimento presso i centri di permanenza temporanea e assistenza, introdotta dal legislatore del 98 e funzionale all'effettiva esecuzione dei respingimenti adottati dal questore e delle espulsioni amministrative da eseguirsi con accompagnamento immediato alla frontiere a mezzo della forza pubblica. Di questa misura evidenzierò i problemi di legittimità costituzionale che essa ha posto e, riportando il resoconto delle viste ai centri di permanenza temporanea di Milano e Roma, cercherò di capirne la funzionalità e di coglierne le analogie con le istituzioni totali e con le strutture detentive.

Infine, nel capitolo V getterò un rapido sguardo al futuro, alla direzione in cui muove il nostro ordinamento, riportando le modifiche previste alla disciplina dell'immigrazione attualmente in vigore dal disegno di legge di iniziativa governativa n. 795, attualmente in esame presso la Camera dei Deputati.

Note

1. S. Collinson, Le migrazioni internazionali e l'Europa, Bologna, 1994, p. 69.