ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Federica Pratelli, 2001

Oggetto di questo studio è la realtà dei minori stranieri non accompagnati, aspetto particolare del più ampio fenomeno dell'immigrazione. Ho ritenuto perciò opportuno inquadrare la materia nel contesto dell'immigrazione in generale, con particolare attenzione ai cambiamenti sociali e culturali che l'Italia ha vissuto e dovrà vivere nel passaggio da paese di emigrazione a paese di immigrazione.

Ho iniziato tratteggiando le linee generali dell'accordo di Schengen: nato per sancire l'apertura delle frontiere comunitarie, tale trattato è diventato anche il simbolo della costruzione di un''Europa fortezza', chiusa agli emigranti provenienti da altre parti del mondo. L'art. 1 del Trattato identifica infatti lo 'straniero in colui che non è cittadino di uno stato membro dell'Unione', e in questa condizione si trovano, per l'appunto, anche i minori. A questo proposito ho cercato di capire fino a che punto l'orientamento dell'Europa comunitaria sia teso a realizzare una politica dell'immigrazione finalizzata al contenimento dell'immigrazione.

Dopo queste prime pagine introduttive l'attenzione si concentra sulla situazione italiana, con uno studio della recente legge 40/98 Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Con tale disposizione l'Italia esce da una lunga fase di gestione emergenziale del fenomeno migratorio. In essa, infatti, sono previste novità positive per gli stranieri regolari, come l'istituzione della carta di soggiorno o le disposizioni che tutelano il diritto all'unità familiare; d'altra parte un punto centrale di questa normativa rimane, come nella precedente, la tolleranza zero nei confronti dell'irregolarità e della clandestinità.

A riguardo è necessario chiedersi se il legislatore ha perso un'occasione per compiere un salto di qualità, non prevedendo la possibilità di regolarizzare in maniera permanente chi, al momento dell'accertamento dell'irregolarità, abbia i requisiti che ne avrebbero legittimato l'ingresso. La mancanza di una previsione simile giustifica infatti qualche perplessità ed alimenta il dubbio che vi sia una tendenza a gestire il fenomeno migratorio con una strategia di coazione.

In base alla legge 40/98 è possibile elaborare un elenco delle tipologie di minori presenti sul territorio, basato sulle loro differenti caratteristiche, e particolare attenzione è stata data alla figura del minore straniero non accompagnato. Il numero elevato delle diverse tipologie di minori stranieri testimonia la trasformazione cui sta andando incontro la società italiana, che si trova ad accogliere persone anche molto differenti tra loro per status giuridico, condizione socioeconomica, cultura, lingua e progetti, e allo stesso tempo mostra la necessità di elaborare una risposta differenziata per ogni caso.

Nella classificazione delle tipologie di minori ho preso in esame la componente numerica più consistente, ovvero i bambini nati in Italia che non acquistano la cittadinanza italiana automaticamente alla nascita ma al raggiungimento del diciottesimo anno di età. L'Italia è infatti uno dei pochi paesi europei che ancora basa il diritto di cittadinanza sullo ius sanguinis e non sullo ius soli. Successivamente è stato necessario analizzare la situazione dei minori che si trasferiscono in Italia insieme ai genitori e le procedure burocratiche previste per far ottenere loro il permesso di soggiorno.

Particolare attenzione è stata data all'istituto del ricongiungimento familiare. La nuova legge 40/98 ha finalmente disciplinato tale procedimento in maniera specifica e precisa. In questo senso ho ritenuto opportuno valutare se questa scelta riconosce pienamente il diritto universale all'unità familiare, o se sarebbe stato più opportuno indicare una procedura specifica ma più semplice, prescindendo da stretti vincoli economici, abitativi o di rapporti familiari. Ho ritenuto inoltre opportuno inserire un accenno alla figura del minore richiedente asilo e a tutta la complicata procedura per ottenere tale status, poiché spesso il minore in questa situazione è identificato con l'immigrato. In realtà si tratta di due tipologie molto diverse tra loro. Un aspetto particolare di questa materia è rappresentato dai programmi di accoglienza temporanea di minori stranieri presso alcune famiglie italiane. La loro organizzazione è curata da un Comitato istituito presso il Dipartimento degli Affari Sociali. L'importanza di questo organismo è notevole, ed in questo lavoro gli è stato dato ampio spazio.

Nel secondo capitolo ho analizzato rapidamente l'istituto dell'espulsione dell'adulto straniero, sottolineando le osservazioni critiche relative a tale procedimento, come ad esempio i dubbi inerenti la brevità dei termini per proporre ricorso avverso il decreto che dispone l'espulsione dal territorio italiano, o la creazione dei 'centri di permanenza temporanea ed assistenza', ridefiniti 'centri di detenzione'. A questo proposito è interessante verificare in quale misura tali disposizioni rappresentano una scelta politica che attribuisce all'espulsione un rilievo centrale nella gestione del fenomeno migratorio. Tale esame risulta necessario per evidenziare le differenze di trattamento tra stranieri adulti e minori, dal momento che l'espulsione non può essere disposta nei confronti di un minore degli anni diciotto, salvo il diritto del minore a seguire il genitore espulso.

Il tema centrale del secondo capitolo è la definizione dello status di minore straniero non accompagnato. Nella normativa più recente vi è stata una istituzionalizzazione della figura del minore non accompagnato, che è definito come colui che non ha cittadinanza italiana o di altri stati dell'Unione Europea e che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova nel territorio dello stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano. Nella maggior parte dei casi il minore raggiunge un parente entro il quarto grado nel nostro paese e in questo ambito subentra un'altra problematica: come valutare questi ricongiungimenti? Come affidamenti consensuali o giudiziari, o come ricongiungimenti di fatto paragonabili ai ricongiungimenti familiari previsti dalla legge? In questa ipotesi si tratta ancora di minori non accompagnati?

La normativa precedente la L. 40/98 non disciplinava la materia dei minori non accompagnati. Si era cercato di ovviare a questa lacuna attraverso l'applicazione della normativa in generale, riferendosi in special modo alla Convenzione sui diritti dei fanciulli di New York del 1989. Tale provvedimento pone il superiore interesse del minore quale chiave di lettura circa la predisposizione delle misure da attuare nei suoi confronti. Ne deriva una differenziazione tra la posizione del minore straniero e quella dell'adulto, garantendo al minore un diritto all'educazione, formazione, crescita non speculare alla cittadinanza ma concepito come un diritto primario che da essa prescinde e che crea obblighi per lo stato in cui il minore si trova. Dal sistema generale delle norme in materia di protezione dei minori, ricavabile dalla Costituzione, dalle fonti internazionali, così come dalle norme del codice civile e dalla disciplina sull'adozione e l'affidamento, emergeva un quadro che attribuiva quasi esclusivamente all'autorità giudiziaria la competenza sul trattamento del minore non accompagnato anche nel senso del rimpatrio o della sua permanenza in Italia.

Tale convinzione è oggi messa in discussione per effetto di nuovi strumenti normativi, sui quali è stato opportuno verificare i dubbi di legittimità costituzionale sollevati in dottrina. Questa disposizione, il d.lgs. 113/99, sembra trasferire la competenza relativa al trattamento del minore non accompagnato ad un'autorità amministrativa: il Comitato per i minori stranieri, organo che ha il potere di disporre il provvedimento di rimpatrio assistito. Analizzo l'attività di questo Comitato in rapporto al Tribunale per i minori e del Giudice Tutelare, tentando di capire se c'è una sovrapposizione di competenze tra questi organi per la disposizione del rimpatrio assistito. Con questo provvedimento si intende l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del paese d'origine, in conformità alle Convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell'autorità giudiziaria. Il rimpatrio sembra finalizzato dalla legge a garantire il diritto all'unità familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione. Ho confrontato gli istituti del rimpatrio e dell'espulsione, formalmente diversi nei presupposti e nelle motivazioni, cercando di valutare se tale differenza sia anche sostanziale.

Il terzo capitolo descrive i risultati di una ricerca sociologica sull'applicazione pratica del rimpatrio assistito. Tale analisi è stata realizzata tramite delle interviste ad alcuni funzionari del Dipartimento per gli affari sociali, presso il quale il Comitato per i minori stranieri è istituito, e grazie ad un incontro con alcuni esponenti del Servizio Sociale Internazionale, ente che si occupa soprattutto della organizzazione concreta del rientro nel paese d'origine.

Particolarmente interessante ai fini della ricerca è stata la consultazione dei verbali delle riunioni del Comitato per i minori stranieri attraverso i quali ho cercato di capire la posizione di questo organo nei confronti dei minori non accompagnati e soprattutto le scelte in merito al rimpatrio assistito. In questo senso sono state utili le linee-guida elaborate dal primo Presidente del Comitato, dove si illustrano le modalità attraverso le quali tale organismo deciderà in merito al rientro del minore nel paese d'origine.