ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Chiara Rugi, 2000

Oggetto di questo lavoro è lo studio delle misure di decarcerazione adottate nell'ambito della giustizia minorile e la verifica della loro reale applicazione attraverso un'analisi sistematica, che si sofferma sia sugli aspetti legislativi che su quelli sociologici. Ho ritenuto indispensabile soffermarmi sui tratti più importanti della giustizia minorile, facendo cenno agli avvenimenti ed ai processi di trasformazione sociale, culturale e normativa, la cui conoscenza è utile per comprendere la situazione attuale.

Nel primo capitolo vengono individuate le ragioni che fecero sorgere e sviluppare le prime istituzioni per minorenni nelle quali trovavano applicazione rigide regole carcerarie, in aderenza alla concezione, propria della Scuola Classica, secondo cui la pena ha essenzialmente una funzione retributiva. Dalla seconda metà dell'Ottocento le modalità con cui si fronteggiarono la devianza e la criminalità minorile divennero oggetto di un processo di revisione ad opera della Scuola Positiva per la quale era necessario ricercare le ragioni individuali e sociali della delinquenza del minore.

L'analisi storica che ho compiuto mette in evidenza come, nel tempo, si sia concretizzata una disciplina specifica per i minori. Nei pochi decenni che vanno dal Codice Zanardelli al Codice Rocco e poi alla legge istitutiva del Tribunale per i minorenni del 1934, la domanda di controllo sociale dei giovani devianti ebbe risposte legislative ed istituzionali sempre più precise, con un determinante crescente contributo della Scuola Positiva.

Con l'istituzione del Tribunale dei minorenni fu sancita l'esigenza di attenuare il rigore delle misure penali nei confronti dei giovani e di adempiere alle necessità educative dei minori che avevano infranto la legge.

Nel 1956 il modello rieducativo si affermò decisamente con l'approvazione della riforma alla legge istitutiva del Tribunale minorile, che programmò una serie di presidi assistenziali e rieducativi. Con questa legge venne attribuita particolare importanza all'osservazione scientifica della personalità: la delinquenza giovanile venne concepita come il risultato di carenze individuali, che necessitano di una terapia.

Alla fine degli anni sessanta l'ideologia rieducativa fu sottoposta ad una incisiva critica che evidenziò l'inadeguatezza dei modelli di interpretazione del disadattamento e della devianza da essa adottati. Dal punto di vista pratico gli istituti specializzati si mostrarono troppo simili tra di loro, mentre ci si rese conto che gli interventi 'rieducativi' funzionavano principalmente da primo filtro istituzionale, selettivo e discriminante, dei processi di criminalizzazione della diversità e della devianza giovanile, contrariamente alle finalità per cui erano sorti.

La fine del trattamento scientifico della personalità fu determinata, tuttavia, soprattutto dalla protesta degli anni sessanta e settanta, dalla diffusione delle teorie interazioniste e dall'attenzione che venne rivolta ai processi di istituzionalizzazione. Di fronte alle sempre più intense critiche rivolte al sistema della giustizia minorile e a una presa di coscienza, da parte degli stessi operatori, delle più evidenti carenze di strutture negli istituti, si affermò un orientamento favorevole alla non istituzionalizzazione dei minori la cui incisività sul piano concreto fu, però, marginale. Infatti al movimento anti-istituzionale degli anni settanta si contrappose, paradossalmente, una risposta penale fortemente contenitiva della devianza minorile.

Questa situazione fu, comunque, contrastata nella pratica dal diffuso atteggiamento della magistratura minorile, che fece ampio uso di misure di 'depenalizzazione' quali il perdono giudiziale e il proscioglimento per immaturità ex art. 98 C.P.

Oggetto del primo capitolo sono anche la legge sull'Ordinamento Penitenziario e il D.P.R. n. 616 del 1977 concernente il trasferimento della competenza civile ed amministrativa dai servizi della giustizia ai servizi del territorio, che incisero, di fatto, sull'azione dei magistrati minorili. In particolare la nuove misure previste dalla legge sull'Ordinamento Penitenziario anticiparono un'opera di depenalizzazione del reato minorile, mentre la migliore qualità dei servizi sociali, a seguito del trasferimento agli Enti Locali delle competenze statali in materia di misure rieducative, influì sul processo di deistituzionalizzazione attuato dai tribunali minorili.

Mi soffermo successivamente sui dibattiti degli anni ottanta in tema di giustizia minorile, i quali evidenziano la necessità di una nuova normativa processuale. Le opinioni vanno dalla tesi estremistica e utopistica degli abolizionisti, che in campo minorile hanno trovato molti consensi, a quelle dei riduzionisti, che propongono varie differenziazioni sia rispetto all'età per l'imputabilità sia rispetto alla tipologia dei reati e all'attenuazione delle pene.

Il secondo capitolo è dedicato all'analisi del nuovo processo penale minorile. Dopo aver accennato alle sentenze della Corte Costituzionale e alle principali fonti sovranazionali quali presupposti del D.P.R. 448/88, illustro i principi fondamentali a cui si ispira la nuova normativa minorile, in particolare dal punto di vista della decarcerazione. Mi sono impegnata a verificare anche la reale applicazione dello stesso D.P.R. 448/88, senza tralasciare i commenti della dottrina e della letteratura specialistica in merito alle trasformazioni subite dal carcere in seguito alla nuova legislazione. In particolare mi soffermo sui dibattiti, degli inizi degli anni novanta, relativi alla necessità di reintrodurre il carcere per i minori e constato come il D.L. n. 12 del 1991 abbia rappresentato la risposta rassicurante alla richiesta di maggiore severità nei confronti della delinquenza minorile. Scopo di questo capitolo sarà anche la verifica delle differenze nell'applicazione del nuovo processo penale minorile nelle varie regioni italiane. Prendo in considerazione la particolare situazione dei minori stranieri e mi soffermo sulle problematiche relative all'applicazione delle misure di decarcerazione nei confronti di minori extracomunitari.

Nel terzo capitolo illustro le principali misure di decarcerazione adottate in campo minorile e ripercorro i dati statistici relativi al 1998 sull'applicazione, a livello nazionale, della sospensione del processo e messa alla prova, delle misure sostitutive e alternative alla detenzione, verificando che tali misure vengono utilizzate in modo non uniforme: sono molto più applicate nelle regioni Nord che in quelle del Sud e vengono concesse maggiormente ai minori italiani, mentre è più difficile che ne siano destinatari quelli stranieri. Nell'ultima parte della tesi cerco di interpretare i dati nazionali esaminati, attraverso l'analisi dettagliata di quanto è accaduto, dal 1995 al 2000, presso il Tribunale per i Minori e la Magistratura di Sorveglianza minorile fiorentini. Per contestualizzare i dati mi soffermo sulla situazione dell'Istituto Penale Minorile di Firenze, stabilendo il numero dei minori che hanno fatto ingresso in istituto nel periodo preso in esame; l'analisi dei fascicoli relativi ai detenuti mi consente di individuare coloro che sono entrati più volte in I.P.M.; il dato degli ingressi risulta falsato, infatti, dal fatto che alcuni minori sono stati più volte ricondotti in istituto. Dall'esame dei fascicoli stabilisco, inoltre, il numero ed i motivi delle scarcerazioni e cerco di ricostruire il percorso penale seguito dai minori sia in custodia cautelare che in esecuzione di pena, verificando se tale percorso si sia concluso con l'ammissione del minore ad una misura di decarcerazione. Successivamente esamino tutti i provvedimenti di applicazione delle sospensione del processo e messa alla prova, delle misure sostitutive e alternative alla detenzione disposte dal Tribunale per i Minori di Firenze tra il 1995 e i primi quattro mesi del 2000, visionando complessivamente 532 fascicoli. In primo luogo analizzo i casi relativi all'applicazione dell'art. 28 D.P.R. 448/88, catalogando le caratteristiche di tali provvedimenti e quelle dei minori che ne hanno beneficiato, e soffermandomi in particolare sulla situazione dei minori stranieri al fine di cercare di individuare le ragioni della scarsa applicazione di queste misure nei loro confronti. Passo poi ad analizzare i dati che riguardano l'applicazione della semidetenzione e della libertà controllata, determinando il numero dei provvedimenti emessi e la tipologia dei minori a cui sono stati concessi. Infine dall'analisi dei fascicoli del Tribunale di Sorveglianza per i minori di Firenze, relativi alle misure alternative, stabilisco in quale misura ed in quali circostanze hanno trovato applicazione la semilibertà, l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e l'affidamento terapeutico previsto del Testo Unico sugli stupefacenti.