ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Epilogo: brevissimi cenni su una svolta storica inaspettata

Tommaso Sannini, 2014

La recentissima legge 30 maggio 2014, n. 81, (che ha convertito in legge il d.l. 31 marzo 2014, n. 52) ha visto la luce dopo la fine di questa ricerca e sembra aver, sotto molti profili, conferito una svolta che, se concretizzata, conferirebbe una prima forte dimensione di garanzia al sistema delle misure di sicurezza, ed allo statuto della pericolosità sociale psichiatrica.

La legge infatti, pur prorogando al 31 marzo 2015 la data del definitivo superamento degli Opg, ha previsto sul piano amministrativo la possibilità per le regioni di rivedere i propri programmi di attuazione della riforma dando la possibilità di utilizzare dei finanziamenti statali per riqualificare i dipartimenti di salute mentale e le strutture pubbliche già presenti sul territorio (art. 1, comma 1 bis d.l. 52/2014).

Inoltre, si è ulteriormente fatta carico del grave problema della tutela delle persone internate stabilendo che entro 45 giorni dall'entrata in vigore del decreto legge debbano essere predisposti e comunicati al Ministero della Sanità ed alla autorità giudiziaria competente dei programmi di dimissione degli internati in Opg, "salvo documentare in modo puntuale le ragioni che sostengono l'eccezionalità e la transitorietà del prosieguo del ricovero. per coloro ai quali sia stata accertata la persistente pericolosità sociale". (art 1 comma 1 ter)

La legge assume, però, una rilevanza fondamentale in quanto viene ad incidere direttamente sulla disciplina del sistema delle misure di sicurezza, stabilendo innanzitutto per la prima volta nella storia dell'ordinamento giuridico italiano un termine massimo alla durata delle misure di sicurezza, affermando nell'art. 1, comma 1 quater che "tutte le misure di sicurezza detentive", comprese le nuove REMS, "non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima.

Per la determinazione della pena a tali effetti si applica l'articolo 278 del codice di procedura penale.

Per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo non si applica la disposizione di cui al primo periodo".

La norma segna la fine dell'internamento indeterminato, degli "ergastoli bianchi", stabilendo un reale legame di garanzia tra fatto di reato ed internamento. La misura di sicurezza viene attratta definitivamente nel genus della sanzione criminale. Il fatto assume pari importanza rispetto alla pericolosità del soggetto.

Le esigenze di difesa sociale sono destinate a cedere il passo alla più elementare delle garanzie: il fine pena. Un fine pena che tuttavia rimane legato al massimo edittale previsto per il reato commesso, visto anche che la norma, richiamando espressamente l'art. 278 c.p.p. esclude la possibilità di applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 81 c.p. e che continua a presentare il paradosso di considerare applicabile al non imputabile una pena come l'ergastolo che prevede l'elemento soggettivo della premeditazione pur continuando ad escluderlo di principio dalla colpevolezza.

Il principio di retroattività della legge penale più favorevole e la regola espressamente sancita dall'art. 200 secondo comma c.p. che impone di applicare la misura di sicurezza in vigore al momento dell'esecuzione, indicano l'immediata applicabilità della norma in questione a tutti gli internati.

La riforma introduce anche il principio di sussidiarietà nell'applicazione della misura del ricovero in Opg o nella Casa di Cura e di Custodia, affermando che questo potrà essere disposto solo quando ogni altra misura risulti inadeguata rispetto alle esigenze di cura e di controllo della pericolosità sociale, armonizzando il sistema normativo con quanto statuito dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n.253/2003 e 367/2004. Imponendo addirittura al giudice di cognizione o al giudice dell'esecuzione di disporre di regola l'assegnazione di una misura diversa dall'Opg o dalla casa di cura o di custodia "salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a far fronte alla sua pericolosità sociale", indicando quindi espressamente l'internamento come ipotesi eccezionale.(art. 1. Comma 1, lett b)

Ma la riforma si spinge anche a toccare il nucleo stesso della nozione di pericolosità introducendo due importanti cambiamenti: da una parte prevede che l'accertamento della pericolosità sociale dovrà essere effettuato sulla base delle sole "qualità soggettive della persona", imponendo di non prendere più in considerazione gli indici dettati dall'art 133 c.p. Afferma poi che "non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali", impedendo così che le disfunzioni del sistema sanitario vengano indebitamente scaricate sull'internato, evitando che le carenze dei dipartimenti di salute mentale si trasformino in criteri legittimanti la compressione dei diritti di libertà.

Certo, il semplice riferimento alle qualità soggettive della persona quale criterio per l'accertamento della pericolosità presta il fianco a critiche perché amplia la mancanza di determinatezza della nozione giuridica di pericolosità tuttavia, ad una prima lettura, ci pare che la norma attragga il sistema normativo che regola le sanzioni riservate ai non imputabili verso un nuovo orizzonte di garanzia che non possiamo non condividere.