ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo VI
Conclusioni e considerazioni conclusive

Maria de Leeuw, 2012

VI.1 Introduzione

In questo Capitolo vengono presentate le conclusioni della verifica di compatibilità delle norme nazionali con le disposizioni di diritto umano. Sono state anche esaminate le violazioni di disposizioni pertinenti CEDU in entrambi i paesi. Tali violazioni si verificano sia a livello nazionale che europeo. Vuol dire che in alcuni casi la Corte EDU, oltre alla violazione di una disposizione della CEDU constata anche la violazione della legislazione nazionale. Dalla sentenza Enea del 2009 la Corte EDU sembra applicare le RPE come criterio di sindacato giurisdizionale, ma c'è da chiedersi se queste regole, che offrono ai detenuti principalmente una tutela giuridica più ampia, saranno sempre seguite dalla Corte EDU nel futuro ma soprattutto in che modo saranno interpretate. Come già detto sia le RPE sia le disposizioni CEDU sono vaghe. Nel seguito sarà chiaro che le RPE non vengono sempre osservate. (1) Non può passare sotto silenzio che gli organi indipendenti d'ispezione CPT e ISt inoltre durante le loro ispezioni trovano situazioni che considerano inopportune, anche laddove non sono state violate norme nazionali o europee.

VI.2 Le normative nazionali e la CEDU

Le leggi penitenziarie sia dei Paesi Bassi che dell'Italia offrono un quadro generale, mentre i diritti ai contatti con il mondo esterno nei Paesi Bassi sono esplicitati nei regolamenti interni e in Italia nel regolamento esecutivo e nei regolamenti interni. Salta all'occhio che nel regolamento esecutivo olandese (PM) non si trova nulla riguardo ai contatti con il mondo esterno. Sarebbe opportuno includere l'esplicitazione delle disposizioni del Capitolo VII Pbw nella PM e riservare i regolamenti interni a faccende strettamente collegate all'organizzazione di ogni istituto individuale. Anche se non tutte le differenze esistenti saranno eliminate, tuttavia ciò contribuirebbe alla certezza e all'equità giuridica dei detenuti. Nei Paesi Bassi si potrebbe prestare più attenzione ai contatti in contesto della famiglia (par. VI.3.2.2), cui il legislatore italiano dà ampia attenzione. Invece, la tutela giuridica dei detenuti riguardo alla limitazione dei contatti con il mondo esterno nella legge in Italia è regolata meno bene che nei Paesi Bassi. Quest'argomento sarà discusso ulteriormente nel par. VI.3.4. In entrambi i paesi la legislazione penitenziaria, anche riguardo ai contatti con il mondo esterno, negli ultimi anni è stata inasprita e come già asserito in precedenza nella letteratura giuridica ciò non viene accolto con entusiasmo. Di recente Vegter fece notare la moltitudine di modifiche di legge e il pericolo che modifiche non prive di importanza siano introdotte dal Ministro della giustizia come modifica tecnica in una Nota di Modifica alla legge. (2) Come detto nel par. V.3.2.2, la CPT ha fortemente criticato l'inasprimento dell'art. 41-bis O.P. (3)

VI.3 Gli esiti della verifica della compatibilità con gli articoli 3 e 8 CEDU

VI.3.1 Introduzione

Un punto problematico nella verifica di compatibilità con gli articoli 3 e 8 CEDU nel Capitolo IV era costituito dai termini generali in tali disposizioni quando si tratta dei motivi per poter imporre le limitazioni, dell'ampiezza del relativo potere di applicazione e della suddivisione dei poteri. Detto diversamente dagli articoli non si può evincere da chi, per quale motivo e in quale misura possono essere limitati i diritti a contatti con il mondo esterno dei detenuti. Come concluso nel par. II.3.5.1 l'art. 36 comma 3 Pbw, in cui viene attribuito al direttore il potere di limitare il diritto alla corrispondenza, contrasta con l'art. 13 comma 1 della costituzione olandese quando si interferisce con il segreto epistolare. (4) Non risulta in contrasto con l'art. 8 comma 2 CEDU, perché in tale articolo non è stabilito da chi le limitazioni possono essere imposte e la Corte EDU lo lascia alla discrezione degli stati membri. (5) Per eliminare il contrasto con la Gw, il compito del controllo della corrispondenza dovrebbe essere affidato ad un giudice. Al fine di soddisfare il requisito della Regola 2 RPE tutte le limitazioni dei diritti dei detenuti devono essere verificate da un giudice. Si potrebbe pensare alla Sezione penitenziaria del Tribunale di Arnhem con possibilità di appello presso la RSJ, dopo il reclamo secondo la procedura esistente dell'art. 60 e.ss. Pbw. In tal modo si eviterebbero problemi di imparzialità e di indipendenza del giudice. Anche un collegio giurisdizionale presso la RSJ potrebbe farsi carico di tale compito, ma si imbatterebbe nel problema dell'indipendenza e imparzialità, perché il detenuto contro la decisione di controllo della corrispondenza dopo il reclamo ricorre in appello presso la stessa RSJ. Questa situazione è paragonabile a quella italiana, in cui il giudice penitenziario infligge una limitazione e lo stesso giudice deve trattare il reclamo contro tale decisione (par. III.5.2). Per questo motivo la prima soluzione menzionata dovrebbe essere la preferita. Un altro punto critico nella verifica di compatibilità con gli articoli 3 e 8 CEDU è la vaghezza di tali norme. Quando esattamente si viola il divieto di tortura e di pene o trattamenti disumani o degradanti dell'art. 3 CEDU, in particolare riguardo al numero dei colloqui personali e telefonici cui hanno esattamente diritto i detenuti in virtù dell'art. 8 CEDU e a come deve essere regolata la tutela giuridica, non è indicato. Anche la Corte EDU ha dovuto confrontarsi con la domanda riferita alla collocazione precisa del confine di pena o trattamento disumano o degradante e dopo quanti mesi nel rigoroso regime 41-bis tale confine viene oltrepassato. (6) Per definizione con la reclusione si interferisce con il diritto alla vita familiare e con il diritto al rispetto della vita privata dei detenuti. Anche se la reclusione è giustificata in base ad una sentenza del giudice dopo un processo circondato da garanzie, fin dove la direzione del carcere può arrivare nella limitazione dei contatti con il mondo esterno? Né la legislazione nazionale, né la giurisdizione della Corte EDU danno una risposta per ogni situazione immaginabile. Come affermato nel par. IV.4.2, solo una piccola parte dei reclami arriva fino alla Corte EDU.

VI.3.2 Art. 3 CEDU - Il divieto di tortura e di pene o trattamenti disumani o degradanti

VI.3.2.1 Corrispondenza

In entrambi i paesi in linea di principio i detenuti possono scrivere e ricevere lettere illimitatamente e la Corte EDU per ora non ha constatato violazioni dell'art. 3 CEDU, per cui non è necessario adeguare la legislazione nazionale per soddisfare questa norma dei diritti dell'uomo, eppure ci sono dei punti di critica. In entrambi i paesi la mancanza di un termine massimo per il controllo sulla corrispondenza epistolare (par. II.3.5.1, art. 18-ter O.P., par. V.3.2.2) resta un punto di preoccupazione. Maggiore chiarezza nella normativa è quindi molto auspicabile e ciò viene anche sostenuto dalla CPT. Non si deve dimenticare che il diniego di contatti con il mondo esterno durante un periodo prolungato può costituire un trattamento degradante e in caso di un termine molto lungo persino tortura. Dall'Italia è stato invocato l'art. 3 CEDU a causa della limitazione della corrispondenza, ma invano (par. V.3.2.1).

VI.3.2.2 Colloqui

In entrambi i paesi i detenuti possono ricevere regolarmente delle visite. Le norme nazionali sembrano dunque soddisfare la Regola 24.2 delle RPE, in cui è stabilito che si deve garantire un minimo di contatti. Ma resta poco chiaro come si deve intendere e applicare tale minimo. A causa della limitazione del diritto ai colloqui né i Paesi Bassi né l'Italia sono stati condannati in base all'art. 3 CEDU. Nella sentenza Enea la Corte EDU ritenne non raggiunto il limite minimo per poter stabilire un trattamento degradante. (7) Da quando nel 2009 l'art. 41-bis è stato inasprito, i detenuti in questo regime sono limitati nel loro diritto di colloquio fino al massimo di un ora al mese. Come detto, la CPT ha criticato tale inasprimento e ha consigliato di permettere più contatti a questa categoria di detenuti, con la famiglia, con altri detenuti o con il personale carcerario. (8) Questi ultimi due gruppi tuttavia non possono sostituire il contatto con la famiglia e con gli amici e al personale carcerario, dato che si tratta di delinquenti gravi, devono essere posti dei requisiti particolarmente alti. Una soluzione migliore forse si può trovare nell'accompagnamento particolare individuale durante i colloqui personali e telefonici e nella valutazione individuale dei rischi.

Dopo che i Paesi Bassi nel 2003 erano stati condannati per perquisizioni personali sistematiche in un reparto ad alta sicurezza le regole sono state allentate e non sono seguite altre condanne. (9) L'Italia non è stata condannata riguardo a perquisizioni personali, nonostante un ricorso in tal senso presso la Corte EDU. (10) In assenza di norme chiare nei due paesi sui motivi per la perquisizione personale e sulla relativa esecuzione e verbalizzazione, il controllo giurisdizionale resta problematico. Dunque non è (ancora) necessario adeguare la legge per soddisfare i requisiti dell'art. 3 CEDU, ma vista la violazione della dignità umana fisica, è opportuno esplicitare più in dettaglio le normative sui punti suddetti.

VI.3.2.3 Telefonate

In entrambi i paesi i detenuti in linea di principio possono telefonare come minimo una volta alla settimana per 10 minuti. Il diniego di determinati colloqui telefonici nei Paesi Bassi e il diniego di colloqui telefonici con persone non appartenenti alla famiglia in Italia, come concluso nel par. V.3.2.3, non ha portato ad una condanna per violazione dell'art. 3 CEDU. Una violazione in base a queste norme di legge non è mai stata riconosciuta presso la Corte EDU, per cui sembrano essere soddisfatti i requisiti CEDU. In caso di misure imponenti di limitazione del diritto al colloquio telefonico si può ipotizzare una violazione, ma nei Paesi Bassi non è probabile poiché non è ammesso un totale divieto. (11) Un divieto totale è ritenuto inammissibile anche dalla CPT. (12) Ma come sottolineato nel par. V.3.2.3 nei Paesi Bassi in via d'eccezione può essere imposto un divieto dell'uso del telefono a detenuti in cella di isolamento. Anche se il collocamento in tale cella è limitato ad un periodo relativamente breve, al massimo di due settimane, non sono esclusi problemi psichici a causa di tale divieto. Sarebbe opportuno obbligare il direttore in tali casi a chiedere il parere di o a consultarsi con il medico curante o lo psichiatra prima di prendere una decisione in merito, per offrire in tal modo una garanzia in più contro decisioni arbitrarie. È necessaria prestare particolare attenzione alla valutazione che precede la decisione di limitare il diritto alle telefonate, nel caso il detenuto si trova in cella di isolamento. Quando i detenuti non possono telefonare, non possono ricevere visite e, per qualsiasi motivo, non sono nemmeno in grado di corrispondere, in pratica si tratta di una privazione totale dei contatti con la famiglia e con gli amici. Per esempio ciò può accadere nel caso di stranieri che non parlano la lingua, che sono analfabeti, o la cui famiglia abita troppo lontano per recarsi al carcere. L'isolamento per periodi prolungati dal punto di vista del detenuto è inaccettabile e implica un trattamento degradante. In caso di periodi molto lunghi in pratica comporta la tortura (par. IV.2.1). In Italia dal 2009 i detenuti 41-bis nei primi sei mesi di permanenza non possono telefonare, tranne che al loro avvocato (limitatamente a tre contatti telefonici o in alternativa tre colloqui da un ora alla settimana) e dopo quel periodo solo al posto di colloqui. Con questo il limite minimo di trattamento disumano e degradante sembra ampiamente varcato. Eppure l'Italia su questo punto non è stata condannata dallala Corte EDU per violazione dell'art. 3 CEDU (par. V.3.2). La Corte EDU esprime comprensione per la situazione estremamente difficile in Italia con la pesantissima criminalità organizzata, che giustifica misure estreme. Poiché in Italia non è previsto un organo di controllo nazionale che pubblica relazioni, non è stato possibile consultare ampia giurisprudenza e le relazioni recenti della CPT non fanno menzione di questo argomento, non è semplice fare una verifica della situazione di fatto in merito al diritto ai colloqui telefonici per i detenuti e in particolare per i detenuti 41-bis. (13)

VI.3.3 Art. 8 CEDU - Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e le limitazioni

VI.3.3.1 Corrispondenza

Il numero delle lettere da scrivere e ricevere né in Italia né nei Paesi Bassi può essere limitato e dunque al riguardo non sembra esserci violazione dell'art. 8 CEDU. Per i detenuti che non hanno reddito o che hanno un reddito minimo, la mancanza di denaro può essere un ostacolo all'invio delle lettere. Questo problema si ha soprattutto nei Paesi Bassi, a causa del compenso basso per le attività lavorative. (14) In base all'obbligazione positiva per gli stati membri posta dalla Corte EDU al fine di dare effettiva attuazione ai diritti fondamentali, in entrambi i paesi sarebbe opportuno spedire tutta la corrispondenza dei detenuti che non hanno sufficiente reddito a spese dello stato. La CPT nelle relazioni del 1996 e 2004 ha fatto una raccomandazione di maggiore flessibilità, anche in merito ai colloqui personali e telefonici. (15) Come indicato nel par. V.3.3.1, l'art. 18 O.P. deve essere adeguato al fine di soddisfare la regola 'family and friends' della sentenza Silver. (16) La necessità di limitazione per motivi di 'ordine e sicurezza' possibilmente offre alla direzione del carcere un potere discrezionale troppo ampio. (17) Come affermato nel par. VI.2.2.1 la mancanza di un termine massimo di controllo è un punto preoccupante. In entrambi i paesi è opportuna una migliore esplicitazione dei requisiti per la limitazione o il controllo al fine di aumentare la certezza giuridica dei detenuti. Nel par. V.3.3.1 sono state discusse le condanne dell'Italia per violazione dell'art. 8 CEDU dopo la censura della corrispondenza tra il detenuto e l'avvocato. In base alla legislazione nazionale tale censura non è ammessa. (18) L'adeguamento della legge italiana su questo punto dunque non è necessario. In seguito alle molte violazioni del segreto epistolare in merito alla corrispondenza tra avvocati e detenuti nel futuro sono da aspettarsi altre condanne dell'Italia da parte della Corte EDU. (19) Nel 2009 la Corte giudicò che l'art. 18-ter O.P. non soddisfa i requisiti dell'art. 8 comma 2 CEDU. La durata e i motivi delle limitazioni della corrispondenza non vi sono previsti e nemmeno le modalità per l'esercizio dei poteri relativi. (20) L'adeguamento dell'art. 18-ter O.P. è dunque necessario.

VI.3.3.2 Colloqui

Sia in Italia sia nei Paesi Bassi i detenuti possono regolarmente effettuare colloqui (rispettivamente sei volte al mese e una volta la settimana). La normativa nazionale sembra dunque soddisfare il requisito dell'art. 8 CEDU e anche la Corte EDU non ha constatato violazioni. Nell'articolo 8 CEDU si garantisce soltanto un diritto generale alla vita privata e alla vita familiare e la legge in entrambi i paesi prevede solo norme minime. Non è chiara la frequenza de facto dei colloqui e nemmeno se la frequenza e la durata dei colloqui nella pratica soddisfano il requisito il più possibile posto nella Regola 24.1 RPE. Grazie alla possibilità dei colloqui senza sorveglianza ai detenuti nei Paesi Bassi viene concesso un minimo di vita privata. In Italia una relativa proposta di legge è stata bocciata nel 2000 e non prevedo una futura possibilità. La Corte EDU nel 2007 stabilì che i detenuti non hanno diritto ad una relazione di natura fisica. (21) In Italia a partire dagli anni novanta a determinate categorie di autori, tra cui donne incinte e madri con figli piccoli, nell'ambito di misure contro la sovraffollamento negli istituti come modalità di esecuzione alternativa viene offerto l'arresto domiciliare con sorveglianza elettronica. (22) Nei Paesi Bassi tale possibilità non è prevista nella legge, all'inflizione della sanzione. Il Ministro della giustizia olandese può designare reparti dove i figli fino all'età di 4 anni possono soggiornare con la madre, ma ci si chiede se si faccia molto uso di tale possibilità. (23) Una modifica di legge al fine di rendere possibile l'arresto elettronico per questa categoria, se necessario a severe condizioni, sarebbe benvenuta. I bambini potrebbero crescere nel loro ambiente naturale e la reintegrazione delle madri sarebbe più veloce e migliore. Questo andrebbe anche nella direzione raccomandata dall'ISt nel 2009. (24) L'estensione delle possibilità di colloquio in entrambi i paesi resta opportuna, in particolare per il mantenimento della relazione tra i genitori detenuti e i loro figli che senza volerlo subiscono le conseguenze della detenzione. (25) Sorge la domanda se l'interferenza nei diritti dei figli non contrasti con la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia. (26) Nel 2010 la ISt, rimandando all'art. 8 CEDU e alle RPE ha raccomandato di ampliare la durata delle visite dei figli e di organizzare giornate speciali genitori-figli. (27) In seguito sono stati introdotti miglioramenti, ma resta la domanda se siano sufficienti per realizzare una buona relazione tra i genitori detenuti e i loro figli. (28) La situazione dei detenuti 41-bis è stata discussa ampiamente nel par. V.3.2.2. e nell'ambito dell'art. 3 CEDU nel par. VI.3.2.2. Per questo gruppo di detenuti i colloqui sono talmente limitati che ci si può chiedere che cosa rimanga del loro diritto alla vita familiare. Magari la Corte EDU in sentenze future potrà fare più chiarezza relativamente ai limiti di tale diritto.

VI.3.3.3 Telefonate

Il diritto minimo di colloquio telefonico in entrambi i paesi, che consiste di 10 minuti di telefonate alla settimana, non sembra contrastare con l'art. 8 CEDU. Eppure ci si può chiedere se in un tempo così breve si possa creare o mantenere qualcosa che somiglia ad una vita familiare. Un altro quesito è se nella pratica si tiene conto delle differenze di fuso orario per i detenuti la cui famiglia abita in altre parti del mondo. La globalizzazione sempre crescente ha come conseguenza che i detenuti si trovano sempre più lontani da casa. Per loro il telefono dunque è una vera ancora di salvezza. Non è chiaro come si calcola la durata delle telefonate quando si fanno più telefonate durante il tempo prefissato di 10 minuti. Un importante punto di miglioramento è l'uniformazione a livello nazionale dei regolamenti e dell'apparecchiatura, in particolare per assicurare che le spese siano uguali in tutto il paese e che non siano più alte rispetto a quelle per cittadini liberi. Ciò renderebbe anche giustizia al principio di equivalenza. Il potere di limitare il diritto di fare telefonate è stato attributo dal legislatore al direttore, come per gli altri diritti al contatto. Ciò non contrasta con la costituzione come nel caso di violazione del segreto epistolare e nemmeno con l'art. 8 CEDU. Pertanto la conclusione è che la normativa olandese soddisfa le norme CEDU. È chiaro ed accettabile che in particolare l'interesse delle indagini penali nonché gli interessi di ordine e sicurezza prevalgano sul diritto al rispetto della vita privata dei detenuti. Eppure resta opportuno regolare più dettagliatamente nelle leggi i requisiti in merito all'ordine e alla sicurezza per limitare e controllare il traffico telefonico. Dopo l'intercettazione e l'ascolto di colloqui telefonici i Paesi Bassi sono stati condannati una volta per violazione del diritto al rispetto della vita privata e quindi dell'art. 8 CEDU. (29) In seguito la normativa fu adeguata e non seguirono altre condanne. Un punto di preoccupazione resta che i detenuti possibilmente non sono sempre consapevoli di essere ascoltati e tanto meno i loro interlocutori. I problemi legati ai detenuti in cella di isolamento sono già stati discussi nel par. II.3.5.3, par. V.3.2.3 e nel par. VI 3.2.3. La lunga durata massima (12 mesi, fino al 2005 tre mesi) di possibile diniego di determinati colloqui telefonici costituisce un punto di preoccupazione, anche se ciò non contrasta con l'art. 8 CEDU. (30) Come indicato nel par. IV.3.3.1 l'adeguamento dell'art. 18 O.P. è necessario anche in merito al diritto al colloquio telefonico per eliminare la distinzione tra famiglia e altri. Nel prossimo paragrafo si parlerà dei problemi dei detenuti riguardo ai loro contatti telefonici con il loro avvocato. Come sostenuto dalla CPT è opportuno l'ampliamento della possibilità di fare telefonate per tutti i detenuti, se necessario a spese dello stato. Nel par. V.3.3.3 è sottolineato che nei due paesi non è previsto nella legge l'uso di e-mail e internet. Ciò non contrasta con l'art. 8 CEDU, ma sarebbe opportuno e inoltre in conformità con la Regola 24.1 RPE e con il principio di equivalenza studiare le possibilità, in entrambi i paesi. Si potrebbe per esempio consentire ai detenuti di scannerizzare e spedire, sotto supervisione, le loro lettere. Un vantaggio supplementare del traffico internet è che le spese sono basse.

VI.3.4 Il combinato disposto degli articoli 6 e 13 CEDU - Tutela giuridica

Nei Paesi Bassi la Pbw prevede una procedura di reclamo e una procedura di appello presso la BC della RSJ. La maggior parte dei problemi così viene risolta a livello nazionale. È rimarchevole che, diversamente dall'Italia, nei Paesi Bassi è espressamente esclusa un'azione collettiva dei detenuti contro una misura generale dalle parole 'che lo interessano' nell'art. 69 comma 1 Pbw. Per il reclamo contro provvedimenti generali o contro decisioni non prese dal direttore o a suo nome, ora il detenuto si deve rivolgere al giudice amministrativo o al giudice civile. La disposizione dell'art. 69 comma 1 PBW tuttavia non contrasta con l'art. 13 CEDU e i Paesi Bassi non sono stati condannati al riguardo dalla Corte EDU. Dal punto di vista del detenuto ma anche dell'efficacia, è opportuno estendere a misure generali la possibilità di reclamo e di appello. Come discusso nel par. II.3.5.3 e nel par. V.3.5 nei Paesi Bassi sono sorti problemi in materia di contatti telefonici con l'avvocato, in particolare per i detenuti in cella di isolamento. In una pronuncia della RSJ nel marzo 2010 si stabilì che il detenuto deve dare una spiegazione verbale sull'asserita necessità di telefonare all'avvocato e che al riguardo al direttore spetta soltanto un potere discrezionale marginale. (31) Magari le relazioni dell'ISt nel futuro potranno fare chiarezza sul modo in cui questa procedura si svolge nella pratica. Il problema della lacuna nella tutela giuridica in Italia, stabilita dalla Corte costituzionale nel 1999, è stato discusso nel par. III.5.3 e ripetuto nel par. V.3.5. In contrasto con la Costituzione e la CEDU tuttora non è prevista una normativa, anche se secondo la dottrina dominante la procedura d'appello indicata dalla Corte nel 2003 può essere seguita anche per i diritti ai colloqui personali e telefonici. (32) Resta necessaria una modifica di legge al fine di soddisfare il requisito dell'art. 13 CEDU. In merito ai contatti con il mondo esterno ho trovato solo alcune sentenze di Magistrati di Sorveglianza, ma possibilmente ci saranno più sentenze nel futuro. Infine possibili problemi di indipendenza e imparzialità del magistrato penitenziario nei Paesi Bassi (par. II.4.2) e in Italia (par. III.5.2) meritano attenzione. Si potrebbe esaminare se è possibile concedere anche ai reclamanti di chiamare in causa testimoni ed esperti. (33) Si potrebbe elaborare un regolamento di ricusazione del giudice e forse è possibile prevedere l'obbligo a far svolgere le udienze pubblicamente.

VI.4 Considerazioni conclusive

I giudici della Corte EDU cercano i limiti delle norme minime CEDU, cui gli stati membri devono soddisfare (par. IV.4.2). Ciò tuttavia non significa che laddove possibile non si debbano e non si possano offrire altri diritti. In merito alle limitazioni dei diritti dei detenuti gli organi di ispezione riscontrano situazioni inopportune, anche dove non vi è contrasto con disposizioni di legge e a quanto pare non si violano nemmeno dei diritti dell'uomo. Come più volte affermato, i contatti con il mondo esterno per i detenuti formano l'anello indispensabile sulla strada della risocializzazione e della reintegrazione nella società. Quando la società, come sembra essere il caso in misura sempre più larga, corrode i principi di risocializzazione e di limitazioni minime, c'è da aspettarsi che gli effetti si risentiranno a medio termine. In particolare ciò avverrà quando i diritti dei detenuti a contatti con il mondo esterno saranno limitati oltremisura. Non si deve dimenticare che più il detenuto è risocializzato quando esce dal carcere, più piccolo sarà il rischio di recidiva.

Nonostante parole di monito di giuristi esperti sia nei Paesi Bassi sia in Italia, il clima per i detenuti non sembra migliorare, ma peggiorare. Nel 2008 Kelk fece presenti i tagli drastici e gli effetti negativi sulla vita familiare creati dai problemi nel mantenere i contatti: "Quanto a contenuto e portata, la posizione giuridica materiale del detenuto olandese non è ancora così completa per poter dire che sotto ogni aspetto è andato di pari passo con gli sviluppi della società nel campo dei vigenti criteri generali di benessere e vivibilità. Si pensi tra l'altro allo stipendio, alle telefonate e alla misura e alla forma della possibilità di colloqui personali". (34) Le parole 'pari passo' ricordano l'uso tuttora non ammesso dei mezzi moderni di comunicazione negli istituti (par. VI.3.3.3).

Che negli anni passati, sotto pressione dell'opinione pubblica, l'attenzione per le vittime di reati sia cresciuta è un fatto positivo. Dalla società però suona anche e sempre più forte il richiamo di punire in modo più severo, dopo che negli anni 90 del secolo scorso il concetto di sicurezza ha assunto un ruolo più importante. (35) Tra l'altro venne espresso questo concetto il 15 giugno u.s. in una notizia sui media, in cui si scrisse che il governo desidera che la RSJ nella sua giurisdizione abbia più occhio per la sicurezza della società. (36) Ciò sembra un'interferenza del potere esecutivo nel potere giurisdizionale e ciò intacca il principio della separazione dei poteri, il pilastro del nostro sistema costituzionale. Appena prima, il 6 giugno 2011, il governo emise un comunicato stampa dal titolo "Sistema di promozione e degradazione per i detenuti", in cui annunciò che ai detenuti sarà data maggiore responsabilità personale e che questo nuovo sistema implica che devono rispettare gli accordi. Ma di quali accordi si tratti e quali siano le conseguenze se non lo si fa non è assolutamente chiaro. Si annuncia altresì che sarà abolito il permesso senza obiettivo di reintegrazione. Ovviamente il governo parte dall'idea che esiste una categoria di detenuti per cui non esiste un diritto alla reintegrazione. Ciò è in flagrante contrasto con l'obiettivo di risocializzazione, il principio delle limitazioni minime ed è violazione del divieto del reformatio in peius. (37) Come questo nuovo approccio severo inciderà sui diritti a contatti con il mondo esterno e in particolare sui diritti di colloquio personale e telefonico per ora resta poco chiaro, ma c'è da temere che questi diritti saranno sempre più contenuti. Il mantenimento dei contatti con il mondo esterno per i detenuti tuttavia anche nel futuro resterà di importanza essenziale per una risocializzazione efficace. Questa è la ratio dietro le norme CEDU e RPE e tale importanza viene anche sottolineata nella giurisprudenza della Corte EDU e nelle relazioni CPT. Le politiche sempre più severe in entrambi i paesi con limitazioni di portata sempre più vasta fanno sorgere la domande se e come nei due paesi nel futuro si vorrà continuare ad osservare i principi di risocializzazione e di limitazioni minime. Esiste la possibilità che la normativa a livello nazionale si allontani sempre di più da quanto è opportuno e necessario per un trattamento umano dei detenuti. L'espressione di una società civilizzata è proprio il trattamento umano di coloro che sono privati della loro libertà, anche se ciò talvolta richiede soluzioni complesse. Che nell'ambito delle indagini penali prevalga l'interesse generale e che in Italia si debba condurre una spietata lotta contro la criminalità organizzata, non è oggetto di critica. Ma non si deve dimenticare che nel caso di detenuti condannati in via definitiva e in particolare di detenuti condannati a pene di lunga durata si tratta di persone i cui diritti inalienabili non possono essere aboliti e ciò vale anche, forse proprio, per i delinquenti più gravi. La gravità del delitto commesso in linea di principio non dovrebbe avere nessuna influenza nel riconoscimento del diritto ai contatti con il mondo esterno. Meglio i detenuti sono assistiti a livello individuale e sono sostenuti stimoli positivi come corsi di formazione e sport, maggiore sarà la possibilità che dopo la loro liberazione si asterranno dal commettere altri reati. Pertanto vorrei chiudere con una citazione di De Lange e Mevis e formulare l'augurio che tale pensiero sempre prevarrà: "Ma lo Stato è anche obbligato a garantire al detenuto un clima umano di detenzione, cui appartiene l'obbligo di organizzare la detenzione mirando al ritorno con successo del detenuto nella società". (38)

Note

1. Nel gennaio 2011 la BC giudicò che le RPE per i Paesi Bassi includono solo raccomandazioni, BC 4 gennaio 2011, 10/2848/GA.

2. P.C. Vegter, Een dam tegen de vloed van TBS-regelgeving, in: Sancties 2011, n. 2, p. 65 e.v.

3. CPT/Inf (2010) 12.

4. Art. 13 comma 1 Gw recita: "Het briefgeheim is onschendbaar, behalve, in de gevallen bij de wet bepaald, op last van de rechter" ("Il segreto epistolare è inviolabile tranne, nei casi stabiliti dalla legge, su ordine del giudice"). Sta di fatto che il direttore non è giudice.

5. Invece in virtù dell'art. 13 CEDU è richiesto che nel caso di limitazioni ci sia un controllo giurisdizionale. Nella Pbw è prevista una procedura giurisdizionale presso la RSJ, dunque nei Paesi Bassi si soddisfa tale requisito.

6. Corte EDU, 1 dicembre 2009, n. 24418/03, Stolder vs. Italia, par. 23.

7. La Corte ripeté tale giudizio nella sentenza n. 24950/06 del 3 febbraio 2010, Montani vs. Italia.

8. CPT/Inf (2010) 12.

9. Corte EDU, 2 febbraio 2003, n. 44484/98, Lorsé vs. Paesi Bassi; Corte EDU 4 febbraio 2003, n. 50901/99, Van de Ven vs. Paesi Bassi.

10. Corte EDU 17 agosto 2008, n. 22727/03, De Pace vs. Italia.

11. BC 29 gennaio 2002, 01/1956/GA, Sancties 2002, 26. BC 8 luglio 2003, 03/1403/SG, Sancties 2003, 52.

12. CPT/Inf (93) 2, par. 51, Francia; CPT/Inf (98) 7, par. 149, Francia; cfr. la sentenza Corte EDU Stolder.

13. Anche su questo punto una ricerca scientifica di diritto sociologico potrebbe fornire informazioni utili.

14. In contrasto con la Regola 26.10 RPE, come già indicato nel par. II.3.5.1.

15. CPT/Inf(96) 1, par. 110, Paesi Bassi (Aruba); CPT/Inf(2004) 18, Ungheria, par. 52. Questo risponderebbe alla Regola 24.5 RPE in cui si invoca il sostegno del detenuto nei suoi contatti con il mondo esterno.

16. Corte EDU, 25 marzo 1983, Silver e altri vs. UK, Serie A, Vol. 61.

17. Non vale soltanto per la corrispondenza, ma anche per i colloqui personali e telefonici. Possibilmente una ricerca giuridico-sociologica a proposito, non solo della misura in cui ci si avvale del potere per sottoporre i detenuti alla perquisizione personale, ma anche dei verbali delle perquisizioni, delle esperienze dei detenuti e delle conseguenze psichiche che subiscono dopo essere stati sottoposti regolarmente a perquisizioni potrebbe fornire informazioni utili al riguardo.

18. Il combinato disposto dell'art. 18-ter comma 2 O.P. e l'art. 103 comma 5 C.P.P.

19. Le sentenze della Corte EDU in virtù dell'art. 46 CEDU devono essere osservate, ma sempre soltanto per il caso specifico.

20. Corte EDU, 7 luglio 2009, n. 24425/03, Piacenti vs. Italia.

21. Corte EDU, Grand Chamber, 4 dicembre 2007, n. 00044362/04, Dickson vs. UK.

22. Art. 47-ter comma 1 sub a O.P. Questo articolo fu aggiunto all'O.P. con la legge n. 663, 10 ottobre 1986 (Legge Gozzini) e modificato nel 1998 con la legge n. 165, 27 maggio 1998 (Legge Simeone - Saraceni). Questo articolo si applica solo se sono soddisfatte le condizioni per la sospensione di cui all'art. 146 o l'art. 147 C.P. Un grande problema in Italia è il sovraffollamento delle carceri, che non viene ulteriormente discusso. Nel 2010 nelle carceri italiane sono morte in totale 250 persone, tra cui 66 suicidatesi, vedi Ristretti.it.

23. Durante la visita dell'autore al carcere femminile di Ter Peel il 31 gennaio 2011 il relativo reparto era vuoto.

24. Inspectiejaarplan 2009, p. 17. Una bella citazione da questa relazione annuale: "Het bieden van mogelijkheden tot regelmatig contact tussen gedetineerde ouders en hun kinderen is niet alleen van belang vanuit humanitair oogpunt, maar ook - naar uit wetenschappelijk onderzoek is gebleken - als ondersteunende factor om terugkeer in criminaliteit te voorkomen" ("Offrire possibilità di regolari contatti tra genitori detenuti e i loro figli non riveste solo importanza dal punto di vista umanitario ma - come è risultato da ricerche scientifiche - come fattore di sostegno per prevenire il ritorno alla criminalità").

25. J. Murray, "The effects of imprisonment on families and children of prisoners", in: A. Liebling & S. Maruna, (red.), The effects of imprisonment, Cullompton: Willan Books, p. 442 e.ss.

26. VN, 20 novembre1989, Convenzione Internazionale per i Diritti dell'Infanzia, 2 settembre 1990.

27. Ispezione Istituto Penitenziario Zwolle, novembre 2010, relazione p. 28.

28. La collocazione di tavoli a serpentina non è favorevole perché ostacola il contatto fisico (annotazione 80).

29. Corte EDU 27 aprile 2004, NJ 2004, 651 con annotazione Mevis, Doerga vs. Paesi Bassi.

30. Art. 39 comma 3 Pbw.

31. BC 5 marzo 2010, 09/2956/GA.

32. Il combinato disposto dell'art. 18-ter O.P. e l'art. 14-ter O.P. Corte Costituzionale, 26 febbraio 2003, Sezioni Riunite, Gianni, C. pen. 04, 1362.

33. Sarebbe sufficiente l'estensione dell'art. 64 comma 4 Pbw.

34. "Qua inhoud e omvang is de materiële rechtspositie van de Nederlandse gedeteneerde nog niet zó volkomen dat men kan zeggen dat deze in alle opzichten gelijke tred heeft gehouden met maatschappelijke ontwikkelingen op het gebied van generale geldende maatstaven van welzijn en leefbaarheid. Te denken valt o.a. aan het arbeidsloon, het telefoneren en de mate en vorm van bezoekmogelijkheden", C. Kelk, Het Nederlandse detentierecht, Kluwer: Deventer 2008, p. 50-51 e 59.

35. J. de Lange e P.A.M. Mevis, De gedetineerde als rechtssubject; algemene aspecten van de rechtspositie van gedetineerden in: Detentie, Alphen aan den Rijn 2009, p. 373; Y. Buruma, De dreigingsspiraal, Den Haag: Boom Juridische Uitgevers, 2005: "De in de periode 1950 - 1980 levende gedachte dat jijzelf de verdachte kan zijn, of je kind of broer, raakt in de vergetelheid", p. 113 en "... de toenemende wens om mensen niet vanwege hun daad, maar vanwege de mate waarin we hen als riskante personen beschouwen aan te pakken, hebben het strafrecht veranderd", p. 145 ("L'idea diffusa nel periodo 1950 - 1980 che tu stesso potresti essere l'imputato, o tuo figlio o tuo fratello, cade nell'oblio", p. 113 e "... il desiderio crescente di trattare le persone non in base alle loro azioni, ma sulla base della misura in cui le consideriamo persone pericolose, ha cambiato il diritto penale", p. 145).

36. Articolo sul quotidiano distribuito gratuitamente 'De Pers' del 15 giugno 2011, "Wie in het gevang zit is uit de gratie", con un'intervista con Eric Bakker, presidente della Sezione giurisdizionale della RSJ e con Martin Moerings, presidente della Sezione Gevangeniswezen (organizzazione carceraria) della RSJ. Fanno notare che loro manterranno la propria linea. I noti penalisti Hans e Willem Anker lo applaudono, ma osservano anche: "Het lijkt wel of begrippen als rechtspositie, resocialisatie en humaniteit besmette begrippen zijn" ("Sembrerebbe che i concetti di posizione giuridica, risocializzazione e umanità siano concetti inquinati").

37. Art. 2 comma 2 e comma 4 Pbw. D'altronde già da alcuni anni ci sono due categorie di detenuti che non ritornano più nella società: detenuti TBS (internamento forzato) in reparti longstay e ergastolani.

38. "Maar de Staat is ook verplicht de gedetineerde een humaan detentieklimaat te garanderen, waartoe de verplichting behoort de inrichting van de detentie te richten op succesvolle terugkeer van de gedetineerde in de maatschappij", J. de Lange en P.A.M. Mevis, De gedetineerde als rechtssubject; algemene aspecten van de rechtspositie van gedetineerden in: Detentie, Alphen aan den Rijn: Kluwer 2009, p. 373.