ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Appendice

Giuseppe Campesi, 2009

Processo n. 1
G.G. - furto - difesa d'ufficio - P.M. - III

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma di essere stato inviato dalla centrale in via (...), poiché era giunta la segnalazione di un avvenuto furto da persone che avevano assistito all'azione di G. ed immediatamente si erano lanciate all'inseguimento del soggetto bloccandolo; dal verbale d'arresto risulta che la vittima del reato era una signora, la quale avrebbe assistito alla scena guardando dallo specchietto retrovisore della macchina di una sua amica, in sosta esattamente davanti alla sua auto.

Il soggetto sarebbe quindi stato visto infrangere il vetro dell'auto, sottrarvi qualcosa e darsi alla fuga.

La signora avrebbe quindi chiamato immediatamente aiuto ed altre persone, presenti, si sarebbero lanciate all'inseguimento del ladro, uno raccogliendo la borsa gettata durante la fuga da G. ed un altro, che inseguiva a bordo di un ciclomotore, bloccandolo.

In aula il giudice, chiedendo precisazioni in merito all'agente, afferma: "...è la partecipazione civica dei bolognesi, meno male".

Ma l'agente precisa: "...quello che l'ha bloccato era per giunta anche straniero"

Ed il giudice: "...ah pure straniero".

"ex Jugoslavia" conclude l'agente

Questa stessa persona è stata inoltre escussa a sommarie informazioni dagli agenti ed ha dichiarato di avere inseguito il soggetto con il ciclomotore e di averlo visto disfarsi della borsa, poi raccolta da un altro inseguitore. Risulta dal verbale della denuncia che la signora avrebbe poi riconosciuto nel soggetto bloccato la persona vista infrangere il vetro dell'auto.

Il verbale d'arresto ci informa anche dell'essere stato rinvenuto un cacciavite nell'auto della vittima, la quale non se ne è dichiarata proprietaria, lo stesso è adesso posto sotto sequestro; il verbale conclude letteralmente così: "...ritenuta la flagranza del reato di furto aggravato; la pericolosità sociale del prevenuto, desumibile dai precedenti specifici per reati contro il patrimonio emersi a seguito di interrogazione della banca dati di polizia, nonché dalla mancanza di una fissa dimora e di un lavoro, da cui si evince che lo stesso possa trarre fonte regolare di sostentamento dal compimento di attività delittuose; il grave allarme sociale determinato nella giurisdizione dai reati di micro-criminalità, si procedeva all'arresto..."

L'agente in aula, su spunto del P.M., conferma la rottura del vetro, riferendo quanto riportato nel verbale d'arresto; quantifica in pochi minuti il tempo trascorso fra chiamata ed intervento ed infine afferma che dalla borsa non è stato sottratto nulla, come aveva del resto dichiarato la stessa vittima del reato.

VIENE SENTITO L'IMPUTATO

Gasparre G., italiano, nato nel 1959, afferma di non avere una fissa dimora, dormirebbe al dormitorio di via (...), ne un lavoro, anche se dichiara di avere avuto uno e di averlo perso. Ha come domicilio eletto, per il recapito dei documenti, il carcere.

Il giudice afferma che l'imputato risulta avere cinque pagine di precedenti (1) di cui l'ultimo arresto risale al 12.2000, per furto con scasso, in merito al quale il soggetto avrebbe poi patteggiato.

Il giudice poi, sottolineando come in merito all'ultimo arresto il soggetto sia appena uscito dal carcere (nel 02.2001), afferma: "...è uscito alla fine di febbraio per questo?"

"Alla fine di febbraio si." risponde l'arrestato.

Ed il giudice continua "non fa in tempo ad uscire...perché già ne ha un altro alla fine di luglio, ricettazione...senta un po', lei per caso è tossicodipendente?"

Il soggetto:" si."

IL GIUDICE: "lo vedo un po' dalla faccia, poi con questa storia qui...però lei si rende conto che non è che perché uno è tossicodipendente noi possiamo autorizzarlo a rubare per drogarsi, che fa pure male tra l'altro."

Ammette, poi, il furto, lo scasso ed il tentativo di fuga, letteralmente con queste parole: "è successo che stavo passando per strada ho visto questa borsa, ho cercato di farla..."

"...cosa vuol dire ho cercato di farla" ribatte il giudice.

" di prenderla." conclude l'imputato.

Specifica, infine, su spunto della difesa, di avere gettato immediatamente, dopo pochi passi, la borsa.

Si paventa la possibilità di rubricare il fatto come furto consumato ed il P.M., che contesta anche l'aggravante della recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale, modifica il capo d'accusa, per questi il furto è consumato a causa dell'impossessamento prodottosi in ragione della strada effettuata con la borsa prima di liberarsene; la difesa si oppone, appunto in base al fatto che il soggetto si sarebbe immediatamente liberato della borsa, citando una sentenza della C. di Cass. del 1999 in senso contrario, la quale affermerebbe che il soggetto se inseguito e mai perso di vista durante l'inseguimento, non realizza un furto consumato, ma un furto tentato.

P.M.: chiede la convalida dell'arresto e la custodia in carcere ex art. 274 lett. C c.p.p., in relazione al concreto pericolo di reiterazione del reato che si evince dalla serie di precedenti dell'imputato.

LA DIFESA: si rimette alla giustizia della corte.

IL GIUDICE: convalida l'arresto ed, in relazione alla pericolosità del soggetto, dispone la custodia in carcere.

Viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritiene integrato il reato di furto consumato, aggravato dalla violenza sulle cose; peraltro il fatto, pur poco grave dal punto di vista oggettivo, presenta un'altissima valenza sintomatica, letto in relazione ai precedenti del soggetto appare in una luce completamente diversa; pertanto chiede condanna a due anni di reclusione, senza alcuna possibilità di benefici.

LA DIFESA: ribadisce come, a parere della C. di Cass., i casi del genere non vadano considerati reati consumati; sottolinea inoltre l'eccessività della pena richiesta dal P.M. proprio in ragione della condizione sociale del G., tossicodipendente, senza un lavoro ed una fissa dimora.

IL GIUDICE: dichiara la colpevolezza di G.G., condannandolo a 8 mesi e 140.000 lire di multa.

Nella motivazione il giudice chiarirà come il criterio per stabilire se si è integrata la fattispecie di furto consumato sia quello dell'impossessamento della "res furtiva", sottraendola alla sfera di vigilanza dell'imputato.

Circostanza che sarebbe data nel caso in specie, dal fatto che il soggetto, anche se ha buttato dopo pochi passi la borsa, sarebbe riuscito a togliere dalla sfera di vigilanza della vittima il bene sottrattole, appunto tentando una fuga che sarebbe poi stata sventata solo dall'intervento del soggetto in motorino.

A riguardo cita una sentenza della C. di Cass. che parla di impossessamento momentaneo.

Rifiuta la concessione delle attenuanti generiche per la sfilza di precedenti del soggetto, anche se non nega che la situazione è verosimilmente riconducibile al suo status di tossicodipente.

La difesa ha proposto appello, perché ritiene che il soggetto, disfacendosi, prima dell'intervento del soggetto in moto, della borsanon sarebbe riuscito ad impossessarsi completamente del bene, sottraendolo al controllo della vittima.

Processo n. 2
B.A.S. - stupefacenti - difesa di fiducia (2) - P.M. - III

L'imputato è stato in realtà arrestato il 09.03.2001 e ha già avuto l'udienza di convalida il giorno successivo. In merito è stato osservato il giudizio, che si è svolto alcuni giorni dopo a causa del rifiuto da parte del giudice di applicare la pena richiesta dalle parti.

Riportiamo l'udienza di convalida così come risulta documentata dal relativo verbale, agli atti; l'udienza di convalida si è svolta innanzi a G. - III

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi riferisce di avere osservato, in p.zza (...), un extracomunitario che consegnava, estraendola dalla bocca, quello che poi sarebbe risultato essere, fermato l'italiano, 0,25 g. di eroina (3).

All'italiano è stata applicata la sanzione amministrativa prevista dall'art. 75 ex d.p.r. 309/1990.

Successivamente, afferma, il soggetto sarebbe stato visto consegnare qualcosa ad un altro extracomunitario che, all'intervento degli agenti, riusciva a darsi alla fuga.

Al soggetto fermato ed immediatamente perquisito è stato rinvenuto anche un quantitativo di hashish (0,75 g.) (4).

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

Il soggetto fornisce le sue generalità, in questo caso certe poiché questi possiede un documento italiano (5) ed un permesso di soggiorno rilasciato nel 1996, è tunisino, nato a Sfax nel 1971.

Precisa di essere in Italia da otto anni, fornisce un domicilio ed afferma di avere un lavoro come facchino presso una ditta a Milano.

In merito ai fatti afferma che è venuto a Bologna con suo fratello, che si è sposato con un'italiana, e che, appena arrivato, sono venuti a chiedergli se aveva da vendere droga.

Sostiene quindi di non avere venduto nulla e che improvvisamente sono arrivati gli agenti e lo hanno portato immediatamente in questura, ma che lui non c'entrava niente.

Tuttavia ammette che aveva addosso un pezzo di fumo ed una cartina per sé, continuando però a negare di aver estratto un ovulo di eroina dalla bocca.

VIENE RIASCOLTATO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Il quale riferisce che durante lo svolgimento del servizio notava un gruppetto di extracomunitari e che, a breve distanza, vi era un gruppetto di tossici.

Afferma di avere quindi osservato uno dei tossici staccarsi dal suo gruppo per avvicinarsi a quello degli extracomunitari, dando e ricevendo in cambio qualcosa.

Sottolineando che sta raccontando quello che ha visto, conferma anche di aver visto estrarre qualcosa dalla bocca all'extracomunitario.

Chiarisce infine che hanno preliminarmente provveduto a bloccare l'italiano e che alla scena dello scambio ha assistito dalla distanza di dieci metri circa.

VIENE RIASCOLTATO IL SOGGETTO ARRESTATO

Il quale continua a negare la versione riportata dall'agente.

A questo punto il giudice gli chiede quali siano i suoi precedenti e questi dice di essere stato arrestato una volta, tuttavia il giudice precisa che intendeva riferirsi al fatto che risulta una sua recente scarcerazione, nel 1997, dopo un arresto per stupefacenti, ma il soggetto continua a parlare di un altro episodio, accaduto nel 1998, in cui afferma di essere stato fermato mentre tornava in Tunisia con biglietto per la nave e i vestiti, raccontando di essere stato preso insieme ad altri due e trattenuto tre giorni; nega infine di essere mai stato arrestato per droga.

In ultimo conferma una sua denuncia per furto risalante al 1995, anche se sostiene di non sapere "come è finita".

P.M.: chiede la convalida dell'arresto e gli arresti domiciliari o, in via subordinata, l'obbligo di presentazione alla P.G.

LA DIFESA: non si oppone in merito alla convalida dell'arresto, tuttavia, in merito alla richiesta cautelare, chiede la rimessione in libertà.

IL GIUDICE: convalida l'arrestoe, in relazione alla pericolosità sociale del soggetto che si evince, alla luce del fatto di reato: dai vari fotosegnalamenti, con nomi diversi, che il soggetto possiede (6), dalla denuncia per furto (nel 1995) e dall'arresto per stupefacenti (nel 1997) che il soggetto ha subito.

Inoltre anche dalle modalità del fatto: poiché, valutate nel loro complesso, evidenziano come questi viva, almeno in parte, con il provento di attività delittuose, dispone pertanto la misura degli arresti domiciliari, vista la richiesta del P.M.

A questo punto le parti raggiungono un accordo per una richiesta di applicazione pena e chiedono, considerato il fatto come rientrante nel quinto comma dell'art. 73 d.p.r. 309/1990 e la diminuente di rito, la pena di otto mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

IL GIUDICE: rileva che la sospensione condizionale non è un diritto dell'imputato e presuppone positivi elementi che facciano presumere concretamente che il soggetto si asterrà in futuro dal commettere altri reati.

Nel caso in specie, i precedenti del soggetto, i suoi contatti criminali per l'approvvigionamento di droga e la divisione della zona di spaccio, sono tutti elementi che agiscono in senso contrario alla concessione dei benefici di legge.

Dispone pertanto il rinvio del procedimento ad altra udienza, innanzi ad altro giudice.

UDIENZA DEL 23.03.2001

Viene richiesto il rito abbreviato.

Il difensore produce copia del permesso di soggiorno, documenti comprovanti l'attività lavorativa dell'imputato e documentazione sui suoi precedenti giudiziari (7), consistenti in un'assoluzione.

Il P.M. produce le analisi chimiche dei test sulla droga.

P.M.: conclude sottolineando come lo spaccio sia avvenuto sotto lo sguardo della Polizia Giudiziaria e come, all'esito della successiva perquisizione, fosse trovato addosso all'imputato del fumo, detenuto a fini di spaccio; chiede una condanna a dieci mesi e due milioni di multa.

LA DIFESA: sottolinea come il fumo rinvenuto a seguito della perquisizione potesse essere destinato ad un uso personale, inoltre evidenzia come il radicamento sul territorio e la situazione lavorativa di Salem inducano una prognosi in senso favorevole ai fini della concessione della sospensione condizionale.

Chiede in ogni caso la concessione delle circostanze attenuanti generiche ed il minimo della pena.

IL GIUDICE: condanna l'imputato a 10 mesi e 4.000.000 di multa, con concessione della sospensione condizionale della pena.

Nella motivazione si legge poi che il giudice ha ritenuto che i fatti si siano svolti così come li ha descritti l'agente che ha relazionato, infatti specifica che: "sussistono tutti gli elementi del delitto contestato all'imputato, il quale è stato rinvenuto in possesso dello stupefacente sopra descritto, destinato allo spaccio.

La destinazione alla vendita di tutto lo stupefacente sequestrato è provata perché le modalità della condotta dell'imputato appaiono significative della destinazione allo spaccio della sostanza: infatti parte di essa è stata effettivamente ceduta; la detenzione avveniva in luogo pubblico, notoriamente frequentato da tossicodipendenti; il ricavato della vendita è stato immediatamente consegnato ad un complice - secondo una prassi diffusa fra gli spacciatori su strada - e non vi è prova agli atti dello stato di tossicodipendenza dell'imputato; il quale, negando di avere posseduto dell'eroina, ha rilasciato sicuramente dichiarazioni non veritiere, non è quindi credibile neanche nelle altre parti delle sue dichiarazioni."

Ritiene pertanto i due reati di cessione e detenzione illecita di sostanza stupefacente commessi in continuazione fra di loro, concedibili le attenuanti generiche, vista la regolare condotta di vita del soggetto, che avrebbe anche un lavoro, come documentato dalla difesa.

In ultimo il giudice precisa, in merito alla concessione dei benefici di legge, che la prova della sua assoluzione nella vicenda giudiziaria per stupefacenti pendente consente di operare una prognosi di futuro comportamento favorevole, visto che il soggetto è anche in regola con il permesso di soggiorno e senza altri precedenti analoghi.

La difeso ha proposto appello perché contesta la detenzione a fini di spaccio dell'hashish rinvenuto al soggetto, ciò perché si trattava di un minimo quantitativo e perché, in merito, le dichiarazioni del soggetto appaiono verosimili.

Ritiene inoltre il trattamento sanzionatorio eccessivo.

Processo n. 3
S. - rapina - 23.03.2001 - difesa d'ufficio (8) - P.M. - III

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma di essere intervenuto in via (...) su chiamata operata da parte di personale in uniforme, militari dell'arma, in servizio preso la stazione mobile di p.zza (...), perché si era verificata una rapina ai danni di un italiano; l'autore di questa veniva subito bloccato dai militari suddetti ed identificato tramite foto-segnalamento, poiché privo di documenti. Sul soggetto veniva anche operata una perquisizione (9).

Su spunto del P.M., sottolinea come l'imputato abbia avvicinato la vittima strappandogli la catenina dal collo e poi strattonandolo e colpendolo, nel tentativo di darsi alla fuga, causandogli anche dei segni sul collo (un arrossamento). la vittima non si è voluta fare refertare.

Con maggiore precisione si specifica, nel verbale di denuncia, che l'arrestato, staccata la catenina dal collo dell'italiano e momentaneamente bloccato dalla vittima, nel tentativo di divincolarsi, l'avrebbe colpita con calci e pugni, mentre la catenina cedeva a terra.

Il soggetto si sarebbe placato solamente con l'intervento dei carabinieri cui faceva riferimento l'agente in aula, questi stessi avrebbero poi richiesto l'intervento del personale di P.G.

La catenina sarebbe poi stata ritrovata in terra, spezzata e mancante di un pendente, mai rinvenuto.

In questo documento la vittima afferma anche di accusare un forte dolore al collo ed alla regione toracica, dove sarebbe stato colpito durante la colluttazione (10), l'agente verbalizzante conferma inoltre l'arrossamento del collo e del torace della vittima.

Il verbale d'arresto si conclude infine con queste parole: "...per quanto sopra rilevato, per la condotta che, continuamente reiterata in quella zona, desta grave allarme sociale nella cittadinanza e inoltre evidenzia una notevole esperienza criminale del soggetto; per il suo status di clandestino, privo di domicilio, di una stabile occupazione, circostanze che fanno ritenere che egli tragga il suo sostentamento dalla commissione di attività illecite; dispongono l'arresto...".

VIENE SENTITO L'IMPUTATO

S., nato ad Algeri nel 1983, sedicente, privo di documenti, è stato identificato mediante foto-segnalamernto, risulta senza fissa dimora, con diversi alias ed un precedente (11).

Sui fatti: confessa l'intenzione di rubare il portafoglio, ma, sottolineando il suo stato d'ubriachezza al momento del fatto, afferma che nella colluttazione che n'è seguita ha tirato via la catenina per sbaglio, nega inoltre di avere preso a calci e pugni la vittima.

Su domanda del P.M., che vuole sapere come mai, vista la sua intenzione di rubare il portafoglio, ha staccato la catenina dal collo alla vittima, l'arrestato dice: "...perché c'è un trucco che faccio io per rubare il portafoglio, faccio vedere?".

"No grazie" interviene il giudice, invitando con un gesto della mano il soggetto a risedersi.

Spiega allora a parole che di solito si avvicina a qualcuno mettendogli la mano sulla spalla e salutandolo, mentre cerca di infilare l'altra mano nella tasca della vittima per sottrargli il portafoglio, ribadendo che questa volta il trucco non gli è riuscito perché era ubriaco.

Su spunto del P.M. conferma il suo precedente (stupefacenti, violazione delle norme sull'ingresso, false dichiarazioni) (12).

La difesa chiede ancora una delucidazione sui fatti, sottolineando come l'episodio probabilmente sarebbe meglio inquadrabile nella fattispecie di furto tentato, così il soggetto precisa che non aveva afferrato inizialmente la catena, ma che, spinto dall'italiano, cadendo l'ha tirata via, strappandola dal collo alla vittima.

Sostiene infine di avere lui subito un pugno e che, all'arrivo degli agenti, l'italiano ha "raccontato tutte quelle cose".

P.M.: chiede la convalida dell'arresto e la custodia cautelare in carcere a causa del pericolo di fuga e di reiterazione dell'azione delittuosa, vista la condizione di vita ed i precedenti del soggetto.

LA DIFESA: pur non opponendosi alla convalida dell'arresto, contesta la richiesta di custodia cautelare in carcere perché troppo gravosa considerando che il fatto appare inquadrabile come furto tentato e non come rapina - questione che si riserva di approfondire in giudizio; ritiene inoltre la misura eccessiva anche in rapporto all'unico precedente penale del soggetto.

Chiede pertanto l'immediata liberazione del soggetto o, in subordine, l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

IL GIUDICE:convalida l'arresto e, in ragione dei gravi indizi di reità, che si evincono a partire dalla relazione effettuata dall'agente; del precedente del soggetto, recente e di analoga materia; della dinamica del fatto, commesso con l'uso della violenza finalizzata ad assicurarsi quanto sottratto alla vittima; e dalla mancanza di una fissa dimora, che ci delinea il profilo di un soggetto pericoloso, dispone la custodia cautelare in carcere, anche perché il soggetto non ha un domicilio certo.

Viene richiesto il rito abrreviato.

P.M.: ritiene integrato il reato di rapina impropria, poiché il soggetto, sottratta violentemente la catenina dal collo della vittima, utilizzava ulteriore violenza per divincolarsi e fuggire.

Chiede due anni e ottocento mila lire di multa.

Quanto ai benefici di legge, ritiene non siano concedibili ad un soggetto privo di documenti, quindi pericoloso.

LA DIFESA: contesta la versione dei fatti sulla base della deposizione dell'imputato, sottolineando come il fatto possa essere considerato un furto con destrezza tentato, visto che lo strappo della catenina è stato dovuto alla colluttazione stessa.

Ritiene inoltre concedibili le attenuanti generiche.

Chiede pertanto: cinque mesi con concessione dei benefici di legge per furto tentato, sottolineando, in vista della sospensione condizionale, il positivo comportamento processuale dell'imputato, il suo unico precedente e la giovane età.

IL GIUDICE: dichiara colpevole S. di rapina, concedendogli le attenuanti generiche in ragione della sua giovane età e condannandolo a 1 anno e 6 mesi, 800.000 di multa, senza benefici di legge

Nella motivazione il giudice chiarisce che la versione rilasciata dal soggetto non risulterebbe plausibile perché non sarebbe chiaro come, messa la mano sulla spalla della vittima, per sottrargli il portafoglio, e subito un colpo dalla stessa, avrebbe poi staccato, cadendo, la catenina dell'italiano.

Il giudice ritiene piuttosto che l'imputato avesse già staccato la catenina, tentando di infilarsela nella manica (13), e la vittima abbia poi reagito, cercando di bloccarlo, scatenando così una colluttazione durante la quale sarebbe caduta a terra la catenina.

La difesa ha poi proposto appello ritenendo che la ricostruzione dei fatti operata dal soggetto non sia assolutamente incompatibile con la ricostruzione del fatto storico.

Sottolineando come in ogni caso il soggetto non sia mai venuto in possesso del bene, ciò che indurrebbe ad inquadrare il fatto come tentata rapina impropria e come una più attenta valutazione dei requisiti ex art. 133 c.p., avrebbe consentito un trattamento sanzionatorio meno affittivo.

Processo n. 4
M.M. - stupefacenti - difesa di fiducia - P.M. - V

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi afferma di aver proceduto ad un controllo di una macchina parcheggiata in un parco di fronte ad un ristorante, con due individui a bordo e la luce interna accesa, mentre il verbale d'arresto specifica che l'auto era "...in una zona scarsamente illuminata e solitamente frequentata da assuntori e spacciatori di sostanza stupefacente.

I soggetti, alla vista dei militari operanti, manifestavano grand'agitazione ed evidente preoccupazione per l'imminente controllo al quale sarebbero stati sottoposti, la circostanza ha fatto insospettire ulteriormente gli scriventi."

A seguito del controllo, con perquisizione dei due e del mezzo, afferma di avere rinvenuto così tre confezioni di cellophane, una in un pacchetto di sigarette, all'interno della macchina, contenente sostanza stupefacente, circa 14g. di cocaina.

A riguardo i verbali delle perquisizioni riferiscono che "...all'interno del porta oggetti posizionato tra i due sedili anteriori, è stato rinvenuto un involucro di cellophane trasparente, contenente sostanza polverosa biancastra, del tipo cocaina; inoltre, sempre in loco, vi era un pacchetto di sigarette marca Marlboro, all'interno del quale si rinvenivano due involucri di cellophane bianco contenenti verosimilmente la stessa sostanza.

Si rinveniva inoltre il libretto di manutenzione dell'autovettura posizionato nel porta oggetti all'interno del cruscotto, ove erano presenti evidenti tracce di stupefacente, probabilmente dello stesso tipo di quella in sequestro (14).

Inoltre il verbale di perquisizione di T.G. riferisce che "...è stata rinvenuta, nella tasca anteriore sinistra, una banconota da 1.000 Lire arrotolata come usualmente viene utilizzata dagli assuntori di cocaina."

Riferisce inoltre che i soggetti fermati hanno confermato di avere assunto un piccolo quantitativo di sostanza

T.G. avrebbe, secondo il verbale d'arresto, "...dichiarato agli operanti di avere assunto una piccola quantità di sostanza stupefacente messagli a disposizione da M.M.

Il quale spontaneamente dichiarava che T.G. non era a conoscenza della disponibilità dello stupefacente fino a quel momento, assumendosi di fatto tutta la responsabilità ed il carico di tutti gli addebiti che ne conseguivano."

Infatti M.M., escusso a sommarie informazioni, ha dichiarato che "...in merito ai fatti a me contestati, posso affermare che ho acquistato da solo la sostanza che mi è stata sequestrata (...) che la persona controllata insieme a me non era al corrente di ciò fino a quando non lo ho chiamato per uscire fuori del ristorante."

A questo punto la difesa, in aula, contesta che non risulta esserci un verbale di sommarie informazioni rilasciate da T.G. "...nel verbale di spontanee dichiarazioni in atti del P.M. io vedo le dichiarazioni di M.M., non vedo quest'affermazione di avere assunto, insieme al T.G., una piccola quantità, non so dove..."

"Chiedo scusa ma a quale verbale di spontanee dichiarazioni si riferisce avvocato?" interviene il P.M.

"Si ho trovato il verbale di M.M. e non trovo quello di T.G., mi sembra che non ci sia...stavo chiarendo...ho guardato, ho visto il verbale di spontanee dichiarazioni di M.M., non vedo quelle di T.G., vorrei sapere se sono state verbalizzate, se sono state scritte, se esistono queste dichiarazioni, se è stato citato stamani, perché chiaramente..."

L'agente relazionante nel frattempo è riuscito a trovare il passo in questione e lo legge, concludendo "...è il verbale d'arresto."

L'avvocato ribatte "queste dichiarazioni come mai non sono state verbalizzate, sottoscritte...chiedevo questo, se è una prassi non farle verbalizzare e sottoscrivere."

L'agente: "al momento c'era il maresciallo che ha fatto gli atti con noi...non so."

L'avvocato: "no, chiedevo se di solito, quando una persona fermata..."

"Ha già risposto, c'era il maresciallo in quel momento che ha fatto gli atti, li ha fatti lui, io non so, ha detto così." conclude la discussione il giudice, anche perché l'accusa ha contestato l'attinenza della domanda, sostenendo che non interessano le prassi degli uffici di Pubblica Sicurezza in questo processo.

VIENE SENTITO L'IMPUTATO

M.M., italiano, nato a (...) nel 1969, residente a (...); in merito ai fatti questi sottolinea come la sostanza fosse destinata all'esclusivo consumo personale"niente...tutto quello che è stato rilevato è evidente, però è strettamente per uso personale, io non ho mai avuto niente per questo tipo di reato, però, insomma, non è che abbia molto da dire, anche perché...però è solo per uso personale, ecco, non ha qualche altro scopo, oltretutto non sto neanche bene di salute, ho un po' di problemi ultimamente...quindi..."

Su spunto del P.M.: chiarisce la sua posizione lavorativa, ha un lavoro come guidatore d'escavatrici; afferma di essersi procurato la cocaina da un soggetto extracomunitario e di avere offerto un po' di sostanza all'amico.

"Al suo amico, a T.G., ne aveva offerta una certa quantità insomma?" chiede il P.M.

"no, eravamo lì insieme, io non...cioè intende dire...cioè prendere dei soldi da lui?" risponde M.M.

"No, se aveva offerto a T.G. una parte di quella che lei deteneva in macchina?" specifica il P.M.

"eravamo li, ma in totale amicizia, senza...

Si, è stata offerta ma offerta in amicizia, cioè voglio dire, è una cosa..."

Infine, su spunto del difensore, chiarisce quali sono i suoi problemi di salute e il suo stato civile, dicendo di essere sposato e con una figlia.

P.M.:chiede la convalida dell'arresto perché la detenzione della sostanza ed il suo confezionamento lascia pensare alla finalità di spaccio.

Inoltre chiede l'applicazione della custodia cautelare in carcere, in relazione al pericolo di reiterazione del reato.

LA DIFESA: contesta le richieste dell'accusa in quanto un soggetto, incensurato, con una normale condotta di vita, non può essere considerato pericoloso.

Inoltre il quantitativo di sostanza rinvenuto non appare sufficiente per una custodia in carcere, meglio sarebbero gli arresti domiciliari.

IL GIUDICE: convalida l'arresto ed in relazione ai gravi indizi; alle circostanze del fatto, avvenuto in un luogo notoriamente frequentato da spacciatori; ed ai precedenti dell'imputato, uno molto grave per un reato contro il patrimonio (15): dispone gli arresti domiciliari.

Viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritiene provata la detenzione di 14 g. di cocaina che, dal confezionamento, appariva posseduta per finalità di spaccio, anche in relazione alle circostanze di tempo e di luogo.

Chiede pertanto un anno e cinque milioni di multa.

LA DIFESA: sottolinea come in realtà trattasi di 12 g., che puri diventano 4 g.; chiede inoltre le attenuanti generiche, in relazione alle circostanze del fatto ed il minimo della pena.

IL GIUDICE: dichiara colpevole l'imputato, condannandolo, con attenuanti generiche e circostanza attenuante ex art. 73.5, a 9 mesi ai domiciliari e 4.000.000 di multa

Nella motivazione il giudice chiarirà che sulla base degli atti del P.M., utilizzabili in ragione del rito, la responsabilità del soggetto appare pienamente provata, anche perché il fatto è avvenuto in un luogo notoriamente frequentato da spacciatori di sostanza stupefacente.

La sostanza, quantificabile in 4,5 g. di peso netto (circa 30,5 dosi secondo il d.m. 186/1990), e stata in parte offerta a titolo d'amicizia a T.G. affinché la consumasse in sua compagnia, come lo stesso M.M. ha confermato in udienza.

Pertanto sussistono gli elementi del reato contestato, in quanto l'imputato è stato rinvenuto con della cocaina almeno in parte ceduta a terzi.

Mentre l'acquisto per il consumo non è reato, l'illecita detenzione sussiste ogni volta che lo stupefacente è ceduto a terzi, indipendentemente dallo scopo di lucro o meno, dalla qualità o meno di tossicodipendente in capo agli assuntori.

La più recente giurisprudenza di legittimità (C.Cost. nº 296/1996; Cass. S.U. 4/1997; Cass. 4ºSez. 2691/1998) conferma come cessione penalmente rilevante anche quella gratuitamente effettuata tra amici, nell'ambito di quello che viene definito un uso di gruppo.

La condotta integra una forma di "istigazione a drogarsi" rilevante ex art. 73 d.p.r. 309/1990 (Cass. 4ºSez. 12001/2000).

Il quinto comma è concesso perché solo una piccola parte della sostanza rinvenuta è destinata allo spaccio, mentre le attenuanti generiche sono concedibili in considerazione del suo stato di salute.

Il grave precedente a carico esclude la concedibilità dei benefici di legge.

Processo n. 5
2 imm. - stupefacenti - difesa di fiducia (16)

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma di essere intervenuto su segnalazione anonima da parte di residenti che notavano un via vai d'extracomunitari attorno ad una cabina telefonica.

Nella relazione di servizio, agli atti, si specifica che erano arrivate diverse chiamate in centrale che, appunto, segnalavano la presenza di due extracomunitari dentro una cabina, che ricevevano qualcosa ed in cambio davano qualcos'altro agli altri extracomunitari presenti.

All'intervento degli agenti questi due extracomunitari venivano trovati intenti a squagliare la sostanza in un pezzo di carta stagnola.

I due sarebbero poi stati bloccati immediatamente all'intervento delle forze dell'ordine, che, come specifica la relazione di servizio, sventavano un loro tentativo di fuga, recuperando anche la carta stagnola contenente la sostanza stupefacente, 0,35 g. d'eroina (17), gettata in terra immediatamente, un coltellino multi uso, degli accendini e dei soldi (18); ricevendo inoltre la spontanea dichiarazione di un terzo, presente anche lui nei pressi della cabina, senza però tentare la fuga all'arrivo degli agenti, che affermava di essere sul procinto di concludere un acquisto d'eroina.

Più precisamente la relazione di servizio riferisce che la terza persona era un cittadino jugoslavo, con il permesso di soggiorno, che afferma di avere ricevuto un'offerta di vendita da parte dei soggetti arrestati, in particolare questi gli avrebbero offerto una dose al prezzo di Lire 40.000, che è poi la somma (19) rinvenuta all'interno della cabina telefonica, come si evince dalla relazione stessa.

Questi avrebbe anche riferito di avere in altre due circostanze acquistato eroina dagli stessi, precisando come si posizionino sempre nello stesso punto, mentre nel verbale di sommarie informazioni, rilasciate sempre dal cittadino jugoslavo, risulta che egli aveva già pagato la somma richiesta ed era in procinto, all'arrivo degli agenti, di ricevere la sostanza, poi questi avrebbero gettato tutto in terra provando a fuggire.

La relazione si conclude con l'agente che sottolinea le difficoltà incontrate nell'identificazione dei soggetti ed i precedenti di polizia degli stessi ed a tal proposito interviene l'avvocato di uno dei due arrestati (20): "...è sicuro dei precedenti specifici del soggetto?".

E l'agente: "si, sono sicuro."

L'avvocato: "...per stupefacenti?"

L'agente: "...si."

L'avvocato: "...di tutti e due?"

L'agente: "...si."

"Lei con precedenti cosa intende, di polizia?" si inserisce il giudice.

L'agente: "...si, si, di polizia, al nostro CED naturalmente.

Un piccolo particolare ma significante: il giovanotto preso a sommarie informazioni ha detto di avere già altre volte acquistato eroina da due soggetti".

Il giudice: "dai due?".

L'agente: "si da questi due, Z. e A.".

Questa frase suscita la rabbia di uno degli imputati che accusa di mendacio l'agente, mentre l'avvocato ribatte: "quante volte, le ha quantificate?"

L'agente: "no, non ha quantificato, ha detto altre volte"

L'avvocato: "è sicuro, ha assunto lei le sommarie informazioni...?"

L'agente: "...si, si, io."

L'avvocato: "beh, allora le contesto che nel verbale c'è scritto due volte."

L'agente: "è sempre altre avvocato, l'italiano..."

L'avvocato: "...no! Se ha detto due volte...le ho chiesto se ha quantificato, deve dire che ha detto due volte se l'ha assunto lei a sommarie informazioni..."

L'agente: "beh, due, comunque più di una, quindi altre volte..."

L'avocato: "...beh, allora se non ci vogliamo capire non ci capiamo."

L'agente: "esatto, non ci capiamo probabilmente".

La relazione dell'agente si conclude poi con l'altro avvocato che chiede come mai non è stato verificato se il dichiarante, cioè colui che sarebbe il presunto acquirente, non avesse dei precedenti, l'agente risponde: "non so."

VIENE SENTITO Z. (che in aula ha avuto il diverbio con l'agente, dandogli del bugiardo).

Z. nato nel 1977 in Algeria, con diversi precedenti (21).

Alla richiesta di delucidazioni sui fatti il soggetto nega tutti gli addebiti, sottolineando come la gente se vede immigrati in giro per strada, anche solo a fumare, chiama immediatamente la polizia.

Inoltre afferma che la polizia ha trovato la busta praticamente vuota e che nessuna compravendita fosse avvenuta o stesse per avvenire.

Su spunto del Giudice nega di aver posseduto i soldi che la polizia ha rinvenuto.

VIENE SENTITO A.

A. nato nel 1968 in Algeria, ha anche lui diversi precedenti (22).

Ammette di aver comprato dell'eroina e di essere andato in una cabina telefonica a fumarla, "come fanno tutti in quella cabina.

Noi fumiamo nella stagnola", continua, "l'altro stava nell'altra cabina, un extracomunitario come noi, anche lui fuma...zingaro...stava fumando, io conosco anche...sono stato anche in carcere...nel 1997 ho visto io in carcere quello".

Raccontando poi l'intervento degli agenti con queste parole: "abbiamo fumato, arriva la polizia, hanno arrestato, hanno messo le manette a noi e a lui no, non lo so."

Anch'egli nega la presenza di soldi all'interno della cabina.

Su spunto del P.M. chiarisce la sua posizione lavorativa (disoccupato), ammettendo i suoi trascorsi da borseggiatore.

P.M.: ritenendo fuori discussione il fatto che i soggetti si stessero dedicando ad un'attività di spaccio, chiede la convalida dell'arresto; inoltre, in relazione ai precedenti ed alla pericolosità dei soggetti, chiede la misura cautelare della custodia in carcere.

LA DIFESA: Sottolinea come appaia strano il fatto che chi si stia dedicando ad un'attività di spaccio prepari una dose per strada, inoltre fa notare come lo squagliare eroina in una stagnola rappresenti il modo di consumare quella stessa sostanza.

Ritiene quindi più verosimile che i tre si stessero apprestando a consumare la sostanza (che appunto è un'operazione che si svolge squagliando la stessa) ed il terzo soggetto, visto l'intervento degli agenti di P.G., abbia ritenuto più vantaggioso per se stesso accusare gli altri due.

Ribadendo come squagliare l'eroina sia in sostanza il modo di consumarla non di smerciarla, contesta la richiesta di custodia cautelare in carcere e chiede la liberazione dei soggetti.

IL GIUDICE: rilevandone la legittimità convalida l'arresto; inoltre, in relazione ai gravi indizi di colpevolezza; alla pericolosità dei soggetti, ricavabile dai precedenti penali - diverse condanne irrevocabili per reati contro il patrimonio - e di polizia - numerosissimi - degli stessi; alle circostanze del fatto (avvenuto in un luogo notoriamente frequentato da spacciatori) dispone la custodia in carcere, la quale risulta essere unica misura idonea a soddisfare le esigenze cautelari, stante l'incerto domicilio degli arrestati.

Fallito un tentativo di patteggiamento viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.:ritiene che gli elementi a carico degli arrestati - il possesso di strumenti idonei al confezionamento di dosi di sostanza stupefacente, accendini e coltellino; il loro tentativo di fuga immediatamente dopo l'intervento degli agenti; le dichiarazioni dell'altro soggetto che affermava di avere acquistato altre volte sostanza stupefacente dagli imputati - siano idonei a provare la responsabilità penale degli stessi.

Chiede pertanto: condanna a nove mesi di reclusione e pagamento di una multa di 4.000.000, negando la possibilità di accordare le circostanze attenuanti generiche.

LA DIFESA: sottolinea come il quadro della vicenda, pur essendo valso per l'applicazione di una misura cautelare, non possa valere per una condanna dei soggetti imputati, apparendo ancora alquanto contraddittori i fatti.

Infatti, insiste, l'accendino è strumento idoneo a consumare una dose, non a venderla; inoltre sottolinea come certe operazioni vengano svolte molto velocemente.

Chiede pertanto l'assoluzione degli imputati.

In subordine ritiene che la modesta quantità di sostanza stupefacente, i precedenti penali - anch'essi molto modesti e risalenti nel tempo - e di polizia - relativi a consumo di sostanza stupefacente - inducano comunque ad una comminazione di pena che si assesti sul minimo, con la concessione delle attenuanti generiche.

IL GIUDICE: dichiara la colpevolezza degli imputati, condannando gli imputati ex art. 73.5 d.p.r. 309/1990 a 6 mesi di reclusione, 2.500.000 di multa accordando le attenuanti generiche in ragione delle precarie condizioni di vita dei soggetti, senza stabile dimora o lavoro; rifiutando la concessione dei benefici di legge.

Nella motivazione il giudice preciserà di avere ritenuto non credibile la versione fornita dagli imputati, perché contraddetta da tutti gli elementi istruttori agli atti.

All'interno della cabina sarebbero infatti stati ritrovati strumenti, coltellini e carta stagnola, idonei al confezionamento di dosi di sostanza stupefacente.

Il giovane trovato all'esterno della cabina avrebbe poi dichiarato di avere acquistato una dose pagando 40.000 Lire, soldi che sono stati rinvenuti all'interno della cabina telefonica stessa.

Così: "la detenzione a fini di spaccio è provata dal fatto che parte di esso è stato effettivamente ceduto e dal fatto che la vicenda sia avvenuta in un luogo notoriamente frequentato da tossicodipendenti."

La difesa di A. ha poi proposto appello chiedendo l'assoluzione perché appare incongruo che chi si appresti a vendere una dose di eroina la squagli, circostanza che peraltro evidenzia le contraddizioni presenti in quanto riferito dall'agente e dal soggetto assunto a sommarie informazioni.

Nel tempo trascorso tra il giorno del processo ed il giorno in cui abbiamo consultato il fascicolo processuale, la difesa di Z. aveva proposto istanza di modifica della misura cautelare disposta a carico del suo assistito.

L'istanza è stata rigettata dal tribunale delle libertà che, dopo aver precisato che in questa sede non possono venire in questione le circostanze oggettive del fatto, così motiva il provvedimento: "...comunque sia, il fatto deve anche essere valutato nelle sue componenti soggettive e, nel caso in specie, risulta commesso da un soggetto con diversi precedenti dattiloscopici sotto varie generalità, precedenti acquisiti in relazione a molteplici segnalazioni per furto e ricettazione, in diverse città italiane.

Trattasi di clandestino, già vanamente espulso dal territorio nazionale, già più volte carcerato senza effetti dissuasivi, da ultimo arrestato per furto aggravato a (...).

Non custodito in carcere con tutta probabilità, Z., tornerebbe a commettere delitti della stessa specie, poiché attraverso quest'attività si procura il sostentamento."

Anche la difesa di A. in questi mesi ha proposto un'istanza di sostituzione della misura cautelare, rigettata in quanto: "...al breve periodo di pre-sofferto, appena un mese a fronte della condanna a sei mesi, non può di per sé attribuirsi significativa valenza special-preventiva."

Processo n. 6
3 imm. - rissa - difesa d'ufficio - G. - III - P.M. - II

Dalla notizia di reato si evince che è stato fermato anche un altro extracomunitario, F. K., nato in Algeria nel 1986, il quale, in quanto minorenne, è stato deferito, in stato di libertà, alla competente procura. La quale ha disposto di procedere al foto-segnalamento dello stesso ed al suo affidamento ad una struttura protetta per i minori.

La relazione di servizio precisa che il soggetto, clandestino, ha ammesso che la sua permanenza sul territorio avviene in stato di indigenza e di non avere famiglia.

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

L'agente afferma di essere intervenuto, insieme con altri colleghi, a seguito di chiamata al 113 che segnalava una rissa fra extracomunitari.

Giunti sul luogo notavano sei cittadini extracomunitari che si colpivano con calci e pugni brandendo dei colli di bottiglia.

Riuscivano, con il loro intervento, a fermarne tre dei presenti; uno dei fermati, S.A. è stato inseguito da un collega del relazionante, il quale avrebbe avuto una colluttazione (23) con l'extracomunitario, tuttavia l'agente relazionante precisa di non avere assistito a questo episodio, affermando che il collega gli ha semplicemente raccontato che il soggetto ha tentato di colpirlo con una bottiglia.

L'agente che ha bloccato S.A. ha comunque steso una relazione di servizio in cui si riferisce che il soggetto era stato raggiunto in un primo momento e, girandosi verso l'inseguitore brandendo una bottiglia di birra (24), tentava, andando a vuoto di colpirlo, quindi sferrava all'operante, prima un calcio all'inguine e successivamente un pugno allo stomaco, riuscendo a riprendere la via della fuga.

Tuttavia l'agente sarebbe riuscito nuovamente a raggiungere il soggetto, disarmandolo e, dopo una breve colluttazione, bloccandolo definitivamente.

Inoltre riferisce, su sunto del giudice, che, arrivando, hanno visto questo gruppo di persone che si fronteggiava brandendo colli di bottiglia frantumati, gettati poi all'intervento degli agenti; anche se, sempre su spunto del giudice, che vuole sapere se avesse visto con precisione uno dei presenti in aula colpire qualcuno, specifica che: "era un parapiglia generale" e che gli era quindi stato impossibile distinguere il comportamento dei singoli.

Nel verbale d'arresto si specifica inoltre che la polizia scientifica, intervenuta sul luogo, ha rinvenuto diversi cocci di bottiglia rotti, anche se non vi ha rinvenuto tracce di liquido ematico.

Il verbale di arresto si conclude poi con queste parole: "...gli arresti si giustificano dall'elevato allarme sociale derivante dal fatto che nel centro storico, soprattutto nelle ore serali e notturne, avvengono numerose risse tra bande di cittadini extracomunitari, che spesso si affrontano con bottiglie di vetro o altre armi improprie, creando autentiche scene di panico tra i cittadini, spesso anziani o famiglie che transitano.

Inoltre due dei tre arrestati sono sprovvisti di documento, senza fissa dimora, clandestini sul territorio italiano, rendendo difficoltosa la loro identificazione ed, eventualmente, il loro rintraccio, mantenendosi quindi in tale stato di "sedicenza" appunto per garantirsi l'impunità."

Due dei soggetti arrestati, inoltre, riportavano varie ferite (S.A. e Z.).

Dei tre: Z. ha una patente di guida e sostiene di essere in regola con le norme sul soggiorno in Italia; gli altri due (S.A. e M.) non risultavano possedere nessun documento. Ci sono, invece, precedenti foto-dattiloscopici.

Precisa, su spunto del P.M., che S. A. risulta inoltre destinatario di un'ordinanza d'espulsione.

VIENE SENTITO S.A. (25)

S. A., nato nel 1970 in Algeria, privo di documenti, in Italia da un anno, senza fissa dimora.

Quanto ai suoi precedenti, su spunto del giudice, conferma di essere stato arrestato e denunciato per furto a (...) nel 05.2000 e nel 07.2000; ha inoltre diversi precedenti dattiloscopici e di polizia ed un provvedimento d'espulsione ineseguito.

Circa i fatti sostiene di non essere stato coinvolto nella rissa, afferma infatti di essere uscito da un bar da solo e con una bottiglia in mano, e di essersi dato alla fuga, all'intervento della polizia, in quanto privo di documenti; sostiene inoltre di non conoscere i due arrestati.

Quanto alla colluttazione con l'agente afferma di essere stato lui aggredito dallo stesso, riferisce inoltre che la bottiglia in suo possesso, con la quale avrebbe minacciato l'agente, non era rotta, bensì intera e con della birra ancora al suo interno.

Le dichiarazioni del soggetto spazientiscono il giudice, che così si rivolge all'interprete: "...questa storia che sento sempre...gli dica che se vuole fa delle denunce!"

In ogni caso nega di avere tentato di colpire l'agente con la bottiglia e mostra poi i segni che la colluttazione con l'agente gli avrebbe procurato (26).

VIENE SENTITO W.

Vengono prese le generalità al soggetto, il quale in aula dichiara di chiamarsi W. D.; il giudice: "...allora, scriviamo...ma questo è nuovo! Mi faccia vedere (rivolto al cancelliere che cura la verbalizzazione)...ma non abbiamo mica questo nome (effettivamente nella notizia di reato il soggetto risultava generalizzato come W.)...va beh, però ci assomiglia...nato?" nel 1975 in Algeria, privo di documenti e di permesso di soggiorno, da sette mesi in Italia, senza fissa dimora, dice di lavorare come muratore, richiesto sui precedenti, penali e di polizia, afferma di non averne.

Quanto ai fatti afferma che anche lui si trovava nei paragi con una bottiglia in mano e di essere stato fermato, senza sapere perché, dalla polizia, la quale lo ha invitato a salire in auto.

Su spunto del giudice, che vorrebbe sapere se la bottiglia che diceva di avere in mano fosse rotta o meno, chiarisce che si trattava di una lattina.

Ancora su spunto del giudice, infine, riferisce di non aver visto nessuna rissa, ma solo l'intervento degli agenti.

VIENE SENTITO Z.

Nato nel 1972 in Marocco, è in Italia da quindici anni, possiede patente italiana e permesso di soggiorno: "ho tutto!";risulta essere residente a (...), dai genitori, fornisce un domicilio anche a (...).

A (...) vive in una casa del suo datore di lavoro ed afferma di essere un operaio, regolare, a (...).

Richiesto sui precedenti afferma di non averne, mentre il giudice gli fa presente che risulta a suo carico un precedente penale per vendita abusiva di cassette ed uno per ricettazione (27).

Sui fatti afferma che, vista la partita Marocco-Tunisia in televisione, era andato a bere una birra con un amico (non presente in aula) e, andando a prendere il taxi, visto che aveva perso l'autobus; notava così un gruppo di persone che si acciuffavano e diceva all'amico che sarebbe stato meglio "cambiare strada per evitare guai", ed il giudice: "Ma l'hai cambiata stà strada?"

"Si, si, l'ho cambiata" risponde Z.

"quindi non è rimasto coinvolto nella rissa?"

"No", conclude. Specificando di aver tentato, all'intervento degli agenti, la fuga.

Afferma in ultimo che le lesioni che presenta (28) le ha riportate cadendo durante la fuga dal luogo della rissa e di essere stato fermato dagli agenti molto lontano dal luogo della stessa.

VIENE RISENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Riferisce di avere personalmente fermato il W., a circa dieci metri dalla rissa, inoltre chiarisce di essere riuscito ad individuarlo in precedenza fra i soggetti tra cui avveniva la colluttazione, precisando però di esserci riuscito solo una volta che questi si era staccato dal gruppo per tentare la fuga, specifica che il W. non risultava avere nulla in mano nel momento in cui veniva bloccato.

Su invito del giudice chiarisce come sono stati fermati gli altri soggetti: Z. è stato fermato a 20 metri di distanza dal luogo della rissa e presentava un'escoriazione al ginocchio, che egli stesso gli avrebbe poi mostrato alzandosi i pantaloni; S.A. sarebbe invece stato visto fuggire dal gruppo d'extracomunitari fra cui si svolgeva la rissa, anche se afferma di non ricordare se aveva qualcosa in mano.

In ogni caso precisa, su spunto della difesa, di non aver visto distintamente nessuno degli imputati colpire qualcun altro.

P.M.: sottolineando la contraddittorietà delle dichiarazioni dei soggetti, circostanza che renderebbe più attendibile la deposizione dell'agente, chiede la convalida dell'arresto.

Inoltre: per S.A. in ragione del suo pessimo comportamento, che denota l'indole aggressiva, la pericolosità del soggetto e del suo status di clandestino, chiede l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere; in merito agli altri arrestati non opera nessuna richiesta.

la difesa di s.a.: sottolinea come la mancanza di una querela da parte dell'agente coinvolto in una colluttazione con questo e la minima gravità dei fatti, rendano preferibile una non convalida dell'arresto e la non applicazione della misura cautelare.

la difesa di w.: chiede la non convalida dell'arresto a causa della scarsa chiarezza che presenta tutta la vicenda.

la difesa di z.: non contrasta le richieste del P.M.

IL GIUDICE: convalida l'arrestodi tutti i soggetti.

In merito alla richiesta cautelare per S.A.: "rilevata la pericolosità del soggetto; la sua presenza illegale sul territorio italiano, senza una fissa dimora, senza un lavoro e dei documenti; i suoi precedenti e l'aggressività dello stesso, evidenziata dalla colluttazione con l'agente di P.G., che ci manifesta l'intenzione del soggetto di sottrarsi ad ogni controllo sociale per garantirsi l'impunità, anche con l'uso della violenza, senza rispetto per le elementari regole di convivenza sociale; inoltre la sua partecipazione alla rissa evidenzia la sua propensione all'uso della violenza e ancora più grave è l'uso della stessa nei confronti dell'agente.

Ritiene quindi che vi sia pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, proprio per sottrarsi ad ogni controllo rispetto alle attività illecite da cui trae il sostentamento in Italia..."

Dispone pertanto la custodia in carcere.

Viene inoltre disposta l'immediata liberazione degli altri due arrestati.

Viene effettuato un patteggiamento con la difesa di Z. che inizialmente pretendeva l'applicazione della sanzione di quaranta giorni di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale, così, a seguito del rifiuto del P.M. che riteneva eccessivamente esigua la sanzione, di concerto, vengono chiesti quattro mesi di reclusione.

Per gli altri due viene richiesto il rito abbreviato.

IL P.M.: chiede per S.A. l'applicazione di due pene distinte, giacché, negata la continuazione fra i reati, si configurano il reato di rissa e violenza a P.U., pertanto quattro mesi, considerata la diminuente di rito, per la rissa; sei mesi, considerata la diminuente di rito, per la violenza e resistenza a P.U.

LA DIFESA DI W.: chiede in via principale l'assoluzione del suo assistito, perché manca ogni prova della sua partecipazione alla rissa; in via subordinata il minimo edittiale con la concessione della sospensione condizionale della pena.

LA DIFESA DI S.A.: ritiene non configurabile il reato di violenza a P.U. stante la mancanza della querela.

Quanto al reato di rissa chiede il minimo della pena con l'applicazione della sospensione condizionale.

IL GIUDICE: dispone per Z. l'applicazione della pena richiesta 4 mesi di reclusione, senza benefici di legge; per W. la condanna a 5 mesi di reclusione, senza benefici di legge; per S.A. la condanna a 7 mesi di reclusione, senza benefici di legge.

Nella motivazione (ovviamente relativa a W. e S.A.) il giudice chiarirà che la falsità delle dichiarazioni dei soggetti - che negano di avere partecipato ad una rissa, S.A. nega pure di avere colpito l'agente - si evince dal fatto che l'agente relazionante ha visto tutti gli imputati nel gruppo di soggetti che si azzuffava, da questo staccarsi e fuggire.

Inoltre la condotta di resistenza di S.A. trova conferma nei certificati medici.

Aldilà delle condotte specifiche, risulterebbe provato che vi è stata una rissa fra sei persone e che gli imputati vi hanno partecipato.

Per quanto riguarda i reati di resistenza, violenza e lesioni a P.U. il giudice ritiene presente la continuazione e non concede le attenuanti generiche perché non vi è stata una buona condotta processuale.

Il giudice giustifica il quantitativo di pena irrogato a W. "...tenuto conto dei criteri dell'art. 133 c.p. ed in particolare delle condizioni soggettive - in Italia illegalmente, senza documenti, fissa dimora e mezzi apparenti di sostentamento - e, quanto ad S.A., visti anche i suoi precedenti giudiziari e di polizia...". Mentre in merito alla sospensione condizionale ritiene non vi siano i presupposti per la sua concessione, perché è necessario che vi siano: "...elementi concreti e positivi che diano corpo alla presunzione di cui all'art. 164.1 c.p. (non è possibile una presunzione della presunzione) ed inoltre elementi di opportunità e meritevolezza, perché il beneficio risulta comunque discrezionale pur in presenza di tutti i presupposti formali e sostanziali.

Nel caso in specie non esisterebbero gli elementi positivi richiesti, anzi ve ne sarebbero di negativi: alla luce delle condizioni soggettive e dei precedenti di S.A. e dell'oggettiva gravità dei fatti -la rissa è un fatto grave perché è espressione di grande conflittualità e pericolosità sociale e analoghe considerazioni valgono anche per gli altri due reati contestati S.A."

La difesa di W. ha poi proposto appello perché ritiene il suo assistito innocente, inoltre ritiene che la sua condanna non sia stata sufficientemente motivata e pronunciata sulla base di una erronea applicazione dell'art. 192 c.p.p. (relativo alla valutazione delle prove); contesta anche la mancata concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale, in ragione della effettiva lievità del fatto.

Processo n. 7
K. - stupefacenti - difesa d'ufficio - G. - III - P.M. - II

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi afferma che svolgendo servizio di pattuglia a piedi in centro a (...), notava una persona sospetta seduta in via (...).

Quasi in maniera identica inizia il verbale d'arresto: "in data (...), nel corso del servizio coordinato di controllodelle zone maggiormente colpite dal degrado in questa città, transitando in via (...) notavamo un cittadino extracomunitario seduto da solo; immediatamente insospettiti dalla presenza solitaria del soggetto, procedevamo ad un controllo dell'identità personale dello stesso, il quale si dichiarava senza documenti, affermando di chiamarsi K.B.A. e di essere senza fissa dimora in Italia.

Controllate le sue generalità presso la banca dati di polizia, non risultava avere alcun precedente."

L'agente continua riferendo come il soggetto apparisse intento ad osservare un'autovettura posteggiata proprio davanti a lui, circostanza che li avrebbe spinti ad un controllo sulla stessa, a seguito del quale sarebbero stati poi rinvenuti 20,5 g. di hashish (29), occultati sopra la ruota posteriore destra.

Afferma di aver ritenuto che tale sostanza fosse da attribuire al soggetto in questione, fermo innanzi all'auto, ciò anche perché il luogo è solitamente frequentato da spacciatori, circostanze che li avrebbero spinti a trarre in arresto K.

Più dettagliato è il verbale d'arresto a riguardo: "...atteso quanto precede, rilevato che il prevenuto non svolge alcun'attività lavorativa, è privo di stabile dimora; tenuto conto che il luogo in cui si sono verificati i fatti di cui trattasi è notoriamente frequentato da assuntori di sostanza stupefacente, tanto da essere ritenuto altamente degradato; considerato anche il comportamento, oltremodo scaltro, di K., il quale si generalizza quale minorenne, consapevole di fruire d'agevolazioni legate a questo status, tuttavia a seguito d'ulteriori accertamenti presso il gabinetto di polizia scientifica, si accertava che il soggetto aveva, in occasione d'altri foto-segnalamenti, fornito altre generalità".

L'agente riferisce inoltre che il soggetto non ha opposto alcuna resistenza all'arresto, né gli è stato rinvenuto denaro o altro addosso, "...si è mosso quando siete arrivati?"chiede il giudice; "assolutamente, guardava fisso quest'auto, non si è mosso proprio."

Su richiesta del P.M., conclude precisando di aver ritrovato lo stupefacente perché solitamente gli spacciatori usano nasconderlo in quella maniera, sostando nei pressi del nascondiglio.

VIENE SENTITO K.

K., nato nel 1983 in Marocco, privo di documenti, in Italia da cinque mesi, senza fissa dimora; ascoltate le generalità il giudice afferma: "lui sta ringiovanendo, perché la prima volta era nato nel 1981, poi nel 1982, adesso nel 1983..."

Ha dei precedenti di polizia: fermi per identificazione e per ricettazione, non risulta avere precedenti penali.

In merito ai fatti riferisce di essersi trovato in quel luogo in attesa di un amico che era andato a comprare le sigarette e di essere stato arrestato, a suo giudizio inspiegabilmente, all'intervento dell'agente, afferma che la sostanza stupefacente gli è stata fatta vedere una volta che lo avevano caricato in macchina, quindi non ha neanche visto dove è stato rinvenuto, comunque sottolinea che non era di sua proprietà.

P.M.: sottolinea come il soggetto abbia mentito più volte circa la sua identità, circostanza questa che renderebbe le sue dichiarazioni assolutamente inattendibili, al contrario la deposizione dell'agente di P.G. appare assai verosimile in base alle più comuni massime d'esperienza.

Pertanto: chiede la convalida dell'arresto e, in relazione alle caratteristiche del soggetto, clandestino e senza fissa dimora, ritiene necessaria l'applicazione della custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA: sottolinea come i fatti restino alquanto dubbi e la circostanza dello spaccio tutt'altro che provata, tuttavia, in merito alla richiesta di misura cautelare, rileva come l'assenza di una fissa dimora impedisca ogni diversa soluzione.

IL GIUDICE: convalida l'arresto e, rilevando l'assenza di precedenti, afferma che la semplice irregolarità del soggetto in Italia non vale per l'applicazione di una misura cautelare, dispone pertanto l'immediata liberazione del soggetto.

Viene chiesto il rito abbreviato.

Il giudice invita il soggetto ad evitare atteggiamenti controproducenti, dichiarando una falsa età, inizia un dibattito in aula sull'età dell'imputato, che continua a professarsi minorenne e, dopo l'intervento del P.M. che sottolinea come la sua attuale situazione renda poco attendibile la data di nascita da lui indicata, il giudice, che doveva valutare, stante queste dichiarazioni del soggetto, l'opportunità - previo esame per la verificazione dell'età del soggetto - di trasferire la vicenda innanzi al tribunale dei minori, dispone che si proceda immediatamente perché il suo aspetto e le generalità dallo stesso in altre circostanze dichiarate lasciano pensare che trattasi di soggetto già maggiorenne.

Così la vicenda procede senza alcun'interruzione o rinvio.

P.M.: chiede sentenza di condanna a sei mesi di reclusione, con aggiunta di una multa di due milioni, ritenendo inconcedibili le attenuanti generiche a causa del pessimo comportamento processuale del soggetto.

LA DIFESA:sottolineando come la vicenda sia iscrivibile nell'ipotesi attenuata dell'art. 73 d.p.r. 309/1990, il quinto comma, chiede l'applicazione del minimo edittale previsto, con la concessione della sospensione condizionale della pena.

IL GIUDICE: dichiara la colpevolezza di K.condannandolo a 8 mesi di reclusione, con 2.000.000 di multa, senza concessione dei benefici di legge.

Nella motivazione il giudice specificherà che "...la riferibilità all'imputato della sostanza risulta provata dall'atteggiamento dello stesso e soprattutto dal fatto che fosse l'unica persona ferma in zona.

Il fatto di riporre lo stupefacente sulla ruota è uno stratagemma utilizzato dagli spacciatori per avere a disposizione la sostanza senza detenerla sulla persona, è evidente che ciò presuppone un continuo e ravvicinato controllo, perché l'auto in sosta potrebbe in qualsiasi momento essere rimossa dal proprietario.

Il controllo deve poi avvenire in un punto in cui lo spacciatore possa contattare ed essere contattato dai clienti, poiché la modalità di posizionamento sulla ruota (così come in altri luoghi idonei posti sulla strada) ha senso solo durante l'attività di spaccio.

Lo spacciatore detentore si trova quindi sulla strada a pochi metri del nascondiglio, nel caso in esame l'unica persona in una simile posizione era l'imputato.

Questi aveva dichiarato che gli agenti gli avevano mostrato lo stupefacente solo dopo che l'avevano fatto salire sull'auto di servizio e di non avere visto da dove veniva preso, ciò è smentito dall'agente che ha dichiarato che l'imputato era presente quando avevano rinvenuto la sostanza e che, vedendo, era rimasto "seduto tranquillo" (vd. verbale d'udienza), la falsità delle dichiarazioni costituisce conferma della sua malafede.

La quantità, non da quinto comma, e soprattutto le modalità di custodia, sulla ruota di un'auto in sosta, confermano la detenzione a fini di spaccio."

In merito alla sospensione condizionale della pena precisa che "...non esistono i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, tale beneficio presume l'esistenza d'elementi concreti e positivi che diano corpo alla presunzione ex art. 164.1 c.p. (non è possibile una presunzione della presunzione) ed inoltre elementi d'opportunità e meritevolezza, visto che il beneficio risulta discrezionale pur in presenza di tutti i presupposti formali e sostanziali.

Nella fattispecie, non solo non esistono tali elementi positivi, ma n'esistono di negativi, alla luce delle condizioni soggettive - in Italia illegalmente, senza documenti, senza fissa dimora e mezzi apparenti di sostentamento - dall'uso di vari alias e l'oggettiva gravità del fatto."

Processo n. 8
R. - estorsione - difesa d'ufficio - P.M. - III

(la documentazione non è completa perché il fascicolo risultava smarrito)

Immediatamente, prima di procedere all'audizione dell'agente che ha operato l'arresto, il giudice fa presente di ritenere insolito che un reato del genere possa finire in direttissima.

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

L'agente afferma di essere stata raggiunta in ufficio (alla Polizia Ferroviaria) da una ragazza (la parte lesa, presente fuori dall'aula al momento del procedimento) la quale riferiva di avere in precedenza smarrito il portafoglio e, in seguito, essere stata contattata dal presunto ritrovatore dello stesso.

Affermava inoltre che nel dialogo telefonico con questo aveva ricevuto un invito ad incontrarsi con lui per la restituzione del portafoglio e che lo stesso pretendesse una ricompensa, rifiutando di incontrarsi in questura.

La parte lesa aveva così preso appuntamento nel piazzale antistante la stazione e, spaventata all'idea di incontrare uno sconosciuto, si sarebbe rivolta agli agenti della Polizia Ferroviaria.

L'agente afferma così di avere invitato la ragazza ad incontrarsi con il soggetto, mentre lui si sarebbe posizionato a breve distanza ad osservare la scena.

A questo punto, avvenuto l'incontro, il soggetto veniva osservato restituire il portafoglio alla ragazza, la quale invitava gli agenti ad intervenire riferendo come questi pretendesse una ricompensa e la invitasse insistentemente a seguirla da altri suoi amici.

Il soggetto fermato sarebbe risultato un immigrato irregolare ed, identificato per mezzo di foto-segnalamento, in possesso di un passaporto rumeno. Risulta inoltre avere a carico un provvedimento d'espulsione ineseguito ed un precedente di polizia.

Su spunto del P.M. l'agente conclude ribadendo che la consegna del portafoglio da parte del soggetto è stata spontanea.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

R., cittadino rumeno, afferma di vivere in una casa in campagna con un altro ragazzo "regolare".

In merito ai fatti chiarisce che un suo conoscente (il quale, per quel che ne sa, può anche aver rubato il portafoglio in questione) gli avrebbe chiesto di chiamare la ragazza e restituirglielo, facendosi dare una ricompensa.

Afferma quindi di essere stato solo un intermediario.

Su spunto del giudice chiarisce di lavorare in nero e non avere precedenti di nessun genere, richiesto sul perché non avesse adempiuto al decreto d'espulsione, che gli impone di lasciare il territorio italiano, afferma che, avendo una famiglia, ha bisogno di soldi.

P.M.: chiede la convalida dell'arresto perché effettivamente è presente la tentata estorsione, la vittima, intimorita dal fatto di doversi incontrare con uno sconosciuto ha avvertito la polizia.

Gli agenti hanno poi assistito all'effettivo concretizzarsi dei timori della ragazza, che ne ha richiesto l'intervento.

La persona offesa ha quindi percepito la valenza minacciosa dell'atteggiamento dell'imputato.

In merito alla richiesta cautelare ritiene, visto che ha fornito un domicilio certo ed anche la sua pericolosità, misura idonea quella degli arresti domiciliari o dell'obbligo di dimora.

LA DIFESA: sottolinea l'incertezza perdurante dei fatti, rilevando come il giudizio su quello che effettivamente è accaduto si risolva nella pura e semplice percezione dei fatti da parte della vittima, circostanza che ha effettivamente poi determinato l'arresto del soggetto.

L'imputato si dichiara un intermediario che voleva ottenere una ricompensa dalla restituzione del portafoglio, circostanza tutta da provare. Come anche lo stesso atteggiamento minaccioso del soggetto, semplicemente percepito dalla vittima, appare tutto da provare.

Ritiene che non sia configurabile nemmeno il tentativo di estorsione.

Inoltre, conclude, il soggetto, a parte il provvedimento d'espulsione, non ha nessun precedente, penale, ha un lavoro (seppure in nero), un domicilio certo, dei documenti (il passaporto rumeno), si oppone quindi a qualsiasi misura cautelare, al limite, comunque, sarebbe sufficiente l'obbligo di soggiorno.

IL GIUDICE: convalida l'arresto e, rilevato che il soggetto è un clandestino, quindi senza uno stabile lavoro, o fonte di reddito, e con un provvedimento d'espulsione già pendente, ritiene idonea a soddisfare le esigenze cautelari la misura dell'obbligo di soggiorno.

Al momento della scelta del rito da seguire, la difesa manifesta la sua intenzione di ascoltare la parte lesa, presente fuori dall'aula d'udienza, chiedendo un rito abbreviato condizionato a quest'assunzione probatoria; il giudice, animandosi, controbatte che l'audizione della ragazza avrebbe trasformato il rito abbreviato in un rito ordinario, invita piuttosto le parti ad un patteggiamento "basso", lasciandogli il sindacato sui benefici di legge.

La difesa chiede comunque il rito abbreviato.

P.M.: sottolinea come la responsabilità penale del soggetto sia provata, inoltre rileva come dalle dichiarazioni della parte lesa (a verbale) risulti che il soggetto l'avesse insistentemente invitata a dargli un ricompensa ed a seguirlo presso altri suoi amici, circostanza che avrebbe determinato la richiesta d'intervento agli agenti.

Chiede quindi condanna, tenendo conto delle circostanze attenuanti, del tentativo e della riduzione dovuta al rito, condanna a dieci mesi di reclusione, con multa.

LA DIFESA: non condivide la richiesta del P.M. anche basandosi sui soli atti che il rito consente di avere a disposizione.

Le due versioni, infatti, coinciderebbero fino al momento in cui si sarebbe verificato il tentativo di violenza, mentre non si può affermare che i precedenti contatti della parte lesa con l'imputato, telefonici, fossero stati connotati dalla minaccia di violenza; al contrario era chiaro da subito che la ricompensa sarebbe andata ad un terzo.

Ritiene quindi che, al momento dell'incontro, non volendo la ragazza corrispondere alcun tipo di ricompensa, abbia richiesto l'intervento della polizia.

Da questo momento in poi, afferma la difesa, tutto sfuma e ciò che è noto è che la ragazza ha percepito una minaccia (nel verbale si dice: "è sbiancata") ed ha richiesto l'intervento degli agenti.

Al momento non abbiamo prove di ciò che si sono detti, visto che la vittima non è stata ascoltata, pertanto agli atti non vi è alcuna prova dell'avvenuta violenza o minaccia.

Chiede pertanto l'assoluzione dell'imputato; in subordine, vista la tenuità del danno e le caratteristiche del soggetto, chiede l'applicazione delle circostanza attenuanti generiche, quindi una pena non superiore agli otto mesi, con la concessione della sospensione condizionale.

IL GIUDICE: dichiara l'imputato colpevole, condannandolo a 10 mesi di reclusione, concedendo la sospensione condizionale della pena.

Processo n. 9
M.M. - stupefacenti - difesa d'ufficio - G. - V

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi racconta che, impegnato in un servizio in borghese di controllo del territorio, nei pressi della zona (...), notava il soggetto che, dietro un'automobile con altri due soggetti, italiani, tirava fuori qualcosa dalla tasca destra dei pantaloni.

Intervenuto, bloccando anche i suoi tentativi di divincolarsi e disfarsi della sostanza per darsi alla fuga, rinveniva 3.58 g. di hashish (30).

Il verbale d'arresto precisa che: "l'intervento è avvenuto nel corso di un servizio mirato a contrastare il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti in zona (...), personale dipendente in abiti civili ha così proceduto ad un servizio di polizia appiedato in via (...), con il preciso intento di individuare spacciatori."

Riferisce inoltre che gli italiani avrebbero confermato l'avvenuto acquisto di sostanza stupefacente; nel verbale d'arresto si precisa anche che questi sarebbero stati invitati a saggiare la qualità della sostanza che aveva da vendergli.

Gli italiani, infatti, escussi a sommarie informazioni hanno riferito di essere stati avvicinati da un soggetto che, sfilandoselo dalla manica, mostrava loro un grosso quantitativo di hashish, proponendogli di seguirlo per saggiarne la qualità.

Questi si sarebbe poi allontanato per una via laterale, indicandogli di proseguire lungo la via, e successivamente li avrebbe raggiunti invitandoli a seguirlo in un'altra via ed a mettersi al riparo dietro alcune autovetture in sosta.

Il verbale delle dichiarazioni rilasciate dai due italiani si conclude precisando che l'intervento è avvenuto nel momento in cui il soggetto si sfilava la sostanza dalla tasca dei pantaloni e che "...la sostanza sequestrata è di gran lunga inferiore rispetto a quella che ho visto precedentemente in suo possesso.

Pertanto ritengo verosimile che abbia nascosto in un luogo a me sconosciuto la restante parte."

Su spunto del P.M. vengono sottolineati i precedenti di polizia del soggetto ed i suoi vari alias

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

M. M., nato nel 1978, fornisce un domicilio a (...).

Con molta difficoltà nel comprendere le domande rivoltegli, tramite l'interprete, dal giudice, che vuole sapere se non ha mai dato altre generalità, dice di aver detto una volta di chiamarsi Majid Moamed.

A questo punto il giudice gli fa presente gli alias che ha fornito in svariate circostanze e su questi non obietta; richiesto sulla sua nazionalità afferma d'essere indiano - l'interprete si premura di precisare, suscitando moderate reazioni di giubilo in aula, che il soggetto dice d'essere indiano parlando però in arabo - nato a Zambia - l'indicazione crea un equivoco al giudice che per un attimo crede che il riferimento sia alla sua nazione d'origine, a questo punto l'interprete, risolutivo, conclude la confusa discussione asserendo l'inesistenza di questa presunta città indiana, Zambia.

L'ultimo intervento dell'interprete suscita la reazione della difesa che lo invita ad attenersi al suo ruolo, riportando alla lettera le risposte del soggetto.

I malintesi fra l'interprete e M. tuttavia continuano e praticamente l'arrestato sui fatti non viene ascoltato.

P.M.: chiede convalida dell'arresto e custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA: non opponendosi alla convalida dell'arresto, contrasta la richiesta d'applicazione di una misura cautelare adducendo l'incensuratezza dell'arrestato e la sproporzionatezza della custodia in carcere rispetto all'entità del fatto.

IL GIUDICE: convalida l'arresto e dispone, in relazione ai precedenti ed ai vari alias del soggetto, l'applicazione della custodia in carcere.

Dopo una breve e non so quanto efficace discussione con l'imputato, giacché avveniva per tramite dell'interprete che continuava a riportare le parole dell'arrestato un po' troppo sbrigativamente, la difesa chiedeva il rito abbreviato.

P.M.:chiede la condanna dell'imputato a mesi dieci di reclusione, con una multa di cinquecento mila Lire.

LA DIFESA: chiede il minimo della pena ed in ogni caso l'inquadramento del fatto nella cornice dell'ipotesi attenuata dell'art. 73 d.p.r. 309/1990, in ragione del minimo quantitativo di sostanza rinvenuto.

IL GIUDICE: dichiara colpevole il soggetto del reato previsto all'art. 73.5, concedendo quindi l'attenuante della tenuità del fatto, condannandolo così a 6 mesi di reclusione e 600.000 lire di multa, senza concessione dei benefici di legge ed attenuanti generiche.

La motivazione integra di qualche rigo il dispositivo della sentenza ed è stata fornita oralmente - e contemporaneamente trascritta a verbale dal personale ausiliario - in aula.

La vicenda ha una breve appendice nella reazione del condannato al momento della sentenza, questi sbotta accusando, in arabo, l'interprete, evidentemente ritenuto responsabile dello sfortunato esito processuale.

Venendo a discutere in modo più animato e soprattutto ravvicinato, quasi a faccia a faccia, il condannato, levandosi il berretto, tenta con questo di colpire l'interprete, il quale di fronte a questo gesto, su tutte le furie, pretende di inoltrare una denuncia; l'intervento degli agenti presenti in aula risolve la questione allontanando dalla stessa l'imputato.

In ultimo il P.M., incalzato dall'interprete desideroso di esporre denuncia, lo invita a calmarsi eludendo, nell'atto di abbandonare l'aula, le sue richieste.

La difesaha poi proposto appello in ragione della mancata concessione delle attenuanti generiche, le quali apparivano concedibili a giudicare dalla lievità del fatto, dal corretto comportamento processuale - che nel caso in specie è stato reso difficile non tanto dalla mancata volontà dell'arrestato, quanto dalla sua difficoltà a comprendere l'interprete, in quanto uno, l'interprete è di madre lingua araba; l'altro, l'imputato, è di madre lingua indiana.

Inoltre ritiene la sanzione troppo gravosa rispetto al quantitativo effettivamente rinvenuto (31).

In appello la sentenza è stata confermata.

Processo n. 10
D.C. - furto - difesa di fiducia (32) - G. - II

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi afferma (33) essere giunta una telefonata anonima al 113, che segnalava un giovane alto circa 1.75 cm., con capelli lunghi scuri, vestito di jeans, che, in via (...), tranciava un cavo d'acciaio, applicato ad una bici di colore nero, con una tenaglia.

La centrale ha immediatamente diretto così le telecamere istallate in zona verso il soggetto, seguendolo ed indicando agli agenti la sua precisa posizione fino al loro intervento.

Il soggetto è stato quindi fermato nei paraggi con la bici, che a bordo aveva anche il cavo d'acciaio tranciato, e le tenaglie (34), l'arrestato, precisa in ultimo il relazionante, presenta numerosi precedenti di polizia e penali specifici (35).

Il verbale d'arresto si conclude invece - dopo aver anch'esso definito il soggetto "pieno di precedenti" e specificato che lo stesso ha affermato di essere un tossicodipendente e senza lavoro - con queste parole: "vista quindi la sua condizione di tossicodipendente, si ritiene che lo stesso possa ripetere il gesto al fine di procurarsi un facile guadagno per acquistare sostanza stupefacente; altresì la gravità del fatto si evince dal fatto che lo stesso si è servito di un paio di tenaglie per usare violenza sul cavo d'acciaio posto sul velocipede per impedirne il furto."

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

D.C., italiano, nato in Calabria nel 1969, richiesto se abbia un domicilio fisso a (...), dice: "si volendo ho un domicilio stabile, però sono senza fissa dimora."

In merito alla sua situazione lavorativa afferma di lavorare in nero come muratore.

Per quanto concerne i fatti, questi racconta di essere stato lui stesso a legare la bici nel luogo in cui è stato visto armeggiare con il cavo d'acciaio, pertanto si dichiara il proprietario della bici affermando di avere perso le chiavi del dispositivo di sicurezza.

Il giudice gli chiede a questo punto se è in grado di dimostrare il fatto di essere proprietario della bici e il soggetto risponde: "no, perché non è una bici nuova.

A parte che è riverniciata, come è stato detto, sembra nuova ma non è una bici nuova.

È stata rimontata questa bici, pezzo per pezzo, con tutti i pezzi che si trovano in giro.

Sennò non ero così...sapendo che ci sono le telecamere là...infatti mi hanno trovato fermo là che stavo parlando con altre persone tranquillamente, con il cavo d'acciaio dietro e la tenaglia..."

Su spunto del giudice, chiarisce d'essere tossicodipendente e invitato dal difensore afferma di avere un programma di recupero in corso da circa quattro mesi (36).

P.M.:chiede la convalida dell'arresto, ritenendo la flagranza del reato ed anche perché, sottolinea, il soggetto presenta numerosi precedenti e pendenze, circostanze che lo inducono a chiedere anche l'applicazione della custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA:pur non opponendosi alla convalida dell'arresto sottolinea le persistenti ambiguità nella ricostruzione dei fatti, allo stato dei quali manca, fra l'altro, anche la denuncia di un altro supposto proprietario della bicicletta.

In considerazione di ciò, della levità del fatto e della circostanza che il soggetto, tossicodipendente, risulta avere un programma terapeutico in corso, sottolinea l'eccessività della custodia in carcere, indicando come preferibile l'immediata liberazione del soggetto o, in subordine, l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

IL GIUDICE: convalida l'arresto ritenendo presente lo stato di quasi flagranza. Precisa inoltre che, non apparendo minimamente dimostrate le dichiarazioni del soggetto in merito ai fatti, si configurino i gravi indizi di reità e, stante l'assenza di documentazione in merito al programma terapeutico in corso e la pericolosità del soggetto, con numerosi precedenti anche specifici, privo di fissa dimora e di un lavoro, si impone l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere. Non essendo concedibili gli arresti domiciliari e le altre misure gradate.

Viene chiesto il rito abbreviato.

P.M.:afferma di ritenere provata la colpevolezza dell'imputato poiché le sue dichiarazioni, oltre ad essere in contrasto con la più attendibile relazione dell'agente, sono assolutamente indimostrate; il soggetto risulta, fra l'altro, non nuovo ad episodi del genere.

Chiede pertanto la condanna a quattro mesi di reclusione e cento venti mila lire di multa, considerate le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti contestate.

LA DIFESA: chiede l'assoluzione del suo assistito, o, in subordine, il minimo della pena.

Chiede, inoltre, l'applicazione delle attenuanti generiche, in relazione al corretto comportamento processuale del soggetto, sottolineando comunque la persistente ambiguità dei fatti - che a suo parere difficilmente si riesce a provare in direttissima- e concludendo con il riferimento all'impossibilità, nei ristretti tempi processuali, di procurarsi la documentazione idonea a dimostrare l'esistenza di un programma di recupero in corso.

Il giudice: dichiara colpevole il soggetto condannandolo a 4 mesi di reclusione e 200.000 di multa, senza benefici di legge e ritenendo equivalenti le attenuanti generiche alle aggravanti contestate.

Nella motivazione il giudice preciserà che "...la versione difensiva non appariva minimamente credibile (visto che D. C. non ha fornito alcuna prova, neanche indiretta, della proprietà della bici) e per molti profili inverosimile: la bicicletta viene descritta (37) come nuova di marca ed in ottime condizioni, si tratta di un bene la cui proprietà non può essere validamente sostenuta da parte di un soggetto tossicodipendente, privo di attività lavorativa e di stabile dimora; che non dovrebbe disporre dei mezzi economici per l'acquisto, né di un luogo adatto a custodire il velocipede al riparo da intemperie."

Chiarirà inoltre che le attenuanti generiche vengono concesse perché il soggetto è tossicodipendente e con un programma di recupero in corso e vengono ritenute equivalenti alle aggravanti che avrebbero altrimenti determinato una pena eccessiva in relazione alle circostanze del fatto.

Il 06.04.2001 il Tribunale del Riesame di (...) ha accettato l'istanza di modificazione della misura cautelare proposta dalla difesa, che ha prodotto la prova della disponibilità della fidanzata di D. C. ad accoglierlo agli arresti domiciliari presso la propria casa.

La difesa ha poi proposto appello in quanto, mancando la denuncia di un altro supposto possibile proprietario del mezzo, la versione dei fatti proposta dall'imputato non risulta smentita da alcuna risultanza processuale; inoltre ritiene che non possa valere la motivazione addotta dal giudice ai fini di una condanna alla reclusione.

In subordine chiede l'applicazione di una pena maggiormente contenuta.

La corte d'appello ha poi, il 03.07.2001, modificato la pena, stabilendola in tre mesi e 100.000 Lire di multa.

Disponendo contestualmente la scarcerazione del soggetto perché al giorno della sentenza d'appello il soggetto ha già sofferto un tempo superiore di carcerazione (38), rispetto a quello disposto nella misura.

Processo n. 11
S.N. - violenza e resistenza a p.u. - difesa di fiducia (39) - G. - II

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

L'agente afferma che una cittadina, presentatosi in ufficio (intorno alle 16:00), dichiarava di aver visto un soggetto sottrarre qualcosa da una Nissan in sosta sotto casa sua e andare via con una macchina rossa.

Con più precisione il verbale d'arresto specifica che la signora ha riferito di aver visto un individuo di sesso maschile, età 25-30 anni, capelli di colore castano scuro e maglia di colore bianco; mentre dell'auto ha indicato parzialmente la targa. Il proprietario della Nissan ha invece sporto denuncia (alle 16:00 circa) dopo essere stato avvertito dalla signora ed aver constatato la mancanza dell'autoradio dal suo veicolo. Nel relativo verbale il soggetto ha affermato, inoltre, di non avere visto nulla personalmente della scena, ma di aver visto un auto allontanarsi a folle velocità; precisando essere stato suo figlio a vedere il soggetto aggirarsi in zona. Questi ha anche rilasciato sommarie informazioni agli agenti specificando che: "...trovandomi a bordo del mio scooter, mentre scendevo la rampa che porta ai garage del mio condominio, notavo sul marciapiede adiacente un soggetto, dall'età apparente di 25 anni, con capelli medio lunghi, color castano scuri, con indumenti da lavoro, che, con fare sospetto, transitava più volte sul marciapiede, di fronte all'entrata dei garage e nei pressi dell'autovettura del padre; questi alla mia vista, si allontanava repentinamente a bordo di una Seat Toledo rossa, la quale aveva un monta pacchi montato sul tetto."

L'agente riferisce allora di avere prestato un servizio mirato al rintraccio di quest'autovettura, in merito il verbale d'arresto specifica che l'autovettura veniva rintracciata, dopo cinque minuti, viaggiare in senso opposto alla direzione di marcia dell'auto degli agenti. Nonostante la rapida inversione di marcia degli agenti, il soggetto è riuscito, accelerando, a far perdere le proprie tracce, mentre le ricerche successive non avrebbero dato alcun esito e sarebbero state interrotte intorno alle 17:00.

L'auto è stata poi rintracciata dall'agente intorno alle 20:00, mentre - specifica il verbale d'arresto - si trovava a bordo della sua auto privata, questi avrebbe allora riconosciuto l'auto cercata nel pomeriggio e, chiedendo l'intervento di altri colleghi con una chiamata alla centrale, "...il militare sorpassava la Seat Toledo rossa e, posizionandosi davanti, decelerava gradualmente (inserendo le quattro frecce, come precisa l'agente in aula) fino a costringere il conducente dell'altro veicolo ad arrestare la marcia."

Fermata la macchina, continua (40), l'agente si sarebbe qualificato mostrando il tesserino e avrebbe richiesto i documenti al soggetto. Il conducente, irritato dal controllo, "...dapprima chiedeva il motivo di tale controllo, dopodiché, con modi arroganti, profferiva la seguente frase: Io i documenti non te li do!" (41).

In seguito sarebbero giunti sul luogo gli altri agenti di cui era stato richiesto l'intervento, e avrebbero richiesto "...con modi garbati..." (42)i documenti agli altri soggetti a bordo dell'auto, ricevendoli dal passeggero affianco al conducente; nel frattempo il conducente avrebbe continuato a rifiutarsi di fornire i documenti, nonostante le continue richieste da parte degli agenti, dicendo: "...io i documenti a voi non ve li do...".

Successivamente avrebbe poi fornito le sue generalità, a voce e sempre agitandosi molto, e, interrogata la banca dati di polizia, sarebbe risultato con diversi precedenti (43).

A questo punto S. N. è stato invitato a seguire gli agenti in caserma per ulteriori controlli ma "...lo stesso cominciava a pronunciare frasi in dialetto siciliano, ma abbastanza comprensibili, nel mio caso affermava: ti ammazzo bastardo di un carabiniere! Decidevamo così di cercare di bloccarlo e, vistosi alle strette, che non c'era più modo di andarsene, dicendo: io qui non ci stò me ne vado via, cercando a quel punto di andarsene, non so, pensava di andare via, colpiva con il braccio destro il volto di un collega e, visto l'accaduto, lo bloccavamo." (44)

L'agente, come specifica il referto medico, avrebbe riportato una epistassi ed una contusione sul collo guaribile in tre giorni.

L'agente continua poi: "...premetto che molte volte abbiamo cercato comunque di mantenere la calma, ma il sig. N.S. ha sempre dimostrato una situazione di insofferenza e aggressività."

Tradotto in caserma, costretto con la forza a salire sull'auto di servizio, questi sarebbe stato escusso in merito al furto di cui era sospettato, mentre gli altri occupanti del veicolo (45), anch'essi in caserma, attendevano in una sala a parte. S. N. avrebbe così continuato a tenere il suo atteggiamento, dicendo "...io mene vado, non ci stò qui dentro." Provocando ancora una colluttazione con un altro agente che sarebbe poi intervenuto per bloccarlo.

Il verbale d'arresto è più preciso a riguardo e specifica che, sentite le urla venire dalla stanza in cui si stava procedendo all'interrogatorio del soggetto, un agente sarebbe entrato ed avrebbe trovato N.S. in piedi, di spalle, davanti alla porta d'ingresso nella stanza che urlava quanto riferito dal relazionante in aula.

L'agente avrebbe allora intuito il tentativo di fuga del soggetto e l'avrebbe quindi afferrato spostandolo dalla porta, il gesto avrebbe scatenato la reazione del fermato, che, afferrandolo con la mano sinistra dal collo della giacca, gesticolava con la mano destra come a voler sferrare un pugno all'agente, profferendo le seguenti parole: "io ti ammazzo! Pezzo di merda! Fango! Ti ammazzo! Non mi devi toccare!" sputando il militare sul viso e sull'uniforme.

Il verbale così continua la descrizione della scena: "...dopo alcuni minuti i militari riuscivano a portare alla calma S.N., il quale però, continuava con il suo atteggiamento arrogante ed insofferente alle istituzioni.

In seguito la signora che nel pomeriggio aveva segnalato il furto ed i proprietari dell'autovettura, da cui sarebbe stata sottratta un'autoradio, avrebbero riconosciuto senza ombra di dubbio l'autore del furto nella persona arrestata. (46)

Veniva così dichiarato in arresto ed, alla richiesta di nominarsi un avvocato, reagiva con proteste e spintoni, tentando la via della fuga.

Bloccato avrebbe poi sferrato un'aggressione colpendo un'agente, causandogli una contusione con abrasione, giudicata guaribile in tre giorni."

L'agente conclude poi la sua relazione riferendo l'ultimo episodio di violenza riportato dal verbale d'arresto.

Il giudicea questo punto chiede: "tornando al primo atto di violenza, lei ha detto che l'ha colpito con il braccio destro al volto, questa azione è stata fatta perché le braccia erano state bloccate, quindi per divincolarsi, o è stata proprio un'azione volta a...?"

L'agente: "nel momento in cui gli abbiamo detto: devi venire in caserma, praticamente perché avendo numerosi precedenti gli ho detto: su questo punto adesso controlliamo bene, lui ha detto: no! Io me ne vado.

Essendo noi tutti chiaramente intorno a lui ha alzato le braccia per farsi spazio, noi chiaramente abbiamo cercato a quel punto di tranquillizzarlo e di limitarne comunque i movimenti, e lui, ancora con più forza, strillando...capito?"

Il giudice: "ecco, proprio questo mi interessava, stabilire se quest'atto è stato..."

L'agente: "...no, non si è fatto scrupoli, non si è fatto scrupoli di niente proprio"

Infine il giudice chiede se "...il comportamento era del genere minaccioso"

"Si" risponde l'agente, che in merito alla seconda colluttazione afferma che S.N., nel tentativo di andarsene ha preso proprio la via del corridoio e poi è stato bloccato.

Su spunto del P.M., che chiede chiarimenti sull'originaria segnalazione da cui tutta la vicenda è partita, l'agente ribadisce che il furto è avvenuto su una Nissan in sosta, denunciato da una signora che l'avrebbe visto dalla finestra, dal proprietario e dal figlio, che avrebbe visto il soggetto girare più volte in zona e allontanarsi con una Seat Toledo rossa.

Precisa in ultimo, riportando quanto già specifica la documentazione agli atti, che il soggetto è stato in seguito riconosciuto dai denuncianti.

Il P.M. a questo punto paventa la possibilità di contestare anche il reato di furto.

Su spunto della difesa, che vuole chiarimenti in merito ai fatti di violenza e resistenza a P.U., precisa, riguardo al momento in cui è riuscito per la prima volta a fermare il soggetto, che di sera, appunto alle 20: 00 circa, trovandosi per caso questa Seat Toledo rossa davanti, decideva di procedere a fermare l'auto, pur essendo in borghese e con la propria macchina, richiedendo l'intervento di altri colleghi.

Allora l'avvocato: "ma la prima richiesta di documenti l'ha fatta lei da solo, se ho capito bene?"

E l'agente: "la prima richiesta...ne abbiamo fatte decine di richieste...comunque si."

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

S.N., nato in Sicilia nel 1974, il soggetto afferma di avere un lavoro: "...sono assunto regolarmente e tutto...".

Quanto ai fatti afferma che, diretto a fare la spesa, con moglie, figli, cognato, sorella e nipoti, si è visto tagliare la strada da una macchina, circostanza che lo ha immediatamente alterato, anche perché la moglie si è spaventata e la figlia, di due mesi, a preso immediatamente a piangere.

Afferma inoltre di essersi immediatamente lamentato del modo in cui è stato fermato, confermando di aver rifiutato di farsi tradurre in caserma, anche se dice di non avere dato i documenti agli agenti perché non li aveva realmente.

Afferma in ultimo che, tradotto in caserma, è stato lui ad essere aggredito, sostenendo di non aver colpito nessuno, dice: "...io non ho lesionato nessuno, sono loro che hanno lesionato me, tanto per cominciare, ci sono mia moglie, mio cognato e mia sorella che possono testimoniare."

Su spunto della difesa, che sottolinea anche come il soggetto abbia un lavoro e una famiglia, afferma di essere tossicodipendente e di avere un programma di recupero in corso presso il SERT di (...).

P.M.: ritiene la flagranza dei reati di lesioni e resistenza a P.U., quindi legittimo l'arresto.

Inoltre, visti anche i precedenti del soggetto, ritiene opportuna la custodia cautelare in carcere; fra l'altro il soggetto è stato riconosciuto dagli autori della denuncia - cosa che lo indurrà a procedere anche per furto - quindi egli ha mantenuto quell'atteggiamento poco collaborativo nei confronti dell'agente proprio perché consapevole dei motivi del fermo.

LA DIFESA: non si oppone alla convalida dell'arresto, tuttavia sottolinea come, a parte l'evidente rifiuto di collaborare, i fatti accaduti in strada appaiano dovuti più alla concitazione dei momenti che ad una reale intenzione di reagire.

Lo stesso varrebbe anche per quanto avvenuto in caserma, non crede che vi sia stata realmente volontà di resistere, anche se non si esime dall'ammettere che c'è comunque un certificato medico che prova l'avvenuta lesione; in ogni caso anticipa che chiederà comunque termine a difesa.

Pertanto sottolinea come la custodia cautelare in carcere risulti eccessiva per un soggetto: con modesti precedenti risalenti nel tempo, ormai sposato con dei figli, con un programma terapeutico in corso ed un lavoro (produce prova di due buste paga del soggetto), più adeguata sarebbe quindi la misura degli arresti domiciliari.

IL GIUDICE: convalida l'arresto, avvenuto a seguito di una reazione violenta dell'arrestato; inoltre, visti i precedenti del soggetto e la sua situazione lavorativa, dispone la misura dell'obbligo di presentazione alla P.G.

Per quello che riguarda l'imputazione di furto il giudice rimette gli atti al P.M., per procedere separatamente visto che la difesa non intende procedere immediatamente.

Viene chiesto termine a difesa, ex art. 451.6 ed il giudice rinvia al 06.04.2001.

UDIENZA DEL 06.04.2001

Rigettata dal giudice una richiesta di aggravio della misura cautelare da parete del P.M., effettuata perché il soggetto non avrebbe rispettato gli obblighi imposti dalla misura precedentemente disposta, la difesa chiede ilrito abbreviato.

P.M.: chiede la condanna ad un anno di reclusione.

LA DIFESA: chiede l'assoluzione, in subordine il minimo della pena, con la concessione della continuazione fra i reati contestati e la riduzione per il rito.

IL GIUDICE: dichiara il soggetto colpevole dei reati ascrittigli, condannandolo a 6 mesi di reclusione, senza concessione dei benefici di legge.

Nella motivazione il giudice chiarirà che il soggetto è stato ritenuto colpevole perché ha resistito indebitamente all'azione degli agenti di P.S., come ammette egli stesso, anche se nega di avere colpito qualcuno pur ammettendo di essersi alterato all'intervento degli agenti, che comunque appariva legittimo (non sarebbe applicabile a suo parere la causa speciale di non punibilità ex art. 4 d.lgs. n. 288/1944).

Il soggetto risulta essersi attivamente opposto, con minacce e violenza agli agenti, pertanto, nel realizzare il reato fine: resistenza a P.U., ha utilizzato il reato mezzo: lesioni a P.U. (questo risulta non procedibile per mancanza di querela); per queste ragioni concede la continuazione fra i reati.

La difesa ha poi proposto appello, chiedendo l'assoluzione del suo assistito per carenza di elemento soggettivo del reato.

Processo n. 12
M.K. - furto - difesa d'ufficio- G. - II

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi, in servizio presso (...), notava un motociclo con due persone a bordo le quali, intimate a fermarsi per un controllo, acceleravano nel tentativo di evitarlo.

Con più precisione il verbale d'arresto specifica che il conducente già alla semplice vista degli agenti aumentava la velocità di marcia, cercando di passare inosservato, a questo punto il motorino veniva affiancato e con una paletta s'intimava l'alt.

Incurante della segnalazione, il conducente del ciclomotore accelerava ulteriormente e si chinava come per prendere maggiore velocità, lo stesso comportamento teneva il passeggero.

Lo stesso verbale riferisce poi che l'inseguimento è andato avanti per quasi un Km, durante il quale gli agenti continuavano a lampeggiare, azionando anche le sirene.

Il relazionante in aula riferisce, quindi, che questo è continuato fino al momento in cui, i soggetti, non hanno tentato di fuggire a piedi, abbandonando il motorino in strada, a questo punto i due sarebbero stati immediatamente bloccati.

Il verbale d'arresto riferisce che "...dall'esame del motorino, indubbia pareva la sua provenienza illecita, infatti la parte anteriore della carena era stata spaccata per consentire l'estrazione del nottolino d'avviamento e dei fili che consentono l'accensione del mezzo senza chiave, infatti il nottolino ed i fili erano collegati."

L'agente in aula, ribadendo quanto riportato dal verbale d'arresto in merito ai danni rilevati sul mezzo, precisa che sono anche stati trovati gli oggetti utilizzati per l'operazione, di questi nessuno si è dichiarato proprietario.

Continua riferendo che dagli accertamenti successivi (ore 01:30) si è poi risaliti al proprietario del mezzo, che risultava essere un cittadino italiano residente a (...).

Contattato, quest'ultimo affermava che alle 24:00 il motorino era sotto casa sua, invitato a controllare confermava la mancanza del mezzo, provvedendo ad inoltrare denuncia.

Il poco tempo trascorso fra l'ora in cui il proprietario afferma aver visto l'ultima volta il motorino e l'ora in cui riuscivamo a fermare i soggetti, chiarisce l'agente, ci ha indotto a ritenere presente lo stato di flagranza.

Su spunto del giudice precisa che il soggetto è stato identificato tramite fotosegnalamento e che non risulta a suo carico nessun precedente.

Il verbale d'arresto specifica che per accertare l'esatta età di entrambi, E.R. il conducente, e M.K. il passeggero, si è dovuti ricorrere all'esame auxologico, visto che entrambi si dichiaravano minorenni.

E.R. sarebbe così risultato effettivamente minorenne, con un'età ossea di diciassette anni, e quindi affidato alle autorità competenti.

M.K., l'imputato, è stato tratto in arresto, specifica lo stesso verbale, perché "...necessariamente una condotta di collaborazione nel reato c'è stata, sicuramente durante la fuga, in relazione a comportamenti comuni (l'abbassarsi per prendere velocità e la comune intenzione di fuggire)."

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

M.K., albanese nato nel 1982, afferma di essere arrivato da tre giorni a (...) e, richiesto suoi eventuali precedenti in Italia, dice di non averne, dichiara di risiedere nella "villa degli americani"

Quanto ai fatti: precisa che l'altro soggetto, un suo amico, gli aveva promesso un posto dove dormire ed era tornato a prenderlo con quel motorino in centro, dove si erano dati appuntamento.

All'intervento degli agenti afferma che era l'altro, alla guida, ad accelerare e tentare di eludere il controllo.

Su spunto del giudice chiarisce che non sapeva, al momento dell'incontro con l'amico, di chi fosse quel motorino.

Su spunto del P.M. chiarisce come il tempo trascorso, dal momento dell'incontro al momento in cui la polizia è intervenuta, sia stato di circa quindici, venti minuti.

VIENE RIASCOLTATO L'AGENTE

Il quale conferma che l'arrestato era effettivamente il passeggero, sottolineando tuttavia com'entrambi apparissero presi dall'intenzione di fuggire, eludendo le intimazioni a fermarsi: "lui era trasportato?" chiede il giudice.

"Si" risponde l'agente.

Giudice: "Ma l'atteggiamento quando li avete raggiunti, inseguiti e poi bloccati, del M.K., cioè è rimasto fermo, ha fatto segno all'amico di fermarsi? Che atteggiamento ha assunto?"

Agente: "L'atteggiamento è stato questo: non appena ci hanno visto, hanno fatto come per parlarsi, in motorino, con difficoltà ovviamente, perché stavano andando, c'è stato un cenno da parte sua con la testa, così; poi si sono abbassati entrambi e hanno accelerato.

Quando il motorino si è fermato, si stava per fermare, loro si sono buttati entrambi, quindi già avevano preso un accordo, quello di scappare, però eravamo lì e quindi non gli è stato reso possibile, ecco.

L'atteggiamento era evidente, era proprio chiaro che entrambi sapessero che fossero su una cosa illecita."

P.M.: chiede convalida dell'arresto e afferma di non avere richieste in merito all'applicazione della misura cautelare.

LA DIFESA: si oppone alla convalida perché, dalla ricostruzione dei fatti, non pare possa configurarsi lo stato di (quasi) flagranza.

IL GIUDICE: convalida l'arresto perché ritiene si possa configurare lo stato di (quasi) flagranza, anche in base alle dichiarazioni del soggetto, che attribuisce il fatto all'amico, i segni e gli strumenti rinvenuti, il tentativo di fuga ed il breve lasso di tempo trascorso fra il momento del furto ed il momento del fermo.

Dispone l'immediata liberazione del soggetto, visto che è anche incensurato e privo di precedenti dattiloscopici.

Viene chiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritiene provata la responsabilità del soggetto perché il loro tentativo di fuga e i palesi segni di scasso sul mezzo, lasciano ritenere che l'imputato non potesse non rendersi conto del furto.

Chiede quindi tre mesi, con una multa di centoventimila Lire, accordando la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

LA DIFESA: chiede l'assoluzione dell'imputato, sottolineando che la richiesta di condanna si basa su un elemento, il tentativo di fuga, che ovviamente non è prova di un furto, al limite si potrebbe parlare di favoreggiamento.

Inoltre afferma come un soggetto clandestino possa avere anche altre ragioni per eludere un controllo e come l'ora tarda abbia potuto impedire all'imputato di accorgersi dei segni di scasso sul mezzo.

In subordine chiede una pena assestata sul minimo, con concessione delle circostanze attenuanti generiche e benefici di legge, vista l'incensuratezza del soggetto.

IL GIUDICE: dichiara l'imputato colpevole, condannandolo a 4 mesi di reclusione e 200.000 di multa, senza concessione della sospensione condizionale.

Nella motivazione il giudice preciserà di ritenere che gli elementi raccolti a carico dell'imputato portino ad un giudizio di colpevolezza.

"Con riguardo alla versione difensiva, secondo cui M.K. ignorava la provenienza furtiva del mezzo condotto dal minorenne, essa non appare verosimile né compatibile con le risultanze istruttorie, appare più logico e temporalmente compatibile il fatto che questi abbiano agito contemporaneamente, piuttosto che uno sia andato, rubato il motorino, a prendere l'altro.

Inoltre il comportamento dei due - si piegavano per prendere velocità e tentavano una precipitosa fuga - appare incompatibile con l'estraneità di K.M. al furto, anzi ne evidenzia il diretto coinvolgimento."

Precisa in ultimo che "...considerando che l'imputato, entrato da pochi giorni in Italia clandestinamente, ha già commesso un reato, non può formularsi una prognosi positiva..." in vista della concessione dei benefici di legge.

Processo n. 13
A.B. - furto - difesa d'ufficio - P.M. - III

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Questi riferisce di essere intervenuto su chiamata al 113 da parte di cittadini che affermavano di aver bloccato l'autore di un furto.

L'imputato avrebbe sottratto un trapanoda un autocarro, infrangendone il vetro; avvertito da un collega, il proprietario dell'autocarro decideva di mettersi a cercare l'autore del furto e, notando una persona sospetta, che si allontanava con uno zaino in spalla da cui fuoriusciva una parte di trapano, richiedendo l'intervento degli agenti, lo inseguiva chiamandolo e infine riusciva a bloccarlo.

Riferisce anche che, durante quest'inseguimento, sembra che il soggetto sia caduto inciampando su dei blocchi di cemento, "...almeno così a dire della parte lesa..."; in ogni caso il soggetto era riverso in terra quando sono giunti gli agenti sul posto.

Nel verbale d'arresto in proposito si dice che "giunti sul posto, si prendeva in consegna l'autore del furto e, dal momento che questi avvertiva dolori, il cui trauma era stato senza ombra di dubbio a seguito della caduta, veniva richiesto l'intervento del personale sanitario.

Occorre far presente che, nell'immediatezza dei fatti, il fermato riferiva agli operanti più versioni circa l'origine dei dolori; infatti dapprima asseriva avere una lesione al polmone la cui patologia, originata da altre cause, gli creava diversi scompensi respiratori; per poi rettificare, asserendo che il dolore avvertito era stato provocato dal fatto che aveva ricevuto da uno sconosciuto un calcio nella zona inguinale (47)."

L'agente chiarisce che il trapano è stato poi rinvenuto nello zaino del soggetto.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

A.B., italiano, nato in Puglia nel 1968, afferma di vivere al dormitorio di via (...) e di non ricordare nulla su come si sia svolta la vicenda, si ricorda solo che passava di là con un amico, ha sottratto il trapano ed è andato via.

Poi dice che sono arrivati due ragazzi marocchini che, picchiandolo, hanno recuperato il trapano, a questo il giudice ribatte: "...comunque poco cambia se lo hai preso il trapano eh, cioè..."

"Si, ma per circostanze...io sono tossicodipendente." risponde A.B., scrollando poi le spalle alla domanda del giudice sul perché non ha mai provato a disintossicarsi.

Sottolinea che all'arrivo della polizia egli non era più in possesso del trapano.

Su spunto della difesa chiarisce che si è appropriato del trapano senza rompere nulla, affermando che questo era appoggiato sul furgone, aperto, e si è semplicemente limitato a prenderlo senza rompere nulla.

P.M.: chiede la convalida dell'arresto perché il soggetto è stato fermato a pochi metri dal luogo del furto, con la refurtiva, dopo un inseguimento; inoltre, vista la gravità del fatto e l'assenza di un domicilio, chiede anche la custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA: Rimettendosi alla giustizia della corte per quello che riguarda la convalida, si oppone alla custodia cautelare in carcere perché il soggetto risulta sprovvisto di gravi precedenti (48), peraltro risalenti nel tempo e non c'è comunque un'eccessiva pericolosità.

In ogni caso la custodia in carcere appare troppo gravosa anche pensando al suo status di soggetto tossicodipendente.

IL GIUDICE: convalida l'arresto, in quanto ritiene presente la flagranza nel reato.

Inoltre, vista l'assenza di una fissa dimora o di un lavoro stabile o alcuna prerogativa d'impegno sociale, nonché con precedenti, il soggetto è ritenuto pericoloso, anche perché il suo status di tossicodipendente lascia presagire che commetterà altri reati per procurarsi la dose e che abbia scarse possibilità di recupero sociale, dispone quindi la custodia in carcere.

Viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritiene accertata la responsabilità del soggetto, che ha anche confessato e, considerando la sua confessione come motivo valido per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritiene queste equivalenti all'aggravante della violenza sulle cose, chiede pertanto otto mesi di reclusione, con multa di 80.000.

LA DIFESA: sottolineando il positivo comportamento processuale del soggetto, quindi le attenuanti prevalenti sulle aggravanti.

Inoltre afferma che la versione dell'imputato, che nega l'essersi verificata la violenza sulle cose, può essere credibile.

Conclude con una richiesta del minimo edittale, rimarcando le disagiate condizioni soggettive dell'imputato, insistendo anche per la concessione della sospensione condizionale.

IL GIUDICE: dichiara colpevole l'imputato, condannandolo a 6 mesi di reclusione, con multa di 200.000, senza la concessione dei benefici di legge.

Nella motivazione il giudice chiarirà che il fatto risulta provato anche per l'ammissione del soggetto, tuttavia questi nega di avere rotto il deflettore del furgone, circostanza riportata nel verbale della denuncia effettuata dalla parte lesa, ha quindi operato solo una parziale ammissione dei fatti, ciò rende le attenuanti generiche solo equivalenti con l'aggravante contestata (la violenza sulle cose).

Inoltre "...la sospensione condizionale della pena non è concedibile perché il soggetto è già stato condannato per stupefacenti, è tossicodipendente da dieci anni, privo allo stato di prospettive di recupero sociale e di lavoro, in tale situazione non è possibile ritenere che si asterrà dal commettere reati, unico mezzo di sostentamento e procacciamento della droga."

Processo n. 14
B. - rapina - difesa d'ufficio - G.- III - P.M. - V

(la documentazione non è completa poiché il procedimento era in trattazione presso la Corte d'Appello al momento della terza fase della nostra ricerca)

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma di essere stati inviati dalla centrale in via (...), perché era arrivata una segnalazione da parte di un cittadino italiano che aveva notato un extracomunitario aggirarsi fra le macchie posteggiate, tentando di forzarne la serratura; in particolare questi sembrava concentrare le sue attenzioni su un furgone.

Arrivati sul posto afferma di aver trovato l'arrestato ed il cittadino che aveva operato la segnalazione affacciato alla finestra, quest'ultimo affermava (secondo quanto riportato nel verbale di sommarie informazioni cui l'agente si riferisce) di avere subito delle minacce da parte dell'arrestato a causa delle intimazioni a smetterla che gli ha rivolto.

Il soggetto veniva trovato in possesso di un coltello a serramanico, controllati invece i veicoli in sosta uno, un Fiorino, risultava con la maniglia forzata; un altro, il furgone di cui parlava il cittadino, con la serratura scardinata, aperto e privo di una chiave inglese conservata al suo interno che sarebbe poi stata ritrovata addosso all'arrestato.

Il soggetto, infine, è irregolare, privo di documenti, con numerosi precedenti di polizia.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

Questi è in Italia da dieci anni, privo di documenti, afferma di lavorare saltuariamente in nero e di essere senza fissa dimora.

Nega di avere aperto il furgone sottraendo da questo una chiave inglese e poi tentato di aprire un Fiorino, nega di essere stato in possesso di quella chiave inglese e nega inoltre di aver posseduto un coltello a serramanico.

Dice che stava semplicemente passando in quella zona ed il cittadino italiano gli ha gridato dalla finestra di andarsene.

A questo punto il P.M. interviene per chiedere se ricorda di aver mai fornito degli alias, questi nega, allora il P.M. prende a nominarli tutti e l'imputato continua a negare punto per punto.

La scena spinge il giudice ad intervenire nella discussione enumerando tutti i suoi precedenti di polizia, l'imputato continua a negare tranne in un caso, conferma un suo precedente per stupefacenti.

P.M.: chiede convalida dell'arresto e custodia cautelare in carcere perché il soggetto, senza fissa dimora e lavoro, non può vivere che di reati.

LA DIFESA: non si oppone rimettendosi alla giustizia della corte.

IL GIUDICE: convalida l'arresto e, in relazione alla personalità del soggetto, alla sua pericolosità desunta dal suo essere senza una fissa dimora, senza un lavoro, con vari alias, circostanza che evidenzia la sua volontà di sottrarsi ad ogni controllo sociale, e con numerosi precedenti, dispone la misura della custodia in carcere.

Viene chiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritiene provata la responsabilità penale del soggetto, imputato di furto tentato (per il Fiorino), furto aggravato (per la chiave inglese sottratta dal furgone) e rapina (per le minacce rivolte al cittadino alla finestra), chiede pertanto condanna, considerata la continuazione dei reati, a un anno e due mesi di reclusione, senza la concessione dei benefici di legge.

LA DIFESA: chiede l'assoluzione dell'imputato, in subordine, considerato lo scarso valore della refurtiva, il minimo della pena, con la concessione della sospensione condizionale.

IL GIUDICE: dichiara il soggetto colpevole, condannandolo a 10 mesi di reclusione, considerata la continuazione dei reati, senza la concessione della sospensione condizionale della pena.

Processo n. 15
D.C. - evasione - difesa d'ufficio (49)

Altre imputazioni minori: false generalità e resistenza a P.U.

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che durante lo svolgimento del turno pomeridiano, notavano due persone e decidevano di procedere a controllo, al termine del quale li lasciavano andare.

Più precisamente il verbale d'arresto riferisce che il soggetto era stato fermato nel pomeriggio (ore 14:00) per un normale controllo, questi aveva allora detto di chiamarsi Maurizio C. e, interrogata la banca dati di polizia, non risultava avere precedenti.

I due, il soggetto era infatti in compagnia di un altro soggetto, calabrese, pluri-pregiudicato, venivano lasciati andare; tuttavia, afferma l'agente, ricordandosi di avere arrestato precedentemente uno dei due per furto, trovava strano che non risultasse alcun precedente di polizia a carico dello stesso, tentava così di rintracciarlo immediatamente, ma ormai era riuscito ad allontanarsi.

Afferma così di essere tornato in centrale e di aver proceduto il mattino successivo a verificare i suoi dati, rilevando così che il soggetto era tutt'ora agli arresti domiciliari per furto (50) e che la sua identità reale era diversa da quella rilasciata nel controllo in strada.

Questi veniva poi ritrovato in nottata (alle 00:05) "in compagnia di numerosi tossicodipendenti, unitamente ai soliti magrebini frequentatori della zona; questi nella circostanza vistosi evidentemente scoperto, si rifiutava di fornire le sue generalità, veniva così tratto in arresto per il reato di evasione e indagato in stato di libertà per il reato ex art. 651 c.p. ed ex art. 495 c.p." (51)

Il verbale d'arresto continua poi: "...la pericolosità del soggetto si evince dai numerosi precedenti di polizia a carico del nominato in oggetto, il suo status sociale, ovvero nullafacente, tossicodipendente, senza fissa dimora, lascia presumere abbia quale unica fonte di guadagno la perpetrazione di reati dello stesso genere.

È da evidenziare inoltre che il D.C. più volte evadeva dai suoi obblighi (era infatti agli arresti domiciliari), atteggiamento che palesa da parte del nominato la mancanza di rispetto di qualsiasi tipo di norma, nonché di quanto impostogli dall'autorità giudiziaria."

L'agente in aula conclude specificando che il soggetto, rifiutandosi di fornire le generalità, li ha costretti al rilevamento delle impronte digitali.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

D.C. (52) racconta di essere uscito di casa perché aveva bisogno di farmaci che prende abitualmente e, una volta fermato dall'agente, aver fornito false generalità per evitare problemi.

Su spunto della difesa chiarisce di essere tossicodipendente e di avere un programma terapeutico in corso, è infatti seguito dall'unità mobile del SERT, che gli fornisce il metadone.

P.M.: chiede la convalida dell'arresto e, sottolineando la reiterata violazione degli obblighi inerenti alla misura degli arresti domiciliari ed i precedenti del soggetto, la custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA: si rimette alla giustizia della corte per quello che concerne la convalida dell'arresto, sottolinea invece, in merito alla richiesta cautelare, come il programma terapeutico in corso renda necessaria una misura meno gravosa.

IL GIUDICE: convalida l'arresto, inoltre, in relazione alla personalità dell'imputato (con numerosi precedenti, anche gravi) ed alle circostanze del fatto (reiterata evasione, in un primo momento non è stato possibile, infatti, trarre in arresto il soggetto a causa delle false generalità che ha fornito), si ritiene presente il pericolo di reiterazione della condotta criminosa, dispone pertanto la custodia cautelare in carcere (53).

Viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.: pur sottolineando come il soggetto sia stato costretto ad uscire per ragioni che attengono al suo stato di tossicodipendenza, ritiene che non vi sia alcun dubbio sulla responsabilità del soggetto, chiede pertanto sei mesi di reclusione, tenuto conto della recidiva e della continuazione fra i reati ascritti.

LA DIFESA: non nega la responsabilità del soggetto, tuttavia in relazione al suo corretto comportamento ed al suo stato di tossicodipendente, chiede la concessione delle circostanze attenuanti generiche, in ogni caso una pena più contenuta, tralasciando di considerare la recidiva.

IL GIUDICE: Ritiene il soggetto, che ha anche confessato, responsabile dei reati ascrittigli, condannandolo a 5 mesi di reclusione, considerando i reati commessi in continuazione fra di loro.

La motivazione non fornirà alcun elemento significativo oltre ad una breve ricapitolazione dei fatti.

La difesa ha poi proposto appello, perché non sono state concesse le attenuanti generiche, le quali, considerando il suo stato di emarginazione dovuto alla tossicodipendenza, il suo corretto comportamento processuale, l'assenza di precedenti specifici, la modestia del fatto di reato e le motivazioni a delinquere (è uscito di casa perché in astinenza).

Inoltre chiede una pena meno eccessiva, considerando il programma che il soggetto ha in corso presso il SERT, per facilitare un tentativo di reinserimento del soggetto.

Processo n. 16
A.- stupefacenti - difesa d'ufficio- P.M. - III

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che passando per via (...) notava un soggetto extracomunitario parlare con dei tossici.

"Chiedo scusa lei dice così perché li conosceva personalmente?" subentra il giudice.

"Si, sono persone che vengono controllate in quelle zone." risponde l'agente.

"Conosciuti da voi come tossici?" insiste il giudice.

L'agente: "conosciuti personalmente no, ma si vedeva che erano...cioè, erano vestiti di sporco e cose varie."

"Allora diciamo a vostro parere." Conclude il giudice.

A questo punto, secondo il verbale d'arresto, il soggetto, notando l'arrivo degli agenti in divisa, avrebbe cercato di allontanarsi con passo veloce, seguito per un tratto dai due individui che, profferendogli parole da dietro, avrebbero poi svoltato per un'altra strada; agli agenti è stato possibile fermare solo il soggetto extracomunitario.

Bloccato questi avrebbe "...con mossa repentina (54)..." tentato di disfarsi di qualcosa gettandola sotto l'auto di servizio, oggetto che, recuperato, sarebbe risultato essere hashish, in cinque stecchette, per un totale di 6,5 g. (55)

Il soggetto non avendo documenti è stato tradotto in caserma e dai rilievi risulta che abbia parecchi alias e dei precedenti di polizia per il reato di spaccio.

Il verbale d'arresto si conclude, a giustificazione del provvedimento preso, con le seguenti parole: "...premesso quanto sopra ed in considerazione: del grave allarme sociale determinato nella giurisdizione dai reati pertinenti alla violazione della normativa sugli stupefacenti; della mancanza di una fissa dimora o residenza che ne faciliterebbe l'irreperibilità; della mancanza di un'attività lavorativa, che fanno ritenere che A. tragga regolare fonte di sostentamento da tale attività delittuosa; dalla mancanza di documenti attestanti l'identità personale, che ne caratterizzano lo stato di clandestinità sul territorio nazionale."

Su spunto della difesa, chiarisce che anche gli altri soggetti si davano alla fuga e, richiesto sul perché non avesse fermato anche gli altri presenti, l'agente afferma che gli veniva più comodo fermare il soggetto poi arrestato.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

A., nato in Algeria nel 1970, si dichiara senza fissa dimora, in cerca di un lavoro perché appena uscito dal carcere, afferma di essere in Italia dal 1992.

Risulta avere un precedente per stupefacenti e un procedimento pendente, sempre per stupefacenti (56), tutte circostanze evocate in aula su spunto del P.M., che sottolinea come si tratti di precedenti specifici.

Afferma che la sostanza rinvenutagli fosse frutto di un acquisto fatto dagli altri soggetti, gli italiani presenti all'arrivo della polizia ai quali avrebbe dato 60.000 Lire, con cui avrebbe avuto un diverbio.

Richiesto sulla provenienza dei soldi afferma di avere degli amici che l'aiutano.

P.M.: chiede la convalida dell'arresto, inoltre ritiene fuori di dubbio che la detenzione della sostanza fosse per finalità di spaccio, infatti il soggetto tentava la fuga alla vista degli agenti e i soggetti che lo attorniavano, tossicodipendenti, erano evidentemente in procinto di concludere un acquisto.

La sua versione risulterebbe inoltre smentita dal fatto che non possedeva soldi a sufficienza per acquistare quel quantitativo di sostanza.

Conclude chiedendo l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, in quanto i suoi precedenti e la sua situazione soggettiva, a (...) da cinque anni senza un lavoro, senza documenti, una fissa dimora, ci dicono tutto su di lui: egli spaccia per vivere.

LA DIFESA: si opponene alla convalida per l'assenza di flagranza del reato di spaccio, il carabiniere, infatti, a parere della difesa avrebbe lasciato ingiustificatamente allontanare gli altri soggetti presenti e, in ogni caso, non avrebbe assistito ad alcuno scambio di sostanza.

Inoltre, ad un esame attento del verbale, si può notare come la versione fornita dal soggetto arrestato possa essere verosimile, infatti, gli altri soggetti si allontanavano imprecando nei confronti dell'extracomunitario, il quale quindi probabilmente avrebbe voluto comprare la sostanza senza avere soldi a sufficienza.

In conseguenza di queste considerazioni, mancherebbero anche i gravi indizi di reità, quindi il presupposto per la misura cautelare.

IL GIUDICE: convalida l'arresto, inoltre, considerata la sua pericolosità, il fatto che tentasse la fuga provando anche a disfarsi della sostanza e che comunque risultando privo di un lavoro, di fonti lecite di sostentamento, non potrebbe che delinquere per vivere, dispone la custodia cautelare in carcere.

L'esito dell'udienza di convalida suscita le proteste dell'arrestato, circostanza che spazientisce parecchio il giudice.

La difesa chiede il rito abbreviato.

P.M.: ritiene provata la responsabilità del soggetto, il fumo diviso in stecchette, il suo tentativo di fuga...

Il quantitativo consentirebbe comunque il riconoscimento della fattispecie attenuata dell'art. 73 d.p.r. 309/1990, mentre i suoi precedenti escludono l'applicabilità di ogni beneficio di legge.

Chiede la condanna a mesi sei di reclusione, con 2.000.000 di multa.

LA DIFESA: chiede l'assoluzione perché non risulta provato il reato di spaccio, dal verbale, inoltre, risulta che anche gli altri soggetti si allontanavano correndo.

In subordine chiede l'applicazione del minimo edittale.

IL GIUDICE: dichiara l'imputato colpevole condannandolo a 6 mesi di reclusione, senza l'applicazione dei benefici di legge.

Nella motivazione il giudice chiarirà di non ritenere credibile la tesi riportata da A., il quale sostiene di avere acquistato la sostanza dagli italiani pagando 60.000 Lire che gli sarebbero state prestate da amici.

In primo luogo perché l'indicazione circa la provenienza del denaro è assolutamente generica, visto che egli aveva 20.000 Lire, inoltre non è credibile che con 40.000 Lire abbia acquistato quel quantitativo di sostanza, visti i prezzi correnti dell'hashish di quella qualità.

Ritiene concedibile il quinto comma dell'art. 73 d.p.r. 309/1990 perché il quantitativo rinvenuto è minimo e perché le modalità della vendita appaiono non professionali.

Attenuanti generiche e sospensione condizionale non sono concedibili a causa del precedente specifico del soggetto e per il suo pessimo comportamento processuale.

Processo n. 17
G.C. - stupefacenti - difesa di fiducia - G. - III. - IV

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che, nel pomeriggio, durante il servizio di osservazione della zona (...) (57), notavano l'arrestato che, con fare sospetto, confabulava e si scambiava qualcosa con un altro italiano. Presumendo che oggetto dello scambio fosse della sostanza stupefacente, decidevano di intervenire.

Fermavano così i due in possesso: uno (l'acquirente) di un quantitativo di hashish pari a 32 g. (58), l'altro (l'imputato) di 11,5 g. (59) e di soldi (60).

Lo scambio è meglio descritto dal verbale d'arresto, che utilizza queste parole: "...tirava fuori qualcosa dalla tasca destra dei pantaloni e la poneva nella mano destra dell'altro, prendendo in cambio del denaro riposto all'interno della tasca destra del giubbotto."

Il primo soggetto ha dichiarato di conoscere l'imputato e di aver acquistato la sostanza in questione per la cifra di 110.000 Lire, il verbale delle sommarie informazioni da questo rilasciate così si esprime: "...ammesso l'acquisto, il soggetto afferma di credere che l'arrestato avesse a sua volta comprato, qualche minuto prima, da un extracomunitario la sostanza.

Precisa inoltre che è la prima volta che G.C. gli vende hashish."

Nei confronti di questo soggetto è stata applicata la sanzione amministrativa prevista dall'art. 75 ex d.p.r. 309/1990.

Il verbale d'arresto si conclude con queste parole: "...per quanto sopra narrato, in considerazione de: la gravità del reato che suscita vivo allarme sociale nel contesto di questo centro; il pericolo di reiterazione dello stesso; l'ingente quantitativo di sostanza spacciata; l'ingente quantitativo di denaro rinvenuto; i precedenti penali dello stesso che, anche se non specifici, evidenziano la sua capacità a delinquere; il G.C viene tratto in arresto..."

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

G.C., italiano, nato in Emilia Romagna, abita con la famiglia, non ha un lavoro, anche se afferma di averne avuti in passato, come meccanico e come muratore, possiede la licenza media.

Dichiara di non essere tossicodipendente, ma di fumare qualche spinello.

Ammette gli addebiti, ma si giustifica dicendo di averlo fatto solo perché conosceva l'acquirente.

Richiesto sulla provenienza della sostanza, afferma di aver acquistato la sostanza da un extracomunitario in p.zza (...), la sera precedente al momento dell'arresto, ma afferma di averla acquistata per esclusivo uso personale.

Su spunto del giudice chiarisce poi che aveva acquistato un tale quantitativo di sostanza per fumare un'intera settimana e sottolinea di non essere uno spacciatore, dicendo che in questa circostanza aveva solo fatto un favore ad un amico.

Richiesto circa la provenienza dei soldi con cui ha acquistato la sostanza, sostiene di averli guadagnati lavorando, qualche giorno prima, come meccanico.

Il soggetto ha due precedenti condanne da scontare in libertà controllata, risalenti al 1999, presso il tribunale dei minori.

P.M.: chiede la convalida dell'arresto e in merito alla misura cautelare afferma che, nonostante la sua giovane età, i precedenti ci dicono che questi è un soggetto pericoloso, chiede pertanto la custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA: pur non opponendosi alla convalida, sottolinea che la giovane età dell'arrestato, "domani compie 19 anni", il fatto che la famiglia sia disposta ad accoglierlo in casa rimarcando il fatto che tutti lavorino in famiglia e che la sua sia solo una fase di transizione in attesa di trovare lavoro.

Conclude rilevando come la scarsa qualità della sostanza lasci presumere che l'arrestato l'abbia acquistata per poco e poi, richiesto dall'amico, l'abbia ceduta a titolo di favore. L'arrestato non sembrerebbe quindi uno dedito abitualmente a questo genere di attività.

Chiede pertanto la misura degli arresti domiciliari.

ll giudice: convalida l'arresto e, in relazione alla pericolosità del soggetto, desunta dai suoi precedenti, per i quali è stata applicata una misura attenuata in vista di una riabilitazione che non è avvenuta, ed al complessivo quantitativo di sostanza rinvenuto - 50 g. cioè 49 dosi medie giornaliere - che rende la versione del soggetto, il quale peraltro afferma di farne un uso saltuario, assolutamente improbabile, viste anche le sue condizioni economiche.

Dispone pertanto la misura degli arresti domiciliari.

Le parti a questo punto patteggiano arrivando a formulare una richiesta di applicazione della pena di 8 MESI di RECLUSIONE, considerando il fatto come fattispecie attenuata ex quinto comma dell'art. 73, ma il giudice rifiuta la richiesta di patteggiamento ritenendo non configurabile l'ipotesi attenuata del reato ex art. 73 d.p.r. 309/1990.

Rinvia (al 11.06.2001) pertanto ad altro giudice, visto che le parti non intendono riformulare la proposta.

UDIENZA DEL 11.06.2001, P.M. - IV

La difesa richiede il rito abbreviato.

P.M.: chiede la condanna del soggetto a dieci mesi di reclusione, con 600.000 Lire di multa.

LA DIFESA: producendo la prova del contratto d'assunzione del G.C., chiede la concessione del quinto comma ex art. 73 d.p.r. 309/1990, considerato lo scarso principio attivo della sostanza, chiede inoltre che venga disposta la sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare e venga concessa la sospensione condizionale della pena.

IL GIUDICE:ritenuto il quinto comma e le circostanze attenuanti generiche, condanna il soggetto alla pena di 2 anni di reclusione e 10.000.000 di multa, senza la concessione della sospensione condizionale della pena.

Nella motivazione il giudice chiarirà di avere concesso il quinto comma perché solo una parte della sostanza rinvenuta era effettivamente stata ceduta, mentre la restante parte appariva essere destinata al consumo personale.

Tuttavia vista la comunque ingente quantità, la pena può essere quantificata situandola verso la fascia più alta della previsione edittale.

Le attenuanti generiche vengono accordate per il corretto comportamento processuale.

La difesa ha poi proposto appello perché la pena comminata risulta eccessiva.

Processo n. 18
N.D.M. - furto - difeso d'ufficio - G. - V - P.M. - I

(la documentazione non è completa poiché il fascicolo risultava smarrito)

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che, durante il servizio di controllo del territorio, notava dall'auto un soggetto armeggiare con il lucchetto di una bicicletta.

Soggetto che, al suo immediato intervento, sarebbe stato trovato in possesso di una barretta di ferro sagomato, dei coltellini e un cacciavite.

Riferisce inoltre di avere poi tratto in caserma il soggetto che, privo di documenti, sarebbe, a seguito di fotosegnalamento, risultato con diversi precedenti di polizia.

Osserva in ultimo che la bici appariva di modesto valore.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

N. D. M., italiano, nato in Emilia Romagna, afferma di non avere precedenti il giudice a questo punto gli riferisce quali siano i suoi precedenti di polizia, questi risulta avere una segnalazione per stupefacenti ed una denuncia, di cui non era al corrente, fatta da sua zia.

Sostiene comunque di non avere precedenti penali.

In merito ai fatti ammette l'intenzione di rubare la bici. Il giudice gli chiede anche come mai si trovava in possesso di quegli strumenti, coltellini, la barretta di ferro, il cacciavite...non ottiene una risposta; sempre su spunto del giudice precisa di essere a (...) da due settimane, il soggetto afferma, infatti, di essere scappato di casa lasciando anche il lavoro.

In ultimo, ancora su domanda del giudice, che chiede al soggetto se è tossicodipendente, chiarisce di non esserlo abitualmente.

P.M.: sottolinea come il fatto risulti provato, quindi chiede la convalida; in merito alla richiesta cautelare ritiene che l'incensuratezza del soggetto induca a chiedere l'immediata liberazione.

LA DIFESA: Non si oppone alle richieste del P.M.

IL GIUDICE: convalida l'arresto e, in relazione alla misura cautelare ritiene che la scarsa pericolosità del soggetto e la lievità del fatto consentano l'immediata liberazione.

Viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritiene che, anche in relazione all'imputazione per detenzione di arma da taglio, la responsabilità del soggetto sia provata, anche perché ha confessato; chiede quindi, considerate equivalenti con l'aggravante dello "scasso" le attenuanti generiche, condanna a sei mesi di reclusione.

LA DIFESA: sottolineando la semplicità del caso e ritenendo che il soggetto, sposato, con un lavoro, appare "assolutamente normale", ritiene che il possesso del coltello, peraltro a lama corta, molto probabilmente è legale, chiede quindi una pena assestata sul minimo, con la concessione dei benefici di legge, in ragione della sua incensuratezza.

IL GIUDICE: dichiara il soggetto colpevole dei reati ascrittigli, condannandolo a 1 mese e 10 giorni di reclusione, per il reato di furto e per la detenzione d'arma da taglio, con la concessione dei benefici di legge.

Processo n. 19
Due donne rom - furto - difesa di fiducia - P.M. - IV

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che, fermato in strada da un cittadino che indicava le arrestate sostenendo di essere stato da loro derubato, ha proceduto al fermo delle due mentre si stavano per dare alla fuga, così trovandole in possesso di alcune banconote (61).

Queste, come affermò la vittima al momento di richiedere l'intervento degli agenti (e come risulterebbe dal verbale di denuncia), sono state sottratte una volta che il cittadino, costretto dalle insistenti offerte di vendita di un amuleto delle due, ha tirato fuori il portafoglio dandogli 10.000 Lire e, accortosi del fatto, cercava di ritenerle; le 10.000, poste sotto sequestro, sono infatti strappate.

Nei verbali d'arresto e di denuncia si specifica che la vittima sarebbe stata distratta e con destrezza gli sarebbero stati sfilati i soldi dal portafoglio e che le 10.000 si sono strappate a causa dell'azione di resistenza opposta dalla nomade all'italiano una volta che questi si era accorto del furto.

VIENE SENTITA V.

V., nata nel 1953, fornisce un domicilio, ha due precedenti per mendicità ed impiego di minori nell'accattonaggio (1994 e 1998).

Questa sostiene di avere semplicemente chiesto la carità all'italiano e che sia stato quest'ultimo a dargli spontaneamente le 300.000. e che, una volta cambiata idea, ha mandato la polizia.

Conclude dicendo che comunque lei non ha tentato neanche la fuga, essendosi fermata subito, non appena richiamata dagli agenti, negando sul punto quanto riferito dall'agente.

VIENE SENTITA G.

G., nata nel 1950, ha diversi precedenti per mendicità (1973, 1993 due, 1997, 1998), uno per impiego di minori nell'accattonaggio (1968) e per furto (1987).

Conferma la stessa versione riportata da V.

La circostanza indispettisce il giudice, il quale ribatte che la storia non è credibile, l'insistere dell'arrestata poi suscita vivaci reazioni di giubilo nell'aula, affollata da avvocati e agenti di polizia giudiziaria, il giudice allora: "...voi siete imputato, quindi potete dire quello che volete, però uno dovrebbe cercare di raccontare una storia un po' più credibile, voi pensate davvero che io creda a questa storia...?"

G. ribatte: "...ma noi non gli abbiamo fatto niente di male, lui ce li ha dati con le mani sue, lo può dire anche lui, non è che ce le siamo prese noi, ce le ha date con le mani sue, si può mettere anche la mano sulla coscienza..."

Il giudice allora conclude così la discussione: "...va bene, lei ha il diritto di difendersi."

P.M.: chiede la convalida dell'arresto, inoltre afferma di non essere convinto della veridicità della residenza dichiarata dalle arrestate, non essendo sufficientemente documentata.

Richiede quindi, per G, che ha precedenti, la custodia cautelare in carcere; mentre per V, sostiene possano bastare gli arresti domiciliari.

LA DIFESA: sottolinea come, fra le due, l'unica ad avere un precedente sia G, peraltro risalente a quattordici anni fa, imputazione per mendicità, fattispecie che non esiste più nell'attuale c.p.

Per quello che concerne la residenza delle arrestate, avendo queste i documenti, sostiene che si abbia comunque un'indicazione attendibile.

Chiede pertanto la liberazione delle stesse, anche perché il fatto appare essere di lieve entità e comunque del tutto isolato ed eccezionale, vista la risalenza dell'unico precedente, le due non sono da ritenere pericolose.

IL GIUDICE: convalida l'arresto, sottolineando la non credibilità della versione da queste sostenuta.

Ritenendo pericolose le imputate, la cui fonte di reddito parrebbe essere la mendicità, circostanza che renderebbe possibile in futuro altri fatti dello stesso genere (una è già pregiudicata per furto), dispone - ritenendo troppo gravosa la misura richiesta dal P.M. - l'obbligo di presentazione alla P.G.

Viene richiesto il termine a difesa, il giudice rinvia al 5.06.2001

udienza del 05.06.2001.

Le parti hanno poi patteggiato chiedendo l'applicazione della pena di quattro mesi di reclusione, con multa di 200.000, con l'attenuante ex art. 62 nº6 c.p., per aver prima del giudizio riparato interamente il danno.

IL GIUDICE: ritenendola congrua, applica la pena richiesta dalle parti di 4 mesi di reclusione, con multa di 200.000.

Processo n. 20
L.Z. - stupefacenti - difesa di fiducia (62) - P.M. - IV

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Venuto a conoscenza del fatto che in zona (...) una coppia, composta da un'italiana ed un extracomunitario, effettuava solitamente attività di spaccio, dice di essersi appostato a controllare i movimenti degli indiziati.

In particolare agli atti è allegato il verbale di acquisizione di notizia confidenziale (63) il quale letteralmente riferisce: "che il sottoscritto (l'agente verbalizzante) apprendeva da fonte confidenziale attendibile che all'interno dello stabile in via (...) abitavano una coppia composta da una donna italiana e un ragazzo extracomunitario, tunisino o marocchino, i quali spaccerebbero eroina prendendo le ordinazioni per mezzo dell'utenza cellulare n.(...).

La donna viene descritta come segue: corporatura grassa, capelli lunghi con la coda, castano scuri.

Il ragazzo viene descritto come segue: medio basso, carnagione olivastra, gira a bordo di uno scooter bordeaux.

Gli stessi venderebbero eroina al prezzo di 100.000 Lire al grammo."

Riferisce quindi che in un primo momento non sono riusciti ad intervenire, a riguardo è più precisa l'annotazione di P.G., la quale riferisce che: "...in data 01.06.2001, alle ore 19:000 veniva effettuato un servizio di O.C.P. finalizzato ad acquisire elementi per suffragare la notizia confidenziale acquisita circa il presunto reato di spaccio.

Veniva così notato il ragazzo segnalatoci andare via a bordo dello scooter bordeaux, arrivando in via (...) dove, scambiata qualcosa con un ragazzo di grossa statura si allontanava.

Non è stato possibile né prendere la targa, né fermare i due.

Seguito ulteriormente il ragazzo in ciclomotore è stato poi osservato scambiare, in un altro luogo, qualcos'altro con un individuo con una berlina di cui non è stato possibile, a causa della distanza individuare il numero di targa.

Successivamente si sarebbero perse le tracce del ragazzo in motorino."

Il giorno successivo, riferisce l'agente, appostati sotto casa di L.Z. la notavamo scendere in strada e salire a bordo di un fuori strada, subito seguito da un'auto civetta; in seguito sarebbe giunta un'autovettura alle spalle dell'auto du cui erano appostati gli agenti con a bordo L.Z. la quale veniva notata scambiare qualcosa con il conducente.

Procedeva così al fermo ed alla perquisizione dei soggetti, rinvenendo dello stupefacente, 0,5 g. di eroina (64), addosso al conducente (65); questi sarebbe poi stato escusso a sommarie informazioni ed avrebbe dichiarato quanto segue: "...preciso che da quattro anni faccio uso di sostanze stupefacenti del tipo eroina e che da due anni un mio conoscente, anche lui tossicodipendente, mi ha presentato un soggetto che io conosco con il nome di D.

Questi mi vendeva stupefacente tramite ordinazioni telefoniche dove lo stesso fissava l'appuntamento, il prezzo era di Lire 100.000 al grammo.

Dopo circa sei mesi, quando D. è stato arrestato, accadde che al posto di questo venne L.Z., da quel giorno ho cominciato ad acquistare stupefacente da entrambi, sempre telefonicamente e prendendo le ordinazioni o con l'una o con l'altro.

Conferma di avere acquistato nella circostanza eroina dall'arrestata prima di essere fermato dall P.G."

Durante quest'operazione veniva notato avvicinarsi l'extracomunitario a bordo del suo ciclomotore, che, resosi conto della situazione, riusciva a darsi alla fuga, nonostante un tentativo di inseguirlo.

Successivamente, su spunto del giudice, l'agente afferma di aver provveduto alla perquisizione dell'appartamento dell'arrestata, rinvenendovi altra sostanza stupefacente, 0,5 g. (66) di eroina, vestiti da uomo e alcune foto del cittadino extracomunitario, "che evidentemente convive con l'arrestata", dei soldi.

Nel verbale della perquisizione (67) si riferisce che: "...l'atto della perquisizione ha avuto esito positivo in quanto nascosto all'interno di un cuscino della poltrona presente nell'abitazione è stato rinvenuto un contenitore tipo porta rullini con all'interno una dose di sostanza stupefacente, 0,3 g. di eroina; Lire 2.371.000 nel cassetto di un comò; quattordici lettere indirizzate all'extracomunitario, quando era detenuto.

Quanto sopra è stato posto sotto sequestro in quanto profitto sicuramente di attività di spaccio di stupefacenti, L.Z. risulta infatti nullafacente.

È inoltre stato posto sotto sequestro un telefonino, che ha lo stesso numero segnalato nella notizia confidenziale ricevuta, probabilmente usato per prendere gli appuntamenti con i clienti; e cinque foto che ritraggono il soggetto extracomunitario."

Nel contenitore in cui è stata trovata la dose sono state rinvenute tracce di altra sostanza.

VIENE SENTITA L'ARRESTATA

L.Z., italiana nata nel 1965, richiesta su quando fosse stata l'ultima volta in carcere, afferma nel 1995, anche se il giudice sottolinea i diversi precedenti e le diverse pendenze (68).

A questo punto il giudice dice: "vuole dire qualcosa su questi soldi?"

E L.Z.: "si, è vero che ho ceduto una bustina di eroina a questo signore con la macchina, però lo conoscevo, diciamo, come in amicizia, però era la prima volta che gli cedevo eroina ecco."

Il giudice: "si, dicevo, quindi questi soldi sono suoi? Questi soldi che hanno trovato in casa, che provenienza hanno?"

L.Z.: "io ho lavorato tanto tempo in strada..."

Il giudice: "...ha lavorato scusi?"

L.Z.: "...in strada!"

Sostiene inoltre che la dose rinvenuta in casa fosse per esclusivo uso personale.

Conferma inoltre di essere tossicodipendente da dieci anni, ma di non essere in cura ultimamente.

Sempre su spunto del giudice chiarisce che l'altro soggetto, l'extracomunitario che è riuscito a fuggire, è il suo convivente, è ospite da lei perché è appena uscito dal carcere e non è tossicodipendente.

La difesa sottolinea, costringendo l'arrestata a ripersi, come si procurasse il denaro lavorando in strada.

P.M.:ritiene l'arresto legittimo, "la condotta dell'arrestata è inoltre tipica di chi spaccia".

Inoltre i suoi precedenti, specifici, ci dicono come questa sia un soggetto pericoloso per la collettività; sottolinea che la minima quantità di stupefacente rinvenuto non annulla tutto il peso dei precedenti.

Inoltre i soldi trovati provengono molto probabilmente dalla pregressa attività di spaccio, ciò evidenzia un forte pericolo di reiterazione del reato.

Chiede pertanto la custodia cautelare in carcere.

LA DIFESA: ritiene che l'episodio si possa comunque ritenere un episodio di micro-spaccio, rendendo quindi possibile la concessione del quinto comma.

Inoltre, anche se è vero che sono strati rinvenuti dei soldi nel suo appartamento, manca nello stesso ogni strumento atto in qualche maniera a preparare dosi in vista dello spaccio, ritiene pertanto che tali soldi non abbiano nulla a che fare con l'attività di spaccio.

I precedenti sono inoltre sufficientemente risalenti da poter indurre a ritenere misura idonea l'obbligo di presentazione alla P.G. o gli arresti domiciliari.

IL GIUDICE: convalida l'arresto, e, in relazione alle dichiarazioni dell'acquirente che ha affermato di essere un cliente abituale, ai numerosi precedenti, al suo status di tossicodipendente senza nessun programma terapeutico in corso, alla convivenza con uno straniero che potrebbe aver riattivato la pericolosità sociale del soggetto, dispone la misura la custodia in carcere.

Questo anche perché l'appartamento dell'arrestata appare come base dell'attività delittuosa, rendendo gli arresti domiciliari non idonei a soddisfare le esigenze cautelari.

Viene richiesto il rito abbreviato.

P.M.: ritenendo chiaro e provato il fatto, sottolinea come anche l'altro soggetto partecipasse all'attività di spaccio.

In casa dell'arrestata sono inoltre stati trovati, a parte la dose nascosta, altri contenitori con tracce di sostanza più del denaro contante.

Questo, posto che l'arrestata non lavora, proviene sicuramente dall'attività delittuosa, circostanza che sembrerebbe confermata dalle dichiarazioni dell'acquirente, il quale si professa un cliente abituale.

Chiede pertanto condanna a dieci mesi di reclusione, più 400.000 lire di multa, ritenendo non concedibili attenuanti generiche e sospensione condizionale.

Chiede anche la confisca del denaro rinvenuto nell'appartamento dell'arrestata.

LA DIFESA: ritiene che i fatti siano tranquillamente inquadrabili in un quinto comma, mentre sarebbero concedibili a partire dal buon comportamento processuale le attenuanti generiche.

In ogni caso sottolinea come non sia affatto provata la reiterazione della condotta.

In primo luogo perché e chiaro che le dichiarazioni dell'acquirente non siano molto attendibili, inoltre in rito abbreviato non sono mai dimostrabili.

In secondo luogo, in merito alla presunta attività delittuosa svolta in concorso con il convivente, il suo stato di tossicodipendenza...il suo status di disoccupata, sono circostanze che non arrivano a provare nulla se non condite di supposizioni.

L'unico fatto provato è il singolo episodio di spaccio, in relazione al quale chiede il minimo e le circostanze attenuanti generiche.

Chiede inoltre il dissequestro della somma di denaro ritrovata nell'appartamento

IL GIUDICE: dichiara l'imputata colpevole condannandola a 1 anno di reclusione e 4.400.000 di multa, ritenuto il quinto comma e le circostanze attenuanti generiche.

La motivazione, data in aula contestualmente alla lettura del dispositivo e trascritte a mano dagli ausiliari del giudice, è scritta con una calligrafia praticamente incomprensibile.

Processo n. 21
M.P. - furto - difesa d'ufficio - P.M. - IV

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che nel pomeriggio venivano chiamati da un cittadino che aveva fermato l'autore di un furto.

Questi sentite delle urla di una donna, vedeva poi correre verso di sé un ragazzo, il quale, una volta fermato, non ha opposto alcuna resistenza ed è stato riconosciuto poi dalla signora come autore del furto.

Il verbale d'arresto specifica che il soggetto veniva visto correre con una borsa in mano e, una volta bloccato, avrebbe riconsegnato immediatamente la borsetta alla legittima proprietaria.

Dalla borsetta non sarebbe stato sottratto nulla, come conferma la stessa vittima del reato nel verbale della denuncia.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

M.P., nato in Puglia nel 1978, fornisce anche un domicilio a (...).

In merito ai fatti ammette ogni addebito e dice di essersi fermato immediatamente, sottolineando così come non avesse tentato la fuga: "...quindi si è preso questa borsetta?" chiede il giudice

"Si, però mi sono fermato subito, l'ho subito ridata, perché non è da me fare queste cose." risponde M.P.

G.: "si è fermato quando l'ha bloccata questo signore però, giusto?"

M.: "no, sono...erano in tre, quattro ragazzi, uno...si, appena si sono...l'ho..."

G.: "no, questo lo dico per la cronaca diciamo, ecco, non è a lei...nel senso che lei è un ragazzo giovane...è la prima volta che viene arrestato?"

M.: "si, come no!"

G.: "allora come mai ha fatto questo colpo di testa?"

M.: "eh...senza soldi."

G.: "senza soldi...ma si possono fare tante cose diverse no? Come gli è venuta sta...?"

M.: "infatti oggi dovevo andare a lavorare..."

G.: "...doveva andare a lavorare? E dove?".

M.: "in una ditta di cinte...cinte per pantaloni"

G.: "e non poteva aspettare oggi per..."

M.: "è vero!"

G.: "lei però non deve ridere sa, perché è una cosa seria questa che..."

M.: "lo so dottore"

G.: "lei è stato arrestato e tutto il resto insomma.

Adesso non gliela faccio lunga, ma non è una cosa da ridere."

P.M.: chiede la convalida dell'arresto ed, in merito alla misura cautelare, sottolinea come i pur lievi, precedenti non consentano prognosi favorevoli.

Chiede pertanto l'obbligo di presentazione alla P.G.

LA DIFESA: sottolinea l'assenza di pericolosità del soggetto o altro requisito idoneo a fondare una richiesta cautelare, chiede pertanto la liberazione del soggetto.

IL GIUDICE: convalida l'arresto e ritiene che, in relazione alla pericolosità dell'imputato, al quale è concedibile la sospensione condizionale della pena, sia possibile concedere l'immediata liberazione.

Le parti hanno poi patteggiato una pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, con 300.000 di multa e sospensione condizionale.

IL GIUDICE: applica la pena di 5 mesi e 10 giorni di reclusione e 300.000 di multa e concessione del beneficio della sospensione condizionale della stessa.

Processo n. 22
V.V. - furto - difesa di fiducia - G. - I - P.M. - IV

(la documentazione non è completa poiché il fascicolo, non essendo stato convalidato l'arresto, si trovava al momento della terza fase della nostra ricerca in procura)

VIENE SENTITO L'AGENTE CHE HA OPERATO L'ARRESTO

Afferma che, la mattina del giorno precedente, si trovava, fuori servizio, al supermercato ed uscendo dallo stesso notava un soggetto che "con fare sospetto" scendeva dalla propria macchina.

Afferma, quindi, di aver così deciso di tenere sott'occhio l'individuo, il quale, tuttavia, riusciva nel giro di un minuto a scomparire dalla sua vista; riferisce poi di essere riuscito chinandosi ad individuare le sue scarpe ed, avvicinatosi, nel momento in cui gli chiese cosa stesse facendo, afferma di aver visto la targa dell'auto vicina a terra.

Conclude la relazione sottolineando i precedenti specifici del soggetto.

Su richiesta del P.M., che vorrebbe sapere se ha visto il soggetto asportare la targa posteriore del veicolo, precisa che mancava una delle viti che sostengono la targa attaccata alla macchina, ma di non aver visto il soggetto armeggiarvi.

A questo punto il P.M. vorrebbe dei chiarimenti circa i precedenti del soggetto, ma la difesa, appena percepito cosa interessava al P.M., è letteralmente sbottata, sottolineando con una veemenza mai vista in queste aule, che "il soggetto non ha assolutamente nessun precedente secondo il casellario giudiziale".

L'intervento costringe l'agente alla precisazione che trattasi di precedenti di polizia, "...e cosa vuol dire precedente di polizia?", controbatte la difesa, incalzando con domande sulla precisa collocazione nello spazio dei protagonisti della vicenda e su cosa esattamente voglia dire "con fare sospetto", domanda a cui il giudice intima all'agente di non rispondere.

L'escussione prosegue e l'agente, sempre su spunto della difesa, chiarisce che effettivamente avrebbe perso di vista il soggetto per circa un minuto, ma che cercando i suoi piedi fra le auto l'ha poi individuato subito.

A questo punto l'avvocato vorrebbe sapere se è possibile che il soggetto stesse cercando qualcosa, ma il giudice interrompe l'esame concedendo però un ultima domanda alla difesa.

L'agente così precisa che il soggetto, richiesto su cosa stesse facendo, ha risposto di essere li per urinare.

VIENE SENTITO IL SOGGETTO ARRESTATO

Il soggetto afferma di avere un lavoro e di non avere nessun precedente ne alcuna pendenza.

In merito ai fatti sostiene che durante il tragitto per recarsi da (...) a (...) la moglie lo ha costretto a fermarsi perché aveva avvertito un rumore strano provenire dalla parte posteriore dell'auto.

Sceso così dall'auto a controllare cosa fosse notava, che mancavano i tassellini della targa.

Così, afferma, di avere deciso di staccarli da un'altra targa, appunto quella che era a terra, cui si riferiva l'agente.

L'agente, continua, è venuto ad arrestarmi mentre cercavo il tassello per riattaccare la targa.

Richiesto dal P.M. sulla ragione per cui avrebbe detto di essere lì per urinare, afferma che, non essendosi questo qualificato, non ha sentito di dovere rendere conto ad alcuno.

Richiesto, ancora dal P.M., sul perché avesse agito sulla targa anteriore dell'auto in sosta, quando la targa che aveva problemi era una targa posteriore, l'arrestato risponde che era esattamente la stessa cosa.

P.M.: ritiene l'arresto legittimo, inoltre sottolinea come l'agente facesse riferimento alle segnalazioni a carico del soggetto, circostanza che ci dice che esistono dei precedenti di polizia a carico di questo soggetto, precedenti che vanno presi in considerazione.

Ritiene inoltre che la targa vista a terra dall'agente fosse stata posizionata dietro la ruota anteriore sinistra dell'auto per essere occultata.

Il fatto poi che il soggetto non lavori induce ad effettuare un prognosi sfavorevole, chiede pertanto la misura dell'obbligo di presentazione alla P.G.

LA DIFESA: iniziando con un'invocazione all'imparzialità della corte sottolinea come il tentato furto, o di un tassello di una targa "o di una targa, non è ancora chiaro", ha portato all'immediato arresto di un soggetto assolutamente incensurato, come fosse un comune criminale.

Afferma che il soggetto aveva semplicemente intenzione di risistemare la sua targa, e sottolinea l'assenza di alcuna prova dei fatti contestati, chiedendosi sulla base di quali elementi si pretenda di convalidare quest'arresto.

Sostiene che il reato è al limite da considerarsi tentato, oppure afferma potrebbe rientrare nella fattispecie ex art. 626 c.p., norma che non consentirebbe l'arresto.

Conclude affermando che non ha alcuna intenzione né di patteggiare né di chiedere il rito abbreviato, perché ritiene che oggi il suo lavoro consista nel dimostrare l'innocenza del suo assistito, che è ciò che corrisponde alla realtà dei fatti, siano essi più o meno credibili.

IL GIUDICE: sottolinea come nel caso in specie si trattasse di un reato per cui il codice di rito prevede l'arresto facoltativo, pertanto sarebbero stati necessari i presupposti della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, presupposti in concreto entrambi mancanti, pertanto non convalida l'arresto e restituisce gli atti al P.M.

Note

1. Dai documenti contenuti nel fascicolo risulta che il suo precedente al casellario giudiziale risale al 1979, per furto, vi è poi un salto fino al precedente successivo che risale al 1987, possesso ingiustificato d'armi, ancora quattro anni e poi comincia una serie infinita di precedenti, dai furti, preponderanti, all'invasione di edifici e il possesso ingiustificato di valori di bollo falsificati.

Ha poi un carico pendente presso lo stesso tribunale di Bologna e diverse segnalazioni e denunce.

2. A-V.

3. Dall'esame risulterà poi che questa possedeva il 44% di principio attivo, quindi, al netto, sarebbe quantificabile in 92,4 mg., una dose scarsa, secondo il criterio della tabella nº I ex d.m. nº 186/1990, che prevede 100 mg.

4. Dall'esame risulterà poi che questo possedeva il 4,4% di THC, quindi, al netto, sarebbe quantificabile in 33 mg., anche in questo caso neanche una dose, visto che il cit. d.m. del 1990 alla tabella II prevede per l'hashish 0,5 g.

5. Una carta d'identità rilasciata dal comune di Milano.

6. Queste segnalazioni si riferiscono al periodo precedente il rilascio del permesso di soggiorno da parte delle autorità italiane, quindi sono tutte risalenti a prima del 1996.

7. Per quel che concerne l'attività lavorativa del soggetto, il difensore produce copia di una busta paga dello stesso; per quello che riguarda il precedente giudiziario, si tratterebbe dell'arresto per stupefacenti che il soggetto avrebbe subito nel 1997.

8. A - I.

9. La quale avrebbe dato esito negativo e si sarebbe svolta, date le circostanze, senza difensore; peraltro il soggetto si è rifiutato di firmarne il verbale redatto dagli agenti.

10. Nel verbale d'arresto si fa riferimento solo ai segni sul collo riportati dalla vittima.

11. Nel precedente in questione il soggetto era stato identificato con le seguenti generalità: Abdo Kamal, nato in Algeria nel 1981.

12. Il tutto perseguito in un unico procedimento svoltosi presso il tribunale di Torino e conclusosi con una condanna a cinque mesi di reclusione, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

13. Questa circostanza risulterebbe effettivamente documentata nel verbale della denuncia effettuata dall'italiano, tuttavia non è stata evocata in aula durante l'audizione di agente e soggetto arrestato.

14. Sono stati in sostanza sequestrati tre confezioni di cellophane contenenti 0,9 g., 2,2 g. e 9,4 g. di cocaina, l'esame sulla sostanza chiarirà che questa possiede, rispettivamente, il 36,51%, 37,52%, 35,85% di principio attivo, per un totale di 0,3 - 0,8 - 3.4 g.

15. I precedenti del soggetto non erano fino a adesso stati evocati in aula, M.M. risulta averne uno per guida senza patente (1987), uno per emissione di assegno senza provvista (1993), uno per violazione degli obblighi del conducente in caso di incidente (1993) e in ultimo, quello cui si riferisce il giudice, un precedente per rapina (1993) in cui ha subito una condanna a tre anni di reclusione.

16. A - V, A - IV.

17. Che dall'esame tossicologico sarebbe risultata possedere il 40,7% di principio attivo, pari ad un quantitativo di 130 mg. di sostanza, poco più di una dose secondo la tabella ministeriale nº I.

18. Tutto posto sotto sequestro. In particolare sono state rinvenute 153.000 a Z.; 15.000 Lire e 200 Corone svedesi, ad A.

19. In quattro banconote da 10.000 Lire.

20. A - IV.

21. Consistenti, nello specifico, in due condanne definitive per furto, reato in entrambi i casi commesso in concorso con altre persone, risalenti al 1998; tre pendenze presso lo stesso tribunale di (...) e sotto altre generalità, per furto, lesioni personali, resistenza e oltraggio a P.U.; ha inoltre tutta una serie di precedenti di polizia, denuncie, fermi per identificazione, segnalazioni, un provvedimento d'espulsione, tutti con vari alias.

22. Tre condanne definitive per furto, tutte con altri nomi; una pendenza a (...), sempre per furto; diversi precedenti di polizia, tutti con altri nomi, per furto, ricettazione, stupefacenti, vari fermi per identificazione ed un provvedimento d'espulsione.

23. Riportando, come precisa il referto medico agli atti, una contusione emitoracica e la distorsione dell'anca, giudicate guaribili in dieci giorni.

24. Questa è stata poi posta sotto sequestro, ma, ne dal verbale di sequestro, ne dai verbali d'arresto e dalle relazioni di servizio, risulta che fosse rotta.

25. Il capo d'imputazione è, per lui, più nutrito, si prevedono, infatti, accanto alla rissa aggravata (art. 388 c.p.): lesioni personali (art. 582 c.p.) resistenza a P.U. (art. 337 c.p.) lesioni personali finalizzate alla resistenza a P.U. (582-585-576 nº2- 10 c.p.).

26. La relazione di servizio precisa che trattasi, secondo quanto accertato dal personale medico dell'ospedale, di trauma cranico facciale minore, con escoriazioni al volto e al cuoio capelluto, contusioni escoriate multiple, con una prognosi di sei giorni.

27. Sono due sentenze di condanna del tribunale di Benevento, risalenti al 1997 ed al 1999.

28. Riporta una contusione al ginocchio, con prognosi si cinque giorni.

29. La sostanza risulterà avere il 3,5% di THC, pari ad un peso di 0,7 g.

30. La sostanza risulterà avere il 5,4% di THC, pari ad un quantitativo di 193,3 mg., circa tre dosi secondo le tabelle ministeriali.

31. A tal proposito cita due sentenze della corte di cassazione: sez. 4º nº5083/1996; sez. 6º 14.06.1994.

32. A- IV.

33. Come riferisce lo stesso verbale d'arresto.

34. Il tutto è stato posto sotto sequestro, anche se il soggetto non ha voluto firmare il relativo verbale.

Non si è invece riuscititi a risalire al proprietario della bici, per la quale manca anche la denuncia di furto.

35. Condanne subite in Calabria per furto (1993); rapina, ricettazione, porto d'armi (1997); e ancora furto (2000) a Bologna.

36. Usufruisce dei servizi del SERT.

37. Nel verbale di sequestro.

38. Come si è detto appena sopra il soggetto aveva ottenuto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari, tuttavia sarà in seguito colto fuori di casa (cfr.: processo n. 15) e si vedrà, il 29.05.2001, ripristinare la custodia in carcere.

39. A - IV.

40. Riportando quanto riferito in proposito dal verbale d'arresto.

41. Il passo è letteralmente ripreso dal verbale d'arresto, l'agente ha senza variazioni riportato in aula la stessa frase.

42. L'espressione è tratta dal verbale d'arresto.

43. Rapina, furto, stupefacenti, oltraggio a P.U., tutte sentenze irrevocabili risalenti ad un periodo fra il 1993 ed il 1999.

Nel 2000 gli era inoltre stata applicata la misura di prevenzione dell'obbligo di soggiorno a Siracusa.

44. I passi sono tratti dal verbale d'udienza, nel verbale d'arresto si dice che il soggetto, sceso dall'auto era stato circondato per evitare azioni violente e avrebbe colpito l'agente "nel tentativo di divincolarsi".

L'annotazione di P.G. a riguardo riferisce esplicitamente che il colpo è stato inferto nel tentativo di darsi alla fuga.

45. Questo sarebbe stato perquisito e l'atto, il cui verbale è stato firmato dall'arrestato, ha dato esito negativo.

46. Dal verbale dell'atto di riconoscimento risulta che la signora lo riconosce all'80%, mentre riconosce pienamente l'auto rossa a bordo della quale è stato visto allontanarsi; il figlio ha invece riconosciuto al 100% il soggetto e l'auto dello stesso, anche perché aveva già notato che su questa vi era montato un porta pacchi.

47. Il referto medico chiarirà che il soggetto riporta un trauma toracico chiuso, giudicato guaribile in tre giorni.

48. È questo il primo momento in cui vengono in questione i precedenti del soggetto, il quale ha un precedente penale per stupefacenti (1996) e due denunce per furto (2001).

49. A - IV, difensore di fiducia di D. C. (vd. Processo nº 13), ha rifiutato l'incarico.

50. Al soggetto era stata sostituita la misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari il 06.04.2001 (vd. Processo nº 13).

51. Le parole sono quelle del verbale d'arresto.

52. Per le sue generalità vd. retro: processo nº 13.

53. Citando la recente modifica apportata dalla L. 128/2001, che consente di applicare la custodia in carcere anche oltre i limiti di pena previsti dal c.c.p. a riguardo.

54. Sono le parole usate dal verbale d'arresto.

55. La sostanza risulterà possedere il 5,5% di THC, pari ad un quantitativo di 0,3 g.

56. Risulta avere anche diversi precedenti di polizia: fermi per identificazione, stupefacenti ed ex art. 6 286/1998.

57. A riguardo così si esprime il verbale d'arresto: "gli scriventi (...) a seguito di idoneo servizio predisposto alla repressione del traffico di sostanze stupefacenti posto in essere da cittadini extracomunitari ed italiani, alle ore 16:00 si portavano in via (...), luogo notoriamente frequentato da spacciatori ed assuntori di stupefacenti, ove predisponevano idoneo servizio di osservazione".

58. Dall'esame risulterà avere il 5,78% di THC, pari ad un quantitativo di 17,9 g., pari a 36 dosi medie secondo il d.m. 186/1990.

59. Dall'esame risulterà che questa possedeva il 5,49% di THC, pari ad un quantitativo di 6,4 g., circa 12 dosi medie ex d.m. 186/1990.

60. Dal verbale d'arresto risultano essere Lire 110.000, trovate nella tasca destra del giubbotto; e Lire 250.000, trovate nella tasca posteriore dei pantaloni, dentro il portafoglio.

Il soggetto ha firmato il verbale di perquisizione che documenta quanto rinvenuto.

61. Per la precisione di sette banconote da 50.000.

62. A- I.

63. Redatto il 20.05.2001.

64. Dall'esame risulterà avere un principio attivo del 23,11%, pari ad un quantitativo di 0.098 g., cioè una dose, secondo la tabella nº I ex d.m. 186/1990.

65. La perquisizione su L.Z., il cui verbale è stato firmato dalla stessa, ha dato esito negativo.

66. L'agente in aula afferma di avere rinvenuto 0.5 g., ma dagli atti contenuti nel fascicolo risulta che la sostanza rinvenuta è pari a 0,3 g., dall'esame risulterà possedere il 22,44% di principio attivo, pari a 0.059g., cioè circa 0,6 dosi secondo il parametro del d.m. cit.

67. Peraltro non firmato dall'arrestata, che non è stata nemmeno assistita da un avvocato al momento dell'atto.

68. Risulta avere precedenti per porto d'armi (1993), spaccio (1994), furto (1995), contravvenzione al F.V.O.; e pendenze per furto, stupefacenti, contravvenzione al F.V.O., favoreggiamento.