ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

La donna deviante. La prostituzione coatta

Francesca Savia, 2007

1. Premessa

Con questa ricerca, ho tentato di ricostruire il fenomeno della tratta di donne a scopo di sfruttamento sessuale (1); attraverso le interviste di alcune ragazze che sono riuscite a sottrarsi a questo racket e di alcuni operatori del settore (assistenti sociali, mediatori culturali, volontari) mi sono soffermata in particolare sulle principali cause dell'ingresso delle ragazze in questo mondo, il reclutamento nei loro Paesi di provenienza, il viaggio che le ha portate in Italia, lo sfruttamento e le violenze cui sono state sottoposte ed infine le modalità con cui ne sono uscite. Mi sono poi interessata delle associazioni no profit che si occupano delle vittime della tratta, delle loro modalità di intervento, degli strumenti di cui dispongono e dei servizi che concretamente riescono ad offrire loro; in particolare ho cercato di ricostruire le difficoltà incontrate nell'utilizzo del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale previsto dall'articolo 18 del decreto legislativo 286/1998 (Testo Unico sull'immigrazione).

Le ragazze con cui ho potuto parlare personalmente sono di nazionalità rumena, bulgara, ucraina ed albanese (2), non ne ho incontrato invece di provenienti dall'Africa, sebbene la presenza in Italia soprattutto di nigeriane sia elevata, delle quali ho comunque ottenuto varie informazioni dagli operatori sociali e dalle altre ragazze con cui sono entrate in contatto, mentre discorso a parte va fatto per le lucciole cinesi delle quali nessuno sembra sapere niente. Le ragazze si sono dimostrate per lo più disponibili all'intervista, salvo alcuni casi in cui hanno accettato di parlare con me soltanto per fare un favore al direttore della struttura in cui sono ospitate e non senza tradire una certa ostilità nei miei confronti; in generale ho notato reazioni differenti alle mie domande, infatti, a fronte di alcune ragazze che mi hanno raccontato la loro storia senza alcun imbarazzo, altre hanno evidentemente provato dolore nel rivivere le loro esperienze sfogandosi in pianti o lunghi silenzi, per questo motivo in alcuni casi le mie domande sono state accurate, mentre in altri ho ascoltato più passivamente quello che si sentivano di dire. Fin dal primo incontro sono stata incoraggiata a chiarire che le mie domande erano funzionali ad un esame universitario e non ad un articolo di giornale e questo per due motivi, innanzitutto erano le stesse ragazze a chiedere chiarimenti in merito alla mia posizione ed in secondo luogo mi è stato spiegato che talvolta è possibile che una ragazza risponda alla stessa domanda in modi differenti a seconda che le sia posta per esempio da un poliziotto, da un magistrato, o da un giornalista (3).

Ho promesso ad alcune ragazze di non riportare nella mia relazione i loro nomi, neanche sotto forma di iniziali, pertanto non farò menzione neanche di quelli di coloro che mi avevano dato il loro consenso.

2. La tratta

Il primo dato che emerge dalle interviste è l'estrema complessità e varietà del fenomeno della prostituzione coatta. È infatti cosa diversa parlare di prostitute dell'est europeo e prostitute africane, oppure albanesi o cinesi, perché le caratteristiche comuni a questi fenomeni sono veramente circoscritte e le indicherei nella situazione di precarietà economica, se non vera e propria miseria, delle ragazze coinvolte e nella loro estrema debolezza psicologica; sono, invece, molto più numerosi gli elementi di diversificazione, tra cui sicuramente le ragioni personali che spingono alla prostituzione, le modalità di reclutamento, il tipo di aiuto che può loro concretamente pervenire, così come le prestazioni che esse offrono e la tipologia dei clienti che attirano.

Per quanto riguarda i fattori che hanno favorito l'ingresso delle ragazze nel trafficking, come dato comune è emersa la condizione di povertà in cui tutte le ragazze, nonché le loro famiglie, versavano nel loro Paese di provenienza, ma qui va fatta una prima distinzione tra ragazze 'nere' e 'bianche'. Nel primo caso, siamo di fronte ad una miseria totale, alla mancanza dei generi di sostentamento primario, di cibo, abitazioni, acqua e corrente; invece la povertà riportata dalle ragazze bianche non è così profonda, mi raccontano di provenire perlopiù da famiglie numerose in cui soltanto il padre lavora (come operaio o bracciante agricolo) ottenendo uno stipendio oscillante tra 150 e 75 euro al mese, ma quasi tutte hanno riferito di avere in casa una televisione; proprio quest'ultima ha giocato un ruolo fondamentale nelle storie di alcune ragazze, infatti, mi spiegano che in Romania e Albania si vedono i canali italiani e che i nostri programmi da un lato, inducono il sogno di una vita migliore fatta di 'veline', bei vestiti e soldi facili (4) e dall'altro mostrano come uniche immagini brutte quelle riferite agli immigrati e ai reati da essi commessi.

Un'altra profonda differenza tra bianche e nere la si coglie a livello di progetto migratorio, infatti, le ragazze africane arrivano in Italia con l'intento di lasciare per sempre il loro Paese d'origine, anzi, si prostituiscono proprio per ripagare il debito (5) contratto per scappare dalla miseria assoluta che le circonda e alla quale non vogliono categoricamente tornare, mentre per quanto riguarda le ragazze europee, nella maggior parte dei casi, chi lascia il proprio Paese lo fa pensando di farvi poi rientro (in tempi più o meno brevi) appena avrà un po' di denaro da portare a casa.

Anche per quanto riguarda il reclutamento delle ragazze ho rilevato modalità diverse: per quanto riguarda le ragazze dell'est, esso si caratterizza per essere sostanzialmente consensuale, infatti, tutte le intervistate sapevano che sarebbero venute in Italia per prostituirsi (anche se nessuna sapeva in che condizioni) ed hanno deciso di partire o dietro consiglio di un'amica, oppure in accordo col proprio protettore (per il quale spesso già lavoravano) con la promessa di passare pochi mesi in Italia per poi tornare a casa piene di soldi; è peculiare anche il loro modo di contemplare il magnaccia, infatti, spesso lo consideravano un vero e proprio manager, un benefattore che le stava salvando offrendogli una nuova vita, e non è infrequente che se ne siano innamorate. Diverso è il discorso per le ragazze albanesi, perché il loro reclutamento avviene prevalentemente attraverso la violenza fisica e l'inganno, queste ragazze, infatti, vengono spesso rapite dalle proprie case o per la strada, oppure sono attratte in Italia con la promessa di un impiego legale (come cameriera presso bar e alberghi, ballerina, eccetera) e poi sbattute in strada. Per quanto riguarda le nigeriane, invece, il reclutamento vede di frequente la partecipazione dei parenti della ragazza, infatti, di fronte alla miseria più nera e a nuclei familiari assai numerosi, spesso è la stessa famiglia a vendere una figlia o comunque ad immetterla sulla via della prostituzione per ottenere del denaro con cui andare avanti, così la maman (6) reclutatrice è di solito un'amica della stessa famiglia.

Comunque avvenga il reclutamento, appare costante la violenza psicologica cui le ragazze sono soggette una volta in Italia affinché non tentino di scappare, infatti, tutte le intervistate hanno riferito di aver subito minacce di ritorsioni nei confronti dei propri familiari; in tal senso per quanto riguarda le ragazze nigeriane un ruolo molto importante è giocato dal rito voodoo, esso è un rituale magico-religioso molto presente nella religione locale, anche in quella cattolica praticata in certe zone della Nigeria, che suggella l'accordo tra sfruttatrice e ragazza e va detto in proposito che, sebbene il rito abbia un valore indubbiamente simbolico, invece le rivalse che i parenti delle vittime subiscono sono cosa molto concreta; per quanto riguarda le altre ragazze bisogna sapere che appena arrivate in Italia sono sottoposte dagli sfruttatori ad un vero e proprio rito di iniziazione che si sostanzia nell'eventuale sottrazione del passaporto (7) così determinandone la condizione di illegalità, nello stupro di gruppo, nella consegna dei vestiti adatti alla 'professione' e proprio nel ricordare loro che sanno esattamente da dove vengono e, quindi, sanno esattamente dove andare a trovare i loro parenti nel caso in cui esse si sottraggono al loro controllo.

Le modalità di reclutamento ed il diverso grado di 'consenso' dato dalle vittime influiscono anche sulle modalità di sfruttamento delle stesse e sul controllo cui sono oggetto da parte degli sfruttatori; le ragazze nigeriane che sono in Italia per pagare il proprio debito non sono oggetto di controlli stretti, né per quanto riguarda i loro spostamenti, e possono dunque circolare liberamente (8) e decidere quando lavorare, né per quanto riguarda le somme che incassano ogni sera, perché, essendo nel loro interesse ripagare il proprio debito in tempi brevi, cercheranno da sole di ricavare quanto più possibile. Le altre ragazze, invece, sono sottoposte ad un controllo fisico molto forte: sono sorvegliate da pattuglie di sfruttatori in tutti i loro spostamenti, non possono decidere se, quanto e quando esercitare, non possono tornare a casa senza aver incassato una certa somma di denaro e non possono avere fidanzati o coltivare amicizie, perché ciò metterebbe a rischio la loro sudditanza nei confronti del magnaccia o della madame.

Per quanto riguarda il viaggio che conduce le ragazze in Italia, va detto che se i bacini di reclutamento sono indubbiamente i Paesi del sud e dell'est del mondo a causa della povertà estrema di alcune aree geografiche, delle diffuse guerre e delle condizioni sociali generalmente difficili, mentre i luoghi di destinazione sono i paesi occidentali, del c.d. benessere, in cui si registrano una scarsa considerazione per i "diversi da sé", la crisi delle relazioni tra i sessi e dove tutto può essere comprato (9), spesso però il viaggio comprende luoghi ulteriori, cioè Paesi che possono essere di mero transito o di permanenza temporanea prima di arrivare all'ultima destinazione (ad esempio l'Albania è da sempre terminale di raccolta di coloro che provengono dall'Asia) (10). Di questo aspetto, però, mi parlano prevalentemente gli operatori, perché le ragazze che ho intervistato sono tutte giunte direttamente in Italia senza tappe intermedie: le ragazze albanesi sono arrivate entrambe in gommone, prive di qualunque documento, durante la notte e nelle vicinanze di Bari, mentre le altre ragazze sono entrate in auto o in pullman dotate di passaporto (vero o falso), insieme o comunque scortate da uno degli sfruttatori o da una persona di fiducia di questi ultimi, inoltre quasi tutte sono rientrate in Italia dopo una o più espulsioni ed una è rientrata legalmente dopo l'ingresso della Romania nell'Unione Europea. Spesso vengono utilizzati visti turistici o religiosi (concessi soprattutto in occasione del Giubileo), rilasciati dall'Italia o altro Paese dell'Unione, che poi vengono lasciati scadere, oppure passaporti contraffatti procurati dalle associazioni criminali con estrema facilità.

Appena arrivate le ragazze sono sistemate in appartamenti o alberghi dove sono sottoposte al rito di iniziazione che ha lo scopo di renderle docili, quindi questo è il momento in cui capiscono che sono venute in Italia per prostituirsi oppure, se già lo sapevo, capiscono che lo faranno in condizioni di schiavitù. Nei giorni immediatamente successivi può accadere che le ragazze vengano spostate in altri luoghi, come una delle albanesi che da Bari viene portato a Bologna, ed è inoltre possibile che ciò avvenga di nuovo successivamente per ragioni varie, ad esempio perché le sfruttatore, sentendosi braccato dalle forze dell'ordine, decide di spostare altrove il suo business, oppure perché ha notato che la sua 'protetta' ed un cliente stanno legando troppo e opta per passarla ad un altro sfruttatore vendendola o barattandola con un'altra ragazza (11).

Sono sempre gli sfruttatori ad indicare alle ragazze il luogo della prostituzione, che si svolge prevalentemente in strada; in alcuni casi esse vengono accompagnate nel luogo prescelto direttamente dal proprio pappone o dalla madame;. Nella maggior parte dei casi però gli sfruttatori lasciano che le ragazze vadano da sole in strada, perché sono ragionevolmente convinti che queste non tenteranno di scappare e questa certezza deriva sia dalle minacce di ritorsioni nei confronti dei loro familiari continuamente intimate, nonché dal controllo che su di esse viene esercitato dalle altre ragazze con cui vivono. Riguardo a quest'ultimo aspetto, va detto che tra le ragazze sfruttate c'è molta tensione ed è difficile che s'instaurino rapporti di amicizia o di solidarietà per due motivi: se una ragazza dovesse scappare, allora l'ira degli sfruttatori sarebbe inevitabilmente riversata sulle altre ed inoltre è frequente che le ragazze cerchino di divenire la 'favorita' del pappone, per amore o semplicemente per essere trattate meno disumanamente. Questa tensione si conserva anche nel momento in cui riescono a sfuggire alle associazioni criminali e in effetti un certo nervosismo è emerso anche durante le interviste, le ragazze infatti non hanno accettato di parlarmi in presenza delle altre e se durante il colloquio una di loro si avvicinava o passava davanti alla nostra stanza, allora l'intervistata si zittiva immediatamente, magari ironizzando sull'effettiva necessità della compagna di trovarsi nei paraggi e reagendo talvolta anche in modo aggressivo. Tornando alle modalità di sfruttamento delle ragazze, anche per quanto riguarda gli orari di 'lavoro' sono competenti gli sfruttatori; la prostituzione avviene generalmente durante la notte (dalle 20.00 alle 4.00), infatti una sola ragazza mi ha riferito di essere stata costretta a prostituirsi anche di giorno; si lavora tutti i giorni della settimana (12) e non esistono giorni di festa, anzi, durante quelli che noi consideriamo tali le ragazze fanno solitamente turni più lunghi (l'esempio tipico è quello della notte di San Silvestro). Le ragazze sono costrette a prostituirsi anche se malate e nel periodo del ciclo mestruale (13) e gli operatori intervistati mi hanno riportato episodi di ragazze incinte costrette a prostituirsi finché ciò non diventava fisicamente impossibile, momento nel quale se n'è persa ogni traccia; tutto questo perché gli sfruttatori non hanno alcun interesse alla salute delle ragazze, innanzitutto perché essendo clandestine esse non hanno accesso ad alcun servizio sanitario e portarle in ospedale rappresenterebbe un rischio troppo alto (così nei casi più fortunati vengono portate in farmacia) ed inoltre esse sono 'merce' tutt'altro che rara, nel senso che le prostitute, oltre a rappresentare un business a costi molto ridotti, hanno per le associazioni criminali l'ulteriore vantaggio di essere beni facilmente sostituibili, perché il mondo è pieno di ragazze povere di cui approfittarsi.

Sono ancora i magnaccia a dare alle ragazze indicazioni (ordini) su quali clienti accettare, per esempio le ragazze sanno di non doversi intrattenere con uomini albanesi, perché questi ultimi usano non pagare le ragazze dopo il rapporto o persino rapirle per inserirle nel proprio giro personale; per questo alle ragazze viene detto di fare attenzione all'accento dei potenziali clienti, così da escludere i 'non italiani', ma il problema è che accanto a ragazze che parlano perfettamente l'italiano, perché magari lo hanno imparato dalla televisione o perché in Italia da diverso tempo, ve ne sono altre che lo parlano appena o che non lo capiscono affatto, per le quali, quindi, è praticamente impossibile distinguere la provenienza dei clienti dalla loro voce ed infatti una ragazza ucraina mi ha raccontato che il suo primo cliente (che lei presume fosse albanese) si è rifiutato di pagarla e l'ha violentata per poi scappare, provocandole così anche dei problemi col proprio magnaccia che l'aveva avvisata, ma che lei non aveva potuto riconoscere la sua nazionalità, perché non era "né nero, né cinese".

Alle ragazze è imposto di portare a casa una certa cifra di denaro tutte le sere (14), questi soldi vengono loro sottratti interamente, o quasi nei casi più fortunati, e se le ragazze non raggiungono l'ammontare stabilito la conseguenza è essere picchiate selvaggiamente; alla stessa conseguenza si giunge nel caso in cui lo sfruttatore si accorga, o sospetti, che la ragazza trattiene per sé dei soldi (15) ed in questo senso ogni sera il pappone usa tenere la conta dei preservativi riportati a casa da ciascuna lucciola.

3. I progetti di assistenza

L'uscita delle ragazze dal racket della prostituzione coatta si collega strettamente ai progetti di assistenza che sono previsti dalla legislazione nazionale e comunitaria e che sono portati avanti a livello locale da enti pubblici e associazioni no profit, perché senza questi chi è vittima di tratta nella sostanza non ha altra possibilità di sottrarsi alla condizione di sfruttamento. A tal proposito nel nostro ordinamento risulta essenziale lo strumento di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 286/1998 (Testo Unico sull'immigrazione) concernente il "soggiorno per motivi di protezione sociale"; per riassumerne il contenuto si ricorda innanzitutto che esso consente il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo, quindi si tratta di uno strumento dedicato agli stranieri irregolari (16), che può essere rilasciato a coloro che hanno subito violenza o sono stati sfruttati in modo grave in qualsiasi forma, quindi sia sessuale che lavorativa ed in generale criminale, indipendentemente dalle vicende giudiziarie del soggetto richiedente, quando esista un "pericolo grave e attuale" per l'incolumità dello stesso o dei suoi familiari; il permesso è rilasciato per 6 mesi, ma è rinnovabile fino ad un anno (o di più per motivi di giustizia) ed inoltre può essere convertito in un permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro. Altra caratteristica essenziale dell'istituto è poi la previsione di un doppio percorso per l'ottenimento del permesso, abbiamo infatti il percorso giudiziario (con denuncia dei propri sfruttatori) e quello sociale (senza denuncia); Tali percorsi sono alternativi e si seguirà quello sociale piuttosto che quello giudiziario a seconda che la situazione di violenza o grave sfruttamento sia accertata nel corso degli interventi degli enti che predispongono programmi di assistenza ed integrazione sociale, ovvero nel corso di operazioni di polizia o del procedimento penale sorto a seguito di denuncia dell'interessato per i delitti di cui all'art. 3 della legge Merlin o dell'art. 380 del c.p.p.; il percorso sociale risulta particolarmente importante, perché consente alle ragazze di rivolgersi direttamente agli enti e organizzazioni non governative con un approccio certamente più agevole e soprattutto meno traumatico di quello legato ad una denuncia alla Polizia.

Anche a livello di progetti di sostegno emergono una serie di differenziazioni rilevabili quanto alla gamma di servizi offerti, alle modalità di intervento, alle modalità di finanziamento, alla composizione delle persone che vi sono impegnate ed anche al tipo di utenti che vi si rivolge, ad esempio non tutte le associazioni con cui sono entrata in contatto si occupano direttamente di progetti ex articolo 18, in particolare di accompagnare le vittime del trafficking lungo tutto il percorso necessario per l'ottenimento del permesso di soggiorno, nel senso che si può notare una segmentazione del percorso stesso (si può parlare di una prima ed una seconda accoglienza) e non è detto che ogni ente offre l'intera gamma di servizi, dunque un'associazione può fornire l'iniziale sistema di protezione, ma non occuparsi poi dell'integrazione socio-economica ed in questo caso dopo una prima sistemazione le ragazze saranno indirizzate verso altre strutture.

Uno dei momenti più delicati è sicuramente quello del primo contatto delle lucciole con i servizi sociali; risulta che solo raramente sono le stesse ragazze a rivolgersi alle strutture presenti sul territorio (che a tal fine allestiscono centri di ascolto, drop-in center e spazi autogestiti), va infatti segnalato che spesso queste sono materialmente impossibilitate a raggiungere chi potrebbe fornir loro aiuto per vari motivi quali il controllo stringente cui sono sottoposte, la scarsa cultura sui propri diritti e sulle possibilità offerte dal nostro ordinamento, spesso accompagnate da un deficit più o meno marcato a livello linguistico, nonché il loro assoggettamento psicologico che le induce a ritenere di non avere altre possibilità che rimanere nel giro. Frequenti sono, invece, il caso in cui è un cliente che ha stretto con la lucciola un certo rapporto affettivo-sentimentale ad aiutarla a sottrarsi ai propri sfruttatori, così come quello in cui sono le forze dell'ordine a creare le condizioni di primo contatto (17), ma l'ipotesi più ricorrente risulta di certo quella in cui sono le stesse associazione di sostegno che raggiungono le ragazze attraverso le c.d. 'unità di strada'; si tratta di pattuglie mobili che si recano sui luoghi della prostituzione e, anche spacciandosi per potenziali clienti, offrono aiuto alle ragazze: in ogni macchina si trovano almeno due operatori, professionisti esperti in materia o più frequentemente volontari, tra cui preferibilmente una donna spesso ex lucciola che svolge la funzione di mediatrice culturale e rende più facile il contatto con la vittima. Le unità si interessano in primo luogo delle condizioni di salute delle ragazze offrendo loro cibo, preservativi e l'accompagnamento presso strutture pubbliche ospedaliere, si occupano, inoltre, di sensibilizzare le ragazze circa i rischi di malattie infettive sessualmente trasmissibili, quindi sull'importanza dell'uso del profilattico (18) e distribuiscono volantini recanti il numero verde e l'indirizzo degli sportelli di consulenza da contattare; le unità di strada sono inoltre pronte all'immediata presa in carico della ragazza, infatti se questa intendesse abbandonare la strada sarebbe immediatamente portata presso una struttura di prima accoglienza. Il lavoro delle pattuglie di strada (che operano talvolta ogni sera o in altri casi con frequenza più ridotta) può durare dei mesi, nel senso che è necessario molto tempo affinché le ragazze riescano a fidarsi degli operatori (anche perché spesso accade che un potenziale salvatore si riveli a sua volta uno sfruttatore che intende immetterle nel proprio giro d'affari), così le pattuglie spesso ricorrono a stratagemmi per guadagnarsi la loro fiducia, per esempio un operatore mi ha raccontato di aver convinto una ragazza a farsi assistere fingendosi un mago-veggente sfruttando allo scopo le informazioni su di essa e sul suo pappone raccolte dalla Polizia; inoltre, va detto che le recenti politiche adottate dal governo sul fronte della prostituzione, tra cui spicca il decreto Carfagna che ha introdotto il reato di prostituzione in luogo pubblico e la punibilità dei clienti, rendono sempre più difficile alle squadre mobili poter raggiungere le lucciole, infatti, di fronte a tali norme, le organizzazioni criminali stanno difendendo il proprio business spostando le prostitute in luoghi chiusi, così dimostrando di essere in grado di capire i cambiamenti e di intervenire immediatamente per allontanare ogni rischio per i propri introiti. Vorrei ancora segnalare che con riferimento alle ragazze nigeriane si riscontra una maggiore potenzialità di intervento delle associazioni di stampo cattolico, infatti qui la componente religiosa gioca un ruolo fondamentale per l'instaurarsi del rapporto fiduciario.

Comunque avvenga il contatto con l'ente assistenziale, il primo problema da affrontare è garantire alle ragazze protezione dai propri sfruttatori ed in questo senso esse sono sottoposte ad un primo colloquio funzionale a scegliere quale struttura di ospitalità si addica meglio alle loro esigenze. Le ragazze sono assegnate a strutture segrete (19) che sono deputate a gestire l'emergenza e sono chiamate case di prima accoglienza o di fuga, così come a comunità di rifugio, istituti religiosi ed anche ai centri di permanenza temporanea (CPT oggi Centri di identificazione ed espulsione CIE); raramente invece si utilizzano sistemazioni diverse e meno incentrate sul modello della comunità quali la permanenza in appartamenti da sole, con amici o con il partner (c.d. spazi intermedi), o ancora l'inserimento presso famiglie (20) e comunque il tipo di sistemazione varia anche a seconda della provenienza geografica delle ragazze, per esempio spesso le ragazze nigeriane si dimostrano poco adatte alla vita in comunità, dunque per loro verranno scelte sistemazioni alternative. Questa prima fase rappresenta un momento estremamente delicato, perché le ragazze devono affrontare un cambiamento totale di vita e l'essere catapultate da un giorno all'altro in una nuova realtà, anche per chi proviene da un contesto di sofferenza, è difficile e spesso risulta un'ulteriore violenza; è fondamentale che ciascuna ragazza sia portata a riflettere sul proprio percorso, ad ottenere una nuova percezione di sé, a riacquisire fiducia e gettare le basi di nuovi progetti (che poi saranno definiti nella seconda fase dell'accoglienza) e affinché ciò avvenga sono a lavoro una serie di mediatori culturali e psicologi (di solito presenti in modo fisso nella struttura). Alle ragazze viene fornito tutto quanto è necessario alla vita quindi, oltre ovviamente a vitto e alloggio, ricevono vestiti (si ricorda che sono spesso arrivate direttamente dalla strada) sigarette (21) e soprattutto assistenza sanitaria, giuridica e psicologica ed è loro richiesta una completa interruzione delle relazioni sociali precedenti (compresa quella con l'eventuale 'cliente salvatore'), pertanto sarà imposto loro un periodo iniziale di isolamento dall'esterno o comunque una serie di restrizioni quali il divieto di ricevere visite e di fare o ricevere telefonate, in particolare è precluso ogni contatto con l'ex pappone, poiché ciò potrebbe mettere a rischio anche la segretezza della casa di fuga a discapito di tutte quante le ragazze ospitate (22); Questa fase è anche deputata alla risocializzazione, infatti, le ragazze inserite in un contesto comunitario sono costrette a confrontarsi con le regole del vivere comune, in particolare con orari prestabiliti in cui alzarsi ed andare a dormire, in cui accedere alle mense, così come sono tenute a prendersi cura degli spazi comuni e privati e in generale a partecipare alla divisione dei compiti; è chiaro che più grandi sono le dimensioni della struttura, più rigide saranno le regole di condotta individuali e collettive da rispettare (il caso limite di certo è quello del CPT il cui ingresso è pattugliato dalla Polizia), anche se la rigidità può dipendere da precise scelte adottate dall'organizzazione ospitante (23); in effetti proprio questo regime così rigido può risultare causa di abbandono del programma, infatti, non sono rari i casi di ragazze tornate a prostituirsi perché nelle case di fuga si sentivano in carcere. Le ragazze sono libere di lasciare il programma di assistenza in ogni momento, ma se decidono di restare devono conformarsi alle regole o saranno oggetto di provvedimenti disciplinari che nei casi più gravi consisteranno nell'allontanamento dal centro. Altra problematica con cui le ragazze devono confrontarsi in questo primo momento è quella della mancanza di denaro, poiché spesso esse passano da una situazione in cui disponevano del necessario per mantenere qualcuno nel proprio Paese d'origine ad uno in cui non hanno alcun introito, infatti, se taluni enti prevedono l'erogazione di contributi nei loro confronti durante la seconda accoglienza, in cui le ragazze partecipano a corsi formativi e stage, solo in casi limitatissimi invece se ne prevedono nell'ambito della prima fase e comunque questa possibilità risulta riservata a coloro che accettano di denunciare i proprio sfruttatori.

La seconda fase dell'accoglienza è preordinata al rilascio del permesso ex articolo 18; non tutte le ragazze transitano dalle case di fuga alle strutture di secondo livello, infatti, perché ciò avvenga è necessario innanzitutto il possesso dei requisiti previsti dalla normativa (24), ma soprattutto bisogna precisare che sebbene l'articolo 18 sia espressamente rivolto anche a chi non può o non vuole denunciare, ed anzi questo è l'aspetto che ha reso la nostra norma celebre e fonte d'ispirazione nel mondo, nella realtà applicativa, specie in alcuni territori, le Questure si sono dimostrate restie a rilasciare il permesso senza ottenere in cambio la collaborazione giudiziaria da parte del soggetto interessato, cosicché si registrano casi in cui l'unica soluzione praticabile si sostanzia nel rimpatrio della ragazza. Un'altra condizione necessaria per accedere al secondo livello è che alla richiesta di permesso di soggiorno sia allegato il programma di assistenza e integrazione sociale, nonché l'adesione dell'interessata allo stesso, quest'ultimo è un aspetto da sottolineare in quanto avviene previa avvertenza specifica della revoca del permesso in caso di interruzione del programma o condotta incompatibile con le finalità dello stesso e a tal riguardo va detto che i casi più frequenti di revoca si hanno laddove le dichiarazioni rese dalla ex-lucciola si siano rivelate false nel corso delle connesse indagini o del processo, oppure dove si riscontri la non interruzione dei rapporti con gli sfruttatori che a volte si sostanzia nella prosecuzione della prostituzione in strada. Anche la carenza di posti letto disponibili, nonché spesso di fondi, impone alle associazioni di realizzare una certa selezione delle ragazze da inserire nei propri programmi, così da intervenire su chi in effetti ha la possibilità concreta di ottenere il permesso di soggiorno o comunque su ragazze il cui inserimento nelle strutture non si ponga già a priori come problematico, a tal proposito va detto che spesso tra le ragazze ospiti si genera una forte tensione, che può sfociare in vere e proprie risse, ed in particolare sono le ragazze nigeriane quelle che mostrano più difficoltà nella coabitazione specie con ragazze di nazionalità e cultura diversa e questo impone ad alcune associazioni di escluderle dai propri centri.

Il programma di integrazione sociale punta a permettere alle ragazze di riprendere il controllo delle proprie vite e, affinché esso risulti vincente, è necessario che sia il più possibile personalizzato, cioè modellato sulle caratteristiche di ogni singola ragazza (si ricorda che se alcune non parlano italiano ve ne sono alcune che nei loro Paesi di provenienza hanno ottenuto titoli equipollenti alle nostre lauree), dunque il programma deve essere pensato non tanto per le vittime, ma con le vittime e a tal fine le ragazze sono sottoposta ad una serie di colloqui tesi ad individuare il settore in cui intervenire (25). La formazione offerta comprende corsi di lingue, di informatica, corsi di lavori domestici e corsi professionali corredati da stage che sono spesso accompagnati dall'erogazione in favore delle ragazze di un gettone di presenza cioè un contributo giornaliero, talvolta più che altro simbolico ma che rappresenta una fonte di stimolo per le ragazze che vedono ripagato il proprio impegno.

L'introduzione nel mondo del lavoro avviene poi in modo graduale e assistito, infatti, ad ogni ragazza è assegnato un tutor di riferimento che in un primo momento potrà accompagnarla personalmente sul luogo di lavoro e successivamente realizzerà un monitoraggio sempre più discreto, perché le due esigenze opposte risultano quella di non far sentire la ragazza abbandonata a se stessa e quella di favorirne l'autonomia; i settori in cui le ragazze trovano occupazione sono principalmente quello dei lavori domestici (presso famiglie o strutture alberghiere) e dell'industria (come operaie non specializzate), dunque nel settore privato (26), ma i maggiori successi si registrano sicuramente nelle ipotesi di inserimenti 'protetti', cioè in cooperative create ad hoc, oppure nell'ambito della stessa associazione che ha preso le ragazze in carico, va detto infatti che sul lavoro le ragazze incontrano ogni giorno grandi difficoltà quali rispettare gli orari di lavoro, sentirsi giudicate dai colleghi o ricevere avances, pertanto è preferibile scegliere contesti in cui vi sia una maggiore disponibilità nei loro confronti.

3. Conclusioni

Il mio lavoro ha avuto inizio dalla definizione giuridica di tratta di persone che è contenuta nell'articolo 3 del Protocollo Addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata firmata a Palermo nel dicembre 2000 (27), salvo poi rendermi conto che ci sono importanti aspetti del fenomeno che da questa non emergono a pieno e che si possono cogliere solo dalle parole di chi con la tratta è costantemente a contatto. L'aspetto che mi ha maggiormente colpita è quello dei danni psicologici prodotti in chi ne è oggetto, infatti, i segni che la tratta lascia impressi nelle sue vittime non si vedono solo nelle cicatrici di frequente presenti sul corpo delle ragazze e nella loro costante mancanza di fiducia negli altri ed in se stesse, ma soprattutto nel convivere in loro di una estrema sensibilità che si mescola ad una aggressività e ad un disinteresse verso tutto quello che le circonda, tutti aspetti che nelle interviste si sono sovrapposti.

Quanto alle possibilità di intervento la mia opinione è che ci sia molto da fare soprattutto a livello culturale; la società percepisce le prostitute di strada solo come offesa alla coscienza comune, esse infatti rappresentano la parte sporca e morbosa del sesso, l'indecenza, la mancanza di moralità ed una concreta fonte di pericolo visto che sono causa del diffondersi di malattie, che non possono attirare altro che devianti e che sono contornate da fenomeni criminali come lo spaccio di droga. Quello che invece sfugge all'opinione comune, ma evidentemente anche alle Questure ed al legislatore, è che chi si prostituisce in strada non lo fa mai in condizione di libertà, nel senso che in strada si trovano solo ragazze quantomeno sfruttate (se non vere e proprie schiave), perché le organizzazioni criminali che col business del sesso 'fatturano' milioni di euro ogni anno, non lasciano a nessuno restare in strada senza cedere loro parte (gran parte) del proprio compenso (28); coloro che decidono liberamente di vendere il proprio corpo non si trovano sulle strade, ma operano nei propri appartamenti o magari in alberghi, mentre in strada si è comunque nelle mani di qualcuno. Se questo è vero, allora anche uno strumento di enorme valore quale l'articolo 18 del TUIM sarà vanificato se non sarà accompagnato da un profondo ripensamento del significato e del senso dell'intervento: esso deve esser spostato a monte per colpire non le prostitute che sono soltanto vittime, bensì gli sfruttatori, mentre l'approccio nei confronti delle lucciole non deve essere repressivo, ma assistenziale.

Note

1. E' bene però precisare che il trafficking in human beings non coinvolge soltanto le donne, ma anche uomini e bambini ed inoltre non esiste solo la tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma ve ne sono altre forme, delle quali si parla meno, basti pensare a quella rivolta allo sfruttamento sui luoghi di lavoro, ai cataloghi di mogli per matrimoni per l'ottenimento della cittadinanza, alla servitù domestica, al traffico di neonati, al traffico di minori destinati all'accattonaggio ed al traffico di organi.

2. Precisamente tre ragazze rumene, una bulgara, due ucraine e due albanesi.

3. Si sa che è normale enfatizzare alcuni aspetti a preferenza di altri a seconda dell'interlocutore ed in generale del contesto di riferimento, quindi credo che si volesse alludere al fatto che talvolta le ragazze mentono per farsi accettare nelle strutture di accoglienza o nei programmi di reinserimento, oppure lo fanno pensando di accontentare gli inquirenti.

4. Non si deve però cadere nell'errore di ritenere che le ragazze giungano in Italia con l'intento diventare ricche e famose, perché nella maggior parte dei casi quello che sognano è piuttosto avere una bella casa con giardino e tendine alle finestre, un marito e dei figli.

5. Si tratta dei costi sostenuti per ottenere un passaporto, per il viaggio e magari per corrompere la polizia di frontiera; l'ammontare è variabile, ma si tratta comunque di varie decine di migliaia di euro.

6. Maman è il termine africano per madame e si tratta di una donna, spesso ex prostituta, che si affilia agli sfruttatori.

7. Ovviamente nel caso in cui le ragazze ne siano in possesso.

8. Questa libertà ha un prezzo però nel momento in cui richiedono il rilascio del permesso ex articolo 18, è infatti frequente che venga loro obiettato che avrebbero potuto scappare o rivolgersi ad una stazione di Polizia, perché non erano nella impossibilità di sottrarsi al controllo dei propri sfruttatori.

9. Sono quindi i Paesi in cui la domanda sostiene l'offerta.

10. Si dice infatti che il fenomeno del trafficking abbia non solo una dimensione internazionale, ma anche transnazionale, in quanto non solo coinvolge più Stati, ma richiede necessariamente che le organizzazioni criminali coinvolte, di diverse etnie e presenti su vari territori, si colleghino e collaborino tra loro.

11. A tal fine vengono organizzate vere e proprie aste.

12. Qualche volta la domenica sono esentate dai papponi in segno della propria 'generosità'.

13. Aumentando così rischio di contagio di malattie sessualmente trasmissibili.

14. Cifra che tende ad aumentare costantemente.

15. La violenza fisica è la conseguenza di qualsiasi comportamento non gradito agli sfruttatori ed in realtà le ragazze vengono spesso picchiate senza alcuna ragione nel quadro di una precisa strategia di annientamento della personalità della vittima.

16. La legge 17/2007 ha integrato la previsione originaria rendendola applicabile anche ai cittadini comunitari, così separando la possibilità di partecipare a programmi di protezione sociale dalla necessità del permesso di soggiorno e risolvendo i problemi emersi con riferimento soprattutto alle ragazze rumene che dal 1 gennaio 2007, essendo la Romania entrata nell'Unione Europea, non avevano più necessità del permesso di soggiorno.

17. Statisticamente però questi sono i casi in cui si registra più frequentemente l'abbandono dal programma di protezione, anche perché le ragazze percepiscono la Polizia come ostile, sia perché nei propri Paesi d'origine essa è spesso corrotta dalle stesse organizzazioni criminali, sia perché gli sfruttatori alimentano questa paura per scoraggiare qualsiasi tentativo di richiesta d'aiuto.

18. L'ignoranza al riguardo è ancora diffusissima, ma, contrariamente a quanto si pensa comunemente, non sono le ragazze nigeriane a non conoscere i rischi del sesso non protetto, bensì soprattutto le rumene per un motivo storico preciso: mentre in Africa sono da tempo presenti missionari e associazione umanitarie che sensibilizzano al riguardo, Ceauşescu durante il suo regime ha vietato l'insegnamento dell'educazione sessuale, ogni forma di contraccezione e pratica abortiva nell'intento di costruire una nazione di lavoratori e tale impostazione culturale è rimasta anche dopo la caduta della sua dittatura. In questo senso gli operatori riportano le vicende di ragazze che per esempio asseriscono di non correre alcun rischio di contagio o di gravidanza in quanto durante i rapporti non provano piacere.

19. La prima struttura che ho visitato disponeva di un sistema di riconoscimento delle impronte digitali all'ingresso e sono quasi certa che non abbiamo sbagliato due volte strada per caso, anche perché il viaggio di andata è durato quaranta minuti e quello di ritorno non più di dieci.

20. Quest'ultima tipologia è scarsamente utilizzata per la scarsa disponibilità di posti letto, salvo il caso delle associazioni di stampo religioso che possono contare sulla disponibilità dei fedeli.

21. Questo non ovunque, ma comunque con l'intento di far loro sentire meno la privazione.

22. Il pericolo è così rilevante che spesso si registrano allontanamenti delle ragazze che abbiano violato tale divieto.

23. Presso una struttura ritengono fortemente educativo imporre il rispetto del limite del misurino di detersivo per il bucato che non può tassativamente essere superato.

24. Cfr. il "pericolo grave ed attuale".

25. Ovviamente tanto più è elevato il numero di persone ospitate in un centro, tanto sarà minore il tempo che può essere riservato ad ognuna e meno sarà personalizzato il programma.

26. Ove si otterranno sgravi fiscali.

27. Il quale denomina tratta "il reclutamento, trasporto, trasferimento, l'ospitare o accogliere persone tramite l'impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite dare o ricevere somme di denaro vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l'asservimento o il prelievo di organi".

28. Vi sono casi in cui le ragazze fingono di essere sfruttate da qualcuno per essere lasciate in pace.