ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo 2
Il Comitato per i Minori Stranieri e il Servizio Sociale Internazionale: competenze e funzioni

Giulia Martini, 2007

2.1 La nascita e le attività del Comitato

Il Comitato per la Tutela dei Minori viene istituito nel 1994 con il compito di monitorare gli interventi di solidarietà, proposti da soggetti pubblici o privati quali amministrazioni cittadine, scuole, parrocchie, associazioni, nell'ambito di programmi solidaristici internazionali rivolti ai minori non accompagnati, attivati per consentire loro periodi di soggiorno presso famiglie italiane, generalmente di durata non superiore a novanta giorni. Si può citare, a titolo d'esempio, l'accoglienza dei bambini di Cernobyl che ancora oggi viene promossa da numerose associazioni.

Il Comitato, inoltre, coordinava le strutture interessate e coinvolte in tali iniziative - Ambasciate, Consolati, Prefetture, Questure, Centri di polizia di frontiera, Tribunali per i Minorenni e le relative Procure della Repubblica - per stabilire un dialogo tra loro ed una rete di controlli quanto più possibile puntuali e completi. All'inizio di ogni anno il Comitato provvedeva a diramare le disposizioni sugli adempimenti necessari per l'ingresso e il soggiorno temporaneo di minori non accompagnati dai genitori o da legali rappresentanti. Anche se questi compiti possono sembrare limitati, è utile ricordare che il flusso dei minori inclusi in progetti di solidarietà seguiti dal Comitato era consistente (1).

A partire dal 1998, il Dipartimento degli Affari Sociali della

Presidenza del Consiglio dei Ministri (d'ora in poi, per brevità, D.A.S. (2)) ha ampliato le competenze del Comitato per i Minori a seguito del parere del Consiglio di Stato del 30.7.1997 che istitutiva a carico dei Comuni l'onere dell'assistenza dei minori non accompagnati individuati nel proprio territorio, modificando una procedura che assegnava tale compito al Ministero dell'Interno. Il Consiglio di Stato, seguendo il principio di non discriminazione, ha affermato che le spese per l'accoglienza per i minori stranieri ricadevano sui bilanci dei comuni così come quelle per i minori italiani. Così spetta ad ogni comune la responsabilità di gestione della materia riguardante i minori non accompagnati secondo proprie modalità. La risposta delle istituzioni locali è apparsa abbastanza confusa, spesso anche contraddittoria al suo interno. A tale frammentazione territoriale non corrispondeva un organismo centrale a livello nazionale (3).

Proprio nella seconda parte degli anni novanta, con un incremento degli arrivi soprattutto provenienti dall'area balcanica, la presenza dei minori stranieri non accompagnati diventa visibile e con essa il timore che una politica d'accoglienza potesse alimentare flussi migratori clandestini.

In questo nuovo contesto, con l'art. 31 della legge n. 40/98 sono delegati nuovi compiti riguardanti i minori non accompagnati al Comitato che viene contestualmente rinominato "Comitato per i Minori Stranieri". Il T.U. n. 286/98, così come modificato dal Decreto Legislativo n. 113/99, e il Regolamento del Comitato per i Minori Stranieri definiscono composizione e competenze di tale apparato.

Il Comitato per i Minori Stranieri, istituito inizialmente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ora operativo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è composto da nove rappresentanti:

  • uno del Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri (4);
  • uno del Ministero degli Affari Esteri;
  • uno del Ministero dell'Interno;
  • uno del Ministero della Giustizia;
  • due dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (A.N.C.I.);
  • uno dell'Unione delle Province Italiane (U.P.I.);
  • due delle organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia e dei minori non accompagnati (5).

Per ogni membro effettivo è nominato un supplente. Il Comitato è preseduto dal rappresentante del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (6).

In seguito all'emanazione della legge n. 189/02 che al Capo II contiene le disposizioni in materia di asilo, pur rimanendo invariato il numero dei componenti, entra come membro permanente del Comitato il rappresentante dell'A.C.N.U.R. - Roma e, di conseguenza, si riduce ad uno il numero dei rappresentanti delle associazioni che si occupano delle problematiche dei minori e della famiglia (7).

Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 113/99, le competenze del Comitato per i Minori Stranieri non si riferiscono più soltanto ai "minori accolti" cioè a quei minori inseriti in programmi solidaristici di accoglienza temporanea, ma anche ai "minori presenti non accompagnati". In generale, il Comitato è istituito al fine di tutelare i diritti di questi minori, in conformità delle disposizioni enunciate della Convenzione sui Diritti del Fanciullo di New York.

A questo fine:

  1. vigila sulle modalità di soggiorno dei minori;
  2. coopera e si raccorda con le amministrazioni interessate;
  3. delibera, (...) previa adeguata valutazione, secondo criteri determinati, in ordine alle richieste provenienti da enti, associazioni o famiglie italiane, per l'ingresso di minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, nonché per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;
  4. provvede all'istituzione e alla tenuta dell'elenco dei minori accolti nell'ambito delle iniziative di cui alla lettera c);
  5. accerta lo status di minore straniero non accompagnato (...) sulla base delle informazioni [ottenute];
  6. svolge compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori presenti non accompagnati, anche nei loro Paesi d'origine o in paesi terzi, avvalendosi a tal fine della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali; può proporre infine al D.A.S. di stipulare apposite convenzioni con gli organismi predetti;
  7. in base alle informazioni ottenute, può adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unità familiare (...) il provvedimento (...) di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati; (...)
  8. provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati (8).

E' necessario sottolineare che la formalizzazione delle competenze aggiuntive del Comitato ha avuto un iter inconsueto e ha determinato una sovrapposizione di norme diverse ed in contrasto fra loro. In particolare, la disciplina dettata dalla legge n. 184/83, come modificata dalla legge n. 476/98, esprime una scelta di piena tutela giurisdizionale attraverso la segnalazione dell'ingresso di un minore nel territorio dello Stato, al di fuori delle ipotesi consentite, al Tribunale per i Minorenni che, valutata la situazione, può scegliere se applicare provvedimenti di protezione, qualora ne sussistano i presupposti, o promuovere il rimpatrio assistito (9). Inoltre, è prevista l'applicazione degli istituti di tutela disciplinati per il minore italiano al minore straniero in stato di abbandono (10). Da tale normativa emerge l'attribuzione esclusiva all'Autorità Giudiziaria minorile della competenza sul trattamento del minore straniero non accompagnato in Italia e sulle soluzioni da adottare nei suoi confronti.

In senso contrario si pone, invece, la previsione normativa dell'art. 5 del Decreto Legislativo n. 113/99 che attribuisce in via esclusiva al Comitato per i Minori Stranieri il potere di stabilire le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, del rimpatrio assistito e del loro ricongiungimento con la famiglia d'origine, senza indicazione dei criteri per tali attività, relegando la funzione del Tribunale per i minorenni al rilascio del nulla-osta nei casi in cui sia instaurato a carico del minore un procedimento giurisdizionale, senza alcuna possibilità di intervento sospensivo qualora il rimpatrio non sia nel superiore interesse del minore (11).

E' stato evidenziato come

la delega "a cascata" contenuta nell'art. 47 comma 2 della legge n. 40/98 e dall'art. 5 D. Lgs.vo n. 113/99, rimandando ad un regolamento amministrativo la disciplina applicabile ai minori, viola tale riserva di legge. In realtà anche tale regolamento effettua un'ulteriore delega, demandando a una circolare del Presidente del comitato la definizione dei criteri che devono essere considerati nella valutazione della situazione concreta dei minori e, quindi, nell'adozione dei provvedimenti di rimpatrio, ricongiungimento o accoglienza dei minori (12).

Dall'analisi delle fonti normative emerge, quindi, lo slittamento della competenza su ogni questione che riguarda i minori stranieri non accompagnati dall'autorità giudiziaria, deputata specificamente alla tutela dei minori, ad un organo amministrativo. Ciò consente snellimento delle procedure e discrezionalità nel filtrare l'ingresso e la regolare permanenza dei minori (13).

Considerato che l'espulsione dello straniero adulto ed il rimpatrio assistito del minore sono provvedimenti che si fondano su presupposti e motivazioni diverse e antitetiche, l'uno, sulla reazione-sanzione dello stato in seguito alla violazione delle norme previste per l'ingresso e il soggiorno dei cittadini stranieri, l'altro sulla tutela del superiore interesse del minore, soggetto bisognoso di protezione (14); nell'applicazione pratica entrambi comportano una limitazione della libertà personale.

Con riferimento alla fase esecutiva del provvedimento, infatti, è stabilito che la modalità ordinaria di esecuzione dell'espulsione amministrativa consiste nell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (15) mentre nel caso del rimpatrio si sono riscontrati casi di esecuzione coattiva di tale provvedimento ad opera della autorità di pubblica sicurezza contro la volontà del minore.

In tal senso si pongono i dubbi di legittimità costituzionale sulle competenze attribuite al Comitato sollevati da Paolo Bonetti secondo cui,

poiché è evidente che il "rimpatrio assistito" è un provvedimento limitativo della libertà personale del minore, in base alle riserve di legge e di giurisdizione previste dall'art. 13 Cost. per tale tipo di provvedimenti, esso potrebbe essere disposto soltanto con provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria (e non su decisione di un'autorità amministrativa come il comitato per i minori stranieri) e soltanto nei casi e nei modi previsti dalla legge (e non nei casi previsti da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) (16).

Ad oggi, nessuno ha sollecitato la Corte Costituzionale a pronunciarsi sull'illegittimità della procedura e sugli esiti del trasferimento di competenze sui minori non accompagnati da un organo giudiziario ad uno amministrativo anche dopo la pronuncia della Corte che ha censurato la legge Bossi-Fini proprio sul fatto che la

procedura prevista dal comma 5 bis dell'art. 13 [del T.U. n. 286/98] non prevede che il cittadino straniero interessato venga ascoltato da parte dell'autorità giudiziaria prima di essere accompagnato alla frontiera e, soprattutto, sulla circostanza che l'art. 13, comma 5 bis [del T.U. n. 286/98] non prevede che, qualora si accerti la carenza dei presupposti idonei a giustificare l'accompagnamento coattivo oppure se la convalida da parte del Tribunale non intervenga entro 48 ore dalla comunicazione da parte del Questore, il provvedimento che dispone l'accompagnamento alla frontiera possa essere revocato e perda così efficacia (17).

Con questa pronuncia la Corte ha ritenuto che l'esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera prima della convalida dell'autorità giudiziaria, vanifichi le garanzie costituzionali previste dall'art. 13 co. 2 Cost., che vieta che una persona possa subire misure restrittive della propria libertà personale senza un adeguato controllo da parte di un'autorità giudiziaria (18).

Precedentemente la Corte Costituzionale aveva già chiarito che

l'accompagnamento inerisce alla materia regolata dall'articolo 13 della Costituzione, in quanto presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica, per costante giurisprudenza costituzionale, le restrizioni della libertà personale e che vale a differenziarle dalle misure incidenti solo sulla libertà di circolazione (19).

Dalle pronunce e dalle riflessioni espresse sopra, risulta chiara la necessarietà del controllo dell'autorità giudiziaria anche per i provvedimenti di rimpatrio emessi dal Comitato.

Inoltre, la circostanza che la valutazione dell'interesse del minore sia demandata a un'autorità amministrativa, la cui attività deve ispirarsi istituzionalmente ai principi di buona amministrazione, ha suscitato ulteriori perplessità. Moyerson e Tarzia sottolineano che

l'autorità amministrativa non può considerare in via esclusiva o preminente l'interesse del minore, come invece prescrivono i principi costituzionali e le convenzioni ratificate dall'Italia, dovendo invece ispirare la propria attività anche ai principi di "buona amministrazione" che le impongono di tenere in considerazione i vari interessi dell'amministrazione compresi quelli dei rapporti con gli altri Stati e quelli economici degli enti locali che si fanno carico dei minori (20).

Da più parti sono giunte sollecitazioni affinché la decisione sul rimpatrio venisse deferita ad un organo che fosse indipendente dal governo (21), caratterizzato da un approccio multidisciplinare per la tutela dei minori. Il riferimento è al Tribunale per i minorenni che già delibera in merito ai casi d'espulsione dei minori nelle tassative ipotesi previste dalla legge (22).

Osserva Milanese come

un organo amministrativo si trov[i] nella presunzione di avere un potere superiore a quello giurisdizionale del tribunale per i minorenni, in una materia che invece non dovrebbe competergli quale quella della valutazione sull'interesse da considerarsi superiore in una posizione di conflitto. Nel nostro sistema, infatti, i conflitti tra diritti contrapposti vengono risolti dalla giurisdizione, non dal potere arbitrario dell'amministrazione. (...) [Attualmente] il potere giurisdizionale [è] relega[to] a una verifica di natura tecnica, su eventuali procedimenti in corso, che di per sé sminuisce la funzione del tribunale per i minorenni cui spetterebbe, invece, proprio nel campo dei minori non accompagnati, una valutazione generale sulle superiori esigenze degli stessi tesa a dirimere l'eventuale conflitto con interessi contrapposti a garanzia delle norme del diritto interno e internazionale (23).

Nella pronuncia della Corte d'Appello di Torino è ribadita l'assenza di

un automatismo espulsivo dei minorenni stranieri che si trovano in Italia, ma essendo in gioco dei diritti deve essere l'autorità giudiziaria minorile (il Tribunale per i Minorenni o il giudice tutelare, secondo le regole di distribuzione delle rispettive competenze) a valutare e deliberare se un minorenne straniero debba rimanere in Italia con un affidamento a chi ne abbia avuto cura ovvero se corrisponda meglio al suo interesse un rimpatrio assistito presso le persone che hanno su di lui autorità (rimpatrio curato nelle sue modalità tecniche dal Comitato per i minori stranieri costituito recentemente a Roma a questo scopo) (24).

La Corte afferma la mancanza di un "automatismo espulsivo" dei minorenni stranieri che si trovano in Italia; la prevalenza del procedimento e della decisione giurisdizionale sul procedimento e sulla decisione amministrativa di competenza del Comitato per i minori stranieri, cui la Corte assegna un ruolo prettamente tecnico nell'esecuzione del rimpatrio.

Ulteriori critiche sono venute in riferimento alla riserva di legge che l'art. 10 comma 2 della Costituzione stabilisce per la definizione della condizione giuridica dello straniero. Tale riserva di legge non può essere elusa in toto devolvendo la disciplina della materia da parte di norme secondarie perché

scopo della norma costituzionale è esattamente quello di impedire che la condizione giuridica degli stranieri sia regolata mediante provvedimenti di natura amministrativa (25).

2.2 Il ruolo del Comitato nel rimpatrio assistito

2.2.1 Le linee guida del 2001

Il Comitato per i Minori Stranieri si riunisce per la prima volta il 7 marzo 2000 e fin da subito si delineano numerose problematiche. In primis la scarsa chiarezza del testo legislativo che ha portato, come già ricordato (26), ad un ampliamento dei poteri di questo Comitato concepito con una funzione diversa. Inoltre, l'organo è composto dalle stesse persone che si occupano ed organizzano i programmi di accoglienza temporanea e questo può comportare una dispersione delle risorse.

Il primo Presidente del Comitato, prof. Vercellone, era intervenuto in più occasioni (27), per chiarire quali erano i compiti del Comitato, differenziandoli da quelli delle autorità giudiziarie minorili. La segnalazione del minore non accompagnato al Comitato era sempre necessaria ai fini del censimento e poteva anche essere finalizzata alla richiesta di rimpatrio assistito. Tale richiesta avrebbe dovuto esser fatta solo nei casi in cui si ritenesse che il rimpatrio sarebbe stato nel superiore interesse del minore stesso. Il Presidente aveva sottolineato anche che il minore, in linea generale, ha diritto a restare in Italia, dato che la legge stabilisce che è inespellibile e che l'unico organo competente a disporre il rimpatrio assistito è il Comitato.

Da queste dichiarazioni emerge, quindi, che il rimpatrio assistito era considerato un'eccezione, da realizzare solo quando l'inserimento del minore nella società italiana non era avvenuto e, soprattutto, su richiesta dei servizi di assistenza decentrati con il consenso del minore. Tale consenso al rimpatrio doveva risultare da una dichiarazione dallo stesso sottoscritta o da un verbale da cui risultasse che era stato sentito. Vengono, quindi, esclusi sia la valutazione a livello centrale, da parte del Comitato, sull'opportunità di disporre il rimpatrio, sia la possibilità di procedere al rimpatrio in mancanza del consenso del minore.

In seguito all'emanazione della Circolare del Ministero dell'Interno del 13.11.2000 (28), vengono pubblicate nel gennaio 2001, le linee guida del Comitato (29).

Nel precisare i compiti del Comitato nei confronti dei minori non accompagnati, viene specificato che

di fronte al caso del minorenne "solitario" entrato clandestinamente nel territorio dello Stato (tecnicamente connotato dall'espressione "minore presente non accompagnato"), la legge non prevede che ci si debba occupare di lui a tempo indeterminato né, d'altra parte, che lo si debba trattare come ogni altro clandestino, e quindi allontanarlo dal territorio nazionale nei modi previsti per tutti coloro che vi fanno ingresso senza autorizzazione.

Occorre adottare un trattamento differenziato, applicabile soltanto ai minorenni che versano in questa condizione. Tale trattamento consiste nel "rimpatrio assistito" previsto dall'art. 33 co. 2 bis del T.U. n. 286/98. L'applicazione di questo istituto è di competenza esclusiva del Comitato per i Minori Stranieri (30).

Il documento prosegue individuando le ipotesi in cui dovrà essere disposto il rimpatrio e indicando le attività che dovranno essere svolte dalle autorità che verranno a contatto con il minore. Il rimpatrio sarà sempre disposto su richiesta del genitore o del tutore e qualora venga accertato che i motivi dell'immigrazione del minore non sono condivisi dai parenti (fuga da casa ...). Secondo queste indicazioni, se i genitori o il tutore non "reclamano" il figlio o sono d'accordo con il suo progetto migratorio, il Comitato non dovrebbe disporre il rimpatrio.

Sulla cultura albanese mi soffermerò più avanti (31), qui basti ricordare che nella maggioranza dei casi è proprio la famiglia che attribuisce al minore lo status di agente di sviluppo della famiglia medesima e che investe nel suo progetto migratorio.

Per quanto riguarda le attività, esse sono volte all'accertamento dell'identità e dell'età del minore, alla conoscenza di informazioni sulla famiglia, sulle ragioni del suo ingresso in Italia, sul suo trascorso e su progetti futuri, anche rispetto all'ipotesi di rimpatrio. Infine, con riferimento alla Convenzione di New York, viene statuita l'accoglienza del minore che "non dovrà limitarsi al mero mantenimento o alla sola ospitalità", ma dovrà comprendere "le cure necessarie, l'istruzione, la formazione, lo sport". Tuttavia, è precisato che il periodo di permanenza in Italia deve essere inteso come temporaneo in vista, ove ne ricorrano le condizioni, del rimpatrio assistito.

Per poter procedere al rimpatrio il Comitato deve:

  • valutare, caso per caso, che questo sia nell'interesse concreto del minore. A tal fine, saranno valutati i risultati delle indagini svolte nel paese d'origine o in un paese terzo e delle condizioni d'accoglienza nel nostro paese oltre che di eventuali percorsi scolastici e formativi intrapresi. Sono, quindi, esclusi rimpatri generalizzati e disposti in modo automatico;
  • verificare che risulti l'opinione del minore in merito. L'audizione del minore non è di competenza del Comitato ma è riservata all'autorità locale che deve indicare anche le motivazioni del consenso o del dissenso;
  • informarsi, in ogni caso, presso il Tribunale per i Minorenni del luogo di dimora del minore in Italia di eventuali procedure in corso per ottenere il necessario nulla osta previsto dalla legge (32);
  • essere informato dei casi di minori coinvolti in situazioni di sfruttamento, violenza e riduzione in schiavitù ai quali è stato rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ai sensi dell'art. 18 del T.U. n. 286/98 (33).

Il Comitato precisa ancora che il rimpatrio dovrà essere effettuato in modo davvero "assistito" (34) anche al momento del rientro nel paese d'origine e a tal fine saranno stipulate Convenzioni con organizzazioni specializzate per "consentire condizioni ottimali che potranno anche comprendere l'avvio del minorenne a percorsi di studio e formativi nel paese d'origine".

Questo è, in sintesi, il contenuto delle linee guida che al proprio interno non prevede alcun tipo di controllo né sulle scelte effettuate di accoglienza o rimpatrio del minore, né, in generale sull'attività svolta dal Comitato.

Il prof. Vercellone si astenne dalla votazione e si dimise il 7 febbraio 2001 inviando una lettera all'Associazione Italiana per i minorenni e per la famiglia nella quale spiegava le ragioni della sua decisione (35). Le critiche mosse dal primo presidente alle linee approvate, proposte dal Ministero degli Esteri e dell'Interno, erano dirette al fatto che il rimpatrio era diventato quasi la regola e l'obbligo di segnalazione del minore da parte di chiunque lo incontrasse era volto non all'assistenza e all'aiuto del minore stesso, ma al suo potenziale rimpatrio assistito.

2.2.2 Le linee guida del 2003

In seguito all'emanazione della legge n. 189/02, che ha ridefinito composizione e competenze del Comitato per i Minori Stranieri, sono state pubblicate nel 2003 le linee guida di intervento e le correlate disposizioni di attuazione, precedute da una nota del Comitato dell'ottobre 2002, successivamente trasfusa in circolare ministeriale (36).

Tale nota viene predisposta per fornire le prime indicazioni interpretative dell'art 25 della legge n. 189/02 che integra, e non modifica, le disposizioni normative previste dal T.U. n. 286/98 e dal D.P.C.M. n. 535/99. La procedura è, dunque, la seguente: al momento della segnalazione sul territorio, viene concesso al minore un permesso di soggiorno per minore età. Tale permesso, secondo quanto previsto dalla Circolare del Ministero dell'Interno del 9 aprile 2001, ha carattere temporaneo per il periodo necessario all'espletamento delle indagini familiari e all'organizzazione del rimpatrio assistito.

Se le indagini familiari avviate dal Comitato verificano la possibilità di rientro del minore straniero nel Paese di origine, il Comitato stesso emette un provvedimento di rimpatrio assistito ed il minore sarà ricongiunto, con progetti specifici di inserimento, alla propria famiglia. Se dalle indagini emerge, invece, che non è opportuno procedere al rimpatrio, il Comitato emetterà un provvedimento sulla base del quale il Giudice tutelare o il Tribunale per i Minorenni affiderà il minore ai sensi della legge n. 183/84. Contestualmente verrà avviato nei confronti del minore un progetto di integrazione sociale e civile della durata minima di due anni.

L'anomalia di tale previsione si ravvisa nel sottomettere l'attività giudiziaria e conseguentemente i giudici, alle decisioni adottate dal Comitato finalizzate a disporre l'affidamento del minore non accompagnato ai sensi della legge n. 183/84.

Afferma Turri,

come non vedere in questa proposizione una violazione dell'art. 101 della Costituzione, che assoggetta i giudici soltanto alla legge? Come non vedervi pure il vulnus al sistema costituzionale di divisione dei poteri, che assegna all'amministrazione il potere di provvedere in conformità alla legge ed al giudice quello di verificare che tale conformità sia osservata nel caso concreto? Da quando in qua il giudice esegue le decisioni dell'amministrazione emanando disposizioni conseguenti? (37)

Al raggiungimento della maggiore età del minore, sarà compito del Comitato valutare e verificare che il progetto di integrazione nei confronti del minore sia stato realizzato da un ente iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (38). L'ente gestore ha l'onere di provare con idonea documentazione la presenza del minore sul territorio da non meno di tre anni, lo svolgimento di attività lavorativa e la disponibilità di un alloggio (39).

Solo se il Comitato esprimerà parere positivo sul progetto, il permesso di soggiorno del minore potrà essere modificato in uno per motivi di studio o di lavoro, subordinato o autonomo.

La nota conclude con il rinvio a successive integrazioni che sfoceranno nell'emanazione delle linee guida. A tali linee è stata allegata la modulistica, predisposta dal Comitato al fine di uniformare ulteriormente la procedura, "da inviare agli enti interessati al fenomeno per lo svolgimento dei compiti di relativa competenza" (40).

Ho ritenuto utile, ai fini della migliore comprensione delle procedure e per una riflessione su quella che Gabriella Petti definisce efficacemente "la burocrazia del minore" (41), riportare la modulistica che richiamerò nell'analisi del testo (42).

Nel documento viene inizialmente ripetuta la definizione di minore straniero non accompagnato, già presente nel D.P.C.M. n. 535/99, e vengono indicati i tre elementi che caratterizzano tale minore:

  • non è un richiedente asilo;
  • è un non accompagnato;
  • è un minorenne.

Per quanto riguarda il primo punto, il Comitato ritiene necessario che i minori siano informati del loro eventuale diritto di chiedere asilo in Italia. Per questo il Comitato si avvale dell'A.C.N.U.R. come membro del Comitato stesso e richiede che tale informazione sia necessariamente presente e dettagliata nella compilazione della scheda relativa alle "Altre Informazioni" (scheda D).

Al Comitato spetta l'accertamento dello status di minore non accompagnato. Tale accertamento avviene sulla base delle informazioni "fornite dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblico servizio" e sulla base della verifica dell'identità del minore da parte dell'autorità di pubblica sicurezza (43), senza che sia necessario interpellare l'autorità giudiziaria competente. Sono di competenza del Comitato i minori affidati ai servizi sociali dei comuni e quelli affidati a connazionali, mentre sono esclusi da tale competenza i minori accompagnati dai genitori o affidati a parenti entro il terzo grado. Tali informazioni sono contenute nella "Scheda Censimentaria" (scheda A) che è funzionale alla segnalazione del minore e al suo contestuale censimento da parte del Comitato.

La scheda concernente le "Informazioni sulle modalità di soggiorno" (scheda B) è utilizzata per informare il Comitato delle modalità di soggiorno del minore, le attività formative e/o paraformative che svolge o ha svolto. E' nuovamente sottolineato che il soggiorno del minore "deve essere inteso come un soggiorno temporaneo, per il tempo necessario per l'espletamento delle indagini familiari, in vista di un possibile ricongiungimento coi propri familiari" (44).

Una volta stabilita la condizione di "non accompagnato", il Comitato si attiva per promuovere le indagini familiari nel paese d'origine o in un paese terzo al fine di verificare la sussistenza delle condizioni per un rientro in patria o meno. Le informazioni, il più possibile dettagliate, devono essere comunicate al Comitato mediante la scheda relativa alle "Informazioni per l'avvio delle indagini familiari e l'organizzazione dell'eventuale rimpatrio assistito" (scheda C). Per la ricerca, il contatto con la famiglia e lo svolgimento delle indagini il Comitato sia avvale della collaborazione di organismi internazionali e O.N.G. che si occupano anche del rimpatrio del minore e dei progetti finalizzati al suo inserimento sociale in loco.

Sulla base di tali indagini, il Comitato può disporre il rimpatrio assistito, previa compilazione della scheda contenente "Altre Informazioni" (scheda D).

Tutte le informazioni che il Comitato riceve sul minore, comprese nelle schede di rilevazione di cui sopra, sono di "seconda mano" dato che la compilazione di tali schede è demandata ai servizi sociali degli enti locali. Emblematico è il caso dell'accertamento dell'opinione del minore in merito al rimpatrio dove, ancora una volta, non è l'organo interessato a provvedervi ma sempre i servizi sociali, con tutte le problematiche relative all'interpretazione stessa della volontà del minore (45). Infatti, nonostante la previsione dell'art. 7 del regolamento del Comitato stabilisca che nel corso del procedimento è necessario "sentire" il minore - in applicazione del diritto di partecipazione del minore ad ogni decisione che lo riguarda ex art. 12 della Convenzione di New York (46) - l'opinione del minore non è affatto tenuta in considerazione, soprattutto se contraria al rimpatrio (47).

Nella normativa non esiste alcuna disposizione che dia indicazioni su come gestire il rimpatrio in presenza di un'opposizione da parte del minore. Il consenso del minore non è necessario per disporre il rimpatrio in quanto "il diritto alla partecipazione non equivale al diritto alla autodeterminazione" (48).

Sono quindi disattese le garanzie previste a tutela del minore dalla normativa internazionale e recepite nel nostro ordinamento. Le linee guida in oggetto, infatti, dopo un formale richiamo ai principi contenuti nella Convenzione O.N.U., si limitano ad affermare che il rimpatrio del minore straniero non accompagnato è in linea con i principi dell'ordinamento vigente.

Una volta esclusa la possibilità di scelta è necessario cercare di comprendere su cosa si basa la valutazione del Comitato che considera il rimpatrio come l'unico modo di soddisfare il "superiore interesse del minore".

Costituendo una clausola generale, definita anche come "formula magica" (49), è soggetta ad interpretazioni diverse in riferimento ai valori cui si fa riferimento per individuare concretamente in cosa consista tal superiore interesse.

Un criterio interpretativo è stato formulato da John Eekelaar che propone

l'adozione di una prospettiva di "autodeterminismo dinamico" in cui si offra al minore l'opportunità di determinare in prima persona quale sia il suo interesse, nonché di partecipare come attore attivo alla realizzazione del progetto di intervento (...) che dovrà essere elastico, adattabile e quanto più possibile concordato con le famiglie. Solo in tal modo tale principio non rappresenta una minaccia nei confronti dei diritti dei minori ma diviene un mezzo per rafforzarli (50).

Come già ricordato, il rimpatrio era considerato inizialmente come una soluzione residuale, successivamente l'orientamento del Comitato è mutato disponendo il rimpatrio in ogni caso in cui è possibile individuare i familiari, con la sola eccezione delle ipotesi in cui il minore possa trovarsi in oggettivo pericolo nella famiglia o nel contesto di riferimento.

La maggior parte dei minori è partita per ragioni economiche, per migliorare le condizioni della famiglia e di loro stessi e questo non viene considerato dal Comitato come un impedimento al rimpatrio perché sono previsti progetti di formazione (51) destinatiti al miglioramento di tale condizioni. In realtà, nella Convenzione di New York sono sanciti anche i cosiddetti diritti economico-sociali cioè quei diritti il cui godimento dipende in gran parte dal contesto economico-sociale nel quale il minore vive (52). Si può ravvisare una contraddizione nel garantire il godimento di entrambi i diritti: se, il minore rimane in Italia risulteranno maggiormente garantiti i diritti economico-sociali a discapito del diritto all'unità familiare, viceversa in caso di rimpatrio del minore. Sostiene Rozzi che,

l'età e il grado di maturità del minore sono fattori cruciali nella considerazione dell'importanza da attribuire rispettivamente al diritto all'unità familiare e all'opportunità di esercizio dei diritti economico-sociali (53).

Anche nel caso in cui i genitori o i familiari siano stati coinvolti nel traffico del minore, questo non costituisce un impedimento al rimpatrio in seguito alla creazione di centri d'accoglienza che possono offrire al minore protezione (54).

In Albania il primo centro di accoglienza per i minori rimpatriati e/o vittime della tratta è stato creato con il supporto dell'Organizzazione Mondiale per le Migrazioni per poi passare sotto la gestione del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali albanese ed è operativo da luglio 2004 (55).

Le critiche sono state rivolte all'assenza, sia nella legge sia nelle circolari, di criteri di valutazione in concreto del "migliore interesse del minore" con riferimento all'eventuale rimpatrio. In numerosi casi, quindi, le decisioni di rimpatrio sono state motivate esclusivamente con l'affermazione della prevalenza dell'interesse al ricongiungimento con la famiglia.

Numerosi e autorevoli sono stati gli studiosi e i giuristi che sono intervenuti sulla tematica. Miazzi sostiene che è del tutto,

assente l'indicazione dei criteri con i quali va valutata l'opportunità di disporre il rimpatrio: da una serie di rinvii autoreferenziali delle varie norme, si evince che l'unico criterio legislativamente previsto è quello secondo il quale il rimpatrio è sempre e comunque il provvedimento migliore per il minore straniero non accompagnato: e ciò addirittura anche se non fossero trovati familiari del minore (56).

Moyerson e Tarzia sottolineano il fatto che

la disciplina relativa alla condizione giuridica del minore straniero in Italia è contenuta, di fatto, in un provvedimento amministrativo che ha il valore di circolare amministrativa. L'aver demandato a tale fonte normativa la disciplina della condizione giuridica del minore straniero ha ridotto fortemente quella particolare tutela che, con la ratifica della Convenzione O.N.U., l'Italia si è impegnata a far propria nell'adozione ed esecuzione dei provvedimenti che riguardano i minori. Infine, ha suscitato numerose perplessità l'aver delegato la regolamentazione del procedimento avanti al Comitato a un provvedimento del Comitato stesso (57).

In definitiva, i criteri adottati dal Comitato per disporre il rimpatrio possono essere così schematizzati:

  • se il rimpatrio comporta gravi rischi per il minore (pericolo per la sua integrità fisica, persecuzioni, o l'esistenza di situazioni familiari e sociali conflittuali) in generale non può essere disposto (58). E' utile ricordare che il Comitato ha previsto la possibilità di un rimpatrio "volto al riaffidamento alle Autorità responsabili del paese d'origine e all'inserimento in un'adeguata struttura in loco" (59) in contrasto con le disposizioni del normative che stabiliscono che il rimpatrio deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unità familiare del minore;
  • se il rimpatrio non comporta gravi rischi, viene considerato come prioritario il diritto del minore di vivere nel proprio paese d'origine con la famiglia, se individuata, o attraverso l'affidamento del minore alle autorità del paese d'origine;
  • le condizioni socio-economiche della famiglia e del contesto di origine non sono considerate;
  • non è chiaro in che modo sono valutate le condizioni di inserimento del minore in Italia;
  • l'opinione del minore e dei genitori, ove contrarie al rimpatrio, non assumono rilevanza, mentre se i genitori chiedono che il figlio venga rimpatriato o non condividono le ragioni dell'emigrazione, si deve sempre procedere al rimpatrio (60).

Tale modus operandi non è conforme all'interpretazione dei principi contenuti nella Convenzione di New York che proviene dal Comitato per i diritti del fanciullo (61), secondo cui non esiste una gerarchia tra i diritti riconosciuti, per cui la garanzia di un diritto non deve prevalere necessariamente sulla garanzia degli altri.

Nel corso degli anni, il dibattito è sempre stato incentrato sull'antitesi tra accoglienza e rimpatrio, se corrisponda, cioè, maggiormente al superiore interesse del minore straniero non accompagnato la permanenza in Italia o il suo rimpatrio. In considerazione del carattere di priorità che assume il perseguimento di tale superiore interesse, il T.U. sull'immigrazione vieta l'espulsione del minore e prevede il rimpatrio assistito.

In tale direzione si inserisce la riflessione di Walter Citti, secondo cui

con il decreto legislativo n. 113/99 il governo ha voluto indicare che l'inespellibilità del minore straniero non accompagnato (...) non esclude di per sé l'ipotesi del rimpatrio del medesimo, istituto che va distinto da quello dell'espulsione qualora (...) assuma un carattere non meramente coatto, bensì "assistito" (62).

La convenzione di New York e la risoluzione del Consiglio d'Europa stabiliscono il dovere degli stati membri di "adoperarsi ai fini del ricongiungimento, per rintracciare il più rapidamente possibile i familiari del minore" (63)

Come previsto dal Regolamento concernente i compiti del Comitato, per rimpatrio assistito si intende "l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d'origine. (...) Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unità familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione" (64). E' innegabile quanto sia complesso valutare l'interesse di un minore, quanto sia arduo bilanciare i dati del presente con il possibile futuro, di rapportare gli aspetti economici del benessere con quelli emotivi e relazionali.

Molti sforzi sono stati fatti affinché il rimpatrio - definito anche

"rientro onorevole" (65) - non fosse equiparato alla procedura di espulsione ma fosse un effettivo e costruttivo processo di accompagnamento nel contesto d'origine. Alcuni studiosi ritengono che per il minore il ritorno può essere un momento positivo, uno strumento di crescita che possa garantire un futuro in base alle sue aspirazioni. Secondo Rossato,

il rimpatrio assistito costituisce un importante strumento in una duplice prospettiva. Crea alternative positive per il futuro del minore, comunque legato al proprio paese e indotto ad emigrare da oggettive circostanze di disagio. Inoltre, momento di riscatto per il paese Albania che potrebbe crescere e continuare il processo di sviluppo facendo leva sulle risorse interne, potendo contare su una spinta dal basso, garanzia di una definitiva, se pur lenta, affermazione di autonomia dai paesi più ricchi (66).

Secondo Valeri, vicepresidente del Comitato Minori Stranieri

il rimpatrio de[ve] essere obiettivo primario (...) non può essere inteso come una forma di espulsione da applicare ai minori. (...) Deve essere inteso come un progetto di rientro in patria, che deve prevedere la possibilità di intervenire non soltanto fino alla frontiera ma anche oltre, anche nel territorio in cui il minore viene rimpatriato (e questa è la vera differenza con l'espulsione) (67).

Il rimpatrio viene spesso vissuto dal minore come un fallimento del proprio progetto migratorio nei confronti dei genitori che avevano investito tempo e denaro per farlo partire e agli occhi del contesto sociale di appartenenza, soprattutto quello dei coetanei (68).

Il rimpatrio assistito infatti altro non è che una forma di allontanamento dal territorio dello Stato per via amministrativa: in pratica, (...) un'espulsione mascherata. Il tutto senza prevedere né un controllo giurisdizionale, né un procedimento amministrativo in cui il minore possa rappresentare il proprio interesse (69).

Emblematiche in tal senso le riflessioni di Dal Lago sui minori stranieri che

in quanto stranieri, sono disciplinati dal codice secondo cui il bene supremo del migrante è che smetta di essere migrante. (...) Allora ecco la predominante prospettiva (...) del "rimpatrio", del "ritorno", della ricostituzione di un nucleo famigliare, che il familismo benevolo vede come faro nella corretta gestione dell'immigrazione minorile: che essi tornino là, lontano, al di là dei confini (...) in qualche cittadina albanese fiorente di imprese italiane delocalizzate. (70)

Si profila che il fine reale del provvedimento di rimpatrio consista nel "dare un segnale" che scoraggi l'immigrazione irregolare dei minori. In senso contrario si pongono le parole di Valeri, secondo cui,

il rimpatrio assistito non ha nulla a che vedere con l'espulsione o l'accompagnamento alla frontiera. Anzi, proprio l'aver stabilito per legge la figura giuridica del rimpatrio assistito, dovrebbe impedire il rischio di forme di "espulsione mascherata" di minorenni (71).

La ratio che sottende l'istituto del rimpatrio si fonda sul primato della convivenza del minore nella propria famiglia. Come può essere giustificato l'affidamento del minore alle autorità del paese di origine (72)?

Il rimpatrio senza possibilità di ricongiungimento famigliare, in una "struttura d'accoglienza", sembra porsi in palese contrasto con la previsione di cui all'art. 33 del T.U. n. 286/98 che si riferiva esclusivamente al ricongiungimento del minore con la famiglia. La previsione dell'art. 1 co. 4 del D.P.C.M. n. 535/99 va oltre il disposto del citato articolo (73).

In tal senso sembra pronunciarsi anche il Comitato che, attraverso le parole di un suo presidente, aveva indicato come

ogni azione di tutela che non miri al ricongiungimento del minore alla sua famiglia debba essere considerata una second best, poiché laddove possibile, compito delle istituzioni è quello di garantire il diritto del minore alla vita in famiglia (74).

Il riaffidamento alle autorità del paese d'origine deve essere considerato come una previsione di modalità di esecuzione con cui può avvenire il rimpatrio, non come fine dell'istituto (75).

2.2.3 L'impugnazione del provvedimento di rimpatrio assistito

I provvedimenti del Comitato sono redatti in genere secondo modelli ripetitivi che possono presentare adattamenti alla specificità della condizione del minore. In appendice sono riportati due tipi di provvedimento: l'uno adottato dal Comitato in seduta plenaria, l'altro emesso dal Presidente. E' infatti previsto che in caso di urgenza il presidente può esercitare i poteri del Comitato, fatta salva la successiva ratifica del Comitato stesso (76).

Nel preambolo è indicato il soggetto che ha richiesto il rimpatrio (il minore stesso, i familiari, l'ente locale). In alternativa viene fatto riferimento alle indagini svolte presso i familiari in Albania.

Nel provvedimento sono contenute:

  • l'attestazione che dall'indagine familiare non emergono motivi ostativi al rientro del minore nel nucleo familiare nel suo paese;
  • la rilevazione che non ci sono motivi per cui il minore debba rimanere in Italia e che il rimpatrio è nel suo interesse;
  • la clausola che l'ente locale e la Questura dovranno provvedere al rimpatrio assistito, in collaborazione con il S.S.I.;
  • l'attestazione che il minore è stato sentito in merito alla procedura avviata, ma non è riportata l'opinione espressa dal minore in merito al procedimento avviato, in violazione dell'art. 12 della Convenzione di New York (77);
  • l'attestazione che non risultano procedimenti giurisdizionali a carico del minore tali da impedire il suo rimpatrio assistito.

A tali premesse, segue il dispositivo di rimpatrio e la comunicazione ai soggetti interessati.

Come si può notare, nessun riferimento è fatto al percorso che il minore ha svolto in Italia. Il miglior interesse può essere stabilito effettuando un confronto tra due situazioni alternative: la permanenza e il rimpatrio.

Proprio la mancanza di una motivazione dalla quale risulti con completezza la valutazione degli elementi che informano la decisione di rimpatrio è stata individuata come il motivo centrale di illegittimità del provvedimento in alcune pronunce dei T.A.R. (78). La mancanza di un'approfondita istruttoria porta ad una motivazione del tutto superficiale e generica del provvedimento, espressa con formule standardizzate, non aderente alla situazione reale in cui il minore si trova (79).

La circostanza che non sussistano motivi impedienti il rimpatrio, costituisce solo la premessa necessaria per una delle scelte possibili e non un'adeguata motivazione che sorregga la scelta compiuta dal Comitato (80).

Con riferimento all'informazione relativa alla possibilità di impugnazione contenuta in calce al provvedimento, è lecito interrogarsi su quale sia l'autorità dinnanzi alla quale impugnare il provvedimento di rimpatrio emesso dal Comitato. Nessuna indicazione in tale senso proviene dal D. Lgs. n. 113/1999 né dal successivo regolamento, D.P.C.M. n. 535/1999.

Nel silenzio della norma si sono avute interpretazioni divergenti (81) che individuavano come corretta ora l'impugnazione per via amministrativa con riferimento alla natura dell'organo decidente il rimpatrio (82), ora la competenza del giudice ordinario individuando nel rimpatrio uno dei provvedimenti amministrativi in materia di unità familiare contro i quali è possibile ricorrere ex art. 30 co. 6 del T.U. n. 286/98 all'autorità giudiziaria ordinaria (83). Non poteva, inoltre, ipoteticamente considerarsi esclusa né la competenza del Tribunale per i minorenni che, oltre a concedere il nulla-osta al rimpatrio, adotta il provvedimento di espulsione del minore nei casi tassativi previsti dalla legge (84), né la competenza del Giudice Tutelare a cui sono demandate nel nostro ordinamento le decisioni in merito al luogo dove il minore deve vivere, ex art. 371 del codice civile (85).

Sostiene Milanese che

essendo il provvedimento di rimpatrio emanato da un organo amministrativo, potrebbe in via ipotetica essere impugnato solo di fronte a una magistratura amministrativa come il T.A.R.; al T.A.R. però spetta un controllo formale, che non riguarda se non marginalmente il merito di un provvedimento che incide in modo sostanziale sui diritti personali. (...) si determina un perverso meccanismo tra forme della tutela e autorità che procedono che realizza un vuoto di rappresentabilità degli interessi e dei diritti dei minori oggetto del contestato provvedimento (86).

La Corte Costituzionale è stata investita della questione di illegittimità costituzionale dell'art. 33 co. 2 bis del T.U. n. 286/98 nella parte in cui non prevede la competenza del Tribunale per i minorenni in ordine ai ricorsi contro i provvedimenti del Comitato, per violazione dell'art. 3 della Costituzione (87).

La pronuncia della Corte (88), dopo aver chiarito che quello del minore nell'opporsi al rimpatrio è un diritto pienamente tutelato (89), richiamando una precedente ordinanza con la quale aveva ritenuto legittima la scelta discrezionale del legislatore di affidare al giudice ordinario "la tutela relativa al diritto all'unità familiare" (90), afferma che il Regolamento del Comitato "presuppone" il diritto all'unità familiare nel rispetto del superiore interesse del minore. Dichiarando l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale propostale, la Corte individua, dunque, come autorità a cui ricorrere avverso la decisione del comitato di procedere a rimpatrio, il Tribunale monocratico del luogo in cui il minore risiede.

2.2.4 Dati statistici

I dati sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati in Italia sono contenuti in un'unica banca dati istituita presso il Comitato per i minori stranieri. Tali dati si riferiscono ai minori segnalati poiché entrati in contatto con strutture o servizi presenti sul territorio.

Pur essendo significativi, i dati non possono essere considerati esaustivi dato che permane una componente sommersa del fenomeno che risulta difficilmente quantificabile.

Tra i numerosi dati disponibili ho scelto di riportare soltanto quelli che si riferivano alle segnalazioni di minori albanesi e quelli relativi ai provvedimenti di rimpatrio.

I dati partono dall'anno 2000, anno in cui il Comitato è diventato operativo (91).

Dai dati si rileva una costante e progressiva diminuzione di segnalazioni di minori albanesi pur rimanendo tendenzialmente invariato il numero totale delle segnalazioni.

Si è assistito ad una crescita di segnalazioni relative a minori non accompagnati rumeni che, a partire dall'anno 2003, costituiscono la nazionalità più numerosa. In previsione dell'ingresso della Romania nell'Unione Europea (92) erano, infatti, stati aboliti i visti d'ingresso per soggiorni non superiori ai 90 giorni, che avevano notevolmente semplificano l'ingresso in Italia (93).

ANNO N. minori censiti dal CMS N. segnalazioni minori albanesi % N. rimpatri emessi dal CMS nei confronti di minori albanesi N. rimpatri di minori albanesi eseguiti
2000 8307 5744 69,1 18 18
2001 8146 4415 54,2 106 64
2002 7040 2122 30,5 142 62
2003 8194 2212 26,7 69 40
2004 8100 1446 17,9 26 11
2005 7583 1064 14,0 11 8
2006 6453 1123 17,4 - -

Fonte: Comitato per i Minori Stranieri c/o Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Con riferimento ai rimpatri, si può evidenziare come, nel periodo 2001-2004 sia notevole lo scarto tra il numero complessivo dei provvedimenti di rimpatrio emessi nei confronti di minori albanesi e il numero di quelli concretamente eseguiti. La fuga costituisce l'unica modalità attraverso la quale evitare di essere rimpatriati.

Nelle tabelle che seguono sono indicati, a partire dall'anno 2002, i dati disaggregati relativi alle segnalazioni ricevute dal Comitato. Per "minori fuori competenza" si intendono le segnalazioni che non rientrano nelle competenze del Comitato, come ad esempio quelle di minori che hanno raggiunto la maggiore età o hanno richiesto asilo politico.

Anno 2002
Cittadinanza N. minori Fuori Competenza % Fuori Competenza N. minori Competenza % Competenza Totale
Albania 1652 28,08 470 40,62 2122
totale 5583 1157 7040
Anno 2003
Cittadinanza N. minori Fuori Competenza % Fuori Competenza N. minori Competenza % Competenza Totale
Albania 1920 26,25 292 33,14 2212
totale 7316 881 8194
Anno 2004
Cittadinanza N. minori Fuori Competenza % Fuori Competenza N. minori Competenza % Competenza Totale
Albania 882 10,89 564 6,96 1446
totale 5949 2151 8100
Anno 2005
Cittadinanza N. minori Fuori Competenza % Fuori Competenza N. minori Competenza % Competenza Totale
Albania 564 10,16 500 24,58 1064
totale 5549 2034 7583

In queste tabelle sono riportati i dati relativi ai dispositivi emessi dal Comitato dopo aver realizzato le indagini sociali presso la famiglia d'origine: non luogo a provvedere al rimpatrio o rimpatrio assistito del minore.

Come si evince dal numero totale dei provvedimenti di ogni anno, essi investono una minima parte delle segnalazioni pervenute.

Anno 2000
Cittadinanza NLP % RIMP % Totale %
Albania 0 0,00 18 81,82 18 81,82
Rimanenti Paesi 0 0,00 4 18,18 4 18,18
Totale 0 0,00 22 100,00 22 100,00
Anno 2001
Cittadinanza NLP % RIMP % Totale %
Albania 72 29,75 106 43,80 178 73,55
Rimanenti Paesi 28 11,57 36 14,88 64 26,45
Totale 100 41,32 142 58,68 242 100,00
Anno 2002
Cittadinanza NLP % RIMP % Totale %
Albania 167 33,67 142 28,63 309 62,30
Rimanenti Paesi 130 26,21 57 11,49 187 37,70
Totale 297 59,88 199 40,12 496 100,00
Anno 2003
Cittadinanza NLP % RIMP % Totale %
Albania 162 27,79 69 11,84 231 39,62
Rimanenti Paesi 203 34,82 149 25,56 352 60,38
Totale 365 62,61 218 37,39 583 100,00
Anno 2004
Cittadinanza NLP % RIMP % Totale %
Albania 164 25,39 26 4,02 190 29,41
Rimanenti Paesi 356 55,11 100 15,48 456 70,59
Totale 520 80,50 126 19,50 646 100,00
Anno 2005
Cittadinanza NLP % RIMP % Totale %
Albania 1 0,90 11 9,91 12 10,81
Rimanenti Paesi 2 1,80 97 87,39 99 89,19
Totale 3 2,70 108 97,30 111 100,00

Per gli anni precedenti il 2000, gli unici dati disponibili sono quelli forniti dal S.S.I. che ha realizzato una propria banca dati.

I dati relativi al periodo 2000-2005 si riferiscono al numero complessivo di segnalazioni di minori non accompagnati di cui si è occupato il S.S.I.

Anno Msna Albanesi % Tot. Rimp Albanesi
1997 861 446 51,80 - -
1998 1.608 1.112 69,15 212 212
1999 2.274 1.841 80,96 130 130
2000 2.429 1.987 81,80 47 47
2001 2.895 2.041 70,50 67 51
2002 2.827 1.730 61,20 64 45
2003 1.657 613 36,99 80 24
2004 1.474 436 29,58 40 7
2005 895 294 32,85 36 5

Fonte: Servizio Sociale Internazionale

2.3 Breve presentazione del Servizio Sociale Internazionale

2.3.1 La storia internazionale, nazionale e l'organizzazione

Il Servizio Sociale Internazionale (d'ora in poi, per brevità, S.S.I.) è un ente senza scopo di lucro a carattere professionale, apolitico e aconfessionale. Nasce nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale con l'evidenziarsi dei problemi sociali creati dalle sempre più massicce migrazioni dovute a situazioni di grave disagio economico, rivolgimenti politici, guerre, disastri naturali. Dal 1924 assume il nome di Servizio Internazionale di Aiuto agli Emigranti stabilendo la sede centrale a Ginevra.

Nel 1946 l'organizzazione ha assunto definitivamente il nome di Servizio Sociale Internazionale ampliando le proprie attività ai ricongiungimenti familiari, alle problematiche dei figli contesi, alle adozioni internazionali. Con il passare del tempo, l'ente ha voluto caratterizzare il proprio operato con una sempre maggiore specializzazione dei suoi operatori e con il principio dell'operare senza tener conto dell'appartenenza etnica, politica, religiosa dei singoli individui. Esso coordina interventi (di emergenza e ordinari) di servizio sociale in diversi paesi per risolvere problemi concernenti singoli individui o gruppi omogenei di persone. Gli interventi d'aiuto possono essere effettuati nel paese di soggiorno dell'interessato e in paesi terzi.

Il S.S.I. ha status consultivo presso vari organismi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (UNICEF, UNHCR, UNESCO), del Consiglio d'Europa, della Conferenza dell'Aja di Diritto Internazionale Privato e dell'Organizzazione degli Stati Americani.

Gli indirizzi generali vengono elaborati ai diversi livelli organizzativi e ratificati sempre dal Consiglio Internazionale, espressione diretta dell'Assemblea Generale dell'Ente che si riunisce ogni anno. Le attività sono svolte da organi esecutivi: il Consiglio Esecutivo come organo dirigente e il Segretariato Generale come organo di coordinamento delle varie istanze nazionali, che si avvalgono di Comitati consultivi professionali, formati in prevalenza da esperti dei vari ambiti di intervento.

Complessivamente il S.S.I. è formato da venti sezioni nazionali che hanno carattere autonomo ed indipendente ma, allo stesso tempo, sono coordinate fra loro. Le sezioni aderiscono allo statuto e ai principi dell'organizzazione e ne assumono gli obiettivi programmatici, adattandoli alle esigenze prioritarie del territorio nazionale. Sono parte integrante dei servizi sociali dei rispettivi paesi e utilizzano personale professionale locale. Ogni sezione fa parte del Consiglio Internazionale in qualità di membro votante dell'Assemblea. La rete operativa del S.S.I. prevista dallo Statuto è composta, oltre che dalle sezioni nazionali, dagli Uffici affiliati, strutture che, a causa di una limitata capacità organizzativa, non possono ancora assumere piena responsabilità operativa in nome del S.S.I., ma che sono comunque funzionali al raggiungimento dei suoi obiettivi; e dai Corrispondenti, individui o organizzazioni, che agiscono sulla base di accordi professionali o di scambio di servizi con le altre strutture dell'organizzazione.

Il S.S.I. è presente in tutti i paesi dell'Unione Europea con sezioni, uffici affiliati e corrispondenti. I corrispondenti sono operativi in 116 paesi in tutti i continenti.

La Sezione Italiana è nata nel 1932, inserita nell'ambito delle azioni promosse dalla Croce Rossa Italiana. La connotazione iniziale fu, quindi, fortemente umanitaria. Dal 1946 l'attenzione si spostò sulle problematiche sociali e familiari, conseguenze degli spostamenti migratori. Cominciò a delinearsi una differenziazione rispetto alle attività svolte dalla Croce Rossa e la sezione si mosse verso una specializzazione nel settore sociale che la portò a divenire completamente autonoma nel 1973 quando fu eretta ad Ente morale (94).

Da allora sono parte integrante degli organismi previsti dallo Statuto dell'ente i rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dell'Interno, del Ministero del Tesoro e del Ministero del Lavoro. Con tale status il S.S.I. è un organismo ausiliario che opera a fianco delle istituzioni citate o per conto delle stesse attraverso convenzioni specifiche a favore di cittadini italiani e stranieri, apolidi e rifugiati, promovendo programmi operativi di assistenza e di consulenza tecnica.

Le principali aree di intervento della sezione italiana sono costituite da:

  • interventi a favore della famiglia, quali attività di mediazione e svolgimento di indagini sociali per conto dei servizi sociali pubblici o delle autorità giudiziarie in casi di conflittualità familiare in famiglie miste o divise in due nazioni, separazioni, divorzi, sottrazione di minori;
  • interventi a favore dei minori, quali svolgimento, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche di indagini familiari a favore di minori stranieri non accompagnati, ricongiungimenti con la famiglia d'origine (95), programmi di reinserimento, prevenzione ed individuazione dell'abuso sui minori, minori stranieri sottoposti a misure di giustizia;
  • interventi a favore di profughi, emigrati, rimpatriati, quali sostegno e indirizzo alle misure di accoglienza e protezione presenti sul territorio;
  • interventi a favore dei rifugiati, quali gestione di particolari programmi di assistenza;
  • consulenze per adozioni internazionali, quali programmi di formazione per operatori italiani e stranieri, consulenza ad operatori dei servizi pubblici;
  • attività di segretariato sociale ed interventi connessi a problemi di migrazione e disagio sociale, quali ricerca delle origini, riunioni familiari, ricerca di parenti (96).

2.4 Le attività svolte dal S.S.I. per il rimpatrio dei minori albanesi non accompagnati

Il lavoro sui minori non accompagnati rappresentava inizialmente solo una parte dell'operato del S.S.I., la maggior parte delle attività erano, infatti, dirette alle adozioni internazionali e alla tutela dei rifugiati politici. Nel corso degli anni, si è assistito ad un progressiva diminuzione di queste ultime attività e ad un contestuale aumento di quelle relative ai minori non accompagnati, fino a diventare una delle principali attività dell'ente.

La Sezione Italiana del S.S.I. si occupa in modo attivo del fenomeno migratorio dei minori albanesi non accompagnati verso l'Italia sin dal 1991. In quell'anno, con il nascere della democrazia (97), la Sezione Italiana aprì una propria delegazione a Tirana.

Inizialmente l'ufficio era gestito direttamente dall'Italia mediante l'invio di un assistente sociale italiano poi, in seguito alla formazione di personale locale, la delegazione divenne indipendente. Questa procedura risponde pienamente allo orientamento del SSI che prevede la creazione di una struttura locale che possa definirsi professionale perché questa può in modo migliore comprendere gli usi e i costumi del luogo e conoscere il modo di comunicare nel rispetto delle culture (98).

A dicembre 1997, fu firmata una prima Convenzione (99) con il D.A.S. della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell'ambito di un più generale progetto di aiuti Italia-Albania, per l'assistenza, il rimpatrio ed il reinserimento nel loro paese di tali minori. La Convenzione ebbe origine in seguito all'arrivo massiccio in Italia di minori albanesi dopo i disordini economico-politici esplosi nell'estate del 1997 e fu, pertanto, finalizzata a dare risposte sociali alla fascia minorile presente nel flusso migratorio più ampio proveniente dall'Albania. L'art. 5 della legge n. 174/97 prevedeva, infatti che

per provvedere alla raccolta e all'invio di aiuti, alla realizzazione di progetti umanitari in Albania, nonché per prestare l'assistenza agli stranieri di cittadinanza albanese nel rientro in Albania, il Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, il Ministro per la solidarietà sociale, promuove e coordina l'attività delle organizzazioni non governative, delle organizzazioni e associazioni di volontariato e di ogni altra istituzione e organizzazione con finalità umanitarie che abbiano provata esperienza operativa e capacità organizzativa nel settore degli interventi umanitari all'estero, nonché degli enti locali (100).

Fin dall'inizio, quindi, la scelta del governo fu quella di rivolgersi a organismi "privati" e non a strutture pubbliche nella gestione del fenomeno, così come previsto dall'art. 2 del Regolamento.

Non è possibile tralasciare alcune riflessioni su come avveniva il ritorno in patria del minore prima che il Comitato fosse istituito e divenisse operativo.

Nel rapporto stilato dal S.S.I. nel 2001 e riferito al triennio 1998-2000, si legge che

alcuni minori erano stati espulsi e ricondotti in patria in forma coatta, altri erano stati invece contattati in Italia emessi al corrente dei programmi di assistenza e supporto di cui avrebbero beneficiato nel momento in cui fossero tornati nel proprio contesto d'origine. (...) non sempre [era] effettuato il monitoraggio socio-ambientale (101).

La circolare del luglio 1998 (102) stabiliva che il S.S.I. comunicasse il nulla-osta al rimpatrio direttamente alla Questura o alla Prefettura competenti per territorio senza alcuna comunicazione al tribunale per i minorenni. Era, inoltre, previsto e consentito l'utilizzo della formula di silenzio-assenso da parte del Comitato, fatta salva la possibilità di esprimere parere contrario entro 48 dalla comunicazione della suddetta autorizzazione.

Paradossalmente l'intervento del Comitato ha costituito un freno ai rimpatri troppo generalizzati.

Schematizzando, le attività che il S.S.I. svolge nel campo dell'assistenza dei minori albanesi non accompagnati sono quelle di:

  • dar seguito - in termini di assistenza e presa in carico dei minori - alle segnalazioni provenienti dal Comitato per i Minori Stranieri e, soprattutto a quelle provenienti dalle Questure e dalle Prefetture territoriali che intercettano minori in difficoltà o a rischio di devianza-vagabondaggio;
  • offrire consulenza, informazioni, ed interventi assistenziali agli enti ed alle istituzioni locali sulla problematica in questione, e divenire punto di riferimento per quanti intervengono nel settore richiedendo consigli e suggerimenti su come affrontare i problemi emergenti dal particolare tipo di utenza;
  • organizzare tecnicamente le attività di rimpatrio guidato ed assistito dei ragazzi, con la previsione di una valutazione del contesto ambientale e familiare che accoglierà il minore una volta rimpatriato;
  • continuare a seguire i minori rimpatriati attivando azioni volte al reinserimento degli stessi, con particolare attenzione alla formazione professionale e all'apprendistato, di concerto con l'ufficio del S.S.I. a Tirana che si avvale dei centri professionali e delle aziende che operano sul territorio albanese;
  • reperire i dati statistici relativi ai minori albanesi non accompagnati presenti in Italia;
  • analizzare ed interpretare le informazioni acquisite al fine di prevenire le partenze, migliorare l'accoglienza e favorire i rientri (103).

La sezione italiana del S.S.I. per lo svolgimento di tali attività lavora in collaborazione con:

  • le forze dell'ordine, le Prefetture e le Procure della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni;
  • il D.A.S. presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le aziende sanitarie locali, gli enti locali, le associazioni di volontariato del settore, gli istituti di accoglienza, l'Ambasciata Albanese e la Delegazione Albanese.

Quest'ultima, a sua volta, ha attivato rapporti di collaborazione con alcune istituzioni albanesi quali il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali (104), il Ministero della Sanità, il Ministero della Giustizia, il Forum delle Organizzazioni non Governative che operano nel paese, le istituzioni scolastiche e sanitarie, le forze dell'ordine e con i consigli degli anziani nei villaggi dell'interno.

La presenza di una delegazione in Albania si era resa necessaria per organizzare anche in loco i programmi d'intervento che già da allora prevedevano i rimpatri dei ragazzi.

Tale Convenzione è stata rinnovata negli anni successivi e nel 2000, quando il Comitato per i Minori Stranieri è divenuto operativo, è stata estesa a tutti i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano. Il regolamento del Comitato prevede, infatti, agli artt. 4 e 6 la possibilità di finanziare programmi e convenzioni con enti che si occupino del minore anche nel paese d'origine.

Il comitato ha stretto collaborazioni con le Organizzazioni Non Governative (d'ora in poi, per brevità O.N.G.) con cui sono state stipulate convenzioni in tempi diversi e con differenti incarichi: inizialmente e con il S.S.I. poi da marzo 2001 con I.C.S. e infine, nel 2002 con altre cinque organizzazioni (105) soprattutto per allargare le possibilità d'intervento ad altri paesi.

Le convenzioni sono simili e prevedono che le O.N.G. si occupino della realizzazione delle indagini familiari nel paese d'origine entro 27 giorni dalla segnalazione del Comitato, della presa in carico dei minori nella fase preliminare al rimpatrio in seguito alle segnalazioni provenienti dal Comitato medesimo, dell'organizzazione tecnica del viaggio, della presa in consegna del minore all'arrivo e l'accompagnamento in famiglia o presso altra destinazione stabilita nel provvedimento di rimpatrio e nella comunicazione dell'avvenuto riaffidamento del minore. E' prevista, infine, a carico dell'O.N.G. la predisposizione e realizzazione di progetti individuali per i minori rimpatriati. Nella convenzione è anche indicata la modalità con cui sarà erogato il pagamento delle attività svolte. Questo avverrà a titolo di rimborso spese ergo solo a rimpatrio avvenuto previa verifica della regolare esecuzione del servizio da parte dell'amministrazione commissionante (106).

Per rispondere alle esigenze di promozione allo sviluppo e per facilitare il contatto con le famiglie, il personale che si occupa delle indagini è composto in prevalenza da operatori locali.

Il criterio per la distribuzione dei casi è individuato dal Comitato sulla base della dislocazione territoriale delle O.N.G. Il territorio albanese è stato suddiviso in cinque macro zone, ognuna delle quali è stata "affidata" ad una O.N.G. che svolgeva per conto del Comitato per i minori stranieri, sulla base della Convezione stipulata, le attività di indagine e di rimpatrio assistito.

Le cinque O.N.G. hanno dato avvio a un tavolo di Coordinamento con il referente istituzionale del Comitato che ha permesso di dare continuità e uniformità all'esecuzione del progetto stesso. Sono state, infatti, elaborate delle comuni schede per le indagini familiari prima dell'avvio effettivo della convenzione per cercare di realizzare il lavoro secondo standard comuni.

Gabriella Petti evidenzia come

la ragion d'essere delle convenzioni, e in fondo la categorizzazione del minore straniero non accompagnato, facciano parte, almeno in linea di principio, del "programma d'intervento" predisposto dal governo italiano per far fronte all'"emergenza albanese" e soprattutto per fermare le "ondate migratorie" che hanno coinvolto l'Italia fin dai primi anni Novanta. Si tratta di fenomeni che si inseriscono coerentemente in quel modello di sicurezza fondato sull'uso combinato di contingenti militari e contingenti umanitari (107).

Secondo la "politica" attuata dal S.S.I. il rimpatrio va portato a termine anche in assenza del consenso del minore, in quanto l'attività in favore del minore si esplicherebbe fondamentalmente nel ricongiungimento alla famiglia, incentivato dal progetto di reinserimento. Ecco quanto è scritto sui minori non accompagnati nel sito ufficiale del S.S.I.

occorre ricordare che nei loro confronti va attuata una serie di interventi specifici tesi al recupero delle origini e dalla eventuale ricomposizione del nucleo familiare imprescindibile da qualunque programma di inserimento ed adattamento nel nuovo contesto di vita.(...) Assicurata al minore la protezione giuridica e materiale, occorre: provvedere alla ricostruzione del suo passato ed alla raccolta di tutti i possibili elementi che permettano di individuare la famiglia nel Paese di origine od in Paesi terzi; ottenuti i dati avviare la verifica contattando la famiglia ed informandola anzitutto di dove si trova il minore ed in quali condizioni; chiarire per quali motivi si è allontanato o è stato involontariamente diviso dalla famiglia e se quest'ultima ne reclama la presenza (108).

Note

1. Il Comitato nel 1994 ha concesso il nullaosta all'ingresso e al soggiorno in Italia di circa 29.000 minori e 2.300 accompagnatori, provenienti da varie nazioni; nel 1995 per i 700 progetti presentati sono stati accolti 41.000 minori e 2.500 accompagnatori; nel 1996 si arriva a 50.396 minori e 3.118 accompagnatori; nel 1997 sono rilasciati nullaosta per un totale di 47.600 minori e 3.085 accompagnatori. Sull'argomento, vedi I.P.R.S., Relazione sulle azioni di supporto al Comitato per i minori stranieri accolti nelle regioni ob. 1, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale dell'Immigrazione, Roma 2005.

2. Oggi Direzione Generale dell'Immigrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

3. Per quanto concerne le azioni amministrative, l'art. 23 lett. c del D.P.R. 616/77 ha stabilito il principio secondo cui sono attribuite agli enti locali le funzioni che comprendono attività di assistenza relative agli interventi a favore dei minorenni. Tale principio viene confermato anche dall'art. 9 della legge n. 142/90 che ridistribuisce le competenze tra i diversi livelli degli organi dello Stato.

4. Ora Rappresentante del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

5. Art. 31 co. 1 legge n. 40/98 e art. 3 co. 1 D.P.C.M. n. 535/99. Per una modifica alla composizione del Comitato, vedi A.N.C.I., Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, Documento congiunto A.N.C.I. - Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome sul fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, luglio 2004, nel quale chiedono l'inserimento di rappresentanti Regioni all'interno del Comitato.

6. Il Comitato è attualmente presieduto dal dott. Maurizio Silveri, rappresentante del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il supplente del Presidente è il dott. Mauro Valeri.

7. Vedi le linee guida del Comitato del 2003.

8. Art. 2 co. 1 e 2 D.P.C.M. n. 535/99.

9. Art. 33 co. 5 legge n. 184/83. Cfr., Citti W., I minori stranieri in Italia tra tutela e rimpatrio, in Rozzi E., I minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza in Italia e rimpatrio. Aspetti giuridici, Save the Children Italia 2001, p. 123.

10. Art. 37 bis legge n. 184/83. Su questa tematica, vedi Di Bari C., op. cit., cap. 2.

11. Cfr., Turri G.C., Minori stranieri non accompagnati: dalla legge Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, p. 62.

12. Moyersoen J., Tarzia G., op. cit., p. 15. Cfr., Citti W., op. cit., p. 125.

13. In tal senso, Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2000, p. 40; Petti G., op. cit., p. 56. Secondo Zazzeri E., op. cit., p. 56, tale attribuzione "ha fortemente ridotto quella tutela dei minori nella cui realizzazione l'Italia si era impegnata con la ratifica della Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo".

14. Cfr. Bonetti P., op. cit., p. 78, Morozzo della Rocca P., op. cit., p. 52 ss. Contra, Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2000, p. 40, secondo il quale "il rimpatrio assistito non è altro che una forma dell'espulsione: più precisamente è a forma di espulsione, operativamente diversa ma con medesimi presupposti e finalità di quella dell'adulto, che il Governo ha introdotto per il minore straniero". Per una critica all'assunto secondo cui "l'intervento dell'istituzione viene eseguito nell'esclusivo interesse [del minore]", vedi Petti G., op. cit., pp. 146 ss.

15. Articolo 13 co. 4 T.U. n. 286/98, così come novellato dalla legge n. 189/02.

16. Bonetti P., op. cit., p. 74. In tal senso, cfr., Moyersoen J., Tarzia G., op. cit., p. 16 ss.; Milanese F., op. cit., p. 55; Citti W., op. cit., p. 127; Campus A., op. cit., p. 112. Emblematica, a tal proposito, la riflessione di Cuniberti M., in Casadonte A., Di Bari P., L'espulsione, l'accompagnamento alla frontiera ed il trattenimento secondo la legge Bossi-Fini n. 189/2002 ovvero il massimo rigore apparente senza proporzionalità ed efficienza. Garanzie minime e incertezza delle divergenti vie del controllo giurisdizionale. Conseguenti dubbi di legittimità costituzionale, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 3/2002, p. 43, secondo cui "la riserva di giurisdizione non è un principio suscettibile di convivere problematicamente con altri, è una regola che può essere solo rispettata o violata".

17. Sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 15.7.2004. Sul tema vedi, Mascellini F., La tutela delle frontiere e la garanzia dei diritti degli immigrati: le sentenze della Corte Costituzionale del luglio 2004, in Affari Sociali Internazionali, n. 1/2005, pp. 87 ss.

18. Il Governo, con legge n. 271/2004 di conversione del D.L. n. 241/2004, ha previsto la competenza del giudice di pace a pronunciarsi sulla convalida dell'espulsione. Nella pronuncia, la Corte ha, inoltre, censurato, la violazione del diritto di difesa dello straniero il quale ha il diritto di essere ascoltato dal giudice ed assistito da un difensore prima dell'esecuzione di un provvedimento espulsivo.

19. Corte Costituzionale, sentenza n. 105/2001.

20. Moyersoen J., Tarzia G., L'evoluzione della normativa sui minori stranieri non accompagnati, in Cittadini in crescita, n. 3-4/2002, p. 17. In tal senso, Zazzeri E., op. cit., pp. 56-57.

21. Come sopra elencato, nel Comitato sono presenti i rappresentanti del Ministero dell'Interno e del Ministero degli Affari Esteri che sono più inclini a valutare la questione in un'ottica di ordine pubblico e di politica di controllo dell'immigrazione. Contra Valeri M., intervista da me effettuata presso la sede del Comitato per i minori stranieri in data 20.02.2006, secondo cui "con l'istituzione del Comitato, struttura a composizione interministeriale, l'Italia ha deciso di affrontare il problema in chiave sociale e non di ordine pubblico".

22. Articolo 31 co. 4 T.U. n. 286/98. Per l'attribuzione al Tribunale per i minorenni della decisione relativa al rimpatrio, vedi, tra gli altri, Rozzi E., La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, pp. 102-105; Bonetti P., op. cit., pp. 82-83; Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2000, pp. 41 ss.; ---, La strada ad ostacoli dei minori stranieri ovvero: la forza dei diritti, in Questione Giustizia, n. 5/2003, pp. 916-17; Moyersoen J., Tarzia G., op. cit., p. 17; Citti W., op. cit., p. 126; Morozzo della Rocca P., op. cit., p. 52. Per una disamina sull'importante ruolo dei giudici onorari, vedi Turri G.C., La valutazione dell'interesse del minore. Profili giuridici e profili psicologici, in Questione Giustizia, n. 4/2000, pp. 718-719.

23. Milanese F., op. cit., p. 52. Contra, De Marco G., già Presidente del Tribunale per i Minorenni di Torino, secondo cui il Tribunale ricopre un ruolo importante "perché il rimpatrio assistito non può essere disposto se il giudice minorile, come organo che ha il compito istituzionale della tutela del minore, non darà il nulla-osta", AA.VV., Atti del seminario Minori stranieri irregolari: quale tutela?, Torino 1999, p. 131.

24. Corte d'Appello di Torino, sez. penale per i minorenni, sentenza n. 19/2000 - rel. Pazè. Per un'attribuzione al Comitato di compiti meramente esecutivi ed amministrativi del provvedimento di rimpatrio, vedi Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2000, pp. 43-44; ---, La Corte Costituzionale rafforza i diritti dei minori stranieri: due pronunce sul ricorso contro il provvedimento di rimpatrio del minore non accompagnato e sul permesso di soggiorno ai minori sottoposti a tutela, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 3/2003, p. 72; Moyersoen J., Tarzia G., op. cit., p. 17.

25. Bonetti P., op. cit., p. 75. Cfr. Citti W., op. cit., p. 125.

26. Vedi art. 5 D.Lgs.vo n. 113/99 che modifica l'art. 33 co. 2 del T.U n. 286/98.

27. Vedi Osservazioni del Presidente. Testo approvato dal Comitato per i minori stranieri nella riunione del 2.5.2000; intervento al seminario "Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpatrio", che si è svolto a Torino il 4.7.2000 e intervento al Convegno Nazionale dell'Associazione per i Minorenni e la Famiglia, tenutosi a Vico Equense in data 16-19.11.2000; Vedi Petti G., op. cit., pp. 57 ss.

28. La Circolare, analizzata nel primo capitolo, statuisce che il permesso di soggiorno rilasciato per minore età non consente di poter esercitare un'attività lavorativa e non può essere convertito al compimento del diciottesimo anno d'età.

29. Comitato per i Minori Stranieri "Minori stranieri non accompagnati - linee guida", deliberate nella riunione dell'11.1.2001. Sull'argomento, vedi Peano Cavasola F., Rispondere ai bisogni educativi dei minori stranieri non accompagnati: una sfida impossibile?, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, pp. 113 ss.; Petti G., op. cit., pp. 60-65.

30. Linee guida dell'11.1.2001, Punto 2.2, "Minori non accompagnati".

31. Per una trattazione più approfondita della tematica, vedi cap. 3.

32. Art. 2 bis dell'art. 33 T.U. n. 296/98.

33. Vedi cap. 1 par. 1.3.3.

34. Sulla tematica del rimpatrio e sulla nozione di "assistito", vedi cap. 3.

35. Per il testo integrale, vedi la rivista Minori Giustizia n. 3/2000, pp. 186 ss.

36. Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - Comitato per i minori stranieri, nota del 14 ottobre 2002 - "Art. 25 L. 30 luglio 2002 n. 189 - Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo". Cfr., Circolare del Ministero dell'Interno del 9.4.2001.

37. Petti G., op. cit., p. 62. Contra, S.S.I., I.P.R.S., I minori albanesi non accompagnati. Una ricerca fra Italia e Albania, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affari Sociali, Roma 2001, p. 11, secondo cui tale circolare "attribuisce ad un organo competente [il Comitato] il compito di valutare l'opportunità della permanenza del minore nel contesto ospite".

38. Articolo 32 co. 1bis T.U. n. 286/98 che rinvia all'articolo 52 D.P.R. 394/99.

39. Articolo 32 co. 1ter T.U. n. 286/98.

40. Vedi linee guida 2003.

41. Petti G., op. cit., p. 115.

42. Le schede sono riprodotte in appendice.

43. Articolo 5 co. 1-3 D.P.C.M. n. 535/99.

44. Vedi linee guida 2003, punto 3.

45. Perché il minore sia sentito direttamente dall'organo decisionale, vedi Rozzi E., La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, p. 104.

46. L'articolo 12 co. 1 della Convenzione di New York stabilisce che il minore ha il diritto di esprimere le proprie opinioni e che tali opinioni "devono essere debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità". Sul tema, vedi Turri G.C., La valutazione dell'interesse del minore. Profili giuridici e profili psicologici, in Questione Giustizia, n. 4/2000, pp. 705-719.

47. Nelle interviste da me realizzate alle responsabili del Servizio Sociale Internazionale a Roma e a Tirana è emerso con chiarezza che la quasi totalità dei minori non presta il consenso al rimpatrio e nonostante ciò alcuni minori sono stati rimpatriati ugualmente.

48. Rozzi E., La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, p. 96.

49. Petti G., op. cit., p. 103 lo definisce "una sorta di jolly buono per tutte le occasioni"; Turri G.C., La valutazione dell'interesse del minore. Profili giuridici e profili psicologici, in Questione Giustizia, n. 4/2000, pp. 705-719. Per un'approfondita analisi sul concetto di superiore interesse del minore, vedi Ronfani P., L'interesse del minore: dato assiomatico o nozione magica?, in Sociologia del diritto, n. 1/1997, pp. 47-93.

50. Eekelaar J. in Ronfani P., op. cit., p. 60.

51. Vedi cap. 3.

52. Essi possono essere sintetizzati nel diritto ad un livello di vita tale da poter consentire lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del minore (art. 27); nel diritto alla salute (art. 24), all'istruzione (art. 28), all'assistenza (art. 26), alla protezione contro lo sfruttamento economico (art. 32), al riposo ed al tempo libero (art. 31).

53. Rozzi E., La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, p. 95. In tal senso, cfr. Campus A., op. cit., pp. 104-105; Sbraccia A., Scivoletto C., op. cit., p. 42 ss. Nel rapporto finale che ha redatto al termine del programma di assistenza per i minori rimpatriati in Albania, I.C.S. ha incluso una riflessione sugli indicatori che possono portare ad individuare quale sia il "superiore interesse del minore". Ritengo utile riportare i tratti salienti di tali riflessioni. Sono considerati indicatori "sociali": il rispetto dei diritti della persona, la possibilità di accedere a percorsi educativi e formativi. La valutazione degli indicatori "economici" risulta più difficoltosa dato che le condizioni di povertà non possono costituire da sole condizione sufficiente per il non rimpatrio del minore, ma parimenti non possono essere escluse. Gli indicatori "psicologici" aprono alla dimensione soggettiva che ha un ruolo decisivo nella sostenibilità e nella riuscita dei progetti dopo il rimpatrio. La "variabile famiglia" porta a confrontarsi sul ruolo che essa ha nel perseguire il miglior interesse del minore. Viene affermato con forza che il ricongiungimento con la propria famiglia non può essere considerato, di per sé, il raggiungimento del superiore interesse del minore; pp. 35 ss.

54. Sulle problematiche create dall'adozione di provvedimenti di rimpatrio non finalizzati al ricongiungimento familiare, vedi E. Rozzi, I minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza in Italia e rimpatrio. Aspetti giuridici, Save the Children - Italia 2001, pp. 105 ss.

55. Qendra Linze, Ministria e Punës dhe Çështjeve Sociale, Qendra Kombëtare pritëse e viktimave të trafikimit.

56. Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Cittadinanza Immigrazione, n. 2/2000, p. 40.

57. Moyerson J. e Tarzia G., op. cit., p. 18.

58. Rozzi E., La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, pp. 87 ss.

59. Linee guida dell'11.1.2001.

60. Per una disamina più approfondita della tematica, vedi Rozzi E., op. cit.; ---, La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia n. 3-4/2002, pp. 87 ss.

61. Il Comitato per i diritti del fanciullo è l'organo delle Nazioni Unite che ha il compito di monitorare l'applicazione dei diritti sanciti dalla Convenzione, fornendone indicazioni e interpretazioni. Cfr., Comitato sui Diritti del Fanciullo, General Comment n.6, Treatment of unaccompanied and separated children outside their country of origin, 39th Session, 17 May - 3 June 2005; sull'argomento, vedi Campus A., op. cit., p. 104.

62. Citti W., op. cit., p. 123.

63. Convenzione di New York art. 22; Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26.6.97, art. 3, co. 3.

64. Articolo 1 co. 4 D.P.C.M. n. 535/99.

65. Campani G., Lapov Z., Carchedi F., op. cit., p. 142.

66. Rossato V., op. cit., p. 19.

67. Valeri M., op. cit., pp. 8-9.

68. Sul tema, vedi I.P.R.S. e S.S.I., I minori albanesi non accompagnati in Italia: alcune riflessioni sulle linee di intervento adottate, Roma 2001; I.C.S., op. cit., p. 11.

69. Miazzi L., Minori non accompagnati nella legge 189/2002: un passo avanti e mezzo indietro sulla strada dell'integrazione, in Diritto Cittadinanza Immigrazione, n. 3/2002, p. 71. In tal senso, cfr. Campanato G., op. cit., p. 38; Turri G.C., I bambini stranieri non accompagnati, in Minori Giustizia, n. 3/1999, p. 21; ---, Minori stranieri non accompagnati: dalla legge Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, pp. 60 ss.; Bonetti P., op. cit., p. 79; cfr. il documento promosso, tra gli altri da A.S.G.I., Per i minori stranieri, e per noi tutti: un appello delle associazioni, in Minori Giustizia, n. 3/2000, pp. 190-194.

70. Dal Lago A., prefazione del volume di Petti G., op. cit., pp. 10-11; Cfr, Miazzi L., La strada ad ostacoli dei minori stranieri ovvero: la forza dei diritti, in Questione Giustizia, n. 5/2003, p. 917.

71. Valeri M., Scarpelli S., op. cit., p. 274.

72. Dubbi sulla legittimità di tale previsione sono stati espressi da molti giuristi, vedi, tra gli altri, Turri G.C., Minori stranieri non accompagnati: dalla legge Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, pp. 65 ss.; Rozzi E., op. cit., pp. 105 ss.; ---, La valutazione dell'interesse del minore straniero nella scelta tra accoglienza e rimpatrio, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, p. 98.

73. Petrini D., La comunità protetta per i minori stranieri non accompagnati, in Diritto Cittadinanza Immigrazione, n. 4/2003 p. 90; Campus A., op. cit., p. 104.

74. Carlà D., in I.P.R.S., Comitato Minori Stranieri, I minori stranieri non accompagnati: una sintesi delle attività di supporto svolte per il Comitato Minori Stranieri, Roma 2002, p. 5. In tal senso, vedi anche S.S.I., I.P.R.S., op. cit., p. 29 ss.

75. Contra, la circolare del Ministero dell'Interno del 09.04.2001 prevede la possibilità che il minore sia rimpatriato anche nel caso in cui non siano stati rintracciati i familiari e sia riaffidato alle autorità del paese d'origine.

76. Articolo 3 co. 5 D.P.C.M. n. 535/99. Tale previsione si pone in contrasto con quanto previsto dall'art. 403 del codice civile nel disporre interventi urgenti volti alla protezioni di minori. Critiche a tale potere riconosciuto al Presidente del Comitato sono state mosse da Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2000, p. 45.

77. L'articolo statuisce che il minore ha diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa e che le sue opinioni devono essere debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

78. Vedi, tra le altre, le pronunce del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto-Adige, sede di Trento, 18.07-27.09/2002, est. La Guardia; Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto-Adige, sede di Trento, 18.07-17.09/2002, est. Bronzetti; Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto-Adige, sede di Trento, ordinanza n. 10/2002, rel. Mazzuca.

79. T.A.R. Emilia-Romagna, sentenza 585 del 06/11/2003, rel. Giovannini. Nella sentenza si legge che "non risulta che il provvedimento impugnato sia stato adottato a seguito di un'approfondita istruttoria, dato che dalla motivazione non risulta che siano stati presi in considerazione elementi di massima rilevanza quali la posizione del minore contraria al rimpatrio, il suo inserimento nella comunità, nonché le effettive condizioni economiche e di salute in cui vive la famiglia d'origine in Albania". Cfr. Pratelli F., op. cit., pp. 70 ss.

80. Tribunale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige, sezione di Trento sentenza n. 217/2002 - est. Ravagni. Cfr., Petti G., op. cit., pp. 135-138.

81. Per una ricostruzione delle varie interpretazioni, vedi Miazzi L., La Corte Costituzionale rafforza i diritti dei minori stranieri: due pronunce sul ricorso contro il provvedimento di rimpatrio del minore non accompagnato e sul permesso di soggiorno ai minori sottoposti a tutela, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 3/2003, pp. 69 ss.; Pratelli F., op. cit., cap. II.

82. T.A.R. Toscana - sez. I, ordinanza n. 372/2002 rel. Romano; T.A.R. Toscana - sez. I, ordinanza n. 322/2002 rel. Di Nunzio. In tal senso si era espresso il primo presidente del Comitato, prof. Vercellone nelle Osservazioni del Presidente approvate nella riunione del Comitato del 2.5.2000e in occasione del seminario Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpatrio, Torino, luglio 2000; Turri G.C., Minori stranieri non accompagnati: dalla legge Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, in Minori Giustizia, n. 3-4/2002, p. 69; Miazzi L., Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2000, p. 41; Morozzo della Rocca P., op. cit., pp. 54-55.

83. Il T.A.R. Piemonte - sez. II nella sentenza n. 961/2002 est. Scala; T.A.R. Toscana sez. I, ordinanza n. 813/2002 rel. Vacirca; T.A.R. Toscana - sez. I, sentenza n. 182/2003 est. Vacirca.

84. Art. 33 co. 2 bis e art. 31 co. 4 T.U. n. 286/98.

85. Tale ultima soluzione parte dal presupposto che la condizione del minore straniero non accompagnato necessiti dell'apertura della tutela. In tal senso, Citti W., op. cit., p. 120. Per la problematiche relative a tale assunto, rinvio al cap. 1. Cfr. Zazzeri E., op. cit., p. 52.

86. Milanese F., op. cit., p. 55.

87. Tribunale di Vercelli, ordinanza del 07.06.2002 - est. Vignera.

88. Corte Costituzionale ordinanza n. 295/2003 - est. Vaccarella. Per un commento sulla pronuncia, vedi Miazzi L., La Corte Costituzionale rafforza i diritti dei minori stranieri: due pronunce sul ricorso contro il provvedimento di rimpatrio del minore non accompagnato e sul permesso di soggiorno ai minori sottoposti a tutela, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 3/2003, pp. 70-79; Zazzeri E., op. cit., p. 58; Silva C., Moyersoen J., op. cit., p. 18.

89. Nel nostro ordinamento il riparto delle competenze giurisdizionali prevede che al giudice ordinario spetti la cognizione dei diritti soggettivi e ai giudici speciali - quali sono i giudici amministrativi - quella degli interessi legittimi, articolo 2 all. E, legge n. 2248/1865. In tal senso, si era espressa la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 1082/1999 ritenendo che si configurasse come diritto soggettivo la posizione del cittadino straniero che impugnava il provvedimento di espulsione adottato dal prefetto.

90. Corte Costituzionale ordinanza n. 140/2001 est. Chiappa.

91. Per l'anno 2006 il Comitato ha fornito attualmente solo i dati complessivi delle segnalazioni ricevute.

92. Dal 1º gennaio 2007 la Romania, insieme alla Bulgaria, entra a far pare della Comunità Europea. Ai cittadini rumeni e bulgari non sono, dunque, più applicabili le norme previste dal T.U. n. 286/98.

93. Sul tema, vedi, tra gli altri, I.P.R.S., Rapporto annuale sulle attività svolte a supporto del Comitato Minori Stranieri non Accompagnati, Comitato Minori Stranieri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale per l'Immigrazione, Roma 2003, p. 27; Sbraccia A., Scivoletto C. (a cura di), Minori migranti: diritti e devianza. Ricerche socio-giuridiche sui minori non accompagnati, L'Harmattan Italia, Torino 2004, p. 16;Silva C., Moyersoen J., op. cit., p. 12.

94. La Sezione Italiana è autonoma dal 1965 poi fu eretta a Ente morale per Decreto del Presidente della Repubblica n. 170/73, proposto dal Ministero per gli Affari Esteri. Per una panoramica degli interventi della sezione italiana del S.S.I., vedi Ciuffa A., 'I minori stranieri non accompagnati nell'esperienza del servizio sociale internazionale: necessità di un coordinamento nazionale ed internazionale', in S. Gindro, La famiglia disgregata. Alternativa alla famiglia e minori immigrati, CIC Ed. internazionali, Roma 1999, pp. 199 ss.

95. Per la trattazione approfondita di questa tematica, vedi paragrafo successivo.

96. Per ulteriori approfondimenti cfr. Servizio Sociale Internazionale, Scheda dell'ente, Roma-Ginevra 2003 e la presentazione di F. Carchedi, op. cit., pp. 68 ss.

97. Per un'analisi del fenomeno migratorio albanese vedi cap. 3.

98. Brano trascritto dall'intervista alla dott.ssa Ludovica Kirschen, realizzata presso il S.S.I. il 13.7.05. Cfr. Petti G., op. cit., pp. 76 ss.

99. Non è stato possibile ottenere copia della Convenzione.

100. La legge n. 174/97, recante le disposizioni della "Partecipazione italiana alle iniziative internazionali a favore dell'Albania", oltre a stabilire gli aiuti umanitari a sostegno della popolazione albanese, ha finanziato progetti di O.N.G. per affrontare la crisi albanese. Ad esempio, il progetto del Consorzio Italiano di Solidarietà (I.C.S.) per la realizzazione di una rete di centri di aggregazione giovanile all'interno del "Programma Minori Albania". Cfr. il rapporto finale redatto dall'Ics, pp. 24 ss.; Petti G., op. cit., p. 55. Cfr. anche la Circolare telegrafica del Ministero dell'Interno del 20.6.1998 che indica il S.S.I. come il soggetto a cui è affidato il compito di promuovere tutte le possibili iniziative per il rimpatrio assistito dei minori albanesi.

101. S.S.I., I.P.R.S., op. cit., p. 32. Cfr. anche Campani G., Lapov Z., Carchedi F., op. cit., pp. 106-108; Petti G., op. cit., pp. 119-123; Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali - Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali - Comitato per i Minori Stranieri, I minori stranieri non accompagnati, in Cittadini in crescita, n. 3-4/2001, p. 133; Bonetti P., op. cit., p. 76; in tal senso anche le parole di Padre Carmelo Prestipino, intervista realizzata a Fier (Albania) il 23.09.2005 che ha dichiarato di aver accolto fino al 1999 minori che venivano rimpatriati (poi, correggendosi, ha detto espulsi) senza aver preventivamente svolto l'indagine familiare e di Lida Leskaj che ha riferito come sia stato disastroso il rimpatrio, senza indagini, di due minori la cui famiglia era stata uccisa, in intervista realizzata presso il S.S.I. di Tirana (Albania) il 23.8.2005.

102. Presidenza del Consiglio dei Ministri - D.A.S. - Comitato per la tutela dei minori stranieri, Circolare dell'8.7.1998 avente come oggetto: minori albanesi non accompagnati.

103. Per approfondimenti, vedi S.S.I., I.P.R.S., op. cit., cap. I. Sull'argomento, cfr., Pratelli F., op. cit., cap. III; Campus A., op. cit., pp. 107-109.

104. Cfr. materiale informativo sulla convenzione tra il D.A.S. e il S.S.I. in accordo con il Ministero del Lavoro e degli affari Sociali Albanesi.

105. Sono il V.I.S. (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), il Cefa (Comitato europeo per la formazione e l'agricoltura), l'Engim (Ente nazionale Giuseppini del Murialdo), l'AiBi (Amici dei bambini), l'LVIA (Associazione internazionale volontari laici, Lay Volunteer International Association).

106. Dal testo della Convenzione, gentilmente concesso dall'O.N.G., V.I.S. Sulla tematica, vedi Petti G., op. cit., cap. III.

107. Petti G., op. cit., p. 81.

108. Brano trascritto dal sito ufficiale del S.S.I.