ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Conclusioni

Nastassya Imperiale, 2007

La presenza sul nostro territorio degli Uffici di mediazione penale minorile, ai quali affidare la gestione di un conflitto generato da un reato commesso da un minorenne, è ancora limitata. Tale situazione, più che a un problema giuridico, è da ascrivere a un problema di mentalità che inibisce la diffusione della cultura della mediazione e delle pratiche di risoluzione consensuale dei conflitti.

Le esperienze di mediazione penale minorile esistenti sul nostro territorio sono nate a livello sperimentale, su iniziativa di singoli soggetti che con il loro lavoro volontario hanno dato vita, all'interno dell'ordinamento giudiziario minorile, a delle prassi di mediazione penale molto efficienti. Ai particolarismi territoriali corrisponde una sostanziale omogeneità per quel che riguarda le metodologie adottate. Infatti, dall'analisi che ho condotto su alcuni di questi Uffici, emerge che tutti i Centri di mediazione penale minorile sono nati grazie a dei Protocolli d'intesa siglati dagli enti locali e dal privato sociale con i Centri di giustizia minorile, con le Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni e i Tribunali per i minorenni dei distretti di Corte d'Appello interessati.

Gli operatori che prestano la loro attività, a tempo parziale, all'interno di questi Uffici, fanno riferimento prevalentemente al modello umanistico teorizzato da Jacqueline Morineau, appreso con lunghi tirocini e continui periodi di formazione. Anche per quanto riguarda gli ambiti normativi, individuati per dare rilevanza giuridica al percorso di mediazione intrapreso dal minore autore del reato con la vittima, si rileva una sostanziale omogeneità. Tutti i centri di mediazione, infatti, inseriscono l'attività di mediazione nell'ambito degli artt. 9, 27, 28 del d.p.r. 448/88. L'ufficio di mediazione penale minorile di Trento presenta una specificità, poiché oltre a questi ambiti normativi fa riferimento anche alla disposizione contenuta nell'art. 12 del d.p.r. 448/88. Altro elemento in comune ai diversi Uffici, è l'uso privilegiato della fase pre-processuale per l'inserimento del percorso di mediazione, grazie alla disposizione contenuta nell'art. 9 del d.p.r. 448/88, relativa all'indagine sulla personalità del minorenne. Anche la procedura seguita, per dare avvio al percorso di mediazione, e le varie fasi in cui esso si articola, sono sostanzialmente analoghe in tutti gli uffici.

I risultati delle attività di mediazione portate avanti in questi anni dai diversi centri sono sostanzialmente positivi. Infatti, dallo studio emerge che, oltre all'aumento del numero delle segnalazioni provenienti dall'Autorità giudiziaria, si registrano anche molti casi di mediazioni concluse con esito positivo. Il problema maggiore è rappresentato dalla difficoltà dei mediatori ad acquisire il consenso della vittima del reato per la sua partecipazione alla mediazione, tema sul quale forse sarebbe opportuna una normativa ad hoc. Una volta superata la diffidenza della persona offesa dal reato, la mediazione si conclude di solito con un esito positivo, con una riconciliazione con il minore autore del reato e con attività di riparazione, simboliche e materiali.