ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Alida Surace, 2006

Il presente lavoro trae origine dallo studio del fenomeno del pluralismo giuridico, nei termini in cui esso è stato riproposto dalla corrente di pensiero ascrivibile in particolare all'antropologia e alla sociologia del diritto che, sviluppatasi a partire dalla seconda metà del secolo scorso, viene generalmente definita New Legal Pluralism.

A fronte del lento, ma incessante recesso degli Stati dalla titolarità esclusiva della domestic jurisdiction, e della conseguente inadeguatezza delle tesi del monismo del diritto (tanto statale quanto internazionale), la riscoperta della complessità dell'universo giuridico diviene l'indispensabile chiave di lettura del mondo moderno e del ruolo in esso svolto dalla globalizzazione. È proprio dall'analisi di questo fenomeno, responsabile tra l'altro di uno stravolgimento nella rappresentazione sociale della distanza e dei confini del mondo, che deriva la necessità di confrontarsi con il pluralismo degli ordinamenti, davanti al quale le aspirazioni cosmopolitiche del globalismo giuridico si dimostrano fallimentari.

La presa di coscienza dell'abbattimento dei confini e dell'inevitabile interazione fra tre dimensioni - locale, nazionale e globale - potrebbe semplicemente indurre a constatare la coesistenza, nel medesimo ambito politico-spaziale, di una pluralità di sistemi giuridici, considerati alla stregua di entità separate e distinte. Lungi dal volersi limitare a ciò, la ricerca si propone di mettere in risalto la presenza di differenti sistemi legali, propriamente detti legal orders, sovrapposti, compenetrati, eterogenei, complementari quanto antagonisti e pertanto non riconducibili ad alcun unitario paradigma normativo, ma inquadrabili piuttosto in ciò che Boaventura de Sousa Santos definisce interlegality. L'elaborazione di questa nozione fornisce quindi uno strumento ottimale per la comprensione della realtà complessa e multidimensionale del pluralismo giuridico.

Per sviluppare questo approccio è apparso interessante capire in quali settori l'interlegalità assume effettivamente rilevanza concreta. La questione dei diritti fondamentali, alla luce dell'evidente coesistenza di una pluralità di legal orders deputati alla loro protezione, si è così rivelata un ambito quanto mai significativo per condurre questo tipo di analisi.

La sfida che si prospettava è venuta a coincidere in particolare con l'individuazione di un case study in relazione al quale analizzare le modalità con cui la mescolanza dinamica tra 'reti di legalità' prende forma e si sviluppa. Un'analisi in cui la giurisprudenza ha da subito assunto un ruolo chiave. Ecco quindi delineato il percorso che mi ha portato alla scelta di esaminare il diritto all'unità familiare, protetto in particolare dall'articolo 8 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Ciò ha comportato innanzitutto, a conferma concreta della presenza di una pluralità di ordinamenti giuridici inevitabilmente connessi, l'ampliamento del panorama di riferimento sia all'ordinamento nazionale, in virtù dell'appartenenza dell'Italia al sistema convenzionale, sia all'ordinamento comunitario, in ragione dell'inserimento nel Trattato sull'Unione, dopo un lungo percorso di cui ho cercato di evidenziare le tappe più significative, dell'impegno a rispettare i diritti garantiti dalla Convenzione europea.

Al fine di rendere il case study coerente con l'analisi teorica svolta, è risultato però fondamentale considerare l'esistenza di quella pluralità come una sorta di nuovo punto di partenza per la mia ricerca, piuttosto che come suo epilogo. Lo studio delle interazioni tra i suddetti ordinamenti, incentrato sulla giurisprudenza dei rispettivi organi giudiziari in materia di protezione del diritto all'unità familiare, è stato pertanto condotto con l'obbiettivo di valutare concretamente quali tra esse fossero riconducibili alla sfera dell'interlegalità. Dunque l'esame dei rapporti intercorrenti tra il sistema convenzionale e l'ordinamento comunitario, come anche tra ciascuno di essi e l'ordinamento nazionale, si è rivelato funzionale all'obbiettivo prefissato.

Per quanto riguarda in primo luogo il contesto europeo ho cercato di mettere in evidenza come la genesi della duplice protezione - Corte di Strasburgo e Corte di Lussemburgo - dei diritti fondamentali in Europa abbia dato origine ad un sistema che, in assenza di precise forme di coordinamento tra le due giurisdizioni, si traduce inevitabilmente in una costante correlazione che assume i caratteri ora della complementarietà, ora della competizione, ora della subordinazione, ora infine della semplice coesistenza. L'analisi della risoluzione delle controversie sottoposte al giudizio delle due Corti si è rivelato da un lato molto interessante per lo studio concreto di quella correlazione, dall'altro indispensabile per avvalorare la tesi dell'effettiva presenza di interlegalità. La sentenza della Corte di giustizia relativa alla direttiva comunitaria sul ricongiungimento familiare ha in questo senso costituito, tra le altre, un terreno di confronto particolarmente significativo.

Analoghe considerazioni derivano inoltre dall'analisi dei rapporti tra ordinamento nazionale e sistema convenzionale: l'assenza di un formale inserimento della Convenzione europea in un sistema organico di fonti rende infatti la combinazione tra questi due piani estremamente complessa, soprattutto nel passaggio da una ricostruzione prettamente teorica dello status giuridico della Convenzione in Italia ad uno studio delle discrasie che sorgono nell'applicazione concreta del diritto all'unità familiare, sia come presupposto per il ricongiungimento familiare, che come limite all'espulsione. Ho voluto in particolare sviluppare uno studio comparativo tra la giurisprudenza nazionale (soprattutto con riferimento alla Corte di Cassazione) e quella della Corte di Strasburgo, cercando di evidenziare i diversi criteri di protezione del diritto all'unità familiare, che discendono, tra l'altro, dalla portata attribuita alla nozione di famiglia, agli effetti della filiazione e alle ragioni che, nel rispetto del sistema convenzionale, possono giustificare un'ingerenza nella vita familiare. Il risultato di questa costante sovrapposizione di decisioni consiste nella presenza di una molteplicità di situazioni ibride, spiegabile solo alla luce del fatto che in un contesto di interlegalità, essendo le norme in costante elaborazione, le controversie vengono così risolte da chi detiene il potere di decidere quale norma applicare o quale interpretazione privilegiare nel caso concreto, in un quadro spesso conflittuale che de Sousa Santos definisce politics of definition of law.

Dal punto di vista infine della correlazione tra ambito nazionale e ambito comunitario, la situazione può sembrare più semplice, in virtù del fatto che il lungo percorso di integrazione europea si è tradotto in un sistema organico all'interno del quale esiste sia una formale gerarchia tra le fonti giuridiche riconducibili ai due ordinamenti, sia un preciso meccanismo di coordinamento che dovrebbe assicurare, attraverso il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, omogeneità e coerenza al sistema stesso. L'esame diretto delle sentenze che rendono evidente la sovrapposizione tra questi ordinamenti nella protezione dell'unità familiare si rivela indispensabile, non però per avvalorare, come nei due casi precedenti, lo studio teorico, quanto per smentire l'apparente organicità del sistema, svelando così la presenza, anche in questo caso, di relazioni interlegali che tradiscono ancora una volta complessità, competizione e sovrapposizione diacronica. Una complessità che la scelta della protezione dell'unità familiare come case study impone di riscoprire anche per il riferimento, costante e imprescindibile, sia all'articolo 8 della Convenzione europea che alla sua interpretazione fornita dalla Corte di Strasburgo.