ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Elisa Calamai, 2003

La nostra indagine si propone di analizzare l'evoluzione delle diverse figure di operatori penitenziari, a partire dalla fine del XIX secolo fino ad oggi, avendo come sfondo i diversi modelli teorici di trattamento.

Nel primo capitolo descriveremo il prevalere delle esigenze custodiali su quelle riabilitative soprattutto nel settore degli adulti, quindi l'origine della concezione rieducativa e della utilizzazione degli esperti. Verrà posto in evidenza l'allargamento progressivo della prospettiva del trattamento e dell'impiego degli operatori, da fasce di detenuti "particolari" (malati di mente, ma soprattutto minori) alla intera massa di condannati.

Nel secondo capitolo ci occuperemo in maniera specifica della legge 26 luglio 1975 n. 354 concernente "Norme sull'Ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure preventive e limitative della libertà personale" e del successivo DPR del 29 aprile 1976 n. 431 con il quale venne approvato il "Regolamento di esecuzione". Con questa legge il legislatore italiano dette applicazione, sul piano penitenziario, al precetto dell'art. 27 comma 3º della Costituzione, il quale dispone che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Descriveremo la finalità rieducativa come un obiettivo che si intende perseguire attraverso un complesso di attività, di misure e di interventi, rivolti al condannato nel corso della fase esecutiva della pena, e analizzeremo le indicazioni della legge di riforma in materia di utilizzazione di tutti gli operatori penitenziari, comprese le due innovative figure di educatore e assistente sociale.

Tratteremo i problemi presentatisi nell'impiego degli esperti del trattamento. In primo luogo verranno sottolineate le contraddizioni tra l'utilizzazione del personale e la persistenza, nelle strutture carcerarie, di condizioni sociali e culturali che rappresentavano una realtà ostile alla prospettiva del trattamento. In secondo luogo analizzeremo i problemi pratici dell'attività degli operatori penitenziari: l'insufficienza del personale, la burocratizzazione dell'osservazione, la carenza di una adeguata formazione, l'interazione con il personale di custodia, l'assenza di risorse ecc.

Nel terzo capitolo accenneremo all'attacco sferrato al 'mito della rieducazione' da parte dei neoretribuzionisti, per sottolineare come nel nostro paese la cultura penale e penitenziaria abbia ritenuto irrinunciabile il principio rieducativo, anche se ne è stata discussa concretamente la validità. Inoltre esamineremo la legge Gozzini del 1986, la quale ha imposto la necessità di un nuovo modello di sinallagma penitenziario, inteso come scambio tra la modifica della pena e determinati comportamenti, e vedremo come essa abbia snaturato il rapporto tra operatori sociali e detenuti rendendolo quasi mai disinteressato.

Relativamente al nostro argomento ci occuperemo di tutta la produzione legislativa degli anni '90, compreso il nuovo regolamento esecutivo del 2000, fermando in particolare l'attenzione sulla legge n. 395 del 15 dicembre 1990, importante per aver previsto un nuovo ordinamento del corpo di polizia penitenziaria e per aver riorganizzato il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria secondo il modulo dipartimentale. A questa riforma è seguita l'introduzione della nuova figura di Direttore-coordinatore di area trattamentale.

Parleremo della smilitarizzazione degli agenti di custodia e della loro partecipazione all'attività di osservazione e trattamento, necessaria in ossequio alle esigenze di adeguamento alle normative europee, e vedremo come tale partecipazione venga risolta in un'accettazione formale dei fini trattamentali, mentre nei rapporti coi detenuti, gli agenti restano profondamente ancorati a valenze esclusivamente custodiali.

Infine nel quarto capitolo descriveremo le problematiche e le peculiarità di ciascun soggetto del trattamento grazie anche all'apporto di testimonianze dirette raccolte nella realtà penitenziaria toscana. Prima di passare alle conclusioni, sottolineeremo come uno dei motivi del disagio degli operatori penitenziari riguardi il problema centrale della certezza della pena, parleremo dei rapporti difficili con una legge che li carica di ruoli non propri e concluderemo auspicando una diminuzione dello scarto sempre più frequente tra pena inflitta e pena scontata.