ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo IV
La misura dell'allontanamento dalla casa familiare nell'esperienza normativa di alcuni paesi di civil law e common law. Cenni comparati

Claudia Kolb, 2002

1. Introduzione

La novità della misura dell'allontanamento dalla casa familiare ex artt. 282-bis c.p.p. ed artt. 342-bis e 342-ter c.c. è senz'altro di notevole portata. Si introduce, infatti, da parte del legislatore italiano, una misura specifica e tipizzata, sia nell'individuazione del diritto leso che nel contenuto della misura stessa.

Va comunque rilevato che tale misura non è una creazione del nostro legislatore, essendo stata mutuata da leggi di altri paesi, e soprattutto da quella austriaca in vigore dal maggio 1997. Oltre l'Austria, vi sono numerosi altri paesi che hanno introdotto le misure di allontanamento dalla casa familiare, come l'Inghilterra, l'Irlanda, l'Australia, la Nuova Zelanda, alcuni Stati degli U.S.A., la Germania, la Danimarca, la Finlandia e la Svezia. In Francia e in Spagna questa misura non è ancora prevista, anche se, in entrambi i paesi, essa è già da alcuni anni oggetto di una commissione di studio parlamentare.

Qui di seguito si esamineranno solamente le disposizioni vigenti in Austria, Germania, Inghilterra e Irlanda, in quanto più significative ai fini di un confronto con quelle introdotte in Italia.

2. Le disposizioni in materia di allontanamento dalla casa familiare in Austria

La legge federale austriaca n. 759, promulgata il 30 dicembre 1996 ed in vigore dal 1997, ha apportato delle modifiche in tema di protezione contro la violenza in famiglia. Il nuovo paragrafo 382 b EO ("Protezione contro la violenza in famiglia") così dispone (1):

"(1) Ad una persona che abbia usato violenza fisica ad un parente convivente, o abbia minacciato di commettere tale violenza, o ne abbia sensibilmente danneggiato la salute psicologica, in conseguenza di una condotta tale che una sua prosecuzione sia intollerabile, il Tribunale può, su richiesta della vittima:

  1. ordinare all'aggressore di abbandonare immediatamente l'abitazione e di allontanarsi dalle immediate vicinanze;
  2. impedire all'aggressore il ritorno all'abitazione e alle immediate vicinanze, se l'abitazione è necessaria al richiedente per soddisfare le proprie necessità di alloggio.

(2) Ad una persona che abbia usato violenza fisica ad un parente convivente, o abbia minacciato di commettere tale violenza, o abbia sensibilmente danneggiato la salute psicologica di quest'ultimo, così da rendere intollerabile ulteriori incontri fra loro, il Tribunale può, su richiesta della vittima:

  1. proibire all'aggressore la presenza in certi luoghi stabiliti e
  2. ordinare all'aggressore di non incontrare o contattare il richiedente (la parte attrice), nei limiti in cui ciò non sia di pregiudizio a seri interessi dell'aggressore.

(3) I parenti menzionati nelle sopra indicate sezioni 1 e 2 sono i seguenti:

  1. il coniuge o il convivente di lunga durata;
  2. i fratelli ed i parenti in linea retta, incluso i genitori adottivi e i figli adottivi;
  3. il coniuge o il convivente di lunga durata delle persone indicate nella lettera b);
  4. i parenti in linea retta, incluso i genitori adottivi e i figli adottivi del coniuge o del convivente di lunga durata;
  5. i fratelli del coniuge o del convivente di lunga durata se questi hanno coabitato con il convenuto durante gli ultimi tre mesi.

(4) Una misura provvisoria, relativamente ai casi descritti nei paragrafi 1 e 2, può essere emanata indipendentemente dall'esistenza di un legame tra le parti, ed indipendentemente dall'esistenza di un procedimento di divorzio, o di un giudizio per l'annullamento o la nullità del matrimonio, per la separazione dei beni e dei risparmi coniugali comuni, o per l'assegnazione della casa familiare. Però, fintanto che questi giudizi sono in corso, la durata della misura non può eccedere i tre mesi."

Il paragrafo 382 c EO (Procedura e ambito di applicazione) così recita:

"(1) L'udienza di audizione del convenuto deve essere posticipata al fine di irrogare la misura provvisoria prevista dal paragrafo 382 b sezione 1, se appare imminente un'ulteriore minaccia da parte del convenuto. Tale circostanza può emergere dal rapporto degli ufficiali sanitari, che deve essere immediatamente consegnato al Tribunale e che quest'ultimo deve mettere agli atti.

Se la richiesta dell'attore di ordinare al convenuto di non avvicinarsi alla casa familiare è accettata senza ulteriore indugio, l'ordine di allontanamento deve essere notificato immediatamente al convenuto.

(2) Salvo diversa richiesta dell'attore, l'ordine di allontanamento dall'abitazione familiare deve essere notificato al convenuto, nel giorno stabilito, da parte degli ufficiali incaricati dell'esecuzione dell'ordine. Il convenuto viene informato del giorno fissato per l'esecuzione dell'ordine.

(3) La decisione o il decreto del Tribunale, con cui viene emessa la misura provvisoria ex paragrafo 382 b, così come quello contenente la revoca della misura provvisoria, devono essere inoltre comunicati:

  1. alla stazione di polizia sotto la cui giurisdizione ricade la misura o all'ufficio delle amministrazioni locali ed all'autorità sanitaria;
  2. se una delle parti è un minore, senza indugio anche al competente centro per il benessere del minore.

(4) Omissis."

Ulteriori specificazioni sono fornite al paragrafo 382 d):

"(1) Le misure provvisorie emanate secondo il paragrafo 382 b, sezione 1, devono essere rese effettive immediatamente tramite un ordine ufficiale o un decreto.

(2) L'autorità ufficiale incaricata dell'esecuzione dell'ordine deve scortare il convenuto durante l'allontanamento dall'abitazione e confiscargli le chiavi dell'abitazione, che saranno consegnate al Tribunale. Il convenuto è autorizzato a prendere i propri effetti personali, documenti e quant'altro necessario per il suo uso personale o per la sua professione.

(3) Se il convenuto non è presente durante l'esecuzione dell'ordine, l'autorità ufficiale incaricata dell'esecuzione permetterà al convenuto di raccogliere i propri effetti personali dall'abitazione entro due giorni, come previsto dalla sezione 2. Alla controparte saranno resi noti i propri diritti tramite affissione di un foglio di notifica sulla porta dell'abitazione.

(4) Il Tribunale può anche incaricare le autorità di pubblica sicurezza dell'esecuzione della misura temporanea emessa secondo il paragrafo 382 b sezione 1. In questo caso, le autorità incaricate dell'esecuzione, a richiesta dell'attore, hanno l'ordine di assicurare che la condizione prevista nel paragrafo 382 b sezione 1 siano rispettate, tramite l'esecuzione diretta e con la forza. Esse riferiranno al Tribunale competente che ha emesso la misura provvisoria."

Infine la legge n. 759 ha introdotto all'art. 3 alcune modifiche alla normativa che regola l'attività della polizia. È stato infatti inserito un nuovo paragrafo 38a, intitolato "Ordini di protezione e divieto di rientro nei casi di violenza in famiglia".

"(1) Se, sulla base di certi fatti, specialmente se collegati a precedenti atti di violenza, è ragionevole aspettarsi che saranno commessi nuovi atti di violenza contro la vita, la salute o la libertà, gli ufficiali di pubblica sicurezza sono autorizzati a espellere una persona che è causa di tale minaccia dall'abitazione di una persona che è in pericolo, e anche dalle immediate vicinanze dell'abitazione.

A tale persona sarà reso noto il perimetro che l'ordine di restrizione coinvolge. Il perimetro sarà definito dallo spazio che garantisca la maggiore sicurezza alla vittima.

(2) Gli ufficiali di pubblica sicurezza sono inoltre autorizzati a proibire il ritorno della parte interessata dalla misura nel perimetro definito nella sezione 1. L'esercizio della forza, tuttavia, non è permesso. (...) Gli ufficiali di pubblica sicurezza hanno il potere di ritirare tutte le chiavi in possesso della persona, e sono obbligati ad autorizzarlo a ritirare qualsiasi oggetto personale indispensabile, così come di permettergli di valutare quali possibilità di alloggio siano per lui disponibili.

(3) Omissis.

(4) Gli ufficiali di pubblica sicurezza hanno inoltre l'obbligo di informare la persona in pericolo dell'esistenza della misura provvisoria che il Tribunale può emettere ai sensi dell'art. 382 b sezione 1 EO, e del relativo programma di protezione per le vittime.

(5) La documentazione a supporto del divieto di rientrare nell'abitazione deve tenere in considerazione non solo le circostanze relative all'emanazione del divieto, ma anche quelle che potrebbero essere rilevanti per un'azione giudiziaria secondo il paragrafo 382 b EO.

(6) Il divieto di rientrare nell'abitazione deve essere reso noto a tutte le autorità di pubblica sicurezza e deve essere oggetto di accertamento investigativo entro 48 ore. A questo fine, gli ufficiali di pubblica sicurezza possono utilizzare tutto l'apparato organizzativo necessario per accertare i fatti. Se vengono a mancare i presupposti per il mantenimento del divieto di rientrare nell'abitazione, la misura deve essere immediatamente revocata e deve essere notificata la revoca alla persona interessata dalla misura e, senza indugio, anche alla vittima. Le chiavi confiscate devono essere restituite. (...) Omissis

(7) Il divieto di rientrare nell'abitazione perde efficacia il decimo giorno (2) successivo all'emissione della misura. Qualora il Tribunale abbia notificato alle autorità di pubblica sicurezza il deposito di un'istanza per l'emanazione di una misura provvisoria ex paragrafo 382 b sezione 1 EO, il divieto perde di efficacia il giorno in cui il Tribunale emette il decreto, o comunque entro il quattordicesimo giorno."

2.1. Commento

Anche in Austria il fenomeno della violenza domestica si è rivelato ben più ampio di quanto si poteva pensare. "Dal 1978, anno in cui fu aperto il primo centro antiviolenza, c'è stato un crescendo di iniziative volte a sensibilizzare la società sul problema della violenza in famiglia. Tuttavia la mancanza di una legge ad hoc impediva di soddisfare pienamente i bisogni delle vittime. Le procedure legali per la separazione e il divorzio potevano richiedere anni ed intanto le vittime e i loro figli erano costretti a vivere in case rifugio, lontane dai propri affetti, spesso obbligate ad abbandonare il lavoro e senza alcun sostegno economico." (3)

A seguito della Conferenza delle Nazioni Unite sui diritti umani, tenutasi a Vienna nel 1993, le associazioni a favore dei diritti delle donne sensibilizzarono i partecipanti al problema della violenza in famiglia. Sotto questa spinta, il governo austriaco nominò nel 1994 una commissione incaricata di elaborare una legge per la protezione delle vittime della violenza in famiglia.

Lo scopo della legge era di fornire alle vittime un livello di maggiore protezione nelle situazioni di crisi acuta e di garantire loro la possibilità di rimanere nell'ambiente familiare, interrompendo allo stesso tempo le violenze tramite l'irrogazione di una misura cautelare.

Tuttavia la scelta del parlamento austriaco è stata quella di non varare nuove misure di natura penale, bensì di introdurre soltanto strumenti di natura civilistica.

Uno degli aspetti innovativi della legge austriaca consiste nella possibilità di azione riconosciuta alle forze di polizia (art. 38 a). Questa legge protegge tutte le persone che vivono nella casa familiare, indipendentemente dalla natura della relazione reciproca (coniugio, convivenza o semplice coabitazione). Come detto supra, la misura ha una durata di 10 giorni, e la vittima non più chiedere che essa venga revocata, salvo che, dopo gli accertamenti che la polizia ha l'obbligo di fare entro le 48 ore successive all'emissione del divieto di rientrare nell'abitazione, i presupposti siano mutati. In tal caso la polizia dovrà revocare il divieto.

Se la vittima ha necessità che la misura duri più a lungo, essa deve fare istanza al Tribunale ordinario perché venga emessa una misura provvisoria ex paragrafo 382 b sezione 1 EO, durante il periodo di validità della misura emessa dalla polizia. La misura provvisoria emanata dal giudice civile può avere una durata di tre mesi. Inoltre, quest'ultima potrà essere prorogata, qualora alla scadenza dei tre mesi sia stata presentata istanza di divorzio, nel qual caso la misura provvisoria resta in vigore finché non si è concluso il giudizio.

Come indicato supra, la misura può essere applicata nei casi di pericolo per la salute fisica o mentale della vittima, e consiste nell'ordine di allontanamento dall'abitazione e nel divieto di rientrarvi. Inoltre, il Tribunale può concedere anche la misura accessoria di non avvicinarsi in luoghi specifici e significativi per la vittima, così come quella di non incontrare la vittima.

Si è cercato dunque di dare una protezione a largo raggio, sia in termini temporali, con la possibilità di proroga della misura, sia in termini spaziali, tramite la definizione di un perimetro che non può essere oltrepassato dall'aggressore.

L'importante novità introdotta dalla legge è che ambedue le misure, sia quella emessa dal giudice civile, sia quella emessa dalla polizia, sono immediatamente esecutive: il vantaggio è che alla vittima è garantito un immediato stato di sicurezza, venendo allontanato, con tanto di scorta, l'autore della violenza e la fonte di pericolo per il benessere della famiglia. Inoltre, per permettere il recupero degli effetti personali, l'aggressore viene scortato dalla polizia nella sua abitazione, è obbligato a consegnare le chiavi, e non viene mai lasciato solo insieme con la vittima.

2.2. Differenze rispetto alla normativa italiana

In materia di violenza in famiglia, in Austria non è stata introdotta una misura cautelare nel codice di procedura penale, nella forma ad esempio dell'arresto o dell'allontanamento dalla casa familiare. È stata invece introdotta una misura che autorizza la polizia ad espellere l'aggressore dalla casa nei casi di palese pregiudizio, per una durata massima di dieci giorni.

La differenza essenziale con la normativa italiana è che la misura cautelare ex art. 282-bis c.p.p. può essere applicata solo su richiesta del P.M., cioè dopo che si è avviato un procedimento penale.

Rispetto alla normativa italiana, la misura prevista dal legislatore austriaco, ossia l'allontanamento dalla casa familiare azionato dalla polizia, appare un rimedio, almeno prima facie, più flessibile. Ciò in quanto, anzitutto, non c'è alcun bisogno da parte delle vittima di denunciare o di querelare il familiare violento: è la polizia che prende l'iniziativa di allontanare il familiare violento in base a poteri del tutto svincolati dalla volontà delle vittima. Inoltre, non c'è necessità di iniziare un procedimento penale se i reati commessi sono a querela di parte. C'è invece il grande vantaggio di ottenere una tutela immediata facendo intervenire la polizia, che, se ravvisa gli elementi della violenza e il pericolo della reiterazione, applica immediatamente la misura. La differenza rispetto al sistema italiano è notevole: infatti, in Italia, "l'arresto in flagranza e il fermo si collegano al potere, espressamente attribuito all'autorità di polizia dall'art. 13 comma 3 Cost., di adottare "in casi eccezionali di necessità e di urgenza, indicati tassativamente dalla legge", provvedimenti provvisori limitativi della libertà dei singoli, salva restando la necessità di un intervento di garanzia dell'autorità giudiziaria, chiamata a verificare entro termini brevissimi la legittimità della limitazione della libertà personale." (4)

Un'altra differenza riguarda le modalità esecutive: è evidente, come si rileva direttamente dal testo della legge, che il legislatore austriaco ha voluto regolare anche i particolari pratici dell'esecuzione (specialmente per quanto riguarda la consegna delle chiavi e la presenza della scorta) per evitare che una procedura esecutiva non chiara e non specifica dell'ordine dell'allontanamento potesse inficiare il risultato della misura stessa. In Italia, invece, il legislatore non ha specificato i termini dell'esecuzione, in quanto ha previsto che solo "ove sorgano difficoltà o contestazioni, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l'attuazione, ivi compreso l'ausilio della forza pubblica e dell'ufficiale sanitario." Questo potrebbe essere un aspetto di debolezza, in quanto se la regola è che "il giudice determina le modalità di attuazione", significa che la maggior parte delle volte l'ordine sarà lasciato alla spontanea attuazione dell'aggressore, e solo dove esso non sia spontaneamente eseguito si dovrà far ricorso di nuovo al giudice perché faccia intervenire le forze dell'ordine. Il rischio è che la misura non sia né immediata, né sicura per la vittima.

Altra rilevante differenza tra la normativa austriaca e quella italiana riguarda i centri d'intervento. In Austria lo Stato (tramite il Ministero degli Interni ed il Ministero per gli Affari sociali) si è fatto carico del problema, dando ad esso una risposta istituzionale. Infatti, il governo ha disposto il finanziamento dei centri d'intervento che si pongono, a livello regionale, accanto alle altre agenzie (come ad esempio i servizi sociali e quelli ospedalieri). Questi centri hanno come scopo quello di assistere le vittime nel far valere i propri diritti (assistenza legale individuale) e di migliorare le modalità d'intervento e prevenzione, tramite l'interazione con altre agenzie statali (la cosiddetta "assistenza istituzionale"). Essi sono paragonabili, sotto certi aspetti, ai consultori italiani. (5)

Questo stesso approccio sarebbe auspicabile anche in Italia, per evitare che l'opera di supporto e assistenza alla vittima (una volta ottenuta l'applicazione della misura ex legge 154/2001) sia lasciata ai privati (ossia ai centri antiviolenza), che, come già osservato, (6) non hanno un ruolo istituzionale. La legge n. 154/2001, pur avendo inserito dei riferimenti ai centri di mediazione familiare o ai centri antiviolenza, non ha però munito di sufficiente obbligatorietà questa indicazione: questo è forse uno dei punti di maggiore debolezza della legge. Dovendo agire all'interno di un ambito così delicato come la famiglia, è necessario che venga creato un sistema di supporto intorno alla vittima, a spese dello Stato, per accompagnarla nelle fasi successive all'irrogazione della misura, per seguire le sue decisioni e sostenerla dal punto di vista psicologico, materiale e di assistenza legale. Infatti, la legge da sola non può bastare: occorre creare una rete istituzionale di protezione e intervento.

In Austria la polizia ha l'obbligo, come previsto dall'art. 38 a) della legge che ne regola l'attività, di notificare ai centri d'intervento l'avvenuta applicazione della misura, affinché questi si mettano in contatto con le vittime. Questo approccio è opportuno, in quanto non si può attendere che siano le vittime a mettersi in contatto con le apposite agenzie, soprattutto nel breve periodo dei 10 giorni della misura applicata dalla polizia. È infatti probabile che la vittima sia sbandata, impaurita e non sia subito in grado di organizzarsi per cercare adeguato aiuto. Inoltre, i centri d'intervento austriaci hanno anche l'obbligo di seguire le vittime regolarmente nel tempo (trattasi del cosiddetto follow-up), onde evitare che la questione rimanga un fatto privato. L'esperienza ha dimostrato che le vittime hanno bisogno di essere seguite, ed hanno piacere di essere contattate ripetutamente nel tempo, poiché in tal modo non si sentono sole e abbandonate. (7)

Infine, tra i compiti dei centri d'intervento austriaci, vi è anche quello di recuperare l'aggressore, direttamente o tramite altre agenzie sociali. Ciò in quanto dagli studi fatti risulta che il tasso di recidiva è molto alto.

Poiché la legge austriaca è applicata dal 1997, può essere interessante esaminare alcuni dati (8): dal maggio 1997 al giugno 2000, su una popolazione di circa 8 milioni di abitanti, la polizia ha allontanato 10.522 violenti dalla casa familiare (1.449 nel 1997, 2.673 nel 1998, 3.076 nel 1999 e 2.354 nel 2000). (9) Interessante è notare che solo il 10% di essi ha violato la restrizione di non rientrare nella casa familiare: segno che gli aggressori si sono fatti coscienti delle loro azioni o che temono la sanzione (pecuniaria o detentiva) che segue alla violazione della misura.

Purtroppo in Austria la misura dell'allontanamento dalla casa familiare ha scarso effetto nei casi di violenza estrema, ossia in quei casi dove è molto alta la possibilità che il conflitto sfoci nell'omicidio del partner. In questi casi è necessario infatti adottare misure più restrittive della libertà dell'aggressore, come la custodia cautelare in carcere, e quindi più protettive dell'incolumità della vittima, in quanto la misura cautelare dell'allontanamento e del divieto di rientrare non può essere di per sé sufficiente a tutelare la vittima. Lo stesso può dirsi anche per l'Italia, ove, anziché utilizzare la nuova misura ex 282-bis c.p.p., in tali casi si dovranno adottare altre misure coercitive. (10)

3. Le disposizioni in materia di allontanamento dalla casa familiare in Germania

In Germania è stata recentemente introdotta una legge, approvata l'11 dicembre 2001 ed entrata in vigore l'1 gennaio 2002, che apporta rimedi civilistici per la tutela delle vittime della violenza e per il rilascio della casa familiare nei casi di separazione.

Si riportano i primi due articoli della legge, aventi per oggetto la violenza in famiglia. (11)

L'articolo 1 della legge, al paragrafo 1 (Misure adottabili dal Tribunale ordinario per la tutela e il perseguimento della violenza), così dispone:

"(1) Quando una persona ha intenzionalmente causato in modo ingiusto una lesione al corpo, alla salute o la libertà di un'altra persona, il Tribunale deve, su richiesta della vittima, adottare le misure appropriate per impedire ulteriori lesioni. Le disposizioni in materia devono essere limitate nel tempo: il termine può essere prorogato. Il Tribunale può, in specifico, disporre che il colpevole si astenga da:

  1. entrare nell'abitazione della vittima
  2. sostare in un determinato perimetro intorno alla casa della vittima
  3. avvicinarsi a determinati luoghi, dove normalmente la vittima si trattiene
  4. contattare la vittima, anche tramite l'utilizzo di mezzi d comunicazione a distanza
  5. fare in modo di incontrare la vittima, fintanto che ciò non sia necessario per tutelare interessi leciti.

(2) Il comma 1 si applica anche quando:

  1. una persona abbia ingiustamente minacciato un'altra di lesioni alla vita, al corpo, alla salute o alla libertà, oppure quando
  2. una persona, ingiustamente ed intenzionalmente:
    1. sia penetrata nell'abitazione o nella proprietà recintata di un'altra persona;
    2. disturbi in modo intollerabile un'altra persona, ossia la segua ripetutamente contro la sua volontà o la perseguiti tramite l'utilizzo di mezzi di comunicazione a distanza.

Nel caso del paragrafo 1 n. 2 lettera b), non sussiste un disturbo intollerabile quando l'azione è volta a soddisfare interessi legittimi.

(3) Nei casi del comma 1 e 2 del paragrafo 2 sopra descritto, il Tribunale può adottare le misure previste al paragrafo 1, quando una persona abbia commesso il fatto in uno stato, anche transitorio, di disturbo patologico delle proprie facoltà mentali, tale da escludere la libera capacità d'intendere e di volere, stato che può essere procurato tramite bevande alcoliche o altre sostanze."

Il Paragrafo 2 (Attribuzione dell'uso di una abitazione comune) così recita:

"(1) Nel caso in cui, all'epoca del fatto previsto nel paragrafo 1, comma 1, la vittima abbia per lungo tempo abitato con il colpevole in un'abitazione comune, essa può richiedergli di cedere l'uso dell'abitazione comune, affinché la vittima la utilizzi in modo esclusivo.

(2) La durata della cessione del diritto di uso dell'abitazione comune deve essere limitata nel tempo, nel caso in cui la vittima abbia in comune con il colpevole il diritto di proprietà, il diritto di costruzione o di usufrutto sul terreno dove si trova l'abitazione, o nel caso in cui la vittima abbia locato insieme al colpevole l'abitazione. Nel caso in cui il colpevole abbia, da solo o insieme ad un terzo estraneo, il diritto di proprietà, il diritto di costruzione, o di usufrutto sul terreno dove si trova l'abitazione, oppure nel caso il colpevole abbia locato da solo od insieme ad un terzo estraneo l'abitazione, il Tribunale deve limitare l'attribuzione del diritto di uso dell'abitazione comune alla vittima per una durata massima di sei mesi. Nel caso in cui, nel periodo previsto dal Tribunale al comma due, la vittima non sia in grado di procurarsi altre adeguate possibilità abitative, il Tribunale può prorogare ancora una volta il termine, per un periodo massimo di sei mesi, salvo che contrari interessi del colpevole o del terzo siano predominanti. I commi da 1 a 3 sono applicabili anche per il diritto di proprietà, il diritto duraturo di abitazione ed il diritto reale di abitazione.

(3) Il diritto ex comma 1 è escluso:

  1. quando non si realizzino ulteriori lesioni nei confronti della vittima, salvo che per la vittima non sia possibile accettare di riprendere la convivenza a causa della gravità del fatto commesso; oppure
  2. quando, entro tre mesi dal compimento del fatto, la vittima non abbia fatto richiesta scritta al colpevole di lasciare l'abitazione; oppure
  3. quando l'attribuzione della casa alla vittima sia in contrasto con predominanti interessi del colpevole.

(4) Nel caso in cui alla vittima sia attribuito l'uso dell'abitazione, il colpevole deve prendere tutte le misure per astenersi e non ostacolare o rendere difficile l'esercizio del diritto d'uso.

(5) Il colpevole può richiedere alla vittima un compenso per l'uso dell'abitazione, sempre che la richiesta sia fondata su parametri di equità.

(6) Nel caso in cui, all'epoca della minaccia prevista nel paragrafo 1, comma 2, anche in relazione al comma 3, la persona minacciata abbia per lungo tempo abitato con il colpevole in una casa comune, essa può richiedere l'attribuzione dell'abitazione comune, quando ciò sia necessario per scongiurare un male ingiusto. Un male ingiusto si può anche realizzare quando il benessere dei figli conviventi nell'abitazione è pregiudicato. Inoltre, si applicano anche i commi da 2 a 5."

Il paragrafo 3 (Ambito di applicazione, compatibilità con altre norme) così dispone:

"(1) Nel caso in cui la persona minacciata o vittima della violenza, all'epoca del fatto prevista nel paragrafo 1, comma 1 o 2, sia sotto la tutela dei genitori, o curatela, o sia affidato ai servizi assistenziali, si applicano alle persone sottoposte a tutela, a curatela o ai servizi di assistenza, al posto dei paragrafi 1 e 2 di questa legge, le misure applicabili per il diritto della tutela, curatela o dell'affido assistenziale.

(2) Ulteriori diritti delle vittime non vengono modificati da questa legge."

Il paragrafo 4 (Sanzioni) così dispone:

"Chiunque violi una delle disposizioni esecutive previste dal paragrafo 1, comma 1 o comma 3, anche in relazione al comma 2, è punito con una pena detentiva fino ad un anno o con una pena pecuniaria. La punibilità secondo altre disposizioni resta inalterata."

L'articolo 2 della legge (Modifiche al codice civile) così dispone:

"1. Il paragrafo 1361 b del codice civile viene così modificato:

  1. Nel caso in cui i coniugi vivano separati, o in cui uno dei due desideri vivere separatamente, uno di essi può richiedere che l'altro gli ceda l'uso dell'abitazione o una parte di essa per suo uso esclusivo, al fine di scongiurare un ingiusto pregiudizio, fintanto che ciò sia necessario, anche tenendo conto degli interessi dell'altro coniuge. Un male ingiusto si può anche realizzare quando il benessere dei figli conviventi nell'abitazione è pregiudicato. Nel caso in cui un coniuge abbia, da solo o insieme ad un terzo estraneo, il diritto di proprietà, il diritto di costruzione o di usufrutto sul terreno dove si trova l'abitazione, di ciò si deve tener conto; lo stesso vale anche per il diritto di proprietà, per il diritto duraturo di abitazione e per il diritto reale di abitazione.
  2. Nel caso in cui un coniuge, nei confronti del quale è emessa la misura, abbia ingiustamente e intenzionalmente leso il corpo, la salute o la libertà dell'altro coniuge, oppure lo abbia ingiustamente minacciato con altra lesione o con una lesione della vita, si applica la disposizione sull'attribuzione della casa comune al coniuge per suo uso esclusivo. Il diritto all'attribuzione della casa è però escluso quando non si realizzano ulteriori lesioni o altre minacce nei confronti della vittima, salvo che per la vittima non sia più possibile accettare di riprendere la convivenza a causa della gravità del fatto commesso.
  3. Nel caso in cui al coniuge venga attribuita l'intera abitazione o una parte di essa, l'altro deve prendere tutte le misure per astenersi e non ostacolare o rendere difficile l'esercizio del diritto d'uso. Il coniuge estromesso può richiedere al coniuge assegnatario della casa un compenso per l'uso dell'abitazione, sempre che la richiesta sia fondata su parametri di equità.
  4. Nel caso in cui, in corso di separazione, uno dei coniugi abbia lasciato l'abitazione, e, nel tempo di sei mesi dal suo allontanamento, non abbia manifestato all'altro coniuge la sua volontà di rientrare, si può correttamente presumere che egli abbia attribuito all'altro coniuge abitante la casa il diritto di uso esclusivo della medesima."

La legge ha anche apportato alcune modifiche al codice di procedura civile, che non saranno oggetto di esame.

3.1. Commento

La recentissima legge tedesca n. 3513 dell'11 dicembre 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 2001 ed entrata in vigore dal primo gennaio 2002, ha introdotto misure simili a quelle previste dal legislatore italiano in tema di allontanamento coattivo dall'abitazione familiare.

Tuttavia, rispetto al caso italiano, l'approccio adottato dal legislatore tedesco è stato molto più ampio: infatti la legge tedesca si intitola "misure giuridiche per la tutela e il perseguimento della violenza", ed è quindi implicitamente applicabile a tutti i casi di violenza, sia in famiglia che al di fuori di essa. È interessante notare che il legislatore tedesco non ha definito i soggetti attivi e passivi, riferendosi in termini generali all'"autore del fatto" ed alla "persona lesa o minacciata". In tal modo, si è previsto un ambito di applicazione potenzialmente infinito, senza distinzione sul grado di parentela esistente tra vittima e autore della violenza, che include anche le coppie omosessuali.

Infatti, il primo paragrafo dell'art. 1 della legge in questione non fa riferimento a situazioni di coniugio o di convivenza, bensì si riferisce solamente alla necessità di allontanare dalla casa della vittima il colpevole, nonché di ordinargli di astenersi dal rientrarvi. Il secondo paragrafo dell'art. 1 riguarda l'attribuzione dell'abitazione di uso comune ad una persona, ma non specifica se la casa sia coabitata per motivi di convivenza, di amicizia o di semplice coabitazione dovuta a motivi di convenienza. L'art. 2 della legge apporta invece una modifica al codice civile, nella parte che riguarda il rapporto di coniugio, prevedendo, con i medesimi presupposti previsti all'art. 1, la possibilità di attribuire l'abitazione coniugale ad uno dei due coniugi e quindi di allontanare l'altro.

Essendo la legge così recente, ed in vigore da meno di un mese, non è possibile fare commenti specifici, ma si può senza dubbio notare che anche la Germania ha recepito l'importanza di introdurre misure atte a contenere il fenomeno della violenza familiare e che, come quello austriaco, anche il legislatore tedesco ha ristretto l'applicabilità della misura al solo ambito civile (avendo infatti apportato modifiche al codice civile), non prevedendo invece alcuna modifica in ambito penale.

Il contenuto della misura è simile a quello visto per l'Italia e l'Austria: un ordine di allontanamento, il divieto di avvicinarsi alla casa entro un determinato perimetro, il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi (ad esempio, il luogo di lavoro) ed il divieto di contattare la vittima in qualsiasi modo.

Poiché il paragrafo 1 dell'art. 1 della legge si riferisce a misure emanabili per la tutela contro la violenza in generale, la durata della misura non è predeterminata dalla legge (in quanto, si presume, sarà rapportata alle modalità ed al tipo di violenza esercitata), ma sarà definita in sede di concreta applicazione da parte del giudice. Invece nel paragrafo 2, riguardante l'attribuzione della casa di uso comune ad una persona, nei casi di convivenza, di amicizia, o di semplice coabitazione, si specifica che la misura debba essere limitata a sei mesi, prorogabili al massimo per altri sei.

La legge tedesca specifica inoltre i casi in cui la misura non può essere applicata.

Anche la formulazione della sanzione è molto simile a quella prevista dal legislatore italiano: infatti la violazione dell'ordine di allontanamento comporta una pena detentiva o pecuniaria.

3.2. Differenze rispetto alla normativa italiana

In merito ad un confronto con la normativa italiana, possono farsi soltanto alcuni rilievi, del tutto preliminari, dato che la legge tedesca è ancor più recente di quella italiana, e mancano i riscontri pratici dell'effettiva applicazione delle disposizioni ivi contenute.

La prima differenza si trova nel comma 3 del paragrafo 1 dell'art. 1. Il legislatore tedesco ha sentito l'esigenza di specificare che la misura dell'allontanamento si applica anche laddove l'aggressore abbia compiuto il fatto sotto l'effetto di bevande alcoliche o di altre sostanze.

La rilevanza di questa previsione normativa non è tanto giuridica, salvo pensare che il legislatore, visto che la legge si riferisce sempre ad atti compiuti intenzionalmente, non abbia voluto correre il rischio di lasciar fuori una grossa fetta di aggressori, che avrebbero potuto non essere perseguibili, essendo in stato di ebbrezza e dunque non imputabili di aver agito intenzionalmente. La rilevanza pare da cogliersi più sul piano sociologico: è possibile, infatti, che in Germania, all'origine di molti casi di violenza familiare, vi sia l'abuso di sostanze alcoliche.

Questo è uno spunto utile per alcune riflessioni: come già accennato nell'introduzione, il fenomeno della violenza domestica è comune a tutti i paesi, ma le sue radici sociologiche possono essere diverse. In certi paesi, la violenza domestica può avere le sue radici in una struttura familiare dove vige una mentalità patriarcale e gerarchica dei rapporti; in altri, pur in presenza di una società fortemente democratica, con una fascia femminile estremamente emancipata nei rapporti interni alla famiglia, o in quelli esterni del lavoro, la violenza può conseguire a causa dei costumi locali, quali ad esempio l'ampio uso di bevande alcoliche, fenomeno che interessa molti paesi del Nord Europa, ma meno l'Italia.

Il secondo rilievo riguarda il compenso che il convivente o il coniuge può essere chiamato a versare all'altro coniuge che viene allontanato dall'abitazione, sempre che la richiesta sia fondata su parametri di equità.

La logica di questa norma non è immediatamente chiara, anche se può essere condivisibile. La legge italiana n. 154/2001 ha previsto, al contrario, che il coniuge o convivente violento che viene allontanato dalla casa familiare debba pagare un assegno al coniuge o al convivente vittima della violenza, quando quest'ultimo possa andare incontro a difficoltà finanziarie a seguito dell'allontanamento del coniuge che sia l'unica fonte di reddito. Lo scopo della legge italiana è chiaro: dare una tutela anche nel campo economico, al fine di garantire l'effettività della misura cautelare, che altrimenti si scontrerebbe contro le esigenze di sopravvivenza del coniuge vittima. La norma tedesca tutela il coniuge più debole: se questi è quello allontanato, è possibile che il coniuge o il convivente assegnatario della casa debba pagare un tanto per l'uso della medesima, soltanto se, a seguito di una valutazione di equità da parte del giudice, sia necessario versare tale indennizzo. Può sembrare strano, se non incredibile, che nei casi di violenza familiare la vittima possa esser chiamata a pagare un tantum al coniuge violento che viene allontanato, ancorché privo di sostegno finanziario: ma la preoccupazione del legislatore è corretta, in quanto è mossa dal principio di tutelare comunque il coniuge più debole. Inoltre, la misura ha chiaramente una sua logica nel caso di semplice coabitazione, laddove chi è allontanato è il proprietario della casa, e chi resta, essendo svincolato da un qualsiasi rapporto affettivo, può esser chiamato a versare un contributo al proprietario, che altrimenti si vedrebbe ingiustamente espropriato del diritto di uso dell'abitazione. Sembra, dunque, che la misura prevista dal legislatore tedesco sia volta principalmente ad allontanare l'autore della violenza, ma che non voglia incidere nè limitare (almeno dal punto di vista economico) i diritti soggettivi di abitazione nascenti dal diritto di proprietà o da altro diritto reale.

4. Le disposizioni in materia di allontanamento dalla casa familiare in Inghilterra

Negli ultimi venti anni l'Inghilterra ha più volte sentito l'esigenza di intervenire a livello legislativo per porre rimedio al fenomeno della violenza in famiglia (cosiddetta "domestic violence"). Fin dal 1976, certe misure cautelari ("injunctions" (12)) potevano essere ottenute tramite l'applicazione di diverse leggi, ed in particolare:

  1. the Domestic Violence and Matrimonial Proceedings Act del 1976
  2. the Domestic Proceedings and Magistrates' Courts Act del 1978
  3. the Matrimonial Homes Act del 1973

Tuttavia le misure ivi contenute non erano ben coordinate né focalizzate a combattere in modo specifico il problema della violenza in famiglia. (13) Con l'aggravarsi del problema, e dopo la pubblicazione di numerosi studi che denunciavano sia la gravità del fenomeno che l'inefficacia delle misure allora esistenti, si è giunti nel 1996 alla promulgazione di una nuova legge intitolata "Family Law Act", entrata in vigore il 1º ottobre 1997. Essa ha introdotto nella sezione IV (intitolata "Family Homes and Domestic Violence") misure specifiche per la prevenzione della violenza in famiglia.

Questa sezione ha riorganizzato dal punto di vista civilistico la materia, introducendo due nuove misure attuabili in tutti i Tribunali (High Court, County Court, Family proceeding Magistrates Courts). Le due nuove misure sono le seguenti:

  1. "occupation orders", ossia ordini del Tribunale che regolano l'occupazione della casa familiare a seguito di un atto di violenza;
  2. "non molestation orders", ossia ordini che tutelano la vittima da ogni forma di violenza o di abuso.

La caratteristica è che tali ordini sono totalmente svincolati da preesistenti procedure, come un giudizio di divorzio, e possono dunque essere emanati tutte le volte in cui se ne verifichino i presupposti. Altra caratteristica è che la loro violazione è sanzionata con un "power to arrest", ossia con l'arresto e la condanna in breve tempo per aver violato l'ordine del giudice.

La legge ha notevolmente esteso le categorie di soggetti che possono ricorrere a questa misura. Ha introdotto un nuovo concetto di "persona associata", per cui chi vuole ottenere un ordine di occupazione o di non molestia deve essere "associato" con colui verso il quale si chiede che venga emesso l'ordine.

La sezione 2. 62 della legge, definisce persone associate, coloro che:

  1. sono stati sposati;
  2. sono o sono stati conviventi (quest'ultimi definiti come uomo e donna, non coniugati, ma che hanno vissuto insieme come marito e moglie);
  3. hanno vissuto nella stessa abitazione, ad esclusione di coloro che hanno un rapporto di locazione, di impiego o di affitto. Questa categoria include pertanto le relazioni omosessuali, e coloro che dividono un abitazione per motivi di convenienza;
  4. sono parenti, anche se la definizione di parentela è molto ristretta;
  5. hanno raggiunto accordi pre-matrimoniali (fatto che può essere provato, alternativamente, da un documento scritto, dallo scambio di anelli o da una cerimonia cui hanno assistito dei testimoni);
  6. sono legati dall'esistenza di un figlio in comune (nel senso che sono entrambi genitori, o hanno assunto gli obblighi genitoriali verso questo);
  7. sono parti in un procedimento in materia di famiglia, (come ad esempio quelli regolati dalla sezione IV del Family Act Law del 1996).

Si analizzano adesso le caratteristiche delle due specifiche misure previste dal legislatore inglese.

a) "Non molestation orders"

La sezione 42 del Family Act Law del 1996 descrive l'ambito di applicazione di questi ordini. Essi possono essere emessi per frenare vari tipi di comportamenti, atti e molestie, senza necessità che questi siano particolarmente violenti (si parla di pushing, ossia strattonare, punching, ossia picchiare, slapping, ossia schiaffeggiare, throwing objects, ossia lanciare oggetti contro la vittima, etc.) Possono essere utilizzati per fermare qualcuno che commette atti di violenza o che minaccia di commetterli contro una donna o un figlio; oppure per interrompere una condotta tesa ad intimidire, terrorizzare o stressare la donna o il figlio. L'ordine può però anche avere un contenuto molto specifico: ad esempio può contenere l'ordine di interrompere le molestie sul posto di lavoro o quelle commessi via telefono, od altri mezzi di comunicazione. L'ordine può anche essere emesso nei confronti di terzi estranei che commettono gli atti sopra elencati nei confronti della donna o dei figli in quanto agiscono per conto del coniuge o convivente.

Nel decidere se emettere l'ordine, il Tribunale, deve tener presente l'obiettivo finale, che è quello della salute, sicurezza e benessere del richiedente. Il concetto di salute è definito in modo sufficientemente ampio per includere sia quella fisica che mentale.

L'ordine può avere una durata specifica, normalmente sei mesi, oppure essere emesso per un periodo indefinito. Può anche essere valido fino a revoca, se nel frattempo sono necessarie altre misure.

b) "Occupation orders"

Un ordine di occupazione regola l'occupazione dell'abitazione attuale o futura di due persone, a seguito di un episodio di violenza o di molestia. (14)

Un ordine di occupazione può avere i seguenti contenuti:

  1. autorizzare la vittima a rimanere nell'abitazione, se il partner violento sta invece cercando di allontanarla;
  2. autorizzare la vittima a rientrare ed occupare l'abitazione se il partner violento ha già allontanato la vittima o comunque non le permette di rientrare;
  3. proibire, interrompere o limitare il diritto del partner violento ad occupare l'abitazione o una parte di essa;
  4. escludere il violento dall'abitazione stessa e/o da un perimetro definito intorno all'abitazione ed imporgli di vivere separato dal coniuge o convivente;

Questi tipi di ordini possono essere emanati in presenza di cinque specifici presupposti, secondo la relazione esistente tra i due soggetti, e secondo che il destinatario abbia o meno dei diritti ad occupare l'abitazione.

L'ordine di occupazione può essere richiesto da:

  1. coloro che hanno un diritto ad occupare la casa in quanto proprietari o locatori, o perché aventi diritti nascenti da matrimonio nei confronti di una persona associata. Questo caso riguarda essenzialmente i coniugi;
  2. coloro che non hanno diritto ad occupare la casa perché non più coniugati. L'ordine ha una durata di sei mesi, rinnovabile una o più volte per altri sei mesi;
  3. un (ex) convivente che non ha diritto ad occupare l'abitazione nei confronti dell'altro (ex) convivente che invece ne ha diritto. L'ordine ha una durata di sei mesi, rinnovabile una sola volta per ulteriori sei mesi. In questo caso, la legge non è molto protettiva nei confronti del convivente proprietario, in quanto la durata massima dell'ordine di occupazione è di un anno, e questo periodo potrebbe essere non sufficiente per regolare in modo equo una prolungata convivenza, sfociata poi nella violenza da parte di uno dei due.
  4. un ex coniuge nei confronti dell'altro ex coniuge, quando nessuno dei due ha diritto ad occupare l'abitazione. Questa situazione potrebbe realizzarsi quando i due vivano presso i rispettivi parenti. L'ordine ha una durata di sei mesi, rinnovabile una o più volte per altri sei mesi;
  5. un (ex) convivente nei confronti dell'altro (ex) convivente, quando nessuno dei due ha diritto ad occupare l'abitazione. L'ordine ha una durata di sei mesi, rinnovabile una sola volta per ulteriori sei mesi.

Il Tribunale deve tener presente i seguenti criteri prima di emettere un ordine di occupazione:

  1. le rispettive necessità di alloggio e le risorse disponibili;
  2. le rispettive necessità finanziarie;
  3. i possibili effetti dell'ordine sulla salute, sicurezza e benessere delle parti e dei figli interessati;
  4. la condotta reciproca delle parti;
  5. l'esistenza di altri procedimenti in corso tra le parti.

Infine, il Tribunale può anche emettere degli ordini accessori all'ordine principale, per quanto riguarda la manutenzione dell'abitazione, il pagamento del canone di affitto, o delle rate di mutuo, tenendo sempre conto delle necessità finanziarie delle parti.

4.1. Commento

Da una prima analisi delle legge inglese si può chiaramente notare che le due misure prescelte hanno un vasto ambito di applicazione, sia in senso spaziale che temporale. Inoltre, il legislatore inglese è stato molto attento ad analizzare il rapporto economico e patrimoniale dei soggetti coinvolti, prevedendo la possibilità per il giudice di adottare misure patrimoniali accessorie alla misura principale, anche se principalmente in relazione alla manutenzione dell'abitazione. Questo aspetto è molto simile a quello adottato dal legislatore italiano, che ha infatti previsto che il coniuge o convivente violento che viene allontanato dalla casa familiare debba pagare un assegno al coniuge o al convivente vittima della violenza, quando quest'ultimo possa andare incontro a difficoltà finanziarie a seguito dell'allontanamento dell'altro coniuge. L'assegno serve a far fronte a tutte le esigenze della vittima, non solo a riguardo della manutenzione dell'abitazione.

Inoltre, come si è visto, particolare attenzione è rivolta alla conservazione dei diritti delle parti sull'abitazione, al fine di non incidere né limitare i diritti soggettivi di abitazione nascenti da un presistente diritto di proprietà o da altro diritto reale. Questo aspetto, non è stato analizzato dal legislatore italiano, che ha invece preferito puntare l'attenzione sulla tutela urgente della vittima.

Dall'esame dei casi di applicabilità delle misure cautelari previste dal legislatore inglese, emerge un'ampia fascia di possibili beneficiari: dai coniugi, ai conviventi (anche omosessuali), ai fidanzati, a coloro che coabitano nel medesimo appartamento. Tuttavia rimangono esclusi dalla possibilità di ricevere protezione tutti coloro che, pur legati da una relazione intima, non hanno vissuto insieme, oppure non hanno figli o non hanno fatto una cerimonia ufficiale di fidanzamento con testimoni. In questo caso la protezione contro atti di violenza potrà essere ottenuta tramite l'applicazione di un'altra legge, ovvero il "Protection from Harassment Act" del 1997, oppure con misure accessorie ad altre azioni previste dal common law, come le "actions in tort", (15) ossia misure accessorie applicabili nei casi di violenza fisica, di lesione e di "trespass". (16) Questa impostazione è molto simile anche negli altri ordinamenti precedentemente analizzati: qualora l'aggressore sia un conoscente anche intimo, ma con il quale non si è stabilito né un rapporto di convivenza, né un futuro matrimoniale insieme, non saranno applicabili le misure tipiche per la violenza in famiglia, ma si potrà ricorrere alle misure generali previste nell'ordinamento civile e penale per punire un "normale" aggressore, ossia non qualificato da un particolare rapporto con la vittima.

È importante notare che anche il Tribunale inglese, ove il giudice consideri giusta e necessaria tale procedura, può emettere dei provvedimenti d'urgenza inaudita altera parte, (i cosiddetti "ex parte orders"), ossia degli ordini di occupazione o di non molestare anche in assenza della dovuta notifica alla controparte. Il Tribunale potrà agire in tal senso qualora:

  1. vi sia "un rischio di grave pregiudizio" per il richiedente o i figli interessati;
  2. il richiedente possa essere impedito o ostacolato nel richiedere la misura se questa non fosse emessa immediatamente;
  3. il destinatario sia contumace in altri procedimenti che riguardano le parti.

In ogni caso, una volta emessa la misura inaudita altera parte, l'udienza per sentire la controparte deve essere fissata nel più breve tempo possibile, onde consentire ad essa di esercitare il diritto di difesa.

4.2. Differenze rispetto alla normativa italiana

A differenza di quello italiano, il legislatore inglese, come quello austriaco e tedesco, non ha previsto una misura di tipo penalistico, preferendo introdurre due nuove misure di tipo civilistico.

Sotto il profilo del contenuto, l'ordine di occupazione vigente in Inghilterra è abbastanza simile agli ordini di protezione previsti dal legislatore italiano. Senza dubbio l'aver previsto una misura aggiuntiva ma indipendente come l'ordine di non molestare può avere la sua utilità, soprattutto quando si debba contrastare la violenza morale o psicologica anziché quella fisica, e quindi l'allontanamento non sia subito necessario, anche nell'interesse dei figli.

In merito ai soggetti attivi e passivi della misura, il legislatore inglese ha esteso, ben più di quello italiano, le categorie di beneficiari, comprendendovi indirettamente anche le coppie omosessuali conviventi.

Un'altra differenza tra la normativa italiana e quella inglese può cogliersi nell'analisi dei presupposti per l'applicazione delle misure. Il giudice inglese deve infatti bilanciare attentamente gli opposti interessi (tramite un apposito "Balance of Harm Test"), ossia preventivamente giudicare anche il comportamento della vittima, al fine di accertare se contro l'aggressore possa essere emessa la misura dell'allontanamento dall'abitazione familiare. A tal proposito, un'analisi troppo attenta ai motivi personali del conflitto potrebbe distogliere il giudice da quello che è l'obbiettivo primario della misura cautelare, ossia la tutela immediata ed efficace della vittima. Questo appunto sembra che non possa muoversi al legislatore italiano: esso ha infatti previsto una procedura sommaria ed urgente, per cui è richiesto al giudice soltanto un sommario accertamento (testualmente "il giudice procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari"). In entrambi gli Stati, tuttavia, il giudice, ove ravvisi un pregiudizio, può adottare immediatamente l'ordine di protezione e posticipare l'accertamento dei presupposti all'udienza successiva: è quindi previsto un sistema acceleratore per garantire, in primis, la sicurezza alla vittima.

Va infine rilevato che, mentre la sanzione prevista dal legislatore inglese è solo di tipo detentivo, quella prevista dal legislatore italiano e tedesco può essere anche di tipo pecuniario.

5. Le disposizioni in materia di allontanamento dalla casa familiare in Irlanda

Anche in Irlanda i rimedi previsti dalla normativa civilistica rappresentano la forma più efficace, più accessibile e dunque di uso più frequente per combattere la violenza in famiglia.

Anche in Irlanda è stata emanata, il 27 marzo 1996, una legge specifica, il Domestic Violence Act, in vigore dal primo gennaio 1997, che contiene due specifiche misure, denominate "safety order" e "barring order".

Il "safety order" è un ordine di non commettere ulteriore violenza sulla vittima o di non minacciarla. Non obbliga pertanto l'aggressore a lasciare l'abitazione comune. Tuttavia, se la coppia vive di fatto separata, questa misura può includere il divieto di non avvicinarsi alla casa della vittima.

Il "barring order" costituisce invece la misura specifica con cui si allontana l'aggressore dalla casa familiare.

Anche in Irlanda il Tribunale può, in casi eccezionali, emettere dei provvedimenti temporanei e urgenti, in pendenza dell'udienza in cui si decide se esistono i presupposti per emettere un "safety order" o un "barring order". Se emessi con procedura d'urgenza, essi sono denominati, rispettivamente, "protection order" e "interim barring order".

I soggetti che possono beneficiare degli ordini sopra descritti sono:

  1. i coniugi: ciascun coniuge può richiedere che uno dei due ordini (di sicurezza o di allontanamento) sia emesso nei confronti dell'altro;
  2. le coppie conviventi da almeno sei mesi: come per i coniugi, ciascun convivente può richiedere al giudice l'applicazione degli ordini nei confronti dell'altro. Affinché l'ordine possa essere emanato, devono essere rispettate certi limiti all'applicabilità riguardanti la proprietà della casa e la durata della convivenza.
  3. i genitori: un genitore può richiedere l'applicazione degli ordini nei confronti dei propri figli, sempre che questi abbiano un età superiore ai diciotto anni. Anche qui valgono i limiti di applicabilità riguardanti la proprietà della casa e la durata della convivenza.
  4. altre persone cooabitanti nella medesima abitazione: la misura può essere richiesta da una persona che coabitata nei confronti di un'altra coabitante, qualora quest'ultima abbia un età superiore ai diciotto anni. Il Tribunale può emettere un ordine di sicurezza o di allontanamento, a patto che la relazione di coabitazione non trovi il suo fondamento in un atto di natura negoziale.
  5. i servizi sociali/consultori: il legislatore ha previsto una sorta di legittimazione attiva a richiedere la misura degli ordini di sicurezza o di allontanamento a favore dei servizi sociali e sanitari. Essi si possono sostituire alla vittima e farsi parte richiedente di fronte al giudice, allorquando una persona, pur avendo i requisiti per depositare l'istanza personalmente, non sia in grado di farlo, perché impedita dalla paura o da un trauma. Il consenso della vittima non è una condizione di applicabilità della misura, anche se i consultori hanno l'obbligo di consultarla.

La durata di questi ordini di protezioni è particolarmente elevata: il giudice irlandese può infatti emettere un "safety order" per un periodo di tempo fino a cinque anni, ed un "barring order" per un periodo di tre anni.

Qualora l'ordine sia violato è prevista, alternativamente, la sanzione pecuniaria di 1.500 sterline e/o la reclusione per un periodo massimo di 12 mesi. Alla sanzione si accompagna sempre la riproponibilità dell'ordine di protezione.

5.1. Commento

Si può notare che anche la legge irlandese ha esteso a diversi soggetti la legittimazione attiva a richiedere le misure cautelari. Sono infatti compresi i coniugi, i conviventi, le coppie di fatto, i genitori, coloro che coabitano per motivi di convenienza ed i servizi sociali. Sembrano invece esclusi, a differenza di quanto previsto dalla legge inglese, coloro che, pur avendo prole in comune, non sono sposati né convivono. Nel caso in cui il genitore, che tuttavia non sia né compagno né coniuge della madre, minacci, terrorizzi o entri nella casa di quest'ultima, non esiste rimedio azionabile all'interno del "Domestic Violence Act".

5.2. Differenze rispetto alla normativa italiana

Le principali differenze tra la normativa irlandese e quella italiana sono principalmente due. La prima riguarda la possibilità della legittimazione attiva da parte dei servizi sociali al posto della vittima. A tal proposito, si rileva che il legislatore irlandese ha inteso prendere una posizione decisa contro il fenomeno della violenza in famiglia. È un segno che lo Stato agisce in prima persona e permette quindi ai suoi organi di agire a tutela delle vittime. In Italia, come si è visto, il legislatore non si è spinto a tanto, richiedendo che la parte richieda personalmente la misura senza consentire alcuna forma di surrogazione di terzi, anche se questi agiscono nell'interesse della vittima. Si nota quindi che, fin dove possibile, il legislatore italiano ha preferito astenersi dal rompere "l'equilibrio" familiare, per quanto precario, non interferendo nella vita di coppia se non a richiesta di uno dei due coniugi o conviventi. Fintanto che uno dei due coniugi non deposita il ricorso, lo Stato rimane estraneo.

La seconda differenza si rinviene in termini temporali. Infatti, in Irlanda gli ordini di sicurezza e di allontanamento possono essere emanati per tempi assai lunghi. Il legislatore italiano ha invece posto un limite di sei mesi, pur prevedendo proroghe da determinarsi nei casi concreti. (17)

6. Rilievi finali: le disposizioni in materia di allontanamento dalla casa familiare in altri Stati

Pare interessante, per completezza, riportare alcuni cenni sulle misure in materia di violenza intrafamiliare adottate in altri Stati.

Finlandia (18) La Finlandia ha emanato nel 1999 una legge che regola l'applicabilità dei cosiddetti "restraining order". Tale misura trova applicazione solo nell'ambito civilistico. Inoltre, il codice penale finlandese ha codificato un nuovo reato di violenza domestica, procedibile d'ufficio. Anche le lesioni e le percosse sono state rese procedibili d'ufficio, al fine di meglio tutelare la vittima. Si segnala, inoltre, che in Finlandia, dal primo giugno 1994, la violenza sessuale tra coniugi è considerata reato.

Svezia (19) Nel 1997 in Svezia è stato introdotto un nuovo reato di violenza domestica, che include tutte le aggressioni commesse nei confronti di una persona con la quale si ha una relazione di coniugio o di convivenza. Il presupposto è che gli atti di violenza siano reiterati e che siano volti a ledere l'integrità psicofisica della donna. Il reato è punito con la reclusione da sei mesi a sei anni e può anche essere applicato quando le aggressioni siano rivolte ai figli minori o altri parenti della donna. Non è però prevista la misura dell'allontanamento del familiare violento dalla casa familiare: sarà semmai la vittima a doversi recare in un centro di accoglienza.

Danimarca (20) In Danimarca non esiste la misura dell'allontanamento dalla casa familiare, neanche fra i poteri esercitabili dalla polizia. Nei casi di violenza domestica, la polizia, se ravvisa gli estremi di reato, potrà eventualmente procedere con il fermo o l'arresto. Se non vi sono gli estremi di un reato e le persone sono conviventi, la polizia non può allontanare nessuno: in questo caso potrà accompagnare al vittima o i figli minori in un centro di accoglienza. Nel caso in cui il soggetto violento non sia convivente con la vittima, la polizia potrà ingiungergli di allontanarsi. Non è stato tuttavia codificato un reato specifico per la violenza domestica.

Belgio (21) In Belgio una legge del 24 novembre 1997 ha inasprito le pene per tutti i reati violenti commessi nei confronti del coniuge o convivente. Inoltre, viene offerta, a spese dello Stato, un'ampia forma di assistenza psicologica e legale. Non è però prevista la misura dell'allontanamento del familiare violento dalla casa familiare: sarà semmai la vittima a doversi recare in un centro di accoglienza.

Svizzera (22) In Svizzera la misura dell'allontanamento non è stata prevista. Sarà semmai la vittima ad allontanarsi dalla casa familiare, per recarsi in un centro di accoglienza, dove le potrà essere data un'abitazione per la durata massima di 10 giorni. Tuttavia la Svizzera ha varato un'efficace legge a tutela delle vittime di violenza in genere (anche se non subita in famiglia) per cui a spese delle Stato esse hanno diritto a due settimane di accoglienza, a cinque ore di seduta psicologica ed all'assistenza legale. Si nota dunque che la Svizzera ha optato più sull'assistenza alle vittime che non alla prevenzione.

Spagna (23) In Spagna esistono alcune misure per l'assegnazione della casa familiare, all'interno della normativa per la separazione e il divorzio. È tuttavia al vaglio una riforma che dovrebbe introdurre le misure cautelari degli ordini di protezione in tutti i casi di violenza domestica, indipendentemente dall'esistenza di un procedimento di separazione dei coniugi.

Francia (24) Anche in Francia esistono misure per l'assegnazione della casa familiare, nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio. Una nuova legge per l'introduzione degli ordini di protezione è tuttora in fase si studio da parte di una commissione parlamentare.

Stati Uniti d'America Gli ordini di protezione sono previsti e regolati soltanto da alcuni Stati. Tra questi si cita lo Stato di New York, il Minnesota e Washington. La caratteristica di queste misure è che sono temporanee, possono essere emanate inaudita altera parte, sono prorogabili ed hanno una durata tra i tre mesi e i sei mesi.

Note

1. La traduzione è opera della scrivente: si dovranno scusare, pertanto, eventuali, imperfezioni dovute alla difficoltà di traduzione di alcuni termini tecnici tedeschi.

2. Nella sua formulazione originale, la misura perdeva efficacia al settimo giorno, ma tale disposizione è stata modificata l'1.1.2000.

3. Rosa Logar, Stopping the perpetrator - The new Domestic Violence Bill and the work of the Intervention centres in Austria, "Streit" n. 3/1999.

4. G. Conso, V. Grevi, Profili del nuovo codice di procedura penale, Cedam, Padova, 1998, pag. 440.

5. Consultorio familiare: servizio pubblico di assistenza alla famiglia e alla maternità istituito con la l. 29 luglio 1975 n. 405, la cui attuazione è stata demandata alla legislazione regionale. Opera nell'ambito dei comuni o dei loro consorzi, e, dopo la riforma sanitaria, delle USL. I suoi compiti sono assistenziali e sanitari. In particolare, il consultorio deve: assicurare l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia; somministrare i mezzi necessari per favorire le autonome decisioni di coppia e dei singoli in ordine alla procreazione responsabile; tutelare la salute della donna e del prodotto del concepimento, assistendola quando decide di abortire; divulgare le informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza, consigliando i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso. Enciclopedia del diritto, Garzanti, Milano, 1995, pag. 327.

6. In proposito si veda il capitolo III, paragrafo 6.14.

7. Rosa Logar, op. cit., pag. 3.

8. I dati sono estremamente precisi, perché, come detto supra, la polizia ha l'obbligo di informare i centri d'intervento, e questi registrano tutti i casi a loro indirizzati. Tale procedura è senz'altro utile perché permette di monitorare il fenomeno. In Itali, invece, dove e i centri antiviolenza sono principalmente privati, le procedure di rilevazione dei dati sono spesso fra loro diverse, e pertanto anche l'analisi dei dati statistici risulta piuttosto difficile, per la disomogeneità delle fonti (in particolare questionari e modulistica). A tal proposito si veda il capitolo I, paragrafo 2.4.

9. Altri dati a livello europeo possono essere ricercati nel database del network europeo WAVE - Women Against Violence Europe.

10. Per un'analisi delle misure cautelari si veda il capitolo III, paragrafo 2.1.

11. La traduzione è opera della scrivente: si dovranno scusare, pertanto, eventuali imperfezioni dovute alla difficoltà di traduzione di alcuni termini tecnici tedeschi.

12. "A prohibitive, equitable remedy issued or granted by a court at the suit of a party complaint, directed to a party defendant in the action, or to a party made a defendant for that purpose, forbidding the latter to do some act, which he is threatening or attempting to commit, or restraining him in the continuance thereof, such act being unjust and inequitable, injurious to the plaintiff, and not such as can be adequately redressed by an action at law." West's Law and Commercial Dictionary, Zanichelli/West, Milano 1993. In Italiano può essere tradotta come: ordine del giudice che impone un obbligo di fare o di non fare.

13. Da: Womens Aid.

14. Precedentemente all'introduzione degli "occupation orders", avvenuta con la normativa Family Law Act del 1996, si parlava di "ouster orders" e di "exclusion orders".

15. "A tort is a private or civil wrong or injury, other than breach of contract, for which the court will provide a remedy in the form of an action for damages. It may be either: 1) a direct invasion of some legal right of the individual; 2) the infraction of some public duty by which special damage accrues to the individual; 3) the violation of some private obligation by which like damages accrues to the individual." West's Law and Commercial Dictionary, Zanichelli/West, Milano, 1993. In Italiano può essere tradotta come: atto illecito.

16. "Trespass comprehends any misfeasance, trasgression or offence which damages another person's health, reputation or property." West's Law and Commercial Dictionary, Zanichelli/West, Milano, 1993. In Italiano può essere tradotta come: trasgressione, violazione, abuso, etc.

17. A tal proposito si veda il capitolo III, paragrafo 6.8.

18. I dati sono riportati nel database del network europeo WAVE - Women Against Violence Europe.

19. Ibidem.

20. Ibidem.

21. Ibidem.

22. Ibidem.

23. Ibidem.

24. Ibidem.