ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Considerazioni conclusive

Michele Arcella, 2002

Al termine di questo lavoro, vorrei solo fare qualche breve notazione relativa alla realtà dei percorsi d'inserimento della manodopera straniera nel comprensorio del cuoio, per poi esporre un sintetico bilancio sul livello di attuazione, riscontrato presso gli uffici della pubblica amministrazione, degli strumenti normativi che regolano l'ingresso e la permanenza in Italia dei cittadini stranieri.

Quanto al primo punto devo rilevare che il comprensorio del cuoio, in questi anni di attuazione del Testo unico in materia d'immigrazione, non si è realmente avvalso del principale strumento d'inserimento lavorativo di manodopera straniera, ossia la chiamata nominativa. Quest'ultima presuppone un incontro a distanza tra la domanda e l'offerta di lavoro. I canali reali d'inserimento dei lavoratori stranieri, nel tessuto di piccole e medie imprese che caratterizza il contesto territoriale che ho studiato, sono stati costituiti dall'incontro diretto della manodopera straniera con i datori di lavoro del posto. Tale incontro è avvenuto durante il primo viaggio effettuato dallo straniero con visti di breve durata, seguito da una fase di irregolare permanenza nel nostro paese. Tale percorso d'inserimento ha caratterizzato quasi tutte le esperienze migratorie con cui sono venuto a contatto. Pertanto la maggior parte dei lavoratori stranieri ha sfruttato le chiamate nominative solo per formalizzare rapporti di lavoro già avviati su un piano sostanziale, ma portati avanti clandestinamente. La stessa funzione di "regolarizzazione di fatto" è stata assolta da altri strumenti normativi. Mi riferisco all'ingresso tramite garante ed ai ricongiungimenti familiari.

Quanto al secondo aspetto, ossia l'attuazione degli strumenti normativi relativi all'ingresso ed alla permanenza dei cittadini stranieri in Italia, il quadro che ho potuto riscontrare è francamente sconfortante.

Premetto che alcuni vuoti legislativi che caratterizzavano la normativa del Testo unico non sono mai stati colmati dal relativo Regolamento d'attuazione, a sua volta zeppo di rimandi a decreti ministeriali mai intervenuti a chiarire tutta una serie di questioni. In questo contesto di carenze di normative si è inserito il fenomeno della legiferazione per circolari (soprattutto del Ministero dell'interno). Tale elemento, accompagnato da un peso preponderante dato a questi atti amministrativi interni dagli uffici periferici di P.A. rispetto alle fonti del diritto ed alle indicazioni della giurisprudenza, ha reso possibile una sostanziale elusione del principio costituzionale della riserva di legge rafforzata in materia di condizione giuridica dello straniero (art. 10, secondo comma, della Costituzione "La condizione giuridica dello straniero è regolata in conformità delle norme e dei trattati internazionali"), stante lo spazio di manovra occupato in concreto dall'esecutivo.

Peraltro, alcune interpretazioni restrittive (contenute nelle suddette circolari) unite alle inefficienze amministrative di alcuni uffici della P.A. (soprattutto le Questure) hanno fortemente ostacolato i cittadini stranieri nel ricorso ad alcuni istituti come la carta di soggiorno o il ricongiungimento familiare, frustrando gli scopi di integrazione perseguiti dalle relative norme. Ciò, in particolare, ha spesso provocato una sostanziale discriminazione dei cittadini stranieri nell'accesso ad alcuni diritti come la casa, la salute ed il lavoro, e quindi una violazione del principio d'uguaglianza (art. 3 della Costituzione), valevole, in materia di diritti fondamentali, anche per i cittadini stranieri (Corte Costituzionale, sentenza n. 144 del 1970).

È stata spesso la giustizia amministrativa ad indicare la corretta interpretazione di alcune norme, annullando a seguito di ricorso, diversi provvedimenti della P.A. Ciò non è bastato ad interrompere prassi amministrative extra o contra legem, ma nella migliore (o peggiore) delle ipotesi ha creato solo incertezza del diritto, dovuta alla diversità di regole concretamente adottate dalle varie Questure e Direzioni provinciali del lavoro. Mi riferisco, ad esempio, alla diversa interpretazione data ai requisiti per il rilascio della carta di soggiorno o per il rinnovo/conversione dei permessi di soggiorno per turismo in permessi per lavoro autonomo.

Guardando in prospettiva, le modifiche al Testo unico che il nostro Parlamento si appresta ad approvare non lasciano ben sperare. Infatti, il ddl Bossi Fini da un lato eliminerà uno dei pochi istituti, l'ingresso per inserimento del mercato del lavoro, che quantomeno aveva il pregio di garantire realmente l'incontro tra il datore di lavoro italiano ed il lavoratore straniero. Dall'altro restringerà notevolmente la possibilità di effettuare i ricongiungimenti familiari, canale di ingresso che, oltre ad essere più realistico, rispetto allo strumento della chiamata nominativa, dato che non è vincolato alle cifre di stranieri autorizzati ad entrare in Italia dal decreto annuale, si rivela vitale per l'integrazione di molti cittadini stranieri.

Auspico che le esperienze maturate in questi anni possano favorire la presa di coscienza, da parte del legislatore, della necessità di interventi normativi migliori e più chiari in una materia, come questa del diritto dell'immigrazione, tanto complicata quanto, per il nostro paese, nuova.