ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Eleonora Neglia, 2001

È noto che a livello costituzionale vengono sanciti i diritti di libertà che devono essere garantiti ad ogni individuo e fra questi rilevano anche il diritto alla libertà religiosa e all'istruzione.

Sulla base dell'art. 19 Cost. viene previsto che "tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume". Questa disposizione garantisce la libertà religiosa degli individui e dei gruppi sociali nel modo più pieno e al livello normativo più alto, però tale riconoscimento è assicurato anche in esecuzione di Convenzioni internazionali multilaterali. (1)

La libertà religiosa può essere intesa non solo dal punto di vista giuridico ma anche da quello filosofico e teologico. Sotto quest'ultimo profilo essa coincide con la cd. libertà ecclesiastica, cioè con la libertà degli appartenenti ad una determinata confessione di conformare gli atti della propria vita ai suoi precetti.

Dal punto di vista filosofico coincide con la libertà di pensiero.

Nell'art. 19 Cost. è considerata come diritto soggettivo e come tale deve essere garantito nel suo pratico estrinsecarsi: professione della fede religiosa, propaganda in materia religiosa ed esercizio privato e pubblico del culto. Tale diritto, però, può trovare delle limitazioni nel suo riconoscimento e, ogni volta che questo succede, si verifica una violazione della norma costituzionale. La connotazione fondamentale di un carcere, per esempio, è quella di essere un luogo di "privazione di libertà" per eccellenza a vari livelli; la cosa certa, però, è che ogni uomo, per quanto fisicamente prigioniero, non può assolutamente esserlo nei pensieri. (2)

Altro problema dell'assistenza religiosa si pone nei confronti della persona atea, non credente. La Costituzione non ha previsto un'esplicita disposizione a garanzia dell'ateismo, (3) ma non per questo si può parlare di atteggiamento discriminatorio del legislatore costituente nei confronti delle correnti ateistiche: si tratta semplicemente di un riconoscimento alle confessioni religiose di una loro identità sociale e, pertanto, di renderle "più facilmente identificabili in quanto si esprimono con riti, simboli o ministri". (4) Da ciò è sorta l'esigenza di garanzie costituzionali più esplicite anche nei confronti di altre ideologie, meno identificabili a causa della loro maggior evanescenza e, quindi, meno suscettibili di offese avversarie. L'ateo, tuttavia, il quale assume un atteggiamento negativo o d'indifferenza nei confronti di qualsiasi religione positiva o in genere del fenomeno religioso, è pur sempre tutelato nei suoi comportamenti dagli artt. 3, 19 e 21 della Costituzione. Quest'ultimo, infatti stabilisce che "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione", rientrando in questa libertà sia le opinioni di una persona credente, sia quelle di un ateo. Altrettanto tutelato dovrebbe considerarsi, dunque, il detenuto ateo, così come il detenuto religioso che decida di mutare religione. (5)

Allo stesso modo è garantito un altro diritto importante per il pieno sviluppo della personalità umana, quello all'istruzione che è disciplinato dagli artt. 33 e 34 Cost. Secondo quanto previsto dalle suddette disposizioni, "l'arte e la scienza sono libere e libero è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". Inoltre "la scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi".

La disciplina della Costituzione non fa altro che codificare i due principi che si erano andati formando nelle epoche ad essa precedenti: quello della libertà d'insegnamento, maturato nell'età liberal-democratica; quello della scuola media unica, sviluppatosi nell'età fascista. Proprio per tale motivo in questi articoli la Costituzione è norma statica: si limita a registrare mutamenti già avvenuti invece che indicare profili nuovi. (6)

La prospettiva alla base della scelta dell'Assemblea costituente fu di tipo garantistica, ma nella sua attuazione si è verificato uno sviamento dalle linee conduttrici della Costituzione, che si ispirano al principio di uguaglianza in senso anche sostanziale. Infatti la tesi garantista, l'unica presa in considerazione, era circoscritta alla libertà nell'esplicazione del servizio scolastico e alla selezione come limitazione della domanda d'istruzione.

Oggi, comunque, si parla dell'istruzione come di un diritto fondamentale per lo sviluppo e la crescita della personalità ed è proprio su quest'ultima che il carcere cerca di lavorare, puntando sugli elementi trattamentali previsti dall'art. 1 Ord. Penit. L'istruzione, perciò, insieme allo svolgimento di attività creative, intellettive o manuali, vanno garantite ancor più all'interno degli istituti penitenziari, affinché il detenuto o l'internato possano seguire un iter formativo che dia loro una coscienza nuova e una speranza di vita migliore.

Rilevante è ancora l'art. 21Cost. laddove fa riferimento al diritto di "accedere ai tradizionali mezzi d'informazione non sottoponibili ad autorizzazione o censura". Il principio costituzionale della libertà di pensiero attraverso ogni mezzo di comunicazione trova corrispondenza nell'Ordin. penit. agli artt. 18 e 19 Cost.

A proposito della libertà d'informazione l'Ord. penit. (7) prevede in particolare che i detenuti e gli internati possano tenere presso di sé "quotidiani, periodici e libri in vendita all'esterno ed avvalersi di altri mezzi d'informazione", dove per tali mezzi sembra doversi intendere sia quelli forniti direttamente dall'amministrazione penitenziaria (radio, cinema e televisione) che quelli previsti dall'art. 38 reg. esec., secondo cui è "consentito ai detenuti e agli internati usare un apparecchio radio personale autoalimentato, le cui dimensioni devono essere conformi a prescrizioni ministeriali". (8) Questo atteggiamento di apertura verso i mezzi di comunicazione, già anticipato normativamente nel 1970, (9) impone il divieto di ogni censura sulla stampa, ammettendo che i quotidiani, periodici e libri venduti all'esterno, possano essere ricevuti e custoditi dai detenuti e dagli internati, con gli unici limiti quantitativi che il regolamento interno può imporre solo "per esigenze di ordine e di spazio". (10) Insomma, la Costituzione cerca di offrire una vasta gamma di modalità che permettano ad ogni individuo di acquisire e maturare un'esperienza culturale in senso lato, che vada al di là della semplice istruzione scolastica.

I due diritti presi qui in considerazione vengono disciplinati anche a livello europeo, (11) e in particolare, per quanto riguarda il diritto alla religione, uno specifico richiamo è dedicato a "le convinzioni religiose ed ai principi morali del gruppo al quale il detenuto appartiene", che "devono essere rispettati". (12) In particolare la garanzia dell'assistenza religiosa e morale trova specifico risalto secondo le seguenti previsioni: (13) "ogni detenuto deve essere autorizzato, nella misura del possibile, a soddisfare le esigenze della propria vita religiosa, spirituale e morale, partecipando alle funzioni o riunioni organizzate nell'istituto e possedere i libri e le pubblicazioni necessarie. (14) Se nell'istituto vi è un numero sufficiente di detenuti appartenenti alla stessa religione, un rappresentante qualificato di questa religione deve essere nominato o riconosciuto. Se il numero di detenuti lo giustifica e le circostanze lo permettono, l'intervento dovrebbe essere di tipo permanente. Il rappresentante qualificato nominato o riconosciuto deve essere autorizzato ad organizzare periodicamente i servizi e le attività religiose e ad effettuare visite pastorali particolari, negli orari a ciò riservati, ai detenuti appartenenti alla sua religione. Il contatto con un rappresentante qualificato di una religione non deve essere rifiutato ad alcun detenuto. Se un detenuto si oppone alla visita di un rappresentante di una religione, la sua volontà deve essere rispettata". (15) In pratica si è verificato un capovolgimento nel riconoscimento dei diritti fondamentali della persona nella stessa considerazione della figura del cappellano. Pur mantenendo un rigoroso rispetto per la libertà religiosa, viene dedicata una particolare attenzione all'esercizio del culto cattolico: "nell'ordinamento vigente la religione viene intesa come un "diritto" o come "libertà" di ogni singolo detenuto, e non più come un "obbligo" imposto". (16)

Per quanto riguarda l'istruzione e la formazione professionale, invece, la disciplina elaborata dalle Nazioni Unite (17) sottolinea il compito precipuo dell'istituzione carceraria di attuare, per i condannati e internati, un trattamento rieducativo tendente al loro reinserimento sociale secondo un criterio di individualizzazione e, per gli imputati, un trattamento consistente nell'offerta di interventi diretti a sostenere i loro interessi umani, culturali e professionali (in quanto il primo trattamento non sarebbe lecito data la presunzione costituzionale di non colpevolezza dei medesimi). Precedentemente il Consiglio d'Europa aveva già adottato una Raccomandazione (18) in cui invitava i governi degli Stati membri a uniformarsi tutti alla medesima linea politica in materia penitenziaria. Ivi risulta fondamentale la concezione dell'istruzione all'interno degli istituti penali, che deve porsi come obiettivo lo sviluppo della personalità del recluso e che deve essere promossa e incoraggiata il più possibile da tutti coloro che operano all'interno del sistema carcerario e nella Direzione carceraria, addirittura intraprendendo tutti gli sforzi possibili per incoraggiare i ristretti ad una partecipazione attiva. Il Comitato sull'istruzione ha stabilito che l'attività educativa carceraria e il ventaglio di opportunità di apprendimento devono essere simili a quelli garantiti nel mondo esterno e che tutti devono avere accesso all'istruzione basata sull'educazione permanente, la formazione professionale, le attività creative e culturali, l'educazione fisica e lo sport, l'educazione civica, i servizi della biblioteca. (19) Un'attenzione speciale deve essere prestata a quei detenuti che evidenziano particolari difficoltà e, soprattutto, a coloro che non sanno leggere o scrivere; l'educazione civica, sulla base dell'esercizio di attività pratiche, deve insegnare al recluso a sapersi comportare nell'ambito della vita sociale nell'Istituto e poi in prospettiva del suo reinserimento all'esterno. (20)

Quando, però, dal piano astratto delle norme si passa a quello più concreto della realtà carceraria, accade che non tutti i buoni propositi trovino attuazione perché, nonostante lo stesso Comitato abbia previsto la necessità di garantire fondi, attrezzature e personale responsabile per la scuola, (21) le risorse economiche ed umane vengono a mancare.

L'organizzazione e la gestione dei corsi scolastici sono di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione e i programmi scolastici, così come i titoli di studio che si conseguono, sono identici a quelli della struttura esterna della Pubblica Istruzione; "tuttavia, poiché le possibilità organizzative all'interno degli istituti penitenziari non consentono realisticamente di offrire tutta la varietà dei corsi esistenti all'esterno, è prevista l'integrazione a mezzo di corsi per corrispondenza, per radio, per televisione". (22) Possono essere organizzati programmi specifici d'insegnamento per i detenuti stranieri e viene costantemente agevolata l'iscrizione di questi ultimi ai corsi di scuola dell'obbligo, talvolta con il contributo degli Enti locali e del volontariato.

I detenuti possono essere ammessi a frequentare i corsi scolastici d'istruzione all'esterno nel caso che fruiscano della semilibertà (misura alternativa alla detenzione) o della semidetenzione (sanzione sostitutiva delle pene detentive brevi). La legge contiene specifiche previsioni per incentivare la partecipazione, "comunque volontaria", dei detenuti e internati alle attività d'istruzione: si consentono fino a 150 ore annue di assenza dal lavoro, mantenendo ferma la retribuzione; il costante impegno nell'apprendimento permette di ottenere la remissione del debito e i benefici economici previsti per gli studenti, così come può essere un requisito per ottenere le riduzioni di pena.

Il Ministero della Pubblica Istruzione, previa intesa con il Ministero della Giustizia, impartisce direttive ai suoi organi periferici per organizzare i corsi di scuola dell'obbligo (oggi dobbiamo modificare questo riferimento all'attuale art. 41 Reg. esec., dove è prevista un'eccezione per quanto riguarda i corsi d'istruzione secondaria superiore organizzati invece, su richiesta dell'Amministrazione penitenziaria, dallo stesso Ministero che direttamente istituisce le succursali del predetto livello in determinati istituiti penitenziari). Gli insegnanti sono professori ordinari di ruolo e dipendono funzionalmente e gerarchicamente dal Ministero della Pubblica Istruzione, ma della loro dislocazione e del tipo di corsi decidono i Provveditorati agli studi; le direzioni degli istituti, invece, devono mettere a disposizione le strutture, i sussidi e l'assistenza. Si offre ai detenuti la più ampia possibilità di sostenere gli esami finali previsti per i vari corsi, si esonerano dal lavoro, se necessario, i frequentanti dei corsi; si agevolano gli iscritti ai corsi universitari o coloro che siano in possesso dei requisiti per suddetta iscrizione, stabilendo intese con le Università.

Fin dai primi anni dell'entrata in vigore del nuovo Ord. penit. del 1975 si è registrato un notevole incremento delle richieste di istruzione da parte di detenuti e internati. (23) Tale fenomeno è probabilmente collegato all'evoluzione culturale della popolazione penitenziaria. (24) Il numero dei corsi forniti in carcere è aumentato notevolmente; si è tenuto conto del fatto che, mentre i corsi elementari richiedono la presenza di un solo insegnante, quelli di scuola media necessitano di un numero superiore di insegnanti, in rapporto alle diverse materie di specializzazione; si è cercato di rispondere ai problemi creati dalla grande mobilità dei detenuti a causa della loro posizione processuale mantenendo il più possibile nello stesso istituto coloro che frequentano i corsi con profitto.

Anche la formazione professionale va garantita, in quanto dovrebbe mirare al più ampio sviluppo dell'individuo, nonché alla sua presa di coscienza delle nuove opportunità nel mondo del lavoro. (25) La gestione e il finanziamento dei corsi di formazione professionale sono affidati alle Regioni. In questo settore si presta estrema attenzione alla formazione dei detenuti di età inferiore ai venticinque anni e si prevede la necessità di fare acquisire una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative, affinché venga agevolato il reinserimento sociale.

Per quanto riguarda le attività culturali, ricreative e sportive, (26) l'amministrazione è tenuta a consentirne il concreto svolgimento, avvalendosi della partecipazione dei detenuti, ma anche della comunità esterna. "Si ritiene che tutto ciò rappresenti un contributo essenziale all'apertura del carcere verso la realtà sociale esterna ed è facilmente intuibile che una corretta impostazione delle attività culturali rappresenti un momento essenziale per il cambiamento della realtà carceraria facilmente votata alla violenza, alla prevaricazione e ad altre simili espressioni della subcultura carceraria". (27)

Nell'organizzazione e nello svolgimento di dette attività da parte della Commissione prevista dall'art. 27 della legge del 1975, vengono articolati programmi "culturali" in modo da favorire possibilità di espressioni differenziate: prevalentemente si tratta di corsi di animazione culturale (musica, disegno, pittura, attività artigianale) e manifestazioni sportive. Ogni istituto dispone di una biblioteca nella quale, mediamente, ma in modo diverso secondo il tipo di istituto, sono presenti circa 3.000 testi, (28) forniti generalmente dall'Amministrazione e dai privati e scelti, senza alcuna distinzione di argomenti o ideologie, dalla Commissione di cui all'art. 16, comma 2º Ord. penit., composta dal Magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. "Inoltre è compito della direzione curare la possibilità, a mezzo di opportune intese, di usufruire della lettura di pubblicazioni esistenti in biblioteche e centri di lettura pubblici, funzionanti nel luogo dove è situato l'istituto stesso". (29) La maggioranza degli istituti è fornita di una sala di proiezione, che può anche essere utilizzata come sala polivalente, ad esempio per l'organizzazione di cineforum, spettacoli teatrali, concerti, conferenze ed altro e la frequenza delle proiezioni varia da istituto a istituto con una media settimanale.

Anche lo sport fa parte delle attività di tempo libero, ma al tempo stesso è considerato un momento competitivo che deve essere caratterizzato da un agonismo corretto e rispettoso. Fra le iniziative da segnalare importanti sono gli spettacoli teatrali, i giornali con redazione carceraria, i concorsi di poesia, riservati a tutti i detenuti del territorio nazionale e altre novità, come ad esempio il "Concorso internazionale di poesia", riservato ai detenuti dei paesi della Comunità Europea (e che si è distinto nel 1989 come la prima iniziativa a livello europeo).

Note

1. Per queste considerazioni e le seguenti, cfr. Finocchiaro F., sub art. 19 Cost. in AA.VV, Commentario alla Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma, 1977, pagg. 238-42, 258-65.

2. Cfr. Di Marzio, Sul diritto di libertà religiosa, in Diritto Ecclesiastico, vol. I, 1989, pag. 482.

3. Sul problema dell'ateismo e sul diritto della libertà morale, cfr. Biagivi, in Nov.mo Digesto Italiano, Torino, 1958, pag. 1471; D'Avack, Libertà di cocienza, di culto e di propaganda, in Enciclopedia del diritto, vol. XXIV, Milano, 1974, pag. 592; Bellini, Ateismo, in Digesto pubblico, vol. I, Torino, 1987, pag. 513; Finocchiaro, Libertà di cocienza e di religione, in Enciclopedia Giuridica, vol. VII, Roma, 1990, pag. 15.

4. Cfr. M. Seitz Ursino, La libertà religiosa e la posizione giuridica dei detenuti, in Diritto Ecclesiastico, vol. II, 1967, pag. 369.

5. Cfr. Moroni, Il mutamento di confessione religiosa, Napoli, 1963, pagg. 211 ss.

6. Per queste considerazioni e le seguenti, v. Mura A. e Cassese S., sub artt. 33 e 34 Cost. in AA.VV, Commentario alla Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma, 1976, pagg. 210-18.

7. Art. 18, 6º c. Ord. penit.

8. Per le seguenti considerazioni, cfr. D. Valia, I diritti del recluso, Roma, 2000, pagg. 39-40.

9. Circolare Ministeriale n. 1862/4319 del 14 febbraio 1970.

10. Particolarmente significativa, a proposito della libertà d'informazione dei detenuti, è la questione di costituzionalità sollevata da un magistrato di sorveglianza di Padova, decidendo sui reclami di due detenuti in relazione ad una determinazione della direzione dell'istituto, che non consentiva loro di ricevere riviste in abbonamento, ovvero da parte dei familiari, in ragione del loro contenuto asseritamente osceno. Sulla base di quanto previsto dall'art. 18 Ord. penit., appariva proponibile - contro il provvedimento di diniego della ricezione delle riviste - istanza o reclamo, ai sensi dell'art. 35 Ord. penit., non rientrando tale materia tra quelle per cui l'art. 69 Ord. penit. dispone che il magistrato di sorveglianza decida con ordinanza impugnabile solo per Cassazione. Tuttavia, poiché nella fattispecie in questione vengono in rilievo diritti che formano oggetto di protezione costituzionale in via immediata, il magistrato di sorveglianza - rilevando nell'ipotesi in questione una carenza di tutela giurisdizionale del diritto d'informazione in materia penitenziaria - ha inteso proporre questione di costituzionalità in merito agli artt. 35 e 69 Ord. penit. in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La Corte Cost. si è pronunciata in merito con la sentenza 1999, n. 26, dichiarando "l'illegittimità costituzionale degli artt. in questione, nella parte in cui non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale". Cfr. Commenti in Diritto penale e processo, n. 7, 1999, pagg. 850 ss.

11. Cfr. S. Petrini, Lo stato delle carceri in Europa, nei rapporti del Comitato per la prevenzione della tortura e dei trattamenti e delle pene inumani o degradanti (CPT), tesi di laurea, Facoltà di giurisprudenza, Università degli Studi di Firenze, 1998. I principi sui quali si regge l'impianto generale delle Regole penitenziarie Europee sono sei, contenuti nella prima parte del testo. Il rispetto della dignità umana è evidenziato come presenza necessaria in ogni sistema d'esecuzione penale, che deve quindi attuare la privazione della libertà in condizioni materiali e morali adatte a ciò. L'imparzialità nell'applicazione delle regole è finalizzata ad evitare discriminazioni di trattamento, fondate sulla diversità di razza, colore, sesso, lingua, opinioni personali, nazionalità, estrazione sociale, situazione economica o di altro tipo. In esso si comprende ogni misura e disciplina utile per mantenere o ristabilire la salute fisica e mentale dei detenuti, oppure per facilitare il loro reinserimento sociale o, in generale, migliorare le condizioni di detenzione. Le disposizioni più specifiche in tema di lavoro, istruzione ed educazione fisica, formazione sociale e professionale, sono strutturate in funzione della preparazione alla libertà e al futuro reinserimento sociale. Una presa di posizione per niente scontata, quella delle Regole penit. Europee, che privilegia senza esitazioni l'aspetto della riabilitazione. Tutto il sistema delle regole minime è strutturato per affiancare, all'ovvia necessità di eliminare o ridurre le conseguenze negative del reato, una detenzione finalizzata ad impiegare il tempo in modo utile per il reinserimento sociale. Il raggiungimento di quest'obiettivo, però, comporta una serie di implicazioni: ad esempio, il trattamento deve essere personalizzato, tenuto conto dei propositi e delle capacità di ogni detenuto; gli stabilimenti devono essere il più possibile "aperti" ed offrire opportunità di contatti col mondo esterno, compatibilmente con le esigenze di sicurezza.

12. Cfr. la regola n. 2 delle Regole penitenziarie Europee.

13. Cfr. Comitato dei Ministri, Raccomandazione n. (87) 3 sulle regole penit. Europee, adottata il 12/2/87, in Quaderni dal carcere (a cura del Gruppo Italiano Scuola Carceraria), n.1, settembre 1999, pagg 93 ss.

14. Cfr. Regole penit. Europee, regola n. 2, sub punto 46.

15. Ibidem, regola n. 2, sub punto 47 nn. 1-2-3.

16. Cfr. Botta, Sentimento religioso e costituzione repubblicana, Torino, 1990, pag. 29.

17. Per le seguenti considerazioni, cfr. Documento dell'ottavo Congresso delle Nazioni Unite (tenutosi a La Havana, Cuba, dal 26/08 al 6/09/90) sulla prevenzione del crimine e il trattamento del delinquente, a cura della Repubblica italiana - Ministero di Grazia e Giustizia - Direzione Generale II. PP. Ufficio Studi, Ricerche e Documentazione. Versione italiana, pagg. 84-90.

18. Cfr. Consiglio d'Europa, Raccomandazione n. (89) 12 del Comitato sull'istruzione negli istituti di detenzione, in Quaderni dal carcere, n. 1, settembre 1999, pagg. 87 ss.

19. Ibidem, nn. 1-2-3-4-5.

20. Ibidem, nn. 8-13.

21. Ibidem, n. 17.

22. Cfr. Documento dell'ottavo Congresso delle Nazioni Unite come in nota 17.

23. Ibidem, pag. 86.

24. Nel 1976 i detenuti entrati in carcere forniti di licenza elementare erano 56.660, forniti di licenza media erano 16.099 e di licenza superiore 3.994; nel 1982, invece, i primi erano 52.660, i secondi ben 34.542, gli ultimi 5.298 (mentre all'1/1/2001 solo in Italia i dati erano, rispettivamente: 16.021, 20.018, 2059 e inoltre 1.791 persone all'entrata avevano il diploma di scuola professionale e 465 la laurea). Dati pervenuti dal Ministero di Giustizia - Segreteria del DAP.

25. V. Raccomandazione del Comitato sull'istruzione carceraria, sub punto n.9, come in nota 18.

26. Per le seguenti considerazioni, cfr. Documento dell'ottavo Congresso delle Nazioni Unite come in nota 17. Versione italiana, pagg. 90-96.

27. Ibidem, pag. 87.

28. L'istituto Pagliarelli ha una delle biblioteche carcerarie più fornite, con circa 7.000 opere librarie.

29. Art. 21 DPR 29/04/1976 n. 431.