ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

I senza fissa dimora di Firenze

Grazia Macrì, 2001

Abstract: Homeless in Florence

This short research has been made possible by the help of the personnel of some voluntary service associations; of refectories; and of other places that deal with people that live on the streets. This research, the product also of many interviews, rejects the traditional picture of the "Clochard"; of the romantic character that made the free and libertarian choice of living outside society. This is not representative of nowadays homeless. Very few of them have chosen this lifestyle, and the few who did it made such a decision generally after a life of difficulties and eradication that made a normal life impossible. The research discusses many different issues, such as the one of the "personal data block": the loosing of one's permanent address and of any kind of papers. These issues are often discussed through interviews that present the actual experiences of persons who live on the streets. The research reports also on a visit at lunchtime to the refectory of Santa Caterina d'Alessandria, and on a Friday night spent with the "Ronda della carità", meeting homeless in Piazza Santissima Annunziata and in Campo di Marte and Santa Maria Novella railway stations.

Premessa

Lo svolgimento di questa ricerca è stato possibile grazie alla collaborazione delle varie associazioni di volontariato, delle mense e dei vari centri di ascolto che si occupano di coloro che si sono trovati a condurre la difficile esistenza di "senza tetto".

In base alle varie interviste che ho effettuato è emerso un dato significativo: la scomparsa del vecchio "Clochard". A questa parola, appartenente ad una visione romantica, non si può più associare la figura di vecchi accovacciati sotto i ponti, davanti ad un fuoco improvvisato poveri, ma felici di una vita libera e senza regole. Oggi la realtà dei senza fissa dimora è molto complessa e legata a numerose problematiche.

La loro vita è fatta di sofferenza, hanno rotto con il coniuge, con i genitori, con i figli. Altri si sono ritrovati senza casa dopo anni di reclusione in carcere o negli ospedali psichiatrici. Altri ancora hanno soltanto perso il lavoro e subito uno sfratto. In fondo i problemi concreti e le questioni esistenziali che i senza-fissa-dimora attraversano non sono tanto difformi da quelli che si impongono a tutti gli altri uomini, indipendentemente dall'estrazione sociale e dal livello culturale. Dai senza-fissa-dimora però, privi come sono di sovrastrutture e di schermi protettivi, qualunque questione pratica ed esistenziale viene enormemente amplificata.

È certo che pochissime sono le persone che scelgono consapevolmente questa vita e se lo fanno, hanno sempre alle spalle una storia di difficoltà e sradicamento che li ha portati a non farcela nella vita normale. Ho potuto constatare che su circa seicento senza-fissa-dimora che popolano le strutture assistenziali di Firenze, solo un numero esiguo ha scelto questa condizione.

Come sopravvive un "barbone" giovane o vecchio che sia? A volte chiedendo l'elemosina, con piccoli furti, oppure con l'aiuto degli enti di assistenza. Altri invece si organizzano in modo più attivo ed indipendente vivendo con i piccoli guadagni ottenuti dalla vendita del giornale di strada Fuoribinario. (1)

Da quanto mi è stato riferito il sistema istituzionale è spesso carente di aiuti concreti. Più che reinserire socialmente i senza-fissa-dimora, spesso tende a stigmatizzarli e ad emarginarli ed è il privato sociale che deve di conseguenza intervenire nelle aree lasciate scoperte dalle istituzioni. I problemi di queste persone vengono spesso aggravati da altre conseguenze. Una tra queste è il ritrovarsi vittima del cosiddetto "blocco anagrafico", cioè la perdita della residenza e di tutti i documenti di riconoscimento. Non è così difficile per loro ritrovarsi in questa situazione: basta l'irreperibilità durante il censimento o ritrovarsi con la carta d'identità scaduta. Questo basta affinché una persona venga dichiarata scomparsa. Non possedere una residenza significa non solo non poter accedere a molti servizi socio-assistenziali, ma anche il non godere di alcuni diritti fondamentali garantiti costituzionalmente, quali il diritto di voto, la possibilità di beneficiare delle pensioni di invalidità e l'accesso al Sistema Sanitario Nazionale. Esistono a tal proposito alcuni riferimenti legislativi sia nazionali che regionali che dovrebbero essere a favore dei senza-fissa-dimora, ma constatato che praticamente la materia viene regolata dal comune, questo ha spesso interpretato restrittivamente il contenuto di tali leggi limitando il diritto di residenza.

A Firenze il problema sembrava fosse stato risolto con l'ordinanza n. 7682\1995 che il sindaco ha emesso grazie alle pressioni esercitate dalle varie associazioni di volontariato. Il sindaco, prendeva come base la LN 1228\1954 che all'art. 2 stabilisce che: «la persona senza-fissa-dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio e, in mancanza, nel Comune di nascita». Così ordinava che i senza-fissa-dimora fossero da ritenersi residenti nel comune di Firenze a patto che il Servizio Funzionale di Sicurezza Sociale potesse assicurare la permanente presenza nel territorio urbano, con l'acquisizione dei programmi d'intervento in loro favore da parte di associazioni di volontariato, enti morali o religiosi, cooperative sociali o comunque organismi che operino in campo sociale. Grazie a questo tipo di intervento ogni persona ha avuto la possibilità di dimostrare il semplice fatto di esistere. I soggetti interessati erano riusciti a riemergere dalla clandestinità, a riavviare percorsi di inserimento sociale o semplicemente ad uscire dal lavoro sommerso e ottenere un contratto di lavoro. Così facendo potevano garantire la loro reperibilità e dimostrare con orgoglio di avere un'identità. Si è permesso in definitiva alle persone di potersi ricostruire una storia e grazie al possesso di un recapito poter riallacciare vecchi legami affettivi.

Il diritto alla residenza è stata una conquista sia dei diretti interessati che delle varie associazioni di volontariato. Le stesse associazioni stanno riprendendo la battaglia che hanno iniziato anni fa, proprio ora, nel momento in cui quel progetto iniziato con l'ordinanza 7682, sta attraversando un difficile momento perché messo in discussione dall'amministrazione comunale che ora come ora ha bloccato tutte le concessioni.

Il comune in merito a ciò non si è espresso con molta chiarezza e ha fornito giustificazioni molto vaghe: «la procura della Repubblica chiede maggior chiarezza», «inoltre i soggetti a cui è stata concessa la residenza hanno in seguito commesso dei reati», «i soggetti beneficiati sono soprattutto cinesi». Nessuna risposta precisa e concreta. «Probabilmente», come affermano i responsabili delle varie associazioni di solidarietà, «qualche problema c'è stato, ma nessuno ha voluto mettersi a tavolino a fare luce sul problema. Nessuno riesce a capire i disagi che questo blocco sta creando: chi non può accettare un lavoro per mancanza della residenza, sicuramente sarà costretto a delinquere». Il silenzio certamente non porterà a nessun risultato e d'altronde le associazioni non stanno facendo altro che lottare per la conquista di un diritto che non è utopia, ma è un diritto che trova il suo fondamento nei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico.

In questo periodo, il diritto alla residenza è di nuovo in bilico e non si conoscono affatto le modifiche che l'amministrazione comunale fiorentina intenderà apportare. Una cosa però è certa, le varie associazioni non smetteranno di battersi e si coalizzeranno per cercare di risolvere questo dramma in modo che le istituzioni garantiscano il rispetto dei beni fondamentali sanciti dagli art. 2 e 3 della nostra costituzione.

Ore 11:30. Mensa Santa Caterina d'Alessandria

Arrivando in Via Santa Caterina d'Alessandria già da lontano scorgo un gruppetto di persone davanti ad un cancello e penso che probabilmente quello è l'ingresso della mensa. Mi avvicino e chiedo se qualcuno mi sa indicare l'entrata. Uno di loro mi si avvicina contento, come se non aspettasse altro e cortesemente mi accompagna, assicurandomi che per lui è un dovere farmi da guida. Entrando chiedo del responsabile, si chiama Antonio e in quel momento sta consumando il suo pranzo insieme ai volontari e agli obiettori, prima dell'arrivo degli ospiti. È molto disponibile, con lui parlerò alla fine, perché appena finito di mangiare, deve pensare a mantenere l'ordine. Mi concede di sostare in sala d'aspetto con tutti quelli che attendono il pranzo e poi se lo desidero posso anche mangiare con loro.

Appena seduta, intenta a scrivere sul mio quaderno degli appunti, tutti mi osservano, continuando però i loro discorsi. C'è molto silenzio durante l'attesa, l'unico che alza la voce è un signore calabrese, ma lo fa solamente per gridare «forza Reggina, oggi, domani, sempre. Siamo grandi, siamo i più forti». Parla in dialetto e io riesco a capirlo bene! Appena mi nota essendo una nuova del posto, mi dedica una canzone: "La senti questa voce...". Devo dire che mi sono trovata subito a mio agio, ho trovato un clima di tranquillità, tutti si scambiano saluti, si riuniscono a gruppetti intorno ai tavoli e chiacchierano come se fossero in un "circolino". Qualcuno legge il giornale e informa gli altri degli avvenimenti più importanti del giorno, un altro compila un cruciverba e altri dopo aver vagato per l'intera mattinata si riposano su una panca. Sono tutti vestiti abbastanza bene, qualcuno ha fatto la doccia un attimo prima. (2)

Non sono io ad avvicinarmi a loro. Alcuni mi guardano come se avessero tanta voglia di comunicarmi qualcosa e di parlare con qualche persona che non fosse quella con cui condividono tutti i giorni l'identica condizione.

Così comincio a scoprire le varie storie: quella di chi ha perso lavoro, di chi ha avuto uno sfratto, di chi ha perso i genitori e si è ritrovato senza punti di riferimento, di chi è stato lasciato dalla moglie o di chi è incappato in più di una di queste sventure.

Il primo ad avvicinarsi è P., il signore che prima mi ha fatto da Cicerone. Mi chiede il permesso prima di sedersi e s'informa sul motivo della mia visita, chiedendosi cosa ci poteva fare una ragazza per bene in mezzo a dei poveri sconfitti. Lui conosce a memoria il tipo di domande che intendo rivolgerli e mi risponde prima che io apra bocca. La sua non è stata una scelta! Avrebbe scelto una vita migliore. Non ha il volto triste, anzi è piuttosto allegro e divertente ma noto in lui un certo spirito di rassegnazione, incertezza per il futuro, nessun progetto se non qualcuno a breve scadenza. La sua è stata la classica "storia a catena":

Ho 38 anni, sono di Latina. Vivo a Firenze da due anni. Per venti anni ho vissuto con una polacca dalla quale ho avuto una figlia che ora ha 18 anni. Non vedo più mia figlia, ma appena avrò messo un po' di soldi da parte andrò a trovarla, anche se lei non mi cerca e non so cosa fa. Mia moglie mi ha rovinato la vita, mi ha lasciato e io ho perso la testa, ho iniziato a bere e la mia azienda è fallita. Non avevo più niente e di conseguenza ho perso la residenza, che prima avevo a Roma. Ora sono costretto a dormire alla stazione di Campo di Marte fino a quando la Polizia me lo permette. Adesso penso solo a rimettermi psicologicamente. Ultimamente sto anche cercando un lavoro, ma nella mia condizione è difficile trovarlo, vogliono tutti un buon curriculum e anche se io so parlare quattro lingue non sono riuscito ad inserirmi in nessun posto.

P., come gli altri che ho conosciuto non ha più niente da perdere, del resto cos'altro gli potrebbe succedere di peggio che non avere più una casa, un lavoro, dei familiari, beni materiali, soldi, affetti ed emozioni? Ormai è nella condizione di poter soddisfare solo i suoi bisogni primari: mangiare, farsi una doccia, avere dei vestiti. Ogni giorno dal momento in cui si sveglia inizia la solita giornata, la solita di sempre: fa la colletta per la colazione, gironzola in qua e la senza una meta precisa fino all'ora di pranzo. Il pomeriggio ricomincia a fare la colletta, gli servono dei soldi per poter pagare una radiografia ai denti che per lui è molto costosa (quarantacinquemila lire!). La sera attende la Ronda per poter cenare e scambiare qualche parola con i volontari.

Tra quelli che hanno voglia di raccontarsi si avvicina H. M. (lui stesso mi scrive il suo nome sul quaderno). La sua è una storia diversa. È la storia di uno dei tanti extracomunitari che pensava di venire in Italia per fare fortuna lavorando onestamente. Ma così non è stato. Per vivere ha iniziato a commettere piccoli furti per poi finire nel carcere di Sollicciano. Dopo quest'esperienza preferisce vivere in povertà piuttosto che scegliere una cattiva strada. Ora dorme da solo in una casa abbandonata.

Alle 13:00 si pranza. Antonio chiama tutti per numero e li fa entrare uno per volta. Entro anch'io e noto che P. mi ha riservato un posto accanto al suo. Sul tavolo accanto al piatto, trovo un biglietto. È una poesia scritta da lui:

"Lieve come una poesia
La musica va rompendo
Il mio cielo plumbeo
E il ricordo di un profumo
Il tuo profumo che non c'è
Ma tu scendi prepotentemente in me
Come l'aria che respiro
Come la luce che mi annulla"
Con simpatia,
P.

Anche con questa "poesia istantanea" P. mi ha dimostrato la sua gran voglia di comunicare.

Al tavolo attorno a me ci sono solo uomini, alcuni extracomunitari e anche tanti italiani. Il responsabile della mensa mi spiegherà che la presenza di donne è rara. Quelle tre o quattro che ci sono, vengono solo perché hanno problemi economici o perché mosse dalla solitudine cercano compagnia.

È difficile costruire una figura tipo del senza-fissa-dimora, ognuno ha alle spalle una storia particolare e tanti non hanno voglia di raccontarsi Qualcuno mi riferisce che è stanco di fare da cavia per la gente che come me chiede informazioni sul loro conto ma non fa nulla di concreto per risolvere il loro dramma. Molti parlano solo del presente, di come trascorrono le giornate e dei piccoli "trucchetti del mestiere" che utilizzano per sopravvivere. D. mi parla della loro arte dell'arrangiarsi e delle giornate tipo della maggior parte dei senza-fissa-dimora che lui conosce. La giornata per loro inizia molto presto (D. si riferisce a coloro che passano la notte a Campo di Marte), verso le sei si svegliano perché già a quell'ora la stazione è affollata dai pendolari e ad alcuni di loro non piace farsi vedere. Il primo problema della giornata è quello di trovare un biglietto ancora valido per prendere l'autobus per raggiungere qualche associazione. Così aspettano che qualcuno arrivato a destinazione butti via il biglietto non ancora scaduto per riutilizzarlo. I meno timidi usano anche altri espedienti, quali quello di andare in cerca di schede telefoniche quasi piene di soldi, lasciate dai turisti per rivenderle poi ad un prezzo più basso. Vengono vendute anche le schede telefoniche rare ai collezionisti ed è lì che si può guadagnare un po' di più. Quando invece la giornata è andata proprio storta, si passa in qualche parrocchia dove ci sia un prete di buona volontà che offre loro qualche spicciolo.

Parlando di sé D. è molto riservato. Veste sempre bene e dice di far parte della categoria dei "sani":

Avevo un lavoro, non sono finito per strada perché sono stato licenziato. Tante cose messe insieme mi hanno fanno cadere. Nella vita a volte si rompe qualcosa che ti tocca profondamente. Gli assistenti sociali però capiscono poco questi problemi interiori, ci dicono che siamo sani e forti e il lavoro c'è per tutti. Tante volte non riesci ad inserirti nella società! Trovi un lavoro, ma il fitto essendo così caro ti dà una mazzata e ti scoraggi. Ho dormito per un periodo all'albergo popolare, ma non è stata una bella esperienza. Ora passo la notte a Campo di Marte nel periodo primaverile ed estivo. I mesi più freddi li trascorro in luoghi al chiuso utilizzati da un po' di anni per l'emergenza freddo. Questa è stata una fortuna, gli altri anni si rischiava di congelare.

Quelle tante cose messe insieme sono state la causa della sua condizione. D. accusa le associazioni per la mancanza di un trattamento individuale, spesso si generalizza e si considerano tutti sulla stessa barca. Lui dice che non vuole essere paragonato ad un alcolizzato o a chi vive sulla strada per scelta. Inoltre ormai si considera un esperto in questo campo, anche perché quando faceva una vita normale, ha svolto un servizio di volontariato per Strada Viva a Catania e ha potuto toccare con mano le varie problematiche. (3)

Non sono riuscita a sapere nient'altro sulla sua vita passata ed ho rispettato la sua volontà di tenere per sé un pezzo della sua storia.

Ho notato che le persone che stanno allo stesso tavolo si conoscono, ma non si considerano veri e propri amici, solo conoscenti costretti a condividere forzatamente la loro comune condizione. Dopo la mensa ognuno ritorna sulla sua strada richiudendosi in solitudine.

A proposito di solitudine mi sono chiesta spesse volte quale potesse essere il rapporto dei senza-fissa-dimora con le donne e da qualcuno ho saputo che la maggior parte di loro intreccia rapporti soprattutto con giovani donne extracomunitarie.

Il tempo alla mensa è passato molto in fretta. Alle 13:30 quasi tutti hanno finito di pranzare e quelli che ho conosciuto mi salutano cortesemente e sperano di rivedermi presto. P. prima di salutarmi mi fissa un appuntamento a Campo di Marte per venerdì sera e mi chiede un favore: «avresti un sacco a pelo da regalarmi? Non voglio delle coperte perché per me sarebbe difficile portarle dietro durante il giorno».

Il sacco a pelo avrebbe potuto tenerlo sulle spalle. Già perché oltre ai grossi problemi che queste persone hanno, c'è anche quello di non avere un posto sicuro dove tenere custodite le loro poche cose, ed anche il deposito bagagli della stazione è costoso.

Prima della chiusura Antonio mi concede qualche minuto e mi fornisce tutte le indicazioni su com'è gestita la mensa e dei piccoli problemi che giornalmente accadono. Parla di piccoli problemi perché in realtà l'ambiente come ho già detto è molto tranquillo. Qualche inconveniente si verifica quando tra le cinquanta-sessanta persone che popolano quella struttura ne arriva qualcuno ubriaco. In questo caso i volontari intervengono vietando loro l'entrata. La mensa è frequentata anche da stranieri quindi si potrebbe verificare qualche episodio di non inserimento a causa del fatto che gli italiani si sentono spodestati di alcuni loro diritti.

Questa struttura gestita dalla Caritas offre ai senza-fissa-dimora la soddisfazione dei bisogni giornalieri. La Caritas possiede inoltre alcuni alloggi notturni a cui però non possono accedere i senza-fissa-dimora che non hanno la residenza e sono quindi costretti a vivere ovunque: alla stazione fin quando la polizia non li va a svegliare, sotto qualche porticato, in qualche casa occupata e a chi è concesso il "privilegio" può dormire all'albergo popolare. I senza-fissa-dimora però non considerano ciò un privilegio e definiscono l'albergo un "manicomio popolare" preferendo così passare la notte per strada.

La ronda della carità

Colloquio con Rossella

Ho incontrato Rossella, segretaria dell'associazione ad una conferenza stampa tenuta nel Quartiere Uno dai rappresentanti di tutte le associazioni di volontariato di Firenze. Alla conferenza si discuteva del problema delle residenze. Rossella ha molto a cuore la questione e prendendo parola definisce l'istituzione comunale malata di schizofrenia: «il comune non può ignorare certe domande» afferma, «ormai quasi tutti i centri di accoglienza per offrire certi servizi chiedono la residenza». È emerso dalla conferenza un forte interessamento e la volontà di sensibilizzare non solo i diretti interessati (senza-fissa-dimora), ma tutti i cittadini molto spesso ignari della condizione di indigenza in cui questi soggetti sono costretti a vivere.

Ciascuno di noi potrebbe ritrovarsi da un giorno all'altro e per i più svariati motivi a non avere un tetto sulla testa!

Avendo deciso di occuparmi della Ronda della carità, chiedo a Rossella un appuntamento presso la sua associazione.

Grazie al colloquio avuto con lei, ho potuto capire meglio gli attuali problemi legati al diritto di avere la residenza, e mi ha inoltre illuminata sull'attività che la Ronda svolge da anni.

La volontà di creare quest'associazione a Firenze (4) è nata nell'ottobre del 1993 e nel 1994 è stata costituita e iscritta all'albo del volontariato. È definita un'associazione "apartitica" e "aconfessionale" proprio per dare la possibilità a tutti di svolgere quell'attività di volontariato. Una delle motivazioni che muove la Ronda, è la necessità di garantire la sopravvivenza quotidiana e di soddisfare i bisogni primari di chi non è in grado di provvedere da solo. I volontari sono suddivisi in gruppi, sono circa sessanta persone e tutti i giorni, tutte le sere dell'anno, hanno un impegno concreto: quello di essere presenti nei punti principali dove la maggior parte dei senza-fissa-dimora sosta abitualmente (Santa Maria Novella, Campo di Marte, Piazza Santissima Annunziata).

L'attività serale consiste nel portare ai senzatetto indumenti, biancheria pulita, qualche coperta, cibo e bevande calde. Ma non è solo un soddisfare questi bisogni materiali. Questo è uno dei modi per avvicinarsi a loro, la Ronda vuole dimostrare di essere presente anche come punto di riferimento diurno.

L'associazione cerca giornalmente di mantenere i contatti con i senza-fissa-dimora, soprattutto con i residenti, che attualmente sono centosessanta, tra cui molti stranieri. Si occupa di smistare la loro posta e se è possibile cercare loro qualche sistemazione lavorativa.

Vengono mantenuti contatti con i vari SAST (Servizio Assistenza Sociale Territoriale) e, una volta a settimana su indicazione di questi ultimi vengono distribuiti alimenti forniti dal Banco Alimentare per sostenere i nuclei familiari più poveri e i senza-fissa-dimora che hanno la possibilità di cucinare i cibi. Un'altra significativa attività della Ronda è quella atta a sostenere dei colloqui in carcere con i senza-fissa-dimora che sono incappati in qualche grana. Infatti, come sostiene Rossella, a loro vengono negati tutti i diritti, ma hanno come unico privilegio quello di poter essere arrestati. I rapporti in generale con i senzatetto vengono definiti dall'associazione eccezionali.

Ho potuto costatare ciò personalmente, quando un pomeriggio invitata a casa di Rossella, la trovo a chiacchierare con un ragazzo che fino a poco tempo fa viveva per strada e grazie alla Ronda è riuscito a ricostruirsi una vita decente. Si chiama A. e devo affermare che non ha avuto un'esistenza facile:

Ho 32 anni, sono pugliese e a causa di grossi problemi familiari ho iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti, ne usavano di tutti i tipi e il lavoro che facevo non mi bastava più a coprire le spese e inoltre per via della mia instabilità sono stato licenziato. A causa di piccoli furti che ho commesso per comprare la "roba" sono finito in carcere a Sollicciano. Lì, ho conosciuto quelli della Ronda. Ora sono agli arresti domiciliari. Una volta fuori del carcere ho conosciuto un gruppo di ex tossici che ha formato un centro di auto aiuto e che ora frequento una volta a settimana. Da due anni non faccio uso di nessun tipo di droga ho un lavoro e un piccolo appartamento in cui la sera rientro per i controlli. Per il resto conduco una vita normale. Ora faccio volontariato con gli amici della Ronda e mi occupo delle persone che sono ai margini come lo sono stato io per dieci anni.

Finalmente una storia a lieto fine con una gran forza di volontà.

Venerdì sera a Firenze con la Ronda

Per toccare con mano l'attività serale della Ronda della carità mi sono aggregata ad un gruppo di ragazzi che una volta a settimana svolgono questo servizio. Si parte alle 20:00 da Pontassieve, si fa un giro nei bar che hanno deciso di contribuire e si prelevano pizzette, panini e dolci avanzati dal giorno stesso.

Il punto di ritrovo a Firenze è piazza della Libertà, dove alle 21:00 arrivano altri volontari. Siamo circa dodici e appena organizzati si parte in macchina per la prima destinazione: Piazza Santissima Annunziata. La prima sera i ragazzi mi spiegano come funziona la loro attività e mi raccomandano di stargli sempre dietro essendo ancora inesperta. Mi spiegano che alcune volte hanno avvertito un po' di paura a causa di situazioni preoccupanti che si sono verificate con gli extracomunitari. La seconda tappa è Campo di Marte, l'ultima Santa Maria Novella. Ho avuto sensazioni diverse nei tre luoghi visitati con la Ronda.

A Santissima Annunziata sembra tutto deserto, si avverte un po' di solitudine e tristezza. Apparentemente non si scorge nessuno, ma appena scendiamo con cibi e vestiti, non mi accorgo da dove spuntano, ma ci ritroviamo circondati da una cinquantina di persone. Ho imparato che questo succede quando la sera prima non è passata la Polizia e ha portato via qualcuno, perché in quel caso nella piazza si nota solo qualche passante. La piazza è popolata soprattutto da extracomunitari, giovani tossicodipendenti, pochi italiani adulti e nessuna donna. Non si riesce a comunicare bene con loro. I tossici sono storditi e immersi nel loro mondo. Gli stranieri parlano male l'italiano e si fanno intendere male, ma a loro quello che interessa e chiedere di tutto: cibo, vestiti, coperte, sigarette. A differenza di quelli di Santa Maria Novella però sono molto più educati e tranquilli.

A Campo di Marte la situazione cambia. Si incontrano soprattutto i senza-fissa-dimora italiani, quelli che vivono per strada da molti anni e aspettano l'arrivo della Ronda non solo per mangiare, ma per scherzare, ridere e raccontare qualche episodio della loro giornata. C'è un clima di tranquillità, c'è allegria e più accoglienza. Ho avuto la stessa sensazione che ho provato alla mensa, del resto già conosco molti di loro.

P. mi aspetta e appena mi vede con il sacco a pelo in mano è felicissimo: ora potrà finalmente dormire al caldo, prima non aveva niente con cui coprirsi.

Tutti ci vengono incontro tranne F. che rimane lì seduta con il suo cane senza nemmeno guardarci. Siamo noi a doverci avvicinare a lei e a quel punto ci saluta con molta gentilezza, ma senza guardarci mai negli occhi. È assorta in chissà quali pensieri e parla senza un filo logico:

Aspetta un treno, fra un paio di giorni devo partire..., c'è la guerra, le bombe, io ho paura e sono scappata..., il mio cane buono, tutti giocano con lui..., io dormo su una panchina perché nel letto ci sono i serpenti, piuttosto che farmi divorare preferiscono stare qui..., qui non mi tocca nessuno.

A Campo di Marte ci sono le solite storie: divorzi, sfratti, licenziamenti. Solo di F. si sa poco, è molto riservata e orgogliosa, non accetta mai l'aiuto di nessuno. Ho pensato che forse lei ha fatto una scelta. Sono riuscita a sapere solo quel poco che la Ronda nei vari anni ha scoperto. Si sa che ha 80 anni, è nata in Istria ed è molto conosciuta perché è stata per tantissimo tempo a vivere per le strade di Venezia dove veniva chiamava la "signorina" per i suoi modi affettati. Ha una pensione che va a prelevare a Genova. Il treno che lei dice di aspettare è quello di mezzanotte per Bologna e tutte le sere lo prende per ritornarvi la mattina e poi sostare tutto il giorno a Santa Maria Novella. Inoltre, trascorre le vacanze estive in una località marittima del Friuli Venezia Giulia. Quando si accorge che qualcuno dimostra di volerla aiutare scompare e non si fa vedere per un paio di mesi.

Quando finiamo di distribuire il cibo, chiacchieriamo un po' con loro, non chiediamo direttamente le loro storie, ma aspettiamo che loro stessi abbiano voglia di farlo. "È una forma di rispetto questa", dicono i ragazzi della Ronda, "poiché tutti i diritti gli sono negati è giusto che almeno mantengano quello di scegliere loro quando parlare di sé". Alcuni di loro ringraziano per la bontà dimostrata dai volontari offrendo loro un pasto, altri accettano il cibo come se fosse uno sforzo, dimostrando quindi un certo orgoglio. Mi è sembrato il tipico comportamento di chi ancora non è riuscito ad ammettere a se stesso che nella vita ha fallito in qualcosa e che potrebbe aver bisogno di aiuto.

Il "principe", un altro ospite di Campo di Marte, è un classico esempio di quest'atteggiamento. È chiamato così perché veste sempre bene, con giacca e cravatta, capelli sempre in ordine, molto profumato e con un grosso anello d'oro al dito. Non si sa nulla della sua storia, ma traspare il suo atteggiamento di superiorità.

Arrivato il momento di avviarci a Firenze centrale, subentra in me una sensazione di paura, forse per quello che mi è stato riferito. A Firenze Santa Maria Novella ci sono molti extracomunitari di ogni età, soprattutto albanesi. Questi spesse volte sono prepotenti, in alcuni casi sono anche violenti e cominciano ad offendere nella loro lingua: "voi siete ricchi..., voi dare soldi a noi, non cibo".

A causa di questi inconvenienti è molto difficile lavorare e anche i pochi "barboni storici" che qui ci sono, hanno paura di avvicinarsi. Di conseguenza si ha poco dialogo e si rischia di fare esclusivamente assistenzialismo.

La Ronda così ha sospeso per un breve periodo la somministrazione di cibo alla stazione centrale.

Il particolare che ho notato alla stazione centrale e che mancava negli altri posti, è la lunga fila di casette costruita dai senza-fissa-dimora con dei cartoni. È come se avessero voluto ritagliarsi un pezzo di marciapiede tutto per loro, per avere la sicurezza di possedere uno spazio che nessuno avrebbe potuto invadere. Tutti sdraiati nella precaria dimora alzano la testa solo per ricevere i viveri. C'è chi addirittura ha costruito una casetta di cartoni per sé e la propria innamorata.

Una volta salutati tutti è di routine scambiare una lunga chiacchierata con M., la veterana della stazione. Lei starebbe a parlare con noi tutta la notte con un unico scopo naturalmente, quello di raccontare barzellette sporche e qualche avventura vissuta in passato con i vari uomini della sua vita. L'ultimo saluto al "grande puffo" l'uomo addetto ai carrelli portabagagli e poi a casa.

Considerazioni finali

Con lo sviluppo di questa ricerca e grazie ai vari incontri che ho fatto, ho scoperto una realtà per me nuova, una realtà che prima anch'io volutamente lasciavo ai margini.

Ho realizzato che dentro quella condizione di povertà, dentro ogni "barbone", per quanto mal ridotto che sia, c'è un uomo, c'è un essere vivo che respira e palpita, che ha avuto una lunga storia di privazioni e di infelicità, di disamore, di solitudine e di violenza.

Sicuramente, da oggi in poi, ogni volta che incontrerò un "vagabondo", guardandolo avrò curiosità di conoscere qualche notizia sulla sua storia e di capire quali sono state le cause che lo hanno portato a quell'estrema povertà. Chissà se ha avuto qualcuno che si è preso cura di lui? È stato amato o rifiutato? Anche lui avrà sperato nel futuro e avrà sognato di diventare qualcuno...

Ringraziamenti

Ringrazio l'ufficio dell'Assessorato alla Solidarietà e ai Servizi Socio-Sanitari del Comune di Firenze, il centro ascolto e la mensa Caritas. La direzione e la redazione del "giornale di strada" Fuoribinario, la Ronda della carità, tutte le Associazioni che offrono aiuto ai senza-fissa-dimora, nonché gli stessi senza-fissa-dimora che hanno per la maggior parte contribuito alla stesura di questa relazione con i loro racconti di vita.

Note

1. Fuori binario è il giornale dei senza-fissa-dimora di Firenze. Fa parte dell'associazione Periferie al Centro ed è nato nell'estate del 1994.

2. In questa mensa può servirsi della doccia chi ha un buono valido rilasciato dalla Caritas. Questo servizio può essere concesso ogni tre giorni e il cambio abiti ogni sette giorni. In più vengono fornite: schiuma da barba, lamette e asciugamano.

3. Strada Viva fa parte della Federazione italiana dei giornali di strada.

4. La ronda della carità opera in molte altre città italiane.