ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Chiara Ruffino, 2000

"L'attualità appiattisce e brucia tutto. Quella che nei giornali si chiama cronaca diventa sempre più spesso un turbinio di fatti che si inseguono, si sovrappongono, si cancellano. Le connessioni si smarriscono, si gonfia una notizia per farne dimenticare un'altra, vicende cominciano e nessuno ne saprà mai la fine, storie finiscono e nessuno ne ha mai conosciuto il principio. I fatti così parlano sempre meno" (1).

Tra la miriade di notizie, più o meno enfatizzate, che sempre più riempiono i telegiornali e le pagine dei quotidiani, rischia, in questi giorni, di passare inosservata la pronuncia della Suprema Corte che ha finalmente sancito la fine del processo che vedeva imputati Francesco Paolo Mattioli e Cesare Romiti per false comunicazioni sociali ed illecito finanziamento ai partiti. La V sezione penale della Cassazione ha, infatti, definitivamente confermato la condanna dell'ex amministratore delegato della Fiat S.p.A. Cesare Romiti, riducendola a undici mesi e dieci giorni, ed ha, invece, annullato senza rinvio quella del direttore finanziario del Gruppo Francesco Paolo Mattioli, per intervenuta prescrizione.

L'analisi delle vicende processuali rappresenta il soggetto e l'oggetto di questo lavoro che, nel primo capitolo, cerca di fornire un quadro chiaro dello svolgimento dei fatti, ricostruendo in dettaglio l'evolversi degli eventi attraverso la lettura delle sentenze emesse dal giudice per le indagini preliminari e dalla Corte d'Appello di Torino. La cronistoria dei fatti è accompagnata da aneddoti e testimonianze dirette dei protagonisti che mostrano i delicati equilibri e le alleanze all'interno del Gruppo che hanno fatto da sfondo a questo processo. Si è cercato di inquadrare la narrazione della vicenda del gruppo Fiat all'interno di quel sistema di "corruzione ambientale" che condizionava le gare d'appalto di tutta la penisola, tentando di indicare le possibili cause contingenti e remote della straordinaria diffusione del fenomeno corruttivo in Italia a partire dagli episodi sporadici dei primi anni del secolo fino alla brusca accelerazione degli anni Ottanta. Nella narrazione vengono ricordate, inoltre, le precedenti disavventure giudiziarie della fabbrica automobilistica torinese, dal falso in bilancio di cui vennero accusati Giovanni Agnelli e gli altri soci fondatori nel 1908, al sospetto di violazioni dello Statuto dei lavoratori, sollevato da Raffaele Guariniello nel 1989 e mai fugato, in quanto il processo si concluse con un provvedimento di amnistia. Nei suoi primi cento anni di storia, la Fiat era stata più volte accusata, ma mai condannata in modo definitivo e neanche il terremoto di Tangentopoli sembrava in grado di far tremare i piani alti di corso Marconi. L'onda d'urto di Mani Pulite, invece, colpì anche la Fiat, propagandosi dalle società partecipate operanti nell'area milanese, Cogefar Impresit, Fiat Ferroviaria e Fiat Iveco, al cuore del Gruppo rappresentato dalla Fiat S.p.A., ed aumentando progressivamente il numero e l'importanza delle aree aziendali e dei soggetti coinvolti.

La descrizione delle vicende processuali che hanno coinvolto la fabbrica automobilistica torinese non costituisce l'obiettivo finale di questo lavoro, ma ne rappresenta, insieme all'analisi delle teorie che si sono occupate dei crimini dei colletti bianchi (stralciate dal lavoro in questa sede, ma a disposizione di chi ne fosse specificamente interessato (2)), il necessario presupposto. In questo elaborato si intende, infatti, analizzare la strategia difensiva adottata dalla Fiat durante lo svolgimento delle indagini e nel corso del processo, attraverso l'utilizzo degli schemi interpretativi proposti da alcuni studiosi dei reati d'impresa (3). Sutherland focalizzò per primo l'attenzione sugli illeciti commessi da esponenti delle classi elevate, distinguendosi nettamente dalle teorie sociologiche dell'epoca: le cause del comportamento deviante, infatti, non dovevano essere ricercate, secondo Sutherland, in fattori patologici individuali o sociali, ma nelle relazioni sociali, le quali sarebbero in grado di trasmettere all'individuo non solo le tecniche di attuazione dell'infrazione, ma anche le motivazioni favorevoli alla violazione. Secondo tale impostazione, il comportamento deviante può essere, quindi, appreso e verificarsi a qualsiasi livello della scala sociale. Sulla scia di questo pensiero, sono state proposte ulteriori definizioni del crimine dei colletti bianchi, le quali focalizzano variamente la loro attenzione sul soggetto colpevole, sull'azione illecita commessa, sulle cause della deviazione, sui suoi effetti.

Analizzando le conseguenze di tali crimini si è rilevato come essi, pur producendo danni più gravi della c.d. criminalità comune, siano raramente stigmatizzati dal resto della comunità, in quanto i colletti bianchi, per la loro collocazione sociale, non solo sono in grado di influenzare sia il sistema legislativo sia quello giudiziario, ma riescono inoltre ad attenuare l'impatto negativo delle loro azioni negando che l'illecito sia accaduto, fornendone un'interpretazione diversa da quelle tradizionali o minimizzando le loro responsabilità utilizzando scuse e giustificazioni.

Nella seconda parte di questo lavoro si è cercato di verificare, in concreto, l'idoneità esplicativa di alcune delle teorie esaminate in rapporto alla strategia difensiva adottata dalla fabbrica automobilistica torinese nel corso del processo. In particolare, sono state utilizzate la "teoria della negazione" di Cohen e la "teoria del capro espiatorio" di Bonazzi. Attraverso la prima, si è focalizzata l'attenzione maggiormente sui fatti e sulle diverse interpretazioni che ne hanno fornito i protagonisti; tramite la seconda, invece, sono stati esaminati i soggetti, il loro ruolo e le loro interrelazioni.

Desidero ringraziare il personale della Cancelleria del Tribunale di Torino - Sezione delle Indagini Preliminari - per la cortese assistenza fornitami nel reperire la documentazione fondamentale per la ricerca.

Un particolare ringraziamento al prof. Claudio Sarzotti per la piena disponibilità, i costruttivi stimoli ed i preziosi suggerimenti.

Note

1. B. Guidetti Serra, Le schedature Fiat, Rosenberg & Sellier, Torino, 1984, p. 7.

2. Per qualsiasi chiarimento indirizzare e-mail a chiara.ruffino@telecomitalia.it.

3. Con l'espressione "reati di impresa" si intendono quelle tipologie di illeciti che coinvolgono generalmente persone di elevato status sociale e che sono in relazione causale con l'attività lavorativa da loro svolta.