ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo IV
L'Odissea continua dopo lo sbarco. La corsa ad ostacoli dei migranti

Angela Suprano, 2016

1. L'iter per il riconoscimento della Protezione internazionale in Italia

Il viaggio e per molti (quasi tutti) le disavventure non terminano con l'approdo alla terra ferma o con il soccorso in mare. Forse si potrebbe dire che per molti stranieri la "odissea" abbia inizio a partire dal primo contatto con la terra ferma (1).

Stando, infatti, ai nuovi parametri europei così come recepiti dal legislatore nazionale con d.lgs. 142/2015, e anche alla volontà, già da tempo preannunciata da ANCI, UNCHR, enti a tutela e associazioni, di superare la dicotomia tra prima e seconda accoglienza (in termini operativi tradottasi in obiettivi e standard differenti tra l'uno e l'altro livello), l'accoglienza predisposta a beneficio dei soggetti arrivati in Italia dovrebbe articolarsi in tre fasi: la fase di soccorso (Centri di primo soccorso e assistenza nelle regioni di sbarco o limitrofe), la fase di prima accoglienza e qualificazione (hub), la fase dello SPRAR.

Ai fini della regolamentazione e del coordinamento dell'accoglienza e dell'esame della domanda di protezione internazionale, l'Unione Europea ha fatto ricorso ad un sistema di regole condivise, di cui due sono i pilastri su cui il sistema si costruisce: il Sistema Dublino e l'EURODAC (European Dactyloscopie) (2). È proprio l'EURODAC a rappresentare il primo strumento con cui, una volta approdati, gli stranieri hanno a che fare, specie se richiedenti protezione internazionale. Si tratta, infatti, di un sistema assimilabile ad una vera e propria banca dati, in cui vengono registrate tutte le generalità (in particolare si rilevano le impronte digitali) di chiunque attraversi la frontiera in condizioni di irregolarità.

In seno alle disposizioni ex artt. 4 e 8 del Regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, istitutivo dell'EURODAC, si stabilisce che, sia in caso di presentazione della domanda di asilo sia nel caso in cui sia fermato dalle autorità competenti a seguito dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera italiana in provenienza da un Paese terzo e non sia stato respinto, "ciascuno Stato membro procede tempestivamente al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di ogni richiedente asilo di età non inferiore a 14 anni (...). La procedura di tale rilevamento è stabilita in conformità delle prassi nazionali dello Stato membro interessato e in conformità delle salvaguardie previste dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo e della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo".

Nel caso in cui il soggetto da identificare rifiuti di sottoporsi alla rilevazione delle impronte digitali, è fatto divieto all'autorità competente di ricorrere all'uso di qualunque coercizione fisica. Tale divieto, oltre a rispondere ad un principio supremo di integrità fisica della persona, è rafforzato dal fatto che si reputano sufficienti anche altre tipologie di prove e indizi, ai fini della determinazione dello Stato competente ad esaminare la domanda d'asilo, individuate nell'allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione del 30 gennaio 2014.

A livello nazionale, la disciplina che regolamenta l'accesso alla procedura per la richiesta di protezione internazionale a partire dal 30 settembre 2015 è contenuta nel capo II del nuovo d.lgs. del 18 agosto 2015, n. 142 (emanato al fine di dare attuazione alle Direttive 2013/32/CE e 2013/33/CE del Consiglio, recanti rispettivamente norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), che ha riformato il precedente d.lgs. 25/2008.

Il d.lgs. 142/2015 rappresenta un approdo fondamentale in quanto parte integrante della seconda fase di realizzazione di un Sistema Unico Europeo, fondata sulla previsione e applicazione di norme comuni da parte degli Stati membri atte a garantire procedure comuni di asilo nonché status uniformi.

La domanda di asilo, non vincolata ad una forma precisa ma supportata da una chiara manifestazione di volontà, può essere presentata, ai sensi dell'art. 6, d.lgs. 28/2008 come modificato dal d.lgs. 142/2015, "alla polizia di frontiera ovvero alla questura competente per il luogo di dimora (3). In caso di presentazione della domanda all'ufficio di frontiera è disposto l'invio del richiedente presso la questura competente per territorio". Alla procedura può avere accesso, quindi, tanto colui il quale abbia appena fatto ingresso nel territorio italiano quanto chi sia già presente sul territorio (con o senza permesso di soggiorno). Inoltre, è garantita al richiedente l'assistenza di un interprete, della sua o di altra lingua ad egli comprensibile, in tutte le fasi connesse alla presentazione della domanda e all'esame della medesima.

Il legislatore ha previsto l'estensione della domanda presentata da un genitore anche ai figli minori non coniugati presenti sul territorio al momento di presentazione della stessa richiesta. Inoltre, a seguito delle modifiche apportate dallo stesso d.lgs. 142/2015 sulla previgente disciplina, l'ultimo periodo del comma 2, ex art. 6, prevede la presentazione della domanda da parte del minore, tramite il genitore, mentre al comma 3 si apre per i minori stranieri non accompagnati (4) la possibilità di presentare direttamente domanda di protezione. Inoltre, sempre in relazione alla categoria dei minori stranieri non accompagnati, il legislatore del 2015 ha previsto la possibilità per cui la domanda possa essere altresì presentata direttamente dal tutore sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del minore stesso.

Non è stato apposto alcun termine perentorio per la presentazione della domanda, tutelando (lato sensu) il diritto dello straniero, facendo salva la possibilità per cui, in sede di valutazione di merito della richiesta e di credibilità, la Commissione possa addure "la non tempestività" nell'accesso alla procedura quale elemento di valutazione (d.lgs. 251/07 art. 3, comma 5 lett. d). In quest'ultimo caso, il richiedente asilo è gravato dall'onere di dimostrare di essere incorso in un giustificato motivo tale da aver ritardato i tempi di presentazione della domanda.

Quando la domanda di protezione internazionale viene presentata dallo straniero all'ufficio di polizia di frontiera nel momento dell'ingresso, ai sensi dell'art. 3, comma 2, D.P.R n. 21/2015, "l'autorità invita formalmente lo straniero a recarsi al più presto, e comunque non oltre otto giorni lavorativi, salvo giustificato motivo, presso l'ufficio della questura competente alla formalizzazione della richiesta, informando il richiedente che qualora non si rechi nei termini prescritti presso l'ufficio indicato, è considerato a tutti gli effetti di legge irregolarmente presente nel territorio nazionale". L'ufficio della questura deve provveder alla redazione del verbale sulla base delle dichiarazioni rilasciata dal richiedente asilo, il quale, a norma dell'art. 3 d.lgs. 251/2007, deve comunicare, congiuntamente alla domanda di protezione internazionale "tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la medesima domanda" (5). Il verbale, approvato e sottoscritto dal richiedente, deve essere redatto entro i termini previsti nel nuovo comma 2-bis, d.lgs. 142/2015, in particolare: "entro tre giorni dalla manifestazione della volontà di chiedere la protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso in cui la volontà è manifestata all'Ufficio di polizia di frontiera. I termini sono prorogati di dieci giorni lavorativi in presenza di un elevato numero di domande in conseguenza di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti" (vedremo in seguito cosa accade nella prassi ormai radicata). All'art. 10 vengono predisposte tutta una serie di garanzie informative volte a tutelare il soggetto richiedente e soprattutto a porlo nella condizione di conoscere i diritti e doveri a cui ha accesso durante l'espletamento della procedura. In particolare, la Commissione nazionale redige, a tal proposito, un opuscolo informativo nel quale sono illustrate: le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, comprese le conseguenze dell'allontanamento ingiustificato dai centri; i principali diritti e doveri durante la sua permanenza in Italia; le prestazioni sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle; l'indirizzo ed il recapito telefonico dell'UNCHR e delle principali organizzazioni di tutela dei richiedenti protezione internazionale, nonché informazioni sul servizio gratuito di informazione sulla procedura di esame della domanda da parte delle Commissioni territoriali, sulle procedure di revoca e sulle modalità di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale.

Si tratta di prestazioni che continuano ad essere garantire anche nell'eventuale fase di impugnazione della decisione in sede giurisdizionale.

È stata prevista una disciplina ad hoc nei casi in cui a presentare la domanda sia un minore straniero non accompagnato. In quest'ultimo caso, si prevede, infatti, che l'autorità che riceve la richiesta provveda alla sospensione del procedimento, e che ne invii comunicazione al tribunale dei minorenni e al giudice tutelare ai fini dell'apertura della tutela e della nomina del tutore (a norma degli artt. 343 ss. del c.c.). "Il giudice tutelare, nelle quarantott'ore successive alla comunicazione della questura, provvede alla nomina del tutore. Il tutore prende immediato contatto con il minore per informarlo della propria nomina e con la questura per la conferma della domanda ai fini dell'ulteriore corso del procedimento di esame della domanda" (come previsto dal nuovo comma 5 a seguito della modifica del d.lgs. 142/2015). Per il minore non accompagnato, dovendo rispondere a esigenze di maggior tutela perché categorie potenzialmente "più vulnerabili" (6), è prevista la necessità da parte dell'autorità che riceve la domanda, ai sensi del comma 5, di informare immediatamente il Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati per provvedere all'inserimento del minore in una delle strutture operanti nell'ambito del Sistema di protezione stesso, seguito da una comunicazione al tribunale dei minori ed al giudice tutelare. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato inserimento del minore in una di tali strutture, l'assistenza e l'accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune dove si trova il minore.

A questo punto, l'esame della domanda diviene di competenza delle Commissioni territoriali (art. 4 d.lgs. 142/2015), fissate in numero massimo di venti e nominate con decreto del Ministero dell'Interno, per un incarico di durata triennale durante il quale ciascuna commissione e ciascuna delle sue sezioni opera in indipendenza di giudizio e di valutazione. La Commissione territoriale, ai fini della decisione su ogni singola domanda, che dovrà essere assunta in modo autonomo, imparziale ed obiettivo, accerta in primo luogo se sussistono le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi dell'art. 11 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successivamente se sussistono le condizioni per il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria ai sensi dell'art. 17 del medesimo decreto legislativo, tenendo conto di quella che è la situazione generale esistente nel Paese di origine del soggetto richiedente. All'art. 8, comma 3-bis, è previsto l'auxilium e la consultazione di esperti su aspetti particolari come quelli di ordine sanitario, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori.

Prima di procedere alla decisione finale, la Commissione nazionale e territoriale possono disporre l'audizione dell'interessato (7) entro trenta giorni dal ricevimento della domanda e decide nei tre giorni feriali successivi (8). Durante il colloquio, il richiedente può esporre in maniera esauriente gli elementi posti a fondamento della sua domanda. Nel caso in cui la commissione dovrà procedere all'audizione di un minore, si prevede lo svolgimento del colloquio al cospetto di un componente della Commissione con specifica formazione, alla presenza del genitore che esercita la responsabilità genitoriale o del tutore. In presenza di giustificati motivi, la Commissione territoriale può decidere di ascoltare nuovamente il minore anche senza la presenza del genitore o del tutore (salvo la presenza di un personale di sostegno).

Vi sono casi in cui la domanda viene dichiarata inammissibile, per cui la Commissione non procede all'iter descritto. Si tratta dei casi in cui: 1) il richiedente è stato riconosciuto rifugiato da uno Stato firmatario della Convenzione di Ginevra e possa ancora avvalersi di tale protezione; 2) il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine. Nel primo caso descritto, il Presidente della Commissione, a cui la domanda è sottoposta in via preliminare, può procedere anche all'audizione del richiedente sui motivi addotti a sostegno della sua domanda nel suo caso di specie, mentre nel secondo caso descritto, la Commissione, prima di procedere all'adozione della decisione di inammissibilità, comunica al richiedente che può avvalersi della facoltà di presentare, entro i successivi tre giorni dalla comunicazione, osservazioni a sostegno della domanda, in mancanza delle quali la Commissione adotta la decisione suddetta. L'inammissibilità della domanda è disposta anche in caso d'inesistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, fissati dal d.lgs. 251/2007, o ricorra una delle cause di esclusione o cessazione previste da medesimo decreto, o ancora nei casi di manifesta infondatezza (si fa riferimento al caso in cui il richiedente abbia sollevato esclusivamente questioni che non hanno alcuna attinenza con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, ai sensi del d.lgs. 19 novembre 2001, n. 251). Al richiedente viene riconosciuto il diritto di proporre ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria (9) entro 30 giorni dalla data della comunicazione della decisione. Il ricorso sospende la decisione della Commissione e quindi l'espulsione dal territorio nazionale (con diritto quindi a rimanere regolarmente sul territorio italiano con un permesso di soggiorno per richiesta asilo in attesa della decisione del Tribunale). Il ricorso attivato è regolato dal d.lgs. 150/2011, ex art. 19, rubricato "Delle controversie in materia di riconoscimento protezione internazionale", come in parte modificato a seguito del nuovo d.lgs. 142/2015, art. 27.

In caso di decisione positiva, la Commissione riconosce lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, a norma degli artt. 11 e 17 del d.lgs. 251/2007. Il legislatore ha poi previsto tutta una serie di ipotesi in cui, sebbene non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, la Commissione possa, sulla base della sussistenza di gravi motivi umanitari, trasmettere gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno ex art. 5, comma 6, d.lgs. 289/1998.

Qualora, dall'esito della decisione, al richiedente sia riconosciuto lo status di rifugiato questi avrà diritto al rilascio dalla Questura di un permesso di soggiorno per asilo politico di durata quinquennale, rinnovabile. Si tratta di un permesso di soggiorno che apre il soggetto beneficiario a tutta una serie di diritti, in particolare, consente: l'accesso allo studio, lo svolgimento di un'attività lavorativa (ma questo non comporta la conversione del permesso di asilo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro), l'accesso al pubblico impiego, l'iscrizione al servizio sanitario, e soprattutto l'accesso alle prestazioni erogate dall'INPS (assegno sociale e pensione per invalidi civili) nonché all'assegno di maternità concesso dai Comuni (10).

L'ingresso nel circuito dell'accoglienza avviene soltanto dopo essere stata operata una distinzione tra gli aventi diritto a fare richiesta di protezione internazionale e gli stranieri che, non avendo suddetto diritto, dovranno essere rimpatriati.

Si tratta di una decisione presa dall'autorità dopo aver condotto, entro le 48 ore dall'arrivo negli hotspot degli stranieri, le procedure di identificazione. A seguito di questa "scrematura", quanti abbiano manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale verranno inviati presso centri governativi di prima accoglienza, i cosiddetti hub aperti (contrapposti agli hub chiusi). Si tratta di centri già ampiamente analizzati in precedenza, il cui allestimento sarà previsto prevalentemente nelle Regioni del Nord Italia, e che accoglieranno persone con diritto di protezione internazionale, in attesa di decisione da parte della Commissione circa la loro domanda di protezione. Al contrario, gli hub chiusi sono stati definiti come "l'anticamera dell'espulsione", in quanto luoghi deputati ad accogliere i migranti in attesa dell'ordinanza del rimpatrio (11).

La permanenza negli hub aperti è relativa a tutto il periodo di valutazione da parte della Commissione della domanda di protezione e accettazione della stessa. In quest'ultimo caso e laddove naturalmente vi siano posti disponibili, il soggetto rifugiato potrà essere inserito nello SPRAR. Chi si vedrà rifiutata la richiesta potrà proporre ricorso dinanzi al Tribunale, nelle forme e nei modi analizzati in precedenza.

Note

1. Come più spesso emerso, l'arrivo nei cosiddetti "Paesi di transito", rappresentati molto spesso la via obbligata per raggiungere il Nord Europa, può disattendere ogni speranza. Il regolamento Dublino III stabilisce, infatti, che lo Stato competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale sia lo Stato di primo approdo.

2. Secondo quanto statuito dal Consiglio dell'Unione Europea in calce al Regolamento (CE) n. 2725/2000, l'EURODAC è istituito al fine di dare efficace applicazione alla Convenzione di Dublino.

3. Il termine "dimora" è di notevole incertezza interpretativa in quanto genera non pochi problemi nella prassi, in particolare: "(...) La nozione di luogo di dimora viene talora interpretata come il luogo in cui il richiedente si trova, anche temporaneamente, o viceversa come il luogo in cui lo straniero vive abitualmente, richiedendo in tal caso che ai fini della ricezione della domanda di asilo detta dimora sia già conosciuta o conoscibile dalla Questura (in genere attraverso dichiarazione di ospitalità presso un privato che ha un alloggio nella Provincia, regolarmente comunicata all'autorità locale di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 7 del Testo unico immigrazione)," in particolare "si ritiene che quest'ultima interpretazione di dimora come luogo di residenza vada esclusa, in quanto contrastante con l'esigenza di garantire il fondamentale principio di accesso alla procedura quale nucleo essenziale del diritto d'asilo", SPRAR, UNCHR, La tutela dei richiedenti asilo. Manuale giuridico per l'operatore, Maggio 2012, pp. 69-70.

4. Sulla base del regolamento del Comitato per i minori stranieri (D.P.C.M. 535/99 art. 1) è definito "minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato" il minore non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova in Italia privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano. Definizione affine viene ribadita nella disposizione ex art. 2, d.lgs. 142/2015, in cui al comma 1 lett. e) si legge "minore non accompagnato: lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale".

5. Gli elementi da allegare alla sua richiesta sono specificati in seno al successivo comma 2, art. 3, d.lgs. 251/2007, in particolare: l'età, la condizione sociale, anche dei congiunti, se rilevante ai fini del riconoscimento, l'identità, la cittadinanza, i paesi e i luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d'asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio, nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

6. Più precisamente, l'art. 1, d.lgs. 24/2014 di attuazione della direttiva 2011/36/UE, identifica la categoria dei minori non accompagnati tra le categorie di persone "vulnerabili", quindi l'utilizzo del comparativo è giustificato dal fatto che nella condizione stessa di richiedente protezione internazionale(indipendentemente dal fatto che si tratti di un minore, donna in stato di gravidanza, anziano, disabili) è, potremmo dire, ricompresa ed implicita la potenzialità alla "vulnerabilità": "il senso di non appartenenza, in cui la persona si trova, lo espone a un rischio di disagio psicologico legato alla difficoltà di riconoscersi e di essere riconosciuto", Costella P., Furia A., Lenti M. (a cura di), DIGNITAS, Manuale Operativo per ridurre le vulnerabilità e promuovere le risorse nel sistema asilo, Giugno 2011, p. 69.

A rafforzare questa condizione generalizzata e potenziale dei richiedenti, si potrebbe citare quanto S. Freud afferma nell'opera Introduzione alla Psicoanalisi: "Quando un evento traumatico scuote quelli che erano stati fino ad allora i fondamenti della sua esistenza, un individuo subisce una tale scossa da perdere ogni interesse per il presente e il futuro e da rimanere assorbito psichicamente dal passato in maniera durevole".

7. In seno all'art. 12, comma 2 e 2-bis, sono disciplinati i casi in cui l'audizione può essere omessa, in particolare, al comma 2 "quando la commissione abbia sufficienti motivi per accogliere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in relazione agli elementi forniti dal richiedente ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ed in tutti i casi in cui risulti certificata dalla struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l'incapacità o l'impossibilità di sostenere un colloquio personale. 2-bis. Fuori dei casi previsti dal comma 2, la Commissione territoriale può omettere l'audizione del richiedente proveniente da uno dei Paesi individuati ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, quando ritiene di avere sufficienti motivi per riconoscere lo status di protezione sussidiaria sulla base degli elementi in suo possesso. In tal caso, la Commissione prima di adottare la decisione formale comunica all'interessato che ha facoltà di chiedere, entro tre giorni dalla comunicazione, di essere ammesso al colloquio e che in mancanza di tale richiesta la Commissione adotta la decisione.

8. In caso di ritardo, all'art. 27, comma 3, d.lgs. 142/2015, si prevede che "la procedura di esame della domanda è conclusa entro sei mesi. Il termine è prorogato di ulteriori nove mesi quando: l'esame della domanda richiede la valutazione di questioni complesse in fatto o in diritto; in presenza di un numero elevato di domande presentate simultaneamente; il ritardo è da attribuire all'inosservanza da parte del richiedente degli obblighi di cooperazione di cui all'articolo". Al successivo comma 3-bis si precisa inoltre che "in casi eccezionali, debitamente motivati, il termine di nove mesi di cui al comma 3 può essere ulteriormente prorogato di tre mesi ove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda". Bisogna a tal proposito tenere presente che nel caso in cui la domanda sia stata presentata dalle categorie di cui all'art. 28, comma 1, in particolare minori non accompagnati o che necessita di particolari garanzie procedurali, la Commissione territoriale esamina in via prioritaria la domanda.

9. NOTA UNCHR sul recepimento delle Direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE, Roma 5 febbraio 2015, p. 11.

10. Si consulti il sito dell'Inps nella sezione relativa ai permessi di soggiorno per asilo politico.

11. Si tratta in particolar modo dei cosiddetti migranti "economici" provenienti da Tunisia, Egitto, Marocco e in parte i cittadini della Nigeria, eccetto coloro che dimostreranno di essere state vittime di tratta per la prostituzione o perseguitati di Boko Haram.