ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Diana Genovese, 2015

L'elaborato si propone di analizzare l'impatto della direttiva 2011/36/UE 'concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime' nel contesto di riferimento a livello internazionale ed europeo; più in particolare, si intende verificare l'incidenza della direttiva nell'ordinamento penale italiano, nel quale le modifiche apportate per effetto della sua attuazione sembrano aprire scenari innovativi dal punto di vista della repressione dello sfruttamento lavorativo.

Ai fini dell'esame di tale tema occorrerà innanzitutto soffermarsi, nella prima parte del capitolo I, su alcune premesse di carattere generale in ordine alla distinzione tra smuggling of migrants e trafficking of human beings, come delineata dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale ratificata a Palermo.

Nella ricostruzione del quadro normativo globale ed europeo in materia di tratta di esseri umani, oggetto della seconda parte del capitolo I, verranno delineati i passaggi salienti che hanno condotto all'attuale definizione di tratta, la quale se da una parte si è definitivamente affrancata da una concezione che la riteneva come riferita unicamente allo sfruttamento sessuale, dall'altra ha progressivamente preso le distanze anche da quel legame con il divieto di schiavitù che tradizionalmente la caratterizzava.

Ciò appare peraltro evidente dal confronto delle differenti definizioni di tratta di esseri umani che le varie convenzioni internazionali sul tema hanno adottato a partire dal secondo dopoguerra.

Si passerà poi a descrivere, nel capitolo II, l'evoluzione normativa in ambito europeo in materia di tratta e sfruttamento lavorativo, sottolineando in particolar modo le innovazioni apportate dalla direttiva 2011/36/UE alla previgente decisione quadro 2002/629/GAI nonché i limiti della direttiva 2009/52/CE 'che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare'.

L'ultimo capitolo sarà, infine, dedicato all'analisi del quadro giuridico interno in materia di schiavitù, tratta e sfruttamento lavorativo a partire dalla riforma operata con la legge n. 228/2003 e ad una disamina della giurisprudenza di legittimità più rilevante in ordine ai reati di cui agli artt. 600 e 601 c.p., segnalando la scarsità di pronunce e le resistenza della Corte di Cassazione a riconoscere la loro sussistenza nei singoli casi di sfruttamento lavorativo.

Successivamente, osservando l'iter legislativo che ha condotto all'adozione dell'art. 603-bis c.p. e le modifiche apportate dal nostro ordinamento per effetto dell'attuazione della direttiva 2009/52/CE con la legge n. 109/2012, sarà possibile mettere in luce le gravi lacune del nostro ordinamento nella repressione dello sfruttamento lavorativo, che ad oggi non trova alcun riconoscimento nel codice penale, se non quando sia posto in essere dal cosiddetto 'caporale'.

A fronte del vuoto normativo in questione verranno considerate, nell'ultimo paragrafo del capitolo III, le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 24/2014, per effetto dell'attuazione della direttiva 2011/36/UE, all'art. 601 c.p. mettendo in luce, dopo aver verificato se queste siano conformi a quanto richiesto dalla direttiva, le opportunità applicative aperte dalla riforma, proprio sul tema dello sfruttamento lavorativo.

Volendo tracciare un fil rouge nel presente elaborato, nell'ultimo paragrafo e nelle conclusioni, si cercherà di dimostrare come la progressiva emancipazione della tratta di esseri umani dalla tradizionale finalità della riduzione in schiavitù/servitù, abbia ampliato le possibilità applicative del reato di tratta in ordine ai casi di grave sfruttamento lavorativo e che ciò trova conferma nella nuova formulazione dell'art. 601 c.p., il quale, se interpretato come si dirà, sembra recepire una definizione del fenomeno ancor più ampia di quella adottata dalla direttiva 2011/36/UE.