ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Gioia Bonaventura, 2015

Il presente lavoro consta di due parti, una statica e una dinamica, che si rispecchiano nei due segmenti in cui è suddiviso - anche graficamente - il titolo di questa ricerca: pertanto è proprio tale titolo ad essere assunto come linea guida della presente introduzione.

Venendo alla prima parte del lavoro, essa è dedicata ad un tema tanto spazioso quanto sfaccettato, ovvero la tutela dei diritti fondamentali nel contesto geografico europeo. Il titolo si ammanta di una inevitabile dose di nebulosità dovuta al suo incardinarsi su due concetti estremamente ampi, quali la "tutela" e i "diritti fondamentali": è necessario dunque in via preliminare precisare il senso e la portata di tali riferimenti.

La trattazione sistematica delle implicazioni storiche, filosofiche e giuridiche connesse al sintagma "diritti fondamentali" sarebbe se non impossibile, sicuramente molto impegnativa: al fine di delimitare il campo di indagine del presente lavoro, è sufficiente richiamare alla mente quei diritti soggettivi di maggior importanza, propri di ciascun essere umano, consacrati in un coacervo di testi costituzionali e internazionali. Con il termine "diritti fondamentali" si intende dunque fare riferimento ai "diritti dell'uomo".

Maggiormente definita risulta invece la "tutela" cui si fa riferimento poiché nell'economia del presente lavoro viene in rilievo la tutela di tipo giurisdizionale dei diritti fondamentali: risultano dunque esclusi dall'ambito di interesse prescelto altri meccanismi, pure afferenti alla tematica dei diritti umani, come il Comitato europeo per la prevenzione della tortura o trattamenti inumani e degradanti (CPT) o il Comitato per i diritti umani afferente al Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Il riferimento del titolo più chiaro, meno nebuloso, necessita anch'esso di una precisazione: ovviamente esso intende designare una specifica area geografica, ma il termine presenta altresì una connotazione ulteriore. L'Europa cui il titolo allude è infatti quasi una 'metonimia', vuole indicare uno specifico livello di tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali, che è quello sovranazionale caratterizzante l'esperienza geo-politica europea.

Incrociando queste specificazioni ne ricaviamo una definizione più nitida dell'oggetto di questa tesi di laurea: essa concerne due circuiti giurisdizionali di tutela dei diritti fondamentali, le cui istituzioni di riferimento sono la Corte europea dei diritti dell'uomo e la Corte di Giustizia dell'Unione europea.

Il primo e il secondo capitolo del lavoro rappresentano la concretizzazione di questa prima parte del titolo: essi sono dedicati alla tutela dei diritti fondamentali rispettivamente nella Grande Europa, intendendo come tale il sistema dell'Europa "allargata" della CEDU, e nella Piccola Europa, il sistema dell'Unione europea, dalla membership sensibilmente più ristretta.

Lo sfondo del presente lavoro è dunque quello della tutela multilivello dei diritti fondamentali in Europa, ovvero la complessa relazione che si instaura tra ordinamenti diversi connotati da diversi centri di produzione normativa, giurisdizionale e diverse istituzioni, insistenti però sul medesimo ambito territoriale (1). Si tratta tuttavia di uno sfondo e non di una ambientazione specifica: si è scelto di occuparsi di due livelli sovranazionali, tralasciando volutamente la componente nazionale che rappresenta invece il nucleo essenziale del multilevel constitutionalism in senso stretto.

La tutela dei diritti nella Grande Europa - oggetto di analisi nel primo capitolo - si incentra sul sistema formato dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della relativa Corte europea di Strasburgo, che attualmente costituisce vero e proprio punto di riferimento globale nel campo della tutela dei diritti umani.

Il sistema CEDU non si presenta nel tempo uguale a se stesso, ma la sua fisionomia è radicalmente mutata nel corso dei sessantacinque anni trascorsi dalla sua formale nascita. Le evoluzioni che hanno interessato il meccanismo sono state molteplici e calibrate su grandezze divergenti se non opposte: da una parte, la Corte sembra tesa verso l'ideale punto di arrivo del consolidamento della propria vocazione al ruolo di "Corte Costituzionale paneuropea"; dall'altra invece, alcuni mutamenti che hanno investito il sistema rafforzano la sua dimensione di istanza di individual justice. Queste due componenti possono portare ad esiti conflittuali e indubbiamente vi è il rischio che esse implichino contraddizioni interne al meccanismo: come si concilia una procedura pilota con sospensione dei ricorsi pendenti per violazione dell'art. 3 CEDU con la possibilità di adottare misure ad interim per neutralizzare il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile alla dignità umana?. Si è dunque tentato di mettere in luce i molteplici spostamenti dal baricentro del sistema originario, avendo riguardo tanto alle riforme istituzionali, avallate e promosse dalle Alte Parti Contraenti, tanto alle riforme motu proprio, determinate dall'attivismo della stessa Corte europea di Strasburgo.

In primo luogo, è stata affronta la questione meno problematica, ovvero quella relativa ai radicali cambiamenti dei profili istituzionali e funzionali del meccanismo CEDU. Quando si parla infatti del ruolo di leading che la Corte EDU riveste relativamente allo scambio globale di decisioni e giurisdizioni in materia di diritti fondamentali - banalmente, il dialogo tra Corti - si parla infatti di una Corte ben diversa da quella che era inizialmente prevista negli anni Cinquanta dai conditores di Palazzo Barberini. Assumendo come discrimen l'adozione del Protocollo n. 11 alla Convenzione europea, si è illustrata prima la fisionomia iniziale del meccanismo - incentrata sulla tripartizione dei poteri entro Commissione europea dei diritti dell'uomo, Corte europea e Comitato dei Ministri -, e poi in seguito il funzionamento dell'attuale sistema CEDU e della Nouvelle Cour.

Il secondo aspetto del meccanismo CEDU affrontato nel lavoro concerne l'evoluzione e il progressivo rafforzamento del valore intrinseco e dell'importanza della giurisprudenza prodotta dall'organo di Strasburgo. Attualmente, e non senza contrasti, la Corte EDU rivendica una vera e propria primazia ermeneutica nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali, pur in assenza di una base formale: la Convenzione europea di Roma è infatti diventata normativa nella lettura datane dal suo interprete autentico. Attraverso un combinato di peculiari tecniche interpretative, la Corte si fa così interprete dei diritti umani in Europa e la sua giurisprudenza assume un peso specifico sempre maggiore nei singoli ordinamenti nazionali in cu va ad innestarsi.

Ulteriori aspetti di evoluzione del sistema convenzionale sono stati infine riscontrati in alcune tematiche a prima vista "tecnico-procedurali", le quali tuttavia costituiscono vero e proprio banco di prova dell'effettività della tutela giurisdizionale resa dalla Corte. Sono dunque stati oggetto di analisi i temi delle misure ad interim - le 'misure cautelari' di ambito CEDU- e del contenuto e degli effetti delle sentenze della Corte EDU, con una particolare attenzione allo sviluppo in via pretoria della procedura del pilot judgement.

La tutela dei diritti fondamentali nell'ambito della Piccola Europa è invece oggetto di analisi nel secondo capitolo. Anche in questo caso, lo sfondo problematico da cui prende le mosse la trattazione è quello di un'evoluzione, che qui innerva un intero ordinamento giuridico, quello dell'Unione europea. Come noto, il complesso sistema giuridico-istituzionale cui la Corte di Giustizia fa riferimento (non essendo entità a sé stante che fluttua nell'indefinita dimensione Europa) nasce per finalità prettamente economiche, molto lontane dai diritti fondamentali. La tensione verso quell'unione sempre più stretta, che caratterizza da sempre il progetto europeo, sembra essere recentemente sfociata nel dichiarato passaggio dal mercato ai diritti.

Da un angolo visuale puramente formale, la "rivoluzione dei diritti" è certo compiutamente avvenuta: dall'iniziale - e tutto sommato innocuo - silenzio dei Trattati costitutivi degli anni Cinquanta, siamo attualmente giunti ad una pluralità quasi caotica di riferimenti normativi sui diritti. Principî generali del diritto comunitario, così come ispirati dalle tradizioni costituzionali comuni e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo; la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; la (progettata) adesione dell'UE alla CEDU.

La scansione dell'analisi sulla base di tali sedimenti normativi e giurisprudenziali - sintetizzati all'articolo 6 TUE - costituisce angolo visuale privilegiato per delineare il quadro generale della tutela dei diritti fondamentali: già a questo primo livello di indagine, per sua natura generico e quasi teorico, è possibile individuare vari punti deboli del sistema di tutela della Piccola Europa.

Dopo un esame del primo sedimento in materia di diritti fondamentali - ovvero i "principî fondamentali" del diritto comunitario -, non è un caso infatti che l'attenzione maggiore sia dedicata al secondo sedimento, questa volta normativo, ovvero la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione. Adottata a Nizza nel 2000 dopo un procedimento condotto sulla falsariga di una vera e propria "Assemblea Costituente", il documento ha avuto una vita travagliata, ed una sorte intrinsecamente legata agli avanzamenti politici comunitari.

La Carta dei diritti dell'UE, intorno alla quale divampò inizialmente il dibattito, mostra ad un esame più specifico non poche problematiche e aspetti controversi, che gettano un'ombra sul nuovo e dettagliato catalogo dei diritti fondamentali. Si allude massimamente alla tendenza all'abdicazione definitoria che innerva la Carta, alla cristallizzazione della distinzione tra principî e diritti e al controverso ruolo delle Spiegazioni allegate alla Carta di Nizza: dall'esame approfondito di questi punti, il valore intrinseco del tanto celebrato Bill of Rights europeo esce ridimensionato, così come emerge la necessità, al fine di superare i deficit del documento, di una giurisprudenza comunitaria davvero reattiva e sensibile alle tematiche dei diritti umani.

L'ultima parte del secondo capitolo tratta infine il tema dell'adesione dell'Unione europea alla CEDU, tematica in discussioni da tempi lontani. Tuttavia, recentemente - nonché nelle more della stesura del lavoro (2) - è stato reso dalla Corte di Giustizia il proprio parere - step formale e necessitato nella partecipazione ad accordi internazionale dell'Unione - in merito all'accordo di adesione elaborato nell'ambito dei negoziati tra le due "parti contraenti". Si tratta di un parere più che negativo, dalle potenzialità quasi distruttive del progettato salto di qualità verso la protezione dei diritti fondamentali nella Piccola Europa. L'opinion 2/13 non vale tuttavia ad eliminare il rilievo di questa tematica, anzi, se possibile dà nuova linfa ed interesse all'argomento del collegamento tra i due sistemi analizzati nella prima parte del lavoro e rafforza la necessità di canali di dialogo informali tra i giudici appartenenti alle due Corti.

L'introduzione a quella che ho definito "parte statica" del presente lavoro è dunque esaurita: è pertanto possibile passare alla "parte dinamica", idealmente rappresentata dalla seconda parte del titolo: il case study dei diritti dei migranti.

Si parla di "parte dinamica" poiché il terzo ed ultimo capitolo concerne essenzialmente un confronto tra gli approcci giurisprudenziali adottati delle due Corti, alla luce delle ricostruzioni generali prima effettuate. Il "case study" è l'area rispetto alla quale si è scelto di confrontare la tutela offerta dalle due istanze giurisdizionali, riassunta nel sintagma "diritti dei migranti".

L'analisi risulta costruita intorno a tre distinte ipotesi - il trattenimento, il ricongiungimento familiare ed infine il trasferimento del migrante - in cui uno assumono rilevanza i diritti fondamentali di una o più categorie di migranti.

Il trattenimento o "detenzione amministrativa" dello straniero di per sé è istituto fortemente in tensione con il diritto alla libertà e alla sicurezza personale, e non certo la sola libertà di circolazione del migrante, come invece risulta nella prospettiva delle istituzioni UE. Tra le molteplici forme e varianti dell'istituto, oggetto di specifica analisi è il trattenimento del migrante irregolare disposto in funzione di una procedura di rimpatrio; tuttavia, questa forma di detenzione si riscontra anche nei confronti dei migranti forzati, ovvero i richiedenti asilo.

Il secondo aspetto affrontato concerne la tutela accordata al diritto all'unità familiare, nella duplice direzione del ricongiungimento familiare e dell'individuazione di limiti alla facoltà dello Stato nazionale di espellere lo straniero migrante dal proprio territorio. Tale ipotesi si caratterizza dunque per avere il più ampio spettro di interesse ratione personae: essa si riferisce tanto a migranti regolari, "stabilizzati" sul territorio, quanto agli stranieri il cui soggiorno sia irregolare.

L'ultima ipotesi prescelta ed oggetto di analisi, sopra definita come trasferimento, è forse la tematica più specifica e di respiro meno generale, ma che permette di registrare uno scontro frontale tra le due Corti. Tale ipotesi concerne infatti la tutela dei diritti dei richiedenti asilo nell'ambito della specifica ambientazione del Sistema Dublino: dunque i migranti interessati sono la circoscritta categoria dei richiedenti protezione internazionale.

L'analisi effettuata è indubbiamente circoscritta: per esigenze di tempo e di spazio, all'interno del case study prescelto sono state esaminate solo alcune aree di interesse, gli esiti del confronto non hanno dunque presunzione di completezza e verità assoluta.

Quel che è certo è che il ruolo della Corte europea di Strasburgo nell'ambito della tutela dei diritti fondamentali è un ruolo di protagonista: si tratta del resto di un organismo specificatamente finalizzato alla garanzia dei diritti che, pur tra alti e bassi, costituisce ormai un punto fermo nel quadro giuridico europeo.

Che la Corte di Lussemburgo non sia nata come una giurisdizione dei diritti e delle libertà è constatazione ovvia e quasi banale: non si tratta indubbiamente di un organo giurisdizionale specificatamente dedito alla garanzia dei diritti fondamentali.

È ovvio, ma lo stesso Presidente della Corte ha sentito il bisogno di precisarlo nell'ambito della Conferenza FIDE 2014: "the Court is not a human rights court: it is the Supreme Court of the Union".

Tuttavia, al di là dell'enfasi che ancora viene posta sul rafforzamento della protezione dei diritti fondamentali nell'ambito UE, è necessario ricordare che la Carta di Nizza ha ormai acquisito il medesimo valore giuridico dei Trattati istitutivi dell'Unione. I diritti fondamentali fanno parte del diritto dell'Unione, per il tramite più specifico della Carta, come quello dei principî.

Eppure, permangono dei dubbi rispetto alla protezione dei diritti fondamentali accordata dalla Corte di Giustizia dell'Unione: dall'analisi condotta nel terzo capitolo emerge una reticenza del giudice europeo a prendere in considerazione i diritti fondamentali dei migranti, che sono assenti o comunque rivestono un ruolo marginale nelle decisioni della Corte.

Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?

Note

1. Le due Corti fanno parte infatti di più complessi sistemi giuridico-istituzionali, quali due distinte organizzazioni internazionali, il Consiglio d'Europa e l'Unione europea. Tali organizzazioni sono nate in origine con compiti e funzioni ben distinte se non decisamente opposte: le antenate dell'attuale UE, ovvero le Comunità europee, nascono per finalità prettamente economiche; il Consiglio d'Europa, nasce come valvola di sicurezza rispetto al proliferare dei totalitarismi e come muro giuridico-ideologico rispetto alla crescente potenza comunista dell'URSS.

2. La tematica prescelta si caratterizza infatti per la sua intrinseca vivacità e mutevolezza: ciò che ha reso vivo il lavoro di ricerca era il continuo susseguirsi di tessere del mosaico 'tutela dei diritti in Europa': il parere 2/13 - e la necessità di riscrivere l'ultima parte del Capitolo Due- ne è chiaro esempio.