ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo II
L'evoluzione strutturale del concetto di pericolosità sociale nel dibattito internazionale

Tommaso Sannini, 2014

1) Il mutamento epistemologico della psichiatria

Il distacco tra psichiatria e giustizia sul significato della pericolosità segue due strade.

La prima, più antica, trova nel positivismo stesso le ragioni di un suo superamento.

La ricerca dell'esattezza, del massimo grado di certezza, di rigore analitico, proprio delle scienze della natura ha spinto la psichiatria a dover riconoscere nella natura umana, qualcosa che sfuggiva alla quantificazione, alla misurazione: il senso. (1)

E' il problema del senso, del suo significato a consentire alla psichiatria di sfuggire alle logiche di potere imposte dall'influenza del darwinismo, il nuovo statuto dell'individuo lo sgancia da un meccanico inquadramento nelle gerarchie della selezione animale e lo reinserisce nella sua storia personale, lo strappa dalla biologia per riportarlo alla complessità della sua biografia. (2)

La malattia stessa non è più regressione ad uno stato atavico, lesione morale, ma una “alterazione funzionale del sentimento” (3) ed insieme una produzione di significati che sfuggono alla coscienza del malato ma che possono essere decodificati attraverso la storia dell'individuo e l'analisi del contesto sociale di appartenenza. Il significato impone la comprensione, escludendo non solo quei giudizi di valore nascosti nelle “descrizioni” che contraddistinguono la psichiatria del XIX secolo, ma anche il culto della normalità che ne deriva. In qualche modo la follia, la nevrosi con i suoi significati occulti, appartiene a tutti.

La seconda strada si dirama direttamente dalla prima: mutando costituzione e schemi concettuali la psichiatria non potrà più accettare il luogo dove è nata ovvero il manicomio.

Agli inizi degli anni '50 gli stessi psichiatri incominciano a chiedersi quale fosse il loro ruolo reale.

Nel 1952 la rivista francese Esprit festeggiò il suo ventesimo compleanno con un numero speciale dall'eloquente titolo Misère de la psychiatrie (4) che denunciava la sostanziale inutilità terapeutica (nel nuovo significato che si poteva ora dare al termine terapia) del manicomio: “Si degradano lentamente nella monotonia rumorosa o silenziosa della vita asilare; passano alla cronicità che è come dire che muoiono come esseri umani”, (5) scrivono, a proposito dei degenti, un gruppo di psichiatri di un manicomio francese.

Un infermiere aggiunge: “[...] di una «razza» differente, i «sani» negano la personalità dei «malati». A loro volta quelli che l'avvicinano per mestiere credono di mantenere la loro sotto la rigidità di forme e regolamenti”. (6)

Mentre nel '800 era la sana società civile a doversi difendere dai folli ora sono i folli, il trattamento che viene loro riservato ad essere l'indicatore di un ordinamento sociale nella sostanza primitivo ed incivile. Un ordinamento che aveva relegato il sofferente psichico ad un'esistenza ferina.

La psichiatria incomincia a chiedersi come possa esercitare il proprio sapere terapeutico in un luogo che con il nuovo statuto della scienza non ha più niente da spartire, dove l'unico ruolo che può essere svolto è quello di guardiano o meglio di carceriere: Apres tout nous sommes de kapò. (7)

La critica al manicomio non proviene solo dal suo interno, anche la sociologia incomincia ad interessarsi a questo luogo, ed a svelarne le dinamiche che lo popolano e la vere regole che guidano chi lo abita. Nel 1961 Erving Goffman pubblica Asylum, essays on social situation of mental patients and other inmates. Nasce la definizione “Istituzione totale”: (8) “Luoghi in cui si forza alcune persone a diventare diverse”. (9)

Goffman illumina con un linguaggio asciutto, quasi asettico, le cerimonie di degradazione del malato, i rituali umilianti, privi di significato terapeutico, ma irrinunziabili in quanto essenziali per la sopravvivenza dell'istituzione stessa; descrive il tentativo dei pazienti di conservare un'immagine di sé dignitosa, di una protezione della loro identità di fronte all'aggressione da parte del personale che rappresenta, che incarna l'istituzione.

Per la prima volta si descrive un paziente mentale dal suo stesso punto di vista e non, come al solito,

dal punto di vista dello psichiatra. (10)

Il testo avrà un impatto anche sul mondo giuridico statunitense, tanto che alcune sentenze faranno proprio l'universo dei concetti correlati alla sua descrizione dei mondi chiusi degli ospedali psichiatrici. Nel caso Kaimovitz v. Department of Mental Health (1973), ad esempio, si afferma che il consenso prestato dai pazienti ricoverati coattivamente in un ospedale psichiatrico ai trattamenti di psicochirurgia (piuttosto diffusi negli Stati Uniti) (11) non potesse essere considerato legalmente valido. La mancanza di validità non doveva essere dedotta dalla naturale incapacità dei pazienti derivante dalla malattia mentale bensì dal “processo di istituzionalizzazione e dipendenza che accompagna l'ospedalizzazione e che atrofizza i poteri decisionali dei pazienti e li rende incapaci di prendere decisioni così serie e complesse come quella di sottoporsi alla psicochirurgia sperimentale”. (12)

Il consenso dato da una persona internata non potrà mai essere considerato volontario e realmente informato per le conseguenze intrinseche dell'istituzionalizzazione, in quanto la medicalizzazione, declinata nella pura coercizione, comporta un grave deterioramento della personalità dell'individuo. Il diritto si stava muovendo verso un modello di terapia consensuale fino ad allora inconcepibile in un paese che, ancora nel 1974, si chiedeva se la sterilizzazione dei disabili mentali dovesse considerarsi un problema o una soluzione. (13)

L'analisi della psichiatria sociale e della psichiatria interpersonale, poi, allargherà l'oggetto dell'indagine al contesto sociale e culturale che definisce il malato come tale.

La definizione della devianza non è più una questione puramente tecnica, che si sottrae ad ogni tipo di valutazione critica sul modo in cui essa viene predisposta ed applicata. Le definizioni nosografiche perdono i loro connotati oggettivi ed universali. Cessa la separazione tra osservatore ed oggetto disfunzionale osservato per l'impossibilita di ridurre il sofferente psichico ad un fatto, ad un organo malato.

Si avverte la necessità culturale e scientifica di riesaminare il contesto di linguaggi e di saperi che circondano il folle e lo etichettano come pericoloso, come inabile, come psicologicamente inadatto alla vita. Cessa la giustificazione della separazione manicomiale, ormai ridotta ad un dato empirico, privo di una giustificazione teorica che non sia quella della punizione “per colpe reali o fantasmatiche o semplicemente dimenticate”. (14)

Ancora in Francia, sempre nel 1952, si apre una ulteriore via per il superamento del manicomio: la scoperta degli psicofarmaci. La cloropromazina aveva mostrato di poter trattare con qualche efficacia i sintomi della psicosi acuta con agitazione maniacale. Entrerà in commercio con il nome di “Largactil”. Si scopre, inoltre, che i sali di litio hanno una forte efficacia nello stabilizzare i pazienti affetti da disturbo bipolare. (15)

Fu l'inizio di una rivoluzione terapeutica.

Nel 1958 fu scoperta un altra molecola neurolettica: l'aloperidolo, conosciuta con il nome commerciale di “Serenase”, (16) che non aveva effetto sedativo consentendo una maggiore lucidità del paziente.

Finalmente la psichiatria poteva rivendicare compiutamente uno statuto medico, e terapeutico avendo ora dei farmaci, delle cure specifiche come ogni altra branca della medicina, (17) anche se molti psichiatri incominciavano a vedere nei nuovi farmaci una “camicia di forza chimica”.

In effetti il prezzo da pagare per arrivare ad una riduzione degli effetti della psicosi era altissimo. Gli psicofarmaci, spesso, non facevano che ridurre il malato in uno stato di perenne torpore. (18)

Se la scoperta degli psicofarmaci non fu una liberazione dal manicomio (gli internati in manicomio, infatti, continuarono ad aumentare progressivamente), (19) incominciò comunque ad essere una liberazione “nel” manicomio: il malato grazie ai farmaci poteva uscire dal proprio mutismo, dal delirio, dalle litanie delle ripetizioni per ritornare a parlare un linguaggio condiviso, si apriva lo spazio al colloquio. (20)

Si rendevano possibili tutte una serie di terapie basate sul dialogo, dialogo che era terapia e liberazione in se stesso, in quanto consentiva al paziente internato di riappropriarsi della propria soggettività e di poter esprimersi nel contesto asilare con modalità comunicative, anche aggressive o polemiche, ma comunque diverse dalle manifestazioni di aggressività fisica, di autolesionismo o di regressione che gli imponeva non tanto la malattia, quanto la sua riduzione a oggetto corporeo, l'oggettualità della contenzione, della custodia, della cura-punizione.

Ormai in tutto l'occidente si sentiva il bisogno di una totale riforma del “mondo psichiatrico”, persino l'Organizzazione mondiale della sanità, in un suo rapporto del 1955, aveva indicato i criteri a cui le legislazioni in materia manicomiale avrebbero dovuto conformarsi, caldeggiando l'eliminazione dei termini e delle prescrizioni di tipo penalistico, una limitazione della durata del periodo di internamento, e la previsione di servizi alternativi all'ospedalizzazione.

Molti paesi Europei daranno attuazione alle riforme.

Nel 1963 il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, darà il via allo smantellamento del vecchio sistema manicomiale. (21)

Lo psichiatra Americano Morton Birnbaum affermerà in un articolo intitolato The right to Treatment che ogni paziente psichiatrico ha il diritto ad un trattamento che gli dia la realistica opportunità di essere curato o che migliori la sua salute mentale. Se il trattamento non raggiungesse questi obiettivi il soggetto internato, dovrebbe poter ottenere, qualora lo desiderasse, le dimissioni ospedaliere indipendentemente dalla gravità della sua malattia. La teoria aveva l'obiettivo dichiarato di abolire o di diminuire in modo sostanziale il ricovero coatto e fu utilizzata nel caso Wyatt v. Hinkley per imporre un minimum standard ai trattamenti nei manicomi civili. (22) Nel 1974 una Corte Federale degli Stati Uniti affermerà nel caso Lessard v. Schmidt che le garanzie del Due Process of Law sancite dal Quattordicesimo Emendamento per il processo penale devono essere estese ai procedimenti di internamento negli ospedali psichiatrici civili. Il fatto che in questo caso lo Stato affermasse di agire nell'ambito dei Parens patriae powers, tradizionalmente connessi alla tutela ed al trattamento dell'individuo non poteva giustificare più l'esclusione delle garanzie del due process se questo trattamento consisteva nella privazione coattiva della libertà personale. La Corte affermò che il paziente aveva diritto ad essere informato delle ragioni della sua detenzione, di sapere i nomi dei medici e di tutte quelle persone intenzionate a testimoniare in favore del suo internamento ed aveva il diritto di rimanere in silenzio, inoltre il paziente aveva diritto ad un processo con una giuria.

Si afferma la necessità costituzionale dell'assistenza di un avvocato, sono vietate le Hearsay evidence, inoltre il soggetto che si vuole internare godrà del diritto di non auto incriminarsi anche se esso viene mediato per renderlo armonico con le condizioni necessarie per gli esami psichiatrici.

The patient should be told by counsel and the psychiatrist that he is going to be examined with regard to his mental condition, that the statements he may make may be the basis for commitment, and that he does not have to speak to the psychiatrist. Having been informed of this danger the patient may be examined if he willingly assents. It may be expected that most patients, like Miss Lessard in the present case, will desire to talk to a person they believe they can trust. Basic fairness requires, though, that they be given notice of the fact that their statements may indeed tend to incriminate them in the eyes of the psychiatrist and the trier of fact in a civil commitment proceeding (23)

La Corte afferma inoltre che disporre l'internamento in un ospedale psichiatrico senza che vengano valutate alternative meno restrittive per la libertà personale deve essere considerato costituzionalmente illegittimo, ma soprattutto afferma che sia la follia sia la pericolosità dovranno essere provate oltre ogni ragionevole dubbio, (24) una posizione che se portata alle sue estreme conseguenze dovrebbe implicare la quasi totale impossibilità di disporre un internamento involontario viste le crescenti incertezze diagnostiche della scienza psichiatrica. La decisione seguiva quindi una linea interpretativa, sempre più diffusa nella giurisprudenza statunitense, che estendeva le garanzie fondamentali del due process a qualsiasi forma di limitazione della libertà personale indipendentemente dal fatto che questa limitazione venisse etichettata come non punitiva o disposta nell'interesse del soggetto internato. (25)

La radicalità di questa posizione venne tuttavia attenuata dalla Corte Suprema nel 1979 che, venendo espressamente incontro alle incertezze delle diagnosi psichiatriche, stabilì che lo standard della clear and convincing evidence soddisfaceva comunque il principio del due process negli internamenti civili. (26)

La Corte affermò comunque il principio secondo il quale lo Stato non potrebbe chiedere ad un individuo di condividere in misura uguale con la società il rischio di un errore qualora il possibile danno alla persona sia significativamente più grande di qualsiasi possibile danno alla Stato.

L'interesse della persona era in questo caso di una importanza e gravità tale da non poter essere ammesso lo standard della preponderance of evidence, normalmente usato in materia civile. (27)

Queste nuove vie, le innovazioni scientifiche, i mutamenti della cornice concettuale dello studio della psiche e le attenzioni che il mondo del diritto tentava di rivolgere all'esigenza di sciogliere il nodo problematico del rapporto tra follia e diritti soggettivi cominciarono a far breccia in un mondo ancora arroccato in una visione puramente meccanicista della malattia mentale, ancorato alle vecchie terapie dei barbiturici e dell'elettroshock che spesso venivano usate a fini punitivi e per il mantenimento dell'ordine, (28) e riuscirono a scuotere la psichiatria occidentale dall'acquiescenza e dal conformismo che la dominerà fino agli anni '70.

2) Il concetto di pericolosità sociale nell'ordinamento statunitense (29)

2.1) La crisi del concetto psichiatrico-criminologico di pericolosità nel sistema penale

The two major systems of social control in the United States are the criminal justice and the mental health systems. In the criminal justice system, the basic tenet of innocence until guilt is proven and it's corollary, better to let 1,000 guilty go free than to imprison one innocence persons, are very critical foundations in most procedures. However in the mental health system, it would seem that, pone these basic American tenets of criminal justice are not even pretenses when dangerousness somehow becomes linked with mental illness”. (30) I primi studi sui concreti effetti del concetto psichiatrico giuridico di pericolosità in campo penale verranno fatti negli Stati Uniti. Il sociologo Henry J. Steadman propone queste riflessioni sulle garanzie dei sistemi di controllo sociale, a fronte delle conseguenze derivanti dal caso Baxstrom, il più grande e forse unico “esperimento naturale” sulla validità delle prognosi di pericolosità sociale su soggetti che avevano compiuto un crimine ed erano stati giudicati pericolosi in quanto malati mentali.

Steadman e Cocozza nel 1974 riportarono gli esiti sullo studio di più di 967 soggetti dichiarati socialmente pericolosi e rilasciati dall'ospedale di Dannemora, sottoposto alla giurisdizione del dipartimento Penitenziario di New York, in conseguenza della decisione della Corte Suprema nel caso Baxstrom v. Herold del 1966.

La Corte Suprema aveva, infatti, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'internamento, oltre il termine di carcerazione previsto per il crimine commesso, presso l'ospedale psichiatrico carcerario in un regime di massima sicurezza di Johnny Baxstrom, un detenuto impazzito dopo la condanna. (31)

L'internamento era stato disposto sulla base della valutazione di pericolosità sociale fatta dai medici dell'ospedale, un autorità amministrativa, creando una disparità di trattamento con i “malati di mente civili” i quali in base alle garanzie predisposte dal Mental Ill act del 1964, avevano comunque il writ of Habeas corpus, (32) che in questo caso si declinava nel diritto di poter vedere concretamente accertato davanti ad un giudice, con l'ausilio di uno psichiatra esterno rispetto all'istituzione che lo vedeva internato, se le condizioni personali di un individuo fossero tali da richiedere un internamento. (33)

La Corte affermò che la distinzione categorica fatta dalle autorità mediche tra civilly insane e criminal insane, definiti come quei soggetti con “inclinazioni pericolose o criminali”, era in questo caso del tutto irrilevante. (34)

In relazione ad una dichiarazione di pericolosità stabilita esclusivamente dal personale medico, con criteri puramente clinici, senza alcuna garanzia giurisdizionale, questi soggetti erano stati privati della libertà personale ed erano rimasti intrappolati nel sistema medico - carcerario, passando tra le due istituzioni fungibili del carcere e dell'ospedale di massima sicurezza, sottoposto alle dipendenze gerarchiche del Dipartimento Penitenziario, per una media di 14 anni, in quanto ritenuti particolarmente pericolosi in virtù del loro passato criminale, senza tener in alcun conto il fatto che avessero espiato la loro pena. (i soggetti risultavano infatti internati per una media di 8 anni oltre il termine della pena). (35)

Dopo 4 anni e mezzo dal loro rilascio e la loro consegna alle autorità mediche civili, unicamente il 20% ebbe un qualche comportamento aggressivo, includendo anche i comportamenti colposi o accidentali che non interessavano la giustizia penale.

Solo 24 dei 967 rilasciati furono nuovamente internati in ospedali di massima sicurezza tra il 1966 ed il 1970, (36) 9 furono incarcerati (solo 2 per reati maggiori), mentre 147 vivevano liberi.

(I rimanenti si erano sottoposti ad un internamento volontario).

I criteri clinici per stabilire la pericolosità di un soggetto avevano, quindi, un tasso di errore dell'80%. Se poi la pericolosità sociale veniva declinata nella sfera più limitata della giustizia penale, e ristretta nella sua portata ai comportamenti che in astratto fossero penalmente rilevanti, i 24, reinternati (poco più del 2%) segnavano il totale fallimento di ogni criterio predittivo legato ai dati clinici.

Partendo da questa prima ricerca Steadman e Cocozza approfondirono gli studi sulle predizioni di pericolosità psichiatrica. We examined whether the patients evaluated as dangerous by the psychiatrist actually displayed more dangerous behaviour than those evaluated as non dangerous. They did not. (37)

Il criterio più importante per valutare l'affidabilità delle valutazioni psichiatriche era naturalmente dato dalle successive condanne per crimini violenti riportate da coloro che erano stati valutati pericolosi e poi rilasciati o dimessi. Risultò che, generalmente, solo il 14% di coloro che erano stati rilasciati (senza alcun tipo di trattamento curativo) rientrava in carcere o negli ospedali psichiatrici di massima sicurezza, un tasso di recidiva inferiore rispetto a quelli che invece non erano stati considerati pericolosi, per i quali il tasso di recidiva saliva al 16%. (38)

Le valutazioni psichiatriche di pericolosità si rivelavano quindi totalmente inaccurate.

Gli stessi psichiatri cominciarono ad avvertire una forte preoccupazione basata sull'evidenza della frequente, costante, inadeguatezza mostrata storicamente dalla clinica, della inesistenza di validi strumenti per valutare la pericolosità sociale psichiatrica. Destava timore l'importanza che questi strumenti cosi palesemente inadatti ancora avevano (ed hanno) nel governare e decidere la vita e la libertà delle persone. (39)

In statistical terms, Operation Baxstrom tells us that psychiatric predictions are incredibly inaccurate. In human terms, it tells us that but for a Supreme Court decision, nearly 1,000 human beings would have lived much of their lives behind bars, without grounds privileges, without home visits, without even the limited amenities available to civil patients, all because a few psychiatrists, in their considered opinion, thought they were dangerous and no one asked for proof. (40)

Un ulteriore caso confermò il caso Baxstrom. Una commissione di psichiatri fu incaricata di valutare la pericolosità sociale di un gruppo di detenuti per crimini violenti (la maggior parte dei quali erano reati a sfondo sessuale), che dovevano essere assegnati a programmi speciali di trattamento psichiatrico dopo il rilascio, nell'ambito di un regime di libertà vigilata (Parole). La commissione avrebbe dovuto stabilire chi fosse pericoloso socialmente e quindi non idoneo alla libertà vigilata. L'autorità giudiziaria, tuttavia, stabilì che 49 soggetti qualificati dagli psichiatri come socialmente pericolosi dovessero invece fruire della libertà. Il 65% di questi non compì alcun crimine nei cinque anni successivi al rilascio, rivelando con ciò che più dei due terzi di quelli che erano stati scientificamente etichettati come socialmente pericolosi in realtà non lo erano. (41)

Steadman poneva allora un nuovo problema, che si dimostra oggi ancora attuale. Si chiese perché, nonostante la mancanza di prove che confermassero la correttezza delle valutazioni psichiatriche, e nonostante le evidenze oggettive che dimostravano come il numero di internati, sulla base di un giudizio di pericolosità, fosse molto in eccesso rispetto ai soggetti che poi effettivamente compivano azioni aggressive, ci fosse un pieno appoggio, da parte dell'opinione pubblica e dell'apparato istituzionale, al mantenimento non solo della categoria della pericolosità sociale ma anche della conseguente previsione di un internamento a tempo indeterminato. Secondo Steadman gli psichiatri erano diventati i principali attori delle predizioni di pericolosità sociale, non in virtù di una competenza documentata per questo tipo di valutazioni ma semplicemente perché essi determinavano gli standard necessari all'accesso delle istituzioni da loro gestite, (42) indipendentemente dal riscontro oggettivo delle loro valutazioni, che quindi risultavano essere non scientifiche. It was not because psychiatry presented a record of predictive achievement, but because it was taking on some functions of social control which society could no longer rest on the inquisitor and which society apparently demand on someone. (43)

Il concetto di pericolosità quindi non è un concetto medico, non è un concetto psichiatrico, anche se sono stati gli stessi psichiatri a farlo nascere, a conferirgli una legittimazione scientifica, a farlo entrare nella terminologia medica, a promuoverlo a sintomo, a segno di follia. Solo successivamente esso si porrà come fattispecie giuridica, come elemento costitutivo di una norma in tutto l'occidente. I paradigmi teorici sulla pericolosità costruiti nel campo psichiatrico crollano alla luce dell'evidenza scientifica ma l'ircocervo rimane vivo.

Steadman, partendo dalla constatazione della assenza di significato medico della pericolosità, si pone un problema più complesso, si chiede cioè quanto alla società importi realmente quanto le prognosi psichiatriche sulla pericolosità sociale siano accurate.

Forse, per venire incontro ad un tale irrazionale, incrollabile bisogno di sicurezza sarà necessario dar vita ad una nuova branca di studi, la “Pericologia” (Dangerology). Una scienza che non focalizzi il proprio oggetto esclusivamente sulla persona, di cui si stima probabile la pericolosità, ma anche sull'ambiente, sul contesto in cui si muove, sulle situazioni con le quali interagisce, e soprattutto sul processo che porta alla prognosi, sull'impatto della prognosi stessa sui soggetti che la subiscono.

Tale disciplina si dovrà ispirare ad un sistema multidisciplinare che trova la necessità e la legittimazione più su un bisogno acritico, ma profondo e primordiale, che su un oggetto reale, the moving in such direction must be considered as long as dangerousness remains a concept of social control, trough either mental health or criminal justice system. (44)

Si viene ad evidenziare come i malati mentali siano una categoria di devianti che soffrono di un particolare fardello, più pesante rispetto ad altre categorie di devianti: fanno più paura. (45) Suggeriscono una imminente ed incontrollabile violenza che nei fatti risulta essere inconsistente.

Una gran mole di studi citano statistiche che rivelano che il malato mentale non compie crimini in percentuale maggiore rispetto alle persone normali. (46) Alcuni affermano addirittura che le prognosi di pericolosità sociale segnano un tasso di falsi positivi oscillante tra il 65 e il 95%. (47) Si afferma anche che l'idea popolare secondo la quale i criminali siano in gran parte malati mentali non è alcun modo supportata da evidenze statistiche o scientifiche. (48)

Le scienze sociali incominciano a smentire ed a decostruire l'apparato concettuale e giuridico dei processi di criminalizzazione del folle. Si incomincia a pensare, analizzando le carriere dei criminali malati di mente, che i clinici tendano a scorgere la pericolosità in troppi loro pazienti. (49)

Si scardinavano i due assiomi della psichiatria forense: che la pericolosità sociale fosse una delle caratteristiche cliniche della follia e che fosse possibile effettuare prognosi di pericolosità affidabili e ragionevoli; e si scardinano proprio grazie agli strumenti che si assumeva li avessero creati, ovvero quelli dell'evidenza scientifica. (50) Sotto il primo profilo, Saleem A. Sha, afferma che se la maggior preoccupazione dell'organismo sociale consiste nell'identificare gruppi che sono chiaramente i più pericolosi allora ci sono evidenti prove che questo gruppo è rappresentato non dai malati di mente bensì dalle persone più volte arrestate per guida in stato di ebbrezza, o dai soggetti, imputabili, i quali abbiano riportato tre o più condanne per gravi reati.

Sotto il secondo profilo emerge la difficoltà tecnica che si presenta nella predizioni di eventi che si rivelano essere statisticamente molto infrequenti. E' proprio la scarsa frequenza del comportamento da diagnosticare, sia in termini assoluti sia riferita a specifici gruppi sociali, che determina l'alta percentuale dei cosiddetti “falsi positivi”.

In particolare, Sha, individua due errori sistematici nelle valutazioni cliniche dei periti, quella che lui definisce le correlazioni illusorie, ed il fatto che nei giudizi peritali si ignorino alcune basilari regole statistiche.

Le correlazioni illusorie sono rappresentate da quei tipi di correlazione alla cui base si trovano in realtà degli stereotipi sociali, condivisi sia dagli psichiatri sia alla popolazione generale, in relazione a certe caratteristiche della personalità che vengono comunemente associate alla pericolosità, e che portano il perito ad affermare la stretta correlazione tra due classi di eventi, tra i sintomi e le configurazioni interpretative dei test proiettivi di personalità, che in realtà non sono correlate o sono correlate con meno frequenza di quanto affermato, o addirittura hanno una correlazione di significato e di senso opposto a quanto riportato nella perizia. (51)

Il fatto che nei giudizi clinici si trascurino le regole della statistica comporta, poi, secondo Sha, che questi si basino su fondamenti di contenuto essenzialmente intuitivo, a loro volta appoggiati su quella che viene definita l'“euristica della tipicità” che consiste nella tendenza a pronosticare in modo automatico la conseguenza che appare più tipica sulla base delle sole prove disponibili nel processo non tenendo conto di un contesto più ampio; il che può portare ad errori nel caso in cui, come nei giudizi prognostici sulla pericolosità, si tratti di valutare la probabilità di comportamenti che sul piano statistico si rivelano essere episodici e rari. Le leggi statistiche, nella visione di Sha, dovrebbero servire ad inserire in un contesto, a dare un peso relativo, a quegli indicatori, come i risultati dei test di personalità o i segni psicopatologici, che in apparenza, se schiacciati dal peso del caso concreto sembrano essere sintomi e segni univoci di pericolosità. (52) Se per esempio dagli studi statistici emerge che un certo gruppo ha solo il 10% di probabilità di commettere atti violenti, e che i criteri clinici predittivi hanno una scarsa affidabilità allora la previsione del rischio di recidiva dovrebbe rimanere entro quei limiti. (53) (“Più ci si allontana da quelle percentuali più aumenta la possibilità di errore”). (54) La gran parte degli psichiatri che lavorano nel campo forense, o penitenziario tendono, invece, a trascurare questo dato, arrivando, anche a causa e per mezzo della loro specifica formazione, a socializzare nel mondo psichiatrico forense pratiche nelle quali credenze esagerate od erronee sono tradotte in dati clinici o criminologici benché l'affidabilità scientifica e statistica di questi dati sia inconsistente, questo renderà il loro errore un dato strutturale, un errore sistematico e condiviso, con la conseguenza che gli eventuali eccessi delle prognosi di pericolosità non potranno essere imputate solo ad una pratica clinica negligente. (55)

Per chiarire meglio il senso della posizione di Sha dobbiamo fare un passo avanti e rivolgere la nostra attenzione ad un caso “civile-amministrativo”, dove cura e custodia sono inscindibilmente collegati e dove quindi la pericolosità gioca un ruolo fondamentale, in cui si registra un caso di errore sistematico. Nel 2006 Travis afferma di aver sentito in un tribunale una operatrice sociale (non uno psichiatra ma comunque una figura tecnica con specifiche competenze in campo psicologico) che nel giustificare la sua scelta di togliere la custodia di un bimbo ad una madre affermò, come motivo prevalente della sua decisione, il fatto che la madre, nella sua infanzia, aveva subito degli abusi e che “tutti sanno” che questo è il maggior fattore di rischio (il nuovo nome della pericolosità) di futuri abusi di una madre nei confronti di suo figlio. (56)

Dagli studi statistici, inoltre, emerge con chiarezza, che i fattori che indicano la probabilità di un futuro comportamento criminale sono più che bio-psicopatologici, sociali: dipendenza da alcool o da droghe, assenza di un gruppo familiare o di altri supporti sociali che ammortizzino il ritorno nella comunità dopo una più o meno lunga detenzione sono, alla luce delle statistiche, componenti più criminogene della follia, e soprattutto non possono essere considerate come cause da trattare in un ospedale, da curare farmacologicamente, come se fossero caratteristiche endogene della personalità. (57)

Ennis e Litwack sintetizzeranno la destrutturazione concettuale della pericolosità sociale e l'inaffidabilità delle perizie psichiatriche nei processi giudiziari in un articolo dal titolo icastico: Psychiatry and the presumption of expertise: flipping coins in the courtroom. (58) Le capacità degli psichiatri nel predire la pericolosità sociale è associata al caso, al gesto del lancio di una moneta. La perizia psichiatrica viene considerata inattendibile a causa della perenne e cronica mancanza di univocità di giudizi tra i differenti periti, che usino uno stesso metodo in relazione ad uno stesso caso. Questa mancanza di affidabilità si rivela essere un dato costante sin dalla introduzione dell'istituto della perizia in ambito processuale, il che comporta che nel caso in cui il tasso di attendibilità, intesa come abbiamo detto come capacità di accordo tra più esperti, fosse pari al 50% (una percentuale già considerata alta) avremo una possibilità su due che un ipotetico soggetto venga considerato pericoloso da un perito e non pericoloso da un altro, facendo perdere credibilità e quindi anche di fondatezza ad entrambi gli elaborati peritali, (59) Smith is either dangerous or not dangerous, schizophrenic or not schizophrenic. (60)

La possibilità di diverse valutazioni sarà poi estremamente probabile nel caso in cui i diversi periti si richiamino a paradigmi teorici differenti, a scuole di pensiero diverse che abbiano una concezione diversa sulla natura della malattia mentale e sul suo possibile trattamento. (61)

Inoltre la stessa capacità valutativa dell'apparato delle conoscenze psichiatriche viene considerato privo di fondatezza, invalido non in termini assoluti, non in relazione alla possibile predisposizione di una cura, di una terapia che cerchi di mitigare la sofferenza psichica, ma in relazione al più alto standard teorico cognitivo e giuridico normativo che dovrebbe essere necessario perché tali giudizi, se incardinati nel processo penale o civile, possano essere considerati rilevanti per la privazione della libertà personale. Come si esclude la “macchina della verità” come mezzo di prova nel giudizio penale per la sua scarsa affidabilità così dovrebbe essere fatto per la perizia psichiatrica. (62)

Le stesse Corti incominciano a far proprio lo scetticismo sulla validità epistemica della psichiatria di fronte al suo potere di predire la pericolosità sociale e di legittimare privazioni della libertà personale. Una diagnosi di malattia mentale non ci dice nulla relativamente al fatto che la persona che subisca una tale diagnosi sia o meno pericolosa. “Perhaps the psychiatrist is an expert deciding whether a person is mentally ill, but is he an expert at predicting which of the persons so diagnosed are dangerous? Sane people too are dangerous, and it may legitimately inquired whether there is anything in the education, training or experience of psychiatrists which renders them particularly adept at predicting dangerous behaviour. Prediction of dangerous behaviour, no matter who makes them, are incredibly inaccurate”, sostiene il Giudice della Corte Suprema Douglas nel 1972, (63) Douglas arriverà a ritenere opportuno e necessario, affinché si autorizzi l'internamento a tempo indeterminato in un ospedale di massima sicurezza, che lo Stato provi la pericolosità di un individuo beyond a reasonable doubt, proprio in virtù del fatto che le prognosi di pericolosità psichiatrica sono “gravemente inaffidabili”.

Un diritto penale che si appoggi alla struttura epistemica della psichiatria ci porterà “dal mondo della realtà al magico paese della chiaroveggenza”, affermerà invece il Giudice della Corte Suprema della California Mosk. (64)

L'inadeguatezza dei criteri clinici investe non solo il giudizio di pericolosità ma anche i criteri che definiscono la stessa di follia, perché incerti, divergenti. Il peso che viene dato ai diversi sintomi varia non solo di scuola in scuola ma di medico in medico. Persino la psicosi, la più macroscopica forma di follia, contrassegnata dal delirio, dai repentini cambiamenti d'umore, dalla perdita del senso di realtà, dalle allucinazioni, che pure è la diagnosi con il maggior tasso di univocità dei giudizi, tuttavia non supera mai il 60/70% di pareri psichiatrici concordanti. (65)

Sempre più spesso le Corti sono costrette a prendere atto nelle loro sentenze delle insufficienze di una scienza che si era proposta nelle aule di giustizia in virtù delle sue capacità di giudizio. Psychiatry is not however an exact science, and psychiatrists disagree widely and frequently on what constitute mental illness, on the appropriate diagnosis to be attached to given behaviour and symptoms, on cure and treatment. (66)

Una serie complessa di variabili, prima non prese in considerazione, interferisce con la diagnosi psichiatrica.

L'ambiente innaturale in cui viene fatta la perizia, il laboratorio dove la pericolosità è nata ed ha trovato la sua costruzione, il luogo definito asettico, ed utile a sezionare il mostro ora viene visto come fattore di disturbo, come elemento che incide sia sulle reazioni del soggetto osservato sia sulle impressioni e sulle stesse aspettative del tecnico che deve scomporre il comportamento, coglierne gli elementi sintomatici, per poi ricomporlo in una costruzione che lungi dall'essere una forma pura, dedotta dal corpo malato dell'imputato, si rivela essere una sintesi derivante da una interazione tra osservato, osservante e contesto di osservazione.

Il tempo stesso di questa osservazione rischia di essere uno specchio deformante. L'incontro per l'intervista, la somministrazione dei test, le analisi fisiche vengono scandite da tempi precisi che ancora riecheggiano la visione positivista di un analisi di tipo quasi entomologico, che impone un tempo fermo, irrilevante, non incidente sui comportamenti o sugli stati d'animo di colui che è soggetto all'esame, incurante dell'ordinaria constatazione che persino il folle così come le persone normali provano sensazioni, sentimenti e tengono comportamenti diversissimi di giorno in giorno. (67)

Lo spazio e il tempo dell'analisi clinica vengono ricodificati. Lo spazio chiuso, il laboratorio, il manicomio, il carcere, la decontestualizzazione non isolano il corpo malato rendendolo più acutamente analizzabile, ma impoveriscono e, nella loro innaturalità, privano di un valido fondamento, ogni analisi ed ogni predizione, che si trasforma in vaticinio.

Il tempo torna ad esistere, ed esiste come fattore perturbante: il tempo diacronico della commissione del fatto, del momento della perizia e della futuribile pericolosità rivelano l'alea non solo degli esiti di una prognosi ma anche delle stesse modalità di costruzione di questa.

Il rituale predisposto per sancire l'oggettività di una scienza, le precise liturgie predittive volte alla ricerca specifica di comportamenti aggressivi distorcono e deformano il loro oggetto, che diviene un feticcio, un simulacro.

Uscendo dai laboratori la pericolosità si scontra sempre più con i fattori socio economici che li circondano. Emerge infatti come gli psichiatri tendano a valutare maggiormente pericolosi i soggetti che appartengono alle classi socio-economiche più svantaggiate, tendendo a confondere appartenenze sottoculturali con malattie mentali, (68) anche gravi come la psicosi, fattori esogeni non patologici con malattie di natura organica o quantomeno intrapsichica.

Sondow e successivamente Atkinson e Drew nei loro studi sottolineeranno come gli attori delle agenzie di controllo, le loro personali aspettative ed i loro interessi, influenzati da più ampie rappresentazioni sociali, costituiscono il fattore più determinante nei giudizi penali di pericolosità sociale. Più il processo di determinazione della pericolosità sociale è pubblico, più avviene in un contesto formalizzato e visibile socialmente e più le comuni rappresentazioni sociali sulla pericolosità incideranno sul giudizio. L'applicazione della legge non sarà tanto il prodotto dell'interpretazione della norma quanto il risultato di processi di valutazione soggettiva sulla base di preesistenti rappresentazioni sociali. (69)

Quindi, non solo viene ad essere determinante per gli esiti della perizia l'appartenenza ad una sottocultura del periziando, anche un'altra sottocultura viene ad assumere una pari rilevanza: quella dello psichiatra. The psychiatry decision involves not only the psychiatrist's emotional problems and defenses, but also his entire value system and probably his self-image This results in a greater sensitivity on the part of the psychiatrist for certain facets of the patient's personality structure, and a greater perceptual distortion [...] of other facets [...] Once perceived, correctly or distortedly, each item is subjected to the psychiatrist's value system. (70)

Non esistono, poi, criteri medici, di natura specificamente clinica, che possano valere da indicatori della pericolosità, non vi sono tratti caratteriali o sintomi in grado di predire un comportamento violento, la letteratura scientifica in merito sembra aver perso quella coerenza ed unità che l'antropologia criminale le aveva conferito, e che le aveva permesso di affacciarsi alla ribalta internazionale, essa ora appare “sparsa, disorganizzata, soggettiva”. (71)

Essendo venuta meno l'identità tra follia e pericolosità, avendo stabilito che il malato mentale non compiva più atti criminali dell'uomo normale, si dovevano ricercare dei segni propri di una propensione alla violenza, che fossero autonomi rispetto allo status, alla natura intrinseca della follia, ma al contempo ne fossero espressione, sintomo indicativo, inscindibilmente collegato, ma nessuno era riuscito a compiere questa nuova teorizzazione.

Per questo le concrete diagnosi di pericolosità attingevano la loro legittimazione, trovavano la loro fonte in “pregiudizi personali, pressioni sociali, nelle influenze culturali e nella classe sociale delle parti in causa”. (72) Inoltre la valorizzazione del ruolo criminogeno del contesto ambientale inserisce nella valutazione prognostica della pericolosità una serie innumerevole di variabili sociali del tutto estranee al paradigma cognitivo psichiatrico e dipendenti in larga parte da eventi fortuiti ed imprevedibili. Una Corte d'Appello Federale coglie la difficoltà di comunicazione epistemica del sistema psichiatrico e del sistema giuridico penale: “La psichiatria è adatta ad effettuare diagnosi di malattia o di incapacità per un fine curativo, come è giusto che sia, mentre i giudici dall'altro lato seppure siano provvisti di una serie di determinati valori derivanti dallo sviluppo di principi di natura giuridica, sono semplicemente privi di esperienza per applicare standard (psichiatrici) significativi in casi individuali. E sfortunatamente, vista l'imprecisione delle norme in questa materia, molto viene perso nella traduzione dalla diagnosi alla decisione, tra psichiatra, giudice e giuria. Il problema è persino più stridente nel caso un individuo venga trovato non colpevole per motivi di malattia mentale”. (73) Anche questa linea argomentativa si muove sul presupposto che ritroviamo in molte sentenze secondo il quale la psichiatria deve considerarsi nella migliore delle ipotesi una scienza non esatta, “ammesso che sia una scienza”. (74)

Bernard Diamond, un docente, sia di psichiatria sia di giurisprudenza, presso l'Università della California, a Berkley, arriverà a sostenere, ascoltato da alcune Corti americane che lo citano espressamente nelle loro sentenze, che nessuno psichiatra o qualsivoglia scienziato sociale è in grado di prevedere il verificarsi di un comportamento violento con un'accuratezza tale da giustificare la restrizione della libertà personale sulla base dell'etichetta della pericolosità sociale. Di conseguenza sarebbe opportuno che le Corti non chiedessero a questo tipo di esperti di fornire il loro parere sulla pericolosità sociale di un soggetto, e che gli psichiatri o gli altri scienziati del comportamento dichiarino la loro incapacità ad effettuare tale tipo di prognosi nel caso in cui venissero chiamati a farle dai tribunali o da altre istituzioni. (75) Una posizione opposta rispetto a quella formulata da Tamburini nel momento della nascita della psichiatria forense, la pericolosità, l'elemento innovativo, oggettivo, verificabile, e caratterizzante i connotati della nuova scienza psichiatrico-criminologica, ora perde fondamenta e credibilità.

It is inconceivable that a judgment could be considered an “expert” judgment when it is less accurate than the flip of a coin. Accordingly, psychiatrists should not be permitted to testify as ex-pert witnesses until they can prove through empirical studies that their judgments are reliable and valid. [...] Thus the judgments psychiatrists make, unlike the judgments made by other “experts”, are not so very different from those that laymen are accustomed to make, nor are they dependent upon qualifications possessed solely by psychiatrists.

Prohibiting psychiatrists from giving opinion testimony and from using psychiatric terminology when testifying would not deprive judges or juries of information they need to reach informed decisions. Indeed, we believe it would improve the accuracy and fairness of commitment decisions. [...] We do not suggest that psychiatrists should have no role in civil commitment hearings. We do suggest that their testimony be limited to descriptive statements which would exclude diagnoses, opinions, and predictions. This point, although essential, can be simply stated. Justifying the deprivation of an individual's liberty on the basis of judgments and opinions that have not been shown to be reliable and valid should be considered a violation of both substantive and procedural due process. Certainly a procedure by which judges flipped coins to determine who would be committed would offend our sense of fundamental fairness. It is our contention that psychiatric judgments have not been shown to be substantially more reliable and valid. (76)

La mancanza di una cornice teorica in cui inquadrare i giudizi clinici sulla pericolosità, denoterà da ora in poi, tutta la pratica psichiatrico forense relativa alla predizione della recidiva in tutto l'occidente: tutti i tentativi di legittimazione delle diagnosi di pericolosità si baseranno non su una elaborazione teorica capace di ribattere alla confutazione, fatta dalle scienze sociali e dalle evidenze statistiche, delle costruzioni psichiatrico-criminologiche di matrice positivista, ma si muoveranno solo su un piano pragmatico ed empirico. (77)

I ragionamenti utilizzati dallo psichiatra Emanuel Tanay nel contestare la decisione del caso Baxstrom, e le conclusioni di Steadman e Cocozza sono in questo senso paradigmatiche delle argomentazioni usualmente fornite da alcuni clinici a sostegno della pericolosità sociale, esse sono ancora argomentazioni non scientifiche, basate su un supposto realismo di impronta paternalista:

“La separazione dei detenuti malati mentali dalla popolazione carceraria è appropriata dal punto di vista della Direzione che ha la responsabilità di mantenere l'ordine nella comunità penitenziaria. Inoltre è un atto umano, predisposto per proteggere i malati mentali dagli inevitabili abusi perpetrati sui detenuti psicotici in un contesto carcerario. Il trattamento nel senso tradizionale del termine non era lo scopo dell'internamento dei detenuti malati di mente nel Dipartimento di correzione (ovvero nell'ospedale di massima sicurezza di Dannemora)”. (78)

Il trattamento della malattia diventa per il medico un fatto irrilevante.

Ogni tipo di ricerca in sostegno alla categoria della “pericolosità sociale” intesa come elemento nosografico, cercherà di trovare un fondamento pragmatico ed empirico, che si appoggerà su una vecchia impalcatura teoretica, ancora, per così dire, chiusa in un laboratorio. L'unica concettualizzazione approfondita con cui si tenterà di rifondare la pericolosità si avrà nella categorizzazione di alcuni disturbi della personalità, in particolar modo approfondendo gli studi sulla personalità psicopatica, (79) i cui tratti si muovono sulla falsariga della vecchia figura del folle morale.

In questo senso possiamo affermare che la categoria della pericolosità sociale sia sfuggita ad un dibattito teorico che potesse ridisegnarne i confini, poiché si sono creati due piani distinti che impedivano di fatto un reale confronto. Un piano teorico in cui le si negava un fondamento epistemologico e se ne richiedeva la sua soppressione od una sua mitigazione, ed un piano operativo che ne manteneva la sua quotidiana applicazione sulla base di un affermato realismo pragmatico che non voleva scalfire in alcun modo la vecchia costruzione concettuale. Una costruzione concettuale che verrà in qualche modo corroborata sia dall'utilizzo dei metodi attuariali in funzione di quella che verrà definita la politica di gestione del rischio, sia, sul piano clinico, attraverso nuove classificazioni nosografiche di alcuni tipi di disturbi di personalità, che presenteranno, come specifici sintomi, tratti antisociali, che di fatto consentiranno di collegare nuovamente la pericolosità a specifiche tipologie psicopatologiche.

2.2) Il problema del trattamento e della pena: l'esperanto di un sottosistema penitenziario

Answer: “The parole board is not morally fit to supervise anyone, certainly not me.”

Question: “[...] We are in the position to talk to you about possible parole, but by your own statement, you are not interested.”

A.: “I would not accept parole. Absolutely not. I am 25 years over my parole time. I would regard even an offer of parole, as a gracious insult.”

Q.: “[...] You don't want parole. Is that correct?”

A.: “That's correct [...] Now if you'll excuse me, I'll go.”

(Verbale dell'udienza per la concessione della libertà vigilata del 16 maggio 1972 del Parole Board a Roy Schuster, illecitamente detenuto nell'ospedale psichiatrico di massima sicurezza di Dannemora per 31 anni). (80)

Il ripensamento non investirà solo la validità del concetto di pericolosità psichiatrica ma anche la validità del concetto di trattamento.

Diventava sempre più evidente come la malattia mentale scardinasse la dicotomia, lo iato che astrattamente divideva il binomio punizione-controllo riservato alla devianza intenzionale e trattamento-cura rivolto alla devianza involontaria.

La malattia mentale aveva in qualche modo creato un sistema specializzato cognitivo e pratico di neutralizzazione (81) che presentava le stesse caratteristiche in tutto l'occidente che congiungeva psichiatria e giustizia. Esso era fondato su un apparato epistemologico comune ma settoriale con elementi concettuali e pratici distinti dai concetti basilari delle discipline originarie, che ormai vivevano di vita propria ed erano produttive di un sapere che si auto-legittimava in base a parametri non del tutto clinici e non del tutto normativi e produceva una pluralità di poteri, procedimenti, prassi, ed effetti i quali venivano classificati e rielaborati all'interno di uno specifico quadro interpretativo: il genus “cura-custodia”.

Questo insieme di saperi consentiva in sostanza di sorpassare l'idea che la colpa fosse un prerequisito del castigo, di evitare che la comunità subisse l'oltraggio che il folle sfuggisse ad una punizione in fondo considerata meritata, consentendo alla pena di declinarsi in trattamento indefinito. (82)

They cheated us from extracting the full pound of flesh to which we feel rightfully entitled. We blame them because we cannot hold them legally blameworthy. Our love to hate can be satisfied only if we use psychiatry to enable us to confine them-for life, if possible, or at least for a long, long time. (83)

La base cognitiva di questi saperi sembra essere ancora legata a sentimenti viscerali e la caratteristica essenziale dell'internamento nelle istituzioni che nascono dal binomio cura-controllo rimane quello di essere molto più invasivo, più intrusivo rispetto alla detenzione nelle carceri. Le istituzioni di cura-controllo sono strettamente correlate anche all'esigenza di rendere operativa la categoria della pericolosità sociale, intesa sia come costruzione normativa che come costruzione sociale. (84)

Il connubio cura-controllo permette di concepire un sistema razionale e organizzato che prevede di imporre “ricoveri” sulla base di un parametro ora riconosciuto come giuridico-normativo e non medico, e consente di infliggere punizioni modellate invece su pretesi protocolli clinici, dotati di una estrema elasticità, anche se fissi e rigidi nella modalità e nelle condizioni materiali di espiazione.

La particolare durezza di questa espiazione emerge ora con evidenza anche nelle sentenze, nella giurisprudenza che cerca di riportare attraverso il lemma delle garanzie, le istituzioni di cura e controllo, nell'alveo della tutela dei diritti di libertà, che però sono ormai diventati estranei a questo nuovo apparato cognitivo, forse non gli sono mai appartenuti, in quanto costituito su una grammatica giuridica dai contenuti totalmente diversi, il tentativo è infatti destinato a fallire poiché espresso attraverso un linguaggio giuridico astrattamente universale ma non comune a tutte le istituzioni, non più condiviso, il linguaggio delle istituzioni di cura-controllo ha assunto una totale autonomia ed è divenuto una lingua franca, un esperanto diffuso, reperibile in tutto l'occidente. Il tentativo di ricondurre le istituzioni di cura-controllo ai limiti di garanzia sostanziali e procedurali imposti dal diritto penale alla privazione della libertà personale, prenderà le mosse dalle sentenze attinenti una materia tradizionalmente collegata alla disciplina della malattia mentale: il processo penale minorile.

Nel caso Gault del 1967 la Corte Suprema analizza in modo approfondito la natura della distinzione tra custodia punitiva e custodia protettiva che costituisce il presupposto per il diverso trattamento tra soggetti criminali da un lato e minori ed “abnormali” dall'altro.

I giudici erano stati chiamati a vagliare l'eccessiva elasticità ed informalità del processo penale minorile. Analizzando la ratio della diversità di trattamento processuale rispetto ai criminali adulti la Corte Suprema rileva come i primi riformatori fossero profondamente convinti che non punire penalmente un minore fosse un dovere della società, che l'organismo sociale non dovesse accertare se il minore fosse innocente o colpevole, ma dovesse vedere cosa dovesse essere fatto per il suo bene e per il bene della società. (85)

Le regole della procedura penale e le garanzie del due process quindi non dovevano essere applicate proprio nell'interesse del minore.

The idea of crime and punishment was to be abandoned. The child was to be “treated” and “rehabilitated” (86) [...] these results were to be achieved, without coming to conceptual and constitutional grief by insisting [...] that the state was proceeding as parens patriae, the Latin phrase proved to be a great help to those who sought to rationalize the exclusion of juveniles from the constitutional scheme. (87)

Di conseguenza “nel suo intervento lo Stato non priverà il minore di alcun diritto visto che questi non ne ha alcuno”. Su queste basi il minore avrà diritto non alla libertà ma alla custodia, ed il procedimento e l'esecuzione delle misure saranno “prive delle garanzie che vincolano lo stato quando cerca di privare un individuo della sua libertà”. (88)

The constitutional and theoretical basis for this peculiar system is to say the least debatable. And in practice [...] the results have not been satisfactory. (89)

The absence of substantive standards has not necessarily meant that children receive careful, compassionate, individualized treatment [...] Departures from established principles of due process have frequently resulted not in enlightened procedure, but in arbitrariness (90)

Le stringenti regole processuali nascono per opporsi all'arbitrio comunque esso venga definito.

Per la Corte la libertà personale trova tutta la sua tutela nei meccanismi procedurali che sono assenti nei procedimenti a “tutela” dei minori criminali e nei “trattamenti”, indeterminati nella durata, predisposti per la loro “cura”. Due process of law is the primary and indispensable foundation of individual freedom. Procedure is to law what scientific method is to science. (91)

L'esigenza di estendere le garanzie del due process ai processi minorili dipende dal fatto che il minore può essere privato della sua libertà per anni, che venga internato in istituzioni dai nomi edificanti o che si invochi l'eufemismo della custodia al posto della punizione non cambia il fatto che his world becomes a building with whitewashed walls, regimented routine and institutional hours [...] his world is peopled by guards, custodian, state employees, (92) l'etichetta rieducativa non modifica la sostanza, concettuale e pratica, punitiva. “Ci sono ragioni per temere che il minore riceva the Worst of both worlds, gli aspetti più deleteri di un trattamento educativo coercitivo, e di un regime carcerario flessibile quanto i procedimenti che lo regolano e che ne disciplinano le modalità di ingresso”. (93)

Dopo questa sentenza alcune Corti federali e statali cercheranno di estendere le garanzie del due process of law al momento dell'accertamento della pericolosità del malato mentale nel processo penale e di stabilire la previsione di un termine finale nell'internamento negli ospedali di massima sicurezza. In entrambe le ipotesi l'argomento maggiormente utilizzato sarà l'argomento a fortiori, giustificato dallo stigma particolare che l'individuo subiva dall'essere etichettato come malato di mente pericoloso e dall'internamento manicomiale. (94)

Nell'appendice di una sentenza della Corte d'Appello Federale Statunitense troviamo il tentativo di farsi carico del problema relativo alla natura afflittiva di quelli che vengono definiti i trattamenti terapeutici di coloro che, assolti per infermità mentale, vengono internati in istituzioni manicomiali, che si presentano ancora più punitivi dei trattamenti di una prigione di stato. (95)

“L'unico motivo razionale dietro le regole e le disposizioni più restrittive dei Centri di Trattamento (corrispondenti ai nostri OPG) è la punizione - La punizione di quelle persone che lo stato ha dichiarato essere malate. Questo trattamento sopprime totalmente il supposto fine riabilitativo della normativa”. (96) A dimostrazione della sua affermazione la Corte arriverà ad allegare materialmente alla propria sentenza la lista predisposta da un internato, Donald Mc Ewan (non direttamente interessato dalla sentenza in esame), il quale aveva presentato personalmente un'istanza di trasferimento dal Bridgewater Treatment center (un ospedale di massima sicurezza per assolti per difetto di imputabilità) al carcere statale di Walpole, presentata oltre che per la netta preferenza per il regime carcerario, per dimostrare la natura repressiva ed inutile del suo internamento ospedaliero che legittimava quindi la sua istanza di trasferimento. “L'affermazione di esigenze terapeutiche fornisce una giustificazione per esercitare un controllo sociale che non potrebbe in alcun modo essere predisposto attraverso le sanzioni penali ordinarie”. (97)

La confusione dei fini è ormai una caratteristica peculiare delle istituzioni di cura-controllo, non un'incongruenza, ma un elemento essenziale.

L'istituzione cura-controllo si esprime attraverso una metacomunicazione paralizzante, in cui messaggi verbali (rectius espliciti, la cura) e messaggi non verbali configgenti (la punizione) convivono, neutralizzando ogni possibilità di determinare un reale significato della relazione tra istituzione e soggetto istituzionalizzato e ogni possibilità di decodificazione e di scomposizione dei reali e concreti fini istituzionali.

Il discorso delle istituzioni cura-controllo ha quindi tutte le caratteristiche del discorso schizofrenogeno, cosi come definito da Bateson nella teoria del “doppio vincolo”: in cui dei messaggi configgenti tra loro, se reiterati nel tempo nel contesto di un ambiente chiuso, portano il soggetto debole alla totale incapacità di rispondere, all'impotenza, in alcuni casi persino alla schizofrenia. (98)

Si ricevono messaggi in conflitto tra di loro che spiegano i loro effetti su piani comunicativi differenti, provengono da soggetti autorevoli, in posizione di forza rispetto al soggetto destinatario della comunicazione in virtù di ruoli ben definiti e in alcuni casi impostati su una struttura gerarchica, da questi soggetti dipende solitamente la sopravvivenza fisica e/o psicologica del destinatario, e viene proibita od addirittura si inibisce, introiettando nel soggetto la proibizione, ogni possibilità di mettere in discussione la contraddizione.

Perché il doppio legame possa spiegare tutta la sua forza patologica sono necessarie una serie di condizioni, ed esse sono tutte presenti nei rapporti con le istituzioni cura-controllo:

1) Il soggetto deve essere coinvolto in un rapporto intenso, quasi totalizzante, un rapporto in cui egli sente come vitale saper distinguere con precisione il genere di messaggio che gli viene inviato, in modo da poter rispondere in modo appropriato;

2) l'individuo si trova prigioniero in una situazione in cui l'altra persona che partecipa al rapporto emette, allo stesso tempo, messaggi di due ordini diversi, uno dei quali nega l'altro;

3) l'individuo è incapace di analizzare i messaggi al fine di migliorare la propria capacità di discriminare a quale ordine di messaggio debba rispondere, cioè egli non è in grado di rispondere ad un enunciato metacomunicativo. (99)

Nella comunicazione della finalità della istituzione, come in ogni comunicazione umana, vi sono due aspetti: uno esplicito, formale, di contenuto, l'altro di relazione, è questo a determinare il senso reale dell'interazione, a classificare la relazione, configurandosi quindi come metacomunicazione. Nelle istituzioni di cura-controllo tale metacomunicazione è punitiva, incapacitante, riduce all'impotenza mentre il discorso formale afferma invece una volontà di farsi carico di un disagio, di assumersi una responsabilità di cura: in questo senso esso è fortemente, patogeno, schizofrenogeno.

Mentre in una situazione di aperto scontro o conflitto è possibile operare una scelta di sottomissione o di opposizione, nella relazione intessuta attraverso il doppio legame ogni possibilità di scelta esterna e di discriminazione interiore è inibita, il linguaggio precipuo di queste forme istituzionali con la sua pretesa di curare e di controllare costituisce esso stesso una patogenesi. (100)

Anche il trattamento in queste istituzioni assume delle configurazioni del tutto particolari, che in realtà si distaccano dal originaria dimensione terapeutica per assumere una valenza amministrativa, il trattamento diviene rieducazione coercitiva.

Nessun ospedale potrà mai fornire alcun tipo di cura contro il comportamento criminale, soprattutto se la pericolosità assume anche contorni normativi e sociali, se diventa quindi, come è diventata, un concetto quasi psichiatrico e quasi normativo. “There is no sound empirical research indicating that mental hospital have had any demonstrated success in treating criminal behavior”. (101)

Vista la modificazione del concetto di pericolosità, si pone il problema della adeguatezza del trattamento, intesa nel senso della sua reale efficacia, della sua capacità di consentire cioè dei reali miglioramenti nell'internato, tali da consentirgli le dimissioni. Nel caso in cui il trattamento si rivelasse poco od affatto efficace, non ci sarebbero più le basi ragionevoli per una differenziazione del trattamento tra i rei-folli e gli altri autori di crimini, la finalità curativa della custodia non sarebbe altro che un etichetta posta a fine di “cosmesi politica” che consente allo stato di limitare la libertà personale a fini preventivi secondo modalità inconcepibili per le categorie razionali del diritto penale classico. The state should not be permitted to accomplish by false labeling that which it could not accomplish by an honest use of legal procedures. (102)

Un'altra caratteristica indefettibile di questo sottosistema penale è dato dal fatto che il difetto di imputabilità si fonda sulla giustificazione razionale di sottrarre il malato di mente dalla sanzione punitiva del sistema penale ma concretamente impone una detenzione indeterminata, (103) non si deve più tener conto di un fine pena, questa sembra essere la ratio essenziale dell'architettura istituzionale. (104) L'elemento discriminante tra istituzioni punitive ed istituzioni di cura-controllo non risiede nelle natura effettiva e concreta della detenzione, comune ad entrambe, non risiede nel trattamento: si può fruire di psicofarmaci e di psichiatri anche in carcere; l'elemento centrale di discrimine diventa il rilascio, la possibilità di uscire, di riacquistare pienamente il diritto alla propria libertà personale, non essendo stabilita dalla legge, non essendo disposta con sentenza, essa in buona sostanza è rimessa alle decisioni dell'autorità amministrativa.

In molte altre sentenze troveremo il tentativo della giurisprudenza di affrontare i canoni propri delle istituzioni cura-controllo secondo le garanzie del rule of law inquadrando le caratteristiche che nella pratica dell'internamento si rivelano centrali come se invece fossero delle anomalie, delle incongruenze del sistema, nella convinzione che gli effetti della follia nel sistema penale possano essere affrontati e filtrati nella rete logica delle garanzie penali.

Quello che appare grottesco, illogico persino folle, quelli che sembrano essere casi isolati, scandali, sono in realtà elementi tipici, caratteristici - perché costanti in tutto il mondo giuridico occidentale- di un sistema razionale ed internamente coerente.

Tali elementi sono:

  • l'affermazione di principio della non punibilità del malato di mente;
  • la predisposizione di uno standard probatorio, necessario alla dimostrazione della pericolosità, estremamente basso o addirittura inesistente;
  • la mancanza di un efficace trattamento clinico o risocializzativo;
  • la natura di fatto afflittiva dell'internamento del malato mentale;
  • i trattamenti fortemente degradanti e lesivi della dignità umana;
  • l'arbitrio relativo alla determinazione della durata della punizione, che può determinare una fisiologica percentuale di quelli che vengono definiti ergastoli bianchi.

2.2.1) Il ladro di caramelle: il caso Dennison

Si deve quindi prendere atto di come sia possibile, in virtù del fondamentale principio della elasticità del trattamento a scopo di cura, rimanere detenuti in un ospedale di massima sicurezza per oltre 30 anni, invece di scontare dieci mesi di riformatorio, per aver rubato, a sedici anni, una confezione di caramelle del valore di 5 dollari, così come è successo a Stephen Dennison che nel 1966 esperirà una azione civile contro lo Stato di New York.

Il tribunale chiamato a giudicare la richiesta del risarcimento danni derivante di questa ingiusta detenzione fa proprie le parole delle scienze sociali, ma sembra farlo inconsciamente, condividendo una convinzione che parte dall'esperienza del caso concreto della storia che gli si profila davanti e che è costretta a valutare.

That Psychiatry and psychology are not exact sciences becomes painfully clear charged with a fact finder's responsibility in cases such as that before the court.

What then do we mean by the “causes” or by psychosis? What appear to be different diagnoses, turn out to be semantic disputes, the existence to which are the clearest indication that in the field of psychiatry there are many hypotheses but distressingly few answers. (105)

Il giudice differenzia con estrema chiarezza la profonda differenza che separa le modalità di interpretazione del mondo della scienza giuridica e della scienza psichiatrica, le due vie di ricostruzione del fatto e dell'appartenenza al soggetto che si scontrano strutturalmente, in modo inconciliabile, a meno che non si separino, come di fatto sono stati separati, gli universi concettuali e normativi delle sanzioni penali dei normali e degli anormali.

La Court of Claims dello Stato di New York infatti osserva che mentre nel mondo del diritto la decisione deve basarsi sull'ipotesi che appare più ragionevole sulla base dei fatti rilevanti, se ci deve essere quindi una selezione precisa ed accurata degli elementi significativi alla luce di una regola di diritto che determina la rilevanza giuridica di un comportamento, quando si tratta invece di valutare i tratti della personalità o le condizioni mentali di un soggetto, quasi ogni elemento sembra decisivo od al contrario assolutamente irrilevante, a seconda delle diversissime valutazioni fatte dai diversi esperti. (106)

L'internamento trentennale del “ladro di caramelle” si era basato su una perizia che lo bollava come un Low grade Moron, un debole mentale, uno sciocco. Dai test effettuati da tre diversi psichiatri dopo le sue dimissioni dall'ospedale psichiatrico di Dannemora risulterà invece che Stephen Dennison possedeva una intelligenza media. In addition, it was obvious that had the claimant not been subjected to the deadening atmosphere of Napanoch and Dannemora for a period of more than 30 years, his performance on the test administered would have been much better. (107)

Applicando i criteri ermeneutici del giudice e non dello psichiatra, attenendosi ai fatti rilevanti, senza inoltrarsi nelle dispute semantiche sulla natura intrinseca della psicopatologia, la Corte osserva come prima del suo internamento fosse senza dubbio un giovane disadattato proveniente da una famiglia frantumata, il prodotto di una atmosfera culturalmente povera. Per un tragico errore era stato classificato come “ritardato” e ricoverato nell'ospedale di massima sicurezza dove aveva perso il contatto della realtà scivolando nel rifugio della psicosi. (108)

Dopo la caduta nella psicosi le cartelle dell'ospedale psichiatrico di massima sicurezza descrivono ripetutamente Dennison come un paranoico, un soggetto che soffre di deliri di persecuzione. La Corte osserva sul punto che se una persona viene trattata ingiustamente o slealmente, il fatto che percepisca, si dolga, e reagisca alle iniquità potrebbe difficilmente essere visto come prova conclusiva di paranoia o di tendenze paranoiche. (109)

La Corte tocca poi un altro punto essenziale delle istituzioni cura-controllo quello del trattamento: “nonostante fosse chiamato ospedale” il luogo di detenzione di Dennison era in realtà una “prigione con attrezzature per controllare gli psicotici internati”. (110)

Dennison “E' stato forzato a passare 24 anni (gli altri 10 li aveva passati in un ospedale per deboli mentali e non di massima sicurezza) in un istituzione dedita non alla riabilitazione od alla cura dei disordini della personalità ma a controllare gli sfortunati che ne soffrissero”. (111)

“Per più di 34 anni è rimasto in custodia - prima fra idioti, poi tra uomini che vivevano senza speranza- sedendo giorno dopo giorno in una grande stanza, guardandosi l'uno con l'altro. E' stato esposto a indegnità e degradazioni che sono difficili se non impossibili da immaginare”. (112)

“La psicosi o l'apparenza della sintomatologia psicotica è stata causata dalla natura del suo internamento”. (113) “In un certo senso la società lo ha etichettato come sub umano [...] e poi ha usato la malattia mentale come una scusa per trattenerlo a tempo indefinito in una istituzione con poche se non nessuno strumento per una autentica trattamento riabilitativo per il malato mentale”. (114)

“Il furto di 5 dollari in caramelle lo ha fatto precipitare in un incubo durato 34 anni”. (115) “L'attore è stato vittima di una scienza incapace di ideare metodi o strumenti che misurassero in modo accurato le caratteristiche sulla base delle quali dovrebbe essere fondata questo tipo di segregazione”. (116)

“Nessuna somma di denaro sarà mai adeguata a compensare l'attore per il trauma sofferto”. (117)

La Corte condannerà lo stato di New York ad un risarcimento di 115.000 dollari.

La giurisprudenza statunitense negli anni settanta cercherà di spezzare il legame inscindibile tra follia ed internamento indeterminato e questo tentativo assumerà per certi versi dei contenuti universali.

2.2.2) Un giro in automobile: il caso Bolton

Nel 1967 la Corte Federale d'Appello del distretto di Columbia nel caso Bolton v. W. Harris, estendendo ai soggetti assolti per difetto di imputabilità, il principio affermato dalla Corte Suprema nel 1966 nel caso Baxstrom, sosterrà illegittimità dell'internamento automatico sancito dal District of Columbia Code del 1951 (§ 24-301- d), (118) a seguito di un proscioglimento per vizio di mente, affermando la parità di trattamento tra pazienti civili e rei folli. (119)

Il Signor Bolton aveva avuto una precoce storia di istituzionalizzazione, a 16 anni sua madre lo fece internare in manicomio perché si rifiutava di fare il bagno, perché voleva stare sempre a casa, perché voleva che tutte le persiane della casa rimanessero chiuse, ed era diventato sregolato: rimase internato per 12 anni. (120)

Durante il periodo di internamento il Signor Bolton sviluppò un particolare amore verso le automobili. Un giorno lasciò senza permesso l'ospedale prese un automobile e fuggì prima in Georgia e poi a New York, quando fu ritrovato venne nuovamente ospedalizzato.

Il Signor Bolton, un giorno, dopo essere nuovamente uscito dall'ospedale, arrivò a rubare un automobile, e riuscì ad arrivare nella lontana Florida dove, però, fu purtroppo catturato dalla polizia ed arrestato. (121)

Al processo il perito, il Dr. Weichardt, affermò che il fatto era il prodotto della sua malattia mentale, la sua volontà di fuga dal manicomio, il suo amore per le auto, il percorrere in lungo e in largo l'America, comportamenti così radicalmente diversi dallo stare tappato in casa al buio, senza lavarsi erano anch'essi sicura espressione di una malattia mentale. La malattia mentale del Sig. Bolton venne confermata dallo stesso Weichardt, qualche tempo dopo all'udienza attinente al procedimento di Habeas Corpus. “Si metterà nei guai, rubando ancora automobili”, aggiunse il Dottore. Questo comportò la negazione del rilascio ed il suo immediato internamento a tempo indeterminato. La Corte d'Appello affermò però che sulla base della decisione della Corte Suprema sul caso Baxstrom si doveva dedurre che “la commissione di un atto criminoso non comporta la sussistenza di una presunzione di pericolosità che giustifichi, da sola, differenze di trattamento nelle procedure di internamento dei malati mentali”. (122) Quindi il reato non fornisce una base automatica per consentire differenze significative e arbitrarie di tali procedure.

Doveva quindi considerarsi illegittima la previsione legislativa che autorizzava l'internamento automatico in un ospedale psichiatrico di massima sicurezza per un periodo indeterminato. To remain in the Hospital for the rest his life, senza alcuna udienza che accertasse concretamente la pericolosità, come invece previsto dal Mental ill Act del 1964, ponendo l'onere della prova della follia e della pericolosità sul governo. (123)

La posizione era gia stata affermata nel caso Cameron v. Mullen del 1967. (124)

I giuristi si trovarono però di fronte a problemi più complessi rispetto a quelli rappresentati dalle presunzioni di pericolosità. La struttura penale e la struttura psichiatrica hanno canali di comunicazione e vie di interazione più sottili, che sfuggono ad un puntuale controllo giurisdizionale, e si sottraggono anche ai tentativi di ridefinizione provenienti dalla scienza.

2.2.3) Un'attesa di vent'anni: il caso Schuster

Il giudice Irwing R. Kaufman, illudendosi, scrive: “We have, thankfully, come a long way from the days when ignorance induced fear of the mentally ill” (125) e lo scrive nella sentenza che riguarda Roy Schuster, un individuo illegittimamente detenuto presso l'ospedale di massima sicurezza di Dannemora, venti anni oltre il periodo in cui avrebbe potuto fruire della libertà vigilata (parole). Durante l'espiazione della sua pena aveva accusato un membro dell'amministrazione del carcere di corruzione, per questo era stato giudicato affetto da una sindrome paranoica e internato a Dannemora, all'età di trentasette anni e lì dimenticato fino a quando non compirà sessantacinque anni. Nell'unica udienza di Habeas Corpus che si terrà nel 1963, ventitré anni dopo il suo internamento, lo psichiatra dell'ospedale, il Dr. Carson, affermerà, sicuramente in buona fede, ed è questo il dato che ci deve far riflettere: “Schuster è un individuo la cui condotta è generalmente corretta, che usa una logica impeccabile e che non mostra segni evidenti di follia come regressioni, disordine, esperienze allucinatorie, idee o comportamenti bizzarri, non di meno Schuster è malato di mente in quanto ha una sindrome paranoica. Questo tipo di malattia nel quale una convinzione patologica benché logica è basata su una singola falsa premessa, e se uno ammettesse la verità della falsa premessa il comportamento del paziente non apparirebbe più abnormale”. (126)

La sentenza Schuster V. Herold assume grande importanza anche perché porrà una ulteriore luce sul mondo degli ospedali di massima sicurezza, sulla natura reale della medicalizzazione e del trattamento.

A Dannemora Schuster non ha ricevuto alcuna cura o trattamento se non qualche raro colloquio con un medico dello staff. La ragione di questa apparente dimenticanza secondo il parere del Dottor Izaak Gorlicki, vicedirettore di Dannemora sta nel fatto che la paranoia di Schuster è cosi profondamente radicata che non risponderebbe alla terapia. Inoltre Schuster non è stato assegnato ad alcuna occupazione, Quando il giudice Port ha chiesto a Schuster se facesse un qualche lavoro “lassù”, egli ha risposto “non ora, ho fatto per un po' il bibliotecario, oltre a quello studio nel mio tempo libero [...] cosi quando sarò rilasciato non me ne starò al freddo e sarò in grado di ottenere un lavoro onorevole”. (127)

Siamo costretti infelicemente a concludere che Schuster sia semplicemente un uomo dimenticato in una istituzione psichiatrica che non ha niente da offrirgli. Egli non riceve alcun trattamento non è impegnato in alcun tipo di terapia [...] ed è in grado di mantenere il suo equilibrio solo attraverso i propri sforzi e la propria speranza che gli consente di prepararsi al giorno in cui verrà rilasciato. (128)

Secondo la Corte il trasferimento in un ospedale psichiatrico di massima sicurezza “ha significativamente aumentato le restrizioni su di lui, lo ha esposto a straordinarie privazioni e gli ha fatto subire umiliazioni, frustrazioni e pericoli, fisici e psicologici, che non avrebbe dovuto sopportare in un tipico contesto carcerario”. (129)

La sentenza estende il campo della sua indagine alla situazione complessiva, degli ospedali psichiatrici guarda con sgomento a delle posizioni giuridiche che ai suoi occhi appaiono inaccettabili perché indefinite ed evanescenti, mentre alla luce del binomio medicina-giustizia tale evanescenza è vitale e necessaria.

La prospettiva delle garanzie giuridiche, del rule of law scorge detenzioni irrazionali, ergastoli bianchi, quella della psichiatria, e del diritto di polizia, vede invece soggetti anormali e pericolosi da trattare. “I fatti rivelano la raccapricciante possibilità che un prigioniero internato a Dannemora venga abbandonato e lasciato senza aiuto”. (130)

Alla Corte risulta che alcuni internati in un altro ospedale psichiatrico destinato ad accogliere gli assolti per vizio totale di mente siano rimasti internati “per oltre mezzo secolo”. Gli stessi giudici riportano il caso di un internato di 83 anni che era stato arrestato ed internato in un ospedale di massima sicurezza a soli 19 anni. (131)

Un altro, a seguito di un furto ed in virtù di uno stato delirante acuto, era rimasto internato per 59 anni era stato poi rilasciato all'età di 89 anni perché “non era più una minaccia per la società o per gli altri”. (132)

La Corte cita anche il caso già riportato del “ladro di caramelle”. Il numero di soggetti dimenticati inducono a ritenere che questa sia una caratteristica strutturale delle istituzioni cura-controllo.

La Corte apre poi alle nuove evidenze portate dalle scienze sociali e dalla psicologia affermando:

C'è una considerevole evidenza che l'internamento prolungato in una istituzione che provveda soltanto alla custodia dei malati mentali, e niente di più, possa, esso stesso, causare seri danni psicologici od aggravare qualsiasi patologia pre-esistente. Come uno psichiatra ha spiegato: nelle condizioni attuali, noi sovrapponiamo nuove disabilità sulle disabilità esistenti. (133)

C'è la prova evidente che una volta che qualora il paziente sia rimasto in un ospedale psichiatrico per più due anni, è molto probabile che ne esca morto. Egli entra a far parte della gran massa dei cosiddetti pazienti cronici. Inoltre, nella sua reale natura, l'internamento in una Istituzione per rei malati mentali è molto più repressivo di quello in una prigione. (134)

Se Schuster fosse rimasto in carcere avrebbe potuto ritornare nella società civile 20 anni prima.

Il trasferimento dal carcere ha fatto si che si realizzasse una delle condizioni tipiche delle istituzioni di cura-controllo, che si producesse uno dei principali effetti giuridici legati allo status follia-pericolosità, lo ha privato del fine pena cui aveva diritto da sano, del beneficio della libertà vigilata. Ha modificato totalmente l'apparato giuridico-costituzionale di riferimento.

Per questo la Corte, ritenendo molto più dure le privazioni, le sofferenze e le umiliazioni patite negli ospedali di massima sicurezza rispetto a quelle sofferte in carcere, affermerà la necessità del suo intervento per la tutela dei diritti fondamentali dell'internato. (135) Naturalmente il controllo di garanzia giurisdizionale viene qui inteso nel senso più classico, la sentenza trascura quella concezione parallela del ruolo del magistrato, visto sostanzialmente come attore di una complementare forma di controllo sociale, che gli impone il bilanciamento tra punizione e cura. Una cura conforme alle decisioni del giudizio peritale, ed alle caratteristiche dell'intera personalità del soggetto da neutralizzare nella rete della specialprevenzione. I diritti dei detenuti, non sono privilegi che vengono concessi in “modo umanitario”, sono gli stessi diritti spettanti a qualsiasi cittadino compatibilmente con le restrizioni, espressamente indicate dalla legge, imposte dalla privazione della libertà personale.

“Non possiamo tollerare che si configurino due categorie di persone malate - criminali e non criminali- quando si viene chiamati a sindacare le procedure di internamento per loro previste”. (136)

Entrambe le categorie avranno quindi gli stessi diritti. D'altronde secondo la Corte è la stessa “operazione Baxstrom”, a dimostrare l'inconsistenza del giudizio di pericolosità, i pazienti rilasciati a seguito della decisione della Corte Suprema sul caso Baxstrom si sono rivelati essere almost as pure as ivory snow. (137)

“Cosa potrebbe spiegare questo errore nell'avere collocato un enorme numero di persone in luoghi che sono più prigioni di massima sicurezza che ospedali?” (138)

“L'ennesima istanza legata ad aspettative securitarie ha messo i paraocchi alle nostre percezioni”. (139)

La Corte ricorda che dopo la decisione della Corte Suprema, ed il rilascio dei mille “folli pericolosi” i cittadini che abitavano nelle vicinanze degli ospedali psichiatrici civili lamentavano la presenza di folli criminali nel loro quartiere ed i sindacati avevano chiesto una maggiorazione nei salari dei lavoratori costretti a lavorare con le persone uscite da Dannemora, dopo un anno tutte queste forme di protesta “sono evaporate”. (140)

“I fatti dimostrano che si deve uscire dalla rete dei ragionamenti circolari, l'operazione Baxstrom ci dimostra infatti che gli internati negli ospedali di massima sicurezza possono non essere così malati e pericolosi da negare loro the freedom of a regular prison”. (141)

La sentenza subirà gli strali della psichiatria legata alle istituzioni cura-controllo, un medico affermerà: “Il giudice si è persuaso che la parte del sistema carcerario dedicata alla cura dei malati mentali, avrebbe fatto male alla salute del Signor Schuster. Perciò senza l'ausilio di dati empirici, ed utilizzando ragionamenti giuridici discutibili, il giudice ha ordinato che il prigioniero ritornasse a far parte della popolazione comune della prigione statale di Clinton. Lo sforzo fatto per prendersi cura dei malati mentali internati si è schierato in questi casi (nel caso Schuster e nel caso Baxstrom) a favore della scelta di non fornire alcuna cura. E' evidente che queste scelte sono basate su criteri legali e decisioni giurisdizionali. Benché gli psichiatri siano citati nelle sentenze ed i pazienti ne subiscano gli effetti, non vi sono connessioni tra quelle decisioni e la teoria e la pratica psichiatrica”. (142)

La realtà ci mostra, invece come quelle sentenze attingessero molto più compiutamente dalla moderna teoria psichiatrica e sociologica di quanto non facesse lo psichiatra estensore del saggio, il Dott. Emanuel Tanay.

Esse non fanno altro che prendere atto, in singoli casi concreti, di quello che veniva ampiamente esposto nella letteratura scientifica, avevano l'occasione di toccare con mano i casi, ed i conflitti che le istituzioni di cura-controllo ed i processi di istituzionalizzazione creavano.

Anche qui, come alle origini della genesi del concetto di pericolosità, ritroviamo il contrasto tra la cultura giudica della magistratura fondata sulla tutela della libertà personale e la cultura psichiatrica forgiata su un coacervo concettuale che fonde cura e controllo paternalista.

Parte della psichiatria afferma che le Corti vogliono privare delle cure i malati, rimuovere ogni forma di trattamento. La cultura giuridica, in realtà, sostiene qualcosa di diverso: afferma che gli ospedali di massima sicurezza rendono più gravi le malattie preesistenti, e puniscono in modo crudele. Che la portata esatta del termine Costituzionale “crudele e inusuale” viene individuata sulla base della Dignità umana. Che se lo Stato ha il monopolio del potere punitivo, questo potere deve essere esercitato entro i limiti di norme il cui cardine è costituito dalla cristallizzazione giuridica del divieto di crudeltà. (143)

La psichiatria ribadisce che le decisioni dei Tribunali, nel liberare i folli, seguono criteri esclusivamente giuridici sostituendosi ai medici ed ai loro parametri clinici, mentre la giurisprudenza non fa che ribadire il principio elementare secondo il quale il diritto è chiamato anche a tutelare le persone accusate di essere un pericolo: la malattia non può impedire che si goda delle garanzie che entrano in gioco quando l'esercizio della forza statuale comprime in modo coercitivo la libertà degli individui e tanto meno legittima un trattamento ormai universalmente riconosciuto come deteriore rispetto al trattamento carcerario. Affermano che l'oppressione psicologica è da condannare nella stessa misura dell'abuso fisico, e che gli atti che causano sofferenza mentale possono di per se violare l'Ottavo Emendamento. (144)

L'elemento trattamentale viene quindi preso in considerazione da queste pronunce, non nella sua natura astratta od in un confronto teleologicamente contrapposto con le altre finalità specifiche degli strumenti coercitivi del controllo sociale formalizzate dal rule of law, ma nei suoi concreti effetti degradanti e patogeni, in una verifica empirica dell'antinomia logica tra le asserzioni di principio ed il momento pratico della realizzazione dei paradigmi di incapacitazione della persona. Senza alcun bisogno di prendere in considerazione l'intento dello Stato.

L'ipotesi secondo cui i parametri per stabilire la pericolosità possono essere considerati totalmente medico-scientifici e, pertanto, riservati al giudizio clinico e finalizzati ad un trattamento terapeutico, come sembra suggerire Tanay, appare totalmente pretestuosa.

La rivendicazione di Tanay appare una reazione scomposta a quella che, a suo parere, è un'incursione eccessivamente invadente del rule of law in un campo che, secondo il medico, non gli deve appartenere. In definitiva le garanzie non sono cure, non lo sono mai state. Se si vogliono estendere a tutti mineranno le esigenze terapeutiche sottese allo status di malato mentale pericoloso.

Lo psichiatra si guarderà bene dall'articolare le affermate “teorie e pratiche psichiatriche” a supporto della sua posizione, dall'indicare possibili fonti che legittimino il suo attacco. La bibliografia del suo saggio consiste solo in due articoli di Steadman e Cocozza che lo smentiscono, nelle due sentenze oggetto del suo attacco, e in due suoi precedenti articoli pubblicati uno, Psychiatric morbidity and Treatment of Prison Inmates, nella stessa rivista Journal of forensic Science e l'altro, Dangerousness and Psychiatry, in Current Concepts in Psychiatry. Tali “teorie e pratiche psichiatriche” si riducono quindi ad una citazione autoreferenziale che mina la credibilità delle sue argomentazioni.

2.3) Il mutamento di rotta della Corte Suprema: il caso Jones

2.3.1) Il prezzo di un giubbotto

Nel 1983, tuttavia, la Corte Suprema, smentendo le Corti Federali d'Appello, ed anche le sue precedenti posizioni, affermerà che “un verdetto di proscioglimento per vizio totale di mente è di per se sufficientemente probatorio di malattia mentale e di pericolosità in modo da giustificare l'internamento del prosciolto a scopo di trattamento e di difesa sociale”. (145) Si ritorna a sancire l'equivalenza tra malattia e pericolosità sociale e lo si fa usando i lemmi paternalistici e securitari che scandiscono il linguaggio che ha sempre contraddistinto i processi di internamento: (146) “Il fatto che si ritenga, oltre ogni ragionevole dubbio, che una persona abbia commesso un atto criminoso indica con certezza la (sua) pericolosità sociale”. (147)

Un prosciolto per vizio di mente non ha diritto al rilascio semplicemente perché è stato internato per un periodo più lungo, rispetto a quello che avrebbe dovuto espiare se fosse stato incarcerato se giudicato colpevole. La durata di una condanna per un particolare tipo di reato è basata su una varietà di considerazioni, inclusa la retribuzione, la deterrenza, la riabilitazione. Comunque, visto che un prosciolto per vizio di mente non è stato condannato, egli non potrebbe essere punito. Lo scopo di questo internamento è quello di trattare la sua malattia mentale e di proteggere lui e la società dalla sua potenziale pericolosità. Semplicemente non c'è nessuna correlazione tra la lunghezza della ipotetica condanna del prosciolto e la lunghezza del tempo necessario per il suo recupero. (148)

Il signor Jones, prosciolto per vizio totale di mente per il tentato furto di un giubbotto in un grande magazzino di Washington il 19 settembre del 1975, riceve la notizia della decisione al St Elizabeth Hospital, dove è recluso da ormai 8 anni, svaniscono così le sue illusioni di poter avere un internamento proporzionale al massimo edittale previsto per un reato minore come il tentato furto (1 anno), cosi come invece avevano chiesto i suoi avvocati ed affermato la corte distrettuale.

In poche righe, con un tratto di penna il lessico delle garanzie del rule of law torna ad essere cancellato, ad essere confinato ad un solo settore della penalità, si riapre al linguaggio liquido di natura amministrativa che, sulla base del senso comune, del “buon senso che porta a ritenere che chi ha commesso un reato a causa della malattia mentale è probabile che rimanga malato e bisognoso di trattamento”, (149) separa pericolosità, trattamento della follia e retribuzione e riduce la retribuzione a scopi puramente generalpreventivi.

E' il buon senso che giustifica la creazione di tre classi distinte e totalmente autonome: i rei folli, i semplici malati mentali ed i semplici criminali, che giustifica il diverso standard probatorio necessario per l'internamento ma un uguale trattamento punitivo nella sua sostanza e fenomenologia per le tre categorie.

I prosciolti per infermità mentale presuntivamente pericolosi costituiscono una classe speciale che riassume sinteticamente le due antitesi. (150)

Ancora una volta la loro pericolosità è dimostrata dal reato, ma la punizione non deve avere una durata determinata perché è impossibile prevedere quando il soggetto guarirà. (151)

Disprezzando quanto evidenziato dalle corti inferiori e quanto in precedenza essa stessa aveva affermato, la Corte Suprema afferma due principi che ribaltano quelli nati dopo il caso Baxstrom, ripristinando due ordinamenti separati. Il primo è che il prosciolto non può essere punito. (152) Il secondo è che l'internamento è disposto per il fine di cura e controllo, to treat [...] and protect.

Dalla combinazione di questi due principi emergerà nuovamente il corollario della durata indeterminata della reclusione del malato mentale. Non ci si preoccupa di confutare le argomentazioni della giurisprudenza precedente. Per la Corte Suprema l'idea che non esistano validi strumenti diagnostici per l'accertamento del vizio di mente, che non vi siano prove empiriche che dimostrino l'efficacia del trattamento degli internati, che gli ospedali di massima sicurezza siano in realtà speciali prigioni con attrezzature per il controllo dei malati mentali, dove la malattia peggiora, dove non vengono assicurati i diritti fondamentali dei prigionieri, sono del tutto irrilevanti. Quello che conta sono, in sostanza, i ragionamenti circolari, le petizioni di principio, affermate nella sua stessa sentenza che costituivano l'impalcatura assiomatica di una struttura razionale e cognitiva con elementi costitutivi essenziali totalmente differenti dai canoni classici delle garanzie penali.

Si riaffermano i principi giuridici di un sottosistema.

Ci si ricollega alla posizione assunta nel 1962 nel caso Overholser v. T Obeirne in cui la Corte Suprema aveva affermato, in una decisione catalogata nella categoria del diritto amministrativo e non penale, che: “l'internamento di un prosciolto per infermità mentale non è una punizione [...] nei suoi primi sviluppi l'internamento era predisposto principalmente a fini di protezione sociale ma visto il progresso delle conoscenze mediche e lo sviluppo delle terapie di riabilitazione, si è posta sempre maggiore enfasi sul ritorno del soggetto ad una vita normale, libero dallo stigma di un precedente penale”. (153) Le conquiste della scienza, l'evoluzione consentirebbero “qui ed ora” giudizi prognostici esatti. Ecco un'altra costante del discorso legale-psichiatrico: “prima era impossibile ora grazie al progresso della scienza possiamo valutare l'intera personalità ”, ed individuare con certezza patologie e inclinazioni al delitto. Ciò che era già stato sostenuto dai freniatri viene ora ripetuto dagli psichiatri e sarà poi sostenuto dalle neuroscienze, mentre le precedenti conquiste scientifiche, ora superate, vengono studiate dagli storici come esempi grotteschi ed archeologici di una pseudoscienza.

Il duplice fine dell'internamento obbligatorio in un ospedale non deve mai essere trascurato. il primo consiste nel recupero del paziente e il secondo nella protezione della società e dello stesso paziente. Ignorare il bisogno di entrambi i tipi di tutela o mettere sullo stesso piano questa ospedalizzazione “protettiva” con la pena confonde la questione e presta un grave disservizio ai più ampi scopi sociali della legge, cosi come (danneggia) gli obiettivi delle nostre norme in tema di responsabilità penale [...] Il nostro dovere è applicare la legge affinché essa raggiunga il suo scopo. (E questo impone), che ci piaccia o no, [...] che chi è incurabilmente folle ed incurabilmente pericoloso venga internato per un periodo indefinito. (154)

Nonostante tutte le confutazioni portate nei fatti, negli studi scientifici, e nella giurisprudenza si riaffermano, nel 1983, le linee teoretiche formulate nel XIX secolo che appaiono, ancora una volta, totalmente spurie rispetto ad una certa configurazione del diritto di punire. Torna ad essere prevalente la linea interpretativa secondo la quale l'imputato che scelga come difesa l'infermità mentale, una volta che la sua posizione abbia avuto successo e sia riuscito ad evitare la punizione avrà l'onere di provare di non essere più folle per evitare l'internamento, e che le presunzioni siano un utile strumento dissuasivo, che servano soprattutto a scoraggiare tentativi di simulazione della infermità mentale.

Lo “spirito” del caso Baxstrom che aveva ispirato un gran numero di sentenze è ora sparito, l'equal protection clause ed il due process of law del Quattordicesimo Emendamento non hanno più rilevanza. Le aspettative di ordine pubblico, le richieste di risposte istituzionalizzanti hanno rimesso i paraocchi alle percezioni della Corte Suprema. (155)

2.3.2) Tre giudici dissenzienti: una conclusione

I giudici William J. Brennan, Thurgood Marshall e Harry Blackmun dissentiranno dall'opinione di maggioranza del caso Jones v. United States.

Sarà il giudice Brennan, uno dei giuristi più influenti nella storia del diritto americano del ventesimo secolo, (156) a redigere l'opinione dissenziente. (157)

Il quadro epistemologico dei tre giudici è sostanzialmente quello del rule of law, che, secondo Albert Venn Dicey, (158), “means, in first place, the absolute supremacy or predominance of regular law as opposed the influence of arbitrary power, and elude the use of arbitrariness, of prerogative or even of wide discretionary authority on the part of the government”. (159) Che ammette la limitazione della libertà personale disposta dal potere giudiziario a fronte di una violazione della legge ma “is contrasted with every system of government based on the exercise by person in authority of wide, arbitrary, or discretionary power of constraint”. (160)

Per questo secondo Brennan la Corte Suprema nell'affrontare il caso si è posta la domanda sbagliata, non ha centrato il punto di diritto di fondo. La questione in questo caso non è tanto se Jones sia stato internato per un tempo più lungo rispetto al massimo edittale previsto per il tentato furto quanto se sia costituzionalmente legittimo che una persona venga medicalizzata dallo Stato, per un periodo indeterminato di tempo, contro la sua volontà.

Il nucleo del caso consiste nella necessità di stabilire la misura del rapporto che intercorre tra tre fattori:

  • l'interesse del governo a trattare quei soggetti che possano essere considerati malati e pericolosi;
  • la difficoltà a provare o a confutare la sussistenza della malattia mentale e della pericolosità nei tribunali;
  • la gravissima intrusione nelle libertà individuali che l'internamento psichiatrico involontario comporta. (161)

Per quanto riguarda il primo profilo si può ammettere che il governo abbia ragioni legittime per internare, per periodi limitati di tempo, senza stringenti oneri probatori, gli individui prosciolti per infermità mentale. Tuttavia non può confinare a tempo indeterminato un uomo se non gli garantisce le garanzie minime del due process previste per gli internamenti civili.

“Il Governo potrebbe avere l'interesse nell'internare i prosciolti per vizio di mente allo scopo di punirli per i loro crimini, ma il governo nega un interesse di questo tipo”, dice con un certo scetticismo Brennan. (162) “Abbiamo già in precedenza sostenuto che il Governo non potrebbe imporre l'internamento psichiatrico come una alternativa alla condanna penale per un tempo più lungo del periodo massimo di detenzione che la legge prevede per punire il crimine commesso”. (163)

Il giudice poi avanza seri dubbi sul secondo termine della questione oggetto della decisione, che attiene alla possibilità che le diagnosi e le prognosi psichiatriche contenute nelle perizie possano soddisfare gli standard probatori richiesti dal due process of law sancito dal Quattordicesimo Emendamento.

La questione è se, alla luce dell'incertezza sulla relazione che intercorre tra il crimine del ricorrente, la sua attuale pericolosità, e le sue attuali condizioni mentali, il governo possa costringerlo per il resto della sua vita a condividere in uguale misura con la società il rischio di un errore. (164)

Vale la pena esaminare cosa sia noto relativamente alla possibilità di predire la pericolosità [...] Persino i migliori tentativi di identificare individui pericolosi sulla base di fatti specifici si sono rivelati inaccurati quasi due terzi delle volte, quasi sempre nel senso delle overprediction.

Su basi mediche gli esperti possono valutare con una certa sicurezza il passato o l'attuale stato mentale ma forti pregiudizi istituzionali li conducono all'errore quando cercano di determinare la pericolosità di un individuo. (165)

Brennan traccia poi una netta linea di discrimine, si chiede quale comportamento debba essere considerato pericoloso, quale sia il confine che separa la violenza dalla pericolosità, cerca di stabilire in modo chiaro il contenuto semantico di un concetto che non ama, non condivide. Afferma che la ricerca scientifica è totalmente carente, è assente qualsiasi indagine sulla relazione che vi può essere tra pericolosità sociale e reati non violenti, come, ad esempio, il tentativo di furto in un negozio (oggetto della sentenza). Sostiene che l'attempt to shoplift non è neppure un valido indicatore di altri atti non violenti. (166)

Particolare attenzione viene data alla convinzione affermata dalla Corte circa la relazione circolare tra malattia mentale e condotta criminosa, intesa come evidenza che trova la sua fonte nel buon senso. “La connessione causale tra le condizioni mentali e il comportamento criminale, che il proscioglimento per vizio mentale di mente comporta universalmente, è più un giudizio sociale che un valido fondamento per determinare la pericolosità” (167).

Le limitazioni della libertà personale connesse al legame follia-criminalità non possono in alcun modo sfuggire al vaglio del due process, la pericolosità sociale proprio per la sua inconsistenza concettuale dovrà superare il vaglio dell'onere della prova. (168) Invece la Corte Suprema, evitando la base razionale che da fondamento al diritto di punire, e che impone alla pubblica autorità l'onere di provare le ragioni giustificative della privazione della libertà, ha sancito che l'infermità accertata in un processo penale sia di per se indicativa di una pericolosità sociale che impone l'internamento sulla base di un giudizio di superficiale buon senso. (169)

La critica alla sentenza non ha un sapore ideologico, si richiama semplicemente ai principi del Bill of Rights, al nucleo fondamentale della Costituzione Americana, where the dignity and rights of all persons were equal before all authority. (170) “Come evidenziato dal Bill of Rights e dagli 'emendamenti della guerra civile', questo testo è una sfavillante visione della supremazia della dignità umana di ogni individuo, la virtù suprema di una democrazia sta nel presunto valore di ogni individuo”. (171)

Secondo Brennan la Costituzione, nella sua versione originaria, non parla principalmente dei diritti umani ma dei vincoli costituzionali all'agire del governo, presentandosi quindi come un testo normativo che fissa le relazioni giuridiche tra l'individuo e lo Stato. (172) “Dato che il governo agisce sempre più profondamente sulle aree delle nostre vite, un tempo etichettate private, c'è addirittura un maggior bisogno di accertare che i diritti individuali non siano limitati o sminuiti nell'interesse di quello che possa temporaneamente sembrare il 'bene pubblico'”. (173) Ed è attraverso il due process of law, sancito dal Quattordicesimo Emendamento, che i diritti sanciti dal Bill of rights trovano la loro effettività, non solo nei confronti del governo Federale ma anche nei confronti dei singoli Stati. (174)

Visto che la privazione della libertà personale spoglia l'individuo della sua dignità, tale privazione dovrà essere vincolata al rispetto di precise garanzie.

Non c'è maggior ingiustizia di quella di privare ingiustamente un uomo della sua dignità, e l'aderenza alla concezione costituzionale della dignità umana, impone che la sua privazione non implichi l'inflizione di inutili sofferenze e privazioni. (175)

In questo contesto Brennan, nell'analizzare il terzo punto di tensione dell'architettura giuridica del caso, attinente al limite posto ai poteri intrusivi dello Stato, non può che sottolineare come da un punto di vista costituzionale l'interesse del Governo all'internamento del prosciolto per vizio di mente debba necessariamente essere considerato e filtrato alla luce del punto di vista e della posizione della persona che è soggetta all'internamento. (176) In quest'ottica, infatti, esso “appare persino più intrusivo della detenzione in un carcere. Gli internati nelle istituzioni psichiatriche, come detenuti, sono privati dei contatti senza restrizioni con gli amici, la famiglia e la comunità. Devono combattere con chiavistelli, guardie e una regolamentazione dettagliata delle loro attività giornaliere”. (177)

I fatti evidenziati nel parere di minoranza entrano in un insanabile conflitto con l'assunto che l'internamento non sia una punizione. Il parere descrive con accuratezza “lo stato dell'arte” del progresso delle scienze mediche, evidenzia la natura dello sviluppo delle terapie di riabilitazione.

Inoltre gli internati perdono il diritto a prestare il consenso alle cure. Il trattamento loro riservato consiste in camicie di forza, terapia elettroconvulsivante ed in alcuni casi in psicochirurgia.

Brennan mette in guardia del fatto che “è possibile che ad un internato venga somministrata unacura per ragioni che hanno più a che fare con i bisogni dell'istituzione che quelli di una terapia individuale”. (178)

Non è possibile che l'equazione malattia mentale pericolosità con tutti i rischi di errore che comporta sfugga alle garanzie costituzionali.

E' in virtù di questi presupposti che, secondo il giudice Brennan, l'internamento automatico per un piccolo furto non dovrebbe essere superiore ad un anno, corrispondente alla pena massima astrattamente prevista per un reato minore (misdemeanor). Se si volesse internare Jones per un periodo più lungo lo Stato dovrebbe avere l'onere di provare la sua follia e la sua pericolosità in modo chiaro ed evidente (clear and convincing evidence) in un processo con giuria, munito di tutte le garanzie costituzionali, in conformità a quanto la stessa Corte Suprema aveva stabilito in tema di internamento nei casi Addington v. Texas e Humphrey v Cady. (179) “Ed è discutibile che la detenzione in un ospedale psichiatrico possa essere considerata una punizione costituzionalmente legittima per qualsiasi tipo di crimine”. (180)

Note

1. Michel Foucault, Follia e psichiatria, detti e scritti 1957-1984, la psicologia dal 1850 al 1950, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006, p. 2.

2. Ivi, p. 6.

3. Ivi, p. 7.

4. Valeria Babini, op. cit., p. 149.

5. Ivi, p. 150.

6. Ibidem.

7. Ivi p. 153.

8. “Un luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che -tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo- si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo la loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato” Erving Goffman, Asylums, Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza (1961), Giulio Einaudi Editore, Torino, 2003, p. 29.

9. Ivi, p. 42.

10. Ivi, p. 26.

11. Anche Rosemary Kennedy, sorella del futuro presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, verrà lobotomizzata a 23 anni, nel 1941, per ordine del padre Joe, che la riteneva lievemente ritardata (attualmente si ritiene che fosse affetta da dislessia), e che giudicava il suo comportamento inadeguato e ribelle rispetto agli obiettivi familiari fissati dal patriarca.

L'operazione ridusse la ragazza di fatto a un vegetale, venne subito internata in un ricovero per disabili mentali dove rimarrà per 57 anni e dove morirà nel 2005, all'età di 86 anni (cfr. Alessandra Farkas, Kennedy famiglia crudele, Lobotomizzata senza motivo sorella del presidente ucciso, in Corriere della sera 24 novembre 1993; Martin Weil Rosemary Kennedy, 86 president disable sister, in Washington Post, Saturday, January 8, 2005; Page B06).

12. Process of institutionalization and dependency that typically accompanies hospitalization lead to an atrophying of patients' decision-making powers and render them incapable of making decisions as serious and complex as whether to undergo experimental psychosurgery.

Kaimovitz v Department of mental health (1973) in David B. Wexler, Mental Health Law and the Movement Toward Voluntary Treatment, in 62 California Law Review 671, 1974 p. 67.

13. L'affermazione anche se provocatoria prende spunto da un articolo pubblicato dalla California Law Review da Charles Murdock che si intitolava appunto: Sterilization of the retarded: A problem or a solution? (62 Calif. L. Rev. 917-1974) che criticava una pratica ammessa dalla legge e diffusa in molti stati americani, e censurava il volgare paternalismo delle giustificazioni addotte a favore della sterilizzazione coercitiva dei disabili mentali, Murdock affermava che le basi scientifiche per stabilire chi dovesse essere sterilizzato erano totalmente inadeguate, e che il preteso interesse dello stato nel fare certe operazioni dovesse quantomeno essere definito con maggiore precisione per poter essere considerato Costituzionalmente legittimo (Wexler, op. cit. p. 674, nota 8).

Sin dai primi anni del '900 infatti molti Stati americani nelle loro legislazioni adottarono disposizioni normative che sancivano il potere dello Stato di procedere alla sterilizzazione forzata di soggetti considerati a vario titolo “inadatti” (il primo stato ad adottare una legge di questo tipo fu l'Indiana nel 1907, negli anni trenta gli stati provvisti di una legislazione di questo tipo arriveranno a 28 su un totale di 48, in seguito arriveranno a 33. Inoltre 41 Stati avevano una legge che conferiva alla stato il potere di vietare i matrimoni a scopo eugenetico). Si calcola che già alla metà degli anni '40 in tutti gli Stati Uniti il numero delle persone sterilizzate fosse circa 40.000 di cui 20.453 qualificati come ritardati mentali, gli altri venivano più genericamente definiti “folli” (insane). La legge californiana del 1909 ad esempio prevedeva la sterilizzazione per i soggetti “affetti da malattie ereditarie o manie o demenza cronica incurabile”. Nel 1917 il Parlamento californiano allargherà la portata delle fattispecie che si estenderanno alle ampie e quasi indefinibili categorie delle “Perversioni, o allontanamenti marcati dalla normale salute mentale” (cfr. Cristian Fuschetto, Fabbricare L'uomo. L'eugenetica fra biologia e ideologia, Roma, Armando ed., 2004, p. 1209; Andrea D'Onofrio, Razza, sangue suolo: utopie della razza e progetti eugenetici nel ruralismo nazista, Università degli studi di Napoli Federico II, Dipartimento di discipline storiche “E. Lepore”, Cliopress, Napoli, 2007, p. 82; Angelo Abbondandolo I figli illegittimi di Darwin, Nessun Dogma ed., Roma, 2012, p. 81).

La Corte Suprema, nella sentenza Buck v. Bell del 1927 statuirà la liceità costituzionale della sterilizzazione forzata poiché disposta a protezione dell'interesse collettivo alla sanità pubblica, nella sentenza si afferma: “Abbiamo visto più di una volta che il bene pubblico può richiedere la vita dei suoi i cittadini migliori. Sarebbe strano se non potesse chiedere a coloro che già fiaccano la forza dello Stato questi sacrifici minori, spesso neppure percepiti come tali da parte degli interessati, al fine di evitare che la nostra vita sia sommersa dall'incompetenza” (We have seen more than once that the public welfare may call upon the best citizens for their lives. It would be strange if it could not call upon those who already sap the strength of the State for these lesser sacrifices, often not felt to be such by those concerned, in order to prevent our being swamped with incompetence. - Buck v. Bell, 1927, in U.S. Supreme court center). Tra le prove della disabilità mentale fatte valere nel processo nei confronti di Carrie Buck, la donna oggetto di sterilizzazione, figureranno l'immoralità, la promiscuità sessuale, la tendenza a mentire (Abbondandolo op. cit. p. 84).

La pratica della sterilizzazione forzata sarà vietata dal Governo Federale nella seconda metà degli anni '70 del '900. Nel 2001 lo Stato della Virginia esprimerà attraverso il suo parlamento “profondo rammarico per l'incalcolabile danno umano arrecato dallo Stato” a causa degli interventi di sterilizzazione forzata compiuti fino al 1979 che in definitiva avevano colpito quella categoria di persone definite socialmente inadeguate, costituita non solo da malati mentali (24.000 persone solo nel 1972). “Una delle vittime, Jesse Meadows di 78 anni, ha raccontato al Washington Post di essere stato sterilizzato nel 1940 a 17 anni, dopo la morte della madre, il secondo matrimonio del padre e il ricovero all'Istituto di Lynchburg. 'Ricordo ancora i nomi e i volti dei due dottori e delle due infermiere che mi fecero la vasectomia. Mi sentii e mi sento ancora trattato come un animale'” cfr. Ennio Carretto L'America ora si pente di aver sterilizzato a forza 60.000 persone, Corriere della Sera, 4 febbraio 2001, p. 14; Gianni Moriani, Eugenetica made in USA, Il Manifesto, 6 febbraio 2001) Legislazioni simili vennero adottate anche in Europa dai paesi Scandinavi fino agli inizi degli anni '70 del '900.

14. Franco Basaglia, L'istituzione negata (1968), BC Dalai Editori, Milano, 2010, p. 236.

15. Ugo Fornari, Trattato di psichiatria forense, cit., p. 990.

16. Valeria P. Babini, op. cit., p. 156.

17. Ivi, p. 157.

18. Canosa, op cit, p. 169.

19. Cfr. Canosa, op. cit., statistiche degli internamenti negli ospedali neuropsichiatrici pubblici ISTAT dal 1951 al 1974, p. 170.

20. Valeria P. Babini, op. cit., p. 158.

21. Ivi, p. 185.

22. Dr. Morton Birnbaum, The Right to Treatment, in American Bar Association Journal, vol. 46:499-504 (May, 1960).

La posizione avrà particolare importanza poiché verrà letteralmente ripresa da molte corti federali e statali (Rouse v. Cameron 125 U.S. App. D.C.; Covington v. Harris 136 U.S. App Dc.; Wyatt v. Stikney 325 f. supp 783; People v. Feagley) e verrà usato come argomento portante in un famosissimo caso da un Corte Federale dell'Alabama per imporre ad un Ospedale psichiatrico (il Bryce Hospital) degli standard estremamente stringenti a tutela della salute e della dignità degli internati. La Corte infatti affermerà: “When patients are committed for treatment purposes they unquestionably have a constitutional right to receive such individual treatment as will give them a realistic opportunity to be cured or to improve his or her mental condition. Adequate and effective treatment is Constitutionally required because, absent treatment, the Hospital is transformed into a penitentiary where one could be held indefinitely for no convicted offence. The purpose of involuntary hospitalization for treatment purposes is treatment not mere custodial care or punishment”.

To deprive any citizen of his or her liberty upon the altruistic theory that the confinement is for human therapeutic reasons and then fail to provide adequate treatment violates the very fundamentals of due process. Wyatt v. Stikney (1971).

A fronte delle ulteriori inadempienze dell'Ospedale psichiatrico la Corte detterà un regolamento dettagliatissimo (definito Medical e Constitutional minimums) all'Ospedale psichiatrico stesso tra cui spiccano le seguenti norme:

1. Patients have a right to privacy and dignity.

2. Patients have a right to the least restrictive conditions necessary to achieve the purposes of commitment.

3. No person shall be deemed incompetent to manage his affairs, to contract, to hold professional or occupational or vehicle operator's licenses, to marry and obtain a divorce, to register and vote, or to make a will solely by reason of his admission or commitment to the hospital.

4. Patients shall have the same rights to visitation and telephone communications as patients at other public hospitals, except to the extent that the Qualified Mental Health Professional responsible for formulation of a particular patient's treatment plan writes an order imposing special restrictions. The written order must be renewed after each periodic review of the treatment plan if any restrictions are to be continued. Patients shall have an unrestricted right to visitation with attorneys and with private physicians and other health professionals.

5. Patients shall have an unrestricted right to send sealed mail. Patients shall have an unrestricted right to receive sealed mail from their attorneys, private physicians, and other mental health professionals, from courts, and government officials. Patients shall have a right to receive sealed mail from others, except to the extent that the Qualified Mental Health Professional responsible for formulation of a particular patient's treatment plan writes an order imposing special restrictions on receipt of sealed mail. The written order must be renewed after each periodic review of the treatment plan if any restrictions are to be continued.

6. Patients have a right to be free from unnecessary or excessive medication. No medication shall be administered unless at the written order of a physician. The superintendent of the hospital and the attending physician shall be responsible for all medication given or administered to a patient. The use of medication shall not exceed standards of use that are advocated by the United States Food and Drug Administration. Notation of each individual's medication shall be kept in his medical records. At least weekly the attending physician shall review the drug regimen of each patient under his care. All prescriptions shall be written with a termination date, which shall not exceed 30 days. Medication shall not be used as punishment, for the convenience of staff, as a substitute for program, or in quantities that interfere with the patient's treatment program.

7. Patients have a right to be free from physical restraint and isolation. Except for emergency situations, in which it is likely that patients could harm themselves or others and in which less restrictive means of restraint are not feasible, patients may be physically restrained or placed in isolation only on a Qualified Mental Health Professional's written order which explains the rationale for such action. The written order may be entered only after the Qualified Mental Health Professional has personally seen the patient concerned and evaluated whatever episode or situation is said to call for restraint or isolation. Emergency use of restraints or isolation shall be for no more than one hour, by which time a Qualified Mental Health Professional shall have been consulted and shall have entered an appropriate order in writing. Such written order shall be effective for no more than 24 hours and must be renewed if restraint and isolation are to be continued. While in restraint or isolation the patient must be seen by qualified ward personnel who will chart the patient's physical condition (if it is compromised) and psychiatric condition every hour. The patient must have bathroom privileges every hour and must be bathed every 12 hours.

8. Patients shall have a right not to be subjected to experimental research without the express and informed consent of the patient, if the patient is able to give such consent, and of his guardian or next of kin, after opportunities for consultation with independent specialists and with legal counsel. Such proposed research shall first have been reviewed and approved by the institution's Human Rights Committee before such consent shall be sought. Prior to such approval the Committee shall determine that such research complies with the principles of the Statement on the Use of Human Subjects for Research of the American Association on Mental Deficiency and with the principles for research involving human subjects required by the United States Department of Health, Education and Welfare for projects supported by that agency.

9. Patients have a right not to be subjected to treatment procedures such as lobotomy, electro-convulsive treatment, aversive reinforcement conditioning or other unusual or hazardous treatment procedures without their express and informed consent after consultation with counsel or interested party of the patient's choice. [...]

15. Patients have a right to be outdoors at regular and frequent intervals, in the absence of medical considerations. 2 Patients may voluntarily engage in therapeutic labor for which the hospital would otherwise have to pay an employee, provided the specific labor or any change in labor assignment is [...].

19. Physical Facilities. A patient has a right to a humane psychological and physical environment within the hospital facilities. These facilities shall be designed to afford patients with comfort and safety, promote dignity, and ensure privacy. The facilities shall be designed to make a positive contribution to the efficient attainment of the treatment goals of the hospital.

The minimum day room area shall be 40 square feet per patient. Day rooms will be attractive and adequately furnished with reading lamps, tables, chairs, television and other recreational facilities. They will be conveniently located to patients' bedrooms and shall have outside windows. There shall be at least one day room area on each bedroom floor in a multi-story hospital. Areas used for corridor traffic cannot be counted as day room space; nor can a chapel with fixed pews be counted as a day room area.

Il timore e la sfiducia della Corte nei confronti dell'istituzione manicomiale è tanto grande da indurla ad imporre, tramite regolamento giurisdizionale, persino la temperature dell'acqua delle docce, che non potrà eccedere gli 83 gradi Fahrenheit e non potrà essere al di sotto dei 68° F.

Il caso Wyatt è considerato uno dei capisaldi giurisdizionali della limitazione del potere statale relativo alla compressione della libertà personale per fini curativi e la base giuridica dell'inizio della deistituzionalizzazione di individui internati da tempo. Dopo questa decisione molti stati seguirono questa regola di diritto per arrivare ad una drastica riduzione nel numero degli internamenti psichiatrici (a seguito di questa decisione la popolazione manicomiale dell'Alabama diminuì di quasi 2/3 tra il 1970 ed il 1975 mentre la spesa statale per il mantenimento degli ospedali psichiatrici aumentò del 327%).

23. Lessard v Schmidt, 349 F. Supp. 1078 (1972).

24. Alla stessa conclusione arriva la Corte d' Appello del Distretto di Columbia nel caso In re Ballay (1973) un uomo già internato più volte perché credeva di essere un Senatore dell'Illinois, e che fu nuovamente internato per essere andato al cancello della casa Bianca chiedendo udienza al Presidente degli Stati Uniti Nixon, ancora in qualità di Senatore dell'Illinois, affermando anche di essere il marito di Tricia Nixon, la bella figlia venticinquenne del Presidente. Proprio l'internamento derivante da quel particolarissimo avvenimento fu oggetto dell'appello. Partendo dalle innegabili similarità tra detenzione in carcere e internamento manicomiale e date le incertezze in tema di predizione della pericolosità., rifiutando la retorica seicentesca dell'adagio “stone walls do not a prison make nor iron bars a cage” di Richard Lovelace, la corte imporrà di provare la pericolosità sociale “civile” usando il criterio dell'“oltre ogni ragionevole dubbio”. In re Ballay 482 F.2d 648.

25. Nel 1972 il Dr. J.B. O' Connor, direttore di un manicomio, in Florida, fu condannato ad un risarcimento di 38.500 dollari a favore di Kenneth Donaldson per averlo internato, senza che ne sussistessero le condizioni, per 15 anni, in quanto era non pericoloso e perfettamente in grado di vivere nella comunità. La Corte Suprema, confermando la condanna, affermò che l'internamento era stato puramente custodiale, visto che Donaldson non aveva ricevuto un adeguato trattamento e che lo stato non aveva il potere di disporre l'internamento involontario di un soggetto che non fosse un pericolo per sé o per altri. La malattia mentale di per sé non giustificava la privazione della libertà personale. O Connor v. Donaldson 422 U.S. 563 (1975). La sentenza è considerata la più importante decisione giurisdizionale in materia di salute mentale perché fornisce la base giuridica alle associazioni che lottavano contro gli internamenti involontari per iniziare a chiedere la deistituzionalizzazione di soggetti che si dimostrassero non pericolosi. Molti Stati infatti furono costretti a modificare la loro legislazione manicomiale in quanto prevedevano l'internamento involontario sulla base di un generico “bisogno di trattamento”. May the State fence in the harmless mentally ill solely to save its citizens from exposure to those whose ways are different? One might as well ask if the State, to avoid public unease, could incarcerate all who are physically unattractive or socially eccentric. Mere public intolerance or animosity cannot constitutionally justify the deprivation of a person's physical liberty. Donaldson sosterrà che il direttore del manicomio non lo avrebbe rilasciato in quanto si era rifiutato di giocare “il gioco di ringraziare i dottori per averlo fatto stare meglio ed invece di aver sempre negato di essere mai stato malato”.

26. Addington v. Texas 441 U.S. 418 (1979).

27. Page 441 U.S. 428 La Corte Suprema approfondirà l'analisi della natura dell'interesse pubblico coinvolto negli internamenti civili e penali, sottolineando la distinzione tradizionale delle fonti che legittimano il potere di internamento, evidenziando come accanto ai cosiddetti poteri di “parens patriae” che dispongono una protezione dei cittadini inabili per disordini emozionali vi siano dei poteri distinti ed autonomi dai primi, volti alla protezione della società dalle tendenze pericolose di alcuni malati mentali, questo tipo di poteri viene espressamente definito “police power”.

28. Cfr. anche Fornari, Trattato di psichiatria forense, cit., p. 960 ss.

29. Questo capitolo analizza il periodo corrispondente al ventennio che va dagli inizi degli anni '60 agli inizi degli anni '80 del '900. La fase storica corrispondente alla “Corte Warren”(1953-1969) ed in parte alla più controversa “Corte Burger” (1969-1986), fase che viene definita. “the Criminal Justice Revolution” in quanto la Corte Suprema, in quell'arco temporale, rafforzò enormemente le garanzie processuali in materia penale nel diritto statale e nelle giurisdizioni federali.

Il mezzo che si scelse per imporre più stringenti regole agli Stati fu obbligarli ad adottare le garanzie del Bill of rights attraverso l'applicazione delle garanzie del due process sancita dal quattordicesimo emendamento (il quale sancisce “Nor shall any State deprive any person of life, liberty, or property, without due process of law”). Tale modalità interpretativa, che consentiva la protezione dei diritti costituzionali fondamentali (substantive due process), venne definita selective incorporation in quanto riteneva che il due process dovesse contenere solo i diritti fondamentali del Bill of right ma che i diritti incorporati dovessero essere valutati in modo estensivo (questa modalità è una sorta di soluzione eclettica, una posizione intermedia, tra la più restrittiva fundamental rights interpretation e dalla più ampia total incorporation).

Il secondo metodo utilizzato per estendere le garanzie penali nel processo fu appunto quello di adottare una interpretazione estensiva delle garanzie individuali staccandosi da una interpretazione letterale di queste garanzie, per adottarne una che desse un contenuto ai principi della Costituzione Federale conforme all'evoluzione storica e sociale del paese. Una interpretazione ristretta del Bill of rights infatti avrebbe avuto solo un minimo impatto sulle legislazioni degli stati che comunque mantengono la loro giurisdizione (e i loro procedimenti) sul 95% dei processi penali. Questo arco temporale viene definito da Durham e La Fond The Liberal era. Un periodo in cui le forze economiche, le dinamiche sociali ed i valori individuali degli Stati Uniti propendevano per la promozione delle libertà civili, per un atteggiamento più tollerante per i gruppi socialmente svantaggiati e per un forte impulso riformatore.

Una particolare circostanza dette un importante rilievo al ruolo storico delle sentenze di quel periodo: il “Movimento dei diritti civili” fu il primo movimento di riforma del ventesimo secolo ad appoggiarsi entusiasticamente alle Corti Federali per promuovere le riforme di cui si faceva portatore. Questa scelta fu dovuta al fatto che si riteneva che i pregiudizi e le paure delle “maggioranze razziali” fossero troppo radicate e profonde per consentire che i diritti delle minoranze passassero attraverso la tutela del processo legislativo. Questo aspetto rafforzò uno dei tratti tipici delle Corti di common law in generale e delle Corti americane in particolare. Il loro ruolo di protezione dei diritti individuali dall'esercizio improprio del potere da parte della maggioranza. Tale ruolo venne enfatizzato anche dalla convinzione che le maggiori ferite ai valori Costituzionali provenissero dalle organizzazioni burocratiche o dalle grandi istituzioni più che dai singoli e che compito precipuo della Corte Suprema fosse quello della tutela dei diritti civili e della tutela di tutte le minoranze, come sostenuto, già nel 1938, nella sentenza United States v. Carolene Products. Co, “La Corte dovrebbe preoccuparsi di ciò che la maggioranza fa alle minoranze” facendo espressamente riferimento alle leggi “dirette nei confronti delle minoranze razziali, nazionali e religiose nonché quelle viziate da pregiudizi nei confronti di quelle stesse minoranze”. Questo atteggiamento durò fino ai primi anni 80 del '900, successivamente le Corti mutarono il proprio atteggiamento privilegiando linee interpretative più favorevoli alla protezione della pubblica sicurezza. Cfr. John Q. LaFond, Mary L. Durham. Back to the Asylum: The Future of Mental Health Law and Policy in the United States, Oxford University Press, 1992. Per una visione parzialmente difforme e cronologicamente più ampia del ruolo storico della Corte Suprema nel mondo politico statunitense si veda anche Brunella Casalini, Sovranità popolare, governo della legge e governo dei giudici negli Stati Uniti d'America in Pietro Costa e Danilo Zolo (a cura di), Lo Stato di diritto. Storia, teoria, critica, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2002, p.224 e ss.

30. Henry J. Steadman, Employning Psychiatric prediction of dangerous behaviour: Policy vs. Fact, 1973 p. 128, 129, in National Criminal Justice Reference Service, U.S. Department of Justice.

31. Baxstrom v Herold -383 U.S 107 (1966) J. Baxstrom era stato condannato a tre anni per second degree assault nel 1961 era stato dichiarato folle dal medico del carcere e trasferito al Dannemora State hospital dove rimase internato fino al 1966, ben oltre la data di fine pena, ovvero il 18 dicembre 1961. La richiesta di Baxstrom di essere trasferito in un ospedale civile fu sempre respinta in virtù della pericolosità sociale sancita dai medici penitenziari. La corte Suprema stabilì l'illegittimità costituzionale del paragrafo 384 della Legge penitenziaria dello stato di New York in quanto consentiva agli organi amministrativi, senza la possibilità di un vaglio giudiziario. la totale libertà di internare un malato mentale in un ospedale psichiatrico civile o in un ospedale penitenziario a loro arbitrio, impedendo una vera parità di trattamento con i malati civili.

32. Il writ of habeas corpus è un ordine giurisdizionale in cui si ingiunge al potere pubblico di condurre un individuo privato della libertà personale di fronte ad un giudice il quale dovrà verificare la legittimità (di fatto e di diritto) della detenzione. Negli Stati Uniti trova tutela costituzionale nell'art I (sezione 9, clausola 2) che afferma: The privilege of the writ of habeas corpus shall not be suspended, unless when in cases of rebellion or Invasion the public safety may require it.

A differenza del processo penale ordinario l'onere di provare l'illegittimità della detenzione grava sul detenuto. L'ordine viene emesso di norma su richiesta della persona detenuta, ed in genere viene esperito personalmente (pro se) senza l'assistenza di un legale. L'habeas corpus viene ritenuto un rimedio straordinario, esperibile solo quando il detenuto non abbia altri rimedi (Taniguchi v. Schultz 303 f. 3d 950 e Archuleta v. Hendrick 365 F. 3d 644).

33. Le condizioni specifiche che impongono l'internamento civile cosi come quelle che disciplinano le conseguenze derivanti dai proscioglimenti “for reason of insanity” sono poi determinate dalla legislazione dei singoli stati. Questa affermata parità di trattamento tra internati “civili” e criminali non sempre esclude automatismi nell'internamento. A partire dagli anni '60 comunque molti stati predisporranno precise garanzie giurisdizionali per il vaglio dei ricoveri involontari. Dopo il caso Hinkley (1982) gli stati daranno invece una impronta securitaria alle normative sulla malattia mentale. (Vedi anche nota 172 cap. II). Cfr.Robert G. Meyer, Christopher M. Weaver, Law and mental health: a case based approach, The Guildford press, New York, 2007.

34. Baxstrom v. Herold, 303 U.S. 107 syllabus p. 383 U.S. 112.

35. J.J. Cocozza, H.J, Steadman, Careers of Criminally Insane, in D. C. health and Co., Lexington, Mass. 1974, p. 108.

36. H. J. Steadman, op. cit., pp. 125, 126.

37. H. J. Steadman, op. cit., p. 127.

38. Ibidem.

39. Ivi, p. 128.

40. Bruce J.Ennis, The Rights of Mental Patients, in The rights of Americans, Dorsen ed., 1970, p. 487.

41. Bruce J. Ennis e Thomas R. Littwack, “Psychiatry and the presumption of expertise: flipping coins in the courtroom”, 62 Cal L. rev. 693 (1974), p. 713.

42. Ivi, p. 131.

43. Ibidem.

44. Ivi, p. 133.

45. Joseph E. Jacobi, Dangerousness of the mentally ill - A methodological reconsideration in Dangerous behaviour: a problem in law and mental health, a cura di Calvin Friedrichs, Washington, 1978, p. 20.

46. Ibidem.

47. John Monahan, The Prediction and Prevention of Violence, in Proceedings of the Pacific Northwest Conference on violence and Criminal justice, Washington, 1973, p. 13.

48. Ivi, p. 23.

49. Steadman e Cocozza “Careers of the Criminally Insane”, 1974, cit. in Mats Dernevic, Structured clinical assessment and management of risk of violent recidivism in mentally disordered offenders, Karolinska University Press, Stockholm, 2004.

50. Saleem A. Shah, Dangerousness and Mental Ilness: Some Conceptual, Prediction and, Policy Dilemmas, in Dangerous behaviour: a problem in Law and mental health (a cura di Calvin Friedrics), Washington 1978, p. 160.

51. Sha riporta numerosi studi di conferma con particolare riferimento al test di Rorschach. Chapman e Chapman (1967, 71), Golding e Rorer (1971), Sterr e Katkin (1969), Sweetland (1972).

52. Ivi, p. 163.

53. Ivi, p. 164.

54. Ibidem.

55. Ivi, p.165.

56. Jack Kitaeck, Malingering, Lies and Junk Science in courtroom, Cambria Press, Youngstown, New York, 2007, p. xix.

57. Sha, op. cit., p.179.

58. Bruce J. Ennis e Thomas R. Litwack, “Psychiatry and the presumption of expertise: flipping coins in the courtroom”, 62 Cal L. rev. 693 (1974).

59. Ivi, p. 698.

60. Ibidem.

61. Ivi, p. 722, cfr. anche Sha, op. cit., p. 177.

62. Ibidem.

63. Douglas, J, dissenting opinion from dismissal of certiorari in Murel v. Baltimora City Criminal Court (1972), 407 U.S. 355, 364-365, fn. 2.

64. Tarasoff v. Regents 551 p 2d 334 (1976), Mosk, j., Concurring and Dissenting.

65. Ennis, Litwack, op. cit., p. 729.

66. Ake v. Oklahoma 470 U.S. 1968, ma la considerazione verrà sostenuta anche nel 1991 dalla Corte d'Appello Statale della Florida nel caso Boynton v. Burglass 590 So. 2d 446 (1991).

67. Ennis, Litwack, op. cit., p. 724.

68. Ibidem, cfr. anche Kevin Corbet, Tristen Westwood, Dangerous and severe personality disorder': A psychiatric manifestation of the risk society, in Critical Public Health, June 2005; 15 (2): p. 131.

69. Sudnow, D. (1965) Normal crimes: sociological features of the Penal Code in a public defender office, Social Problems, 12, 255±76, Atkinson, J.M. and Drew, P. (1979) Order in Court: the Organisation of Verbal Interaction in Judicial Settings. Atlantic Highlands: Humanities Press. Cit. ivi, p. 690.

70. Raines & Rohrer, The Operational Matrix of Psychiatric Practice. Consistency and Variability, Interview Impressions of Different Psychiatrists, 111 Am. J. Psychiat. 721, 733 (1955), cit. in Ennis, Litwack, op. cit., pp. 726, 727.

71. Ennns, Litwack, op. cit., p. 733.

72. Ivi, p. 734.

73. John Suggs v. J. Edwin Lavallee, Superintendent, Clinton State Correctional Institution, 570 F.2d 1092 (2d Cir. 1978).

74. Ibidem.

75. Bernard Diamond, The psychiatric prediction of dangerousness, 123 U. Pa L. Rev. 439, 452 (1974). La posizione assume una particolarmente rilevanza in quanto viene espressamente richiamata, tra gli obiter dicta, dalla Corte Suprema del Minnesota nel caso Johnson v. Noot, nel parere di maggioranza che confermava il rilascio di William Johnson dal Minnesota Security Hospital in quanto non malato e non pericoloso.

76. Ivi, pp. 742 - 743.

77. Mats Dernevik, Structured clinical assessment and management of risk of violent recidivism in mentally disordered offenders, Karolinska University Press, Stockholm, 2004, p. 18.

78. Emanuel Tanay, The Baxstrom affair and psychiatry, in J. Forensic Sci., Jul. 1979, Vol. 24, No. 3.

79. Gli studi più approfonditi sulla personalità psicopatica negli ultimi anni provengono da Robert Hare.

80. Allegato alla sentenza della Corte d'appello del secondo distretto in merito al caso Schuster contro Warden (524 F.2d 153: United States of America Ex Rel. Roy Schuster, Petitioner-appellant, V. Leon J. Vincent, Warden, Green Haven Correctional Facility, respondent-appellee 1975).

81. Dellaire, Mc Cubbin, Morin, Cohen Sociology of Health & Illness, Sep 2000, vol. 22 num. 5, p. 679.

82. Grant H. Morris, JD, LLM, Punishing the unpunishable-The Abuse of Psychiatry to confine those we love to hate, in The Journal of the American Academy of Psychiatry and the Law 30: 556-62, 2002 p. 557.

83. Ivi, p. 558.

84. Dellaire, Mc Cubbin, Morin, Cohen, op. cit., p. 680.

85. In Re Gault, 387 U.S. 1 (1967).

86. [387 U.S. 1,16].

87. [387 U.S. 1,17].

88. Ibidem.

89. [387 U.S. 1,18].

90. [387 U.S. 1,19].

91. [387 U.S. 1,22].

92. [387 U.S. 1,28].

93. Sulla base di queste osservazioni la Corte estenderà al minore le garanzie processuali del due process of law. Nel caso In re Winship, 397 U.S. 358 (1970) la Corte Suprema afferma che anche se c'è chi afferma che i procedimenti e gli internamenti vengono predisposti non per punire ma per salvare il minore, le “buone intenzioni” non esauriscono il bisogno di garanzie che impongono, anche nel processo minorile, l'onere di provare oltre ogni ragionevole dubbio le accuse mosse contro il minore. La Sentenza in re Winship, naturale corollario della sentenza in re Gault, è tra le 50 sentenze più citate della storia del diritto statunitense.

94. Cfr. ad es. Krol v. State of New Jersey 68 N.J.236 (1975). Dove la Corte Suprema del New Jersey disporrà anche che un individuo assolto per infermità mentale non potrà essere privato della libertà per un periodo indefinito di tempo solo in base ad una presunzione di pericolosità dedotta automaticamente dalla sua malattia mentale. L'accertamento della pericolosità sociale è considerata un nuovo accertamento di fatto e non un elemento costitutivo (automaticamente conseguente) del reato (sulla questione vedi anche People v Burnik 14 Cal 3d 306, imponendo un accertamento giurisdizionale separato della stessa fattispecie).

Il giudice Clifford, in una opinione dissenziente, nella stessa sentenza, affermerà che stando al precedenti In re Gault ed In re Winship, lo standard probatorio della pericolosità criminale avrebbe dovuto essere quella dell'“oltre ogni ragionevole dubbio”.

Cfr. anche il parere di minoranza del giudice Douglas nella sentenza della Corte Suprema Murel et al. v. Baltimore City criminal Court et al. (1982), vedi People v. Feagly 14 cal 3d 338, People v. Burnik 14 Cal. 3D 306 (1975) e Addington v. Texas; tutte concernenti lo standard probatorio della pericolosità psichiatrica e la natura dell'internamento in ospedali di massima sicurezza o centri per il trattamento della devianza sessuale; si veda People v. Thomas 566 p2.d.228 per i rapporti tra standard del prova e natura della riabilitazione forzata del tossico dipendente.

95. Un altro esempio che dimostra la particolare durezza della cura prevista negli ospedali di massima sicurezza e del timore derivante dallo stigma conseguente all'assoluzione for reason of insanity è quello del caso Lynch v. Overholser, nel quale la Corte Suprema si trovò di fronte ad un soggetto il quale chiedeva di essere trasferito in un carcere, rivendicando la sua sanità mentale al momento della commissione del fatto, ma che in primo grado era stato assolto per infermità mentale, sulla base di una diagnosi di psicosi maniaco depressiva ed internato automaticamente in un Ospedale di massima sicurezza. L'imputato aveva emesso degli assegni a vuoto e nonostante egli stesso avesse riconosciuto espressamente la sua colpevolezza, il giudice di primo grado lo aveva prosciolto per infermità mentale. La Corte Suprema dichiarò che il soggetto era stato ospedalizzato illecitamente ma solo in virtù del fatto che l'internamento automatico doveva essere previsto per coloro che durante il processo di cognizione avessero chiesto espressamente che venisse dichiarata la loro infermità mentale (insanity defence plea), in quanto una delle ragioni dell'automatismo risiederebbe proprio nel dissuadere la simulazione dell'infermità da parte dell'imputato. Lynch v. Overholser 369 U.S. 1975.

96. United States ex Rel. Shuster v. Herold 410 F.2d 1071 (1969).

97. Sha, op. cit., p. 169.

98. Alessandro Dal Lago, Bateson e la teoria del doppio legame, in Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, 1994.

99. Paolo Borsoni, Metacomunicazione, doppio legame, disconferma in Gregory Bateson, Ronald Laing, Paul Watzlawick, in La Critica Sociologica, n. 90-9, 1989, Roma.

100. La teoria del doppio legame è stata sviluppata soprattutto da Bateson negli anni '50 del 900 e successivamente dalla scuola di Palo Alto in particolare da Paul Watzlawick, partendo dall'assunto che le patologie mentali in sé non esistono, ma esistono solo situazioni patogene, per cui la sofferenza psichica dipenderebbe soprattutto dai circuiti relazionali in cui un individuo è inserito, e dalle conseguenze contraddittorie del linguaggio e della comunicazione. L'eziologia della patologia perde di importanza a fronte dei contesti e delle relazioni di tipo morboso che si instaurano nell'ambiente sociale. La teoria del doppio legame (double bind) è tutt'ora usata per descrivere certe dinamiche che possono condurre alla schizofrenia. L'esempio classico usato per descrivere questo tipo di legame è quello della madre che chiede al bimbo manifestazioni d'affetto ma poi lo punisce per averle espresse e gli impedisce di rendersi conto di questa contraddizione. Bateson riporta il caso di un suo giovane paziente schizofrenico in fase di remissione che riceve la visita della propria madre in clinica, incontrandola il ragazzo le butta le braccia al collo ma questa, subito, si irrigidisce, il giovane si ritrae contrito, la madre allora replica al suo gesto dicendo: “non mi vuoi bene?”, il ragazzo arrossisce senza proferire parola, lei risponde “Caro non ti devi vergognare dei tuoi sentimenti”. Dopo la visita della madre il paziente avrà una nuova crisi acuta. Cfr. anche Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Biblioteca scientifica, Milano, 1977; Paul Watzlawick, Guardarsi dentro rende ciechi, a cura di G. Tardone e Wendel A. Ray. Milano, Ponte alle Grazie, 2007.

101. Sha, op. cit., p. 171.

102. R.K. Schwitzebel, Implementing a right to effective treatment, Law and Psychology review, 1:117-130, Spring 1975 p. 125 cit. in Sha, op. cit., p. 172.

103. Ivi, p. 175.

104. Ibidem.

105. Stephen Dennison, Claimant v. State of New York, Defendant, 49 Misc. 2d 533, New York Court of Claims 1966.

106. Ivi, [49 Misc.2d 535].

107. Ivi, [49 Misc.2d 536].

108. Ibidem.

109. Ivi, [49 Misc.2d 537].

110. Ibidem.

111. Ivi, [49 Misc.2d 538].

112. Ivi, [49 Misc.2d 537].

113. Ibidem.

114. Ivi, [49 Misc.2d 537].

115. Ibidem.

116. Ivi, [49 Misc.2d 538].

117. Ibidem.

118. “Accused person who is acquitted for reason of insanity is presumed to be insane and may be convicted for indefinite period to a hospital for the insane” cit in Jane Campbell Moriarty, The Role of mental illness in Criminal Trial: the insanity defence, Volume 2, Routledge, New York - London, 2001, p. 863.

119. 395 F2d 642 Bolton v. W Harris (Acting Superintendent of Saint Elizabeth's Hospital), United States Court of Appeal District of Columbia Circuit (1968).

La stessa Corte Suprema estenderà, nel caso Jackson v. Indiana, il principio espresso nel caso Baxstrom a coloro che non fossero in grado di sostenere il processo per mancanza della capacità di intendere e volere, affermando che essi non potevano essere internati a tempo indeterminato in attesa che riacquistassero la capacità di sostenere il processo poiché tale internamento violava il quattordicesimo emendamento sia sotto il profilo della Equal Protection Clause sia sotto il profilo del Due Process a causa della limitazione della libertà personale in assenza di un procedimento che ne giustificasse le ragioni e per l'evidente disparità di trattamento con i malati di mente “civili”, Jackson v. Indiana U.S. 715 Supreme Court of United States (1972).

Nello stesso anno, nel caso Humphrey v. Cady, la Corte Suprema stabilirà anche l'illiceità di una norma del Wisconsin State Act sempre per violazione del Due Process e della Equal Protection Clause, in quanto disponeva l'internamento a tempo indeterminato per colui che, considerato imputabile, subisse una condanna penale per un qualsiasi reato, quando il reato “fosse probabilmente motivato da eccitamento sessuale” ed una autorità amministrativa (il Department of public welfare) raccomandasse uno speciale trattamento per “le aberrazioni fisiche e mentali” del colpevole. L'internamento veniva disposto a seguito di una successiva udienza nel caso venisse provata secondo uno standard probatorio basso (quello della preponderance of evidence che viene normalmente utilizzato in materia civile) una tale necessità di trattamento. Al termine del periodo previsto come pena del reato commesso, un'altra udienza, regolata secondo le stesse modalità, doveva valutare se il soggetto dovesse considerarsi pericoloso in virtù della sua “anormalità”. In caso di esito positivo della prognosi si sarebbe proceduto ad un altro internamento della durata di cinque anni, ulteriormente rinnovabile. Secondo la Corte Suprema la violazione del quattordicesimo emendamento della Costituzione derivava dal fatto che la procedura non prevedeva la presenza di una giuria e l'assistenza di un avvocato, che la decisione fosse in sostanza determinata da un'autorità amministrativa, ed il luogo dell'internamento non forniva alcun tipo di trattamento, impedendo quindi la cura a cui il soggetto, che si affermava malato, aveva diritto come si deduceva dall'affermazione del principio di parità di trattamento tra malati di mente civili e malati di mente criminali sancita dalla Corte Suprema nel caso Baxstrom. Humphrey v. Cady, Warden 405 U.S. 504 Supreme Court of United States (1972).

120. Ivi, 395 F2d 642 Bolton v. W Harris.

121. Ibidem.

122. Ibidem. La disciplina che riguardava l'internamento civile nello stato di New York era regolata dal Mental ill Act del 1964 il quale prevedeva che l'accertamento della malattia mentale e della pericolosità dovesse essere effettuato in un processo che prevedesse la parità delle parti, un processo accusatorio, e che il paziente avesse il diritto di portare propri periti e di controinterrogare i periti dello Stato. L'onere della prova sia della follia sia della pericolosità gravava sullo Stato. Inoltre vi era il preciso obbligo giuridico a carico dell'Ospedale psichiatrico di provvedere ogni sei mesi a disporre un'accurata analisi della persona internata, e se fossero venute meno le ragioni dell'internamento vi era l'obbligo di rilascio immediato del paziente. Oltre a questa disciplina colui che veniva internato aveva anche diritto al procedimento di Habeas corpus, affinché venisse vagliato da un giudice la legittimità della privazione della sua libertà personale in virtù del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione, in questo caso l'onere della prova della illegittimità della detenzione gravava sull'internato.

123. Ibidem. Il Mental ill Act del 1964 del distretto di Columbia prevedeva infatti che in caso di richiesta di internamento coattivo, la persona interessata avesse il diritto di chiedere un processo con giuria che accertasse la sua follia e la sua pericolosità (whether he is likely to injure himself or others because of that illness if allowed to remain at liberty. D.C. Code Ann. § 21-545(b)). Cfr. Paul David Cantor, Peter R. Sherman, Hospitalization of the mentally ill in the District of Columbia, in The American University Law Review, vol. 15, 1966, p. 213. Sebbene si tratti di un caso riguardante la legittimità di una norma statale si ricorda che in molti casi la competenza delle Corti Federali è concorrente con quella delle Corti Statali, sarà il ricorrente a decidere quale Corte adire.

124. Cameron v. Mullen 387 F. 2d 193 1967.

125. United States ex Rel. Schuster v. Herold United States court of Appeal second Circuit.410 F.2d 1071 1969.

126. Ivi, [410 F.2d 1077].

127. Ivi, [410 F.2d 1076].

128. Ibidem.

129. Ivi, [410 F.2d 1078].

130. Ibidem.

131. Ibidem.

132. Ibidem.

133. Ivi, [410 F.2d 1079].

134. Ibidem.

135. Ibidem.

136. Ibidem.

137. Ivi, [410 F.2d 1086].

138. Ibidem.

139. Ibidem.

140. Ibidem.

141. Ibidem. Ad ulteriore testimonianza della tensione dialettica tra garanzie giuridiche ed elasticità amministrativa, si deve constatare che Schuster non riuscì ad ottenere la libertà che questa sentenza di fatto gli aveva concesso, disponendo il suo trasferimento in un carcere normale, e poi la verifica, in una udienza, della sussistenza delle condizioni per la concessione della libertà vigilata. Il trasferimento fu infatti ritardato di ben tre anni dalla Direzione dell'ospedale psichiatrico di Dannemora e strutturato in modo tale da non consentirgli di ottenere una udienza per la libertà vigilata. Arrivato a 70 anni, incarcerato per 44 anni, Schuster si rivolse nuovamente all'autorità giudiziaria con un'istanza di Habeas Corpus. La Direzione del manicomio infatti lo aveva trasferito in una diversa istituzione, il Green Heaven Correctional Facility, tre giorni prima dell'udienza necessaria per il trasferimento in carcere, che era stata fissata nel 1972, mentre la Corte d'Appello aveva sancito che l'udienza avrebbe dovuto tenersi entro 60 giorni dal deposito della sentenza. La Corte d'Appello del secondo circuito, che giudicherà ancora una volta la legittimità della restrizione della libertà di Schuster, affermerà “Il ritardo di tre anni sarebbe irragionevole in qualsiasi contesto, ma inserita nel lungo ed oppressivo internamento di Schuster è totalmente ingiustificabile [...] Anche se noi siamo ragionevolmente certi che la scioccante storia rivelata in Arcipelago Gulag non potrebbe accadere in questo paese, i fatti del caso Roy Schuster ricordano il testo di Solzhenitsyn”. Nel 1975, sei anni dopo la sentenza esaminata, la Corte d'Appello disporrà l'immediata liberazione, senza condizioni, di Roy Schuster. Cfr. 524 F. 2d 153: United States of America Ex Rel. Roy Schuster, Petitioner-appellant, v. Leon J. Vincent Warden, Green Heaven Correctional Facility, respondent appellee (1975).

142. Emanuel Tanay, op. cit., p. 666.

143. Chief Justice Warren in Trop v. Dulles 356. US. 86, 99-101, 78 S.Ct. 590, 597, 2 cit. in 524 F. 2d 153: United States of America Ex Rel. Roy Shuster, Petitioner-appellant, v. Leon J. Vincent Warden, Green Heaven Correctional Facility, respondent appellee (40) .

144. Lareau v MacDougall,473 F.2d 974, 978 (2d Cir. 1972), cert. denied, 414 US 878, 94 S.Ct. 49, 38 L.Ed.2d 123 (1973) cit, in. 524 F. 2d 153: United States of America Ex Rel. Roy Shuster, Petitioner-appellant, v. Leon J. Vincent Warden, Green Heaven Correctional Facility, respondent appellee (1975).

145. Jones v. United States U.S. Supreme Court 463 U.S. 354 (1983).

146. La posizione venne assunta come reazione al caso Hinkley. John Hinkley aveva tentato di uccidere il Presidente Ronald Reagan ed al processo era stato dichiarato non colpevole for reason of insanity. Questa circostanza ridestò nell'opinione pubblica il timore che una assoluzione di questo tipo potesse essere usata come una scappatoia per evitare la condanna penale. Il Congresso, nel 1984, modificò le norme sull'imputabilità in senso restrittivo con l'Insanity Defence Reform Act: it's an affirmative defense to a prosecutor under any federal statute that, at time of commission of the acts constituting the offense, the defendant as a result of a severe mental disease or defect was unable to appreciate the nature and the quality or the wrongfulness of his acts. Mental disease or defect not otherwise constitute a defense. Richiedendo una grave malattia mentale per il riconoscimento dell'infermità mentale ed una totale mancanza di consapevolezza del proprio comportamento.

Anche se l'imputabilità non rientra nella nostra ricerca esponiamo a grandi linee e senza alcuna pretesa di esaustività le norme in materia vigenti negli Stati Uniti. La regola più utilizzata era stata fino ad allora la M'Naghten Rule che fu formulata nel 1843 in Gran Bretagna, quando Daniel M'Naghten che riteneva di essere perseguitato dal Primo ministro Robert Peel, nel tentativo di ucciderlo uccise il suo segretario. La regola afferma: at the time of the committing of the act, the party accused was laboring under such defects of reason from disease of the mind as not know the nature and quality of the act he was doing, or if he did know it that he did not know he was doing what was wrong (nonostante l'esonero dalla responsabilità penale, Daniel M'Naghten morirà in manicomio dopo venti anni di internamento). In alcune giurisdizioni si è estesa la portata della M'Naghten rule aggiungendovi l'irresistible impulse test che comprendeva quelle che potremmo definire le monomanie, quelle patologie che pur non incidendo sulle capacità cognitive pregiudicavano il controllo della “volontà” del comportamento. Questa norma verrà totalmente rimossa dall'Insanity defense reform act, il quale richiederà una totale incapacità cognitiva.

Nel 1954 la corte d'Appello del Distretto di Columbia ha introdotto quello che viene definito the Durham test: an accused is not criminally responsible if his unlawful act was the product of mental disease or mental defect, che massimizzò il contributo psichiatrico nella determinazione della imputabilità ed aumentò il numero di malati mentali in grado di fruire della norma.

Il Durham test è stato definitivamente abbandonato dalla Corte Suprema nel caso US v. Brawer (1972) in favore del M.P.C.(Model Penal Code) Test: a person is not responsible for criminal conduct if at the time of such conduct as a result of mental disease or defect he lacks substantial capacity either to appreciate the criminality (wrongfulness) of his conduct or to conform his conduct to the requirements of law. Il test MPC si differenzia dal Durham test perché rifiuta il criterio del “product of ...”, ritenuto generico ed indimostrabile. L'MPC ed il M'Naghten test sono state le regole più seguite nelle giurisdizioni delle Corti Statali e Federali fino al caso Hinkley, dopo il verdetto Hinkley e la riforma legislativa del Congresso molti stati hanno riformato l'insanity defense seguendo il modello proposto dalla legge Federale, spostando l'onere della prova dell'insanità mentale al momento del fatto sull'imputato, (anche se lo standard probatorio è quello della preponderance of evidence), mentre in precedenza era la pubblica accusa a dover dimostrare la sanità mentale dell'imputato “oltre ogni ragionevole dubbio”. Si restrinse, inoltre, la possibilità e la modalità di intervento dei periti psichiatrici nei giudizi penali. Alcuni stati hanno addirittura abolito l'insanity defense plea, dopo che una sentenza della Corte Suprema del 1994 ha dichiarato costituzionalmente legittima la legge dello Utah che vietava una tale difesa. Bisogna tener presente che negli Stati Uniti l'insanity defense plea è una scelta della difesa e che non può essere imposta ad un imputato che la rifiuti volontariamente se questi abbia comunque la capacità to stand trial (Frendak v. United States).

Inoltre colui che sia stato assolto per infermità mentale non potrà instaurare un procedimento di Habeas Corpus o invocare altri rimedi giurisdizionali per invalidare tale decisione. Un detenuto aveva infatti richiesto un udienza di habeas corpus chiedendo il suo rilascio dall'U.S. Medical Center for Federal Prisoners a Springfield, Missouri lamentando come il suo internamento fosse incostituzionale poiché la durata veniva determinata da una autorità amministrativa e non giudiziaria, e che tale internamento aveva superato di molto la durata della sua possibile condanna se fosse stato dichiarato imputabile, lamentava inoltre che il suo trattamento forzato fosse contrario all'ottavo emendamento che vieta i trattamenti inumani e degradanti, cfr. Archuleta v. Hendrik, 365 F.3d 644, 8th Cir. 2004. Cfr; Arnold H. Lowey, Criminal Law, west group, St Paul, Minn., 2000.

147. Ivi, p. 463 U.S. 363-366.

148. Ivi, p. 463 U.S. 368-369.

149. Ivi, p. 463 U.S. 366.

150. Ivi, p. 463 U.S. 367.

151. Ivi, p. 463 U.S. 368.

152. Nonostante la convinzione dell'opinione pubblica che molti criminali utilizzino surrettiziamente l'insanity defense plea per evitare il carcere, in realtà, da uno studio in materia, emerge come questo tipo di difesa venga invocata solo nell'1% dei processi e solo ¼ di coloro che invocano l'infermità mentale ottengano l'assoluzione. Inoltre il 70% delle insanity defense plea non riguardano casi di omicidio ma sono attinenti a reati che variano dalle lesioni al furto. “In the real world it's just doesn't happen” ha affermato il Procuratore generale del Maryland Joseph Curran, parlando delle richieste di assoluzione per infermità mentale.

Un interessantissimo studio di Ellit, Nelson, Fitch, Scott, Wolber e Singh, effettuato sulle persone prosciolte dall'accusa di un reato minore per infermità mentale, nello stato della Virginia, evidenzia come solo il 31% dei prosciolti fosse realmente in grado di fornire un consenso valido ed informato alla decisione di far valere il plea of insanity defense. I ricercatori evidenziano come questi risultati non debbano essere considerati sorprendenti visto che le conseguenze di una tale difesa si rivelano essere dannose per chi la invoca. Le persone oggetto della ricerca erano internate mediamente da 21 mesi, senza la prospettiva di un rilascio, a fronte di una ipotetica condanna massima di 12 mesi. Nello stato della Virginia l'internamento dei prosciolti per infermità mentale è più rigido e prolungato rispetto agli internamenti civili. Ed è simile ad un trattamento carcerario. “Ci si potrebbe chiedere perché uno qualsiasi di questi pazienti avrebbe dovuto razionalmente scegliere the insanity defense plea. La nostra impressione è che la scelta derivi da una mancata consultazione con i difensori o da una errata rappresentazione delle sue conseguenze”. Vista la scarsissima percentuale di casi “molti avvocati e molti giudici non hanno esperienza in merito alla insanity defense, e sembra che molti credano che sia meglio per gli imputati essere assolti per NGRI che essere condannati per un reato minore. C'è una scarsa considerazione della durata reale della privazione della libertà di questi individui e delle reali condizioni della loro ospedalizzazione”. “L'esperienza clinica ci suggerisce che gli avvocati ed i giudici sono scarsamente informati sulle conseguenze di una difesa vittoriosa”, “di conseguenza non sarebbero in grado di fornire all'imputato delle informazioni che gli consentano una decisione consapevole”; “una assoluzione per infermità mentale ha delle serie conseguenze che devono essere attentamente considerate da ogni imputato, La ricerca evidenzia invece una grave mancanza nella protezione dei diritti fondamentali delle persone mentalmente malate chiamate ad affrontare una accusa penale” (cfr. John P. Martin, The Insanity Defense: A Closer Look, Washington Post, Friday, February 27, 1998; Richard L. Elliott, Evan Nelson, W. Lawrence Fitch, Jd Randall Scott, Grg Wolber, Rajendra Singh, Informed Decision Making in Person Acquitted Not Guilty by Reason of Insanity, in Bull. Am. Acad. Psychiatry Law, Vol. 21, No 3, 1993).

153. Lynch v. Overholser - 369 U.S. 705 (1962).

154. Jones v. United States, cit, p. 463 U.S. 368.

155. Ripresa dall'obiter dictum della Corte d'Appello del caso Schuster v. Herold: “another instance of institutionalized expectations putting binder on our perception” 410 F.2d 1086 (1969).

156. Cfr. anche Seth Stern, Stephen Wermiel, Justice Brennan: a liberal champion, Houghton Mifflin Harcourt, 2010.

157. La dissenting opinion è una caratteristica delle modalità di redazione delle sentenze negli Stati Uniti, i giudici che hanno dissentito alla decisione presa dalla maggioranza del collegio possono redigere il loro parere dissenziente in calce alla motivazione della sentenza stessa, dopo le note.

158. Per il rapporto tra garanzie individuali e Corti di common law secondo Albert V. Dicey (in chiave parzialmente critica) si veda Emilio Santoro, Rule of Law e “Libertà degli Inglesi”, l'interpretazione di Albert Venn Dicey, in Pietro Costa, Danilo Zolo (a cura di), Lo Stato di Diritto. Storia, teoria, critica, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2002, p.173 e ss.

159. Albert V. Dicey, The Law of the Constitution, ch. 4 (8th ed. 1915).

160. Albert V. Dicey, Introduction to the study of the Constitution, ch. 4 The rule of Law its nature and general applications (1914), Roger E. Michener Pub. Indianapolis, Liberty fund 1982 reperibile in oll.libertyfund.org.

161. Jones v. United States, cit, p. 463 U.S. 372.

162. Ibidem.

163. Page 463 U.S. 374.

164. Ibidem.

165. Page 463 U.S. 378.

166. Page 463 U.S. 379.

167. Page 463 U.S. 381.

168. Ibidem.

169. Page 463 U.S. 374, 375.

170. William Brennan Jr., Constitutional Interpretation, atti dal convegno To the text and Teaching Synposium, Georgetown University, October 12, 1985, Washington DC.

171. Ibidem.

172. Jones v. United States, cit, p. 463 U.S. 374, 375.

173. Ibidem.

174. La Costituzione ed i diritti fondamentali da essa sanciti, infatti, vincolano solo il governo Federale, la Corte Suprema utilizzerà il Quattordicesimo Emendamento, ed in particolare la clausola del due process per rendere efficaci i principi costituzionali nei confronti dei governi statali. Come venne sostenuto dal giudice Cardozo “The guaranties have been taking over from the earlier article of the federal Bill of rights and brought within the Fourtheenth Amendment by a process of absorption”. Brennan fu molto attivo nel perseguire questa linea di interpretazione, cercando sempre di far prevalere i diritti individuali sulle prerogative dello Stato.

175. William Brennan Jr., Constitutional Interpretation, atti dal convegno To the text and Teaching Symposium, cit.

176. Jones v. United States, cit, p. 463 U.S. 383.

177. Ivi p. 463 U.S. 384.

178. Ivi p. 463 U.S. 385.

179. Nel caso Humphrey v. Cady 45 U.S. 504 (1972) la Corte Suprema aveva stabilito il principio secondo il quale l'internamento di un malato mentale successivamente alla espiazione della condanna prevista per il reato commesso imponeva un processo con giuria, con tutte le garanzie stabilite dal due process of law, in cui si accertasse sia il disturbo mentale, sia la pericolosità (il caso riguardava comunque un soggetto considerato imputabile ma con disturbi mentali attinenti alla sfera sessuale ma il principio venne considerato estensibile ai soggetti non imputabili).

Nel caso Addington v. Texas 441 U.S. 418 (1979) la Corte aveva stabilito che lo standard probatorio per provare la follia e la pericolosità negli internamenti civili dovesse corrispondere quantomeno allo standard della clear and convincing evidence, vista la scarsa affidabilità delle diagnosi psichiatriche, ed il rischio che semplici comportamenti difformi o stravaganti venissero etichettati come patologici in base ad un basso standard probatorio quale quello della preponderance of evidence, e visto il grave stigma derivante dall'internamento. Alcune Corti avevano addirittura stabilito il più alto standard probatorio del beyond any reasonable doubt, basandosi anche sul precedente della sentenza della Corte Suprema nel caso In re Winship 397 U.S. 358 (1970).

180. Ivi, Footnote 2/4. Dopo questa sentenza molti Stati adottarono l'internamento automatico di un imputato prosciolto per infermità mentale, in caso di accertamento della sua pericolosità nel processo penale da uno psichiatra, senza il bisogno di una udienza che determini in via autonoma la sua persistente malattia mentale e la sua pericolosità secondo i canoni del due process. In alcuni stati invece il giudice interna temporaneamente il prosciolto, per una osservazione, al fine di determinare la necessità di un internamento a tempo indeterminato. Solo in pochi Stati rimane la parità di trattamento tra NGRI (modo di indicare coloro che sono stati dichiarati non colpevoli per ragioni di infermità mentale) e malati di mente civili per i quali si prevede che l'internamento involontario possa essere disposto solo a seguito di una udienza che rispetti le garanzie sancite dal due process of law.

L'assoluzione per infermità mentale comporta mediamente un internamento di durata doppia rispetto a quella che sarebbe stata la detenzione carceraria nel caso in cui l'individuo fosse stato dichiarato colpevole.

Nel 1992 la Corte Suprema, nel caso Foucha v. Louisiana, ha stabilito l'illegittimità dell'internamento di un soggetto che venga considerato pericoloso ma non più mentalmente malato (cfr. Elliott, Nelson, Fitch, Scott Wolber, Singh, op. cit.; La fond, Dhuram op. cit.; Foucha v Louisiana 504 U.S. 71 1992).