ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo VI
L'OPG terapeutico e le istituzioni alternative

Giulia Melani, 2014

L'ospedale psichiatrico giudiziario si è lentamente avviato, negli ultimi decenni, ad un percorso di riforma. Percorso cui ha dato inizio la Corte Costituzionale, con le importanti sentenze che abbiamo esaminato, e che è stato proseguito dal legislatore con la riforma della sanità penitenziaria e la recente legge che dispone il definitivo superamento dell'istituzione psichiatrico-giudiziaria. Questo percorso si è posto quale obiettivo quello della sostituzione dell'OPG, unica misura di sicurezza per i prosciolti folli ritenuti pericolosi, con altre misure che possano garantire la società rispetto alla pericolosità del reo e al contempo favorire la risocializzazione e la terapia del malato di mente autore di reato. In questo capitolo ci interrogheremo su quale possa essere il futuro di questa misura di sicurezza, anche alla luce degli sviluppi e delle riforme dell'istituzione intervenuti negli ultimi decenni.

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, la storia delle misure di sicurezza e quella del manicomio giudiziario in particolare (poi OPG), sono segmenti di una più ampia storia della pena. La misura di sicurezza nasce dal dibattito tra la scuola penale classica e l'emergente scuola positiva, come risposta all'illecito alternativa o complementare alla pena. Quindi, ci sembra opportuno provare a rispondere alla domanda su quale sarà il futuro di questa istituzione da sempre in bilico tra gli opposti poli difensivo-custodiale e terapeutico-riabilitativo, tenendo presente che le recenti riforme volte a caratterizzare l'OPG in senso terapeutico e dunque ad allinearlo all'ideale riabilitativo del welfare state, si collocano nel contesto storico di una conclamata crisi di questo ideale.

1. Dall'OPG “rigido” all'OPG “flessibile”

La misura di sicurezza del ricovero in OPG, nella sua disciplina originaria, era applicata in un procedimento che comprendeva una rigida catena di automatismi. Questi automatismi sono stati rimossi dalla Corte Costituzionale, procedendo ad adeguare l'istituzione OPG, all'ideale riabilitativo e al principio rieducativo previsto dalla nostra carta costituzionale in relazione alla pena.

La misura di sicurezza, ai sensi dell'art. 204 c.p. poteva applicarsi soltanto ove il soggetto fosse stato ritenuto “socialmente pericoloso”, ma per il malato di mente autore di reato non esisteva alcuna valutazione, egli era ritenuto in modo automatico un soggetto pericoloso. Dunque, altrettanto automaticamente, era applicata la misura di sicurezza del ricovero in OPG, unica misura possibile, per una durata minima predeterminata per legge, in base al quantum di pena previsto per il reato commesso. La misura non poteva essere revocata anticipatamente a causa della previsione del potere di revoca soltanto in capo al Ministro di Giustizia e l'internato non poteva fruire di alcuna delle misure alternative che l'ordinamento penitenziario aveva introdotto per i detenuti. Dunque, il prosciolto per vizio di mente era sempre e comunque sottoposto alla misura di sicurezza del ricovero in OPG, almeno per un tempo prestabilito, con possibilità infinite di proroga.

Alcune sentenze della Corte Costituzionale, esaminate nei capitoli III e IV (1), e alcuni successivi interventi normativi, hanno smussato le rigidità della disciplina codicistica in materia in misure di sicurezza. La durata minima della misura non è più elemento fisso, immutabile da quando la Corte Costituzionale ha previsto in capo al magistrato di sorveglianza il potere di revocarla anticipatamente qualora il soggetto non risulti più socialmente pericoloso. Il ricovero in OPG non è più la conseguenza di una catena di automatismi dal proscioglimento al ricovero, dovendosi valutare la pericolosità sociale non solo in sede di giudizio di cognizione ma anche la persistenza nella fase di applicazione da parte del magistrato di sorveglianza. Infine, il folle reo pericoloso non è più destinato alla sola misura di sicurezza detentiva, stante che il giudice di cognizione e il magistrato di sorveglianza possono ritenere che la libertà vigilata sia la misura più idonea a contenere la pericolosità sociale del soggetto e al contempo a garantire il suo diritto alla salute.

Nel quadro di maggiore flessibilità si inserisce un importante strumento che consente al magistrato, in sede di revoca o proroga della misura di sicurezza, di valutare il soggetto in un contesto più libero: le licenze finali di esperimento. Le licenze finali, previste dall'ordinamento penitenziario, possono essere concesse sei mesi prima dello scadere del termine della misura e secondo un'interpretazione estensiva (2), potendo la misura di sicurezza essere revocata anticipatamente, in qualunque momento. Le licenze finali offrono la possibilità al magistrato di sperimentare l'internato in ambiente “libero”, sostituendo il trattamento interno con un trattamento esterno e verificando la possibilità di revocare anticipatamente oppure non prorogare la misura.

Ricapitolato il quadro di maggiore flessibilità della misura di sicurezza occorre chiedersi se questo abbia prodotto gli effetti sperati ed attesi di riduzione del ricorso alle misure detentive.

2. L'OPG flessibile: l'analisi delle grandezze numeriche

In questo paragrafo procederemo ad esaminare quali effetti abbia prodotto la progressiva rimozione delle rigidità della disciplina in materia di OPG, sulle presenze e sulle permanenze nella struttura.

2.1. La revoca anticipata, una possibilità scarsamente applicata

Come abbiamo visto, una delle prime pronunce con le quali la Corte Costituzionale è intervenuta ad attenuare le rigidità della disciplina codicistica in materia di OPG è stata la sentenza n. 110 del 1974, con la quale è stato attribuito il potere di revoca anticipata, prima riservato al solo Ministro di Giustizia, al magistrato di sorveglianza. Con questo paragrafo vorremmo interrogarci sugli effetti pratici di questa importante sentenza. Per fare questo prenderemo in esame il numero di misure del ricovero in OPG revocate anticipatamente a seguito della sentenza della richiamata sentenza della Corte Costituzionale (3).

Tabella 1: Revoche anticipate misura di sicurezza ricovero in OPG. Anni 1986-2012 (4)
Anno N. Anno N. Anno N.
1986 1995 2 2004 1
1987 1996 2005
1988 1997 2006
1989 1 1998 2 2007 1
1990 1999 2008 1
1991 2000 3 2009
1992 2001 2 2010 1
1993 2002 2011 1
1994 1 2003 3 2012

Come è possibile osservare (Tabella 1) la facoltà di revoca anticipata è stata utilizzata in un numero assai esiguo di casi, finendo per rappresentare anche a seguito dell'attribuzione della facoltà al magistrato di sorveglianza un'ipotesi assolutamente residuale.

Ricordiamo che in OPG si trovano anche soggetti sottoposti alla misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia, quindi procediamo a verificare se il ricorso alla revoca anticipata abbia rappresentato un fenomeno rilevante per quanto concerne la misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia.

Tabella 2: Revoche anticipate CCC. Anni 1986-2012 (5)
Anno N. Anno N. Anno N.
1986 1995 2004
1987 2 1996 1 2005
1988 9 1997 2006
1989 3 1998 1 2007
1990 5 1999 2008 2
1991 5 2000 1 2009
1992 3 2001 2010
1993 2 2002 2011
1994 2003 2012 1

Dall'analisi dei dati in nostro possesso (Tabella 2), possiamo notare come, se bene numericamente più rilevante, la revoca anticipata non sia stata utilizzata frequentemente, neanche in relazione alla misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia.

Possiamo dunque concludere che la previsione del potere di revoca anticipata in capo al magistrato di sorveglianza non abbia rappresentato, nella prassi, un'innovazione tale da incidere significativamente sulla durata della permanenza in OPG e di conseguenza sul numero delle presenze.

2.2. La valutazione dell'attualità della pericolosità sociale da parte del magistrato di sorveglianza

Come abbiamo osservato nel capitolo IV, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale - n. 139 del 1982 - con la quale si dichiarava l'illegittimità della presunzione relativa al perdurare della pericolosità sociale, nonché della legge n. 683 del 1986 con la quale si procedeva all'abrogazione dell'art. 204 del c.p. relativo alle presunzioni di pericolosità sociale e infine del nuovo codice di procedura penale, il magistrato di sorveglianza è chiamato - in sede di esecuzione della misura di sicurezza - ad effettuare una nuova valutazione circa la sussistenza della pericolosità sociale. A questa nuova valutazione può far seguito la revoca della misura, qualora si ritenga cessata la pericolosità sociale, oppure la sua sostituzione, qualora la si ritenga invece affievolita (6).

Procediamo dunque a verificare quanto questo aspetto possa avere inciso nella pratica sulle presenze in OPG. Analizzeremo i dati relativi alle vicende modificative ed estintive delle misure di sicurezza intervenute in sede di esecuzione ai sensi dell'art. 679 del c.p.p.

Tabella 3: Misura di sicurezza del ricovero in OPG dichiarata non applicabile o non eseguibile ai sensi dell'art. 679 c.p.p. (7)
Anno N. Anno N. Anno N.
1986 1995 2004 2
1987 1996 2005 2
1988 1997 3 2006 2
1989 1998 2007 4
1990 1999 2 2008 6
1991 2000 3 2009 5
1992 2001 4 2010
1993 1 2002 1 2011 3
1994 2003 2 2012 2

Osservando i dati (Tabella 3), è possibile notare come, nel corso del procedimento di esecuzione con cui viene applicata la misura di sicurezza, non intervengano un numero significativo di provvedimenti che ne dispongono la non applicazione. Infatti, seppure a partire dai primi anni 2000 vi sia stato un incremento, questi per ciascun anno non superano il numero di 6.

Passiamo adesso all'analisi di analoghi dati, riguardo alla misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia. Per quanto riguarda questa misura, occorre notare che l'esecuzione avviene a seguito dell'espiazione della condanna (si tratta infatti di soggetti ritenuti semi-imputabili e perciò condannati a pena diminuita). Di norma dunque, tra il momento in cui la misura di sicurezza è ordinata con sentenza e quello della sua esecuzione, il soggetto sarà detenuto. Ciò comporta che il lasso di tempo tra la pronuncia sulla pericolosità da parte del giudice di cognizione ed il suo riesame da parte del magistrato di sorveglianza sarà di norma superiore, rispetto a quello intercorrente fino al riesame della pericolosità del prosciolto non imputabile, rendendo più facile che vicende modificative dello stato di salute del soggetto siano intervenute incidendo sulla valutazione della pericolosità di quest'ultimo. D'altro canto però, il semi-imputabile trascorre quel lasso di tempo in carcere, un'istituzione totale, patogenetica, i cui servizi per la salute mentale si mostrano spesso insufficienti e tesi a gestire le patologie psichiatriche con un approccio prettamente farmacologico.

Tabella 4: Dichiarazione di non applicabilità o non eseguibilità della misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia. Anni 1986-2012 (8)
Anno N. Anno N. Anno N.
1986 1995 3 2004 6
1987 1996 2 2005 1
1988 1997 5 2006 7
1989 1998 1 2007 4
1990 1 1999 4 2008 5
1991 2000 1 2009 4
1992 2 2001 5 2010 4
1993 2 2002 2 2011 4
1994 4 2003 2012 2

I dati relativi alla non esecuzione della misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia (Tabella 4), non si discostano affatto da quanto già osservato in merito al ricovero in OPG (Tabella 3). Questa constatazione ci porta a concludere che la possibilità di riesaminare la pericolosità in fase di esecuzione non incida sostanzialmente sulle presenze e permanenze in OPG.

2.3. OPG e alternative: un bilancio

Come abbiamo già visto nei precedenti capitoli, con la nota sentenza n. 253 del 2003, la Corte Costituzionale, ha ampliato lo spettro delle misure di sicurezza applicabili ai prosciolti folli ritenuti pericolosi, eliminando l'automatismo e consentendo al giudice di optare per la misura di sicurezza più idonea per il singolo caso. L'OPG dunque, non è più l'ineludibile destino del prosciolto folle ritenuto pericoloso, aprendosi la strada ad alcune alternative. In questo paragrafo esamineremo, alla luce dei dati, il successo delle “alternative” che si sono prospettate.

2.3.1. La libertà vigilata è stata un'alternativa di successo?

La Corte Costituzionale, nelle motivazioni della già richiamata sentenza del 2003, faceva espresso riferimento alla libertà vigilata, come possibile misura di sicurezza cui destinare il prosciolto folle pericoloso (9). Primo interrogativo che ci sembra necessario porsi è quello relativo al successo di questa misura di sicurezza nei confronti dei prosciolti folli dopo il 2003. Prenderemo perciò in esame i dati relativi ai proscioglimenti per vizio totale di mente e alle misure di sicurezza complessivamente applicate e a quelle, nello specifico, della libertà vigilata.

Tabella 5: Libertà vigilata ordinata in sentenza. Anni 1986-2012 (10)
Anno Proscioglimenti Misure LV
1986 699 11
1987 114 10
1988 116 21 1
1989 101 18
1990 86 17
1991 190 26
1992 102 44 2
1993 107 61 1
1994 143 84
1995 138 100
1996 157 110 1
1997 246 113 1
1998 237 84 3
1999 242 107 2
2000 311 133 3
2001 301 115
2002 319 128 5
2003 394 149 15
2004 476 185 52
2005 525 210 60
2006 503 212 65
2007 478 215 94
2008 574 302 131
2009 534 266 106
2010 648 303 130
2011 507 246 123
2012 355 180 108

La prima osservazione che possiamo fare è quella relativa al fatto che, seppure sporadicamente, anche prima del 2003, la libertà vigilata era talvolta applicata al prosciolto ex art. 88 c.p. Questo dato potrebbe stupire, dal momento che l'unica misura di sicurezza prevista nei confronti del prosciolto per vizio totale di mente era quella del ricovero in OPG. L'art. 219 prevedeva la possibilità di sostituire la misura dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia (misura riservata ai condannati a pena ridotta per vizio parziale di mente o cronica intossicazione da alcool o sostanze stupefacenti o sordomutismo (11)) con quella della libertà vigilata. Tale possibilità era prevista in favore dei condannati a pena diminuita (esclusi i semi-imputabili cronicamente intossicati da alcool o sostanze stupefacenti), che avessero commesso un reato con un massimo edittale non superiore a 5 anni e che fossero stati ritenuti socialmente pericolosi, era dunque esclusa per i non imputabili. Alcuni magistrati di sorveglianza ritennero che nel potere di revoca, riconosciuto dalla Corte Costituzionale nel 1974, si potesse considerare ricompreso il potere di sostituire la misura di sicurezza con un'altra. Inoltre ritennero che questo fosse esercitabile anche nella fase di applicazione della misura, ai sensi dell'art. 679 del nuovo codice di procedura penale (12).

A prescindere dai casi, numericamente non consistenti di applicazione della libertà vigilata prima della Sentenza della Corte Costituzionale n. 253 del 2003, occorre chiedersi se a seguito di questa sentenza, la libertà vigilata sia stata applicata in un numero significativo di ipotesi oppure, come alcuni autori sostengono (13), la pronuncia della Corte non abbia prodotto alcun risultato.

La tabella riportata nella pagina seguente mostra, per il periodo di tempo preso in esame, in quale percentuale, rispetto al numero complessivo di misure di sicurezza applicate, fosse applicata la libertà vigilata.

Nell'anno 2002, la libertà vigilata rappresentava il 3,9% delle misure di sicurezza applicate (Tabella 6). Nel 2003, anno della sentenza della Corte Costituzionale cui ci siamo riferiti la percentuale era salita al 10%. Nel 2007 la libertà vigilata giunse a costituire il 43,72% delle misure di sicurezza applicate. Ci sembra di poter concludere che l'alternativa libertà vigilata, abbia avuto un “successo” significativo, arrivando ad essere applicata nella metà dei casi in cui è stata ordinata per il prosciolto folle una misura di sicurezza.

Tabella 6: Percentuale libertà vigilata sul totale delle misure di sicurezza applicate (14)
Anno % Anno % Anno %
1986 0 1995 0 2004 28,1
1987 0 1996 0,91 2005 28,57
1988 4,76 1997 0,88 2006 30,66
1989 0 1998 3,57 2007 43,72
1990 0 1999 1,87 2008 43,38
1991 0 2000 2,26 2009 39,85
1992 4,55 2001 0 2010 42,9
1993 1,64 2002 3,9 2011 50
1994 0 2003 10,07 2012 60

2.3.2. L'assegnazione ad una casa di cura e custodia come “alternativa” all'OPG: una nuova «truffa delle etichette»

A seguito della già richiamata sentenza della Corte Costituzionale, n. 253 del 2003, alcuni giudici ritennero possibile, in luogo del ricovero in OPG, applicare al prosciolto folle la misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia. Nella tabella che segue esamineremo l'andamento delle applicazioni della misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia nei confronti dei prosciolti per vizio totale di mente.

Tabella 7: Applicazioni della misura di sicurezza della casa di cura e custodia (15)
Anno Proscioglimenti Misure CCC
1986 699 11
1987 114 10 1
1988 116 21 1
1989 101 18 3
1990 86 17 1
1991 190 26
1992 102 44 1
1993 107 61
1994 143 84
1995 138 100 1
1996 147 110 2
1997 246 113 2
1998 237 84 3
1999 232 107 2
2000 311 133 3
2001 301 115 3
2002 319 128 4
2003 394 149 12
2004 476 185 20
2005 525 210 33
2006 503 212 29
2007 478 215 21
2008 574 302 34
2009 534 266 34
2010 648 303 38
2011 507 246 43
2012 355 180 16

Come è possibile notare (Tabella 7), similmente a quanto abbiamo già riscontrato riguardo all'applicazione della libertà vigilata, anche la casa di cura e custodia risultava essere ordinata ai prosciolti per vizio totale di mente, già prima dell'anno 2003.

A seguito della richiamata pronuncia della Corte Costituzionale, si verifica un incremento delle assegnazioni ad una casa di cura e custodia. Se nel 2002 sono ordinate 4 assegnazioni ad una casa di cura e custodia e nel 2003 sono 12, nel 2011 arrivano a contarsi ben 43 applicazioni della misura in esame (vedi Tabella 7). Per cogliere meglio la portata del fenomeno ci sembra opportuno mettere in relazione i dati relativi alle assegnazioni ad una casa di cura e custodia ordinate con quelli delle misure di sicurezza in genere.

Figura 1: Grafico percentuale assegnazioni ad una casa di cura e custodia in rapporto alle misure di sicurezza complessivamente ordinate (16)

Come è possibile notare (Figura 1), se le assegnazioni di prosciolti folli ad una casa di cura e custodia prima del 2003 non rappresentano un dato rilevante sul totale delle misure di sicurezza ordinate, nel 2011 arrivano a costituire il 17,48 % delle misure.

La prassi di applicare l'assegnazione ad una casa di cura e custodia in luogo del ricovero in OPG, come nota Niro, appare criticabile, sia dal punto di vista giuridico che da quello pratico fattuale. Dal primo punto di vista infatti, si finiscono per equiparare due misure di sicurezza, entrambe detentive ma destinate a soggetti diversi: l'OPG al non imputabile pericoloso, l'assegnazione ad una casa di cura e custodia al semi-imputabile condannato a pena diminuita. Per quanto concerne il lato pratico, attraverso questa interpretazione si finisce per affrancare una vera e propria «truffa delle etichette» (17). La Corte Costituzionale infatti, con la sentenza del 2003, ha consentito l'applicazione di misure diverse dal ricovero in OPG, purché previste dalla legge, al folle reo pericoloso, eliminando l'automatismo al fine di permettere al giudice di prendere in considerazione una misura:

[...] meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, che è accompagnata da prescrizioni imposte dal giudice, di contenuto non tipizzato (e quindi anche con valenza terapeutica), “idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati” (art. 228, secondo comma, cod. pen.), [...] capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata e di controllo della sua pericolosità sociale (18).

Dunque, la Corte ha aperto a misure (purché previste da legge, in ragione della riserva di legge in materia di cui all'art. 25 della Costituzione) che consentano ad un tempo di tutelare il diritto alla salute dell'infermo e di evitare che questi ripeta condotte criminose. L'assegnazione ad una casa di cura e custodia non presenta particolari differenze contenutistiche dal ricovero in OPG, si tratta infatti di misure entrambe detentive, eseguite nei medesimi luoghi, sottoposte ad analoga disciplina. Così, i giudici che sostengono di applicare, in ragione del grado intermedio di pericolosità del soggetto, una misura con un livello di custodia intermedio tra la libertà vigilata ed il ricovero in OPG, finiscono in realtà per ordinare una misura di sicurezza detentiva in tutto analoga al ricovero in OPG ma con un nome diverso, riproponendo in definitiva, l'ennesima truffa nominalistica.

2.3.3. Alternative all'OPG: effetto net-widening?

Come abbiamo avuto modo di osservare - nell'ultimo decennio - la libertà vigilata è stata un'alternativa all'OPG di discreto successo, arrivando a rappresentare il 50% circa del numero complessivo di misure di sicurezza applicate. Il successo delle “alternative” a misure di carattere detentivo è spesso misurato proprio in termini di quantità di applicazioni. L'esame di questi dati non consente però di capire, se non confrontato con i dati relativi alle misure detentive, se le prime abbiano realmente rappresentato un'alternativa oppure abbiano finito per attirare nelle maglie del controllo fasce di popolazione diverse, configurando quell'effetto di espansione della rete (net-widening effect), noto nella letteratura in materia di controllo sociale e misure alternative e comunitarie. L'effetto net widening è stato prospettato da Stanley Cohen nel suo saggio The punitive city (19), come uno dei possibili effetti prodotti dalle politiche di diversion (20) e dalle misure alternative comunitarie (21). Queste politiche diffusesi a partire dagli anni '60 in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (22) e sostenute da esponenti dell'intero arco politico, si fondano su una serie di convinzioni. In primo luogo quelle relative al fallimento del carcere come strumento di risocializzazione. La prigione infatti, non solo non risponderebbe alla funzione di restituire alla società cittadini migliori, ma produrrebbe l'effetto inverso, rappresenterebbe una sorta di «fabbrica di delinquenza». Data l'inefficacia dell'istituzione questa deve essere sostituita con strumenti più efficaci, meno costosi e più umani: le misure comunitarie (23). Al di là del fatto che non risulta dimostrato che le misure comunitarie presentino le caratteristiche prospettate, Cohen ritiene che non producano neppure l'effetto di decarcerazione prospettato (24). Queste politiche potrebbero condurre ad un'estensione pervasiva del controllo sociale e della sorveglianza, tale da rendere quasi una realtà palpabile gli incubi da fantascienza di romanzi come 1984 di George Orwell, A Clockwork Orange di Anthony Burgess o Brave New World di Aldous Huxley. Difatti, Cohen prospetta una serie di effetti delle misure comunitarie. In primo luogo queste favorirebbero una confusione dei confini. Se la prigione garantisce una netta separazione tra il mondo esterno e quello interno, tra il criminale e il non criminale, tra la libertà e la reclusione; le alternative tendono ad assottigliare queste distinzioni: strutture all'interno delle comunità stesse, un regime che mischia elementi di libertà con altri di chiusura, ospiti condannati che hanno già scontato parte della pena e altri che appartengono alla categoria dei pre-delinquenti.

Le nuove misure produrrebbero - secondo lo studioso - gli effetti di mesh-thinning e net-widening. Anziché spostare la popolazione detenuta verso sanzioni con natura non detentiva e ridurre l'intervento statale, tenderebbero ad incrementare questo intervento verso alcuni gruppi di devianti ed attrarre nuove popolazioni. Prendendo come esempio la diversion minorile, Cohen sostiene che questi strumenti non abbiano portato un complessivo decremento dei tassi di carcerazione, in quanto tendono ad essere utilizzati nei confronti dei soggetti che altrimenti non sarebbero finiti nelle maglie del controllo formale.

In poche parole, il net widening effect si produrrebbe ogni qualvolta aumentano e si espandono gli strumenti di controllo, in quanto le alternative finiscono per essere adottate soprattutto nei confronti di coloro che in presenza di un opzione biunivoca tra libertà e reclusione sarebbero stati liberi.

Chiarito cosa si intenda con net widening, riprendiamo il nostro quesito di partenza. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 253 del 2003, ha previsto la possibilità di sottoporre il prosciolto folle ritenuto pericoloso, non soltanto alla misura di sicurezza del ricovero in OPG ma anche ad altre misure previste dal Codice, in particolare quelle che risultino più idonee a garantire la collettività rispetto alla pericolosità sociale del folle e tutelare il suo diritto alla salute. L'espansione delle tipologie di misura di sicurezza cui può essere sottoposto il prosciolto folle potrebbe aver prodotto, anziché l'esito sperato di decremento del ricorso alla misura detentiva, un incremento della popolazione complessivamente sottoposta a misura di sicurezza. Ciò che potrebbe essersi verificato - a maggior ragione dati i confini labili ed incerti del concetto di pericolosità sociale - sarebbe la sottoposizione a libertà vigilata di coloro che in assenza di questa opzione sarebbero stati valutati come non pericolosi e dunque non sottoposti a misura di sicurezza.

Per verificare questa ipotesi prenderemo in esame i dati relativi alle applicazioni di misure di sicurezza ai prosciolti per vizio totale di mente ex art. 88 c.p.

Tabella 8: Proscioglimenti ai sensi dell'art. 88 c.p. e applicazione delle misure di sicurezza (25)
Anno Proscioglimenti Misure (26) OPG CCC (27) LV (28)
1986 699 11 11
1987 114 10 9 1
1988 116 21 19 1 1
1989 101 18 15 3
1990 86 17 16 1
1991 190 26 26
1992 102 44 41 1 2
1993 107 61 60 1
1994 143 84 84
1995 138 100 99 1
1996 157 110 107 2 1
1997 246 113 110 2 1
1998 237 84 78 3 3
1999 242 107 103 2 2
2000 311 133 127 3 3
2001 301 115 112 3
2002 319 128 119 4 5
2003 394 149 122 12 15
2004 476 185 113 20 52
2005 525 210 117 33 60
2006 503 212 118 29 65
2007 478 215 100 21 94
2008 574 302 137 34 131
2009 534 266 126 34 106
2010 648 303 135 38 130
2011 507 246 80 43 123
2012 355 180 56 16 108

Per prima cosa è necessario verificare se, a partire dal 2003, vi sia stato un decremento effettivo nei ricoveri in OPG ordinati.

Figura 2: Andamento misure di sicurezza ordinate. Anni 1986-2012 (29)

Come è possibile notare (Tabella 8 e Figura 2), la misura di sicurezza del ricovero in OPG, a partire dal 2003, è stata applicata senza decrementi sostanziali, almeno fino all'anno 2010. Questo dato dovrebbe essere confrontato con quelli relativi alle due misure dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia e della libertà vigilata. Infatti, per verificare se vi sia stato un effetto di net widening sarà necessario mostrare se, complessivamente le misure di sicurezza siano aumentate. Il grafico che segue ci mostrerà il tasso delle misure di sicurezza applicate dal 1986 al 2013.

Figura 3: Misure di sicurezza applicate. Anni 1986-2013 (30)

Come si può notare dal grafico (Figura 3), a partire dal 2003, non solo non si assiste ad un sostanziale decremento delle misure di sicurezza applicate, ma si verifica un incremento di quelle detentive. Difatti, come abbiamo visto in uno dei paragrafi precedenti, si è diffusa una prassi di applicazione della misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia, in luogo del ricovero in OPG.

Le misure di sicurezza applicate, complessivamente, a partire dal 2003, hanno subito un incremento notevole. Se nel 2003 (Tabella 1) erano applicate 149 misure di sicurezza, nel 2005 sono 210, per arrivare a 302 nel 2008, con un incremento percentuale nei 5 anni del 103% circa. Nello stesso lasso di tempo, i ricoveri in OPG subiscono un incremento del 12,3 % circa (con varie oscillazioni del dato). Dunque, non si verifica una diminuzione delle misure di sicurezza applicate, ma neppure della misura del ricovero in OPG. Del resto, la libertà vigilata è ordinata in un numero sempre maggiore di ipotesi, finendo per rappresentare il 50% delle misure di sicurezza.

Ciò che appare plausibile, osservando i dati in nostro possesso, è che l'estensione delle misure di sicurezza applicabili al prosciolto folle pericoloso non abbia prodotto un decremento dei ricoveri in OPG. I giudici, nell'ordinare la misura di sicurezza, valutano la pericolosità sociale del soggetto. La pericolosità, come abbiamo più volte rilevato, non è un dato oggettivo, ma è una valutazione discrezionale. Ci sembra plausibile sostenere, alla luce dei dati, che l'allargamento dello spettro delle misure applicabili, non abbia fatto altro che produrre un'espansione dei soggetti complessivamente sottoposti ad una misura di sicurezza come conseguenza del proscioglimento per infermità di mente. Similmente a quanto sosteneva Cohen, in merito alla diversion e ad altre misure comunitarie che, negli anni '60, si proponevano al fine di sostituire la detenzione, ciò che si verifica non pare essere la sostituzione della misura detentiva, con altra non detentiva, quanto piuttosto l'estensione delle fasce sottoposte a controllo.

3. Il futuro degli OPG

In questi mesi si attendono le modifiche ai programmi regionali per il superamento degli OPG. Si avvicina la data per lo scadere dell'ultimo termine disposto con il D.L. n. 52 del 2014. Sembra dunque necessario porsi alcuni quesiti su quello che sarà il trattamento in futuro dei malati di mente autori di reato.

3.1. Misura di sicurezza del ricovero in OPG: extrema ratio

Come abbiamo avuto modo di osservare l'estensione della tipologia di misure di sicurezza applicabili al prosciolto pericoloso non ha prodotto l'effetto auspicato di una riduzione degli internamenti in OPG. Sul punto è intervenuta la legge 81 del 2014 stabilendo che il ricorso alle misure di sicurezza detentive debba essere sussidiario al ricorso a misure non detentive quali la libertà vigilata. Dunque il legislatore stabilisce che si possa ricorrere all'OPG o alla casa di cura e custodia soltanto come extrema ratio, laddove altre misure non sarebbero idonee a contenere la pericolosità sociale dell'infermo di mente.

La norma si inserisce nel solco già tracciato dalla sentenza n. 253 del 2003 della Corte Costituzionale, ovvero dell'assoluta prevalenza del diritto alla salute su qualsiasi esigenza custodiale e difensiva. Su quelli che saranno gli effetti di questa nuova disposizione è impossibile esprimersi anticipatamente. Ciò che si può notare è che una disposizione di tenore analogo è vigente per la custodia cautelare in carcere (art. 275 co. 3 c.p.p.) e questo non ha impedito il ricorso smodato a questa misura, che fa dell'Italia uno dei paesi europei con il più alto tasso di detenuti in attesa di giudizio (31). Si ritiene che anche il successo di questa norma, come più in generale del progetto di superamento degli OPG sarà strettamente legato all'effettività della presa in carico dei pazienti psichiatrico-giudiziari da parte dei Dipartimenti di salute mentale.

3.2. Contro gli ergastoli bianchi un limite alla durata massima della misura di sicurezza

La misura di sicurezza del ricovero in OPG, per la sua durata potenzialmente indeterminata, rischia di tramutarsi in quello che è stato da molti autori definito un ergastolo bianco (32). La misura di sicurezza infatti, può essere prorogata illimitatamente fintanto che persiste la pericolosità sociale. Da questo può derivare che il tempo trascorso in OPG sia di gran lunga superiore alla pena cui il soggetto sarebbe stato sottoposto per quello stesso reato. L'inaccettabile condizione di internamenti che si protraggono ben oltre il limite edittale massimo di pena, sono confermati dai dati.

Come risulta dalla ricerca del Prof. Andreoli, Anatomia degli Ospedali psichiatrici giudiziari (33), non c'è correlazione tra la durata di permanenza in istituto e la gravità del reato commesso. La tabella che segue mostra, per l'anno 2000 (anno del rilevamento), la durata della permanenza in OPG in correlazione con la classe di pena edittale prevista per il reato. Abbiamo sottolineato le ipotesi in cui la permanenza ha una durata superiore al massimo della classe di pena edittale.

Tabella 9: Classi di pena edittale - classi di permanenza. Anno 2000 (34)
Classi di permanenza Classi di pena edittale
6 mesi 6-12 mesi 12-18 mesi 18 mesi-2 anni 2-4 anni 4-6 anni 6-10 anni 10-20 anni 20-30 anni oltre 30 anni
6 mesi 26 1 3 28 52 13 57 17 82 19
6-12 mesi 15 3 3 16 22 10 29 6 72 4
12-18 mesi 8 1 18 9 3 16 7 61 4
18-24 mesi 9 1 16 24 4 14 6 52 1
2-3 anni 5 2 15 27 9 19 6 79 2
3-4 anni 5 11 4 2 9 1 39
4-5 anni 2 9 6 2 8 31
5-6 anni 3 4 7 2 3 1 30
6-7 anni 2 2 1 4 1 35
7-8 anni 1 7 1 19 8
8-9 anni 2 4 1 2 1 21
9-10 anni 1 2 2 13
10-11 anni 1 1 7
11-12 anni 1 1 2 2 11
12-13 anni 2 13
oltre 13 anni 4 9 1 1 1 28

Come appare dai dati (Tabella 9), non vi è correlazione tra le classi di pena edittale e la durata della permanenza nell'istituzione, così si verificano ipotesi di permanenza per 8-9 anni per reati che prevedono un massimo edittale fino a 6 mesi o anche internamenti protratti oltre 13 anni per reati con pena compresa tra i 2 e i 4 anni di reclusione.

Del resto, il numero di proroghe della durata della misura di sicurezza non ha mai fatto cenno a diminuire.

Tabella 10: Proroghe. Anni 1986-2012 (35)
Anno N. Anno N. Anno N.
1986 1995 12 2004 27
1987 1996 7 2005 30
1988 1 1997 17 2006 35
1989 2 1998 16 2007 48
1990 3 1999 10 2008 66
1991 7 2000 33 2009 62
1992 4 2001 19 2010 62
1993 7 2002 28 2011 57
1994 6 2003 20 2012 55

Come possiamo notare dalla Tabella 10, sembra che le proroghe siano andate costantemente aumentando nel corso degli ultimi decenni.

Il problema della durata delle misure di sicurezza era stato rilevato anche dalla Commissione Marino. Per questo, nella relazione sulle condizioni di vita negli OPG è illustrato il proposito di procedere, tra gli interventi «urgenti e indifferibili», alla modifica di alcune disposizioni codicistiche, introducendo, come nel sistema spagnolo, un limite massimo di durata della misura di sicurezza non superiore alla pena che sarebbe stata irrogata in assenza di un giudizio di non imputabilità (36).

Con il D.L. 52 del 2014 - convertito con modificazioni con legge n. 81 del 2014 - è stato introdotto un termine di durata massimo per le misure di sicurezza detentive (37), che non potranno protrarsi oltre il massimo di pena edittale previsto per il reato commesso (38), salvo che non sia prevista la pena dell'ergastolo. La nuova disciplina, in mancanza di una specifica disposizione che stabilisca la normativa intertemporale, dovrà essere applicata anche nei confronti dei soggetti già sottoposti a misura di sicurezza alla data di entrata in vigore della nuova normativa. Infatti, l'art. 200 c.p. relativo alla successione nel tempo della normativa in materia di misure di sicurezza, stabilisce che alle misure debba applicarsi la legge in vigore al tempo dell'esecuzione (39).

Questa novità appare sicuramente di grande importanza e consente di evitare l'internamento sine die dei prosciolti per vizio totale di mente (40). Molto importante, ad avviso di chi scrive è anche l'estensione del termine massimo di durata alle misure di sicurezza applicate in via provvisoria. Infatti, benché il tempo trascorso in misura provvisoria possa essere poi computato nella durata minima della misura di sicurezza (art. 206 c.p.), nessuna disposizione stabilisce un tetto massimo di durata per la prima. Costante giurisprudenza ha confermato che alle misure di sicurezza applicate in via provvisoria non possa estendersi il limite di durata previsto, dal codice di procedura penale, per le misure cautelari (41). Dunque, se il legislatore avesse previsto un termine massimo soltanto per le misure di sicurezza applicate in via definitiva, avrebbe ridotto notevolmente la portata innovativa di questa modifica, dal momento che, nella pratica, si sarebbe potuta agevolmente verificare una situazione in cui un internato, sottoposto a misura di sicurezza provvisoria, sarebbe rimasto in OPG oltre il tetto del massimo di pena edittale previsto per quel reato.

3.3. Nelle istituzioni a gestione terapeutica sarà vigente il regime penitenziario?

Allo scadere del termine per il definitivo superamento degli OPG, i sottoposti a misura di sicurezza saranno inoltrati presso le nuove strutture che ogni Regione (con l'esclusione di quelle che hanno fatto accordi con altre Regioni per gestire gli utenti sottoposti a misure di sicurezza provenienti dalle loro aree di competenza) predisporrà appositamente.

Delle nuove strutture si stabiliscono alcuni requisiti strutturali e gestionali: saranno strutture a completa gestione sanitaria, con sorveglianza - ove prevista - perimetrale esterna, personale sanitario, posti letto non superiori alle 20 unità. Ma la questione non affrontata dalla riforma è quelle del regime, dello statuto giuridico, cui saranno sottoposti coloro ai quali sarà applicata una misura di sicurezza a seguito del completamento dell'iter di riforma. Questo ci sembra essere un aspetto chiave per cogliere la reale portata del mutamento in atto. Le nuove strutture - come sostiene Franco Scarpa - non dovranno essere carceri, né emulare il modello manicomiale (42), ma il rischio di riproporre la logica penitenziaria dei vecchi manicomi giudiziari nelle nuove strutture, sarebbe accentuato dal mantenimento del regime previsto dall'ordinamento e del regolamento penitenziari.

Come sostiene Della Casa, la questione relativa allo statuto giuridico dei nuovi internati dev'essere risolta in via interpretativa, non essendo questo aspetto toccato dai decreti legislativi che si sono succeduti in materia, se non in via indiretta, ove si stabilisce che appositi accordi tra Ministero della Giustizia e Regioni e province autonome dovranno regolare lo svolgimento delle funzioni di cura previste dall'ordinamento penitenziario e dal regolamento (43). La soluzione della questione ci sembra - come affermato da Della Casa - debba prendere avvio dalla constatazione che a livello generale ai sottoposti a misura di sicurezza, rimanendo inalterate le disposizioni codicistiche e quelle in materia penitenziaria, debba continuare ad applicarsi il regime degli “internati”. Seguendo il ragionamento proposto dall'Autore, a nostro avviso del tutto ragionevole, data la «gestione completamente sanitaria» che verranno ad assumere le nuove strutture, si dovrà scindere tra le disposizioni dell'ordinamento penitenziario e del regolamento che saranno ancora applicabili e quelle che non lo saranno in quanto incompatibili con la gestione sanitaria delle strutture. Dovrebbero dunque ritenersi non più applicabili tutte quelle norme che provvedono a disciplinare il regime interno, come le norme in materia di colloqui, di disciplina, quelle che limitano l'accesso alle aree esterne o che vietano agli internati di possedere denaro. Diversamente, dovrebbero essere applicabili le norme relative all'area penale esterna, quelle dunque che disciplinano i permessi, le licenze, la semilibertà.

La questione per il momento è stata scarsamente dibattuta in dottrina ma ci sembra, per le ragioni già chiarite che la soluzione di questo nodo interpretativo potrà fare la differenza tra la riproposizione con un nome ancora nuovo (e strutture nuove) della stessa logica custodiale che ha ispirato l'istituzione manicomio criminale fin dalla sua ideazione e creazione e una riforma incisiva, pur nel mantenimento dell'articolato codicistico.

3.4. Come il reale superamento degli OPG passa per il potenziamento dei servizi psichiatrici territoriali e la presa in carico dei pazienti psichiatrico giudiziari

La riforma della sanità penitenziaria, nell'intento di ricondurre i pazienti psichiatrici giudiziari nelle loro realtà territoriali e di favorirne la fuoriuscita ha, dapprima previsto l'istituzione dei macro-bacini regionali, successivamente disposto la presa in carico dei pazienti da parte dei DSM. L'effettività della presa in carico dei pazienti psichiatrico giudiziari, la costruzione di percorsi individuali di fuoriuscita dagli OPG per i pazienti già sottoposti a misura di sicurezza, l'implementazione dei servizi di salute mentale, rappresentano aspetti fondamentali per procedere all'effettivo superamento degli OPG.

Abbiamo visto come, in presenza di misure graduate, tra la detenzione e la libertà si possa produrre un incremento dei soggetti complessivamente sottoposti a controllo, anziché uno spostamento in favore di misure non detentive. La recente riforma ha lasciato quasi integra la normativa in materia di misure di sicurezza, intervenendo soltanto sulle tipologie di struttura nelle quali queste verranno ad eseguirsi. Le nuove strutture dovranno essere più piccole, a completa gestione sanitaria, con un controllo limitato alla sorveglianza perimetrale esterna. Sarà possibile inoltre, predisporre una serie di strutture con un grado di custodia diversificato a seconda del grado di pericolosità sociale riscontrato (44).

Alcune Regioni, tra le quali la Regione Toscana, avevano deciso - nei primi progetti - di provvedere ad una serie di strutture, differenziate a seconda della pericolosità degli ospiti. Dunque, è possibile che si mettano in piedi alcune strutture, disseminate sul territorio nazionale, ciascuna delle quali con un diverso livello di sorveglianza, un diverso mix tra la libertà e la custodia.

Il rischio della creazione di tante piccole strutture, tutte configurate come strutture a carattere terapeutico, con una gradazione del controllo, è quello della proliferazione del ricorso alla misura detentiva. Questa previsione potrebbe finire per materializzarsi in una triste realtà, soprattutto se prendiamo in considerazione la percentuale di investimenti destinati a progetti esterni, di risocializzazione e la timidezza con cui i DSM sembrano farsi carico del problema dei folli autori di reato. Ci sembra legittimo chiederci, con Maria Grazie Giannichedda, se alla chiusura dei sei OPG non seguirà l'apertura di molti piccoli OPG dal nome REMS (45).

L'attivazione e l'impegno dei servizi psichiatrici territoriali nella presa in carico dei pazienti psichiatrico giudiziari costituisce un aspetto essenziale. L'effettività dei servizi offerti sul territorio incide infatti sia sulla fase di ingresso che su quella di uscita dagli OPG (in futuro dalle REMS). Soltanto in presenza di progetti individualizzati si potrà incrementare la libertà vigilata come vera alternativa alla misura di sicurezza detentiva, soltanto con l'impegno dei DSM si potrà condurre un processo di uscita dalle strutture graduato e accompagnato. Come abbiamo già osservato, le misure di sicurezza avranno una durata massima, non potranno perciò riproporsi in futuro gli inaccettabili ergastoli bianchi ma in assenza di servizi attivi sul territorio vi sarà il rischio che, alla misura di sicurezza a vita, si sostituisca la condizione di abbandono, condizione che potrebbe poi tramutarsi in una inedita forma di ergastolo bianco fatta di un circuito di uscite dalle REMS, nuovi ingressi e nuove uscite.

Note

1. Si rinvia al par. 4.1. del cap. III e all'intero cap. IV.

2. La prassi della concessione di licenze finali di esperimento in qualsiasi fase dell'internamento in OPG era una prassi sicuramente in uso presso la Magistratura di Sorveglianza di Firenze fino al 2003. Di questa prassi ci dà, infatti, testimonianza A. Margara, “La flessibilità delle misura di sicurezza: situazione attuale ed ipotesi”, Fogli di informazione, 201, 2003, p. 15.

3. I dati presi in esame sono limitati agli anni 1986-2012, in quanto non è stato possibile reperire i dati degli anni precedenti.

4. I dati qui rielaborati sono stato forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

5. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

6. M. Balletti, “L'esecuzione delle misure di sicurezza: accertamento, e riesame della pericolosità, unificazione, conversione ed altri aspetti procedurali”, in Persona e Danno, 2009.

7. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

8. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

9. Riferimento doveroso in quanto la questione sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale concerneva l'illegittima differenziazione del regime tra semi-imputabili e non imputabili, per i primi infatti l'art. 219 consentiva di applicare la misura della libertà vigilata in luogo del ricovero in OPG.

10. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca dal Casellario di Giustizia.

11. Si veda par. cap. I.

12. Si veda par. 3.1.1. cap. II.

13. In questo senso: M. Niro, Misure di sicurezza e alternative all'OPG, cit.

14. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

15. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

16. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

17. Per la critica alle misure di sicurezza come «truffa delle etichette» si rinvia al capitolo II, par. 2.2.

18. Corte Costituzionale, sentenza del 18 Luglio 2003, n. 253, in Giurisprudenza Costituzionale, 2003, 48, 2, pp. 2112.

19. S. Cohen, “The punitive city: note on dispersal of social control”, in Contemporary crises, 3, (1979), pp. 339 e ss.

20. Diversion è un termine che proviene dai Paesi anglosassoni ed indica genericamente le politiche di distrazione del reo dal procedimento penale formale e dalla sanzione detentiva. Si veda R. Falciai, La funzione della pena, in Ristretti orizzonti, pp. 113 e ss.

21. Misura comunitaria o di comunità è la traduzione del termine anglosassone community sanction, termine utilizzato nella raccomandazione (92), 16 del Consiglio d'Europa e stante ad indicare tutte le sanzioni penali e le misure che mantengono il condannato nella comunità imponendogli alcune prescrizioni e restrizioni della libertà.

22. Se in Gran Bretagna, già con il Probation act del 1907 si introducevano le prime alternative, a partire dagli anni '50, negli Stati Uniti si sperimentavano alcune misure comunitarie, il sistema di parole, la probation e la diversion. La prima consisteva nella pronuncia del tribunale solo sulla responsabilità e la tipologia di illecito commesso, senza la determinazione di un quantum di pena da espiare predeterminato. Il giudice si limitava a fissare un limite minimo e uno massimo di pena. Il parole board, un organo amministrativo era competente a decidere, in base ad una valutazione dei progressi trattamentali, quando la detenzione avrebbe potuto concludersi. La probation era una sospensione della sentenza cui faceva seguito la sottoposizione ad alcune prescrizioni per un dato periodo, al termine del quale, il Probation Office, organo non giurisdizionale, avrebbe deciso se estinguere il procedimento. Con diversion si fa riferimento ad un sistema di sanzioni sostitutive alla detenzione, G. Ponti, I. Merzagora Betsos, Compendio di criminologia, cit., pp. 456-457.

In Italia le misure alternative furono introdotte con l'ordinamento penitenziario, legge n. 354 del 1975 ed ampliate con successive riforme, mentre le sanzioni sostitutive sono apparse nel nostro ordinamento con la legge n. 689 del 1981. In realtà una forma alternativa all'imprigionamento era già prevista dal Codice penale del 1931, ci riferiamo alla liberazione condizionale, disciplinata dall'art. 176 del codice. Si tratta di una sospensione dell'esecuzione della pena, per un determinato lasso di tempo, all'esito del quale, se il soggetto avrà rispettato le prescrizioni del regime cui è sottoposto - libertà vigilata - e non avrà commesso reati, la pena si estinguerà.

23. S. Cohen, The punitive city, p. 342.

24. Come ci ricorda Cohen, la politica proposta è quella di una distrazione dal procedimento penale di tutti i crimini minori (siano essi crimini senza vittima, di scarso allarme sociale, privi di offensività), in modo tale da poter garantire l'impiego di forze sui crimini di maggior rilevanza e allarme sociale. S. Cohen, “Uno scenario per il sistema carcerario futuro”, in F. Basaglia e F. Ongaro Basaglia (a cura di), Crimini di pace. Ricerche sugli intellettuali e sui tecnici come addetti all'oppressione, Torino, Einaudi, 1975, pp. 444 e 447.

25. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

26. Con questa sigla si vogliono intendere le ipotesi in cui è stata applicata una misura di sicurezza.

27. Con questa sigla ci riferiremo all'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia.

28. Con questa sigla ci riferiremo alla misura di sicurezza della libertà vigilata.

29. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

30. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario di Giustizia.

31. Al 31 agosto del 2014, secondo i dati elaborati e resi pubblici dall'International Centre for Prison Studies (ICPS), l'Italia risulta al 13º posto su 57 Paesi per numero di detenuti in attesa di giudizio in rapporto alla popolazione detenuta totale, con un tasso del 32,6%. I dati sono reperibili sul sito dell'ICPS.

32. La letteratura e qualche articolo di giornale in materia di manicomi giudiziari ci riportano le drammatiche testimonianze di persone che hanno trascorso negli OPG la gran parte della loro esistenza. Da un articolo di La Repubblica possiamo riprendere tre storie sconcertanti: G. ha trascorso 18 anni a Barcellona Pozzo di Gotto per una rapina eseguita fingendo di avere nella tasca una pistola inesistente; A. internato 25 anni per essersi travestito da donna, D. che ha rubato una bicicletta (C. Pasolini, “In cella da 18 anni per rapina di 7 mila lire. Gli ergastoli bianchi dei 'matti criminali'”, in La Repubblica, 9 Giugno 2011).

33. V. Andreoli, Anatomia degli Ospedali psichiatrici giudiziari, cit., p. 73.

34. La tabella è tratta dalla ricerca di V. Andreoli, Anatomia degli Ospedali psichiatrici giudiziari, cit., p. 73.

35. I dati qui rielaborati sono stati forniti, ai fini di questa ricerca, dal Casellario della Giustizia.

36. Atti del parlamento, Senato della Repubblica, XVI Legislatura, Doc. XXII bis, n. 4, Commissione Parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, Relazione sulle condizioni di vita e di cura all'interno degli Ospedali psichiatrici giudiziari, Approvata il 20 Luglio 2011, Relatori sen. M. Saccomanno e D. Bosone, Tipografia del Senato, p. 10.

37. Tutte le misure di sicurezza detentive sono sottoposte al suindicato termine massimo di durata, non soltanto quelle rivolte a semi-imputabili e non imputabili, ma anche quelle cui sono destinati gli imputabili (colonia agricola e casa di cura e custodia) e i minori. G.L. Gatta, “Aprite le porte agli internati! Un ulteriore passo verso il superamento degli OPG e una svolta epocale nella disciplina delle misure di sicurezza detentive: stabilito un termine di durata massima (applicabile anche alle misure in corso, a noi pare)”, in Diritto penale contemporaneo, 6 Giugno 2014.

38. Per le modalità con cui procedere al calcolo della pena edittale massima la legge rinvia all'art. 278 c.p.p., relativo alla determinazione della pena agli effetti delle misure cautelari. Ivi si stabilisce che nel calcolo non debba tenersi conto della continuazione, della recidive, né delle circostanze del reato (con eccezione di quelle di cui al n. 5 dell'art. 61 del c.p. e al n. 4 dell'art. 62 nonché quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa). Da ciò deriva peraltro che nell'ipotesi in cui un soggetto abbia compiuto più di un fatto delittuoso non potrà che trovare applicazione la disciplina del cumulo materiale, si veda in proposito G.L. Gatta, “Aprite le porte agli internati!”, cit.

39. In questo senso già si era espresso Gatta in “Aprite le porte agli internati!”. Questa lettura ha poi trovato conferma nella sentenza Tribunale di Roma, 3 giugno 2014, B.M., Giudice Di Nicola, commentata dallo stesso autore in “Revoca del ricovero in OPG per decorso della durata massima: un primo provvedimento”, in Diritto penale contemporaneo, 16 Giugno 2014.

40. Si deve peraltro osservare che non sono mancate le critiche all'emendamento dei Senatori Manconi e Lo Giudice che ha consentito questa innovazione nella disciplina codicistica. Mostrano preoccupazione per la possibile liberazione di molti soggetti pericolosi, tra gli altri, il Giudice del Tribunale Roma Di Nicola, in una nota all'Associazione Nazionale Magistrati (la nota è reperibile sul sito QS - Quotidiano Sanità). La stessa Di Nicola, anticipava questa riflessione in un commento al D.L. 52/2014, sottolineando soprattutto i pericoli insiti nella mancanza di percorsi esterni per i soggetti socialmente pericolosi cui verrà revocata la misura di sicurezza per scadenza termini e il conseguente rischio di abbandono di questi ex internati, P. Di Nicola, “Prime riflessioni su chiusura OPG. Considerazioni sul D.L. 52 del 2014, in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

41. G. Lattanzi, M. Lo Piano, Codice penale. Ultime annotazioni giurisprudenziali, Milano, Giuffrè, 2010, p. 133.

42. F. Scarpa, “La tutela della salute mentale in carcere”, in Salute e territorio, 194, 2012, p.281.

43. F. Della Casa, “Basta con gli OPG! La rimozione di un fossile vivente come primo passo di un percorso riformatore”, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1, 2013, p. 78.

44. Si veda par. 4.2.5. cap. III.

45. M. G. Giannichedda, OPG: chiuderne sei per aprirne quanti?, cit.