ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Irene di Valvasone, 2013

La ricerca svolta ha ad oggetto le misure semidetentive e le misure detentive non carcerarie, e si allarga ad una breve analisi delle misure corrispondenti presenti nell'ordinamento francese. Le misure semidetentive sono le sanzioni o i benefici penitenziari strutturati in maniera da alternare un periodo di tempo passato in ambiente carcerario e un periodo di tempo trascorso in libertà. Le misure detentive non carcerarie comprendono tutte quelle alternative alla detenzione che si eseguono in ambiente extramurario. La decisione di analizzare insieme queste due differenti alternative alla pena detentiva è motivata dall'importante minimo comune denominatore dell'afflittività. Intese in senso lato, poiché verranno analizzate anche delle vere e proprie sanzioni, si tratta di misure alternative alla pena detentiva, alternative in quanto sicuramente si differenziano dalla reclusione e dall'arresto. Tuttavia, della pena detentiva tradizionale condividono il regime detentivo, la componente della restrizione, seppure attenuata. Pertanto, la denominazione di benefici o sanzioni alternative non è del tutto corretta, poiché non prendono completamente le distanze dalla reclusione o dall'arresto. Le vere alternative al carcere sono le misure che escludono completamente la componente afflittiva che deriva da qualunque limitazione della libertà personale. Ed è per questo motivo che le misure semidetentive e detentive non carcerarie è più corretto definirle modalità alternative d'esecuzione della pena detentiva, regimi detentivi attenuati, pur comprendendo che la limitazione della libertà personale, nelle due categorie in esame, è strutturata in maniera completamente diversa. La loro afflittività è dunque concepita in termini di riduzione della libertà personale del condannato. Nell'ordinamento francese, questo aspetto è ancora più chiaro: sia la semilibertà che la sorveglianza elettronica (corrispondente alla nostra detenzione domiciliare) sono definite aménagements della pena, pertanto non sono incluse fra le sanzioni sostitutive, ma si considerano modi di strutturare, organizzare, la pena detentiva, si tratta appunto di semplici modalità d'esecuzione della detenzione.

L'analisi delle misure prese in esame è complicato dalla mancanza di linearità nella configurazione della loro disciplina. Soprattutto studiando le misure alternative previste nell'ordinamento penitenziario, ci si rende conto che non siamo di fronte ad un regime della semilibertà, ma a tre diverse ipotesi, che inoltre si sovrappongono alla sanzione sostitutiva della semidetenzione; così come non affronteremo lo studio della detenzione domiciliare, ma verranno analizzate ben 7 differenti figure che vanno sotto il nome di detenzione domiciliare. Questa moltiplicazione delle ipotesi interne ad una stessa misura alternativa è il risultato della sovrapposizione di leggi nel tempo, leggi che hanno avuto inizialmente l'obiettivo d'incentivare la finalità rieducativa della pena che si realizza tramite la concessione di un'alternativa al carcere, ma che ultimamente hanno invece il solo scopo di far defluire parte della popolazione penitenziaria fuori dagli istituti penitenziari per far fronte all'esiziale fenomeno del sovraffollamento nelle carceri italiane. Questa trasfigurazione dell'originario volto delle misure semidetentive e detentive non carcerarie ha come conseguenza anche l'ampliamento dei poteri discrezionali del giudice, chiamato a decifrare la disciplina derivante dalla sovrapproduzione legislativa e a reagire di fronte all'inerzia del legislatore nell'affrontare l'emergenza carceraria. L'aumento della discrezionalità giudiziale in materia di sanzioni non appare, dunque, equilibrato da ben precisi limiti legali, né voluto come accade nell'ordinamento francese. Un modo per limitare i poteri discrezionali potrebbe essere quello di anticipare la concessione delle misure alternative nella fase della cognizione, cosa che già accade con la semidetenzione. Ma proprio le sanzioni sostitutive ci dimostrano come questo sistema non sembri funzionare nel nostro ordinamento; e, comunque, la previsione di alternative alla pena da concedere durante la fase dell'esecuzione penale continua ad avere un senso: realizza infatti la progressione nel trattamento penitenziario, principio che deriva direttamente dal principio d'individualizzazione delle pene, che a sua volta è un corollario della finalità rieducativa sancita dalla Costituzione all'art. 27, comma terzo.

Un problema, che riguarda più da vicino la detenzione domiciliare, attiene all'effettività dei controlli sul rispetto delle prescrizioni impartite dal magistrato di sorveglianza: un buon sistema di controllo sul rispetto delle prescrizioni garantisce la certezza e l'effettività della pena, evitando che la misura alternativa si trasformi in un mero beneficio clemenziale. L'applicazione di mezzi elettronici per il controllo a distanza delle persone sottoposte a detenzione domiciliare potrebbe ovviare a quest'inconveniente, tuttavia rimangono ancora oggi largamente inutilizzati. Tutto ciò, risulta ancor più paradossale quando ci si confronta con l'ordinamento francese, che concepisce la detenzione domiciliare solo se accompagnata dall'uso del cosiddetto "braccialetto elettronico".

L'analisi delle misure domiciliari e semidetentive si conclude spostando lo sguardo su ciò che succede nella pratica. Allora ci si rende conto che l'applicazione in concreto di queste misure è costellata da preclusioni che le rendono inaccessibili a certe categorie di reati e problemi di non facile soluzione attinenti ai destinatari reali, spesso appartenenti alla classe degli emarginati. Si tratta di disfunzioni che limitano pertanto l'accesso a questi benefici, e che se venissero eliminate, non solo contribuirebbero a togliere le discriminazioni nella concessione delle alternative al carcere, ma soprattutto aiuterebbero a ridurre l'affollamento negli istituti di pena. Ed è proprio questo il leit motiv della tesi, la lente con cui guardare allo studio dei regimi detentivi attenuati. La popolazione penitenziaria è arrivata ad essere di poco inferiore alle 65 mila persone, laddove la capienza regolamentare degli istituti penitenziari sarebbe di 47 mila posti. (1) È superfluo dire che la situazione è gravissima, e il fatto che non venga adeguatamente presa in considerazione è ancora più grave. Lo studio delle modalità alternative di esecuzione della pena detentiva può servire a comprendere perché siamo arrivati a tanto, e che cosa si può fare per migliorare la situazione. Ma il discorso è valido per tutte le alternative alla pena carceraria, poiché in quanto alternative dovrebbero limitare il ricorso alla reclusione o all'arresto. Tuttavia, le misure prese in esame hanno un vantaggio in più rispetto alle altre alternative, poiché sono considerate parzialmente afflittive, contenitive, permettendo così che possano essere concesse anche a persone, in parte, pericolose socialmente. Ma forse è proprio questo pregio a costituire anche il loro limite.

Note

1. Dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Ministero della Giustizia.