ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo secondo

Michele Miravalle, 2011

2.1 Uno sguardo altrove. High Security Hospitals, gli O.P.G. d'Oltremanica

Un passaggio fondamentale di questa ricerca, che si prefigge l'obiettivo di indagare la possibilità di un oltre etico e giuridico all'O.P.G. in Italia, è l'analisi di quanto avviene al di fuori dei confini nazionali.

Questo capitolo ha pertanto un profilo spiccatamente comparatistico, consci del fatto che il diritto è oggi chiamato a risolvere problemi che spesso trascendono la sua giurisdizione territoriale. Sarebbe velleitario, oltreché metodologicamente discutibile, non conoscere come le altre civiltà giuridiche si occupano dei folli-rei e del bilanciamento tra esigenze di cura e di sicurezza.

Si prende presto coscienza infatti di come la Società del rischio descritta da UIlrich Beck (1) sia un'entità sociologica senza confini territoriali, ma costituisca piuttosto una condizione storico-culturale caratteristica della nostra epoca "globalizzata".

A conferma di ciò, è utile ed interessante anticipare alcune considerazioni, che verranno presto confermate dalla statistica e da autorevole dottrina: «L'ondata di securitismo non ha risparmiato a livello mondiale, anche il trattamento della malattia mentale, specie nei profili che interessano il sistema penale, dove riemerge lo stereotipo del folle delinquente e dove è possibile collocare l'evoluzione dei sistemi europei e non all'interno del più generale sviluppo delle logiche di implementazione del diritto penale in funzione di assicurazione di una maggiore sicurezza rispetto al fenomeno criminale» (2).

Si andrà a scoprire che esiste, a livello globale, una generale «rivalutazione dello strumento dello strumento di controllo penale» (3) evidenziata dal fatto che, anche in quei sistemi dove esistono e funzionano forme amministrative (e quindi extrapenali) di controllo dello psicotico pericoloso, non si è rinunciato ad espandere comunque forme di controllo penale. «Le esigenze di difesa sociale hanno avuto la meglio e l'insicurezza sociale ha alla fine imposto un modello in cui a prevalere è ancora una volta la logica manicomiale della custodia» (4).

Ci concentreremo sui Paesi con tradizione di common law e, in particolare, su Regno Unito e Stati Uniti (5).

Tale scelta non è certamente dettata dalla mancanza di altre esperienze interessanti nel panorama globale. Basti pensare, su tutte, alla singolare e unica scelta della legislazione svedese (6) di seguire un modello abolizionista puro, cancellando fin dalla riforma del codice penale del 1965, ogni differenza tra soggetti imputabili e non imputabili, relegando conseguentemente alla fase esecutiva (e non a quella cognitoria) ogni valutazione dell'impatto del disturbo psichico sul profilo criminale del reo oppure alla Germania, storicamente paese di avanguardie giuridiche, nonché terra natia del sistema del doppio binario, teorizzato nel 1882 dal programma di riforme (Marburger Programm) di Franz Von Liszt e introdotto nell'ordinamento penale nel 1933 con la legge sui delinquenti abituali. Sempre in Germania occorre rilevare l'ambizioso tentativo della Seconda legge di riforma del diritto penale (1975), di introdurre tra le misure di sicurezza l'istituto della terapia sociale (7).

Verrà seguito il medesimo criterio espositivo scelto per descrivere il sistema italiano: in un primo tempo, indagheremo il ruolo e la categorizazzione giuridica del folle reo (mentally ill offender) durante la fase cognitoria del processo, capendo come si è evoluto il concetto di imputabilità e di malattia mentale nelle decisioni delle Corti e nei rari, ma esistenti, atti legislativi (gli acts). In un secondo tempo verrà analizzata la fase esecutiva, con particolare attenzione a modalità, numeri e storia dell'internamento dei folli-rei negli High Security Hospitals, gli O.P.G. d'Oltremanica.

Occorre tuttavia svolgere alcune premesse sociologiche e sistematiche. In entrambi i sistemi in esame, quello statunitense e quello inglese, l'istituto manicomiale è a tutt'oggi esistente, poiché il movimento antipsichiatrico, non ha saputo essere così incisivo e influente come lo è stato nel nostro Paese, nonostante il numero di internati sia in costante decrescita. Nei mental hospitals statunitensi nel 1955 erano ristretti 550 000 persone, nel 2000 "soltanto" 70 000. Questo significa che vi è una tendenza a curare la malattia mentale in altri luoghi, diversi dall'ospedale psichiatrico. Nel Regno Unito la situazione è parzialmente differente, poiché l'uso della «detenzione» (8) in ospedali psichiatrici, privati o pubblici (gestiti e diretti dal National Health System-NHS), si è sostanzialmente stabilizzata raggiungendo i 49 417 ricoveri (9).

Sono tuttavia le statistiche governative ufficiali a distinguere tre categorie di internamento: le detentions subsequent to admission (paragonabili ai c.d. ricoveri volontari, in cui è il malato stesso o il suo tutore a fare richiesta di "admission"nell'ospedale psichiatrico), le formal admission (sono i ricoveri "formali", cioè ordinati dall'autorità giudiziaria o amministrativa, secondo l'iter previsto dal Mental Health Act del 1983 e che avremo modo di descrive più dettagliatamente) e le detention following use of section 136 of Mental Health Act (si tratta di quello che potremmo definire "ricovero d'urgenza", è la legge infatti a prevedere che qualora un soggetto dia segni di evidente squilibrio mentale - mental disorder - in un luogo pubblico, possa essere fermato dall'autorità di pubblica sicurezza e condotto in un place of safety - solitamente l'ospedale psichiatrico - per un tempo massimo di 72 ore, durante le quali dovrà essere visitato da uno psichiatra, che deciderà la terapia e le azioni più opportune da svolgere (10)).

Si può notare come, negli ultimi cinque anni, il numero totale dei ricoveri sia sempre rimasto tra i 45 000 e i 50 000, tuttavia, nel 2010 si rileva un aumento del 3,5 %, pari a 1692 nuovi pazienti.

Se si scorporano i dati (Tabella 2.2) si constata come tale trend sia provocato dal rilevante aumento dei ricoveri obbligatori, che nel 2010 hanno superato le 30 000 unità, con un aumento record del 7,3 % rispetto al 2009. I ricoveri volontari sono invece diminuiti, scendendo a 16 721 unità.

Un andamento "contraddittorio" quindi, molto interessante dal nostro punto di vista, poiché dimostra come il paziente, se ha la possibilità di scegliere volontariamente, preferisce sempre più curarsi in luoghi diversi dall'ospedale psichiatrico, al contrario l'Autorità continua a praticare (e in certi casi preferire) la segregazione alla c.d. politica delle open doors ("porte aperte), così ragionando il superamento dell'istituzione totale si allontana.

Tabella 2.1 (11): Confronto tra ricoveri volontari e obbligatori in ospedali psichiatrici pubblici e privati nel Regno Unito
Tabella 2.2: confronto numeri assoluti tra ricoveri volontari e obbligatori in ospedali psichiatrici pubblici e privati nel Regno Unito

Occorre fare un passo ulteriore e indagare il rapporto (o meglio, la percezione sociale del rapporto) tra follia e criminalità e anche stavolta, si scopre un dato apparentemente contrastante, poiché vi è uno scollamento tra la quantità effettiva di crimini commessi da persone con un disagio psichico e la percezione della loro pericolosità da parte della società.

Il primo dato è così graficamente riassumibile.

Tabella 2.3 (12): Rapporto tra crimine e malattia mentale

Solo una ristretta percentuale di malati psichiatrici compie quello che la psichiatria definisce convenzionalmente passaggio all'atto criminale (il c.d. acting out), e una ancor più ristretta parte compie crimini efferati o particolarmente violenti. A creare maggiori problemi dal punto di vista della pubblica sicurezza è tuttavia la c.d. doppia patologia (13), cioè quando al disagio psichico si associa un altro comportamento socialmente deplorevole: l'abuso di alcool o droghe, il vagabondaggio (14).

Nonostante sia oggettivamente dimostrato che «la popolazione psichiatrica commette meno crimini della popolazione normale» (15), la percezione della loro pericolosità è maggiore, «tutte le ricerche su larga scala concordano nell'affermare che le persone percepiscono i malati psichiatrici come soggetti più violenti della norma, soprattutto se maschi e appartenenti a classi sociali disagiate» (16).

Anche per i folli-rei anglosassoni e statunitensi, il quadro è, in generale poco confortante e lo spettro dell'isolamento, sociale e fisico, in un istituzione totale goofmaniana è molto più che una mera probabilità.

È ora opportuno muovere la nostra analisi, iniziando dalla fase cognitoria del processo penale di common law, quel momento in cui la componente psichiatrica del paziente inizia ad avere rilievo non solo umano e medico, ma anche giuridico. Già nel periodo più risalente della tradizione di common law (17), ci si domandava se, in determinate circostanze, vi fosse la possibilità di considerare il reo non imputabile. Il primo criterio di valutazione dell'imputabilità di cui si ha conoscenza è quello della c.d. bestia selvaggia (wild beast) (18), usato dalle Corti di giustizia fin dal XIII secolo. Sostanzialmente l'imputato doveva essere sottoposto all'esame della giuria per capire se, all'epoca del fatto criminale, fosse «totally deprived of his understanding and memory so as not to know what he [was] doing, no more than an infant, a brute, or a wild beast» (19) (totalmente deprivato della capacità di capire e avere contezza delle sue azioni, non diversamente da un neonato, un bruto, una bestia selvaggia) (20). In pratica se la capacità di interagire con i consociati dell'imputato fosse stata paragonabile a quella di un neonato, di un bruto o di una bestia selvaggia, egli sarebbe stato assolto dalle accuse.

Un criterio tanto discutibile, quanto primitivo ed «eccentrico» (21), niente di più di una metafora necessaria a dimostrare la mancanza di una anche minima capacità di ragionare.

Il rischio maggiore era quello di limitare la non imputabilità a casi molto sporadici, soprattutto perché spesso veniva interpretato letteralmente. Gli annali di giurisprudenza raccontano che il giudice era solito spiegare così il criterio alla giuria: «Potete assolvere l'imputato solo se la malattia ha totalmente annullato la sua capacità di distinguere il bene dal male, in altre parole deve somigliare proprio ad una bestia». Così interpretando casi che oggi definiremmo di schizofrenia o paranoia, allora non avevano nessuna rilevanza sotto il profilo dell'imputabilità (22).

La svolta verso un regime più illuminato, razionale e scientificamente all'avanguardia avviene nel 1843, grazie ad un clamoroso caso di cronaca giudiziaria, destinato a plasmare fino ad oggi l'intera tradizione di common law riguardo ai folli-rei.

Daniel M'Naghten (23), un giovane inglese schizofrenico-paranoico, era ossessionato dall'esistenza di un complotto per eliminarlo, perpetrato dal Primo Ministro di Sua Maestà Sir Robert Peel e decise così di ucciderlo appostandosi davanti all'abitazione di quest'ultimo. Non appena vide un uomo sulla soglia, sparò, ma ad essere colpito a morte, non fu il primo ministro, bensì il suo segretario personale Edward Drummond (24).

Il giudice chiamato a pronunciarsi sul caso diede un'interpretazione evolutiva del criterio della bestia selvaggia e così si rivolse alla giuria: «Non potete assolvere l'imputato o potete assolverlo solo se siete sicuri sicuri che non poteva distinguere il bene e il mal, ma non in modo generale, ma avendo riguardo alle sue azioni in concreto». Si trattava insomma non di distinguere il bene e il male in astratto, bensì di applicare questa visione alla persona in concreto. Il processo si concluse con una assoluzione.

Su questa nuova interpretazione si aprì un aspro dibattito in dottrina e giurisprudenza, finché non intervenne la House of Lord in sede legislativa, formulando le celebri M'Naghten Rules (25).

Esse statuiscono: «Every man is to be presumed to be sane, and that to establish a defense on the ground of insanity, it must be clearly proved that, at the time of the committing of the act, the party accused was laboring under such a defect of reason, from disease of mind, and not to know the nature and quality of the act he was doing; or if he did know it, that he did not know he was doing what was wrong» (26).

Parafrasando la lettera della norma, si pongono due condizioni affinché l'imputabilità possa essere esclusa e il defendant (l'imputato) possa utilizzare la c.d. insanity defense:

  1. ogni soggetto si presume sano di mente ed in possesso di un grado di ragione sufficiente per essere ritenuto responsabile dei suoi reati fino a quando non sia stato dimostrato il contrario;
  2. nel momento in cui agì, l'imputato si trovava sotto l'influenza di un difetto di ragione, dovuto ad una malattia di mente, così da non essersi rappresentato la natura e la qualità del proprio atto oppure, se di ciò era consapevole, da non essersi reso conto che quanto stava facendo era ingiusto.

Come spesso accade nella peggior tradizione legislativa, si dà una regola, usando una terminologia "aperta", cioè altamente opinabile. Ci sono voluti decenni di decisioni giurisprudenziali per arrivare a rendere pacifico che:

  1. «sapere o comprendere la natura e la qualità delle proprie azioni» si riferisce al carattere fisico della condotta, ad esempio se il soggetto spara ad una persona rappresentandosi però di sparare ad un animale, egli è non imputabile poiché non ha compreso fisicamente la condotta del premere il grilletto e sparare, ben diversa la situazione del soggetto che spara ad una persona, pensando che gli sia stato ordinato da un'entità ultraterrena, in questo caso ha ben in mente il carattere fisico dello sparare, tutta al più non si rappresenta le conseguenze della condotta, cioè l'evento morte provocato dal suo sparo.
  2. «sapere o comprendere che le conseguenze della sua azione sono ingiuste», cosa significa? Se ci fermassimo ad analizzare solo il carattere fisico della condotta, il secondo esempio appena svolto non rientrerebbe nei casi di non imputabilità della M'Naghten Rules, creando una rischiosa iniquità di trattamento tra tipologie di disagio psichico. Grazie a due precedenti decisi dalla Corte dell'Ontario, si è aperta la strada per l'assoluzione di soggetti che comprendevano la negatività "fisica" della propria condotta, ma non le conseguenze (27). Si segue così il pensiero tipico dell'epistemologia, da sempre favorevole ad un'interpretazione estensiva delle M'Naghten Rules, nel senso di assolvere l'imputato qualora sia chiaro che non possa autodeterminarsi come le altre persone non affette da malattia mentale, solo così si può tener conto di patologie, tendenzialmente meno gravi, che dimidiano la capacità di volere, ma non quella di intendere.

Così ragionando il passo verso un progressivo superamento delle rules è davvero breve ed infatti avviene negli anni Settanta negli Stati Uniti, dove si afferma la teoria dell'impulso irresistibile (irresitible impulse), con la quale si lascia alla spalle l'applicazione troppo restrittiva della M'Naghten Rules e si dà accoglienza alle nuove scoperte della scienza psichiatrica, secondo cui il disagio psichico può produrre degli "impulsi irresistibili" che non permettono al soggetto di autocontrollarsi, pur lasciando inalterata la loro capacità di intendere.

Il rischio è tuttavia "opposto", esagerare nel dare interpretazioni estensive e dar rilievo ad una serie di disagi non così gravi da causare un vero e proprio vizio di mente (28), cancellando il fondamentale concetto psicotalogico forense di autocontrollo.

Un altro rilevante tentativo di superamento delle M'Naghten Rules è il c.d. Durham Test formulato nel 1954 (29), con cui le Corti statunitensi decidono di dare rilevanza ai semplici mental defect (anomalia mentali), concetto più ampio rispetto a quello di mental disease (malattia mentale) (30): «If his unlawful act was the product of mental disease or mental defect». Ben presto dottrina e giurisprudenza presero coscienza dell'aleatorietà del concetto di defect (anomalia), con il rischio di dare eccessiva rilevanza alla perizia psichiatrica, trasformando il perito in giudice, analogamente a quanto è avvenuto in altri contesti, Italia compresa.

Così ben ventidue Stati della confederazione americana lo dichiararono illegittimo e resta correntemente applicato nel solo New Hamsphire (31).

In definitiva ad oggi, negli Stati Uniti, il folle-reo ha la possibilità di optare tra tre strategia processuali di difesa: dichiararsi IST (incompetent to stand trial), cioè incapace di "stare a giudizio" a causa dello stato di mente, non comprendendo le dinamiche processuali e le accuse mosse, nonché le eventuali decisioni della giuria, il procedimento viene sospeso finché l'incapacità permane. Il giudice solitamente ordina la custodia cautelare in una struttura psichiatrica. Negli Stati Uniti vi sono annualmente circa 25 000 imputati che si dichiarano IST, ma solo il 25% di questi vengono valutati effettivamente incapaci di stare in giudizio dal giudice (32).

Se si vuole far rilevare invece l'incapacità di intendere e volere al momento della commissione del fatto di reato (e non al momento del giudizio come nel caso del IST), la scelta si restringe alla richiesta di essere dichiarati: NGRI (not guilty by reason of insanity) oppure GBMI (guilty but mentally ill). Le due richieste sono, in concreto molto simili, ma differiscono su un piano storico concettuale. Nel caso NGRI l'imputato sostiene di avere commesso il fatto a causa del vizio di mente, quindi l'esistenza di un nesso eziologico diretto tra malattia mentale e reato. L'onere probatorio a carico dell'imputato porta a far risultare questa tattica complessa e di scarso successo, solo una media di 85 imputati su 1000 si infatti dichiara NGRI e di questi solo il 28% riesce a persuadere la Corte (33).

La categoria giuridica del GBMI (colpevole, ma affetto da psicopatologia) è stata creata in una precisa circostanza storica, il processo per tentato omicidio contro John Hincley, che nel 1981 cercò di assassinare il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. Assolvere il tentato assassino della massima autorità statunitense sarebbe stato difficile da giustificare di fronte all'opinione pubblica e difficilmente la giuria popolare, così importante nei procedimenti penali di common law, avrebbe assecondato le richieste della difesa di dichiarare Hincley NGRI, dall'altro lato, non si potevano neanche ignorare le condizioni mentali dell'imputato. La Corte trovò il compromesso creando la fictio iuris del GBMI e quindi scegliendo di condannare il soggetto, ma di differenziare il suo percorso detentivo in ragione del vizio di mente.

In definitiva né il GBMI, né il NGRI sfuggono all'applicazione di una sanzione penale, ma, nel caso di GBMI, possono aggiungersi altre tipologie di sanzioni extrapenali, ad esempio, la sospensione di alcuni diritti dicili e politici, su tutti il diritto di elettorato attivo e passivo.

In conclusione, alla luce della breve disquisizione circa il concetto di imputabilità nella tradizione di common law, è davvero singolare notare come il dibattito di dottrina e giurisprudenza in ordinamenti giuridici molto diversi tra loro per storia, sostrato culturale, regole e procedure, come possono essere l'Italia, gli Stati Uniti e il Regno Unito, sia, in realtà, molto più simile di quanto si possa immaginare, con i ricorrenti dubbi sull'opportunità di preferire un'interpretazione "aperta" o "chiusa" di imputabilità o sulle modalità con cui recepire giuridicamente le evoluzioni della scienza.

La sfida resta quindi, quella di trovare soluzioni locali a problemi globali.

Abbandoniamo ora la fase di cognizione del processo penale, per analizzare l'esecuzione di coloro ai quali sia stata riconosciuta l'insanity defense (non imputabilità per vizio di mente).

Dove e come la tradizione di common law punisce e cura i folli-rei? Quali sono i più rilevanti problemi del sistema delle misure di sicurezza? Quali i parallelismi con il sistema italiano? Fin dove si spinge il diritto penale?

Queste sono le domande cruciali che attendono una risposta.

Focalizzando l'attenzione sul Regno Unito, il testo legislativo fondamentale per comprendere il trattamento della malattia mentale (sia essa associata o meno all'aspetto criminale) è il Mental Health Act (MHA) (34) del 1983, che sostituisce il testo originale del 1959, emendato a sua volta nel 1997 e, più recentemente, nel 2007, nella parte in cui si prevede un potenziamento delle misure custodiali in funzione di difesa sociale.

Il MHA ha due sezioni fondamentali, la Part II riguarda la c.d. civil admission, cioè la presa in carico da parte del sistema sanitario nazionale (NHS) di tutti i malati psichiatrici non criminal offender, cioè non autori di reato.

La Part III (35) si occupa specificamente dei "Patients concerned in Criminal Proceedings or under Sentence", i folli-rei, i c.d. mentally disordered offenders, che alla psicopatologia associano anche l'aspetto criminale e quindi provengono dal Criminal Justice System.

L'art. 1 del MHA risolve immediatamente il problema di chi debba essere considerato, secondo il diritto inglese, "folle". Si statuisce infatti che sono interessati dalle disposizioni dell'act coloro che presentano un mental disorder (disordine mentale), una mental illness (malattia mentale), un mental impairment (insufficienza mentale) o un psychopatic disorder (disordine psicopatico). Spetta, ovviamente, alla scienza psichiatrica e non a quella del diritto dare significato a questi termini, tuttavia è la legge stessa a prevedere che il limite alla sua applicazione è costituito dalle learning disability (i disturbi dell'apprendimento), che non vengono quindi elevati al rango di vizi di mente di gravità tali da rendere necessarie misure coercitive.

Ma la presenza di un vizio di mente non è ragione sufficiente a giustificare il ricovero in ospedale psichiatrico: «La disciplina si muove dunque nella logica propria degli analoghi provvedimenti di ricovero presenti in altri sitemi giuridici europei, nei quali la custodia scatta solo in presenza della pericolosità del soggetto» (36).

L'art. 2 sezione 2 stabilisce infatti che: «An application for admission for assessment may be made in respect of a patient on the grounds that:

  1. he is suffering from mental disorder of a nature or degree which warrants the detention of the patient in a hospital for assessment (or for assessment followed by medical treatment) for at least a limited period; and
  2. he ought to be so detained in the interests of his own health or safety or with a view to the protection of other persons» (37).

Necessità di salute ed esigenze di sicurezza, associate al disturbo mentale sono quindi ragioni necessarie e sufficienti a giustificare il ricovero, che tuttavia deve essere bilanciato da una duplice garanzia: l'esame (assessment) del paziente deve essere svolto da due medici specialisti, che devono concordare sulle esigenze di ricovero, la durata massima è di 28 giorni, salvo che prima della scadenza non ne sia disposta la proroga (art. 2 sezione 4). Tale proroga può essere di sei mesi, poi seguita da ulteriori proroghe di periodi annuali, se persistono i presupposti ex art. 2 sezione 2.

L'art. 25 lettera H prevede tuttavia la dimissione del paziente per ordine dell'ufficiale medico, anche prima della scadenza, qualora vengano meno i presupposti per il ricovero.

Ma è l'art. 3 del MHA a introdurre comunque il principio di sussidiarietà, per il quale il ricovero è un'extrema ratio, qualora non vi siano altri strumenti idonei a salvaguardare le esigenze di salute e di sicurezza e qualora sia fallito il tentativo di guardianship (art. 3 sezione 2), una sorta di affidamento in prova ai servizi sociali, della durata minima di 14 giorni, durante il quale si cerca di evitare il ricorso all'istituzione totale.

Anche dopo le dimissioni, il monitoraggio del paziente da parte del servizio sanitario del servizio sociale non si esaurisce e permane la misura, a suo modo custodiale, dell'after care supervision, una sorta di licenza finale d'esperimento per soggetti, giova ricordarlo, non autori di reato.

Si noti come l'intero iter custodiale del folle non autore di reato, a partire dal ricovero, fino all'after care supervision sia totalmente affidato all'autorità medico-sanitaria, l'autorità giudiziaria ne resta completamente estranea, a meno che non sia il paziente stesso a richiederne l'intervento con ricorso contro i provvedimenti medici al Mental Health Review Tribunal (38).

La situazione si complica nel caso di mentally disordered offenders. Dalla lettera della norma traspare una generale accentuazione degli elementi custodiali, rispetto al quadro appena descritto tracciato dalla Part II del MHA.

In generale, come è tipico nella tradizione di common law, vi è la tendenza a fissare con legge solo i principi generali e "di sistema", lasciando ampio spazio all'interpretazione in concreto del giudice, infatti tutta la disciplina si impernia sull'ampio istituto dell'hospital order (ordine di ricovero), in caso di persona condannata e sull'istituto del report on mental condition, che è misura cautelare, in caso di soggetto in attesa di giudizio. Una differenziazione teorica, ma non pratica, visto che in entrambi i casi il paziente viene internato in un ospedale psichiatrico.

L'hospital order è fissato dall'art 37 del MHA, con particolari garanzie: l'hospital order può darsi solo in caso di reati punibili con la detenzione, è istituto alternativo alla già vista possibilità di guardianship, si applica solo se la natura e la qualità del disturbo mentale lo rendano appropriato e se sia probabile che un tale trattamento possa migliorare o prevenire il deterioramento delle condizioni di salute del soggetto, sulla base di una perizia effettuata da due medici specialisti.

Dal punto di vista procedurale, il giudice prima di pronunciare l'ordine di ricovero deve valutare: l'esistenza di una struttura disponibile ad accogliere il paziente (è una valutazione, almeno in teoria, da farsi in concreto, tenendo conto delle esigenze terapeutiche del paziente) e l'accettazione del ricovero da parte del custode designato (solitamente un parente prossimo), che ha la facoltà di opporsi e prendere in carico il paziente.

Fin qui le differenze tra folle reo e soggetto non autore di reato sono praticamente inesistenti, non fosse altro per l'autorità che dispone il ricovero, da una parte un giudice di una Crown Court (organo collegiale, paragonabile alla Corte d'Assise italiana) o un magistrate (giudice monocratico), dall'altra l'autorità amministrativa-sanitaria.

Il divario tra le due tipologie di pazienti si allarga nel momento in cui l'art. 41 sez.1, prevede che la sola Crown Court (39) possa disporre in aggiunta all'hospital order un restriction order: «Where a hospital order is made in respect of an offender by the Crown Court, and it appears to the court, having regard to the nature of the offence, the antecedents of the offender and the risk of his committing further offences if set at large, that it is necessary for the protection of the public from serious harm so to do, the court may, subject to the provisions of this section, further order that the offender shall be subject to the special restrictions set out in this section; and an order under this section shall be known as a restriction order».

Si tratta sostanzialmente di un'ulteriore misura afflittiva, che sottolinea l'aspetto criminale del soggetto, a discapito delle esigenze di cura, poiché viene pronunciata tenendo conto di parametri preminentemente giuridico-criminali: la natura dell'offesa, i precedenti del reo, il rischio di commettere future «offese rilevanti» (40), la necessità di proteggere il pubblico da gravi danni causati dal soggetto. Più il soggetto è pericoloso più il giudice sarà propenso ad aggiungere un restriction order, oltre all'ordinario ricovero (41).

Si chiede al giudice di effettuare un giudizio prognostico sulla pericolosità del reo. Come tutti i giudizi di questo il tipo, in cui il giudice si deve pronunciare su eventi futuri, facendo una valutazione, ben poco giuridica, delle probabilità, si ripropongono le stesse critiche e sorgono gli stessi dubbi già espressi sul giudizio di pericolosità sociale richiesto dalla legislazione italiana. Le critiche non vengono cancellate, ma piuttosto attenuate, dalla previsione ex art. 41 sez. 2, di pronunciare il restriction order, solo se almeno uno dei due periti, ne sostiene la necessità e la validità in udienza.

L'effetto principale del restriction order è quello di dimidiare il potere della direzione dell'ospedale psichiatrico e accrescere quello dell'autorità giuridico-amministrativa, infatti il paziente potrà essere dimesso solo su ordine del Secretary of State o del Mental Health Review Tribunal, a prescindere dall'iter del suo percorso riabilitativo e dal decorso della malattia mentale. Una vera rivincita delle esigenze generalpreventive di sicurezza rispetto a quelle di cura e al diritto alla salute (43).

Ad ulteriore conferma della scelta di politica criminale del legislatore inglese, gli emendamenti al MHA del 1997 hanno riformato l'art. 45 A introducendo l'istituto del hospital direction eventualmente aggravato dal restriction order (o limitation order), Si prevede che qualora sussistano due condizioni:

  1. L'autore di reato sia considerato imputabile e quindi condannato a pena detentiva da una Crown Court.
  2. L'autore soffra di un c.d. treatable psychopatic disorder, cioè di un «persistent disorder or disability of mind (whether or not including significant impairment of intelligence) which results in abnormally aggressive or seriously irresponsible conduct on the part of the person concerned» (44), vale a dire disturbi particolamente gravi, da rendere il soggetto molto aggressivo e altamente pericoloso, in ragione della loro marcata irresponsabilità, che li renderebbe refrattari ad accettare un percorso terapeutico su base volontaria.

La Crown Court in aggiunta alla pena può ordinare, sulla base del parere di due medici specialisti, il ricovero in ospedale psichiatrico, creando così una situazione non dissimile a quanto avviene in Italia, nel particolare caso idi vizio parziale di mente, dove pena e misura di sicurezza si sommano, raggiungendo il paradossale hapax del sistema del doppio binario.

Il regime ora illustrato è particolarmente gravoso, poiché il soggetto dovrà prima essere ricoverato e attendere che o la direzione dell'ospedale (se non sussiste il restriction order) o il Secretary of State e il Mental Health Review Tribunal (nel caso sussista un restriction order) decidano le sue dimissioni e poi, qualora resti da scontare una parte della pena eccedente il periodo di ricovero (45), dovrà essere trasferito in carcere, a meno che non vi siano i presupposti per l'applicazione di una misura sospensiva.

Si è creato così un sistema altamente flessibile, che concede grandi poteri all'autorità giurisdizionale e che mira, coniugando esigenze punitive e trattamentali, a salvaguardare la collettività da soggetti particolarmente pericolosi e difficilmente contenibili in strutture diverse da quelle manicomiali (46).

La domanda che ora si pone è: dove vengono ricoverati i soggetti con un ordine di ricovero, siano essi autori di reato o meno?

Dipende dalla loro pericolosità, esistono infatti due possibilità: gli psychiatric hospitals, per soggetti con un basso o medio grado di pericolosità e gli High Security Hospitals (o special hospitals) per soggetti che «require treatment under conditions of high security because of their dangerous, violent or criminal propensities» (47) (richiedono un trattamento in condizione di alta sicurezza, in ragione della loro pericolosità, violenza o propensione criminale) (48).

Poco o nulla è dato sapersi sulle modalità di valutazioni di tale triplice criterio, che ricordano molto gli studi di antropologia criminale di lombrosiana memoria, nonostante i documenti governativi ufficiali (49) precisino che «the high security hospitals have clear twin security and therapeutic objectives. The security objectives include the protection of the public, by seeking to ensure that patients do not escape or abscond, and the provision of a safe environment for staff and patients within the hospitals. The therapeutic objectives include the need to do everything possible to provide therapy for patients so that their illness/disorder can be treated and their behaviour made less dangerous for others and themselves. It was clear to the Review Team from the outset that security and therapeutic issues were so closely interrelated that security could not, and should not, be dealt with in isolation. It is also important to state clearly that maintaining high levels of security is the responsibilityof all staff in a high security hospital, not just the security staff, and that good security and therapy will be seen as integrated concepts rather than opposite ends of a spectrum» (50).

Gli High Security Hospitals sono tre (Asworth, Broadmoor e Rampton) per il territorio di Inghilterra e Galles e uno, Carstairs, per Scozia e Irlanda del Nord e sono passati alla competenza del Ministero della Salute (National Health System) fin dal 1948 con l'approvazione del Criminal Justice Act, oltre mezzo secolo prima degli O.P.G. italiani.

Al 31 dicembre 2008 (51) vi erano 3937 pazienti "detenuti" in ospedale (52), 3460 maschi e 477 femmine, dei quali 1501 nuovi ricoveri. Un numero di presenze che segnale una crescita moderata ma costante, nell'ultimo decennio, dal 1% al 3% annuo, che significa più di mille pazienti in dieci anni.

Tabella 2.4: Presenze negli ospedali psichiatrici, secondo le previsione del Mental Health Act nel decennio 1998-2008 (53)
Tabella 2.5: Pazienti negli ospedali psichiatrici suddivisi per sesso, in numeri assoluti (54)

Delle 477 donne, il 6%, cioè 30 detenute, sono ricoverate in High Security Hospital, il restante 94% (447 soggetti) in normali ospedali psichiatrici.

Numeri leggermente diversi per quanto riguarda la popolazione maschile: il 17% (577 persone) in High Security Hospitals e l'83% (2883) in altre tipologie d'istituto. Il 91% della popolazione internata negli High Security Hospitals è criminal offenders e conseguentemente sottoposta alle previsione della Part III del Mental Health Act, solo il 9% delle presenze sono c.d. ricoveri civili, in ottemperanza delle prescrizioni ex Part II MHA.

Tabella 2.6 (55): Confronto tra tipologie di ospedale per numero di ricoveri ("admissions") annui

Dal punto di vista diagnostico-patologico, il 66% dei pazienti è affetto da una malattia mentale (mental illness), il 29% da un disordine mentale (psychopatic disorder), il restante 5% da un ritardo mentale (mental impairment) di gravità più o meno accentuata.

Per quanto riguarda invece l'analisi dell'età media degli internati si tenga conto di una differenza giuridica e culturale piuttosto marcata rispetto alla tradizione italiana: la legge inglese permette l'internamento anche dei minorenni, ovviamente si tratta di un'extrema ratio, ma pur sempre possibile qualora il minore «fulfil the adult admission criteria» (56), nel 2008, dei 104 maschi sotto i 20 anni, 33 erano minorenni e ben 13 femmine. Un dato conferma la rigidità del sistema penale anglosassone nei confronti dei minorenni.

Tabella 2.7: Pazienti negli ospedali psichiatrici suddivisi per fasce d'età

Per evitare di riproporre gli errori di un approccio eccessivamente neopositivista, in cui il numero diventa, non punto di partenza, ma risultato dell'analisi sociologica, occorre contestualizzare le cifre e le percentuali appena fornite, cercando di "incrociare" le statistiche per meglio comprenderne la portata.

Quattromila pazienti in ospedali psichiatrici sono tanti o pochi? Apparentemente, considerando che la popolazione inglese è di circa 61 milioni di abitanti, il numero sembra piuttosto elevato, più del doppio degli internati italiani, pur avendo l'Italia un numero equivalente di abitanti, ma occorre contestualizzare, tenendo conto della tradizione inglese di largo utilizzo della carcerazione, rispetto alle altre realtà europee, almeno nella c.d. Europa Occidentale.

Al 30 giugno 2011 la popolazione detenuta era di 85374 (81189 maschi e 4185 femmine), cifre davvero importanti, che permettono quindi di rivalutare il numero di internamenti.

Tabella 2.8: Popolazione carceraria, suddivisa per quadrimestri dal giugno 1995 al giugno 2011, con indicazione di variazione percentuale rispetto al medesimo quadrimestre dell'annualità precedente (57)

Si nota, come, esclusi brevi periodi tra il 1998 e il 2000, dove la popolazione carceraria è diminuita, con percentuali comunque sempre inferiori al 4%, negli ultimi 15 anni la Società del rischio ha fortemente influito l'attività degli operatori giuridici e, conseguentemente, fatto "esplodere" il sistema carcerario, da tempo malato di quella grave e apparentemente incurabile malattia che è la «schizofrenia penitenziaria» (58).

Una patologia che non affligge certamente solo il Regno Unito, basta procedere ad una comparazione tra Paesi europei (componenti del Consiglio d'Europa) per avere un quadro poco confortante.

Il Council of Europe Annual Penal Statistics fornisce annualmente un quadro statistico completo dello "stato di salute" dei sistemi penitenziari. Il dato più interessante è quello della c.d. densità penitenziaria, cioè il rapporto tra popolazione nazionale e numero di detenuti (59).

Tabella 2.9 (60): "Densità penitenziaria": numero detenuti ogni centomila abitanti

Si evince come le esigenze custodiali del Regno Unito (152.3 di densità), siano ben superiori alla media europea (119.4). Erroneo pensare che numeri così significativi, siano il risultato di una fase straordinaria ed emergenziale, poiché rientrino piuttosto in una sorta di tendenza a incarcerare di più, accettata e spesso incentivata, dall'opinione pubblica anglosassone.

I dati sul sovraffollamento infatti parlano chiaro: il Regno Unito (fatta esclusione per la Scozia) non è tra i Paesi Europei con carceri "al collasso", dove vi sono più detenuti rispetto alla capacità. Le "maglie nere" europee sono infatti concentrate nella parte orientale del continente, con le eccezioni negative di Italia e Spagna.

Tabella 2.10 (61): Sovraffollamento: rapporto numero detenuti ogni 100 posti disponibili

Non è pleonastico aver proposto una breve digressione riguardante il sistema carcerario "ordinario", poiché esso è legato a doppio mandato con la questione con gli High Security Hospitals.

Se infatti si procede ad un'analisi più approfondita dei pazienti ristretti negli ospedali psichiatrici, suddividendoli per categorie giuridiche (legal categories) si scopre che un quarto di loro (937 su 3937) proviene da carceri ordinarie, poiché trasferiti o mentre erano in attesa di giudizio o mentre già scontavano una condanna definitiva. Dai numeri non si evincono le motivazioni del trasferimento, ma si può supporre che, se una parte dei "trasferiti" presenta effettivamente esigenze terapeutiche tali da richiedere il ricovero in una struttura più ospedaliera che carceraria, non si esclude che un'altra percentuale sia stata soggetta ai c.d. trasferimenti disciplinari, frutto dell'incapacità di contenere il soggetto, che ostacola il pacifico funzionamento della vita penitenziaria e necessita, a detta degli operatori carcerari, una tipologia di regime a suo modo maggiormente "punitivo", che faccia massiccio ricorso a contenzioni chimico-farmacologiche o addirittura fisiche.

Tabella 2.11 (62): Popolazione internata suddivisa per posizioni giuridiche

Dalla seconda parte della Tabella 2.11 si evincono anche gli effetti concreti che le disposizioni legislative del Mental Health Act precedentemente descritte, hanno sul funzionamento delle istituzioni manicomiali.

Si nota infatti la frequenza, che diventa quasi automatismo, con cui i giudici tendono ad aggiungere all'hospital order un più afflittivo restriction order.

La metà degli internati dovrà attendere quindi che sia l'autorità amministrativa (Secretary of State) o quella giudiziaria (Health Tribunal Review) e non quella sanitaria a decidere sulle sorti delle loro eventuali dimissioni o proroghe del ricovero. Se a questi aggiungiamo i detenuti trasferiti dalle carceri ordinarie, capiamo quanto il ruolo del diritto sia preminente a quello della scienza psichitrica.

Più ospedali o più carceri? La risposta ora è più chiara, nonostante lo staff degli high security hospitals si affretti a precisare (63): «Because of the outside appearance of the buildings, especially its high walls, and the inaccurate news reporting it has often received, many people believe that Broadmoor Hospital is a prison - it's not. Although most patients are referred by the criminal justice system, they are still patients in hospital and their daily routines and treatment programmes are designed to assist their therapeutic recovery» (64).

Al di là delle dichiarizioni di circostanza: «There is a general perception that people come to Broadmoor and we throw away the key and they're here for ever. That's certainly not the case» (65), c'è la chiara sensazione che la sicurezza diventi una vera ossessione e che i percorsi terapeutici non siano affatto all'altezza delle aspettative. Il Review Team incaricato dal governo britannico di svolgere un'indagine sugli High Security Hospital riporta: «The Review Team found it difficult to obtain conclusive information about the hospitals' level of success in treating and rehabilitating patients. Certainly our overall impression on our visits to wards was of a shortage of opportunities for meaningful activity for patients, either within the ward itself or off the ward. Indeed we frequently found wards with the majority of patients on the ward either watching television or simply sitting around. We made attempts to survey the levels of activity but, whilst we were most appreciative of the efforts of hospital personnel to provide us with available information, we felt that there was insufficient comprehensive and reliable information to enable us to draw fully supportable conclusions» (66).

Anche l'opinione dei mass media è piuttosto severa riguardo all'amministrazione di tali strutture: larga eco hanno avuto le indagini riguardanti presunti episodi di violenza, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione e pornografia all'interno degli high security hospital con un coinvolgimento diretto di alcuni membri dello staff, alla fine degli anni Novanta (67). Sul fronte della c.d. stampa scandalistica, diffusissima nel Regno Unito, ad una prima ricerca negli archivi multimediali risulta che le notizie riguardanti gli istituti manicomiali presentano un'alea di mistero parafiabesca e sono pertanto classificabili, al fine di una seria analisi sociologica, nella non troppo rilevante categoria della "macchiettistica" (68).

Difficile prevedere come si evolveranno nel futuro prossimo gli High Security Hospital, poiché la questione dei folli rei sembra oggi nel Regno Unito lontana dall'attenzione dell'opinione pubblica e della politica, è tuttavia sintomatico notare che la decisione più recente, adottata dal Governo (69), esecutiva a partire dal 1 agosto 2011, riguarda l'implementazione delle misure di sicurezza delle tre strutture (Ashworth, Broadmoor e Rampton), con un finanziamento, già messo a bilancio, di 55 milioni di sterline (circa 62 milioni di Euro), che andrà a gravare economicamente sulla già alto costo pro folle reo a a carico dello Stato (circa 2000 sterline a settimana, poco meno di 300 sterline al giorno) (70).

Pare essere questa l'ennesima conferma di una società affamata di sicurezza e di un atavico istinto punitivo, dove lo psicotico delinquente diventa sempre più reo e sempre meno folle, sempre più punito e sempre meno curato.

Note

1. Vedi supra, Cap.I, nota 17.

2. Pelissero, op. cit., p. 176.

3. Ibidem.

4. Pelissero, op. cit., p. 176.

5. La scelta di limitare lo studio comparatistico del trattamento dei folli rei ai soli Regno Unito e Stati Uniti è dettata principalmente dalla possibilità dell'Autore di approfondire la tematica durante un semestre di studio e ricerca al Center for Transnational Legal Studies di Londra. Particolarmente utili ai fini dell'argomento trattato sono stati gli incontri con Andrew Bridge, direttore del Probation System, Andrew Coyle, già direttore penitenziario, presidente del International Center for Prison Studies, Essex University e Peter Tague, professore di procedura penale e deontologia forense alla Georgetown University di Washington.

6. Sul caso Svezia cfr. Maria Teresa Collica, op. cit., p. 144. L'ipotesi di cancellare la previsione della non imputabilità sarà ripresa in Italia, come vedremo, dalla proposta di legge Corleone.

7. L'idea era quella di finanziare programmi di risocializzazione di gruppi di autori particolarmente predisposti a commettere reati, basati su tecniche di terapia di gruppo e di psicologia sociale. Al di là di poche sperimentazioni, il programma non riuscì mai a raggiungere i risultati sperati su larga scala e quindi fallì. Cfr. Klaus Volk, Imputabilità e misure di sicurezza nell'ordinamento tedesco, in Manna, op. cit., p. 145.

8. Detenzione è la traduzione letterale di "detention", termine ufficiale utilizzato per definire l'internamento o il ricovero in ospedale psichiatrico. Gli internati son definiti detenuti ("detained").

9. Attenzione alla corretta lettura del dato statistico, poiché se i numeri assoluti di internati sono, nel complesso, diversi, ma omogenei (70000 negli U.S.A., circa 50000 in U.K.), occorre tener conto che la popolazione statunitense è di 310 millioni di persone, quella inglese di appena 61 milioni.

10. La section 136 del Mental Healt Act prevede testualmente:
«(1) If a constable finds in a place to which the public have access a person who appears to be suffering from mental disorder and to be in immediate need of care or control, the constable may, if he thinks it necessary to do so in the interests of that person or for the protection of other persons, remove that person to a place of safety within the meaning of section 135 above.
(2) A person removed to a place of safety under this section may be detained there for a period not exceeding 72 hours for the purpose of enabling him to be examined by a registered medical practitioner and to be interviewed by an [approved mental health professional] and of making any necessary arrangements for his treatment or care».

11. Tabella tratta da In-patients formally detained in hospitals under the Mental Health Act 1983 and patients subject to supervised community treatment, National Healt Service, Londra, 2010.

12. David Levinson (a cura di), Encyclopedia of crime and punishment, Vol.3, SAGE Publication, London, 2002, p. 1046.

13. Levinson, op. cit., p. 1047.

14. La metà delle persone senza fissa dimora (homeless) presentano anche una diagnosi psichiatrica.

15. Antonino Calogero, op. cit., p. 41.

16. Levinson, op. cit., p. 1048, traduzione dell'Autore.

17. Le primissime testimonianze sul dibattito riguardo all'imputabilità risalgono al XIII sec., quando le Corti inglese iniziarono ad escludere la punibilità del soggetto in caso di complete madness (letteralmente, "completa pazzia").

18. Finnar Mc Auley, L'imputabilità nel diritto di common law, in Manna, op. cit., p. 131 e ss.

19. Farlex, free legal dictionary, alla voce insanity defense.

20. Traduzione dell'Autore.

21. McAuley, op. cit., pag 131.

22. McAuley, op. cit., p. 132.

23. M'Naghten's Case, 8 Eng. Rep. 718 (1843).

24. Ricostruzione storica tratta dal portale di giurisprudenza inglese FindLaw e da McAuley, op. cit., p. 132.

25. Singolare notare come la dottrina e la giurisprudenza fossero così divise che il precedente fu fissato dalla House of Lords, evento molto raro, poiché, solitamente, sono le Court of Appeal a fissare le nuove regole giuridiche.

26. Cfr. FindLaw.

27. Cfr. McAuley, op. cit., p. 134. Il primo caso risale al 1959 quando nello Stato dell'Ontario, un uomo, psicotico depresso, uccise i suoi due figli, convinto che in un futuro prossimo le avrebbe riprese con sé. Egli ha quindi capito che l'omicidio era un atto contra legem, ma non ne ha compreso appieno le conseguenze, vale a dire l'irreversibilità dell'evento morte. Il secondo è un caso del 1967: un imputato ha visto un ritratto di Gesù mostrato in una vetrina di un negozio in mezzo ad altri generi merceologici, ritenendolo profondamente blasfemo, decidendo così di comprarlo, ponendo fine alla presunta blasfemia. Tuttavia trovandosi senza soldi e ha scelto di procurarseli rapinando la vicina banca. La Corte ha in questo caso ritenuto che l'imputato si dovesse considerare non imputabile, poiché, pur avendo compreso natura e qualità della sua condotta, non ha inteso che i motivi erano destituiti di ogni razionalità.

28. Mc Auley, op. cit., p. 136.

29. Prende il nome dal primo caso in cui fu applicato Durham v. United States, 214 F. 2d 862 (D.C. Cir. 1954).

30. Cfr. Maria Teresa Collica, op. cit., p. 146.

31. Farlex, free legal dictionary, alla voce insanity defense.

32. Cfr. Levinson, op. cit., p. 1046.

33. Ibidem, p. 1047.

34. Il testo completo in lingua originale del MHA è disponibile online. Nelle pagine successive si farà riferimento a questa versione, la traduzione è a cura dell'Autore.

35. Section 35 e ss.

36. Pelissero, op. cit., p. 171.

37. Traduzione dell'Autore: «La richiesta di ricovero viene formulata nel caso in cui il paziente:

  1. soffra di un disturbo mentale di natura e intensità da rendere necessaria il ricovero (la detention) in ospedale per una perizia psichiatrica (o per una perizia seguita da un trattamento sanitario) for un periodo limitato di tempo,
  2. dovrebbe essere ricoverato nell'interesse della sua stessa salute o sicurezza o in relazione a protezione di terzi».

38. Pelissero, op. cit., p. 171.

39. Tale organo giurisdizionale ha competenza su reati tendenzialmente più gravi e viene definita higher court (giudice supaeriore).

40. Traduzione letterale dell'espressione: «offences if set at large».

41. Cathey Cobley, Sex offender. Law, Policy and Practice, Jordans, Bristol, 2006, p. 222-223.

43. Pelissero, op. cit., p. 173.

44. Art. 1 MHA 1983.

45. Se invece il periodo di ricovero è stato più lungo della pena inflitta, il folle-reo sarà considerato come un qualsiasi soggetto a cui è stato applicato un hospital order con restriction order.

46. Pelissero, op. cit., pag 174.

47. Ministry of Justice, Statistics of Mentally Disordered Offenders 2008 England and Wales, bulletin of Statistics, Londra, 2008.

48. Traduzione dell'Autore.

49. Ibidem, p. 5.

50. Traduzione dell'Autore: «Gli high security hospitals hanno un duplice obbiettivo: la salute e la sicurezza. La sicurezza include la salvaguardia dei consociati, badando bene a prevenire ogni tentativo di fuga o evasione dei pazienti e creando un ambiente lavorativo sicuro per tutti i membri dello staff e i pazienti all'interno dell'ospedale. Le finalità terapeutiche includo il fare tutto il possibile affinché la malattia/disturbo possa essere trattato e affinché i comportamenti dei pazienti non arrechino danno a loro stessi e agli altri. E' chiaro che sicurezza e cura sono strettamente correlati e la sicurezza non potrebbe, anzi non dovrebbe, essere un criterio di valutazione e di lavoro a sé stante. Il mantenimento di alti livelli di sicurezza è compito non solo del personale specificamente addetto alla sicurezza, ma di tutti gli operatori, solo considerando salute e sicurezza due facce della stessa medaglia e non due opposti inconciliabili, gli high security hospitalds potranno raggiungere gli obiettivi prefissati».

51. E' questa l'ultima rilevazione statistica disponibile, poiché il Governo inglese ordine la compilazione di un Bollettino Statistico ufficiale, su specifica e consuetudinaria richiesta del Parlamento, soltanto ogni tre anni, i prossimi dati saranno disponibili non prima del 2012. Apparentemente impossibile avere cifre statistiche relative a tempi più recenti, nonostante i numerosi tentativi dell'Autore di ottenerli sia dal Ministero di Giustizia che dal National Health System, la risposta ricorrente è sempre stata: «not avaible» (non disponibili).

52. Si tratta qui dei soli pazienti che rientrano nelle previsione legislative del Mental Health Act del 1983, non della totalità dei pazienti psichiatrici ospedalizzati, rilevati invece supra Tabelle 2.1 e 2.2.

53. Ministry of Justice, Statistics of Mentally Disordered Offenders 2008 England and Wales, bulletin of Statistics, Londra, 2008.

54. Ibidem.

55. Ministry of Justice, Statistics of Mentally Disordered Offenders 2008 England and Wales, bulletin of Statistics, Londra, 2008.

56. «Soddisfi i criteri di ricovero previsti per gli adulti».

57. Ministry of Justice, Offender Management Statistics, Quarterly Bulletin, Londra, 2011.

58. Andrew Coyle, intervista all'Autore del DATA. Il Presidente dell'International Center for Prison Studies sostiene che la risposta del sistema penale all'esigenze di sicurezza della popolazione è assolutamente sproporzionata rispetto alle effettive necessità.

59. Il concetto di "detenuto" varia da Paese a Paese, il Consiglio d'Europa ne da una definizione il più estensiva possibile, comprendendo i detenuti con sentenza passata in giudicato, quelli in attesa di giudizio, quelli sottoposti a misure cautelari o a misure di sicurezza detentive.

60. Consiglio d'Europa, Annual Penal Statistics, Strasburgo, 2011.

61. Consiglio d'Europa, Annual Penal Statistics, Strasburgo, 2011.

62. Ministry of Justice, Statistics of Mentally Disordered Offenders 2008 England and Wales, bulletin of Statistics, Londra, 2008.

63. Testo tratto dal sito internet del Broadmoor high security hospital, l'unico dei quattro ospedali psichiatrici giudiziari inglesi ad avere un sito internet, dove oltre alla descrizione della struttura e delle modalità di trattamento degli internati, viene consentito di usufruire di alcuni servizi multimediali, il più particolare la possibilità di inoltrare online una richiesta di colloquio con uno dei pazienti.

64. Traduzione dell'Autore: «A causa delle apparenze dall'esterno dell'edificio, specialmente le alte mura di cinta e a causa di ciò che spesso riportano imprecisi mass media, molte persone credono che Broadmoor sia un carcere, ma non lo è. Nonostante molti dei pazienti arrivino dal sistema penale, restano prima di tutti pazienti di un ospedale, la loro routine quotidiana e i loro programmi terapeutici sono pensati per assistere e agevolare la loro riabilitazione».

65. Kevin Murray, direttore sanitario del Broadmoor Hospital, intervista a "Today" BBCradio, 9 maggio 2011. Traduzione dell'Autore: «C'è la percezione generale, che le persone entrino a Broadmoor e si butti via la chiave della loro cella e resteranno ricoverati per sempre. Ma certamente non è così».

66. Review Team, Report of the Review of Security of the High Security Hospitals, Londra, 2000, p. 8. Traduzione dell'Autore: «Il review Team ha incontrato molte difficoltà ad ottenere informazioni rigurdo alle percentuali di successo dei percorsi terapeutici e riabilitativi. Certamente, un'impressione generale durante la nostra visita tra le corsie è stata quella di poche opportunità per i pazienti, costituite soprattutto da attività inutili, sia dentro che fuori la struttura. Infatti, abbiamo trovate reparti dove la maggior parte dei pazienti era coricata o seduta a guardare la televisione o semplicemente a non fare niente. Abbiamo tentato di indagare la reale qualità delle attività riabilitative, ma nonostante gli sforzi del personale a fornire le informazioni disponibili, ciò è risultato molto difficile, tant'è che il materiale raccolto è insufficiente a tracciare conclusioni generali e attendibili».

67. BBC News, Shameful top security hospital escapes closure.

68. Sulle pagine Wikipedia dedicate ai singoli high security hospital vi sono liste complete dei più "celebri e pericolosi criminali" (notable patients) rinchiusi in queste strutture, correlati alla loro biografia criminale. Molto gettonata e ripresa da diversi media, la storia, tra fiaba dell'orrore e cronaca, della c.d. Sirena di Broadmoor. Nel 1951 dall'ospedale di Broadmoor, John Straffen, duplice omicida, internato a causa di una grave schizofrenia, riuscì rocambolescamente a evadere dalla struttura, la sua fuga durò appena un'ora, ma in quel breve tempo riuscì comunque a stuprare e uccidere un'adolescente, Linda Boyer. In seguito alle proteste e le rimostranze degli abitanti del Berkshire, il Ministero della Salute avviò un'inchiesta su come implementare la sicurezza dell'ospedale: il metodo scelto fu quello di installare una sirena antibombardamento della Seconda Guerra Mondiale, che avrebbe suonato in caso di evasione di un paziente e di richiedere alle scuole della zona di adottare particolari protocolli di sicurezza e di sorveglianza. Tale sirena è a tutt'oggi in uso e viene testata ogni giorno alle dieci di mattina per due minuti. John Straffen è il criminale ad aver trascorso più tempo nel circuito penitenziario della storia inglese.

69. La decisione governativa accoglie completamente le linee di indirizzo elaborate dal Ministero della Salute e contenute nel Guidance on the High Security Psychiatric Services (Arrangements for Safety and Security at Ashworth, Broadmoor and Rampton Hospitals) Directions 2011. Nelle trenta pagine di osservazioni, gli esperti ministeriali affrontano le tematiche più disparate, dall'uso di consolle e videogames da parte degli internati, ad una regolamentazione delle visite di parenti e famigliari, passando per consigli e protocolli sulla contenzione durante i periodi di acuzia dei pazienti.

70. Dato fornito da BBC News, rubrica Health, 22 agosto 2002.