ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo 3
Immigrazione e criminalità

Emanuela Cimmino, 2006

3.1 Aspetti generali

L'insieme delle connessioni che legano l'immigrazione al mondo della criminalità è un fenomeno complesso.

E' opinione comune che la criminalità sia alimentata dall'immigrazione. In modo particolare, si ritiene che l'immigrazione provochi un aumento dei reati nel Paese di destinazione; che il forte aumento della criminalità, registrato in Italia nell'ultimo decennio, sia stato causato dagli immigrati; che oggi gli immigrati nel nostro Paese commettano alcuni reati più frequentemente degli italiani. Così l'evento criminoso che vede protagonista l'immigrato contribuisce a diffondere un senso di sfiducia nei confronti degli stranieri.

Se possiamo considerare naturale che l'immigrazione determini sempre l'aumento dei reati nel Paese di destinazione, al pari di quanto avviene per il numero delle nascite, dei decessi, dei matrimoni, non è, invece, così pacifico che l'aumento della criminalità in Italia nell'ultimo decennio sia stato causato dall'intensificarsi dell'immigrazione.

L'eccezionale aumento della criminalità in Italia ha avuto luogo già dalla prima metà degli anni '70, quando, cioè, i processi migratori erano agli inizi. E' anche vero, però, che in quest'ultimo decennio la quota degli stranieri implicati in fatti delittuosi è continuamente cresciuta.

Questo incremento, tuttavia, non si è avuto per tutte le tipologie di reati né per tutti i livelli a cui vengono svolte le attività illecite. Si tratta di quei reati per la cui commissione è richiesta una posizione qualificata all'interno del sistema di stratificazione sociale e che, pertanto, escludono gli immigrati che si trovano ancora ai gradini più bassi. Questa situazione, però, non deve far pensare che nel sistema criminale gli stranieri occupino solo le posizioni più basse, meno remunerative.

Se è vero che vi sono reati che continuano ad essere appannaggio della criminalità italiana, è anche vero che esistono delle zone di "comunicazione", settori illeciti in cui si assiste ad un progressivo inserimento degli immigrati anche ai livelli superiori ed addirittura esclusivi della criminalità straniera.

D'altra parte, l'aumento del numero dei reati commessi dagli immigrati, è parallelo all'intensificarsi del fenomeno immigratorio.

Alcuni reati, infatti, hanno avuto andamenti ciclici, con fasi di forte espansione nei primi anni di immigrazione e successive contrazioni e riprese negli anni più recenti. Per intere classi di reato, del resto, si sono registrati aumenti notevoli anche tra gli stessi italiani. Occorre, poi, tener presente che la popolazione immigrata ha una composizione per sesso ed età diversa da quella italiana, nel senso che è più giovane ed ha una quota di maschi più elevata.

Questo elemento strutturale è di fondamentale importanza nell'analisi dei fenomeni criminali, in quanto il genere e l'età assumono un peso determinante nella propensione al crimine.

L'idea di un rapporto diretto tra numero di immigrati presenti e reati commessi è indebolita dal fatto che non tutte le nazionalità sono egualmente coinvolte in queste attività criminali.

Vi sono infatti gruppi etnici numerosi che presentano indici di criminalità inferiori rispetto a quelli italiani, e comunità di immigrati che, pur non essendo tra le più numerose, presentano indici molto elevati.

Non vi è dubbio, inoltre, che l'irregolarità crei le condizioni favorevoli al verificarsi di eventi criminosi, perché costituisce un limite all'inserimento nel circuito socio-economico legale.

Finché si continuerà ad affermare che la delinquenza straniera aumenta in rapporto diretto con l'immigrazione e che gli stranieri delinquono più dei nostri connazionali, si faranno delle generalizzazioni che non aiutano a capire veramente quali dinamiche sociali siano in atto e che certamente non aiutano ad individuare strategie per la risoluzione del problema.

Oggi, infatti, i fattori di spinta all'immigrazione e l'orientamento dei flussi si presentano fortemente condizionati dagli interessi criminali che hanno sfruttato i momenti di crisi della società civile ed hanno modificato, di fatto, i rapporti tra immigrazione e criminalità.

Alcune ricerche sociologiche hanno individuato tre tipologie di criminalità in relazione al tipo di attività illegale.

Nella prima tipologia, troviamo le ipotesi di associazionismo criminale di matrice straniera, il cui numero e la cui complessità organizzativa sono in costante aumento.

L'ingresso dei cinesi, per esempio è stato favorito dall'esistenza di complesse organizzazioni dedite all'immigrazione clandestina, che gestiscono l'intero movimento migratorio illegale verso l'Europa.

La comunità cinese è venuta, così, occupando ampie porzioni di territorio, ove oggi vi sono veri e propri "quartieri cinesi".

E' stato, inoltre, accertato che la criminalità associata cinese si avvale del traffico illegale di immigrati per introdurre in un determinato territorio persone consapevoli fin dall'inizio che, per pagare il viaggio, saranno costrette a commettere reati di ogni tipo per conto delle organizzazioni.

Un'altra minaccia proviene dalla criminalità albanese, la cui presenza è andata fortemente aumentando.

Fra le principali attività illecite dei gruppi criminali albanesi vi sono lo sfruttamento della prostituzione giovanile, il traffico di armi e lo sfruttamento di manodopera minorile.

La seconda tipologia di criminalità connessa all'immigrazione riguarda l'affiliazione di immigrati clandestini da parte dei gruppi già organizzati ed operanti, per l'impiego in compiti di manovalanza delinquenziale (spaccio di stupefacenti, vendita al minuto di sigarette di contrabbando) e a fini di sfruttamento illecito (prostituzione, attività lavorative in nero, ecc).

Molti extracomunitari vengono in Italia per trovare lavoro e finiscono spesso per diventare manovalanza a basso costo delle organizzazioni criminali nello spaccio di droga, prendendo il posto che in precedenza era occupato dai tossicodipendenti italiani. (1)

In poco tempo gli immigrati hanno modificato la loro posizione nella gerarchia dello spaccio di droga: non vendono solo per conto di altri, ma comprano la droga in quantità maggiori, la suddividono, la confezionano in dose singole per poi venderla. (2)

Infine, in un terzo gruppo, si possono includere tutte quelle manifestazioni delittuose, aventi caratteristiche di estemporaneità e senza stabili collegamenti con gruppi criminali, commesse da cittadini extracomunitari spesso per ragioni di sopravvivenza ed emarginazione sociale (es. furti, scippi, aggressione, ecc). Si tratta di un fenomeno sempre più diffuso, soprattutto nelle grandi aree urbane, che produce allarme ed insicurezza tra i cittadini e a cui occorre prestare molta attenzione, in quanto facilmente suscettibile di degenerazioni, sia sul piano sociale che su quello criminale.

3.2 Lo sfruttamento di minori stranieri

Un fenomeno del tutto nuovo che ci trova fortemente impreparati non solo sul piano legislativo, organizzativo, culturale, ma anche su quello educativo è quello della forte presenza nel nostro paese di minori che provengono da paesi stranieri.

L'Italia, che fino a pochi anni fa è stata una classica terra di emigrazione, si trova improvvisamente ad essere un paese su cui si riversano masse di immigrati che, con le loro famiglie, cercano disperatamente un lavoro.

I minori, costituiscono per le organizzazioni criminali "merce" o "materia prima" privilegiata per alcuni lucrosi affari illeciti, come prostituzione, pedofilia, produzione di materiale pornografico, adozioni illegali, traffico di organi.

La scelta di operare in determinati settori illegali non è affidata al caso, essa anzi si basa su una profonda conoscenza della legislazione penale dei Paesi in cui si svolgono queste attività e dipende soprattutto dalla domanda di determinate prestazioni.

In Italia, lo sfruttamento di minori stranieri è in sensibile aumento. Di questo fenomeno possiamo distinguere almeno quattro diverse forme.

La prima è quella più tradizionale, in cui lo sfruttamento è in qualche modo collegato alla violazione della legislazione sul lavoro minorile. Tuttavia, scarsissime sono le notizie relative all'impiego irregolare di minori stranieri. Numerose ricerche (3) testimoniano casi di bambini cinesi impiegati nelle industrie tessili nei periodi di maggiore produzione; si tratta di una gestione prevalentemente a conduzione familiare, che però non sempre determina l'abbandono degli studi.

Un altro settore in cui vi è un numero rilevante di minori impiegati irregolarmente è quello dei servizi domestici.

Una seconda forma riguarda l'utilizzo dei minori nella vendita abusiva di fiori, accendini, sigarette, abbigliamento, tappeti, ecc.

L'impiego del minore di 14 anni spesso è legato al fatto che è un soggetto non imputabile.

Anche in questo caso, le attività svolte non sempre compromettono la frequenza scolastica perché, generalmente, il minore lavora insieme al genitore nelle ore pomeridiane o serali.

Un altro ambito di sfruttamento è quello dell'accattonaggio. Sebbene una recente legge della Corte costituzionale (4) abbia abrogato l'articolo 670 c.p relativo alla punibilità di chiunque mendichi in luogo pubblico o aperto al pubblico, l'utilizzo di un minore di 14 anni continua ad essere un reato. Se il minore è sottoposto all'autorità o alla custodia di chi mendica, la pena prevede l'arresto da 3 mesi a 1 anno. Se il fatto è commesso dal genitore, la condanna comporta la sospensione dell'esercizio della potestà e può dar luogo all'apertura di un procedimento per lo stato di adottabilità.

Quando questo fenomeno si inserisce nell'attività delle organizzazioni criminali, i minori, quasi esclusivamente di sesso maschile, vengono reclutati con modalità in parte analoghe a quelle utilizzate per il reclutamento delle donne da avviare alla prostituzione.

La sostanziale differenza tra gli uni e le altre è che, nel caso dei minori, le famiglie sono in genere informate dagli organizzatori del traffico e vi partecipano, ricevendo una parte dei guadagni.

Identiche a quelle delle prostitute sono le modalità del trasferimento in Italia, ove vengono accompagnati da colui che li affiderà allo sfruttatore.

I minori vengono costretti ad elemosinare per oltre dieci ore al giorno e a versare allo sfruttatore l'ammontare della questua, che viene inizialmente trattenuta per intero al fine di coprire le spese di trasferimento.

Solo in un secondo momento una parte del ricavato, in genere inferiore a quella concordata, viene inviata alle famiglie originarie tramite persona di fiducia. I minori, purtroppo, sono sottoposti ad ogni genere di violenza, fisica o psicologica, determinata dal tentativo di affrancarsi da tale schiavitù o dallo scarso rendimento. In altri casi, invece, la violenza è totalmente gratuita e finalizzata al mantenimento dello stato di soggezione del minore nei confronti dello sfruttatore.

Pur non esistendo elementi che colleghino i vari sfruttatori in gruppi più o meno organizzati, è certo che fra essi esistono accordi di mutuo soccorso che consentono ai singoli di mantenere il controllo dei minori in circostanze sfavorevoli.

Significativo, inoltre, è il fatto che i minori più anziani, sia in senso anagrafico che "lavorativo", siano adibiti alla raccolta degli introiti giornalieri, quasi ciò rappresentasse la prima tappa di una carriera criminale.

Il fenomeno dei minori utilizzati nell'accattonaggio è iniziato ad emergere in Italia già alla metà degli anni Ottanta, e si trattava in genere di minori slavi di origine Rom.

Alla fine degli anni Ottanta sono iniziati ad arrivare i minori marocchini, che ai semafori, oltre a chiedere l'elemosina, lavavano i parabrezza delle automobili.

Negli ultimi anni, invece, accanto ai minori nomadi dediti all'accattonaggio, ai semafori o lungo le strade, è sempre più frequente vedere minori albanesi, spesso senza famiglia e costretti a vivere per la strada.

A differenza dei nomadi, i marocchini e soprattutto gli albanesi, sembrano inseriti in un vero e proprio racket, che vede spesso il minore "affittato"dalla propria famiglia ad organizzazioni dedite all'immigrazione clandestina, che si occupano dell'inserimento di questi minori in Italia. Nei loro confronti i Servizi sociali provvedono in genere con il ricovero in istituto e l'avvio di accertamenti per esplorare le possibilità di un loro rimpatrio, possibilità che rimane spesso inapplicabile per l'ostilità della famiglia al rimpatrio o perché il minore spesso non ha documenti di identificazione.

Una forte preoccupazione desta anche il coinvolgimento dei minori stranieri nello spaccio di stupefacenti; si tratta in genere di minori nordafricani, presenti in Italia senza permesso di soggiorno, a volte entrati clandestinamente, ma spesso affidati dai genitori a parenti o ad amici di famiglia che vivono in Italia.

L'inserimento nel racket dello spaccio avviene in genere attraverso altri connazionali che utilizzano i minori per fare da corrieri.

Un ultimo tipo di sfruttamento riguarda la prostituzione di minorenni straniere.

Dello sfruttamento sessuale dei minori si occupano la Risoluzione della Commissione O.N.U. dei diritti umani 1992/72 ("Programma d'azione sulla vendita di bambini, sulla prostituzione, sulla pornografia infantile"), la Convenzione internazionale sui diritti del bambino del 1989 ratificata in Italia con Legge 179/91, che impegna gli Stati firmatari "a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale".

In Italia il fenomeno è abbastanza recente e vede coinvolte soprattutto minorenni provenienti dai Paesi dell'Est, in particolare Albania, ex Iugoslavia, Romania, Repubblica Ceca.

Si tratta di un vero e proprio racket di sfruttamento gestito da connazionali che, dopo aver contattato la minorenne nel paese d'origine e averla convinta a emigrare in Italia prospettandole un'occupazione lavorativa, organizzano l'ingresso in Italia che, in genere, è clandestino. Una volta qui, la minorenne viene obbligata, anche violentemente a prostituirsi (5).

3.3 Minori stranieri devianti

Il fenomeno della criminalità minorile extracomunitaria appare più presente nell'area dell'Italia centro-settentrionale sia per il numero di casi registrati sia per l'incidenza della componente straniera sul totale dei giovani denunciati.

Anche se i reati dei bambini e adolescenti immigrati sono di minore gravità rispetto a quelli commessi dai minori italiani, è più frequente che i ragazzi extracomunitari siano recidivi.

Come viene osservato dagli operatori sociali e della giustizia dell'IPM di Milano, l'elevato tasso di recidiva dell'utenza extracomunitaria costituisce un indicatore piuttosto valido delle condizioni di grave marginalità sociale che caratterizzano alcune comunità di immigrati nel nostro paese e, allo stesso tempo, mette in luce le carenze degli organi competenti nell'approfondire risposte ed interventi di sostegno e prevenzione della devianza minorile straniera. Il numero di condanne definitive risulta inoltre molto più alto, in misura proporzionale, per i ragazzi stranieri che, oltretutto, subiscono assai spesso il provvedimento della custodia cautelare in istituto penale minorile (6).

Ingressi negli Istituti Penali minorili dal 1991 al 1996
Anni Italiani Stranieri Totale
M+F F M+F F M+F F
1991 2.170 70 1.902 926 4.072 996
1992 2.591 79 1.961 941 4.552 1.020
1993 2.376 62 1.746 833 4.122 895
1994 2.161 72 1.924 857 4.085 929
1995 1.110 24 903 311 2.013 335
1996 1.093 * 882 * 1.975 *

*Dati non disponibili
Fonte: ufficio Centrale Giustizia Minorile

La devianza dei giovani stranieri vede coinvolti in particolare minorenni albanesi, nord-africani e nomadi slavi. I comportamenti dei ragazzi differiscono, tuttavia, in relazione alla provenienza geografica.

Per quanto riguarda i minori albanesi, i primi segnali della loro presenza nei centri di giustizia minorile si sono registrati a partire dal 1995 presso alcuni grandi centri urbani, come Roma e Milano, e solo successivamente, con frequenza crescente, presso altre località del Centro-Nord.

I giovani albanesi giungono in Italia da soli, senza famiglia, grazie all'opera di organizzazioni clandestine che ne favoriscono l'arrivo e che, molto spesso, ne "curano" anche il successivo inserimento nell'attività criminale, secondo diversi livelli di coinvolgimento, dall'accattonaggio alla rapina, allo sfruttamento della prostituzione. In alcuni casi la tipologia del reato commesso e i tradizionali indicatori (test, calcoli statistici, esperienze sul campo) utilizzati dagli operatori della giustizia per comprendere i reati giovanili, hanno rilevato un alto grado di pericolosità sociale e la presenza di legami diretti con gruppi di criminalità organizzata di origine albanese.

Molto spesso, il giovane è accompagnato da un parente adulto, definito genericamente come "zio", che gestisce in proprio lo sfruttamento, avviando il ragazzo all'accattonaggio o utilizzandolo per furti di vario genere.

La presenza dei minori albanesi nel territorio italiano ha comportato notevoli difficoltà in ordine alle misure e agli interventi da realizzare, sia sul piano giudiziario che su quello sociale.

Per una serie di fattori problematici, le tradizionali forme di risposta previste dall'ordinamento giudiziario minorile appaiono allo stato attuale difficilmente praticabili.

In primo luogo, a differenza dei minorenni di origine maghrebina, che dimostrano in genere una certa disponibilità a collaborare con gli operatori i minorenni albanesi mostrano una difficoltà di relazione, che si manifesta in atteggiamenti di ribellione, nel tentativo di strumentalizzare a proprio favore l'intervento degli assistenti sociali, nel rifiuto delle misure alternative al carcere e in ripetuti tentativi di fuga dalle strutture della giustizia minorile.

Laddove si è tentato di prendere in carico i minori albanesi con forme attenuate di vigilanza, affidandone la custodia a strutture semi-aperte sul territorio, come i centri di prima accoglienza e le comunità alloggio, i ragazzi non hanno accettato l'intervento sociale, giungendo in molti casi a tentare la fuga.

Un'altra componente significativa di minori extracomunitari che delinquono è rappresentata dagli adolescenti nordafricani, prevalentemente tunisini e marocchini, imputati per spaccio di sostanze stupefacenti, reati contro la proprietà o ambulantato irregolare, la cui presenza è segnalata in prevalenza nelle aree centro-settentrionali del paese.

Per molti anni, i cittadini di nazionalità marocchina e tunisina che arrivavano in Italia avevano un'età media piuttosto alta, superiore ai 30 anni; si trattava in genere di giovani e adulti senza famiglia al seguito, dediti principalmente ad attività di ambulantato.

Dal 1987, si è registrata la presenza di adolescenti non accompagnati, provenienti da zone particolarmente povere e depresse della Tunisia e del Marocco.

L'arrivo quasi improvviso di questi minorenni di origine maghrebina, può essere spiegato, oltre che facendo riferimento a fattori strutturali interni ai paesi di provenienza, anche da un cambiamento di politica delle autorità tunisine e marocchine, che fino al 1987 avevano sempre impedito il rilascio del passaporto e l'uscita dal paese dei minorenni, in modo particolare se privi di accompagnamento.

Attualmente, i minorenni nord-africani, segnalati dalle autorità giudiziarie e sottoposti a provvedimenti penali, sono adolescenti soli, privi di documentazione regolare, senza famiglia, oppure in compagnia di un adulto di cui viene segnalata la presenza dagli stessi ragazzi, ma che di solito vive in un'altra città.

Dai racconti dei ragazzi, l'adulto viene di solito definito, anche in questo caso come "zio" anche se l'assenza di documentazione regolare rende di fatto impossibile l'accertamento del legame di parentela.

Per di più, la stessa età dei ragazzi fermati è spesso dedotta attraverso visite mediche, in quanto tutti i giovani dichiarano di essere minorenni, allo scopo di poter usufruire dei benefici concessi dalla legge.

Non tutti i minorenni nord-africani coinvolti in fenomeni di devianza giungono nel nostro paese con un chiaro progetto di inserimento nella criminalità organizzata.

In questo senso, si possono distinguere quei casi nei quali l'arrivo del minorenne è stato organizzato da gruppi di adulti, quasi sempre connazionali, che curano l'inserimento nell'attività criminale, da altri percorsi migratori, nei quali il ragazzo arriva da solo in Italia e dopo un periodo più o meno breve di permanenza, nel corso del quale si sforza di lavorare onestamente, si inserisce poi, o viene fatto inserire, nel racket della droga o dei furti.

Non sempre le Autorità di Polizia e la Magistratura riescono a determinare con chiarezza la struttura organizzativa delle reti criminali che manovrano la manovalanza immigrata minorenne.

Per quanto riguarda le tipologie di reato segnalate, vanno operate delle distinzioni per le due nazionalità prevalenti: i ragazzi tunisini, risultano quasi tutti coinvolti in attività di spaccio di sostanze stupefacenti, mentre i giovani del Marocco si dividono tra l'ambulantato irregolare, lo spaccio e i piccoli furti.

Sulle motivazioni che spingono gli adolescenti nord-africani a commettere dei reati, gli operatori degli IPM sono unanimi nel segnalare la componente di necessità economica come la spinta comune a tutta la popolazione considerata.

In breve, si tratta di reati "di sussistenza" determinati dai bisogni reali di sopravvivenza (7).

3.4 Un caso a parte: gli zingari

Gli zingari sono sempre stati considerati come un popolo disperso, le cui origini si perdono nella leggenda.

Per tutto il Medio Evo e il Rinascimento fioriscono solo ipotesi bizzarre e strane leggende sulle loro origini.

Solo alla fine del XVIII secolo, grazie a studi di linguistica e osservazioni di viaggiatori si scoprì che il Romanè era un dialetto indoeuropeo e si riuscì a risalire alle presunte origini dei Rom, collocandole nel Nord-est dell'India.

Accanto agli studi di linguistica, l'unica vera fonte che ci permette di ricostruire la loro presenza nei singoli stati è costituita dai vari provvedimenti a carattere giuridico-amministrativo che li riguardano e che sono testimonianza dell'atteggiamento ostile dei sedentari.

Le politiche adottate dalle autorità si concretizzavano nell'espulsione tramite bandi locali e nella reclusione con la loro riduzione in schiavitù.

Le conseguenze del giudizio che la società europea nel corso dei secoli aveva maturato sul conto degli zingari furono poi la causa della più crudele delle persecuzioni:lo sterminio di oltre cinquecentomila zingari nella Germania nazista.

Nonostante queste premesse gli zingari, fin dal loro arrivo in Europa, riuscirono ad inserirsi nella realtà economica; i diversi gruppi venivano conosciuti col nome che ne indicava la professione:i calcarei, gli incisori d'oro, gli ammaestratori di orsi, gli acrobati, i musicisti e i danzatori.

Gli zingari fondavano la loro economia sui bisogni della società ospite, attraverso un continuo interscambio di servizi.

Ma l'industrializzazione, la trasformazione dell'economia e dei bisogni della società, hanno eliminato ogni spazio di sopravvivenza; la società moderna non ha più bisogno dei prodotti di interscambio con l'artigianato Rom.

A ciò si aggiunge le perdita di identità del popolo Rom che oggi vive in una condizione di povertà ed emarginazione che lo spinge con facilità verso l'illegalità o la devianza

Il minore zingaro deviante

All'interno di questo quadro di crisi, il minore zingaro rappresenta sicuramente l'anello debole. In molte città del nord e del centro Italia, infatti, i casi di minori zingari coinvolti in attività illecite quali il furto o il borseggio sono in costante aumento. Le rapine sono più rare e rarissimi i reati contro la persona, sporadici i reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda i furti i minori agiscono sia soli che in compagnia di un adulto. I minori nomadi sono coinvolti anche in attività di accattonaggio.

Sia nell'accattonaggio che nella vendita ambulante e nei furti d'appartamento si rileva l'utilizzo di giovani donne incinte, motivato dalla convinzione delle famiglie che esse riescano a produrre, in virtù del loro stato, un maggiore volume di profitti e maggiore clemenza nell'atteggiamento delle forze dell'ordine e delle autorità giudiziarie.

Vivendo all'interno di una struttura sociale indebolita, il minore zingaro non trova più in essa un efficace punto di riferimento per costruire la propria identità sociale e si rivolge perciò al mondo esterno.

Si produce, così, la classica situazione che accompagna ogni fenomeno di Immigrazione: quando si perdono i punti di riferimento e le regole della cultura di provenienza senza aver ancora acquisito le regole del nuovo gruppo, il minore rischia di divenire un autoemarginato nella propria società, continuando peraltro a rimanere emarginato dalla società esterna (8).

Conclusioni

E' difficile capire il fenomeno microcriminale all'interno dell'universo dei minori immigrati, poiché gli elementi conoscitivi a disposizione non ne giustificano la definizione come un gruppo sociale "a rischio" di devianza: all'interno dell'arcipelago degli stranieri, gli episodi di devianza e di criminalità non si verificano infatti con la stessa frequenza presso tutte le comunità nazionali, ma vedono penalizzate in modo evidente le comunità nord-africane, slave e albanesi, connotate da un forte grado di disagio interno e da conflittualità nei confronti del paese di emigrazione.

In altre parole, il fenomeno della devianza dei minori nel contesto dell'immigrazione extracomunitaria sta assumendo gli stessi caratteri di "discriminazione latente e di selezione differenziata" già evidenti nel panorama della devianza minorile italiana, dove i minori provenienti da determinate regioni o gruppi sociali risultano più "a rischio" di altri, sia nella frequenza delle denunce che per quanto si riferisce al numero di ingressi presso i centri della giustizia minorile.

Note

1. Vincenzo Suppa, Immigrazione e criminalità: considerazioni generali sul fenomeno dell'immigrazion - Ministero dell'Interno - Relazione sulla presenza in Italia e sulle situazioni di irregolarità, 1997.

2. A.C. Moro - Mursia "Il bambino e il cittadino", ed. Milano, 1999.

3. Op.ultm cit A.C.Moro- Mursia, pp. 279-304.

4. L. 1.25 - 6 - 1999 n. 205 (Art. 18 c.1) delega al governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario.

5. Lo sfruttamento dei minori stranieri. Diritto di crescere e disagio, Rapporto 1996 sulla condizione dei minori in Italia. Roma, giugno 1996.

6. CARITAS italiana, Ragazzi al margine, Elledici, 1998, pag. 16.

7. Op. ultim. cit. CARITAS, pp. 279-304.

8. Elena Zaccherini, Diversità o devianza? Minori zingari e risposte giudiziarie, Università di Bologna, A.A. 1993-94.