ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Introduzione

Claudia Kolb, 2002

Ogni giorno i mezzi di comunicazione riportano atti di grave violenza perpetrati all'interno delle mura domestiche, sia tra coniugi che tra genitori e figli. La violenza in famiglia balza in prima pagina soltanto quando assume connotati di gravità tale da non potersi tacere, ossia quando integra forme di reato contro la persona di eccezionale gravità, come l'omicidio.

La violenza intrafamiliare è un fenomeno insito nella struttura stessa della famiglia, che può quindi manifestarsi in ogni ambiente o classe sociale. Tuttavia si tratta di un problema in gran parte sommerso, di una piaga che si consuma in silenzio e che distrugge anima e corpo delle vittime. Spesso il fenomeno emerge solo quando la vittima riesce a trovare la forza di rivolgersi a qualcuno esterno alla famiglia, come i centri antiviolenza o gli avvocati nel caso si dia inizio ad azioni legali.

Tuttavia negli ultimi anni si è registrato un forte cambiamento del costume sociale, che ha portato a tollerare sempre meno la violenza anche in un ambito così riservato come la famiglia. In primo luogo, le vittime si sono fatte consapevoli dei propri diritti e delle ingiustizie subite, e sempre più cercano, tramite la denunzia dell'aggressore, di fermare la violenza. In secondo luogo, anche i mezzi di comunicazione di massa si sono sensibilizzati al fenomeno, mettendo sempre più in risalto i casi di violenza in famiglia. Infine, varie forze sociali hanno fatto pressione sugli organi di governo, che sono stati chiamati a dare una risposta normativa al problema, tanto che, già nel 1997, l'allora Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, nonché con il Ministro di grazia e giustizia, il Ministro delle finanze ed il Ministro dell'interno, presentarono un primo disegno di legge recante misure contro la violenza nelle relazioni familiari.

L'attenzione del legislatore italiano verso il problema della violenza in famiglia si è recentemente concretizzata nella legge n. 154, varata nell'aprile del 2001. La legge, fortemente appoggiata anche dai centri antiviolenza italiani, rappresenta la sintesi di numerosi anni di studio in materia.

In questo lavoro si è cercato di analizzare sistematicamente le radici del fenomeno e di fornire una panoramica sugli strumenti ed i rimedi posti a tutela delle vittime. La violenza in famiglia, infatti, rileva sia dal punto di vista sociologico, per l'impatto disgregante sulla famiglia, sia da quello giuridico, in quanto comporta la violazione di una serie di diritti. Si è dunque cercato di illustrare il fenomeno tenendo presente questo duplice aspetto.

Il primo capitolo vuole fornire una panoramica dei diritti e doveri esistenti in capo ai membri della famiglia, tenendo presente non solo la normativa italiana, ma anche l'insieme dei principi enunciati dalle Nazioni Unite a tutela dell'essere umano in generale, ed in particolare dei soggetti più deboli della famiglia, ovvero la donna ed il bambino. Si è poi proceduto, sempre nell'ambito del primo capitolo, ad analizzare la violenza in famiglia dal punto di vista sociologico, nelle molteplici forme in cui essa si manifesta (fisica, psicologica, sessuale, economica, etc.), nonché l'incidenza statistica del fenomeno ed i soggetti destinatari, specificandone i caratteri, la gravità, e, laddove possibile (dati gli inevitabili risvolti psicologici e soggettivi delle manifestazioni di violenza) anche le motivazioni.

Nel secondo capitolo si è voluto illustrare un certo numero di reati che possono essere compiuti all'interno delle mura domestiche. La violenza in famiglia, da fenomeno puramente sociologico inteso quale risvolto della conflittualità di coppia, può infatti degenerare in atti di natura delittuosa. Sebbene molti ritengano lecito sfogare nell'ambito familiare le frustrazioni, lo stress, le ansie e l'aggressività accumulate nell'ambiente esterno alla famiglia, le varie manifestazioni di violenza in famiglia possono oltrepassare i limiti tra ciò che è semplicemente odioso o sgradito, ma pur sempre tollerato nel nome dell'unità familiare, e ciò che è penalmente illecito. Quando un comportamento integra gli estremi di un reato, nessuna giustificazione di ordine morale può rilevare, nessuna futura promessa può compensare il danno subito.

Nel terzo capitolo si è proceduto ad illustrare i rimedi esistenti in ambito penalistico e civilistico per fermare la violenza in famiglia in modo definitivo, o semplicemente per tamponarla in modo temporaneo. A tal proposito, si è puntato l'attenzione, oltre che sui rimedi già previsti in ambito civile e penale, su due nuovi rimedi, recentemente introdotti con la legge n. 149 del 18 marzo 2001 e con la legge n. 154 del 5 aprile 2001.

La legge n. 149 del 18 marzo 2001 prevede che il Tribunale per i Minorenni, adito nei casi di situazioni pregiudizievoli per il minore, abbia il potere di emettere un ordine di allontanamento del genitore violento dalla casa familiare. La legge ha introdotto, infatti, questa nuova misura novellando gli articoli 330 e 333 c.c. La previsione normativa dell'allontanamento del genitore ha ampliato i poteri del Tribunale per i Minorenni, disponendo esplicitamente che sia l'art. 330 che l'art. 333 c.c. possano includere, tra i provvedimenti convenienti che il giudice può emettere a tutela del minore, non solo l'ordine di allontanamento del minore vittima di abuso, ma anche l'ordine di allontanamento del genitore violento.

Particolare rilievo è stato dato all'analisi dello scopo e dell'ambito di applicazione della legge n. 154 del 5 aprile 2001, recentemente inseritasi nel contesto delle norme esistenti in Italia. Tale legge ha introdotto una nuova misura cautelare all'art. 282 bis del codice di procedura penale, ed una nuova misura denominata "ordini di protezione" agli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile. Entrambe le misure introdotte con la legge n. 154 sono poste a tutela di qualunque vittima di violenza in famiglia, e non solo dei minori, come invece previsto dalla misura introdotta dalla legge n. 149. In specifico, si è cercato di approfondire il contenuto innovativo della misura e gli aspetti procedurali legati alla sua applicazione, sottolineando i problemi di compatibilità con altre norme, nonché i problemi di coesistenza con le misure precedentemente utilizzate e tuttora applicabili.

Come si vedrà in dettaglio nel capitolo terzo, la ratio delle nuove misure è quella di evitare la condizione di peregrinazione da parte del restante nucleo familiare, quando vi sia la possibilità, con il semplice allontanamento di colui che ha posto in essere i fatti pregiudizievoli, di mantenere unita la famiglia nel luogo dove essa ha i propri interessi, le proprie relazioni ed i propri affetti indispensabili per mantenere un contatto positivo con la realtà.

Nel quarto capitolo si sono voluti riportare, in brevis, gli elementi caratteristici di misure cautelari similari esistenti in altri paesi. Ciò in quanto la misura degli ordini di protezione non è una creazione del legislatore italiano, ma è mutuata dall'esperienza normativa di altri Stati (sia europei che extraeuropei). Infatti in taluni paesi la violenza intrafamiliare, definita in ambito internazionale "domestic violence", è così diffusa da essere oggetto di un settore specifico di studi, nonché di centri specializzati nel combatterla. La presenza di simili misure in paesi come l'Austria, la Germania, l'Inghilterra, l'Irlanda, la Svezia, la Finlandia e gli U.S.A., culturalmente assai diversi dall'Italia, testimonia la diffusione e la gravità del fenomeno.

Tuttavia, non può comunque dirsi che il fenomeno, seppur assai diffuso e conosciuto nel mondo, abbia avuto finora il rilievo che meriterebbe. Molti Stati, anche se culturalmente avanzati e di tradizioni democratiche, fondate sul rispetto dei valori essenziali dell'uomo, non hanno ancora elaborato misure di prevenzione e di contenimento del fenomeno, né approntato un'adeguata risposta normativa volta a tutelare il rispetto di quei diritti fondamentali che ogni essere umano dovrebbe godere anche all'interno del nucleo familiare.

È importante rendersi conto che le varie forme della violenza intrafamiliare non devono essere ridotte concettualmente a semplici manifestazioni di crisi coniugali: una volta accettata questa impostazione, sarà un passo dovuto per ogni Stato rendersi promotore di misure per tutelare le vittime di questo grave problema, che riguarda tanto i singoli quanto la collettività.