ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Conclusioni

Marco Poledrini, 2001

Dalla ricerca sono emersi alcuni elementi che vale la pena riunire e puntualizzare. Lo studio delle normative sull'immigrazione a messo in luce come queste, dopo essere state per anni carenti e inadeguate nella disciplina di un così complesso fenomeno, si siano adesso uniformate con le tendenze europee e, dato non irrilevante, con lo spirito della Costituzione. Nonostante i limiti messi in evidenza, la legge n. 40\98 è una normativa organica che assume chiare e definite posizioni su temi cruciali del fenomeno migratorio posti, per molto tempo, solo ai margini dell'attenzione legislativa. Si ha l'impressione, in particolare, che la legge disciplini la materia sulle base delle esigenze di integrazione sociale che il fenomeno ha espresso ad ogni latitudine, più che sulle necessità dell'economia. Del resto, chiedere alle comunità straniere di adeguarsi alla realtà italiana senza la disposizione di un intervento normativo particolare ed esteso ai vari ambiti della convivenza civile, significa ammettere che l'integrazione degli stranieri possa avvenire naturaliter, sulle stesse basi di quanto avviene per ogni altro membro della società. Tale circostanza mi appare errata. Anche da quanto è emerso dallo studio empirico, condotto in una realtà definita come quella cittadina, i problemi di convivenza sono molti e necessitano di interventi legislativi ad hoc, soprattutto in ambito locale. Benché sia difficile rendersene conto, la vita di una città, le sue istituzioni, i suoi servizi, i suoi mercati, addirittura i suoi locali pubblici sono strettamente conformati sulla cultura e per le esigenze dei residenti. Le persone che giungono da paesi stranieri, che sono nate e cresciute in realtà differenti, si trovano così ad affrontare i percorsi di integrazione senza avere i canoni di riferimento (non solo culturali, come visto) che gli permettano un cammino agevole.

L'ambiente urbano appare l'ambito ideale per intervenire. Del resto l'immigrazione, come testimoniano i dati da me riportati ma anche i vari dossier statistici che la Caritas annualmente pubblica, ha caratteristiche cittadine, risulta concentrata, ovvero, nelle aree urbane. La dimensione locale è quindi fondamentale; la legge n. 40\98 sembra aver compreso tale circostanza concedendo ampio spazio agli Enti pubblici con la previsione dei consigli territoriali dell'immigrazione, dei piani zonali di intervento e della distribuzione dei fondi per le politiche d'integrazione su base territoriale. Quello che si può auspicare, a livello di legislazione nazionale, è che si giunga presto alla concessione del diritto di voto per gli immigrati e alla riforma della legge di cittadinanza. Questi due passaggi appaiono fondamentali per richiamare, all'attenzione della società civile, una serie di questioni, di esigenze, di proposte e di soluzioni altrimenti inascoltate. Si tratta inoltre di due riforme irrinunciabili per costruire basi solidi per una società multietnica, un destino verso cui anche l'Italia sembra indirizzata.

Per quanto riguarda la dimensione urbana le indicazioni che emergono dall'indagine sono essenzialmente due. L'inserimento delle comunità immigrate nelle aree cittadine può avvenire a patto che siano concessi degli spazi adeguati e che, allo steso tempo, siano veicolate all'interno delle comunità dei residenti, le informazioni necessarie ad assicurare una buona conoscenza delle nuove popolazioni. La concessione di spazio e di strutture idonee alla socialità è, come abbiamo visto, un aspetto fondamentale nei processi di integrazione ma deve avvenire in maniera esclusiva per ogni comunità. Nei limiti del possibile, deve essere data l'opportunità ad ogni gruppo nazionale presente di potersi riunire in una sede definita e solo ad esso appartenente. Questo appare l'unica soluzione affinché le associazioni di comunità si strutturino e si rafforzino così da esercitare l'azione di controllo sociale che abbiamo visto essergli propria e, allo stesso tempo, da far valere con più efficacia le proprie esigenze e proposte.

L'educazione interculturale è anch'essa decisiva. La possibilità di integrazione tra differenti comunità dipende senza dubbio dalla possibilità di instaurare un dialogo aperto e senza interferenze; la conoscenza reciproca appare un elemento irrinunciabile per assicurare tale tipo di dialogo. Nel corso dell'indagine è emerso però un aspetto altrettanto decisivo. L'educazione interculturale verso i cittadini, per essere realmente efficace, deve comprendere anche la spiegazione su cosa significhi essere immigrato. È necessario infatti che la città (ed in particolare le sue istituzioni) sappiano quali comportamenti di una persona siano da attribuire alla sua cultura e quali siano invece la conseguenza dell'appartenere a un gruppo sociale straniero e svantaggiato.