ADIR - L'altro diritto

ISSN 1827-0565

Capitolo IV
I più recenti interventi di riforma

Laura Casciato, 2000

4.1 La recente normativa per favorire l'attività lavorativa dei detenuti

a. L'iter parlamentare

Il 14 giugno 2000 è stato definitivamente approvato dal Senato della Repubblica il disegno di legge Smuraglia, Fumagalli Carulli e Manconi, pubblicato poi il 13 luglio sulla Gazzetta Ufficiale n.162 (legge 22 giugno 2000, n.193).

In merito a tale normativa, merita un cenno l'iter parlamentare percorso per giungere alla sua definitiva approvazione.

Il disegno di legge, presentato al Senato su iniziativa del Sen. Smuraglia, nella versione definitivamente approvata dal Parlamento differisce in molti punti dal testo originariamente proposto. Infatti, oltre a non trascurabili modifiche di carattere sostanziale (1), il provvedimento ha subito numerose integrazioni, poiché nel corso dei lavori sono stati assorbiti altri due disegni di legge, rispettivamente denominati Norme per favorire il lavoro negli istituti penitenziari (firmatari Manconi e Peruzzotti) e Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti (firmatari Siliquini e Mulas) (2).

Il testo così risultante, già approvato dal Senato, ha subito alla Camera poche modifiche non sostanziali e concordate, per cui è tornato all'esame del Senato, che lo ha poi ratificato il 14 giugno 2000 (3).

b. Le novità normative

La legge n.193/2000 ha come scopo quello di favorire il lavoro dei detenuti, incentivando le offerte provenienti dalle cooperative sociali e dalle imprese private, tramite agevolazioni contributive.

Sono infatti proprio le cooperative sociali i soggetti più interessati a fornire lavoro ai detenuti. Queste ultime, grazie alle agevolazioni introdotte dalla legge n.381 del 1991, rivestono un ruolo importante, seppur al momento limitato a settori marginali del carcere (4).

La normativa del 1991 (art. 4) non comprende infatti tra le persone svantaggiate i comuni detenuti, ma solo coloro che sono ammessi alle misure alternative alla detenzione.

Criterio chiave della legge Smuraglia (art. 1) è, dunque, l'estensione della categoria di lavoratore svantaggiato anche alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, ai condannati e agli internati ammessi al lavoro all'esterno.

Il 2ºcomma dell'art. 1 stabilisce che le aliquote contributive dovute sulle retribuzioni corrisposte dalle cooperative sociali a questi ultimi soggetti, vengano ridotte nella misura percentuale individuata ogni due anni con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro del Tesoro.

Questa previsione, non contenuta nel disegno di legge presentato originariamente, è criticabile in quanto realizza una diversificazione in merito agli sgravi contributivi. Sono infatti azzerate le aliquote complessive della contribuzione dovuta dalle cooperative sociali per tutte le persone svantaggiate, tranne per i soggetti indicati dal comma 3-bis, cioè le persone detenute o internate ed i soggetti condannati o internati ammessi al lavoro all'esterno ai sensi dell'art. 21 o.p.

Tale differenziazione desta qualche perplessità, poiché non emerge quale sia la ratio che ha spinto il legislatore ad inserire, all'interno di una normativa destinata a favorire il lavoro penitenziario, una disposizione che preveda un regime meno favorevole per siffatta categoria di soggetti rispetto a quanto previsto per le cooperative sociali nella loro generalità (5).

Le agevolazioni contributive, così come risultanti dal comma 3-bis della legge 381/1991, introdotto dall'art. 1, comma 2 della legge Smuraglia, sono estese anche alle imprese pubbliche o private che impiegano persone detenute o internate, organizzando attività di servizio o produttive all'interno degli istituti penitenziari (art. 2).

L'art. 3 concede sgravi fiscali alle imprese che assumono, per un periodo non inferiore a trenta giorni, lavoratori detenuti o che svolgono, a favore di tali soggetti, attività formativa. Le agevolazioni contributive si applicano anche per un periodo di sei mesi successivo alla cessazione dello stato di detenzione (così come previsto anche per le cooperative).

È questa una previsione importante, dato che oggi assai di frequente accade che i detenuti assunti dalle cooperative sociali siano licenziati al momento del ritorno alla piena libertà (6); nonostante un apprezzabile intento del legislatore permane tuttavia il carattere puramente temporaneo delle agevolazioni in questione.

In conclusione, si deve segnalare come la legge Smuraglia continui a privilegiare lo sviluppo delle cooperative sociali in area premiale esterna. Permane infatti il limite legislativo al maggior sviluppo dell'esperienza cooperativistica in carcere, rappresentato dall'impossibilità di qualificare come sociali, ai sensi della l. 381/1991, le cooperative nate all'interno del penitenziario e nelle quali lavorano solo detenuti in attività intramurarie (7).

Contrariamente non sono state sufficientemente valutate le potenzialità di promozione del lavoro carcerario offerte dalle imprese private. Sono proprio queste ultime infatti quelle maggiormente in grado di fornire ai detenuti una formazione professionale ed un impegno lavorativo adeguato al livello di sviluppo tecnologico proprio del mondo del lavoro "libero". Difficilmente le cooperative sociali non profit offrono adeguati livelli di sviluppo tecnologico, tali da rendere il lavoro dei detenuti produttivo e competitivo rispetto a quello dei lavoratori liberi.

c. Le modifiche all'art. 20 o.p.

La legge n.193/2000 con l'art. 5 ha introdotto due nuovi commi nell'art. 20 o.p., sempre finalizzati ad agevolare la partecipazione delle cooperative sociali e delle imprese all'impiego della manodopera detenuta.

In particolare, dopo il dodicesimo comma, è stata inserita la previsione secondo cui le amministrazioni penitenziarie stipulino convenzioni con cooperative e soggetti pubblici o privati, interessati a fornire ai detenuti opportunità di lavoro.

In queste convenzioni sono disciplinati sia l'oggetto e le condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa, sia il trattamento retributivo.

Quest'ultima previsione svolge un ruolo fondamentale per dare più forza alla presente legge, in quanto uno dei motivi del calo numerico del lavoro dei detenuti è consistito proprio nell'obbligo di una retribuzione raccordata alle tariffe contrattuali (8).

Inoltre è previsto che tali convenzioni non determino oneri a carico della finanza pubblica.

La seconda novità è inserita dopo il sedicesimo comma, ove si statuisce che per la costituzione del rapporto di lavoro e per l'assunzione della qualità di socio nelle cooperative sociali, non siano ostative le incapacità derivanti da condanne penali o civili.

È così finalmente accolta la tesi sostenuta da autorevole dottrina secondo la quale la capacità di agire, riconosciuta ai detenuti dall'art. 20 o.p. per l'esercizio del diritto al lavoro, implica necessariamente il riconoscimento anche di una capacità di agire per la creazione delle strutture e degli organismi atti allo svolgimento dell'attività lavorativa in forma associata. È in tal modo conferita una capacità di agire, analoga a quella del minore di età, la quale, pur conservando alcuni problemi, permette di risolvere positivamente il principale di essi, cioè l'assunzione della qualità di socio nelle cooperative (9).

Per incentivare ulteriormente l'applicazione della presente legge è stabilito che ogni anno il Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro del Lavoro, presenti una relazione inerente allo svolgimento di attività lavorative ed ai corsi di formazione professionale, per le qualifiche più richieste a livello territoriale.

L'articolo di chiusura della legge Smuraglia si occupa della coperture finanziaria, fissata per nove miliardi di lire all'anno (art. 6). Per ora si tratta di una legge a basso costo (10), ma, una volta dimostrata la sua funzionalità, coperture più adeguate potranno essere stanziate, anche nell'ambito di manovre annuali di finanza pubblica (11).

4.2 Un autorevole commento

Da tutte le discussioni che si sono svolte in sede parlamentare, prima della definitiva approvazione della legge Smuraglia, merita di essere estrapolato l'intervento del senatore Fassone (12).

L'autorevole studioso, pur auspicando una rapida approvazione del disegno di legge Smuraglia, aveva rivelato alcune sue perplessità.

La prima consiste nell'estensione della categoria delle persone svantaggiate anche agli imputati.

Per tali soggetti l'unico strumento che consente il lavoro al di fuori del carcere è - come è noto - quello del lavoro all'esterno ex art. 21 o.p. L'istituto riceve però oggi scarsa applicazione; esso infatti deve essere disposto su autorizzazione dell'autorità giudiziaria, per un soggetto che, in quanto imputato detenuto, presenta già elevate esigenze cautelari che ne comportino la detenzione e che quindi difficilmente gli consentiranno di godere del beneficio ex art. 21 o.p.

L'altra perplessità riguarda una riflessione sulla nozione tradizionale di lavoro carcerario. Il senatore Fassone sottolinea come a suo avviso sia necessario capovolgere la prospettiva in cui è stato inquadrato sino ad ora l'istituto in oggetto, per accedere ad una diversa concezione in cui il lavoro non è più modalità di esecuzione della pena, ma è esso stesso il contenuto della pena.

A questo proposito merita di essere segnalato il disegno di legge sulla competenza penale del giudice di pace, nel quale si prevede la possibile irrogazione della sanzione del lavoro di pubblica utilità (art. 49). Esso consiste nello svolgimento di attività lavorativa non retribuita a beneficio della collettività (Stato, Regioni, Province, Comuni o enti ed associazioni di volontariato) per un periodo che va da un minimo di dieci giorni ad un massimo di sei mesi.

Tale attività si svolgerà all'interno della provincia di residenza del condannato e consisterà nella prestazione di tre ore di lavoro giornaliero, articolate in modo da non pregiudicare le esigenze lavorative, familiari ecc.

La durata del periodo lavorativo sarà determinata in relazione alla quantità di pena detentiva che si sarebbe altrimenti ritenuta appropriata.

4.3 Il nuovo regolamento di esecuzione

a. Un quadro introduttivo

La legge n.354/1975 ha attuato un intervento riformatore che ha messo in moto una serie di meccanismi propulsivi, miranti a riformare il sistema penitenziario e le interrelazioni tra questo ed il sistema sociale (13).

Il processo di trasformazione così avviato non si è ancora concluso, poiché, tra l'altro, il regolamento di esecuzione sino ad ora vigente - approvato con d.P.R.29/4/1976, n.431 - ha mantenuto ancora una valenza progettuale, da cui si discosta la realtà penitenziaria.

Si è voluto pertanto intervenire sulla normativa del regolamento di esecuzione ed in particolare, ai fini che qui interessano, su quella riguardante gli elementi del trattamento ed il lavoro carcerario in specie, per porre le condizioni per una sempre più estesa e concreta realizzazione di tali elementi.

Con il nuovo regolamento di esecuzione, entrato in vigore il 6 settembre 2000, è stato fatto, in materia di lavoro, il massimo sforzo per consentire la gestione di lavorazioni e servizi interni da parte di cooperative sociali e l'attivazione di lavorazioni penitenziarie, per fornire il necessario alla permanenza dei detenuti ed internati negli istituti.

b. In particolare le innovazioni introdotte in tema di lavoro

Con le modifiche apportate si vuole dare un nuovo impulso al lavoro dei detenuti, per ovviare alla grave insufficienza di risorse lavorative.

Si riportano qui di seguito solo le novità di carattere sostanziale e contenutistico, trascurando quelle meramente formali.

Per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro (art. 47, 1ºcomma), si sono volute incrementare le possibilità occupazionali dei detenuti, affidando le lavorazioni penitenziarie ad imprese esterne ed in particolare a cooperative sociali, le quali svolgono già un ruolo fondamentale nel mondo carcerario. Conseguentemente, i rapporti lavorativi intercorreranno direttamente tra imprese e detenuti lavoratori in veste di dipendenti diretti.

Al fine di facilitare l'ingresso in carcere di imprese e cooperative, sono stipulate convenzioni che regolano i rapporti tra questi soggetti economici e la direzione dell'istituto. Inoltre la direzione può affidare in comodato gratuito a tali imprese i locali utilizzabili ed anche le eventuali attrezzature; le imprese svolgono le attività in autonomia economica ed organizzativa.

È così ridotto al minimo l'impegno amministrativo delle direzioni.

Sempre al fine di facilitare lo svolgimento di attività lavorative da parte dei detenuti, è previsto che queste si svolgano in locali esterni alle sezioni detentive, ma sempre interni alla cinta muraria, organizzati anche per la consumazione dei pasti, allo scopo di evitare il rientro nelle sezioni per ogni pausa pranzo e le relative operazioni di controllo (2ºcomma).

Le convenzioni di cui si è detto sopra, possono riguardare anche lo svolgimento di servizi interni (somministrazione del vitto, pulizia e manutenzione del fabbricato), servizi oggi in parte appaltati ad imprese private, ma che, grazie all'intervento di cooperative sociali, che ovviamente utilizzerebbero all'uopo forza lavoro detenuta, potrebbero migliorare sotto il profilo qualitativo e guadagnare un maggior grado di efficienza (3ºcomma).

Sono inoltre riservate alle lavorazioni penitenziarie le forniture di vestiario, corredo e di quant'altro necessario agli istituti; il ricorso ad imprese esterne è possibile solo quando si riscontra una significativa convenienza economica (4ºcomma).

In merito al lavoro all'esterno, novità degne di nota sono state apportate nella determinazione delle prescrizioni contenute nel provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno, poiché è previsto che, per la sua redazione, siano considerate anche le esigenze di consumazione dei pasti e quelle di mantenimento dei rapporti familiari (13ºcomma).

Infine è previsto che, anche per la revoca del provvedimento di lavoro all'esterno, così come per l'ammissione, sia necessario l'approvazione del magistrato di sorveglianza (15ºcomma).

Note

1. Per il commento di tali variazioni si veda infra lettera b).

2. Tali informazioni sono reperibili nel sito del Senato della Repubblica.

3. AA.VV., Un timido tentativo per rilanciare il lavoro dei detenuti in carcere, in D. e G., n. 20, 2000, p. 4.

4. CAMERA DEI DEPUTATI, Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti, in Dossier Provvedimento, Roma, 1999, p.26.

5. Tale differenziazione contributiva è stata introdotta tramite un emendamento (1.1.) apportato in seno alla 11º Commissione - Lavoro e Previdenza Sociale - del Senato. È stato così inserito nell'art. 1 della legge Smuraglia il comma 3-bis. Su questo emendamento è stato preventivamente acquisito in Commissione il parere favorevole del relatore Duva e del rappresentante del Governo sottosegretario Viviani. Successivamente l'emendamento sopra citato è stato messo ai voti ed approvato con ampi consensi il 10 novembre 1998. L'innovazione introdotta è stata giustificata dal promotore dello stesso emendamento (il senatore Smuraglia), dai soggetti intervenuti nel dibattito e dal sen. Duva, nella relazione conclusiva della 11º Commissione Permanente, con l'esigenza di contenere gli oneri a carico dell'erario, nel rispetto dei vincoli imposti dalla copertura finanziaria del provvedimento qui in esame. Vedi CAMERA DEI DEPUTATI, op. cit., pp. 108-118-119.

6. AA.VV., Un timido, cit., p.5.

7. MAISTO, Insieme al nuovo regolamento penitenziario la flessibilità della pena entra nella fase esecutiva, in Guida al Diritto, 9 settembre 2000, n.33, pp. 18-19-20.

8. AA.VV., Un timido, cit., p. 5.

9. MAISTO, op. cit., p. 20.

10. Si è infatti già illustrato come ciò abbia contribuito a determinare una variazione in peius per quanto concerne il regime contributivo dovuto dalle cooperative sociali per i detenuti lavoratori. In proposito v. supra b).

11. AA.VV., Un timido, cit., p. 4.

12. CAMERA DEI DEPUTATI, op. cit., pp.172-173-174.

13. Cfr. Relazione al regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, approvato dal Consiglio d Ministri del 16.6.2000.