ADIR - L'altro diritto

Causa S.M. c. Croazia

2020

Il 25 giugno 2020 la Grande Camera della CEDU ha deciso la causa S.M. c. Croazia in tema di tratta interna a fini di prostituzione. È un caso per cui l'Altro diritto aveva presentato un intervento di terza parte e, come si vede leggendo la sentenza, l'intervento è stato considerato rilevante dalla Corte che oltre a riassumerlo nelle sue linee essenziali (nei §§ 269-271) lo ha richiamato in fase di motivazione della decisione (§§ 295 e 298).

In particolare siamo molto felici che sia stata pienamente accolta dalla Corte, rinviando al nostro intervento (§ 295), la nostra tesi principale, cioè che per il configurarsi del reato di tratta e del conseguente dovere di proteggere le vittime, non è necessario che la condotta criminale sia transnazionale. Si può avere tratta interna (nel caso in esame la condotta criminale aveva avuto luogo interamente in Croazia e croati erano l'autore del reato e la vittima). Questo è un dato molto importante per il futuro del contrasto allo sfruttamento lavorativo e della prostituzione in Italia e per la protezione delle vittime di questi reati.

La decisione è molto importante inoltre perché afferma, come sostenevamo nel nostro intervento, che la prostituzione configura una violazione dell'art. 4 solo quando è forzata. In tal caso è considerata lavoro forzato e rientra in quanto tale (quindi anche attraverso l'abuso della situazione di vulnerabilità, § 329) nella tratta. Questo passaggio è molto importante perché sembra sottendere che, secondo la Corte, l'uso degli strumenti di coartazione della volontà previsti dalle convenzioni ONU e del Consiglio d'Europa nonché dalla Direttiva Comunitaria sulla tratta configuri lavoro forzato.

Estremamente importante per la realtà italiana dello sfruttamento lavorativo e della prostituzione è anche il chiarimento che la protezione delle potenziali vittime non deve scattare quando è stato accertato il reato ma già al momento in cui, in base alle prove allegate alla richiesta di protezione, esiste prima facie il sospetto di esso (§§ 322 e 324-8), e che tanto basta a far scattare il dovere dello Stato di indagare sul caso senza richiedere alla parte offesa di provare i fatti che denuncia (§ 336).