ADIR - L'altro diritto

Commento alla sentenza n. 78 del 2007 della Corte costituzionale

Roberto Perotti, 2008

Premessa

La sentenza n. 78 del 5 maggio 2007 emessa dalla Corte costituzionale si è espressa in merito alla questione di legittimità costituzionale, con riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, della normativa in materia di Ordinamento penitenziario (Legge n. 354 del 1975 e successive modificazioni) nonché di quella in materia di immigrazione e di condizione dello straniero (Decreto legislativo n. 286 del 1998 e successive modificazioni).

Un'ordinanza del 24 maggio 2005 del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari aveva, infatti, sollevato la questione di legittimità costituzionale della normativa vigente con riferimento particolare all'esclusione della possibilità di fruire di misure alternative al carcere da parte di cittadini stranieri privi di un regolare permesso di soggiorno.

La sentenza merita un commento perché la Corte costituzionale ha, in primo luogo, messo un punto fermo, aggiungendo la propria interpretazione, sulla delicata questione della disciplina dell'immigrazione con riferimento alla fruizione, da parte degli stranieri privi di permesso di soggiorno, delle misure alternative alla detenzione.

L'ordinanza della Corte di Cassazione

Il giudice a quo era stato investito del giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento, per opera della Cassazione, del provvedimento con cui era stata concessa la misura dell'affidamento in prova al servizio sociale ad un cittadino extracomunitario privo del permesso di soggiorno. Secondo l'ordinanza di rinvio della Corte di Cassazione, la condizione di straniero irregolarmente soggiornante sarebbe stata incompatibile con la possibilità di fruire delle cosiddette misure alternative, poiché, trattandosi di una forma di espiazione della pena scontata fisicamente all'esterno del carcere, sarebbe stata in contrasto con la possibilità di soggiornare, seppur temporaneamente, in territorio italiano. A parere della Corte di Cassazione, quindi, la condizione di soggiornante irregolare sarebbe stata inconciliabile con l'ammissione alle misure alternative.

Il Tribunale di sorveglianza di Cagliari aveva ravvisato in questa ordinanza una discriminazione tra i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti (italiani, comunitari od extracomunitari) ed, invece, i cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno, che sarebbero stati, secondo l'ordinanza della Corte di Cassazione, esclusi dalla possibilità di fruire delle misure alternative alla detenzione.

La questione di legittimità costituzionale

Il Tribunale di sorveglianza di Cagliari aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale, lamentando il contrasto con il principio della finalità rieducativa della pena di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, a causa del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, al quale egli era vincolato.

La Corte costituzionale, in via preliminare e come di rito, ha statuito sulla rilevanza della questione di legittimità sollevata: innanzi tutto, la Corte ha affermato la rilevanza della questione. La Corte ha, poi, rilevato la piena legittimazione del giudice del rinvio a sollevare dubbi di costituzionalità concernenti l'interpretazione normativa risultante dal principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione (nella pronuncia si cita anche una consolidata giurisprudenza costituzionale in questo senso: sentenze n. 58 del 1995, n. 257 del 1994, n. 138 del 1993).

Oggetto dello scrutinio di costituzionalità, "stante l'obbligatoria applicazione delle regulae iuris enunciate dalla Cassazione", è stata la norma "nella lettura" fornita dalla Cassazione stessa e, dunque, sono state considerate ininfluenti le differenti interpretazioni che delle norme impugnate il giudice di legittimità avesse eventualmente fornito.

La Corte costituzionale, accertata la rilevanza della questione sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari, si è pronunciata nel merito per la fondatezza della questione. La Corte ha, in primo luogo, evidenziato che esistevano due orientamenti contrastanti della Corte di cassazione: per il primo, cui era ispirata la sentenza di annullamento con il quale è stato enunciato il principio di diritto censurato, si sarebbe avuto incompatibilità tra la fruizione di misure alternative e condizione di irregolare soggiorno dello straniero. Per il secondo, rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14500 del 28 marzo 2006, la condizione di irregolarità non avrebbe ostato, in linea di principio, alla concessione delle misure alternative.

Il giudice delle leggi ha, quindi, dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 47, 48 e 50 della Legge 354/1975 ove fossero interpretati nel senso che allo straniero entrato irregolarmente nel territorio dello Stato o, in ogni modo, privo del permesso di soggiorno, fossero precluse l'accesso alle misure alternative da essi previste. L'interpretazione posta a fondamento del principio di diritto, che si risolveva nell'esclusione dalle misure alternative alla detenzione di un'intera categoria di soggetti (i cittadini extracomunitari presenti irregolarmente sul territorio dello Stato) era, ad avviso della Corte, in contrasto con i valori sanciti dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione poiché verteva su di un indice che non presentava un collegamento con la norma costituzionale di riferimento. La Corte ha precisato, inoltre, che non poteva trovare spazio nel nostro ordinamento costituzionale un'incompatibilità concettuale tra le misure alternative e il soggiorno irregolare, giacché la mancanza di un titolo abilitativo al soggiorno, di per sé, non era sintomatica in modo univoco né di una particolare pericolosità sociale, che sarebbe, quindi, incompatibile con il perseguimento di un percorso rieducativo attraverso qualsiasi misura alternativa; né della sicura assenza di un collegamento con il territorio, che garantisse la proficua applicazione della misura medesima.

La Corte costituzionale, in una delle ultime frasi della sentenza, ha precisato che il legislatore potrebbe in linea teorica distinguere le forme sanzionatorie previste, nel caso di stranieri entrati irregolarmente nel territorio dello Stato, o privi di permesso di soggiorno, ma senza potersi spingere fino al punto di sancire un divieto assoluto e generalizzato di accesso alle misure alternative in termini automatici, così come era stato prospettato dalla Corte di Cassazione. Un simile divieto contrasterebbe, secondo la Corte Costituzionale, con i principi ispiratori dell'ordinamento penitenziario che, sulla base del principio dell'uguale dignità delle persone e della funzione rieducativa della pena, non opera alcuna discriminazione, in merito al trattamento, sulla base della liceità della presenza nel territorio nazionale.

Commento

La sentenza n. 78 del 2007 della Corte costituzionale ha la forma di una sentenza c.d. "interpretativa" di accoglimento: nel commento ci concentreremo sulle questioni problematiche e sugli effetti pratici relativi a tale modello di decisioni.

Le decisioni c.d. "interpretative" scaturiscono da questioni di legittimità costituzionale complesse, in cui non è possibile il semplice annullamento, né la semplice dichiarazione di infondatezza, ma è necessario un chiarimento ermeneutico. Le sentenze interpretative possono essere di rigetto o di accoglimento: le sentenze interpretative di accoglimento dichiarano l'illegittimità costituzionale di una legge nel senso o nel modo interpretativo chiarito nella motivazione (si veda il dispositivo della sentenza n. 78 del 2007 ove si "dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 47, 48 e 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354, ove interpretati nel senso che..."). Esse si hanno, ordinariamente, quale effetto delle sentenze interpretative di rigetto, secondo un meccanismo comunemente definito della "doppia pronuncia". In particolare, di fronte alla persistente interpretazione difforme della legge fornita dai giudici, la Corte accoglie la questione di legittimità costituzionale, affinché siano consentite ulteriori e diverse interpretazioni rispettose della Costituzione.

Nella sentenza n. 78 del 2007, la Corte ha recepito l'interpretazione della disposizione fornita dal giudice a quo, ha ritenuto questa incostituzionale e, pertanto, ha dichiarato fondata la questione. La sentenza, quindi, ha colpito la disposizione impugnata, non nella totalità dei suoi possibili significati, ma nel solo dichiarato incostituzionale, restando così essa suscettibile di esprimere ogni altra possibile interpretazione.

In merito agli effetti, le sentenze interpretative di accoglimento, al contrario di quelle di rigetto, sono di regola considerate vincolanti erga omnes: dal momento della pubblicazione di questa decisione la disposizione non può più applicarsi nel senso dichiarato incostituzionale dalla Corte (art. 136 della Costituzione e artt. 27 e ss. della Legge 87 del 1953).

Conseguenza pratica di questa pronuncia, quindi, è che lo straniero extracomunitario, privo o meno del permesso di soggiorno, possiede la legittimazione a proporre la domanda di applicazione di una misura alternativa, alle stesse condizioni previste per un cittadino italiano. In altre parole, la condizione di straniero irregolarmente soggiornante non può escludere, in linea di principio, l'ammissibilità alle misure alternative.

E' necessario ricordare, per concludere, che nel caso in cui i giudici non si assoggettino alla pronuncia interpretativa di incostituzionalità, ovverosia di fronte ad orientamenti interpretativi dei giudici comuni in contrasto con l'interpretazione fornita nella sentenza, la Corte potrebbe, in una prossima successiva occasione, adottare la decisione di accoglimento puro e semplice. In tal caso, il mantenimento della disposizione sarebbe reso impossibile dalla mancata adesione interpretativa dell'autorità giudiziaria e si imporrebbe una più rilevante reazione: l'eliminazione della legge nella sua integrità con la conseguente creazione di un vuoto legislativo.